Sei sulla pagina 1di 4

Quanto è grande l'universo? È finito o infinito? Aperto o chiuso?

Che forma ha?

Tutte domande a cui la limitata scienza astrofisica dei nostri


giorni non sa ancora rispondere. L'universo osservabile contiene
circa 7×1022 stelle, organizzate in circa 1011 (cento miliardi) di
galassie, le quali si riuniscono in gruppi e ammassi di galassie e
in superammassi (recenti osservazioni condotte col Telescopio
Spaziale Hubble suggeriscono un numero ancora maggiore di
galassie). Nel 1989, basandosi sui dati del Center for
Astrophysics (CFA) Redshift Survey, Margaret Geller e John
Huchra scoprirono la “Grande Muraglia”, un muro di galassie
lungo più di 500 milioni di anni luce e largo 200 milioni, ma
spesso solo 15 milioni di anni luce. La Grande Muraglia è
rimasta a lungo la struttura più grande conosciuta, fino al 2003,
data della scoperta dello “Sloan Great Wall”, che è tre volte più
grande (1,4 miliardi di anni luce).Negli studi più recenti,
l'Universo appare come una collezione di giganteschi vuoti
separati da muri e filamenti di galassie, con i super ammassi che appaiono come nodi occasionali più densi.
Grazie allo Sloan Digital Sky Survey, uno strumento cartografico essenziale per astronomi professionisti e
astrofisiche copre 8000 gradi quadrati (pari a circa 1/4 della volta celeste), principalmente nell'emisfero nord,
fornendo immagini sono in cinque differenti bande spettrali che coprino l'intero spettro ottico e includono
circa 200 milioni di oggetti celesti, comprese quasi un milione di misure spettrali,si avrà un nuovo atlante
cosmico a partire dal 2008.

Il problema, nel descrivere strutture ad una scala cosmica, è che le cose non sono sempre come appaiono
(quando appaiono): le lenti gravitazionali, ad esempio, producono vere e proprie illusioni ottiche. Altre
illusioni possono venire da ammassi di galassie con forti movimenti interni. Dell'Universo abbiamo solo le
informazioni che ci trasmette la luce e nessuna osservazione oggettiva ci potrà mai dire se esso nella sua
totalità sia finito o infinito. Se invece per Universo intendiamo solo la parte visibile, allora lo possiamo
immaginare come una sfera centrata su di noi con un raggio di circa 15 miliardi di anni luce. Questa distanza
rappresenta il percorso della luce nei 15 miliardi di anni che, secondo il calcolo degli astronomi, ci separano
dalle sue origini.

La propagazione della luce, anche se molto elevata, non è istantanea: essa viaggia alla velocità di 300.000
chilometri al secondo, pari a 10.000 miliardi di chilometri all'anno. Guardare quindi lontano nello spazio, vuol
dire anche guardare indietro nel tempo. Quando ad esempio stimiamo che la galassia di Andromeda è
distante da noi due milioni di anni luce, implicitamente diciamo che la stiamo vedendo come era due milioni
di anni fa. Analogamente, la radiazione che riceviamo in questo momento da un corpo celeste che si trova
lontano 10 miliardi di anni luce ha viaggiato per 10 miliardi di anni prima di raggiungerci e noi osserviamo
quel corpo non come è oggi, ma come era 10 miliardi di anni fa quando da esso partì la radiazione.

L'orizzonte cosmico dell'universo osservabile,


si trova a 13,7 miliardi di anni luce di distanza.
La distanza effettiva di questo orizzonte è però
più grande, perché nel tempo trascorso
affinché la luce sia arrivata fino a noi, questo
bordo ha continuato ad espandersi. Si stima
che si trovi a circa 50 miliardi di anni luce
(4,7×1023 km). Questo comporterebbe che il
volume dell'universo osservabile sia di 5×1032
anni luce cubici (assumendo che questa
regione sia sferica). La Terra si trova, per pura definizione, esattamente al centro dell'Universo osservabile. Il
che non significa che si tratti dell'effettiva posizione della Terra nell'Universo (che potrebbe non avere un
centro ben definito, così come nessun punto della superficie terrestre può dire di trovarsi al suo centro).

Al momento, usando il modello del Big Bang, e facendo alcune assunzioni sul tipo di materia presente
nell'Universo, è possibile predire la distribuzione risultante di materia, e confrontarla con quella osservata per
confermare o smentire una teoria cosmologica. Le più recenti osservazioni sembrano indicare che la
maggior parte dell'Universo debba consistere di materia oscura, che non emette luce, in particolare di
materia oscura fredda e non barionica, ossia non composta dai normali atomi che conosciamo. I modelli che
assumono materia oscura calda o materia oscura barionica non riescono a conciliarsi con le osservazioni. La
questione della materia oscura è comunque ancora molto controversa, perché è materia che sfugge alle
misurazioni.

Molte osservazioni astronomiche,


condotte grazie allo studio delle
supernovae e della radiazione
cosmica di fondo, mostrano come
l'universo osservabile sia
estremamente vicino alla condizione di
totale omogeneità ed isotropia, e come
inoltre stia accelerando la sua
espansione. Un simile universo può
essere rappresentato, nel contesto
della relatività generale, grazie al
modello di Friedmann-Lemaître-
Robertson-Walker (FLRW). Questo
modello, ricavato dalle equazioni di
Friedmann, assegna all'universo una
curvatura basata sulla matematica
della fluidodinamica (considera la
materia in esso contenuta come un fluido perfetto).

Un'altra via per ricavare la geometria locale dello spazio consiste nel trascurare ogni forma della cosiddetta
energia oscura, e calcolare la curvatura misurando la densità media di materia, assumendo che essa sia
distribuita uniformemente (tralasciando dunque gli addensamenti provocati da oggetti massivi come le
galassie). Questo assunto è giustificato dal fatto che l'universo è solo debolmente disomogeneo e
anisotropo, mentre ad ampie scale risulta omogeneo e isotropo. L'omogeneità e l'isotropia dell'universo
permettono l'esistenza di una geometria spaziale a curvatura costante. Dalla curvatura dello spazio dipende
il valore del parametro di densità Omega (O), parametro che consiste nel rapporto tra la densità media
dell'universo e la densità di energia critica; Dalle misure degli astronomi della densità di materia ed energia
nell'universo e delle distanze spazio-temporali (utilizzando le supernovae) risulta che la curvatura dello
spazio è molto vicina a 0, anche se non se ne conosce il segno; ciò significa che le geometrie locali,
nonostante siano un prodotto della teoria della relatività e della nozione di “intervallo spazio-temporale”,
possono essere ben approssimate con la familiare geometria euclidea. Ci sarebbero allora tre possibili
geometrie spaziali a curvatura costante, ciascuna dipendente dal segno della curvatura: se essa è
esattamente zero, la geometria locale è “piatta”; se è positiva, la geometria è “sferica”; se è negativa, la
geometria è “iperbolica”.

Una delle sfide nell'analisi dei dati provenienti della missione Wilkinson Microwave Anisotropy Probe
(WMAP) è la ricerca di immagini multiple dell'universo più distante nella radiazione di fondo cosmica:
assumendo che la luce abbia avuto tempo a sufficienza per attraversare interamente un universo finito,
infatti, si dovrebbero osservare immagini ripetute. Basandosi sulle analisi dei dati della sonda WMAP, i
cosmologi durante gli anni 2004-2006 si sono concentrati principalmente sullo studio dello spazio
dodecaedrico di Poincaré - un modello sferico non-Euclideo a geometria chiusa composto da dodici
pentagoni curvi - senza tralasciare altre possibili topologie compatibili con le osservazioni.

IL PUNTO OMEGA

Secondo Padre Theilard de Chardin, l'Universo è una realtà dinamica,


in movimento, in espansione e contrazione, in trasformazione, in
evoluzione: una creazione continua. Una “cosmogenesi”, che si evolve
in modo complesso. Se si eleva lo sguardo verso questo processo
dell'evoluzione, secondo Padre de Chardin, si intravede una
“moltitudine che si sta organizzando verso un qualcosa di nuovo che fa
procedere l'evoluzione”. La nuova tappa del cammino dell'universo è la
“noosfera”. Secondo Padre de Chardin, la stoffa dell'universo non è
fatta di sola energia-materia, essa è materia e spirito, energia e
interiorità. Perfino la materia inorganica ha una sua “interiorità”. La
complessità crescente dell'universo in espansione e in accelerazione
non è frutto della casualità, ma è centrata su un “disegno intelligente”,
su un progetto: l'evoluzione della coscienza. La cosmogenesi è dunque in realtà una “noogenesi”, cioè la
creazione di “coscienza”, di “spirito”, per mezzo di una complessificazione crescente. L'apice della
evoluzione sulla Terra al momento è l'uomo, l'essere più complesso, con la coscienza più complessa. Ma,
attraverso le risorse sempre più strettamente interconnesse e comunicanti (pensiamo alle comunicazioni
interplanetarie ed a Internet), la coscienza umana si complessifica sempre più, creando una unione
pensante e cosciente che sintetizza ed utilizza tutte le differenze. “...l'uomo scopre, per usare
un'espressione forte espressione di Julian Huxley, di non essere altra cosa se non l’evoluzione divenuta
cosciente di sé stessa” (“L'Ambiente Divino”). Gli esseri umani, con i loro pensieri, ma soprattutto con la loro
coscienza, sono simili ai neuroni di un grandioso “cervello globale” o “mente planetaria”.

La biosfera si evolverà attraverso questo processo in noosfera. L'apice della ominazione sarà allora una
super coscienza che straborderà oltre lo spazio-tempo, nell'Uno, il “Cristo Cosmico”, il Punto Omega, un
polo di attrazione che attirerà a se la molteplicità e la incorporerà in un qualcosa di superiore e unitario. La
via di salvezza all'angoscia esistenziale rispetto la nostra finitezza è quella di comprendere che l'Universo è
qualcosa che evolve, dotato di una sorta di “sapienza sistemica”, di cui - come natura - facciamo tutti
necessariamente parte.

IL PROGETTO DI DIO

“Cristo si è realizzato nell'evoluzione”.

Secondo Theilard de Chardin, il “Cristo Cosmico” si realizzerà


nella evoluzione stessa. Tra i pochi a vedere nell'evoluzione
scientifica un “segno divino”, il gesuita francese, che unì la
passione religiosa a quella scientifica, tentando di riconciliare la
teoria evoluzionista di Darwin con quella creazionista del
Cristianesimo, attingendo anche alle idee sull' “evoluzione
creatrice” di Bergson, giunse a preconizzare l'avvento di una
“mente planetaria”, o meglio, una “rete nervosa planetaria”
(noosfera) ,che raggiungerà il cosiddetto “Punto Omega” (“Ad
quem omnia tendunt”), cioè l'unione con il “Cristo Cosmico”.
Questa idea di singolarità “tecno-mistica” e di “escatologia
cosmica”, con una forte aspettativa messianica, tende a
considerare gli esseri umani, con i loro pensieri, con la loro
coscienza, simili ai neuroni di un grandioso “cervello globale” dal
quale emergerà la “coscienza di Cristo”. In seguito, le idee di De
Chardin influenzeranno profondamente Marshall McLuhan e
tutta la “sociologia globale” successiva. In particolare, il francese
Pierre Lévy, studioso di temi antropologico-culturali legati allo
sviluppo della realtà virtuale, che nel saggio “Le Tecnologie
dell'Intelligenza. Il Futuro del Pensiero nell'Era dell'Informatica”
(Synergon, Bologna, 1992) descrive il ciberspazio come una
sorta di doppio virtuale di Gaia, il pianeta vivente, e il luogo di
condensazione di uno “Spirito della Terra” che raccoglierà in sé
la totalità delle intelligenze organiche e inorganiche.

La cosiddetta “teoria del Punto Omega” è stata poi rielaborata dal fisico Frank Tipler in varie occasioni nella
seconda metà degli anni Ottanta ed esposta infine nel saggio del 1994 “La Fisica dell'Immortalità” (Milano,
Mondadori 1995) nel quadro di una “teoria fisica e sperimentabile di un Dio onnipresente, onnisciente e
onnipotente” che ha suscitato roventi polemiche ed è stata accusata di scarso valore scientifico. Per il fisico
di New Orleans, non sono da considerarsi “forme di vita intelligenti” soltanto quelle biologiche fondate sulla
chimica del carbonio. Per Tipler, vanno considerate forme di vita intelligente anche quelle che possiamo
prefigurare come i futuri discendenti della razza umana. Secondo Tipler, l'eredità dell'intelligenza di tipo
umano sarà raccolta dapprima da automi in grado di riprodursi e, ancora più avanti, da processi di
elaborazione di informazione totalmente svincolati da qualsiasi forma materiale. Queste ultime forme
saranno destinate a occupare l'intero Universo, giungendo a condizionarne la dinamica prima del collasso
finale in una singolarità, che è il destino di un Universo chiuso secondo il modello cosmologico standard.
Supponendo valido il modello di universo chiuso, si ottiene che è possibile “pilotare” la contrazione
dell'universo dall'interno, ritardando infinitamente il Big Crunch - la teoria secondo cui l'Universo smetterà di
espandersi ed inizierà a collassare su sé stesso, in modo esattamente simmetrico al Big Bang, finché tutta la
materia e l'energia verrebbero compresse in una singolarità gravitazionale - e contemporanemente
estraendo dalla contrazione una quantità illimitata di energia.

“La Fisica dell'Immortalità” è stato definito in una recensione su Nature,


un poco ironicamente, “un capolavoro di pseudoscienza”. Il fisico David
Deutsch ha invece trovato le argomentazioni di Tipler affascinanti e non
inverosimili, incorporandole nel suo “La Trama della Realtà”. John
Barrow, autore insieme a Tipler del celebre saggio “The Anthropic
Cosmological Principle”, ha coniato una sua versione della teoria del
Punto Omega chiamata “principio antropico finale” secondo cui:
“L'Universo è sufficientemente benigno da far si che una volta evolutasi
l'intelligenza, le leggi della fisica ne permetteranno l'esistenza
continuamente e per sempre”. Dunque, il Punto Omega non è altro che il
punto d'arrivo dell'Universo: la singolarità finale di un Universo in cui
l'intelligenza si è evoluta sino ad assumere il controllo di tutta la materia
e di tutte le forze esistenti, immagazzinata come informazione negli
atomi stessi.

In questa linea di pensiero, secondo Terence McKenna, (autore,


etnobotanico ed esploratore psichedelico), stiamo per scoprire che cosa
significhi veramente «essere»: [...] È un viaggio filosofico attraverso i
veicoli della cultura e della biologia. Ci avviciniamo all’evento più
profondo che un'ecologia planetaria possa incontrare: la liberazione
della vita dalla crisalide della materia. Ci è voluto un miliardo di anni di evoluzione per arrivare nel luogo in
cui le informazioni potranno separarsi dalla matrice materiale e sorgere verso una dimensione superiore [...].
Per McKenna, la fine ultima dell'Universo sarà una “gioiosa apocalisse”, un party cosmico da non mancare.

(Pubblicato su Ecplanet 25-04-2007)

Links

Sloan Digital Sky Survey

Wilkinson Microwave Anisotropy Probe

COSMOGENESIS

COSMOGENESIS 3

Potrebbero piacerti anche