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Vincenzo Pappalardo

BREVE STORIA DEL


PENSIERO SCIENTIFICO

Breve storia del pensiero scientifico

Vincenzo Pappalardo

BREVE STORIA DEL


PENSIERO SCIENTIFICO

Copyright 2013 di Vincenzo Pappalardo Tutti i diritti sono riservati I capitoli in esame sono stati tratti dal libro di Vincenzo Pappalardo Storia della fisica e del pensiero scientifico che possibile consultare sul sito www.liceoinweb.altervista.org

Breve storia del pensiero scientifico

INDICE
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Mappa concettuale Introduzione


CAPITOLO 1 Il mondo antico CAPITOLO 2 physica - fisica CAPITOLO 3 Dal mondo greco al fisica moderna CAPITOLO 4 Il processo a Galileo

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Conclusioni Bibliografia

Breve storia del pensiero scientifico

Mappa concettuale
SPECULAZIONE FILOSOFICA Protagonisti: Parmenide Aristotele Aspetti salienti: 1. 2. 3. La finalit la conoscenza del mondo ontico mediante principi universali in se stessi intelligibili. Principio della causalit finale: ogni ente per sua natura orientato ad un fine. Metodo filosofico: fiducia nella ragione come fonte di conoscenza superiore ed indipendente dallesperienza (Parmenide: il pensiero e lessere sono ununica cosa). VISIONE FENOMENICA-MECCANICA Protagonisti: Democrito Zenone Galileo Bacone Newton Laplace Maxwell Aspetti salienti: 1. 2. 3. Si cerca di inquadrare i dati fenomenici osservati in leggi sempre pi generali, le quali servono a prevedere nuovi fatti fenomenici; unipotesi o una teoria credibile se da essa si deducono risultati comprovati dalla verifica sperimentale o dallosservazione. Lintero universo visto come un immenso meccanismo assemblato e regolato da leggi ben precise che consentono di stabilire una causalit ferrea. La visione newtoniana caratterizzata da due tratti principali: a) b) semplicit di tutto il sistema: Newton fonda tutta la sua costruzione su quattro grandezze fisiche (spazio, massa, tempo e quantit di moto) ed altrettante leggi fisiche (i tre principi della dinamica ed il principio di conservazione della quantit di moto); Con elementi cos semplici Newton riesce a dare una visione coerente ed unitaria non solo dei fenomeni meccanici, che avvengono sulla Terra, ma anche di quelli degli astri (legge della gravitazione universale).

Conseguenze metodologiche: 1. 2. 3. 4. 5. 1. 2. 1. 2. 3. Prevale dora in poi la sfiducia di fronte alle intuizioni dettate dal senso comune quale interprete della realt; Si afferma il valore dellosservazione e dellesperienza e la necessit della verifica empirica. I sistemi puramente speculativi, come costruzioni mentali, cedono il passo ad ipotesi di lavoro fondate sullesperienza e soggette a continua revisione; ipotesi confutabili e sostituibili con altre, allorquando si presentano fatti con esse incompatibili. La deduzione (vedi Parmenide) cede il passo allinduzione, che Galileo mette in pratica e Bacone le fornisce una giustificazione teorica; La descrizione della realt si matematizza: la fisica intende prevedere con esattezza i fenomeni, per cui devono essere inquadrati in leggi fisico matematiche; La scienza diventa autonoma ed indipendente dalla filosofia e dalla teologia. Lautorit di Aristotele si oscura Non ha pi interesse lontico ma il fenomenico La Bibbia perde efficacia nel campo scientifico; Lo scienziato, anche se non ateo, rifugge dalle spiegazioni predeterminate dei fenomeni fisici e cerca solo le cause immanenti; La Terra non pi il centro dellUniverso, e luomo cessa di essere il centro fisico del cosmo. VISIONE RELATIVISTICA-INDETERMINISTICA Protagonisti: Einstein Bohr Heisenberg Aspetti salienti: 1. 2. 3. Relativizzazione dello spazio e del tempo: spazio e tempo non sono pi entit assolute e separate ma fanno parte di ununica struttura spaziotemporale soggetta a deformazioni prodotte dalla materia e dallenergia. Crisi del meccanicismo: Nuove scoperte, inspiegabili con le leggi della fisica classica, manifestano una realt assai pi complessa di quanto non si fosse creduto; la scienza si vede pertanto costretta a limitare le proprie competenze, abbandonando la pretesa di fornire una spiegazione di tutto. Quantizzazione del campo e dellenergia: Laspetto pi sconcertante della meccanica quantistica il radicale contrasto tra i risultati cui essa conduce e limmagine che della realt ci fornita dalla nostra intuizione e dalla fisica classica, ossia le nuove scoperte non riescono a collocarsi entro le strutture concettuali dellesperienza quotidiana. La meccanica quantistica come spiegazione e superamento della fisica del continuo a favore di una fisica del discreto (quantizzazione dellenergia che insieme alla scoperta del fotone introduce la dualit tra la natura corpuscolare ed ondulatoria non solo della luce ma anche delle particelle elementari). Carattere probabilistico delle leggi fisiche: il principio di indeterminazione introduce un limite teorico invalicabile di approssimazione nella misura di due grandezze, come la posizione e la quantit di moto, per cui una particella intrinsecamente indeterminata ed acquista le sue determinazioni solo quando sottoponiamo ad un atto di misurazione uno dei suoi valori, modificando irrimediabilmente gli altri. Il mondo acquista realt solo in quanto vi qualcuno che lo osserva, ossia il manifestarsi del mondo microscopico non pu essere separato dal nostro atto di osservazione; Il principio di indeterminazione sostituisce leggi deterministiche con leggi puramente probabilistiche, non per difficolt tecniche insite nellanalisi del problema, ma dettate dalla natura della realt fisica; Lo spazio curvo in misura diversa e il tempo scorre diversamente in punti diversi delluniverso. Le idee di spazio euclideo tridimensionale e di tempo che scorre linearmente sono limitate alla nostra esperienza ordinaria del mondo fisico e devono essere completamente abbandonate quando ampliamo questa esperienza.

Conseguenze filosofiche:

Conseguenze religiose:

Risultati scientifici: Meccanica celeste

4.

Conseguenze metodologiche e filosofiche: 1. 2. 3.

Risultati scientifici: Cosmologia Struttura atomica

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Introduzione
a scienza puro interesse culturale, desiderio di sapere, conoscenza, metodo, pensiero scientifico. Essa serve unicamente a soddisfare la curiosit innata nelluomo, da sempre, di conoscere lambiente che lo circonda e s stesso. La scienza, per, in quanto elemento di civilt, non sta isolata dagli altri aspetti della cultura e come tale connessa col modo di vivere e di pensare, con i rapporti sociali e le istituzioni degli uomini che lhanno elaborata e continuano ad elaborarla. La scienza e la poesia, per esempio, nellantica Grecia, venivano considerate entrambe come imprese dellimmaginazione, modi complementari di esplorare il mondo della natura. Partendo da queste considerazioni, questa Storia della Fisica e del pensiero scientifico, vuole raccontare la fisica come un viaggio, e quindi, unavventura del pensiero umano, dalle prime civilt, in particolare quella greca, con i vari filosofi come Anassimandro, Platone, Aristotele e Archimede, passando attraverso i protagonisti della rivoluzione scientifica come Copernico, Galileo e Newton fino alla rivoluzione relativistica con Einstein e a quella quantistica con Planck, Heisenberg, Bohr, Schrodinger. Pertanto, questo libro non ha la pretesa e la presunzione n di essere originale, n di proporre nuove tesi rispetto a quelle esposte da autorevoli studiosi di storia della fisica, di filosofia della scienza e del pensiero scientifico in generale. Anzi, molti passi di questo libro sono stati interamente tratti dalle opere riportate nella bibliografia. Se un merito deve avere questo libro quello di rappresentare una sintesi di storia della fisica sullo sfondo della filosofia della scienza, al fine di offrire a tutti coloro che si avvicinano allo studio della fisica, uno strumento per indagare sul faticoso cammino delle idee per giungere alla formulazione di leggi fisiche, o teorie scientifiche, ed il loro successo in un particolare momento storico. In pi, vuole sfatare il mito che le teorie scientifiche siano il frutto del lavoro spontaneo e solitario di uno scienziato, bens il risultato di secoli dindagine, anzi di secoli di avventura del pensiero umano, che trovano il loro compimento, latto finale, nel lavoro del genio, come Galileo, Newton, Einstein.

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CAPITOLO 1

Il mondo antico
er spiegare i fenomeni naturali luomo, prima che alla ragione e allosservazione, fece ricorso alla fantasia, e si formarono cos interessantissimi miti intorno allorigine del mondo, al destino dei mortali, alle grandi forze dominanti lo sviluppo degli eventi. Il mito (dal greco mytho che significa io racconto o narro) rappresenta il primo tentativo, nella lunga storia della ricerca umana, di elaborazione della realt. Attraverso il mito, infatti, l'uomo, in primo luogo, d il nome alle cose, vincendo in tal modo il sentimento di paura primordiale, e, poi, costruisce delle narrazioni fantastiche che intendono spiegare come si sono formati il mondo e le divinit. Il mito una difesa di fronte alla minacciosa presenza delle forze occulte della natura e con esso l'uomo procede a dare un nome al mondo e ad illuminarlo, e a mettere ordine nel caos. Prima che la scienza prendesse esplicitamente avvio, l'arte e la religione greca avevano gi abbozzato alcune riflessioni generali sull'uomo e sul mondo. Ci avviene soprattutto nelle cosmologie mitiche, che cercano di narrare l'origine del mondo a partire dal caos primitivo. Questi racconti sono definiti mitici, in quanto ricorrono a spiegazioni fantastiche. Essi, per, non devono essere considerati come qualcosa di primitivo, in quanto la forma letteraria del mito, che sul piano artistico attinge a vette elevatissime, gi una elaborazione della realt. Il mito, dunque, anche se non possiede l'universalit e la lucidit dell'affermazione teorica, non va considerato come un complesso di falsit e quindi un ostacolo alla conquista del vero. Al contrario esso ha avuto una funzione molto positiva: ha educato l'uomo a non fermarsi ai semplici fatti nella loro molteplicit disorganica, ma a considerarli connessi l'uno all'altro, cercando i principi di ci che accade intorno a noi, e, attraverso i principi, i mezzi per agire sulla natura onde trasformarla a vantaggio dell'umanit. Tra mito e scienza non c', pertanto, opposizione, in quanto entrambi sono attivit del pensiero umano tendenti a rispondere al perch del mondo, ma un comune sentimento di stupore e la comune volont di dare un senso ai fenomeni della natura: dai corpi celesti ai fenomeni atmosferici, dall'alternarsi delle stagioni all'origine stessa degli uomini e delle divinit. La differenza principale tra mito e scienza riguarda, piuttosto, il metodo con cui essi ricercano la verit delle cose. Il mito si serve della narrazione fantastica e non si cura di accertare la validit dei propri enunciati; la scienza, invece, fa del metodo scientifico, ossia della verifica delle proprie ipotesi attraverso opportune misure quantitative, lo strumento essenziale della propria ricerca.

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I primordi della scienza si confondono con la sapienza mitica espressa soprattutto nelle cosmogonie. La cosmogonia (da kosmos=universo e ghighnomai=io genero) la spiegazione mitica dell'origine e della formazione del mondo e tutti i popoli e le civilt hanno formulato dei miti cosmogonici. Alcuni dei miti cosmogonici pi antichi si estendono a tutto l'oriente mediterraneo. L'elemento primordiale sarebbe quasi ovunque un caos fluido (si pensi alla spontanea fertilit dell'elemento acquoso che produce la vita nelle valli del Nilo, del Tigri e dell'Eufrate); ed, emersa da esso, una Grande Madre avrebbe dato inizio alla creazione del mondo e degli di. E' presente in questo mito il concetto, che suggerir a volte forme di religiosit panteistica, di unit dell'universo in quanto originato da una materia unica; ma il binomio Grande Madrecaos fu interpretato anche come dualistica opposizione tra forza della vita e della morte, della fecondazione e della sterilit, della luce e delle tenebre, dell'amore e dell'odio. Il pi antico documento della cosmogonia presso i Greci la Teogonia di Esiodo (VIII sec. a.C.; VII sec. a.C.), il quale, fu probabilmente il primo a cercare un principio delle cose quando disse che all'inizio ci fu Caos, poi venne la terra dall'ampio seno e quindi l'amore che eccelle tra gli dei immortali. Egli vuole rispondere alla domanda fondamentale che gli sta a cuore, e cio: come il mondo divenuto quello che . Per rispondere a tale questione un poeta dell'VIII secolo a.C., come Esiodo, non poteva fare a meno di immaginare un complesso di atti e di interventi divini che dessero ragione dell'esistenza e della forma di cui si compone la realt. In questa primitiva ricerca il mondo umano e quello divino si trovano strettamente legati l'uno all'altro, e la cosmogonia si trasforma, dunque, in teogonia: attraverso la narrazione delle generazioni degli di, l'autore allude al multiforme divenire della realt. Esiodo, per poter spiegare l'ordine che governa il mondo, non fa altro che narrare i rapporti genealogici tra i vari di, che del kosmos (= ordine) sono i garanti . Ed significativo che nella Teogonia il ruolo della coppia divina primigenia, che all'origine di tutto, sia attribuito a Gaia (la terra) e Urano (il cielo). Infatti, dovendo rappresentare l'ordine del mondo fisico attraverso le gerarchie divine, Esiodo pone all'origine di tutte le generazioni una coppia che la personificazione stessa dell'universo fisico, la terra e il cielo. La Teogonia di Esiodo presenta alcune significative analogie con alcuni miti cosmogonici del vicino Oriente. L'origine dell'universo da una coppia divina si ritrova anche nella mitologia egizia, che propone vari racconti della creazione. Un'idea ricorrente nei miti cosmogonici egizi che la vita deriv dalle acque dello "smisurato abisso". All'origine di questi miti c'era indubbiamente l'osservazione che le terre inondate dal fertile limo del Nilo erano promesse di nuova vita per un nuovo anno agricolo. Presso i Babilonesi la creazione di un universo ordinato viene attribuita alla vittoria di Marduk, il dio babilonese per eccellenza, su Tiamat, la divinit del caos. Ancora una volta all'origine della creazione troviamo, come nella Teogonia di Esiodo, una battaglia titanica tra forze divine opposte, un dramma cosmico tra il caos e l'intelligenza ordinatrice. In questo mito si cela, forse, la lotta dell'uomo primitivo contro le periodiche inondazioni della Mesopotamia, interpretata come conflitto primordiale tra le forze del caos e quelle dell'ordine che producono la vita. Contemporaneamente alle credenze religiose politeistiche del resto del bacino mediterraneo si svilupp nel popolo ebraico, soprattutto per merito di Mos, una fede intransigentemente monoteistica. Secondo la cosmogonia ebraica dio creatore di tutte le cose, ed il mondo che pu apparire ingiusto e malvagio ha in realt una sua profonda

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moralit e tende ad un alto fine religioso. Il dio, pensato dall'uomo a propria immagine e somiglianza, viene offeso dal peccato nella sua santit e nella sua giustizia, che non pi di carattere capriccioso ma soprannaturale ed assoluta. Questo concetto del peccato come offesa della perfetta giustizia ha implicito in s il sentimento e l'idea di un diritto naturale. Luomo ha sempre cercato di dominare la natura; gradualmente prov a comprenderla. Molto tempo dopo egli impar a combinare i due desideri: fu allora che la scienza moderna prese forma. Ma lo sviluppo della scienza moderna poggia sulla curiosit e linteresse di molti secoli nei quali le tecniche per esplorare la natura furono sviluppate lentamente, e la conoscenza lentamente accumulata. Tutti gli uomini hanno inventato mezzi per esercitare un controllo sulla natura. La tecnologia primitiva, oltre al mito, fu il mezzo attraverso cui luomo cerc di sottomettere la natura. Basterebbero le imponenti rovine dei monumenti nel Mediterraneo orientale per darci unidea dello sviluppo fra quei popoli della tecnica. Man mano che al bronzo si sostituiva il ferro, pi economico e funzionale, fonderie e miniere passavano dal livello artigianale a quello di piccole manifatture, data la tecnica pi complessa richiesta dalla nuova lavorazione. Non si deve tuttavia pensare che la tecnica, prodotto di osservazione razionale e di sperimentazione ripetuta, abbia potuto svilupparsi senza che un profondo impulso fosse dato pure alla scienza. Strumento della scienza in questepoca fu anzitutto la scrittura, che, originariamente geroglifica, venne sostituita dalle pi funzionali scritture fonetiche, sillabica (miceneo) e alfabetica (forse di invezione fenicia). La scrittura permise lapprofondimento delle prime conoscenze ed osservazioni, si scrissero i primi libri e si fondarono le prime biblioteche nei templi e palazzi reali (famosissima quella a Ninive costruita dal re Assurbanipal nel VII sec. a.C.). Quindi, se vogliamo individuare il luogo in cui collocare le origini della scienza moderna, questo la Mesopotamia, dove intorno al 4000 a. C. si svilupp una fiorente civilt, quella dei Sumeri prima e dopo quella dei Babilonesi. In quanto popolo di commercianti, si interessarono di numeri. Svilupparono un sistema sessagesimale, cio basato sul numero 60, del quale oggi ci rimane la suddivisione dellangolo giro in 360 oppure lora in 60 minuti ed il minuto in 60 secondi. Possedevano tavole di moltiplicazioni di grande complessit, ma anche tavole di quadrati e di cubi, radici quadrate e cubiche, numeri reciproci e anche tavole che fornivano la soluzione di problemi che oggi risolviamo facilmente attraverso luso delle equazioni. Pertanto erano in grado di risolvere equazioni complesse ma sempre in termini numerici, poich non possedevano la nozione di generalit. Ma neanche ci troviamo di fronte a semplici quesiti pratici che richiedono una soluzione, bens ad un procedimento di calcolo che sembra costituire la parte importante di un discorso. Si pu dire che gi superata la fase della matematica empirica, caso per caso, secondo il bisogno. Non solo molti problemi sono suggeriti da una curiosit scientifica che trascende la necessit della vita quotidiana, ma siamo di fronte a problemi che vengono risolti con lo stesso procedimento, con gli stessi metodi di calcolo. Una ricerca di metodo dunque, e questa scienza. Nonostante la presenza di una grande quantit di dati, conosciamo poco sul pensiero dei matematici babilonesi e soprattutto sulla presenza di una struttura teorica sottostante. Nel campo astronomico sappiamo che i sumeri utilizzavano un calendario lunare, mentre i babilonesi (dopo il 2000 a. C.), con laiuto di strumenti scientifici come

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lo gnomone, registrarono molte osservazioni del moto della luna, del sorgere e tramontare di Venere e Mercurio, e di eclissi. Furono in questo periodo che vennero denominate le costellazioni (lo zodiaco). Il fine di tutte queste registrazioni di fenomeni celesti era di carattere astrologico. Moltissimo tempo dopo (500 a. C.), quando la Mesopotamia era dominata dai greci, si svilupp unastronomia matematica altamente elaborata e complessa. Infatti, dopo il 300 a. C., vennero effettuate due previsioni della lunghezza dellanno solare corrette a meno di pochissimi minuti. La situazione nella vicina civilt dellEgitto era comparabile con quella del bacino mesopotamico. Nonostante le colossali costruzioni di tombe e monumenti, come le piramidi, la geometria egiziana era molto elementare, ed al pari di quella babilonese, aveva uno scopo prettamente pratico e non teorico. Il sistema numerico egiziano era pi rudimentale di quello babilonese, e i metodi di calcolo davvero elementari. Diversamente dai babilonesi, gli egizi mostrarono uno scarso interesse sia per gli eventi astronomici a scopo astrologico sia per le previsioni matematiche del moto della luna. Usarono calendari lunari e solari e potrebbero aver comparato i due al fine di determinare lerrore in lunghi cicli di tempo. Anche se alcune fondamentali nozioni scientifiche, come la concatenazione di causa ed effetto, furono conquista gi della tecnica pi primitiva, e nonostante luso magistrale delle pi sofisticate tecniche, sia gli egizi che i babilonesi mancarono di curiosit nel comprendere perch queste tecniche funzionassero. In nessuna fase cominciarono a speculare sulla natura, a costruire un sistema di pensiero, e cercarono per i pi appariscenti fenomeni, come il moto delle stelle o dei pianeti, le fasi della luna o le eclissi, spiegazioni mitologiche. Gli abitanti del delta mesopotamici o della valle del Nilo influenzarono i loro successori tecnicamente, come i greci, ma non concettualmente.

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CAPITOLO 2

physica - fisica
ristotele chiama "fisici" e "fisiologi" i primi pensatori greci. Nel suo linguaggio, la "fisica" (cio la scienza studiata dai "fisici ) ha come oggetto quella parte del Tutto che la realt diveniente (sia essa realt corporea, o biologica, o psichica), oltre la quale esiste la realt immutabile di Dio. La "fisica" aristotelica (e, a maggior ragione, la fisica moderna) non scienza del Tutto. Anche se questa interpretazione di Aristotele della nascita della filosofia spiegabile in relazione al modo in cui si configura la filosofia aristotelica, tuttavia il rendersi conto che nei primi pensatori greci la cura della verit insieme un rivolgersi al Tutto, richiede che non si possa accettare la tesi aristotelica secondo la quale la filosofia al suo inizio semplicemente una "fisica". Poich la parola "metafisica" sar usata, nel linguaggio filosofico successivo, per indicare il rivolgersi della filosofia al Tutto, oltrepassando il sapere limitato al mondo fisico, pi aderente alla situazione reale dire che i primi pensatori greci sono dei metafisici e anzi i primi metafisici. Questo, qualora la parola "metafisica (usata inizialmente da Andronico, editore delle opere di Aristotele, nel I secolo a.C., per indicare gli scritti che, nell'edizione, venivano "dopo" quelli destinati alla fisica) sia appunto intesa come il rivolgersi al Tutto, andando oltre quella dimensione particolare del Tutto che costituita dalla realt diveniente. Il termine "fisica" costruito sulla parola physis, che i latini hanno tradotto con "natura". Se si sta alla definizione aristotelica di "fisica"dove physis appunto la realt divenienteallora tradurre physis con natura del tutto legittimo, perch nel termine latino natura risuona innanzitutto il verbo nascor ("nasco", "sono generato"), si che la "natura" appunto il regno degli esseri che nascono (e quindi muoiono), ossia di ci che, appunto, diviene. Ma quando i primi filosofi pronunciano la parola physis, essi non la sentono come indicante semplicemente quella parte del Tutto che il mondo diveniente. Anche perch la parola stessa a mostrare un senso pi originario, che sta al fondamento di quello presente ad Aristotele. Physis costruita sulla radice indoeuropea bhu, che significa essere, e la radice bhu strettamente legata (anche se non esclusivamente, ma innanzitutto) alla radice bha, che significa "luce" (la parola saphes). Nascendo, la filosofia insieme il comparire di un nuovo linguaggio, ma questo linguaggio nuovo parla con le parole vecchie della lingua greca e soprattutto con quelle che sembrano pi disponibili ad essere dette in modo nuovo. Gi da sola, la vecchia parola physis significa essere e luce e cio lessere, nel suo illuminarsi. Quando i primi filosofi chiamano physis ci che essi pensano, non si rivolgono a una parte o a un aspetto dell'essere, ma

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all'essere stesso, in quanto esso il Tutto che avvolge ogni parte e ogni aspetto; e non si rivolgono all'essere, in quanto esso si nasconde e si sottrae alla conoscenza, ma all'essere che si illumina, che appare, si mostra e che in questa sua luminosit assolutamente innegabile. In questo rivolgersi alla physis, cio al Tutto che si mostra, la filosofia riesce a vedere il Tutto nel suo esser libero dai veli del mito, ossia dai tratti alteranti che questo velamento conferisce al volto del Tutto. Per la filosofia, liberare il Tutto dal mito significa che il Tutto non ci che resta suscitato dalla forza inventiva del mito, bens ci che da s capace di mostrarsi e di imporsi, proprio perch riesce a mantenersi manifesto e presente. E il Tutto non mostra di contenere ci che il mito racconta (le teogonie e le vicende degli di e del loro rapporto con gli uomini), bens mostra il cielo stellato e il sole e la terra e l'aria, e l'acqua, e tante altre cose ancora, che il filosofo si trova davanti e si propone di penetrare e comprendere. La filosofia (la "cura per il luminoso") si presenta sin dall'inizio come il lasciar apparire tutto ci che capace di rendersi manifesto e che pertanto si impone (e non imposto dalla fantasia mitica), ossia verit incontrovertibile: physis. Laffermazione di Aristotele che la scienza dei primi pensatori una "fisica" pu essere espressa anche dicendo che tale scienza una "cosmologia", cio una scienza del "cosmo". Si gi accennato che, come la parola chos, anche la parola ksmos ha un significato originario che illumina il senso della presenza di tale parola nel pi antico linguaggio filosofico. Quando si intende ksmos come "ordine" e "cosmo" (cio mondo ordinato, in contrapposizione al disordine del chos), ci si trova gi oltre quel significato originario. Anche qui la radice indoeuropea di ksmos a dare l'indicazione pi importante. Tale radice e kens. Essa si ritrova anche nel latino censeo, che, nel suo significato pregnante, significa "annunzio con autorit": l'annunziare qualcosa che non pu essere smentito, il dire qualcosa che si impone. Ci si avvicina al significato originario di ksmos, se si traduce questa parola con "ci che annunziandosi si impone con autorit". Anche l'annunziarsi un modo di rendersi luminoso. Nel suo linguaggio pi antico, la filosofia indica con la parola ksmos quello stesso che essa indica con la parola physis: il Tutto, che nel suo apparire la verit innegabile e indubitabile. Si pu cos comprendere perch la filosofia non abbia tardato a chiamare se stessa epistme. Se noi traduciamo questa parola con "scienza", trascuriamo che essa significa, alla lettera, lo "stare" (stme) che si impone "su" (ep) tutto ci che pretende negare ci che "sta": lo "stare" che proprio del sapere innegabile e indubitabile che per questa sua innegabilit e indubitabilit si impone "su" ogni avversario che pretenda negarlo o metterlo in dubbio. Il contenuto di ci che la filosofia non tarda a chiamare epistme appunto ci che i primi pensatori (ad esempio Pitagora ed Eraclito) chiamano ksmos e physis. Come la fisica moderna (ma gi la "fisica" aristotelica) non ha pi a che fare col senso della physis alla quale pensano i primi filosofiappunto perch la scienza moderna procede dall'assunto metodico di isolare dal suo contesto quella parte della realt che essa intende studiare e controllarecos l'epistme alla quale si riferisce la moderna epistemologia non ha a che fare col senso filosofico dell'epistme. Lepistemologia la riflessione critica sulla scienza moderna, ossia su quel tipo di conoscenza che ha progressivamente rinunciato a porsi come verit incontrovertibile e si propone come conoscenza ipotetica provvisoriamente confermata dall'esperienza e in grado di operare la trasformazione del mondo pi radicale che l'uomo sia mai riuscito a realizzare. E questi sono indubbiamente elementi dell'aspetto per il quale, nella derivazione della

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scienza dalla filosofia, il parto un distacco traumatico e doloroso. Questo distacco della scienza dalla filosofia gi in qualche modo preannunciato dal significato complesso di physis, che se nei sui strati pi profondi significa l'illuminarsi, l'apparire dellessere, esso include per anche il senso del nascere e del crescere. Si pu supporre che al significato originario di physis tenga dietro quello derivato, perch vi sono dei modi specifici secondo cui le cose giungono a rendersi manifeste: il nascere ricorrente del sole e della luna, il nascere degli uomini e degli animali, lo spuntare, crescere, sbocciare, fiorire delle piante. Quando non si presta pi attenzione al fatto che, attraverso questi modi, le cose giungono a rendersi manifeste e ad imporsi, e si presta invece attenzione ai modi specifici che preparano il loro ingresso nell'apparire, allora la parola physis viene usatacome appunto accade in Aristoteleper indicare soltanto l'insieme degli enti costituiti da questi modi, e cio l'insieme dei vari tipi di sviluppo, ossia quella regione particolare dell'essere che la realt diveniente.

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CAPITOLO 3

Dal mondo greco alla fisica moderna


n Grecia, e fino al Medioevo, la finalit della filosofia fu la conoscenza del mondo ontico mediante i principi universali in s stessi intelligibili. Nelle loro dissertazioni sull'universo e sulle sue componenti, i filosofi rivolgevano l'attenzione all'essenza delle cose per scoprirvi l'essere primordiale, il sostrato immutabile di tutti gli enti. Da qui le teorie cosmologiche da Talete fino ad Aristotele e le loro diverse soluzioni: l'acqua, l'indeterminato, i quattro elementi, la quintessenza. Determinate la sostanza primigenia e le essenze delle cose gli uomini dell'antichit e quelli del Medioevo deducevano aprioristicamente l'attivit propria d'ogni ente in ossequio all'aforisma che l'agire segue l'essere. Il loro interesse non tanto di conoscere gli effetti quanto le cause generali. Di speciale importanza il principio della causalit finale. Ogni ente per sua natura orientato ad un fine, e Aristotele nella Fisica dice: La natura causa, anzi propriamente causa finale. Il confronto vero con la realt attraverso la verifica sperimentale o l'osservazione scientifica risultava cos per essi superfluo. Per loro erano sufficienti la semplice osservazione e il senso comune, inteso come interpretazione razionale dei dati percepiti attraverso i sensi, senza decantazione, n analisi ulteriore. Il loro universo risultava antropomorfico in un duplice senso. Primo, perch s'adattava alla visione ingenua, ch'essi avevano, dello stesso: la Terra piatta, il Sole gira attorno alla Terra che, essendo la dimora dell'uomo, occupa il posto centrale, il cielo sta in alto, ecc. E, secondo, perch a tutti gli enti attribuita una teleologia in maniera che tutto opera, analogamente all'uomo, per una finalit: la pietra cade, perch tende al luogo suo proprio e il fuoco sale, per la stessa ragione, verso l'alto. Il moto e il mutamento obbediscono generalmente a questa naturale appetenza del fine, che la causa del mutamento, come scritto chiaramente nella Summa theologica di Tommaso dAquino: E necessario che tutti gli agenti agiscano per un fine. Infatti in una serie di
cause ordinate tra loro, non si pu eliminare la prima, senza eliminare anche le altre. Ma la prima delle cause la causa finale. E lo dimostra il fatto che la materia non raggiunge la forma, senza la mozione della causa agente: poich nessuna cosa pu passare da se stessa dalla potenza all'atto. Ma la causa agente non muove senza mirare al fine. Infatti, se l'agente non fosse determinato a un dato effetto, non verrebbe mai a compiere una cosa piuttosto che un'altra: e quindi, perch produca un dato effetto,

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necessario che venga determinato a una cosa definita, la quale acquista cos la ragione di fine. Ora, questa determinazione, che nellessere ragionevole dovuta all'appetito intellettivo, detto volont, negli altri esseri viene prodotta dall'inclinazione naturale, chiamata appunto appetito naturale.

Diametralmente opposta alla filosofia si trova la tecnica, la quale persegue l'utilit immediata attraverso regole pratiche concrete, senza formulare leggi generali n principi. Per la mentalit del cittadino ateniese o romano questo era un compito riservato agli schiavi ed agli artefici di bassa estrazione sociale. E nessuno spirito nobile brama d'essere Fidia o Policleto, poich propria dell'uomo liberale la contemplazione delle idee, non l'osservazione dei fatti, ne l'utilit dei risultati. In un ambito intermedio, la scienza, nel prescindere dalla conoscenza ontica e dai principi in s stessi intelligibili, cerca d'inquadrare i dati fenomenici osservati in leggi sempre pi generali, le quali servano a prevedere nuovi fatti fenomenici. Il criterio filosofico di verit sostituito dal criterio scientifico. Quello stabilisce la verit di una proposizione, se la si pu logicamente dedurre partendo da alcuni principi in se stessi intelligibili. Il criterio scientifico, invece, afferma che un'ipotesi o una teoria credibile se da essa si deducono risultati comprovati dalla verifica sperimentale o dall'osservazione. Come gi san Tommaso aveva giustamente osservato, il criterio scientifico di verit relativo, poich la verifica sperimentale non assicura la verit della teoria. Accade talvolta che una nuova teoria spieghi ugualmente bene, o addirittura meglio, i fenomeni osservati. Le teorie scientifiche sono, infatti, sostituite costantemente da altre nuove. Cos avvenne con le teorie intese a spiegare il moto degli astri: dalla teoria delle sfere celesti dei pitagorici si pervenne a quella tolemaica degli epicicli; quindi all'eliocentrismo circolare di Copernico e, infine, alle orbite ellittiche di Keplero. A distinguere la filosofia dalla scienza non soltanto la finalit. Anche il rispettivo metodo differente. Punto di partenza della filosofia la ragione, la quale fissa i principi intelligibili, in accordo con il senso comune e con l'esperienza volgare, in alcuni casi, o anche prescindendo assolutamente dall'esperienza, in altri. La fiducia nella ragione come fonte di conoscenza superiore ed anche indipendente dall'esperienza retaggio di Parmenide, per il quale il pensiero e l'essere sono un'unica cosa. Per questo, Aristotele stabilisce il principio, fondamentale per il suo sistema, secondo cui tutto ci che si muove, mosso da altro. E lo stabilisce come deduzione razionale dal fatto che, quando cessa la causa, cessa anche leffetto. Cos, infatti, gl'insegna l'esperienza comune: un oggetto cessa di muoversi quando cessa l'atto di spingerlo. E Zenone non pu fare a meno di negare l'esperienza stessa del moto, poich la ragione non sa risolvere l'aporia della divisibilit infinita della traiettoria da percorrere. Un testo di Aristotele riassume perfettamente questo metodo deduttivo, o discendente, che va dall'universale al particolare: Chi preferisce il puro conoscere,
sceglier massimamente quella che scienza al massimo grado, e tale , appunto, la scienza di ci che conoscibile nel grado pi alto; e sono conoscibili nel grado pi alto i primi principi e le cause, giacch mediante questi e in base a questi sono conosciute le altre cose, e non questi sono conosciuti mediante le cose che da essi dipendono .

Aristotele, utilizzando esclusivamente il metodo deduttivo costru quel modello complesso e articolato della natura, ma in gran parte sbagliato, che influenzer il pensiero scientifico per circa duemila anni. Spetter a Galileo Galilei, attraverso il metodo induttivo ribaltare il metodo di indagine della natura e quindi distruggere l'intero edificio del sapere costruito dai

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filosofi greci nell'antichit, metodo che ispirer Newton a formulare le leggi della dinamica, Maxwell a realizzare la prima grande unificazione della fisica con lelettromagnetismo, Einstein a rivedere i concetti di spazio e di tempo e gli interpreti della meccanica quantistica a descrivere il mondo microscopico con leggi nuove e in conflitto con il senso comune. La scienza moderna, da Galileo in poi, segue quindi un processo inverso. L'osservazione dei fenomeni le presenta un complesso di fatti in cui si possono dare, e solitamente si danno, fenomeni di diverso tipo. Da codesti aggregati confusi, ottenuti con l'osservazione o con l'esperienza, la scienza cerca di pervenire ad alcune leggi generali che consentano conclusioni suscettibili di osservazione. Quando queste conclusioni osservabili sono comprovate sperimentalmente, la legge generale assurge a ruolo di teoria generale. Il conflitto fra Galilei e l'Inquisizione non fu, quindi, semplicemente l'antitesi fra libero pensiero e oscurantismo o fra scienza e religione, ma la contrapposizione fra il metodo induttivo e quello deduttivo applicato allo studio della natura. Con le regole imposte da Galilei nello studio dei fenomeni naturali, diventava evidente lo scontro tra due visioni differenti del mondo, quella religiosa, che offriva verit assolute, spiegazioni complete e definitive, e quella scientifica animata dal dubbio e da risposte parziali o provvisorie. La fisica moderna prende dunque l'avvio con Galileo il quale, anzich mirare, come Aristotele, a spiegare il perch della realt ontica in base a principi intelligibili, si limita a studiare il come avvengono i fatti della realt fenomenica. Non si esige che sia stabilita la natura degli esseri e poi, partendo da essa, il loro modo di operare, in ossequio all'aforisma aristotelico-scolastico secondo cui l'operare segue l'essere; e che, quindi, la conoscenza dell'operare debba seguire la conoscenza dell'essere; ma si esamina il modo di procedere di ogni cosa per stabilirne la norma generale, prescindendo dalla sua natura ontica. Il metodo di Galileo sperimentale ed il suo strumento la matematica, cos che la visione, ch'egli ha dell'universo, risulta a tal punto quantificata, che per la prima volta, dopo Democrito ed in anticipo su Locke, da lui introdotta la differenziazione fra qualit che sono inerenti agli oggetti e qualit che sono insite nei sensi. Fra le prime Galileo pone la figura e il movimento e, fra le seconde, i sapori, i colori e gli odori, i quali non possono esistere separati dall'animale che sente. Alla nascita della scienza moderna fa riscontro tutta una serie di conseguenze per il sapere in generale e nel campo filosofico in particolare. In primo luogo l'interesse si sposta dal sapere puro, contemplativo, alla scienza applicata. Quanto lontano da Aristotele Bacone quando scrive: L'obiettivo vero e legittimo della scienza non altro che questo: che la vita umana sia arricchita da nuove scoperte e nuove forze. Per ci che concerne l'oggetto stesso di studio, l'interesse si sposta dall'ontico (ossia dalla sostanza od essenza) al fenomenico (all'accidente). La questione di fondo non pi quella di sapere che cosa siano le cose, ma com'esse si effettuino, cio in connessione a quali leggi, che siano traducibili matematicamente s'intende. Motivo per cui la qualit cede il primato alla quantit misurabile. Procedendo nella stessa linea fenomenica di Galileo, Keplero riesce a ridurre a leggi matematiche il moto apparente dei pianeti. Fu, tuttavia, merito di Newton se la visione fenomenico-meccanica del mondo giunse al suo apogeo. Newton formula quattro regole fondamentali per l'investigazione nel campo delle scienze naturali: 1. Delle cose naturali non devono essere ammesse cause pi numerose di quelle che sono vere e bastano a spiegare i fenomeni.

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2. Perci, finch pu essere fatto, le medesime cause vanno attribuite ad effetti naturali dello stesso genere. 3. Le qualit dei corpi che non possono essere aumentate e diminuite, e quelle che appartengono a tutti i corpi sui quali possibile impiantare esperimenti, devono essere ritenute qualit di tutti i corpi. 4. Nella filosofia sperimentale, le proposizioni ricavate per induzione dai fenomeni, devono, nonostante le ipotesi contrarie, essere considerate vere, o rigorosamente o quanto pi possibile, finch non interverranno altri fenomeni, mediante i quali o sono rese pi esatte o vengono assoggettate ad eccezioni. Due tratti principali caratterizzano la visione newtoniana. Il primo la semplicit di tutto il suo sistema. Newton fonda tutta la sua costruzione su quattro grandezze fisiche (spazio, tempo, massa e quantit di moto) ed altrettante leggi o principi. Con elementi cos semplici Newton riesce a dare una visione coerente ed unitaria non solo dei fenomeni meccanici, che avvengono sulla Terra, ma anche dei moti degli astri. Questa visione unitaria costituisce la seconda caratteristica del sistema newtoniano e relega nel dimenticatoio la dicotomia aristotelica fra corpi sublunari e corpi celesti. Newton, partendo da queste grandezze e da questi principi, giunse infine a scoprire e a formulare la famosa legge della gravitazione universale, che costituisce forse l'esempio pi chiaro del cambiamento operato nella concezione della scienza e nella visione del mondo. Prescindendo dall'intenzione di Newton, tale legge non pretende di chiarire la natura reale, ontica, dei corpi, n della stessa gravitazione, che era sconosciuta a Newton come continua ad esserlo tuttora, n ha la pretesa d'essere una verit filosofica, ma semplicemente una verit scientifica, ossia un'ipotesi di lavoro, che vera nella misura in cui corrisponde ai fatti fenomenici conosciuti e in quanto serve a predirne altri comprovabili mediante la verifica sperimentale e l'osservazione. Questa visione dell'universo come macchina gigantesca, le cui parti sono fra di loro collegate dalla gravitazione, ebbe in seguito numerose e splendide conferme come nellopera di Laplace e la scoperta di Nettuno fatta da Verrier esclusivamente mediante calcolo matematico. Tutto ci ha come conseguenza che la scienza e la filosofia vadano sempre pi distanziandosi e rendendosi indipendenti, con pregiudizio di entrambe, in special modo della seconda, che si chiude in se stessa e tralascia di rispondere alla problematica del mondo d'oggi. Pi ancora, la molteplicit dei sistemi filosofici, spesso in opposizione fra di loro, induce gli stessi filosofi a interrogarsi sulla validit della conoscenza stessa. Non allora a caso che Cartesio proponga il suo dubbio metodico sulla conoscenza, per quanto egli creda di riuscire a trovargli una via d'uscita vittoriosa. In questa stessa direzione, ma in forma pi radicale, Kant, sorpreso dell'insicurezza della metafisica di fronte alla sicurezza delle matematiche e della fisica, nella prefazione della seconda edizione della Critica della ragion pura scrive: Alla

metafisica, conoscenza speculativa razionale, affatto isolata, che si eleva assolutamente al di sopra degli insegnamenti dell'esperienza, e mediante semplici concetti (non, come la matematica, per l'applicazione di questi all'intuizione), nella quale dunque la ragione deve essere scolara di se stessa, non sinora toccata la fortuna di potersi avviare per la via sicura della scienza; sebbene essa sia pi antica di tutte le altre scienze, e sopravvivrebbe anche quando le altre dovessero tutte quante essere inghiottite nel baratro di una barbarie che tutto devastasse. Giacch la ragione si trova in essa continuamente in imbarazzo, anche quando vuole scoprire (come essa presume) a priori quelle leggi, che la pi comune esperienza conferma. In essa si deve innumerevoli volte

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rifar la via, poich si trova che quella gi seguita non conduce alla meta; e, quanto all'accordo dei suoi cultori nelle loro affermazioni, essa cosi lontana dall'averlo raggiunto, che piuttosto un campo di lotta: il quale par proprio un campo ad esercitare le lotte antagonistiche, in cui nemmeno un campione ha mai potuto impadronirsi della pi piccola parte di terreno e fondar sulla propria vittoria un durevole possesso.

Agli inizi del secolo XX gli scienziati cominciano a distanziarsi dalla visione meccanicistica newtoniana dell'universo in conseguenza di certi fenomeni che avvengono nel mondo dell'estremamente piccolo (l'atomo) e dell'estremamente grande (le galassie), e che non trovano una spiegazione congrua nella meccanica classica, dando vita, cos, alle due grandi e rivoluzionarie teorie del Novecento: la relativit e la meccanica quantistica. Sorvolando sui contenuti specifici di tali teorie, che saranno approfonditi nel corso del libro, ci limiteremo a menzionare quegli aspetti concettuali e logici che hanno avuto un carattere autenticamente rivoluzionario sotto diversi punti di vista, dal momento che non riguardavano pi l'impossibilit di "visualizzare" il mondo fisico, ma addirittura quello di pensarlo impiegando le categorie che il senso comune utilizza per intendere il mondo e che, in particolare, sono state precisate ed elaborate in seno alla tradizione filosofica dell'Occidente. Si pensi, per esempio, al fatto di dover conciliare continuit e discontinuit nell'interpretazione del mondo microfisico, alla dualit della rappresentazione corpuscolare e ondulatoria delle particelle elementari all'indeterminatezza di principio nell'attribuzione simultanea di valori a grandezze coniugate a livello microfisico, alla necessit di considerare la massa e le dimensioni spaziali di un corpo non pi come le sue propriet pi inalterabili e intrinseche, ma come variabili in funzione della sua velocit, per non parlare delle interdipendenze fra due entit concettualmente tanto distinte come lo spazio e il tempo e, per finire, della conversione da una concezione deterministica a una probabilistica delle leggi naturali, con la correlata riconsiderazione del principio di causalit. Daremo ora solo qualche breve cenno per mostrare come queste difficolt siano venute dipanandosi e connettendosi l'una all'altra in modo irresistibile. Per il senso comune e per la fisica classica il concetto di simultaneit di due eventi ha un valore assoluto (essi sono tali se hanno luogo nel medesimo istante temporale). Einstein ha per chiarito che questo concetto ha un reale significato fisico solo se possiamo precisare come stabilire tale simultaneit, e la sua analisi ha condotto a riconoscere che essa dipende dal sistema di riferimento e pu risultare sussistente o non sussistente a seconda del moto relativo dei sistemi di riferimento. Tale simultaneit intrinseca ai due eventi pu essere affermata dal senso comune solo con riferimento implicito a un tempo assoluto, ma questo stato eliminato dalla teoria della relativit, la quale ha anche operato un mutamento pi radicale, mostrando che spazio e tempo sono interdipendenti, per non accennare ad altre peculiarit, come i concetti di spazio a quattro dimensioni o di spazio curvo. Passiamo ora ad altre propriet che il senso comune considera come intrinseche e invariabili per un dato corpo, come la massa e la lunghezza di un corpo rigido. La relativit mostra che esse dipendono dalla velocit di traslazione di quel corpo la quale, a sua volta, relativa ai sistemi di riferimento. Per di pi la massa pu convertirsi in energia e viceversa, cosicch la vecchia legge di conservazione della massa deve esser riformulata in una pi complessa formula di conservazione dell'energia (o della massaenergia). Si noti che, anche cos, la vecchia concezione dell'uniformit della natura,

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espressa dalle leggi fisiche, non stata abbandonata, poich la teoria della relativit un grande sforzo per trovare una formulazione delle leggi di natura che sia invariante rispetto alla relativit delle misure possibili nei diversi sistemi di riferimento. Passando alla fisica quantistica, basti ricordare che essa pone un limite teorico (e non solo pratico) alla possibilit di determinazione esatta e simultanea delle grandezze coniugate di un sistema microfisico (come, per esempio, posizione e velocit di una particella), secondo quanto stabilito nelle relazioni di indeterminazione di Heisenberg e ci si riflette anche sulla possibilit di precisione esatta consentita dalle leggi fisiche (che assume un carattere soltanto statistico). Tutto ci anche conseguenza del fatto che nei procedimenti di misura si deve realizzare una preparazione che rende impossibile una netta separazione fra osservatore (o apparecchio di misura) e oggetto osservato, togliendo una delle caratteristiche pi spontanee che il senso comune (e la fisica tradizionale) sottendevano per una conoscenza oggettiva del mondo. Finalmente, perfino le due visioni rivali (corpuscolare e ondulatoria) sono obbligate a convivere, non gi in campi separati della fisica, come accadeva in precedenza, ma nella descrizione del comportamento di una medesima entit, secondo il cosiddetto principio di complementariet enunciato da Bohr. Possiamo fermarci qui e chiederci come mai gli scienziati accettino teorie tanto strane per il senso comune e gli stessi intelletti delle persone colte. La risposta che esse non solo hanno ricevuto molte conferme sperimentali inoppugnabili e permesso applicazioni tecnologiche di grande rilievo, ma anche che relativit e fisica quantistica non hanno incontrato una sola smentita sperimentale e debbono esser considerate come verificate ancor pi di quanto lo fosse, nel suo campo, la fisica classica. Proprio queste conferme sperimentali e queste riuscite applicazioni tecnologiche costituiscono un certo ritorno verso il senso comune, anche se sono venute meno quasi tutte le possibilit di rappresentazione di senso comune di cui godeva abbastanza ampiamente la vecchia fisica e che, ben inteso, possono esser tentate con strumenti pi complessi anche per la nuova fisica. Questi fatti ben noti hanno alimentato, sin dai primi decenni del Novecento, dibattiti filosofici vasti e approfonditi sulla fisica, in cui sono intervenuti i maggiori scienziati del tempo, ma anche filosofi forniti di una sufficiente competenza scientifica; dibattiti che hanno riguardato temi di filosofia della conoscenza, di ontologia e metafisica, di filosofia della natura, di metodologia delle scienze e nei quali sono emerse le pi diverse posizioni. Tutto ci sta a confermare che una filosofia della fisica si svilupp robustamente a partire dalla crisi dei fondamenti della fisica, non meno di quanto i dibattiti sui fondamenti della matematica e i risultati inattesi delle ricerche di logica matematica abbiano innervato una filosofia della matematica. Entrambe poi hanno contribuito notevolmente alla costituzione della filosofia della scienza come nuova branca ormai specializzata della filosofia.

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CAPITOLO 4

Il processo a Galileo
1. Introduzione

La vicenda umana di Galileo Galilei, che lo vide vittima di procedimenti giudiziari e di condanna da parte della Chiesa cattolica, una pagina di storia che merita di essere ricordata perch offre molteplici spunti di riflessione sui rapporti tra scienza e autorit, tra libera ricerca razionale e religione. Per secoli la vicenda del processo a Galileo stata ricordata come una delle tappe fondamentali dell'affermazione della modernit. Il grande scienziato italiano stato considerato un martire della libert di pensiero e ha rappresentato il simbolo della lotta della ragione contro l'oscurantismo, le superstizioni e l'intolleranza. Il processo a Galileo Galilei, sostenitore della teoria copernicana sul moto dei corpi celesti in opposizione alla teoria aristotelica-tolemaica sostenuta dalla Chiesa cattolica, iniziato il 12 aprile 1633, si concluse il 22 giugno con la sua condanna per eresia e con l'abiura delle sue concezioni astronomiche. 2. Scienza e fede secondo Galileo Secondo Galileo la Bibbia vuole farci conoscere come si vadia in cielo e non come va dia il cielo : il suo fine salvifico e morale. Il campo della fede nettamente separato da quello della scienza, dove invece dobbiamo servirci di sensate esperienze e necessarie dimostrzioni . Galileo inoltre sottolineava come la Sacra Scrittura si rivolgesse a popoli ancora primitivi e quindi non potesse essere accolta letteralmente, ma dovesse essere interpretata. Sebbene Galileo attribuisse poi alla Chiesa l'autorit dell'interpretazione della Sacra Scrittura, rimaneva il fatto che egli si era arrogato il diritto di indicare i principi di quell'interpretazione, principi che, tra l'altro escludevano la tradizionale subordinazione della conoscenza della natura alla teologia. Particolarmente ostili a Galileo furono i padri dell'Ordine domenicano (lo stesso dell'aristotelico San Tommaso d'Aquino), che si richiamavano ad alcuni passi della Bibbia, in cui viene implicitamente affermato che il Sole si muove (quando per esempio Giosu intima al Sole di fermarsi). 19

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Galileo venne infatti denunciato al Sant'Uffizio, che nel 1616 condann come falsa ed eretica la teoria eliocentrica, mise all'Indice dei libri proibiti l'opera di Copernico, e lo ammon a non difendere n insegnare quell'opinione. 3. La storia di una condanna Negli anni in cui visse Galileo, la Chiesa cattolica era impegnata in un confronto durissimo con le religioni riformate (luteranesimo e calvinismo). Sono gli anni della Controriforma, in cui la Chiesa romana si forn di istituti repressivi che dovevano controllare fin nell'intimo delle coscienze il rispetto dell' ortodossia religiosa. Ci detto, pu tuttavia non risultare chiaro perch la Chiesa abbia ritenuto giusto condannare Galileo, uno scienziato celebre in tutta Europa e che si era sempre mostrato religioso e rispettoso del magistero ecclesiastico in materia di fede. Ripercorriamo le tappe salienti di questa storia. Il 21 dicembre 1614 si levava dal pulpito di Santa Maria Novella a Firenze il frate domenicano Tommaso Caccini, lanciando contro certi matematici moderni e in particolare contro Galileo, matematico e filosofo del Granduca Cosimo II de' Medici, l'accusa di contraddire le Sacre Scritture con le loro concezioni astronomiche ispirate alle teorie copernicane. Intanto un altro domenicano, Niccol Lorini, inviava una lettera al cardinale Paolo Emilio Sfondrati, Prefetto della Congregazione dell'Indice a Roma, il 7 febbraio 1615, a nome di tutta la comunit del convento di San Marco di Firenze, denunciando come Galileo, in una lettera all'allievo Benedetto Castelli del 13 dicembre 1613, avesse sostenuto:
che la terra si move et il cielo sta fermo, seguendo le posizioni di Copernico [...] e vogliono esporre le Sante Scritture a loro modo e contra la comune esposizione de' Santi Padri, e difendere opinione apparente in tutto contraria alle Sacre Lettere.

Pur avendo aderito gi negli anni giovanili alla teoria eliocentrica di Copernico, Galileo tard a prendere pubblicamente posizione sull'argomento. Nel 1610 pubblic il Sidereus Nuncius (Messaggero celeste), un'opera nella quale riferiva le scoperte astronomiche compiute grazie al cannocchiale, uno strumento da lui ricostruito e perfezionato sulla base di notizie provenienti dall'Olanda. Queste scoperte valevano, e venivano interpretate da Galileo, come altrettante conferme del sistema copernicano, e intorno a questa dottrina, negli anni seguenti, si gener un intenso dibattito che coinvolse ambienti accademici ed ecclesiastici. Per eliminare i motivi di contrasto con la Chiesa, Galileo pubblic una serie di lettere nelle quali chiariva la sua posizione in merito al rapporto tra scienza e fede. Galileo aveva scritto a Benedetto Castelli sostenendo lindipendenza della ricerca scientifica dalle Sacre Scritture e ribadisce gli stessi concetti nel 1615 alla granduchessa Cristina di Lorena, dove individua che i suoi avversari condannano leliocentrismo nel fatto che: leggendosi nelle Sacre lettere, in molti luoghi, che il Sole si muove e che la Terra sta
ferma, n potendo la Scrittura mai mentire o errare, ne sguita per necessaria conseguenza che erronea e dannanda sia la sentenza di chi volesse asserire, il Sole esser per s stesso immobile, e mobile la Terra.

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Sopra questa ragione parmi primieramente da considerare, essere e santissimamente detto e prudentissimamente stabilito, non poter mai la Sacra Scrittura mentire, tutta volta che si sia penetrato il suo vero sentimento; il qual non credo che si possa negare essere molte volte recondito e molto diverso da quello che suona il puro significato delle parole. Dal che ne sguita, che qualunque volta alcuno, nell'esporla, volesse fermarsi sempre nel nudo suono literale, potrebbe, errando esso, far apparir nelle Scritture non solo contradizioni e proposizioni remote dal vero, ma gravi eresie e bestemmie ancora: poi che sarebbe necessario dare a Iddio e piedi e mani e occhi, non meno affetti corporali ed umani, come d'ira, di pentimento, d'odio, ed anco tal volta la dimenticanza delle cose passate e l'ignoranza delle future [...] necessario che i saggi espositori ne produchino i veri sensi, e n'additino le ragioni particolari per che siano sotto cotali parole profferiti.

per aderire al senso comune, dunque, che nelle Scritture si afferma che il Sole gira intorno alla Terra immobile o che Dio "ferm" il Sole assecondando l'invocazione di Giosu. Due mesi dopo Tommaso Caccini giunse a Roma e il 20 marzo 1615, nel palazzo del Santo Uffizio, di fronte ai cardinali Bellarmino, Galamini, Millini, Sfondrati, Taverna, Veralli e Zapata, denunci Galileo. Il Caccini alleg alla sua denuncia scritta alla Congregazione dell'Inquisizione una copia della lettera di Galileo al Castelli, rilevando che due frasi in essa contenute La terra secondo s tutta si muove, etiam di moto diurno e Il sole immobile - secondo la mia
coscientia repugnano alle divine Scritture esposte da' Santi Padri et conseguentemente repugnano alla fede, che c'insegna dover credere per vero ci che nella Scrittura si contiene", aggiungendo che da alcuni discepoli di Galileo - ma non da Galileo stesso, che egli non ha mai visto - aveva sentito affermare tre proposizioni: che "Iddio non altrimenti sustanza, ma accidente; Iddio sensitivo, perch in lui son sensi divinali; che i miracoli che si dicono esser fatti da' Santi, non sono veri miracoli; invoc, per

confermare le sue accuse, la testimonianza di padre Ferdinando Ximenes, priore di Santa Maria Novella. Il Caccini aggiunse che Galileo e i suoi allievi costituivano un'Accademia, i Lincei, ed erano in corrispondenza con altri di Germania e per quanto Galileo fosse da molti considerato un buon cattolico, da altri:
Paolo servita, tanto famoso in Venetia per le sue impiet, et dicono che anco di presente passino lettere tra di loro.

tenuto per sospetto nelle cose della fede, perch dicono sii molto intimo di quel fra

L'insinuazione dei rapporti di Galileo con corrispondenti in Germania, a maggioranza protestante, e con lo scomunicato Paolo Sarpi, tendeva evidentemente a rafforzare la seriet della denuncia, aggravando la posizione di Galileo e dei suoi allievi. Se pure si sostiene che la sola denuncia del Caccini non avrebbe avuto alcuna conseguenza, essa comport la decisione di Galileo di recarsi a Roma per difendersi personalmente e dimostr l'esistenza di una lotta intestina nella Chiesa fra la fazione dei gesuiti, favorevoli a una apertura verso la scienza moderna e quella dei domenicani, chiusi a ogni concessione alle richieste di rinnovamento culturale. Tutti i protagonisti di questa nuova vicenda - dal Caccini al Galileo, dai galileiani ai cardinali Bellarmino, Sfrondati e Taverna - non potevano non aver presente il caso di Giordano Bruno, nel cui processo quei cardinali furono tra i giudici, condannandolo al

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rogo pochi anni prima, nel 1600, per aver sostenuto, tra l'altro, l'infinit dello spazio e, diremmo oggi, dei sistemi solari. Accogliere le novit galileiane del Sidereus Nuncius voleva dire accogliere le tesi di Democrito e di Bruno, in contrasto con le ragioni di Aristotele e di Tommaso d'Aquino, per il quale: se i Mondi sono molti, allora o presentano la medesima disposizione, o diverse. Nel
primo caso, la loro esistenza sarebbe inutile, bastando un solo Mondo (mundus, puro, perfetto) a contenere la perfezione di tutti gli altri; ma ci assurdo, dal momento che Dio e la natura non fanno niente invano. Se hanno invece diversa disposizione, allora non sarebbero Mondi, non contenendo ogni perfezione; l'Universo viene detto Mondo proprio perch contiene ogni perfezione. Ne consegue che i Mondi non sono molti.

Un nuovo caso doveva complicare la posizione di Galileo: il 7 marzo riceveva da Federico Cesi, l'amico fondatore dell'Accademia dei Lincei, una copia della Lettera sopra l'opinione dei Pitagorici e del Copernico del carmelitano calabrese Paolo Antonio Foscarini; ma s'illudeva il Cesi, contando sul fatto che quell'opera voleva accordare le teorie copernicane con le Scritture. Pi avvedutamente, un altro amico di Galileo, Giovanni Ciampoli, gli scriveva il 21 marzo che il libro, proprio perch si occupava delle Scritture, corre gran risico nella prima Congregazione del Santo Offitio, che sar di qui a un mese, d'esser sospeso dal momento che il cardinale Francesco Maria Del Monte, amico dei galileiani, gli aveva riferito di un suo colloquio con il Bellarmino in cui questi sosteneva che finch Galileo, trattando del sistema copernicano, non si fosse occupato delle Scritture, che sono materia riservata ai teologi, non ci sarebbe stata nessuna contrariet, altrimenti difficilmente si ammetterebbero dichiarationi di Scrittura,
bench ingegnose, quando dissentissero tanto dalla comune openione de i Padri della Chiesa.

Il 12 aprile il cardinale famosa:

Bellarmino scriveva al Foscarini una lettera rimasta

V. P. et il Sig.r Galileo facciano prudentemente a contentarsi di parlare ex

suppositione e non assolutamente, come io ho sempre creduto che habbia parlato il Copernico. Perch il dire, che supposto che la Terra si muova e il Sole sia fermo si salvano tutte le apparenze meglio che con porre gli eccentrici et epicicli, benissimo detto, e non ha pericolo nessuno; e questo basta al mathematico: ma volere affermare che realmente il Sole stia nel centro del mondo e solo si rivolti in s stesso senza correre dall'oriente all'occidente, e che la Terra stia nel 3 cielo e giri con somma velocit intorno al Sole, cosa molto pericolosa non solo d'irritare i filosofi e theologici scolastici, ma anco di nuocere alla Santa Fede con rendere false le Scritture Sante [...]

La testimonianza del priore di Santa Maria Novella, Ferdinando Ximenes, citato dal Caccini, resa di fronte all'inquisitore di Firenze Cornelio Priatoni, mentre negava di aver mai sentito dire dai discepoli di Galileo che i miracoli dei Santi non sono veri miracoli, confermava le tutte le altre accuse. Il 14 novembre 1615, interrogato a Firenze, il pievano Giannozzo Attavanti negher di essere discepolo di Galileo, bonissimo cattolico, di non aver mai sentito da lui affermazioni contrarie alle Scritture e di aver discusso con lo Ximenes per modum disputationis, senza attribuire opinioni particolari al Galilei verso il quale non riteneva potessero attribuirsi dubbi di fede, pena un coinvolgimento, morale e politico, della stessa Casa Medici.

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Il 21 novembre i verbali con le dichiarazioni di Ximenes e Attavanti giungevano al Sant'Uffizio e il 5 dicembre Galileo era a Roma, munito di lettere di presentazione di Cosimo II. Galileo viene interrogato per tutto il mese di gennaio 1616 dal Sant'Uffizio; il 24 febbraio 1616, i teologi del Sant'Uffizio esaminano le fondamentali proposizioni del De Revolutionibus di Copernico, censurandole. Il 25 febbraio 1616 il cardinale Millini riferisce alla Congregazione della censura e il papa Paolo V ordina al cardinale Bellarmino di ammonire Galileo, in presenza di un Padre commissario, ad abbandonare le proposizioni e a non insegnarle, difenderle o trattarle, pena il carcere. Il 3 marzo, alla Congregazione del Sant'Uffizio riunita alla presenza di papa Paolo V, il Bellarmino legge la relazione nella quale si d atto che Galileo, ammonito ad abbandonare la tesi che sol sit centrum spherarum et immobilis, terra autem mobilis, acconsent; si stabilisce di sospendere la pubblicazione del De Revolutionibus di Copernico. Il 5 marzo la Congregazione dell'Indice pubblica il relativo decreto, dichiarando la teoria copernicana del tutto contraria alle Sacre Scritture ma non fa parola dell'eresia della stessa. Galileo scrive soddisfatto al segretario di Cosimo II, Curzio Picchena, il 6 marzo, che la denuncia del Caccini non ha trovato corrispondenza in S.ta Chiesa [...] Per, si erano presto diffuse voci sull'ammonizione del Bellarmino al Galileo, che fu interpetata come una vera e propria abiura; il cardinale di Pisa, Francesco Bonciani, informava infatti Benedetto Castelli che Galileo ha abiurato segretamente in mano dell'Ill.mo Bellarmino e Matteo Caccini scriver l'11 giugno al fratello Alessandro che nella Congregazione del Sant'Uffizio che il Sig.r Galilei fece l'abiuratione. Galileo, prima di ritornare finalmente a Firenze, otteneva, su sua richiesta, il 26 maggio 1616, una dichiarazione autografa del Bellarmino cos concepita: Noi Roberto cardinale Bellarmino, havendo inteso che il sig. Galileo Galilei sia
calunniato o imputato di havere abiurato in mano nostra, et anco di essere stato per ci penitenziato di penitenzie salutari, et essendo ricercati della verit, diciamo che il suddetto sig. Galileo non ha abiurato in mano nostra n di altri qua in Roma, n meno in altro luogo che noi sappiamo, alcuna sua opinione o dottrina, n manco ha ricevuto penitenzie salutari n d'altra sorte, ma solo gli stata denunziata la dichiarazione fatta da Nostro Signore [Paolo V] publicata dalla Sacra Congregazione dell'Indice, nella quale si contiene che la dottrina attribuita al Copernico, che la terra si muova intorno al sole e che il sole stia nel centro del mondo senza muoversi da oriente ad occidente, sia contraria alle Sacre Scritture, e per non si possa difendere n tenere. Et in fede di ci habbiamo scritta e sottoscritta la presente di nostra propria mano, questo d 26 di maggio 1616. Il medesimo di sopra, Roberto cardinale Bellarmino.

Gi prima del decreto della Congregazione dell'Indice, presente Galileo a Roma, era uscita la Disputatio de situ et quietae Terrae del teologo ravennate Francesco Ingoli, un attacco al copernicanesimo galileiano sul terreno scientifico, nella quale si elencavano le difficolt e i paradossi astronomici che quella teoria produceva, appoggiandosi alla teoria geocentrica di Tycho Brahe. Si ritiene che la Disputatio sia stata scritta su esplicita richiesta del Sant'Uffizio e che sia stata tenuta presente nella decisione dei teologi di condannare il De revolutionibus di Copernico.

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Il 10 marzo 1616 Ingoli otteneva la desiderata nomina di consultore della Congregazione dell'Indice, il 2 aprile 1618 present le sue proposte di emendazione del libro di Copernico le quali, avute l'approvazione, furono pubblicate finalmente a Roma il 20 maggio 1620. In esse, l'Ingoli si pose il problema di conciliare l'utilit del testo copernicano con il suo palese contrasto con le Scritture; per evitarne la distruzione occorre leggerlo come se sia unicamente un'ipotesi astronomica, anche se in s non lo . Galileo si ripresenta sulla scena scientifica con lopera Il Saggiatore, dopo l'ammonizione del 1616 di non professare n divulgare la teoria copernicana. Dedicato al neo-papa Urbano VIII, Maffeo Barberini, del quale Galileo riteneva di potersi considerare amico, essendo stato da lui difeso in occasione delle polemiche suscitate dall'uscita del suo De natantibus, ne Il Saggiatore lo scienziato sostiene che non con l'autorit di scrittori, ma con la conoscenza dello strumento matematico che si possono interpretare i fenomeni della natura: La filosofia scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto
innanzi a gli occhi (io dico l'universo), ma non si pu intendere se prima non s'impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne' quali scritto. Egli scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezi impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto.

Urbano VIII si mostr favorevolmente impressionato da Il Saggiatore, tanto da ricevere pi volte Galileo nel 1624, incoraggiandolo a un'opera che mettesse a confronto le diverse teorie astronomiche - compresa quella copernicana - purch la presentasse solo come modello matematico, e non una reale rappresentazione naturale, e non si occupasse del fenomeno delle maree, che il Galileo considerava prova importante della realt del sistema eliocentrico. Cos incoraggiato, Galileo si dedic a quella che doveva essere la sua opera pi famosa, il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, i sistemi tolemaico e copernicano. Scritto dal 1624 al 1630, l'autorizzazione alla pubblicazione del Dialogo fu concessa dall'inquisitore di Firenze Clemente Egidi il 24 maggio 1631 dopo la revisione del manoscritto operata dal consultore dell'Inquisizione, il domenicano Giacinto Stefani, con la nota condizione di presentare la teoria copernicana solo ex suppositione, venendo finalmente pubblicato il 21 febbraio 1632. Numerose sono le dimostrazioni dell'insufficienza della vecchia fisica, ma Galileo, se disprezza gli aristotelici, ha molta considerazione di Aristotele, che teorizzava secondo l'esperienza di cui disponeva al suo tempo. Galileo ribadisce che la matematica, verit assoluta e dunque necessaria, il mezzo con il quale Dio, che assoluta razionalit, ha creato luniverso. La razionalit della natura dunque comprensibile grazie allutilizzo del mezzo matematico: impossibile che Dio abbia operato fuori della ragione. 4. Il Processo Il successo del Dialogo appare immediato, ma anche le reazioni in Roma, all'uscita del libro, non si fanno attendere: gi il Maestro del Sacro Palazzo, Riccardi, aveva scritto il 25 luglio all'inquisitore di Firenze, Clemente Egidi, che il papa vuole impedire la diffusione del libro, che deve essere corretto.

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La responsabilit della concessione dell'imprimatur e di una mancata vigilanza sul testo del libro era evidentemente dei censori ecclesiastici, ma sembra che Urbano VIII, oltre a risentimenti personali, fosse premuto dai gesuiti e da problemi di Stato; eletto dai cardinali filofrancesi, la sua politica estera era filo-francese, filo-imperiale e antispagnola. Il 28 settembre 1632 il SantUffizio emette la citazione di comparizione di Galileo a Roma: Sanctissimus mandavit Inquisitori Florentiae scribi, ut eidem Galileo, nomine S.
Congregationis, significet quod per totum mensem Octobris proximum compareat in Urbe coram Comissario generali S. Officii.

Galileo, in parte perch malato, in parte perch spera che la questione possa aggiustarsi in qualche modo senza l'apertura del processo, ritarda per tre mesi la partenza; di fronte alla minacciosa insistenza del Sant'Uffizio, il 20 gennaio 1633 parte per Roma in lettiga. Arriva a Roma il 13 febbraio ed ospite dell'ambasciatore Niccolini, a Villa Medici; per due mesi non ha notizie dagli inquisitori. L'inquisitore, anzich notificargli le accuse, gli chiede, in latino, se egli sappia o immagini il motivo per cui gli fu ingiunto di venire a Roma. Il motivo riguarda naturalmente l'ultimo libro del Dialogo che vi viene mostrato e gli si chiede se lo riconosca; subito dopo, gli viene chiesto se sia stato a Roma nel 1616 e perch. Galileo, che risponde sempre in italiano, dice che: l'occasione per la quale fui a Roma l'anno 1616 fu che, sentendo muoversi dubbio sopra la opinione di Nicol Copernico circa il moto e stabilit della terra e l'ordine delle sfere celesti, per rendermi in stato sicuro di non tenere se non l'opinioni sante e cattoliche, venni per sentire quello che convenisse tenere intorno a questa opinione [...] in particolare con li SS.ri Cardinali Belarmino, Araceli, S. Eusebio, Bonzi e d'Ascoli [...] perch desideravano esser informati della dottrina del Copernico, essendo il suo libro assai difficile d'intendersi da quelli che non sono della professione [...] circa la controversia che vertebat circa la sopradetta opinione della stabilit del sole e moto della terra, fu determinato dalla S. Congregazione dell'Indice, tale opinione, assolutamente [come vera rappresentazione della realt] esser ripugnante alle Scritture Sacre, e solo ammettersi ex suppositione [come pura ipotesi] nel modo che la piglia il Copernico. Del mese di Febraro 1616, il S.r Card.le Belarmino mi disse che, per esser l'opinione del Copernico assolutamente presa, contrariante alle Scritture Sacre, non si poteva n tenere n difendere [...] ma che ex suppositione si poteva pigliar e servirsene. In conformit di che tengo una fede dell'istesso S.r Card.le Belarmino, fatta del mese di Maggio a' 26, del 1616. E Galileo consegna la copia della lettera, dichiarando di conservare l'originale in casa. Alla domanda dell'inquisitore, se gli fu fatto su questa materia un precetto - cio un ordine che, se violato, avrebbe comportato una pena - risponde che:
particolare qual io vorrei dire all'orecchio di Sua Santit prima che ad altri; ma conclusione fu poi che mi disse che l'opinione del Copernico non si poteva tener n difender, come contrariante alle Sacre Scritture. Quelli Padri di S. Domenico non ho memoria se c'erano prima o vennero dopo; n meno mi raccordo se fussero presenti quando il S.r Cardinale mi disse che la detta opinione non si potesse tener: e pu esser che mi fusse fatto qualche precetto ch'io non tenessi n difendessi detta opinione, ma non ne ho memoria, perch questa una cosa di parecchi anni.

una mattina il S.r Card.le Belarmino mi mand a chiamare, e mi disse un certo

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Alla domanda se gli fu notificato un precetto dichiara di non ricordare che gli fosse detto altro. A questo punto gli viene letto un precetto, datato 26 febbraio 1616. Galileo risponde di non ricordare che nella dichiarazione del Bellarmino vi fossero le parole quovis modo (in qualsiasi modo) e nec docere (non insegnare). Dopo aver risposto sulle vicende dell' imprimatur al suo Dialogo, sostiene di non avervi:
nel detto libro io mostro il contrario di detta opinione del Copernico, e che le ragioni di esso Copernico sono invalide e non concludenti.

n tenuta n diffesa l'opinione della mobilit della Terra e della stabilit del Sole; anzi

Con questa disperata difesa si chiude il primo interrogatorio. I documenti ufficiali venivano sempre scritti sulla prima pagina, ossia sul recto di ogni foglio, lasciando in bianco il verso dello stesso foglio per evitare probabilmente che l'inchiostro, che eventualmente trapassasse la pagina, danneggiasse uno scritto importante nella pagina successiva; tutte le pagine sono numerate e in ordine cronologico e nel verso di un foglio figurano a volte note o copie di ordinanze, ma mai un documento ufficiale, che inizia sempre e solo nel recto di ogni foglio, proseguendo nel recto del foglio successivo, con una sola eccezione: il precetto a Galileo, che non risulta peraltro n timbrato, n firmato da Galileo, n dal notificante n da alcun testimone. Questo precetto fondamentale - ingiunzione al rispetto di un ordine la cui violazione avrebbe comportato una pena immediata - nel registro del dossier Galileo annotato su uno spazio trovato casualmente disponibile, ossia nel verso di due fogli relativi ad altri due documenti: in questo modo ha tutta l'apparenza di una trascrizione di un documento di cui, se mai esistette, non c' pi traccia, seppure non si tratti di un falso. Non ve n' traccia, n nel verbale successivo della Congregazione del Sant'Uffizio, del 3 marzo 1616, che cita solo un' ammonizione fatta a Galileo dal Bellarmino nella sua casa - ossia un avvertimento che non ha nulla a che fare con un precetto - alla quale Galileo aveva subito acconsentito, n nella nota lettera del Bellarmino a Galileo del 26 maggio successivo. Nessun protagonista di quell'anno ancora in vita a rendere testimonianza di quei fatti e gli attuali inquisitori considerano quell'ammonizione un'autentica ingiunzione; quel testo scritto, che essi leggono a Galileo, a lui risulta non corrispondere esattamente all'ammonizione verbale che il Bellarmino gli fece nell'ormai lontano 26 febbraio 1616. nuovamente interrogato il 30 aprile; dice di aver riletto il suo Dialogo e ammette che il libro gli apparve quasi come scrittura nova e di altro autore [...], Firma il verbale e viene allontanato ma poco dopo chiede di ritornare dinnanzi all'inquisitore a ribadire ancora di non aver mai sostenuto la dannata opinione della mobilit della terra e di esser pronto a riscrivere un prossimo libro per dimostrare che egli considera la teoria di Copernico falsa e dannata e confutargli in quel pi efficace modo che da Dio mi sar somministrato. Il 10 maggio nuovamente interrogato: Galileo rilascia all'inquisitore l'originale della lettera del 26 maggio 1616 sottoscrittagli dal Bellarmino, rilevando che il contenuto di quella lettera corrispondeva esattamente al decreto del 5 marzo 1616 della Congregazione dell'Indice, a parte le parole quovis modo docere contenute soltanto nel presunto "precetto" lettogli nell'interrogatorio, che gli sono giunte novissime e come inaudite. chiaro che se Galileo non poteva in nessun modo insegnare la dottrina

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copernicana, anche solo riportarla a modo di discussione, come fece nel Dialogo, costituiva gi una violazione del precetto. In una riunione riservata tenuta il 16 giugno dagli inquisitori in presenza del papa, si decide di utilizzare anche la tortura pur di far confessare Galileo; in ogni caso viene deciso che il suo Dialogo sar proibito. Il 21 giugno si tiene l'ultimo interrogatorio: Galileo dichiara preliminarmente di non aver nulla da dire; rischiesto se sostenesse o avesse sostenuto la dottrina eliocentrica, risponde che: avanti la determinazione della Congregazione dell'Indice e prima che mi fusse fatto quel precetto [cos ora chiama l'ammonizione del Bellarmino del 26 febbraio 1616] io

stavo indifferente e avevo le due opinioni, cio di Tolomeo e di Copernico, per disputabili, perch o l'una o l'altra poteva esser vera in natura; ma dopo la determinazione sudetta, assicurato dalla prudenza de' superiori, cess in me ogni ambiguit, e tenni, s come tengo ancora, per verissima e indubitata l'opinione di Tolomeo, cio la stabilit della Terra e la mobilit del Sole. Nel Dialogo, ho esplicato le raggioni naturali e astronomiche che per l'una e per l'altra parte si possono produrre, ingegnandomi di far manifesto come n queste n quelle [...] avessero forza di concludere demostrivamente [...] Concludo dunque dentro di me medesimo, n tenere n aver tenuto dopo la determinazione delli superiori la dannata opinione.

Naturalmente Galileo mente e del resto l'inquisitore non gli crede e vuole un'esplicita confessione che Galileo sia copernicano. Galileo nega ancora di essere copernicano e del resto son qua nelle loro mani, faccino quello gli piace. L'inquisitore lo minaccia di tortura e Galileo rispone: Io son qua per far l'obedienza; e non ho tenuta questa opinione dopo la determinazione fatta, come ho detto. 5. Sentenza di condanna Il giorno dopo, nella Sala capitolare del convento domenicano adiacente alla chiesa di Santa Maria sopra Minerva, viene letta in italiano, a un Galileo inginocchiato, la sentenza sottoscritta da sette inquisitori su dieci:
Roma, 22 giugno 1633. Noi Gasparo del tit. di S.Croce in Gerusalemme Borgia; Fra Felice Centino del tit. di S.Anastasia, detto d'Ascoli; Guido del tit. di S.Maria del Popolo Bentivoglio; Fra Desiderio Scaglia del tit. di S. Carlo, detto di Cremona; Fra Ant.o Barberino. Detto di S.Onofrio; Laudivio Zacchia del tit. di S.Pietro in Vincoli, detto di S.Sisto; Berlingero del tit. di S. Agostino Gesso; Fabricio del tit. di S.Lorenzo in Pane e Perna Verospio: chiamati Preti; Francesco del tit. di S.Lorenzo in Damaso Barberino; e Marzio di S.ta Maria Nova Ginetto: Diaconi; per la misericordia di Dio, della S.ta Romana Chiesa Cardinali, in tutta la Republica Cristiana contro l'eretica pravit Inquisitori generali della S.Sede Apostolica specialmente deputati; Essendo che tu, Galileo fig.lo del q.m. Vinc.o Galilei, Fiorentino, dell'et tua d'anni 70, fosti denunziato del 1615 in questo S.o Off.o, che tenevi come vera la falsa dottrina, da alcuni insegnata, ch'il Sole sia centro del mondo e imobile, e che la Terra si muova anco di moto diurno; ch'avevi discepoli, a' quali insegnavi la medesima dottrina; che circa l'istessa tenevi corrispondenza con alcuni mattematici di Germania; che tu avevi dato

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alle stampe alcune lettere intitolate Delle macchie solari, nelle quali spiegavi l'istessa dottrina come vera; che all'obbiezioni che alle volte ti venivano fatte, tolte dalla Sacra Scrittura, rispondevi glosando detta Scrittura conforme al tuo senso; e successivamente fu presentata copia d'una scrittura, sotto forma di lettera, quale si diceva esser stata scritta da te ad un tale gi tuo discepolo, e in essa, seguendo la posizione del Copernico, si contengono varie proposizioni contro il vero senso e autorit della sacra Scrittura; Volendo per ci questo S.cro Tribunale provedere al disordine e al danno che di qui proveniva e andava crescendosi con pregiudizio della S.ta Fede, d'ordine di N. S.re e del'Eminen.mi e Rev.mi SS.ri Card.i di questa Suprema e Universale Inq.ne, furono dalli Qualificatori Teologi qualificate le due proposizioni della stabilit del Sole e del moto della Terra, cio: Che il Sole sia centro del mondo e imobile di moto locale, proposizione assurda e falsa in filosofia, e formalmente eretica, per essere espressamente contraria alla Sacra Scrittura; Che la Terra non sia centro del mondo n imobile, ma che si muova eziandio di moto diurno, parimente proposizione assurda e falsa nella filosofia, e considerata in teologia ad minus erronea in Fide. Ma volendosi per allora procedere teco con benignit, fu decretato dalla Sacra Congre.ne tenuta avanti N.S. a' 25 di Febr.o 1616, che l'Emin.mo S. Card. Bellarmino ti ordinasse che tu dovessi omninamente lasciar detta opinione falsa, e ricusando tu di ci fare, che dal Comissario di S. Off.io ti dovesse esser fatto precetto di lasciar la detta dotrina, e che non potessi insegnarla ad altri, n difenderla n trattarne, al qual precetto non acquietandoti, dovessi esser carcerato; e in essecuzione dell'istesso decreto, il giorno seguente, nel palazzo e alla presenza del sodetto Eminen.mo S.r Card.le Bellarmino, dopo esser stato dall'istesso S.r Card.le benignamente avvisato e amonito, ti fu dal P. Comissario del S. Off.o di quel tempo fatto precetto, con notaro e testimoni, che omninamente dovessi lasciar la detta falsa opinione, e che nell'avvenire tu non la potessi tenere n difendere n insegnar in qualsivoglia modo, n in voce n in scritto: e avendo tu promesso d'obedire, fosti licenziato. E acci che si togliesse cos perniciosa dottrina, e non andasse pi oltre serpendo in grave pregiudizio della Cattolica verit, usc decreto della Sacra Congr.ne dell'Indice, col quale furono proibiti li libri che trattano di tal dottrina, e essa dichiarata falsa e omninamente contraria alla Sacra e divina Scrittura. E essendo ultimamente comparso qua un libro, stampato in Fiorenza l'anno prossimo passato, la cui inscrizione mostrava che tu ne fosse l'autore, dicendo il titolo Dialogo di Galileo Galilei delli due Massimi Sistemi del mondo, Tolemaico e Copernicano; ed informata appresso la Sacra Congre.ne che con l'impressione di detto libro ogni giorno pi prendeva piede e si disseminava la falsa opinione del moto della terra e stabilit del Sole; fu il detto libro diligentemente considerato, e in esso trovata espressamente la transgressione del predetto precetto che ti fu fatto, avendo tu nel medesimo libro difesa la detta opinione gi dannata e in faccia tua per tale dichiarata, avvenga che tu in detto libro con varii ragiri ti studii di persuadere che tu lasci come indecisa e espressamente probabile, il che pur errore gravissimo, non potendo in niun modo esser probabile un'opinione dichiarata e difinita per contraria alla Scrittura divina. Che perci d'ordine nostro fosti chiamato a questo S. Off.o, nel quale col tuo giuramento, essaminato, riconoscesti il libro come da te composto e dato alle stampe. Confessasti che, diece o dodici anni sono incirca, dopo esserti fatto il precetto come sopra, cominciasti a scriver detto libro; che chiedesti la facolt di stamparlo, senza per significare a quelli che ti diedero simile facolt, che tu avevi precetto di non tenere, difendere n insegnare in qualsivoglia modo tal dottrina.

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Confessasti parimente che la scrittura di detto libro in pi luoghi distesa in tal forma, ch'il lettore potrebbe formar concetto che gl'argomenti portati per la parte falsa fossero in tal guisa pronunziati, che pi tosto per la loro efficacia fossero potenti a stringer che facili ad esser sciolti; scusandoti d'esser incorso in error tanto alieno, come dicesti, dalla tua intenzione, per aver scritto in dialogo, e per la natural compiacenza che ciascuno ha delle proprie sottigliezze e del mostrarsi pi arguto del comune de gl'uomini in trovar, anco per le proposizioni false, ingegnosi e apparenti discorsi di probabilit. E essendoti stato assegnato termine conveniente a far le tue difese, producesti una fede scritta di mano dell'emin.mo S.r Card.le Bellarmino, da te procurata, come dicesti, per difenderti dalle calunnie de' tuoi nemici, da' quali ti veniva opposto che avessi abiurato e fossi stato penitenziato, ma che ti era solo stata denunziata la dichiarazione fatta da N. S.e e publicata dalla Sacra Congre.ne dell'Indice, nella quale si contiene la dottrina del moto della terra e della stabilit del sole sia contraria alle Sacre Scritture, e per non si possa n difendere n tenere; e che perci, non si facendo menzione in detta fede delle due particole del precetto, cio docere e quovis modo, si deve credere che nel corso di 14 o 16 anni n'avevi perso ogni memoria, e che per questa stessa cagione avevi taciuto il precetto quando chiedesti licenza di poter dare il libro alle stampe, e che tutto questo dicevi non per scusar l'errore, ma perch sia attribuito non a malizia ma a vana ambizione. Ma da detta fede, prodotta da te in tua difesa, restasti maggiormente aggravato, mentre, dicendosi in essa che detta opinione contraria alla Sacra Scrittura, hai non meno ardito di trattarne, di difenderla e persuaderla probabile; n ti suffraga la licenza da te artifiziosamente e calidamente estorta, non avendo notificato il precetto ch'avevi. E parendo a noi che tu non avessi detto intieramente la verit circa la tua intenzione, giudicassimo esser necessario venir contro di te al rigoroso essame; nel quale senza per pregiudizio alcuno delle cose da te confessate e contro di te dedotte come di sopra circa la detta tua intenzione, rispondesti cattolicamente. Pertanto, visti e maturamente considerati i meriti di questa tua causa, con le sodette tue confessioni e scuse e quanto di ragione si doveva vedere e considerare, siamo venuti contro di te alla infrascritta diffinitiva sentenza. Invocato dunque il S.mo nome di N. S.re Ges Cristo e della sua gloriosissima Madre sempre Vergine Maria; per questa nostra diffinitiva sentenza, qual sedendo pro tribunali, di consiglio e parere de' RR Maestri di Sacra Teologia e Dottori dell'una e dell'altra legge, nostri consultori, proferimo in questi scritti nella causa e nelle cause vertenti avanti di noi tra il M.co Carlo Sinceri, dell'una e dell'altra legge Dottore, Procuratore fiscale di questo S.o Off.o, per una parte, a te Galileo Galilei antedetto, reo qua presente, inquisito, processato e confesso come sopra, dall'altra; Diciamo, pronunziamo sentenziamo e dichiaramo che tu, Galileo sudetto, per le cose dedotte in processo e da te confessate come sopra, ti sei reso a questo S.o Off.o veementemente sospetto d'eresia, cio d'aver tenuto e creduto dottrina falsa e contraria alle Sacre e divine Scritture, ch'il sole sia centro della terra e che non si muova da oriente ad occidente, e che la terra si muova e non sia centro del mondo, e che si possa tener e difendere per probabile un'opinione dopo esser stata dichiarata e diffinita per contraria alla Sacra Scrittura; e conseguentemente sei incorso in tutte le censure e pene dai sacri canoni e altre constituzioni generali e particolari contro simili delinquenti imposte e promulgate. Dalle quali siamo contenti sii assoluto, pur che prima, con cuor sincero e fede non finta, avanti di noi abiuri, maledichi e detesti li sudetti errori e eresie, e qualunque altro errore e eresia contraria alla Cattolica e Apostolica Chiesa, nel modo e forma da noi ti sar data.

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E acciocch questo tuo grave e pernicioso errore e transgressione non resti del tutto impunito, e sii pi cauto nell'avvenire e essempio all'altri che si astenghino da simili delitti. Ordiniamo che per publico editto sia proibito il libro de' Dialoghi di Galileo Galilei. Ti condaniamo al carcere formale in questo S.o Off.o ad arbitrio nostro; e per penitenze salutari t'imponiamo che per tre anni a venire dichi una volta la settimana li sette Salmi penitenziali: riservando a noi facolt di moderare, mutare o levar in tutto o parte, le sodette pene e penitenze. E cos diciamo, pronunziamo, sentenziamo, dichiariamo, ordiniamo e reservamo in questo e in ogni altro meglior modo e forma che di ragione potemo e dovemo. Ita pronun.mus nos Cardinales infrascripti: F. Cardinalis de Asculo. G. Cardinalis Bentivolus. Fr. D. Cardinalis de Cremona. Fr. Ant.s Cardinalis S. Honuphrii B. Cardinalis Gipsius. F. Cardinalis Verospius. M. Cardinalis Ginettus.

6. Labiura Dopo la lettura della sentenza Galileo, per evitare la condanna a morte, deve abiurare:
Io Galileo, figlio di Vincenzo Galileo di Fiorenza, dell'et mia d'anni 70, constituto personalmente in giudizio, e inginocchiato avanti di voi Eminentissimi e Reverendissimi Cardinali, in tutta la Republica Cristiana contro l'eretica pravit generali Inquisitori; avendo davanti gl'occhi miei li saerosanti Vangeli, quali tocco con le proprie mani, giuro che sempre ho creduto, credo adesso, e con l'aiuto di Dio creder per l'avvenire, tutto quello che tiene, predica e insegna la Santa Cattolica e Apostolica Chiesa. Ma perch da questo Santo Officio, per aver io, dopo d'essermi stato con precetto dall'istesso giuridicamente intimato che omninamente dovessi lasciar la falsa opinione che il Sole sia centro del mondo e che non si muova, e che la Terra non sia centro del mondo e che si muova, e che non potessi tenere, difendere n insegnare in gualsivoglia modo, n in voce n in scritto, la detta falsa dottrina, e dopo d'essermi notificato che detta dottrina contraria alla Sacra Scrittura, scritto e dato alle stampe un libro nel quale tratto l'istessa dottrina gi dannata e apporto ragioni con molta efficacia a favor di essa, senza apportar alcuna soluzione, sono stato giudicato veementemente sospetto d'eresia, cio d'aver tenuto e creduto che il Sole sia centro del mondo e imobile e che la Terra non sia centro e che si muova; pertanto, volendo io levar dalla mente delle Eminenze Vostre e d'ogni fedel Cristiano questa veemente sospizione, giustamente di me conceputa, con cuor sincero e fede non finta abiuro, maledico e detesto li sudetti errori e eresie, e generalmente ogni e qualunque altro errore, eresia e setta contraria alla S.ta Chiesa; e giuro che per

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l'avvenire non dir mai pi n asserir, in voce o in scritto, cose tali per le quali si possa aver di me simil sospizione; ma se conoscer alcun eretico o che sia sospetto d'eresia lo denonziar a questo S. Offizio, o vero all'Inquisitore o Ordinario del luogo, dove mi trovar. Giuro anco e prometto d'adempire e osservare intieramente tutte le penitenze che mi sono state o mi saranno da questo Santo Officio imposte; e contravenendo ad alcuna delle mie dette promesse e giuramenti, il che Dio non voglia, mi sottometto a tutte le pene e castighi che sono da' sacri canoni e altre costituzioni generali e particolari contro simili delinquenti imposte e promulgate. Cos Dio m'aiuti e questi suoi santi Vangeli, che tocco con le proprie mani. Io Galileo Galilei sodetto ho abiurato, giurato, promesso e mi sono obligato come sopra; e in fede del vero, di mia propria mano ho sottoscritta la presente cedola di mia abiurazione e recitatala di parola in parola, in Roma, nel Convento della Minerva, questo d 22 giugno 1633. Io Galileo Galilei ho abiurato come di sopra, mano propria.

7. La Chiesa riabilita Galileo La "riabilitazione", almeno indiretta, dello scienziato da parte della Chiesa Cattolica si pu datare al 1822, 180 anni dopo la sua morte, con la concessione dell'imprimatur all'opera "Elementi di ottica e astronomia" del canonico Settele, che dava come teoria consolidata e del tutto compatibile con la fede cristiana il sistema copernicano. A sugello di tale accettazione, nell'edizione aggiornata dell'Indice del 1846, tutte le opere sul sistema copernicano furono cassate. Tuttavia, papa Giovanni Paolo II auspic che l'esame del caso Galilei venisse approfondito da: teologi, scienziati e storici, animati da uno spirito di sincera collaborazione, [...] nel leale riconoscimento dei torti, da qualunque parte provengano per rimuovere le
diffidenze che quel caso tuttora frappone, nella mente di molti, alla fruttuosa concordia tra scienza e fede, tra Chiesa e mondo.

Il 3 luglio 1981 fu istituita un'apposita commissione di studio. Dopo oltre 11 anni, nella commissione di studio datata 31 ottobre 1992, il cardinale Poupard scrive che la condanna del 1633 fu ingiusta, per un'indebita commistione di teologia e cosmologia pseudo-scientifica e arretrata, anche se veniva giustificata dal fatto che Galileo sosteneva una teoria radicalmente rivoluzionaria senza fornire prove scientifiche sufficienti a permettere l'approvazione delle sue tesi da parte della Chiesa. In particolare la posizione a riguardo del cardinale Joseph Ratzinger, attuale papa Benedetto XVI, attualmente molto discussa per le diverse interpretazioni che sono attribuite ad una sua particolare affermazione. In un discorso a proposito della crisi della fede nella scienza tenuto il 15 marzo 1990 nella citt di Parma, cit un giudizio sintetico di Paul Feyerabend: La Chiesa dell'epoca di Galileo si attenne alla ragione pi che lo stesso Galileo, e prese
in considerazione anche le conseguenze etiche e sociali della dottrina galileiana. La sua sentenza contro Galileo fu razionale e giusta, e solo per motivi di opportunit politica se ne pu legittimare la revisione.

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Tuttavia alcuni sostengono, deducendolo dal contesto, che Ratzinger avrebbe citato quella frase senza sposarne il contenuto. La citazione riprende una parte limitata di un discorso pi ampio di Feyerabend; diversi critici tra l'altro hanno sostenuto che la citazione come riferita dal Papa in realt traviserebbe il senso del pensiero del filosofo austriaco.


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Conclusioni

Nella scienza non esistono affermazioni che non possano essere messe in discussione e anche le certezze scientifiche pi radicate possono crollare davanti a nuove scoperte. Per secoli, ad esempio, l'uomo ha pensato che fosse il Sole a girare intorno alla Terra; un fatto ovvio che oltretutto corrispondeva a ci che chiunque poteva osservare direttamente tutti i giorni alzando gli occhi al cielo. Successivamente per si scoperto che i movimenti degli astri venivano spiegati meglio se si immaginava il Sole fisso al centro dellUniverso e la Terra ruotare intorno ad esso e contemporaneamente intorno a s stessa. Il vecchio modello fu allora ripudiato e fu accolto quello nuovo. Se la scienza consistesse solamente nei risultati delle osservazioni, una qualsiasi collezione di esse sarebbe buona quanto unaltra. E perch la scienza ha una struttura, uninterpretazione teorica e ambizione esplicative che si possono avere i risultati delle osservazioni, li si pu correlare e farli coincidere in teorie. Ci che luniverso realmente sia non lo sappiamo, ed senza significato cercarlo. Noi possiamo solo formarci rappresentazioni della natura che mutano con i tempi e saranno sempre incomplete. , in un certo senso, un mosaico di fatti, ma la disposizione delle tessere nel mosaico che forma il disegno non composta dai fatti: composta di idee o di teorie. E il fatto isolato, staccato dalla teoria, altrettanto inutile del pezzo di pietra colorata per il quale non vi sia posto nel mosaico.


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Breve storia del pensiero scientifico

Bibliografia
www.wikipedia.it www.scienzaatscuola.it/fermi/manhattan/origine.htm www.vialattea.net/esperti/php/risposta.php?num=8178 www.biografieonline.it www.studiamo.it Domenico Massaro; Giovanni Foriero Fare filosofia - Paravia Nicola Abbagnano; Giovanni Foriero Fare filosofia Vol. 1 Paravia Nicola Abbagnano; Giovanni Foriero Fare filosofia Vol. 2 - Paravia Nicola Abbagnano; Giovanni Foriero Fare filosofia Vol. 3 - Paravia Nicola Abbagnano Storia della filosofia Vol.1 Gruppo Editoriale Espresso Nicola Abbagnano Storia della filosofia Vol.2 Gruppo Editoriale Espresso Nicola Abbagnano Storia della filosofia Vol.3 Gruppo Editoriale Espresso Nicola Abbagnano Storia della filosofia Vol.4 Gruppo Editoriale Espresso Nicola Abbagnano Storia della filosofia Vol.5 Gruppo Editoriale Espresso Nicola Abbagnano Storia della filosofia Vol.6 Gruppo Editoriale Espresso Nicola Abbagnano Storia della filosofia Vol.7 Gruppo Editoriale Espresso Nicola Abbagnano Storia della filosofia Vol.8 Gruppo Editoriale Espresso Nicola Abbagnano Storia della filosofia Vol.9 Gruppo Editoriale Espresso Emanuele Severino La filosofia antica Rizzoli editore Emanuele Severino La filosofia moderna Rizzoli editore Emanuele Severino La filosofia contemporanea Rizzoli editore Paolo Rossi Soria della scienza Volume 1 Gruppo editoriale lEspresso Paolo Rossi Soria della scienza Volume 2 Gruppo editoriale lEspresso Paolo Rossi Soria della scienza Volume 3 Gruppo editoriale lEspresso Paolo Rossi Soria della scienza Volume 4 Gruppo editoriale lEspresso Paolo Rossi Soria della scienza Volume 5 Gruppo editoriale lEspresso Paolo Rossi Soria della scienza Volume 6 Gruppo editoriale lEspresso Paolo Rossi Soria della scienza Volume 7 Gruppo editoriale lEspresso Paolo Rossi Soria della scienza Volume 8 - Gruppo editoriale lEspresso Umberto Forti - Storia della scienza Volume 1 dallOglio editore Umberto Forti - Storia della scienza Volume 2 dallOglio editore Umberto Forti - Storia della scienza Volume 3 dallOglio editore Umberto Forti - Storia della scienza Volume 4 dallOglio editore Umberto Forti - Storia della scienza Volume 5 dallOglio editore Umberto Forti - Storia della scienza Volume 6 dallOglio editore Ludovico GeymonatStoria del pensiero filosofico e scientificoVolume 1Garzanti Ludovico GeymonatStoria del pensiero filosofico e scientificoVolume 2-Garzanti Ludovico GeymonatStoria del pensiero filosofico e scientificoVolume 3-Garzanti Ludovico GeymonatStoria del pensiero filosofico e scientificoVolume 4-Garzanti Ludovico GeymonatStoria del pensiero filosofico e scientificoVolume 5-Garzanti Ludovico GeymonatStoria del pensiero filosofico e scientificoVolume 6-Garzanti Ludovico GeymonatStoria del pensiero filosofico e scientificoVolume 7-Garzanti Ludovico Geymonat Filosofia e scienza nel 900 Edizioni GB Antonio Caforio; Aldo Ferilli Fisica Vol. 3 - Le Monnier G. P. Parodi; M. Ostili; G. M. Onori Levoluzione della fisica vol. 1 Paravia Ugo Amaldi La fisica per i licei scientifici Vol. 3 - Zanichelli La Scienza LUniverso Vol. 1 - La biblioteca di Repubblica La Scienza - Spazio, tempo e materia Vol. 11 - La biblioteca di Repubblica

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La Scienza Molecole, atomi, particelle Vol. 12 - La biblioteca di Repubblica Enciclopedia Universo Istituto geografico De Agostini Le Scienze Leredit di Einstein Novembre 2004 Le Scienze Il futuro della fisica Aprile 2008 Le Scienze The big bounce Dicembre 2008 Le Scienze Origini Novembre 2009 Le Scienze In cerca di vita nel multiverso Marzo 2010 Le Scienze Le stringhe tra fisica e filosofia Luglio 2010 Le Scienze Il tempo unillusione? Agosto 2010 Le Scienze Il secchio di Newton e la metafisica Maggio 2011 Charles Seife Alfa e Omega Le Scienze Emilio Segr Personaggi e scoperte nella fisica classica Mondadori Emilio Segr Personaggi e scoperte nella fisica contemporanea Mondadori M. Boas Hall; A. Rupert Hall - Storia della scienza Il Mulino George Gamow Biografia della fisica Mondatori Giulio Preti Storia del pensiero scientifico Mondadori Mario Gliozzi - Storia della fisica - Bollati Boringhieri Stephen Hawking Dal big bang ai buchi neri Rizzoli Sephen Hawking Leonard Mlodinow Il grande disegno - Mondadori Fabrizio Coppola Il segreto dellUniverso Let dellAcquario Enrique Lpez Doriga Luniverso di Newton e di Einstein Edizioni Paoline Lawrence M. Krauss Dietro lo specchio Edizioni codice Paul Davies - La mente di Dio Mondadori Paul Davies - Dio e nuova fisica - Mondadori Paul Davies Il cosmo intelligente - Mondadori Evandro Agazzi Le rivoluzioni scientifiche Fondazione Achille e Giulia Boroli Walter Isaacson Einstein Mondadori Evalyn Gates Il telescopio di Einstein Le Scienze Gian Carlo Ghirardi Unocchiata alle carte di Dio Est Anton Zeilinger Il velo di Einstein Le Scienze Roger Penrose La mente nuova dellimperatore Bur Arcangelo Rossi Popper e la filosofia della scienza Sansoni Scuola aperta Fritjof Capra Il Tao della fisica Adelphi Maurizio Gasperini Luniverso prima del big bang Franco Muzzio editore Alex Vilenkin Un solo mondo o infiniti Raffaello Cortina Editore LA STAMPA, 3/11/2001 Federico Peiretti Albert Einstein Autobiografia scientifica Boringhieri editore Einstein-Infeld Levoluzione della fisica Boringhieri editore Josef Maria Jausch Sulla realt dei quanti - Adelphi Julian Barbour La fine del tempo Einaudi Lawrence Krauss Luomo dei quanti Le Scienze

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