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1.

Greco:
Menandro:il misantropo
Apollonio Rodio:Medea
Le filosofie ellenistiche lantidoto allirrazionalit:lepicureismo
Alcesti: versi 1-75 dialogo tra Apollo e Thanatos


2. Latino:
Tacito: il ritratto di Tiberio
Seneca:De ira trama generaele
De ira III 40,2-4
Seneca:furor nelle tragedie


3. Filosofia
Freud:la nascita della psicanalisi moderna
Bergson:lo slancio vitale


4. Italiano:
Pirandello: uno nessuno e centomila trama generale
Svevo:la coscienza di Zeno
Dante:Canto I del Paradiso


5. Storia:
Hitler e Stalin i folli della storia


6. Storia dellarte:
Surrealismo:Salvator Dali il Sogno,la persistenza della memoria
Gericault:I ritratti degli alienati



7. Fisica:
Prima e seconda legge di Ohm


8. Geografia astronomica:
Le diverse visioni delluniverso dalla visone tolemaico-aristotelica alla visione
eliocentrica

















La maggior parte dei computer ha dei manuali di istruzioni. La mente umana
no. Phil Laut
Platone e Aristotele per primi si posero il problema: il razionalismo platonico
sosteneva tramite la reminiscenza il recupero delle idee possedute
nell'iperuranio e perse al momento della nascita; mentre Aristotele, pur nella
consapevolezza di un carattere non universale delle percezioni sensibili,
fondava la conoscenza sull'esperienza. In tempi moderni il dibattito fu portato
avanti da Cartesio e Locke. Descartes credeva in una fondazione razionale
del mondo, ritenendo che la conoscenza della verit potesse essere
raggiunta dalla sola ragione. Locke critic fortemente l'idea di innatismo a
sostegno dell'ipotesi che la conoscenza dovesse necessariamente derivare
dall'esperienza. Alla fine del '700 Kant rivoluzion completamente l'approccio
degli studiosi sull'analisi della mente umana. Il filosofo prussiano aveva infatti
compreso che la percezione del mondo non deriva dall'oggetto che si
osserva, ma dal soggetto. La conoscenza per lui non era n totalmente
empirica n totalmente razionale, ma era data da una sintesi delle due.
Ovviamente non era stato fatto alcuno studio biologico che desse la certezza
delle ipotesi kantiane, ma nel secolo successivo con un sviluppo delle
scienze si garantirono le basi per i primi studi sulla biologia e la psicologia del
cervello umano. Gli studiosi cambiarono completamente approccio sullo
studio della mente umana, non si interessarono pi allo studio delle origini
della conoscenza, ma a quello delle origini del Comportamento. La
psicoanalisi,introdotta da Freud, si occupava principalmente di dare una
spiegazione strutturale ancorata agli effetti causali di eventi che si erano
verificati nell'infanzia e nell'inconscio.







Il misantropo()

La commedia messa in moto dal dio Pan, che fa innamorare Sostrato, un
ricco ed elegante giovane di citt di una ragazza di campagna, figlia di un
vecchio misantropo, Cnemone. Il ragazzo si innamora di lei mentre a
caccia. Cnemone un vecchio bisbetico contadino che vive in casa con la
sua unica figlia e una serva. La moglie, stanca di lui si trasferita a casa del
figlio di primo letto, il serio e laborioso Gorgia, che abita nella casa accanto.
Cnemone vive coltivando il suo podere e evitando il pi possibile ogni forma
di contatto con gli estranei. Sostrato vuole chiedere in sposa la fanciulla,
Gorgia sospetta di ci, ma l'altro si conquista la sua amicizia, dichiarando la
sua intenzione di sposare la ragazza offrendosi di lavorare con il futuro
suocero nei campi per conoscerlo meglio. Nel frattempo giunge la madre di
Sostrato che ha preparato un sacrificio in onore di Pan nella grotta accanto
alla casa di Cnemone. Il vecchio, vedendo la folla, decide di restare in casa a
sorvegliare la situazione. Sostrato torna deluso dalla campagna e si unisce ai
commensali. Ad un certo punto si viene a conoscenza del fatto che Cnemone
nel tentativo di recuperare un'anfora sfuggita alla sua serva, caduto in un
pozzo. Sostrato e Gorgia corrono a salvarlo. Cnemone dopo il pericolo che
ha corso, si mostra pi ragionevole, e concede la mano della figlia a Sostrato.
Avviene anche un secondo matrimonio tra la sorella di Sostrato e Gorgia. La
commedia si conclude con il doppio banchetto nuziale, a cui Geta (un servo)
e Sicone (il cuoco) trascinano a forza il riluttante Cnemone, beffandosi di lui.










Apollonio Rodio:Medea


Medea un personaggio femminile ed presente allinterno delle
argonautiche un componimento di apollonio rodio che tratta delle avventure
di Giasone e dei suoi compagni che ricercano il vello doro.Essa la tipica
rappresentazione per il mondo greco dellirrazionalit,infatti, Medea bruciata
dal fuoco delleros per Giasone e non riesce a controllarsi. Tuttavia essa
l'unico personaggio che ha un vero e proprio cammino di crescita personale,
che la porta a passare da fanciulla ancora ignara della vita a donna, per poi
diventare la vendicativa Medea di cui narrano Euripide e molti altri. La sua
prima metamorfosi si attua durante la notte che lei passa insonne, combattuta
tra il suo pudore di vergine e l'amore che prova. La seconda metamorfosi si
ha quando ella attira in una trappola il fratello Apsirto, facendolo uccidere da
Giasone e venendo sporcata dal sangue, metaforica "macchia" sul velo
bianco della sua precedente innocenza.Quindi anche con Apollonio Rodio
abbiamo una vera e propria analisi introspettiva di medea e soprattutto
possiamo vedere come le passioni e quindi lirrazionale sono strettamente
correlati e spingono luomo a compiere azioni anche riprovevoli.









Le filosofie ellenistiche lantidoto allirrazionalit:Lepicureismo

Epicuro un filosofo che inizia la sua indagine filosofica alla fine del III secolo
a.C. Il filosofo cerca di smantellare ogni paura delle cose irrazionali
utilizzando il cosiddetto tetrafarmaco.Esso consiste: 1) Il male derivante
dal timore degli dei. Epicuro dimostra che gli dei non possono occuparsi delle
passioni umane, essendo totalmente estranei al nostro mondo. Del resto, se
si prendessero cura delle passioni umane, perderebbero la perfetta felicit
che tipica della loro natura divina. Il fatto poi che essi non si diano cura dei
nostri mali conferma la loro completa indifferenza nei nostri confronti. Infatti: o
gli dei vogliono togliere i mali, ma sono impotenti rispetto ad essi; oppure
possono toglierli, ma non vogliono farlo; o infine non possono e non vogliono.
Tutte e tre queste ipotesi sono contrarie allidea degli dei come esseri perfetti.
Non rimane che ammettere che gli dei non si occupano degli uomini e che da
essi non c assolutamente nulla da temere.
2) Il male che deriva dal timore della morte. Questo timore assurdo, in
quanto la morte il venire meno di tutte le sensazioni e, pertanto, anche delle
sensazioni spiacevoli. Dove c luomo, infatti, non c la morte e dove c la
morte non c luomo.
3) Il male che deriva dal timore del male fisico o morale. Questi sono mali
reali. Ma i dolori fisici, quando sono particolarmente acuti, non hanno mai una
durata particolarmente lunga, poich nel peggiore dei casi ce ne libera la
morte. I dolori dellanima sono pi gravi, poich questa non soffre solamente
dei mali presenti, ma anche di quelli futuri. A questi ultimi possibile per
opporsi con la saggezza, vale a dire per tramite dellindifferenza e
dellimperturbabilit.
4) Il male che deriva dai nostri desideri insoddisfatti. A questo male, che il
pi diffuso ed il pi pernicioso, possibile sfuggire imparando a porre dei
limiti ai propri desideri.
Ledonismo epicureo una ricerca del piacere inteso soprattutto come quella
quiete derivante dallassenza del dolore rispetto al corpo (aporia) e allanima
(atarassia).

Alcesti:versi 1-75

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Il ritratto di Tiberio
Tacito negli Annales decide di analizzare con dovizia di particolari la vita dei
cesari.Ho deciso di presentare il ritratto di tiberio in caratteri generali poich
la pi chiara esemplificazione del concetto razionalit contrapposta
allirrazionalit per dirlo in termini greci il contrapposto al .Il testo
pu essere diviso in due parti. Nella prima troviamo un breve riassunto della
vita e della discendenza di Tiberio, nella seconda una valutazione dei suoi
costumi, in cui sono individuate cinque fasi. Solo la prima, anteriore
allascesa al trono, valutata positivamente, mentre le altre mostrano il
manifestarsi progressivo dei vizi, a mano a mano che cadono le remore e le
costrizioni esercitate da altri personaggi.
Annales VI, 51
Figlio di Nerone, proveniva, per parte di entrambi i genitori, dalla gente
Claudia, bench la madre, attraverso successive adozioni, fosse passata
prima a quella Livia, poi a quella Giulia. Fin dalla prima infanzia conobbe il
doppio volto della sorte. Infatti, dopo aver seguito in esilio il padre proscritto,
entr come figliastro nella casa d'Augusto, dove sub, finch vissero Marcello
e Agrippa e poi Gaio e Lucio Cesare, l'avversione dei suoi rivali; anche il
fratello Druso godeva di pi vaste simpatie popolari. Ma la situazione pi
difficile dovette affrontarla quando accett in matrimonio Giulia, costretto a
tollerare l'immoralit della moglie o a eluderla. Al suo ritorno da Rodi, abit la
casa, senza discendenti, del principe per dodici anni e poi fu arbitro dello
stato romano per circa ventitr anni. Anche sotto il profilo morale assunse
aspetti diversi nel tempo: esemplare la sua esistenza e stimato il suo nome,
finch visse da privato o ebbe comandi militari sotto Augusto; chiuso e
ipocrita nel fingere virt, finch vissero Germanico e Druso; in una
mescolanza di bene e di male, quand'era viva sua madre; odioso per la
crudele durezza, pur tenendo celate le sue passioni, finch am o temette
Seiano; alla fine si abbandon al delitto e all'ignominia, da che, libero da
pudori e paure, agiva solo secondo la sua vera natura.









Seneca
Altro autore per poter capire maggiormente cosa significa irrazionalita
Seneca che nel de ira tratta di una passione estremamente forte che
capace di offuscare la mente quindi la ragone. Lucio Anneo Seneca, autore di
un De ira, dedicato al fratello maggiore e composto sotto il principato di
Caligola, probabilmente nel 41. Seneca ritiene per che lira non riesca a
spingere allazione se non riceve lassenso dallanimo tutto. Quando ancora
reazione, lira non ancora una passione: come quando qualcuno ci bagna
con un getto di acqua fredda, dice Seneca, la nostra reazione naturale e
subitanea e involontaria. Lira autentica, quella da cui guardarsi, consiste
non nel turbamento che arriva allimprovviso, ma nel lasciarsi prendere e
trascinare da quella sensazione, assecondando un impulso casuale
(fortuitum) La vera ira dunque quella che scavalca la ragione, che
incapace di contenere il moto del proprio animo e che anzi dice Seneca si
trascina dietro la ragione. Lira provoca lattacco, stacca i freni inibitori, anche
se si uomini pacifici: lira non ha nulla a vedere con la ferocia Ed ecco un
passaggio interessante: ma allora, linterlocutore obietta a Seneca allinizio
del sesto capitolo, luomo virtuoso deve adirarsi di fronte alle azioni
disoneste. No, risponde Seneca, perch altrimenti il saggio sarebbe
perennemente adirato, data lingiustizia del mondo, e sprofonderebbe nella
tristezza, cattiva compagna dellira. Se il saggio dovesse adirarsi nella misura
richiesta dallinfamia dei delitti, impazzirebbe (IX). Rispetto alle altre passioni,
lira senechiana contraddistinta dal suo carattere pubblico; un passione
evidente agli occhi di tutti, lirato ha una fisionomia caratteristica:
lespressione risoluta e minacciosa, la fronte aggrottata, la faccia scura, il
passo concitato, le mani irrequiete, il colorito alterato, il respiro frequente e
affannoso.Anche se chi fremente dira tenta di nasconderla, non riesce a
dissimulare il suo stato.Un altro aspetto dellira va colto nel suo rapporto col
tempo, un aspetto di cui apprezzeremo tutta limportanza in seguito. Lira,
dice Orazio, furor brevis est [4], cio per tradurre con il Petrarca
dei Trionfi lira breve furor. Non dura a lungo. Per questo viene espressa
con verbi come scoppiare, divampare, ardere, ruggire. Anche Cicerone dice
che ira perturbatio plerumque brevis est, ed ad tempus [5], lira una
perturbazione dellanimo breve e che ha un tempo, cio limitata nel tempo,
non si mantiene a lungo. Quindi, se le si d tempo, destinata a placarsi,
come sostiene anche Seneca (Maximum remedium irae mora est [6])? Ci
risponde lo stesso Seneca nella Medea: ira quae tegitur nocet, lira che
attende, nuoce, fa male. Aggiungendo di seguito che professa perdunt odia
vindictae locum, gli odi manifesti, professati, venuti alla luce del sole,
perdono il motivo della vendetta. Perch lei, la vendetta, il potente sbocco
alternativo dellira trattenuta, quando si fa rancore, rabbia repressa. Come
ordina Odisseo al proprio cuore, pazienta, datti tempo, aspetta, cosicch la
nostra vendetta possa essere pi piena e fatale.

Castigare vero irascentem et ultro obirasci incitare est:
varie adgredieris blandeque, nisi forte tanta persona
eris ut possis iram comminuere, quemadmodum fecit
diuus Augustus, cum cenaret apud Vedium Pollionem.
Fregerat unus ex seruis eius crustallinum; rapi eum
Vedius iussit ne vulgari quidem more periturum:
murenis obici iubebatur, quas ingentis in piscina
continebat. Quis non hoc illum putaret luxuriae causa
facere? Saevitia erat. Evasit e manibus puer et confugit
ad Caesaris pedes, nihil aliud petiturus quam ut aliter
periret, ne esca fieret. Motus est novitate crudelitatis
Caesar et illum quidem mitti, crustallina autem omnia
coram se frangi iussit conplerique piscinam. Fuit
Caesari sic castigandus amicus; bene usus est viribus
suis: 'e convivio rapi homines imperas et noui generis
poenis lancinari? Si calix tuus fractus est, viscera
hominis distrahentur? Tantum tibi placebis ut ibi
aliquem duci iubeas ubi Caesar est?'









Il furor nelle tragedie senechiane

Al centro d tutte le tragedie di Seneca troviamo la rappresentazione dello
scatenarsi rovinoso di sfrenate passioni, non dominate dalla ragione, e delle
conseguenze catastrofiche che ne derivano. Il significato pedagogico e
morale s'individua dunque nell'intenzione di proporre esempi paradigmatici
dello scontro nell'animo umano di impulsi contrastanti, positivi e negativi. Da
un lato vi la ragione, di cui si fanno spesso portavoce personaggi secondari
che cercano di dissuadere i protagonisti dai loro insani propositi; dallaltra vi
il furor, cio l'impulso irrazionale, la passione (amore, odio, gelosia,
ambizione e sete di potere, ira, rancore), presentata, in accordo con la
dottrina morale stoica, come manifestazione di pazzia in quanto sconvolge
l'animo umano e lo travolge irrimediabilmente. In questa lotta tra furor e
razionalit, lo spazio dato al furor, al versante oscuro,alla malvagit e alla
colpa, senza dubbio preponderante e va ben oltre i condizionamene e le
esigenze imposti dal genere tragico. L'interesse per la psicologia delle
passioni, che pu apparire quasi morboso, sembra talora far dimenticare al
poeta le esigenze filosofico-morali. Inoltre caratteristica delle tragedie
senecane l'accentuazone delle tinte pi fosche e cupe,degli aspetti pi
sinistri, dei particolari pi atroci, macabri, raccapriccianti. In poche parole
Seneca enfatizza il pathos e dimostra la forza devastante della passione
indice di disintegrazione della personalit interiore. I personaggi vengono
analizzati in profondit:di essi vengono messi in risalto i contrasti interiori,le
esasperazioni, il furor regni,la morte della ragione, la bestialit umana.
In realt la visione pessimistica, l'accentuazione degli elementi cupi e la forte
intensificazione patetica, appaiono funzionali a quel valore di esemplarit
negativa che i personaggi tragici rivestono agli occhi dei filosofo;sono mezzi
di cui l'autore si serve per raggiungere pi efficacemente il suo principale
obiettivo, consistente nell'ammaestramento morale. Del resto
il pathos caricato, l'enfasi e il gusto per i particolari orridi e raccapriccianti
eran gi present nel tragici latini arcaici, e trovavano piena corrispondenza
nel gusto dei tempi di Seneca.Particolarmente esemplari, nel gusto tragico e
macabro che meglio esprime la follia senecana sono
Fedra","Medea","Teste, Le Troiane.










Fedra


La vicenda narrata quella dell'Ippolito di Euripide, ma con differenze
rilevanti, che fanno supporre una derivazione da un'altra tragedia dello stesso
Euripide, per noi perduta. Fedra,moglie di Teseo, re d'Atene, soccombe ad
una folle passione per il figliastro lppolito e gli dichiara il suo amore. Respinta,
si vendica accusando l giovane di aver cercato d usarle violenza; ma
quando,in seguito alla maledizione di Teseo,un mostro marino suscitato dal
dio del mare causa ad lppolito un'orribile morte, Fedra, disperata, confessa la
sua colpa e si uccide.
Penso che sia particolarmente importante sottolineare, in Fedra, il momento
della "dichiarazione" di Fedra a lppolito. Si tratta sicuramente di una scena
culminante, dove la regina, disperatamente e colpevolmente innamorata del
figliastro, si decide a rivelargli la sua passione: l'amore incestuoso ha travolto
ogni limite: il conflitto inconciliabile tra ragione e passione, l'insanabile
lacerazione interiore di chi preda del furor e ha perso il controllo di s e
delle proprie azioni. Il progressivo avvicinamento alla "dichiarazione" vera e
propria e sapientemente preparato attraverso una serie d passaggi
intermedi:

l)Fedra respinge l'appellativo di madre che lppolito le rivolge

2)Fedra gli si offre come schiava evocando implicitamente il tema
del servitium amoris

3)accenna alla probabile morte di Teso, suo marito (morte che le
permetterebbe di aspirare legittimamente ad un nuovo amore).

Quando il giovane afferma di essere disposto a prendere il posto dei
padre,questa affermazione (dettata dalla petas) suona ambigua alle orecchie
di Fedra e induce finalmente la regina a rivelare che la sua sofferenza
causata dall'amore. La confessione poi ancora ritardata dalla rievocazione
della bellezza d Teseo giovane, nella cui immagine Fedra proietta e
contempla quella dei figlio. Una volta comprese le intenzioni di Fedra, Ippolito
esprime il suo orrore e la sua violenta indignazione.Come gi accennato in
precedenza Fedra ripresa dall'Ippolito di Euripide. Ci ci offre l'opportunit
d attuare paragoni tra le due tragedie.Innanzitutto nella Fedra di Seneca le
divinit non compaiono. Inoltre la struttura compositiva, molto diversa da
quella euripidea, conferisce uno spazio di gran lunga maggiore al
personaggio della regina (mentre prima usciva a met dei dramma). Qui
lppolito ad uscire definitivamente di scena a met dei dramma, mentre Fedra
domina la scena dall'inizio alla fine. Infine nella tragedia latina Fedra, non
lppolito a morire sulla scena,presentando il suicidio come giusta punizione
della sua colpa e offerta sacrificale al morto lppolito, ma anche come unico
sollevo all'invincibile malattia d'amore ed estrema occasione per recuperare
l'onore perduto.











Alla base degli studi freudiani, inizialmente, non vi era la ricerca e la
comprensione del comportamento umano, ma uno studio sull'origine e la cura
delle persone affette da nevrosi, le quali manifestano comportamenti anomali
rispetto ad individui normali. I sintomi di tale disturbo possono consistere in:
amnesie, afasie (perdite della parola), paralisi di parti del corpo, fobie,
pensieri ossessivi ecc. In una fase iniziale Freud pratica l'ipnosi inducendo il
paziente a raccontare esperienze importanti ma dimenticate. I due
scriveranno negli Studi sull'isteria: Ogni sintomo isterico, scompariva
immediatamente e per sempre quando riuscivamo a portare chiaramente alla
luce il ricordo dell'evento da cui era stato provocato. Freud abbandon
presto l'ipnosi, sia perch non era particolarmente bravo sia perch riteneva
che escludesse il paziente cosciente dalla psicoanalisi. Integr l'ipnosi con
opportune domande ma, resosi conto che queste disturbavano il racconto del
paziente, introdusse il metodo dell'associazione libera delle idee: il paziente
veniva invitato ad esporre liberamente, senza alcuna interferenza, tutto ci
che gli passava per la mente. Un concetto fondamentale per la Psicoanalisi,
espresso da Freud, la suddivisione della psiche in tre parti. Semplificando
molto il suo concetto potremmo dire che la psiche composta da:
Io: la parte cosciente e consapevole di noi stessi, o meglio la parte con cui
identifichiamo noi stessi e che ci fa adeguare alla realt;
Es: la parte "primordiale", inconscia e non consapevole che "governata"
dagli istinti e dalle pulsioni;
Super Io: la parte della mente che in modo "automatico" governa i nostri
impulsi e li censura.





Le varie fasi:
fase orale: relativa al primo anno di vita; la zona erogena dominante
la bocca.
L'alimentazione, succhiare il latte, un bisogno fisiologico necessario per la
sopravvivenza, ma succhiare-ciucciare diviene anche un piacere di per s,
che si rende a poco a poco indipendente dalla funzione organica vitale. fase
sadico-anale: relativa al secondo anno di vita, la zona erogena dominante
l'ano.All'evacuazione come funzione fisiologica, si abbina il piacere di
trattenere-rilasciare.
fase fallico - edipica: relativa al periodo fra i tre e i cinque anni, la zona
erogena dominante sono i genitali. In questo periodo il bambino acquista
consapevolezza dei propri genitali, scopre le differenze sessuali, si pone
domande sull'origine dei bambini.
Sia i maschietti che le bambine credono in un primo tempo di avere un
qualche potere fallico, e la madre il loro oggetto d'amore incestuoso.
periodo di latenza: relativo all'intervallo dai cinque agli undici anni circa.
In questo periodo la pulsione sessuale subisce un'attenuazione. Nascono
le formazioni reattive per effetto delle potenze psichiche superiori, ossia
delle difese e delle sublimazioni, grazie alle quali gli istinti deviati dalla meta
vengono messi al servizio di attivit adattative, socialmente approvate.





















Bergson
Bergson considerato un predecessore di Sigmud Freud e tratta di una
tematica che ancora oggi molti psicoanalisti utilizzano cio lo slancio vitale.
Fondamento dell'universo l'energia vitale o slancio vitale. Si tratta di una
forza libera, spontanea che si pu identificare con Dio e che non risponde a
nessun meccanicismo o finalismo. Lesistenza umana e la vita interiore
stessa sono slancio vitale.Tutte le cose si producono attraverso un processo
libero, originale e creativo, assolutamente non deterministico,
denominato evoluzione creatrice.Lo slancio vitale, per mezzo
dell'evoluzione creatrice, pu cristallizzarsi nella materia, che costituisce
un'interruzione soltanto momentanea dell'impulso di energia, pervasa ancora
da frammenti di vita e dallo slancio vitale e suscettibile di modificarsi in nuove
strutture.Dio, dunque, viene identificato da Bergson con lo slancio vitale. Egli
ha bisogno di effondere il suo amore al di fuori di s nel mondo.
"Dio vita incessante, azione, libert. La creazione non un mistero; la
esperimentiamo in noi dal momento in cui agiamo liberamente".L'uomo
distinto da Dio, ma partecipa della potenza divina.L'uomo pu conoscere il
mondo attraverso l'intelligenza, che ci permette per soltanto una
conoscenza razionale, strumentale e parziale della realt. Si tratta di una
conoscenza utile all'azione, ma che non riesce a cogliere la realt nel suo
fluire.Oppure l'uomo conosce attraverso l'intuizione, che partecipa
dell'istinto e che permette all'uomo una conoscenza profonda e intima delle
cose. L'intuizione sganciata da concetti e schemi e aderisce allo slancio
vitale e quindi alla vita, nel suo fluire. Tanto importante l'intuizione nelle
concezioni di Bergson che il suo sistema filosofico chiamato intuizionismo.










La follia il grande tema che percorre tutta l'opera pirandelliana. Pirandello, a
differenza di Svevo, non lesse direttamente le opere di Freud,ma la sua
opera piena di richiami al mondo della follia, dellinconscio, del sogno. La
sua fonte fu dunque lo psichiatra Alfred Binet, che gli offr le formulazioni
scientifiche di alcune sue intuizioni sulla variabilit degli stati psicologici e
sulla scomposizione della personalit. E' il suo punto di partenza per
esplorare quella crisi d'identit che qualsiasi evento pu scatenare e che
uno dei terni fondamentali della sua produzione. Dall'idea per cui la
personalit degli uomini non una ma molteplice verr uno dei suoi temi
decisivi: la follia
I suoi personaggi si sdoppiano, sono dissociati, sono contemporaneamente :
uno,nessuno e centomila.



























"Uno, nessuno e centomila

Questo romanzo aiuta a riflettere su uno dei pi interessanti temi del pensiero
pirandelliano: l'incomprensione e l'incomunicabilit umana (da cui poi ci si
ricollega al tema della follia).Il protagonista, Vitangelo Moscarda, entra in crisi
quando gli viene fatto notare dalla moglie di avere il naso diverso da come lui
se lo vedeva:questa banale constatazione lo porter gradualmente alla
pazzia.Questo romanzo mette in evidenza quindi la diversit che esiste tra
come noi ci vediamo e come gli altri ci vedono,non solo esteriormente ma
anche interiormente. Ciascuno non uno,ma centomila, tante quante sono le
immagini che gli altri si fanno di lui.Il dramma della pazzia gi presente nel
primo capitolo dei libro; naturalmente al termine pazzia non s d il significato
corrente di patologia grave della psiche ma quello pirandelliano pi congruo
di spazio vuoto, squarcio improvviso nella coscienza, istantaneo ed insperato
coincidere di essere ed esistere. Pazzo infatti chi, allo specchio, si scopra
ad esistere in maniera diversa da quella in cui credeva;e comunque chi, con
la reduplicazione speculare dell'immagine, come Vitangelo M.,avvia un
generale processo d scomposizione dell io, della propria personalit. Gi,
perch la storia narrata in "Uno nessuno e centomila" proprio quella di una
progressiva "scomposizione dell'io, una certa demistificazione della falsa
unitariet della coscienza, per cui il protagonista si accorge, di fronte allo
specchio, di non essere quell'uno -uguale ed inseparabile- che credeva di
essere per s e per la moglie. L'impossibilit di conoscersi appieno -se non a
patto di osservarsi quasi dall'esterno, e, dunque, uscendo da s per cui
diventa impossibile vivere e vedersi contemporaneamente-, ingabbia subito
Tutto il primo capitolo infatti giocato sulla variazione dell'unico, ossessivo
tema dello sdoppiamento davanti allo specchio. Il confronto con lo specchio,
dunque, non affatto un veicolo per il riconoscimento d s; Tuttaltro! Lo
specchio deforma" l'immagine, ne scopre l'assoluta relativit e spinge al folle
gioco della scomposizione: in ogni specchio si rifrange una delle tante
possibili immagini di un io che, frantumato nelle sue varie sfaccettature,
impedisce la ricomposizione di un'unica identit. Il dramma a questo punto si
complica: Moscarda non solo scopre di essere uno, ma centomila, e dunque
nessuno. Quindi, l'esperienza allo specchio gli conferma la sua ipotesi (cio
di non credere di essere ci che un tempo pensava di essere); anzi,gli rivela
come non possa vedersi vivere, e come sia condannato a restare estraneo a
se stesso, conoscibile solo dagli altri. Si vede d fronte un corpo vuoto perch
chiunque avrebbe potuto appropriarsene e dargli una realt a modo suo, una
delle centomila possibili realt. Lidea gli risulta quasi inaccettabile. Cos si
propone di mettere a nudo le sue tante identit, che i conoscenti gli
attribuivano, nella speranza d distruggerle. Nelle sue scoperte,rilevante la
presa di coscienza della falsit di un mondo costruito dall'esterno, illusorio, in
cui la conoscenza viene ripudiata perch condannata come relativa.
Vitangelo impara per sua esperienza come il giudizio altrui risulti influenzato
dalla condizione familiare, dal nome di una persona. Cos era capitato a lui,
figlio di un banchiere, considerato da conoscenti un usuraio. E' un'idea
inaccettabile e per cancellarla fa di tutto: decide infatti di donare a un tale,
Marco d Dio la sua casa .... Poi decide di sfrattarlo, e poco dopo, tra gli
insulti della folla, decide di donargli una casa pi accogliente ed una cospicua
somma d denaro. Per la folla, invece di cambiare idea sul suo conto gli d
del pazzo. Venuto a conoscenza dell'inganno che stavano progettando i suoi
due soci (Firbo e Quantorzo volevano infatti denunciarlo come malato di
mente) decide quindi di recarsi da un vescovo di Richieri e finge di voler
cedere la banca per motivi di coscienza: ne riceve invece il consiglio di
rivolgersi a don Antonio Sclepis, direttore dei collegio degli abati. Alla fine M.
si ritira nell'ospizio che lui stesso aveva fatto costruire. Tutto sommato non
mostra rimpianti: ha raggiunto il suo obiettivo, ha saputo annullare la realt
che gli altri gli avevano dato e vivere una nuova vita. Ma il prezzo della
battaglia che ha combattuto contro gli altri altissimo: la totale decostruzione
della propria immagine viene pagata con una totale solitudine interiore con
l'interdizione e l'emarginazione. Spogliato di tutto, dei beni, del nome, dello
statuto anagrafico, di un ruolo sociale. Vitangelo resta solo, solo con la
pazzia, che il marchio con cui gli altri continuano a difendersi da chi li
minaccia nelle loro certezze,nella loro ottusa ostinazione a credersi "veri"
(non vero che i pazzi sono quelli che lo sembrano,ma lo sono di pi quelli
che sembrano normali).
Gi nel primo capitolo presente tutto il nucleo di considerazioni che ili
protagonista narrante, attraverso intenzionali gesti di follia, variazioni,
svilupper lungo tutto il romanzo. Se c infatti una caratteristica di questo
romanzo, la quasi assoluta mancanza d azioni.....tutto ci che avviene
mentale, il processo contrario al romanzo di formazione ... il romanzo della
"deformazione", della scomposizione fino ad approdare al risultato finale di
affacciarsi sugli abissi della coscienza e scoprire l'assoluta mendacia di tutto.
Che poi il significato della pazzia pirandelliana












La coscienza di Zeno

Il protagonista del libro Zeno Cosini, un ricco commerciante triestino che
vive di malavoglia con i proventi di un'azienda commerciale, per volere del
padre. Arrivato all'et di 57 anni, Zeno decide di intraprendere una terapia
psicoanalitica per liberarsi da vari problemi e complessi che lo affliggono, per
uscire dal vizio del fumo e dalla "malattia" che lo tormenta. Lo psicanalista,
chiamato nel libro Dottor S., gli consiglia di scrivere un diario sulla sua vita,
ripercorrendone gli episodi salienti. Attraverso essi si disegna la figura di un
uomo inetto alla vita, "malato" di una malattia morale che spegne ogni
impulso all'azione e qualsiasi slancio vitale o ideale. Zeno Cosini un uomo
che vive in un'indifferenza totale: invece di vivere la sua vita, quest'ultima
che lo travolge decidendo per lui il destino. Tipica in questo senso la storia
del suo matrimonio; la sua vita fatta di decisioni prese e mai mantenute di
cui sono simbolo le tante "ultime" sigarette fumate: ogni volta egli si propone
di mettere fine al suo vizio ma trova sempre la scusa per fumare un'ulteriore
ultima sigaretta. Il capitolo, intitolato "la morte di mio padre" l'analisi di un
difficile rapporto, fatto spesso di silenzi e malintesi, fino all'ultimo,
quellestremo colloquio, quando in punto di morte il padre, avendo male
interpretato un gesto del figlio, lo colpisce con uno schiaffo; un equivoco che
pone un doloroso sigillo alla vicenda. Zeno passa poi a narrare la storia del
suo matrimonio e di come, innamoratosi di una delle tre sorelle Malfenti, Ada,
si trovi poi, passivamente, a sposare quella meno desiderata, Augusta. A
quest'ultima Zeno rimane comunque legato da un tiepido ma sincero affetto,
installandosi nella comodit e nella sicurezza regolata dalla vita familiare.
Questo non gli impedisce di trovarsi un'amante: un'avventura insignificante
con una certa Carla, che in seguito lo abbandoner per sposare un maestro
di musica che Zeno stesso le aveva presentato. Di Augusta sappiamo solo
ci che Zeno ci ha voluto comunicare. Ad esempio la prima descrizione fisica
di Augusta risente moltissimo della situazione psicologica in cui si trova Zeno
quando la vede per la prima volta, da lui immaginata bellissima e deluso
rispetto ai suoi sogni. In seguito la bruttezza di Augusta viene ridimensionata
in quanto Zeno capisce che quella donna che aveva sposato quasi per
dispetto, dopo essere stato rifiutato dalle due sorelle molto pi affascinanti
sarebbe stata l'unica possibile compagna della sua vita. La presenza di
Augusta si intuisce dietro tutti i momenti della vita di Zeno. Gi dalla sua
prima apparizione, Augusta la guida per il recupero della salute del marito;
infatti lei che fa rinchiudere Zeno in una casa di cura, per farlo guarire dal
vizio del fumo. La saggezza di Augusta viene per via via ridimensionata da
successivi giudizi che Zeno d su di lei, fino a sembrare un miscuglio di
egoismo e di superficialit molto simili ad una malattia morale. Comunque la
vita di Augusta si svolge completamente all'ombra di Zeno: ogni suo gesto
serve a rendere pi dolce il "nido" dove i due trascorrono la loro vita in
comune. Invece nel romanzo Ada svolge il ruolo di antagonista di Zeno; infatti
l'unico personaggio che si oppone ai suoi piani. Raccontando il suo primo
incontro con Ada, Zeno sottolinea lo strano rapporto che subito si crea con
quella donna, prima ancora di conoscerla. Mentre Augusta accetta Zeno cos
com', Ada lo rifiuta perch lo sente molto diverso da s e incapace di
cambiare. Zeno colpito soprattutto dalla bellezza della donna che non
soltanto esteriore ma anche interiore. Proprio quella bellezza sembra a Zeno
una garanzia per il recupero della salute.Carla, la terza donna che entra nella
sua vita, dopo Ada ed Augusta, compare nel romanzo in modo del tutto
casuale. Di lei vengono date subito due informazioni: "una povera
fanciulla", orfana di padre e mantenuta dalla carit pubblica, ed "bellissima".
La figura di Carla non isolata ma collegata ad un'altra donna, Augusta, con
la quale messa spesso a confronto. Nonostante Zeno voglia considerare la
sua relazione con Carla una semplice "avventura" per "salvarsi dal tedio"
della sua vita coniugale, Carla stringe con Zeno una relazione forte. Ben
presto il desiderio fisico si trasforma in una vera passione, anche se Zeno si
accorger di questa passione troppo tardi; alla descrizione fisica di Carla
dedicata molta attenzione. Innanzitutto viene descritto il povero appartamento
della vecchia madre. In confronto a tanto squallore la fresca bellezza di Carla
viene messa ancora pi in luce. Al momento dell'addio Carla non pi la
ragazza insicura e desiderosa di protezione di una volta, ma una donna
energica e dignitosa. Ma nel cuore di Zeno non rimarr tanto quest'immagine
di Carla quanto quella di "Carla, la dolce, la buona", da rimpiangere con
"lacrime amarissime". La "storia di un'associazione commerciale" la
narrazione dei rapporti tra il protagonista e Guido Speier, divenuto suo
cognato. Guido il rivale di Zeno nell'amore per Ada. Egli ha tutte quelle doti
di cui invece Zeno privo: la bellezza e l'eleganza della persona, la
scioltezza nel parlare un buon italiano, l'eccellente esecuzione musicale
come violinista. Tutte queste qualit unite alla giovinezza e alla ricchezza,
fanno di Guido una persona vincente. Invece agli occhi di Zeno, le vere
caratteristiche di Guido sono la mancanza di intelligenza, la meschinit e la
vanit. Dopo un periodo di reciproca diffidenza, causata anche dalla gelosia
di Zeno perch Guido gli ha sottratto Ada, i due diventano amici; l'azienda
che costruiscono ben presto va in completa rovina, a causa
dell'inadeguatezza e la disattenzione dell'uno e la neghittosit, l'incertezza
del secondo; Guido finge un suicido per salvare l'onore e ottenere un ulteriore
prestito dalla famiglia della moglie: purtroppo sbaglia le dosi del sonnifero e
per errore, muore davvero. Occupandosi dell'azienda e dei debiti del defunto
cognato, Zeno si avvicina nuovamente ad Ada, e fra loro sembra rinascere
qualche sentimento: ma solo gioco della memoria, che ancora una volta
non raggiunge la realt. Nelle ultime pagine il protagonista dichiara di voler
abbandonare la terapia psicoanalitica, fonte di nuove malattie dell'animo
(infatti nella finzione del romanzo lo psicoanalista che pubblica questo
diario, per vendicarsi del suo deluso paziente) incapace di restituire all'uomo
la salute, che un bene che questo non potr mai raggiungere.

















Canto 1 paradiso

Anche in Dante possiamo trovare un confronto tra razionalit e
irrazionalit.Basti ricordare la prima cantica dantesca cio linferno in cui
luomo perde ogni cosa compreso la ragione e inizia a comportarsi come un
animale e man mano che Dante compie il viaggio verso il basso pi i peccati
si fanno gravi e luomo si trasforma e si spegne definitivamente quella
particella divina che in ognuno di noi un classico esempio di
follia,irrazionalit quella del Conte Ugolino nel XXXIII canto dellinferno.Man
mano che dante compie il viaggio luomo inizia a recuperare sempre di pi la
razionalit fino ad arrivare alla terza cantica:il Paradiso.In questa cantica
viene preso come aiuto non solo lingegno e la razionalit umana ma anche il
logos divino cio quello di apollo ecco perch ho deciso di presentare il 1
canto del paradiso di Dante ove il poeta parla del dio della razionalit che lo
deve aiutare per capire il funzionamento del paradiso.

La gloria di colui che tutto move
per luniverso penetra, e risplende
in una parte pi e meno altrove. 3
Nel ciel che pi de la sua luce prende
fu io, e vidi cose che ridire
n sa n pu chi di l s discende; 6
perch appressando s al suo disire,
nostro intelletto si profonda tanto,
che dietro la memoria non pu ire. 9
Veramente quantio del regno santo
ne la mia mente potei far tesoro,
sar ora materia del mio canto. 12
O buono Appollo, a lultimo lavoro
fammi del tuo valor s fatto vaso,
come dimandi a dar lamato alloro. 15
Infino a qui lun giogo di Parnaso
assai mi fu; ma or con amendue
m uopo intrar ne laringo rimaso. 18
Entra nel petto mio, e spira tue
s come quando Marsa traesti
de la vagina de le membra sue. 21
O divina virt, se mi ti presti
tanto che lombra del beato regno
segnata nel mio capo io manifesti, 24
vedra mi al pi del tuo diletto legno
venire, e coronarmi de le foglie
che la materia e tu mi farai degno. 27
S rade volte, padre, se ne coglie
per trunfare o cesare o poeta,
colpa e vergogna de lumane voglie, 30
che parturir letizia in su la lieta
delfica det dovria la fronda
peneia, quando alcun di s asseta. 33
Poca favilla gran fiamma seconda:
forse di retro a me con miglior voci
si pregher perch Cirra risponda. 36


















Hitler e Stalin:I folli della storia

Comunismo e nazismo: che cosa li accomuna, che cosa li distingue. Per anni
decine di politologi, psicologi, filosofi, politici, editorialisti, propagandisti,
psicanalisti, sociologi, e in qualche caso anche storici, hanno battuto e
ribattuto su questo tasto. Il risultato l'idea che i due regimi abbiano fatto
parte di un'unica famiglia diventata un elemento di quel comune sapere che
verrebbe a noi, al di fuori di ogni verifica critica, come uno degli elementi
costitutivi del pensiero unico che starebbe nascendo dopo la morte delle
ideologie. Ma davvero cos? Uno dei pi noti sovietologi, Moshe Lewin, e
uno dei maggiori studiosi del nazismo, Ian Kershaw, hanno pensato bene di
riunire nella stessa sala a Filadelfia, un gruppo di studiosi delle vicende
tedesche e russe per avviare un esame comparato dei due movimenti. Il
volume ora pubblicato dagli Editori riuniti uno dei risultati di quel convegno
e anche delle riflessioni successive: Stalinismo e nazismo. Dittature a
confronto (pagine 476, Euro 22). Perch i promotori dell' incontro di Filadelfia
non hanno semplicemente raccolto un gruppo di relazioni ma, chiedendo ai
loro colleghi aggiornamenti e verifiche dei testi e in qualche caso scritti del
tutto nuovi, ci hanno messo a disposizione un vero libro di storia articolato in
capitoli che si succedono con coerenza, malgrado diversit di approcci e
giudizi. Nel passaggio dal convegno al libro un mutamento significativo
intervenuto nella definizione dello stesso tema della ricerca. Il confronto che
inizialmente riguardava le similarit e le differenze dello sviluppo della Russia
e della Germania nel corso del XX secolo, diventato ora, pi
semplicemente, analisi comparata del nazismo e dello stalinismo, e non
dunque del comunismo. E questo anche perch il comunismo- e ne hanno
convenuto i curatori - non identificabile sic et simpliciter con lo stalinismo. A
differenza di quel che avvenuto nella Germania con Hitler infatti nell'Urss di
Stalin v' stato un prima (Lenin) e un dopo (da Chruscev a Gorbaciov) e
nasce da qui una prima differenziazione fra i due sistemi. Che presentano
per analogie in grande numero. Quelle pi impressionanti, e pi note,
riguardano l'atteggiamento verso i principi democratici e il campo della
politica repressiva. Si pensi alle purghe di Stalin dei primi anni 30 per liberare
il campo degli avversari interni e alla notte dei lunghi coltelli che permise a
Hitler nel 1934 di liquidare i vertici delle S.A. E ancora si pensi alla guerra
contro i contadini e poi alla politica del terrore con l'estendersi dellarcipelago
Gulag da una parte, e dall'altra ai lager nazisti e all'Olocausto. Altre analogie
riguardano i metodi e le politiche di direzione e di controllo di Hitler e di Stalin.
Per non parlare dei punti di contatto fra l'Urss di Stalin e la Germania di Hitler
che giunsero a sottoscrivere nel 1939 non soltanto un patto di non
aggressione con annessi accordi segreti, ma un vero e proprio trattato di
amicizia. Coloro che maggiormente hanno messo in rilievo l'esistenza di
analogie fra nazismo e stalinismo sono stati i sostenitori del concetto di
totalitarismo . Quel che si ricava dal libro qui esaminato per che nella
realt i due regimi sono stati pi diversi che simili (Kershaw). E questo anche
nei campi nei quali le similitudini sembrano prevalenti. Come stato detto,
mettere a confronto le cifre sulle vittime dello stalinismo inevitabile: sta in
primo luogo in quelle cifre tremende la tragedia del secolo corso. Questo non
pu spingere per a ignorare l'unicit dell'Olocausto e la sua totale aderenza
- a differenza del grande terrore stalinista nel suo rapporto con l'ideologia del
socialismo - ai principi di base e al programma politico del nazismo. E ancora:
si prenda ad esempio il caso del formarsi nei due paesi del culto della
persona. Nel caso di Hitler, e cio della costruzione di un regime che si
identificava col suo fondatore e non conosceva strutture di governo diverse
da quelle della direzione personale, il culto ubbidiva alla logica di costruzione
di uno Stato sin al primo momento hitleriano. (H. Mommsen spiega bene
come e perch il partito nazista non abbia avuto alla sua testa qualcosa di
simile al Comitato centrale del partito comunista sovietico o al Gran Consiglio
del fascismo italiano). Diverso il caso di Stalin, che, uomo dell'apparato,
basso di statura, taciturno, privo di talento oratorio, e dunque uno dei
candidati meno adatti al ruolo di eroe carismatico(Suny), tuttavia pervenuto
a concentrare nelle proprie mani un potere tanto grande, anche perch riusc
a mettere in piedi una straordinaria macchina per il culto della sua persona.
Una macchina dunque non indispensabile, come quella di Hitler, per la tenuta
del sistema, ma anzi di fatto controrivoluzionaria (Stalin becchino della
rivoluzione, ha scritto Lewin facendo proprio il giudizio di Trocki) perch
rappresent l'elemento decisivo della trasformazione di quello che stato
uno dei governi pi democratici (quello pluripartitico uscito dalla rivoluzione
d'Ottobre) nella dittatura di un solo partito, anzi di un solo uomo (R. G. Suny).
Alla base della creazione del mito di Stalin v'era - questa l'opinione di Lewin -
un bisogno di legittimazione, di una sorta di alibi per i comportamenti tenuti
nel passato, e insieme la situazione contradditoria che si stava sviluppando
fra il potere personale e la burocrazia. All'interno di una societ nella quale a
met degli anni 30, stava nascendo -con gli stachanovisti muniti di biciclette
e orologi da polso e i nuovi direttori di fabbrica- la classe media sovietica. Di
fatto soltanto dopo la morte di Stalin la burocrazia (che Stalin aveva ritenuto
nello stesso tempo indispensabile e inaffidabile) riuscr ad eliminare gli
aspetti pi gravi dello stalinismo, e in qualche modo, emancipandosi in parte
dal partito (bloccando ad esempio le riforme chruscioviane) e sostituendo il
culto di Stalin con il culto dello Stato, riuscir a conquistare il potere. Ma era
una burocrazia, quella dell'assolutismo burocratico, che aveva preso il posto
del dispotismo personale di Stalin, demotivata e corrotta, e dunque
condannata al crollo.Gli scritti del volume che stiamo esaminando ci dicono
insomma che entrando all'interno della storia della Russia e della Germania -
e utilizzando con attenzione e parsimonia i principi dell'unicit del caso russo
(questione dell'arretratezza rispetto all'Occidente) e dell'eccezionalismo
tedesco (G. Steinmetz) - possibile cogliere i limiti dell'approccio basato sulla
categoria del totalitarismo. Altri limiti sarebbero certo venuti alla luce se gli
autori non avessero, almeno a parere di chi scrive, sottovalutato un po'
troppo la diversit delle motivazioni ideologiche che hanno spinto Hitler e
Stalin e, al di l di essi, nazisti e comunisti, a operare. In realt assai precise
e puntuali sono spesso nel libro i riferimenti alle idee che hanno mosso Hitler.
Rispondendo a coloro che hanno presentato il nazismo come una risposta al
comunismo i curatori del libro hanno buon gioco nell'affermare ad esempio
che l'antibolscevismo fu un'aggiunta che and a innestarsi su un preesistente
e virulento credo antisemita. E su un programma politico che prevedeva la
dominazione della razza eletta sull'intera Europa. Minor rilievo ha
l'illustrazione dei condizionamenti provenienti dall'ideologia socialista che
hanno pesato sulle scelte di Stalin e che ci permettono di dire che se -
nonostante il patto del 1939 e tutto quello che i due regimi avevano in
comune - Hitler ha avviato nel giugno del 1941 quell'operazione Barbarossa
conclusasi nel 1945 con la conquista di Berlino da parte dell'Armata rossa-
ci non accaduto a caso. Una maggiore attenzione al ruolo avuto nella
vicende del XX secolo dalla guerra ideologica avrebbe forse permesso di
dare qualche risposta ad altri problemi ancora. Quelli ad esempio connessi
con l'uso e l'abuso, in troppe analisi dei due sistemi, di una parola:
modernizzazione . Alla quale viene spesso attribuito un valore magico.
Quello, ancora, rappresentato dalla presenza sulla scena di una molteplicit
di fascismi e di comunismi diversi l'uno dall'altro, ma accomunati tutti,
seppure per motivazioni e vie diverse, dalla vocazione all'autodistruzione.




La russia comunista

Nel 1929 Stalin assunse il completo controllo del partito, dando avvio alla
grande svolta, finalizzata alla rapida edificazione delleconomia socialista e
regolata da una pianificazione statale. Fu cos che ebbero inizio
lacollettivizzazione dellagricoltura e lindustrializzazione forzata.
Il programma stalinista era fondato sull'unico strumento che avevano a
propria disposizione i bolscevichi: lo Stato. Il partito mut fisionomia: il
gruppo politico dirigente divenne una classe di amministratori economici.
Lintero sistema di valori fu rivisto, dietro lapparente maschera di una
continuit ideologica.La dittatura tracciata da Lenin si proponeva di ottenere il
consenso di larghi strati sociali, andando a diminuire il divario esistente tra lo
Stato e la societ. La sua dittatura autocratica era basata sullesaltazione
dello Stato e sul pieno schiacciamento della societ.Sebbene esistessero
alcuni elementi di continuit tra il potere di Lenin e Stalin, il cambiamento
rappresent un momento di rottura determinante. Lintervento dello Stato in
ogni settore della vita politico-sociale fu notevolmente agevolato da una
societ debolmente strutturata.La rivoluzione e la guerra civile avevano
indebolito ogni nucleo della societ. Gli anni 30 furono animati da sanguinari
sconvolgimenti sociali. La collettivizzazione e lindustrializzazione forzata
sconvolsero completamente il tessuto sociale preesistente.La Russia si
popol di nomadi e vagabondi, di operai e contadini fuggiti dai villaggi nel
tentativo di trovare condizioni di vita pi sopportabili. La conseguenza fu che,
per far fronte alla crisi sociale, furono ulteriormente rafforzati gli apparati
repressivi dello Stato.Con il ristabilimento del sistema zarista, nel 1932 i
contadini vennero di nuovo legati alla terra e gli operai alle fabbriche, mentre
i campi di concentramento aumentavano a dismisura.Il Partito
Comunista divenne il principale canale di promozione sociale.
La nuova struttura sociale era caratterizzata da una gerarchizzazione
irreprensibile.La cristallizzazione del sistema gerarchico ebbe come
conseguenza il ritorno dei valori tradizionali, destinati a inculcare nelle masse
la disciplina, il conformismo ed il rispetto per lautorit.Il culto di Stalin,
considerato una sorta di dio-padre-padrone onnipotente, si accompagn alla
caccia spietata ai cosiddetti nemici del popolo.La potente polizia
segreta (Nkvd) aveva diritto di vita e di morte su tutti gli abitanti.
In seguito allassassinio del 1934 di Kirov, prestigioso dirigente del partito di
Leningrado, la macchina repressiva si volse contro le elite politiche.Tra il
1936 e il 1938, nei processi di Mosca, cadde anche lArmata Rossa.
Alla fine degli anni 30, Stalin fece distruggere anche lo stesso gruppo
dirigente che aveva patrocinato la grande svolta.



La Germania nazista
Il 30 gennaio 1933, Adolf Hitler venne nominato Cancelliere del Reich.
Nonostante inizialmente si trovasse a capo di un governo di coalizione, si
liber velocemente degli alleati di governo. All'epoca i confini tedeschi erano
ancora quelli stabiliti nel Trattato di Versailles del 1919 tra la Germania e le
Potenze Alleate dopo la fine della prima guerra mondiale; a nord la Germania
era limitata da mare del Nord, mar Baltico eDanimarca; a est era divisa in due
parti e confinava con Lituania, la Citt Libera di
Danzica, Polonia e Cecoslovacchia; a sud confinava con Austria e Svizzera,
mentre a ovest toccava Francia, Lussemburgo, Belgio, Paesi
Bassi, Renania e Saarland. Questi confini cambiarono dopo che la Germania
riprese il controllo di Renania, Saarland e Territorio di Memel e si annesse
l'Austria, iSudeti e la Boemia e Moravia. Durante la seconda guerra
mondiale la Germania si espanse trasformandosi nella Grande Germania,
secondo i principi del Pangermanismo, gi sviluppati nel secolo precedente
ma particolarmente cari a Hitler; tale processo di espansione inizi nel 1938
con l'annessione dell'Austria, ma fu l'occupazione della Polonia che spinse
Regno Unito e Francia alladichiarazione di guerra.
Nel corso della guerra la Germania e le altre Potenze dell'Asse europee
(Italia, Ungheria, Romania e Slovacchia) conquistarono e occuparono la
maggior parte dell'Europa (con l'eccezione delle Isole Britanniche,
della Svizzera, della Svezia, della Penisola iberica e della Turchia europea)
nonch parte della Russia europea. I nazisti perseguitarono e assassinarono
milioni di ebrei e di appartenenti ad altre minoranze etniche mettendo in atto
il genocidio noto come Olocausto; questo procedimento di pulizia etnica era
da essi denominato con l'ambiguo termine di "soluzione finale"
(Endlsung in tedesco). Inoltre furono perseguitati o uccisi diversi esponenti
antinazisti (perlopi socialisti e comunisti) eseguendo condanne a morte con
il Volksgerichtshof (Tribunale del Popolo), nonch Testimoni di
Geova, Rom e Sinti (quest'altro genocidio noto
come Porajmos), omosessuali tramite il Paragrafo 175 del codice penale
tedesco e inoltre persone con problemi mentali e genetici tramite il
programma Aktion T4.Tra il 1943 e il 1945 la Germania sub una continua
serie di pesanti sconfitte da parte degli Alleati.





















Il surrealismo:Salvator Dal
Salvador Dal (1904-1989) nacque a Figueras, in Catalogna, nel 1904. A
Madrid frequent lAccademia di Belle Arti ma nel 1926 ne fu espulso per
indegnit. Lanno successivo si rec a Parigi dove venne a contatto con il
vivace ambiente intellettuale della capitale francese. Qui conobbe Pablo
Picasso, Juan Mir, Andr Breton e il poeta Paul Eluard. il momento di
maggior vitalit del movimento surrealista e Dal ne venne immediatamente
coinvolto. Egli infatti vide nelle teorie del movimento la possibilit di far
emergere la sua dirompente immaginazione. Rotti i freni inibitori della
coscienza razionale, la sua arte portava in superficie tutte le pulsioni e i
desideri inconsci, dando loro limmagine di allucinazioni iperrealistiche. In Dal
non esiste limite o senso della misura, cos che la sua sfrenata fantasia, unita
ad un virtuosismo tecnico notevole, ne fecero il pi intenso ed eccessivo dei
surrealisti al punto che nel 1934 fu espulso dal gruppo dallo stesso Breton.
Ci tuttavia non scalf minimamente la produzione artistica di Dal, il quale,
dopo essersi professato essere lui lunico vero artista surrealista esistente,
intensific notevolmente luniverso delle sue forme "surreali".Il Surrealismo
per Dal era loccasione per far emergere il suo inconscio, secondo quel
principio dellautomatismo psichico teorizzato da Breton. E a questo
automatismo psichico Dal diede anche un nome preciso: metodo paranoico-
critico.La paranoia, secondo la descrizione che ne d lartista stesso, : una
malattia mentale cronica, la cui sintomatologia pi caratteristica consiste nelle
delusioni sistematiche, con o senza allucinazioni dei sensi. Le delusioni
possono prendere la forma di mania di persecuzione o di grandezza o di
ambizione.Dunque le immagini che lartista cerca di fissare sulla tela
nascono dal torbido agitarsi del suo inconscio (la paranoia) e riescono a
prendere forma solo grazie alla razionalizzazione del delirio (momento
critico).Da questo suo metodo nacquero immagini di straordinaria fantasia,
tese a stupire e meravigliare grazie alla grande artificiosit della loro
concezione e realizzazione. La tecnica di Dal si rif esplicitamente alla
pittura del Rinascimento italiano, ma da esso prende solo il nitore del disegno
e dei cromatismi, non la misura e lequilibrio formale. Nei suoi quadri
prevalgono effetti illusionistici e complessit di meccanismi che rimandano
inevitabilmente alla magniloquenza ed esuberanza del barocco iberico.







La persistenza della memoria una famosa opera realizzata da Salvador
Dal nel 1931. Si tratta di un dipinto ad olio di 24 cm per 33 cm, acquistato
dal Museum of Modern Art di New York nel 1932. E probabilmente uno dei
quadri pi famosi del pittore catalano. La genesi del dipinto stata raccontata
dallo stesso Dal nel suo libro autobiografico Diario di un genio; il pittore si
trovava a casa e dopo aver cenato decise di non andare al cinema con Gala
e alcuni amici ma di ritirarsi prima del solito. Siccome fra le pietanze della
cena cera un formaggio Camembert, Dal si mise a riflettere sul problema
filosofico della mollezza del formaggio. Non dato sapere quali furono i
ragionamenti che scaturirono da quella ispirazione sta di fatto che dopo un
po Dal si alz e and nel suo studio. L si mise a guardare una tela in cui
aveva dipinto un paesaggio di Port Lligat e dimprovviso gli vennero in mente
due orologi molli, uno dei quali era appeso ad un ulivo. Dipinse il quadro in
due ore. La luce illumina frontalmente il quadro creando lunghe ombre che si
sviluppano dagli oggetti. Lambientazione surreale, fuori dal tempo e dallo
spazio. Il surrealismo di cui Dal fu uno dei massimi rappresentati voleva
distorcere tutti i canoni tradizionali e in questo senso il quadro cerca di
rappresentare unaltra dimensione.Gli stessi orologi, protagonisti dellopera,
simboleggiano, anche grazie alluso di colori caldi e freddi in contrasto fra
loro, una condizione fuori dal tempo e dallo spazio in cui la misurazione
temporale della natura e delluomo si dilatano, coincidendo con la memoria
umana: melmosa e parziale che sfugge a qualsiasi tentativo di contenerla.
La rappresentazione del quadro nasce dallinconscio e dallo stato di sogno,
rappresentato dalla creatura distesa a terra e che potrebbe essere la
deformazione fisica dellartista. Lidea sarebbe quella di sottolineare come la
realt in sogno o in stato di veglia sfugga sia nella definizione oggettiva del
tempo che passa sia nella definizione fisica dello spazio. Inoltre il tempo
rappresentato dai quattro orologi non un parametro affidabile ma segue la
percezione e linterpretazione che nasce dallinconscio e che ne accelera o
rallenta il movimento.

















Gericault
Per quanto riguarda storia dellarte Gericault rappresenta bene lalienazione
delluomo intesa come malattia psichica. Quando lui si trasfer a Londra per
alcuni mesi,fu attratto soprattutto dai bassifondi, dallemarginazione, dal lato
meno esaltante della metropoli moderna, quello che nessuno, nelleuforia per
il progresso industriale, voleva ancora vedere e rappresentare. Tra i dipinti
degli ultimi anni una serie di tele rappresenta bene il carattere oscuro di
Gericault, ma anche il suo interesse per la realt contemporanea e la sua
adesione alle idee liberali e innovative. Stimolato dalle ricerche di un amico
psichiatra, impegnato a dimostrare che la follia una malattia, non una colpa
da punire in quei luoghi di orrore che erano i manicomi dellepoca, Gericault
dipinse alcuni ritratti di uomini e donne affetti da alterazioni psichiche, da
monomanie, cio ossessioni che coinvolgono un unico aspetto del
comportamento: il furto, il gioco dazzardo, la pedofilia, linvidia.Sono una
denuncia contro lemarginazione:i volti hanno lespressione cos reale e
precisa da poter fare la diagnosi.Era come mettere in crisi lantitesi
tradizionale tra ragione e follia, perch questi personaggi sono folli solo per
un aspetto, e ragionevoli per tutto ci che esula da quellaspetto. Lartista
esplora gli abissi della malattia senza morbosit. Coglie i sintomi del delirio
negli sguardi, nellabbigliamento, ma il suo pennello rivela simpatia e
partecipazione: non abbiamo di fronte mostri, ma esseri umani la cui ragione
vigile solo in parte. Il confine tra verit ed errore, tra salute mentale e follia
molto labile, sembra dirci lartista, preannunciando un tema fondamentale
della cultura moderna. I famosi ritratti di alienati di Gericault rappresentano
ancora oggi un mistero. Innanzi tutto, sembra che Gericault ne abbia dipinti
dieci, ma se ne conoscono soltanto cinque. Gli altri sono dispersi. Inoltre,
manca una datazione precisa, perch molto difficile stabilire con certezza
se Gericault ha concepito i suoi ritratti di alienati prima o dopo la sua partenza
per Londra. Quando l'alienista Georget lo presenta al celebre medico e
scienziato Esquirol, Gericault, dopo l'insuccesso della Medusa, si trova tra i
pionieri della psichiatria moderna. Si ignora cosa abbia spinto l'artista a
dipingere questi esempi di umanit sofferente. Forse Georget, che stava
conducendo importanti ricerche, gli ha proposto di illustrare i suoi libri? I
quadri servivano allo psichiatra per le sue lezioni di patologia? Doveva
decorare lo studio del dottore? O un metodo terapeutico sperimentato su di
lui? Quale sia la ragione, Gericault vi si dedicato con molta attenzione e
impegno, visibile una volont di procedere a un lavoro clinico che ha
qualcosa di sistematico, come una ricerca scientifica. Nei Ritratti di alienati
Gricault conduce, attraverso la pittura, un'indagine scientifica sulla follia.
Attraverso la pittura studia a fondo l'individuo e la sua profondit mediante
una visione rigorosa e quasi spietata della realt che ricorda gli studi di
Leonardo sulla fisiognomica e i"moti dell'animo". Alla comprensione del
mondo interiore, misterioso e irrazionale, si affianca il tema dell'infelicit e
sofferenza umana, e della condizione sociale. E' una denuncia contro
l'emarginazione dei malati mentali contro la quale si battevano anche
scienziati come appunto, Georget ed Esquirol, che per primi considerano
questi malati come esseri umani bisognosi di cure. Il forte realismo rende
particolarmente espressivi ed inquietanti questi ritratti. Gli "alienati" sono visti
come personaggi misteriosi, che incuriosiscono, colpiscono per le facce e le
espressioni intense, cos caratteristiche e molto particolari, ma allo stesso
tempo, profondamente umane. Dal punto di vista dello stile e della
dimensione tragica offrono molti punti di contatto con la Zattera della Medusa.















Per quanto concerne la fisica ho deciso di trattare della prima e seconda
legge di ohm poich lelettricit nei primi momenti dello studio della mente
umana era utilizzata per trattare alcune patologie mentali come la
schizofrenia, la depressione grave alcune manie ossessivo-compulsive.
Anche se chiamata legge, quella di Ohm non una vera e propria legge
fondamentale (al pari, ad esempio, di quella di Newton o dei famosi principi
della termodinamica); si tratta piuttosto di una generalizzazione di formule pi
complesse. Proprio per questo una delle pi utili poich applicabile ad un
grandissimo numero di materiali, soprattutto i metalli. Vediamo allora la
spiegazione delle due leggi di Ohm e le sue immediate applicazioni.
Specifichiamo subito che la prima legge di Ohm molto particolare in quanto
valida solo per i materiali Ohmici: essi sono definiti proprio come i materiali
che obbediscono alla legge di Ohm, quindi si nota subito che il rapporto
strettamente vicendevole. La prima legge ci dice che si definisce Resistenza
Elettrica il rapporto tra voltaggio applicato e intensit di corrente. In termini
pratici significa che, a parit di voltaggio, all'interno di un circuito con un'alta
Resistenza si ottiene una corrente piccola, minore di quella ottenuta in un
circuito a Resistenza inferiore. Volendola trascrivere matematicamente, la
prima legge di Ohm recita che R = V / I. Esplicitando la I, cio la corrente
elettrica, dipende dal rapporto tra voltaggio e Resistenza: I = V / R; perci
intuitivo che, in un circuito di base (ad esempio con la classica lampadina),
con un resistore a Resistenza minore la lampadina si illuminer di luce pi
intensa. A tal proposito bene ricordare che ci sono alcuni fattori che
influenzano la Resistenza: il tipo di materiale, la sua lunghezza, la superficie
della sezione e la temperatura; quando si analizza la Resistenza bisogna
sempre tenerli in considerazione, poich essa direttamente proporzionale
alla lunghezza e inversamente proporzionale alla sezione trasversale del
conduttore. La seconda legge di Ohm ci parla della Resistivit, una propriet
dei materiali stessi, fissa per ogni materiale. Essa funge da costante di
proporzionalit nella relazione tra la Resistenza e lunghezza oppure sezione
del conduttore. Matematicamente, la relazione rappresentata da: R = Ro
L / S. Ro il simbolo che indica la resistivit, mentre L la lunghezza e S
la sezione. Allo stesso modo otterremo anche che Ro = R S / L. In via
pratica, se conosciamo la resistivit di un materiale (naturalmente un
gran numero di materiali ha resistivit nota), saremo in grado, tramite
l'equazione indicata, di calcolare la Resistenza di un resistore di quel
materiale.










































Luniverso tolemaico-aristotelico

luniverso tolemaico aristotelico stato per secoli il fulcro della scienza
tuttavia tale modello stato creato a causa di strumenti inadeguati e
soprattutto a causa della mente umana troppo poco razionale solo nel 500
grazie a grandi scienziati come Copernico e Galilei si riusciti a capire il vero
funzionamento del sistema solare. Il problema della creazione di una teoria
planetaria che spiegasse i moti celesti, accompagn il periodo ellenico ed
ellenistico della storia dell'uomo con alcune sostanziali convinzioni (a parte
alcune tesi eliocentriche tra le quali quelle di Eraclide Pontico e di Aristarco di
Samo) che, dunque, fosse la Terra ad occupare il centro dell'universo, che la
forma dello stesso fosse circolare, che anche le orbite dei pianeti fossero
circolari e che anche le irregolarit riscontrate nei moti planetari dovessero
spiegarsi, attraverso combinazioni geometriche opportune, di cerchi di varie
dimensioni. Tolomeo , vissuto approssimativamente ad Alessandria, tra il 100
ed il 170 d. C. dedica tutta la sua esistenza alla scienza astronomica e la sua
fama legata a quella del suo trattato: l' Almagesto .
In questa sua opera, muovendo dai risultati di Ipparco di Nicea (II sec. a. C.)
ampiamente descritti ed elogiati, Tolomeo costruisce, elaborandola anche nei
minuti dettagli, la grande macchina dell'universo geocentrico. Dei tredici libri
di cui si compone l'Almagesto, i primi otto specialmente, sono basati sui
risultati di Ipparco, mentre gli altri cinque sono dedicati alla teoria dei pianeti.
Secondo Tolomeo (vedi tavola 12) attorno alla Terra ruotavano le sfere dei
sette pianeti posti cos nell'ordine: Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte,
Giove, Saturno . Tale disposizione rispettava la tradizione osservativa greca,
che collocava pi vicini, i pianeti dei quali si osservavano spostamenti pi
veloci, rispetto alle stelle dello Zodiaco e che quindi presentavano periodi di
rivoluzione pi brevi Un sistema epiciclo-deferente per Venere. Il deferente
compie un giro all'anno, cosicch se il centro dell'epiciclo si trova ad un certo
istante allineato con la Terra e col centro del Sole rimarr per sempre su
questo allineamento e Venere non apparir mai molto distante dal Sole. Gli
angoli STV' e STV''' sono le angolazioni massime che si possono avere tra
Sole e Venere e la condizione che queste siano di 45^0 determina
completamente le misure relative dell'epiciclo e del deferente. V' la
posizione di massima distanza di Venere dal Sole quando assume gli aspetti
mattutini e V''' la simmetrica posizione rispetto a V' quando Venere assume
gli aspetti serotini.
Per Mercurio e Venere, le cui rivoluzioni erano uguali al periodo di rivoluzione
del Sole (un anno), Tolomeo accett ancora dagli antichi l'opinione che i due
pianeti si trovassero su orbite interne a quella del Sole. Gli sembr verosimile
distinguere i pianeti che potevano allontanarsi dal Sole di un qualsiasi angolo
(pianeti con orbite esterne a quella del Sole), dai pianeti la cui distanza
angolare dal Sole mai superava un certo limite.
Ogni pianeta, il Sole eccettuato, descriveva un epiciclo (cerchio minore) il cui
centro percorreva un deferente (cerchio maggiore) (vedi figura 21) al fine di
giustificare l'irregolarit del moto rispetto allo Zodiaco e le fasi di
retrogradazione.
Il Sole si muoveva su un circolo eccentrico alla Terra (equante), per spiegare
la maggiore velocit del moto dello stesso lungo l'eclittica dall'equinozio
autunnale a quello primaverile, rispetto al moto dall'equinozio primaverile a
quello autunnale. Il Sole si muove su un circolo che ha per centro la Terra (T)
ma a velocit irregolare determinata dalla condizione che l'angolo a vari
uniformemente col tempo.
Per spiegare la connessione delle posizioni di Mercurio e di Venere col Sole, i
centri degli epicicli di questi due pianeti erano mantenuti sempre sulla
congiungente Terra-Sole; pertanto i due pianeti non potevano essere
osservati, dalla Terra, in una direzione formante con la congiungente un
angolo superiore ad un certo valore, dipendente dal raggio del rispettivo
epiciclo: maggiore, quindi, per Venere; minore per Mercurio.
Anche per gli altri pianeti si imponeva la necessit di creare un legame fra i
loro movimenti ed il moto del Sole, al fine di spiegare perch il periodo
epiciclico fosse connesso col periodo annuo, del quale, in realt, era una
riproduzione; a tale scopo i raggi degli epicicli di Marte, Giove e Saturno
descrivevano, ciascuno, il proprio epiciclo in un anno, mantenendosi paralleli
alla congiungente Terra-Sole. Ogni pianeta era condotto, dalla combinazione
del moto del raggio del proprio epiciclo col moto dell'epiciclo sul deferente, a
rioccupare la stessa posizione rispetto al Sole; ossia, ritornava in
congiunzione od opposizione con questo, in un tempo eguale alla rivoluzione
sinodica, mentre i raggi dei deferenti, compivano, ciascuno, una rotazione
completa in una rivoluzione siderea.
In effetti, il modello adottato da Tolomeo prevedeva costruzioni geometriche
ben pi complesse, per dare ragione di irregolarit che, osservazioni pi
accurate, mettono in rilievo; irregolarit che derivavano dall'assunzione
dogmatica della circolarit delle orbite.
Al di l delle sfere planetarie, Tolomeo, come gi Aristotele (IV sec. a. C.),
poneva la sfera delle stelle fisse o firmamento; ma, mentre per Aristotele il
firmamento rappresentava anche il primo mobile, al quale era dovuta la
rotazione diurna di tutto il sistema, per Tolomeo, firmamento e primo mobile
erano separati. La necessit di separare l'ultima sfera, che produceva il moto
diurno, dalla sfera delle stelle fisse, sorgeva dalla scoperta fatta da Ipparco,
del fenomeno della precessione degli equinozi, che veniva spiegata con una
rotazione di tutta la sfera stellata, da occidente ad oriente, intorno ai poli
dell'eclittica. Essendo la sfera delle stelle fisse gi dotata di questo
movimento, il compito di produrre la rotazione diurna intorno ai poli del
mondo, doveva essere assegnato ad un'altra sfera esterna; ed il primo
mobile era, appunto, questa nona sfera che, con rapidissimo moto, trascinava
tutte le sfere sottostanti.










La teoria eliocentrica
Frutto di una mentalit umanistico-rinascimentale, che stata capace di
criticare costruttivamente e porre in discussione le idee filosofiche,
scientifiche e religiose dei pensatori dell'et classica e medievale,
sicuramente quel fenomeno dirompente noto come rivoluzione scientifica,
che ha trovato in Copernico un timido ma eccezionale promotore e in Galilei
un suo formidabile sostenitore. La rivoluzione scientifica, evento di portata
straordinaria, ha determinato un lento ma profondo rinnovamento delle
concezioni scientifico-filisofiche e teologiche e della cultura collettiva europea.
Precursore di tale cambiamento, soprattutto dal punto di vista scientifico-
astronomico, fu il polacco Niccol Copernico (1473-1543), che introdusse una
nuova concezione del sistema cosmologico, passando da quello aristotelico-
tolemaico geocentrico, a quello eliocentrico. Copernico, figura eclettica,
formatosi nei pi rinomati centri culturali europei, tra cui anche Padova, si
accorse che il sistema tolemaico del cosmo non rispecchiava correttamente
l'evoluzione dei moti celesti.
La struttura cosmologica aristotelica-tolemaica, che ben si adattava alle teorie
bibliche sull'ordine del mondo e dell'universo, prevedeva un sistema di sfere
celesti il cui centro era costituito dal globo terrestre, di natura imperfetta e
soggetto a corruzione, attorno al quale ruotavano gli altri corpi celesti di
natura cristallina ed eterea e le stelle fisse con movimento circolare perfetto.
Tuttavia il moto retrogrado dei pianeti (quel movimento apparente di un
pianeta secondo il quale il pianeta stesso sembra fermarsi, tornare indietro
nel cielo e poi riprendere il suo corso ordinario) strideva con la visione di un
movimento circolare perfetto. Gli astronomi dell'antichit tentarono di
conciliare due diverse esigenze, ossia quella di "salvare i fenomeni" e
rispondere nel contempo a tali problematiche, "addobbando" il sistema
aristotelico-tolemaico con alcuni espedienti geometrici quali l'epiciclo, il
deferente e l'equante, senza per riuscire ad adattare il loro modello
cosmologico a quanto effettivamente si vedeva in cielo.
Copernico avanz un'idea nuova e innovativa1 partendo da alcune teorie
greche classiche (le idee di Iceta di Siracusa, di Filolao, di Eraclide Pontico,
di Ecfanto e di Aristarco di Samo): in seguito a precisi calcoli matematici pose
al centro del modello cosmologico il Sole e spost la Terra ruotante (con
moto di rotazione e rivoluzione) nella sfera del V cielo Lo scienziato polacco,
ben conscio dello scalpore e dello sgomento che le sue tesi avrebbero potuto
suscitare e fedele alla sua indole di"rivoluzionario prudente", come lo ha
definito il professor William Shea, acconsent alla pubblicazione delle sue
teorie, espresse nel "De Revolutionibus" (1543), solo in punto di morte. La
stampa del suo manoscritto fu curata dal teologo Andrea Osiander che
premise al testo, senza l'assenso dell'autore, un'introduzione in cui le
posizioni copernicane erano presentate come semplici ipotesi matematiche,
inconsistenti dal punto di vista fisico (interpretazione strumentalistica) per
evitare problemi con la Chiesa2. Nonostante la prudenza e la cautela di
Copernico, le sue tesi innescarono un notevole processo di discussione e di
rivalutazione dell'apparato delle conoscenze scientifiche di stampo classico,
processo che trov il suo pieno sviluppo con Galilei.
Galileo Galilei (1564-1642), avviato dalla famiglia agli studi di medicina,
mostr sin da subito la sua naturale inclinazione per le matematiche e la
fisica. Formatosi presso accademie neo-platoniche e presso amici di famiglia,
ben presto fu chiamato dalla Serenissima per ricoprire la cattedra di
matematica lasciata vacante dal Moletti. Il periodo trascorso a Padova (1592-
1610) fu un dei pi felici dal punto di vista scientifico e gli anni passati nella
nostra citt verranno definiti da Galileo stesso "alli diciotto anni migliori di
tutta la mia et". Difficile dire se Galilei nei primi anni di insegnamento avesse
gi abbracciato le tesi copernicane pi o meno esplicitamente e
pubblicamente3; fatto sta che nel 1604, in occasione della "stella nova"
visibile nella costellazione di Ofiuco, scrisse, assieme al benedettino
Girolamo Spinelli, un dialogo in dialetto pavano, il "Dialogo de Cecco
Ronchitti da Bruzene. In perpuosito de la Stella nova", in cui ironicamente e
scherzosamente critic il malato sistema aristotelico-tolemaico ancora
diffuso.
Galilei raggiunse l'apice della sua carriera di scienziato sperimentatore nel
1609-1610. Nel 1609 il pisano venne a conoscenza dell'esistenza di un
oggetto molto strano che era in grado di avvicinare e ingrandire i corpi
lontani: il cannocchiale. Il merito di Galilei fu quello di considerare questo
"occhiale" uno strumento scientifico vero e proprio e di aver insegnato come
usarlo.
Da via dei Vignali, presso il Santo, il Galilei punt il suo "giocattolo" verso il
cielo e cos si presentarono al suo sguardo le meraviglie della volta siderale.
Il primo oggetto celeste che osserv fu sicuramente la Luna, la cui morfologia
riconobbe come del tutto simile a quella terrestre, con rilievi e distese
chiamate "mari"; tale constatazione contrastava evidentemente con la
tradizionale concezione della materia dei pianeti, ritenuta fino ad allora
cristallina e perfetta. Decisive furono inoltre le osservazioni del pianeta Giove
e la scoperta di quattro satelliti che gli ruotavano attorno, denominati Astri
medicei. La Terra non era pi fulcro di rotazione e centro dell'universo. Il
Galilei cap quindi che, anche la Terra poteva ruotare intorno a un centro di
moto quale il Sole: ebbe cos la prova pratica, data dall'osservazione e dalla
sperimentazione, della teoria copernicana, arrivando cos a sgretolare il
sistema aristotelico-tolemaico, radicato da molti secoli.
Inoltre, fondamentali per lo sviluppo del progresso scientifico, furono le
osservazioni della via Lattea (effettuate sempre da Padova) che "non altro
che una congerie di innumerevoli stelle disseminate a mucchi" e che Galilei
scrut con "incredibili jucunditate animi", di Saturno "tricorporeo", del Sole a
macchie, delle fasi di Venere. Galilei fu inoltre l'ideatore del metodo
sperimentale4 basato sulle "sensate esperienze e necessarie dimostrazioni",
riflettendo cos pienamente lo spirito di critica ai sistemi tradizionali proprio
della rivoluzione scientifica. Come scrisse Ludovico Geymonat "la
matematica gli apparir cio, fin dall'inizio, come un potentissimo strumento
per conoscere la natura, per coglierne i segreti pi intimi, per tradurre i
processi materiali in discorsi precisi, coerenti, rigorosamente verificabili".
La concezione cosmologica eliocentrica ipotizzata da Copernico e avvalorata
dalle "risposte pratiche" di Galilei, scardin completamente una visione del
mondo inveterata e accettata da 1500 anni: Copernico e Galileo tolsero alla
Terra, e di conseguenza anche all'uomo, il primato di centralit e unicit
nell'universo, portando un sostanziale cambiamento nella considerazione
della potenza umana e del concetto di uomo stesso posto al centro del
creato.
Un'altra questione generata dalla rivoluzione scientifica e dal Galilei quella
inerente al rapporto tra scienza e fede. Il nuovo apparato cosmologico
appariva, secondo alcuni, disarmonico, stonato e discordante rispetto al
modello proposto dalla Bibbia. Galileo sosteneva, cosa inaccettabile per la
Chiesa, la totale estraneit della fede all'indagine scientifica e al mondo
sensibile: la scienza spiega come "vadia il cielo", la religione come "si vadia
in cielo". Per il Pisano non potevano esserci dissapori tra scienza e fede,
poich le due discipline si occupavano di ambiti completamente differenti e
non contrastanti.
Le caute teorie di Copernico, le osservazioni pratiche e il nuovo metodo
d'indagine del Galilei, la nascente cultura scientifica generata da una
straordinaria rivoluzione in questi termini, portarono a un radicale
cambiamento nel tessuto connettivo culturale europeo tra XVI e XVII secolo,
mutamenti che hanno indicato e tracciato profondamente la via per la
definizione del mondo e della scienza moderna

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