Sei sulla pagina 1di 13

Sergio Cesaratto Utopia e realismo nella politica economica europea 15 Febbraio 2011 Pubblichiamo contestualmente un commento di Guido Montani

allarticolo E noi faremo come Schroeder di Sergio Cesaratto ed una replica di questultimo. Nel suo contributo Montani sostiene che lEuropa soffra di un grave squilibrio istituzionale, denunziato dai federalisti europei, dove solo il pilastro monetario stato creato. Prefigura in luogo unEuropa pi simile alla Germania, ma non troppo, dove scompaia la la distinzione tra paesi forti e deboli. Allo scopo, propone che un (rafforzato) Parlamento europeo e la Commissione contino su un bilancio almeno pari al 3,5-4,5% del PIL. Per venire incontro alle buone ragioni tedesche volte a sostenere alcuni vincoli di austerit per evitare che la finanza internazionale metta in pericolo lUnione monetaria, e per sostenere col dovuto orgoglio il progetto alternativo, i partiti progressisti dovrebbero farsi portatori di misure serie per la riduzione del debito pubblico. Sebbene, infine, non esistono criteri teorici condivisi per stabilire quando un debito pubblico diventa sostenibile questi criteri esistono nella prassi e sono stati resi espliciti dagli attacchi della speculazione finanziaria a paesi come la Spagna e lIrlanda che pure rispettavano i parametri di Maastricht. Larticolo di Montani esprime un sentire europeista e rigorista diffusi nella sinistra italiana. Pur apprezzando alcuni spunti dellargomentazione in particolare lidea di un pi ampio budget europeo - non nascondiamo un dissenso di fondo nellimpostazione e nei contenuti. a) Per cominciare, la struttura istituzionale Europea non un frutto casuale, ma dellidea che mercati dei beni e del lavoro liberalizzati, accompagnati da una politica monetaria ereditata dalla Bundesbank e dalla rinuncia alla politica fiscale, avrebbero assicurato una crescita non inflazionistica. Come tale modello abbia ben servito il modello economico tedesco e accentuato gli squilibri europei abbiamo gi molte volte spiegato su questa rivista. b) Questa struttura sarebbe idealmente modificabile, sebbene in una maniera pi complessa di quanto delineato da Montani, ci comportando in particolare la rinuncia da parte della Germania di alcuni tratti fondamentali della propria costituzione economica. Il realismo politico nei riguardi della costituzione economica tedesca ci induce a essere pessimisti al riguardo.[1] c) Montani pare invece paradossalmente ottimista sulla Germanizzazione dellEuropa (Di fatto, il governo tedesco sta diventando il governo dellUE. Se in futuro si proceder in questa direzione si costruir unEuropa tedesca), che per rifiuta in quanto non una buona soluzione per i cittadini europei. In verit se le cose fossero cos semplici, tutti i cittadini europei accetterebbero qualche sacrificio per poter assomigliare a quel paese! Sfortunatamente, invece, la realizzazione di comportamenti tedeschi attraverso dosi massicce di deflazione mission impossibile: societ pi efficienti si possono solo realizzare in un contesto di crescita e non di progressivo immiserimento sociale. Inoltre, come acutamente sottolineato, lossessione sul recupero delle competitivit nazionali come soluzione dei problemi delleurozona, condiviso dalla Merkel come dalla Commissione, dimostra che essi tentano di guidare leurozona come se fosse una piccola isola off-shore). d) Montani appare sottoscrivere la tesi che un progetto alternativo comunque comporti il rientro del debito pubblico nei paesi periferici (non ci pare meritevole di discussione lidea ci venga fatto per orgoglio nazionale). Il concetto di sostenibilit arbitrario, come Montani ammette e come sostenuto nellappello degli economisti sulla stabilizzazione del debito

pubblico.[2] La sostenibilit dei debiti pubblici dipende naturalmente dalla politica monetaria adottata. Se questa accomodante nel senso di minimizzare lonere del debito, la sostenibilit assicurata. La BCE ha ampie possibilit di farlo, se i governi Europei volessero (purtroppo sembra ammettersi per le banche quello che considerato anatema per il settore pubblico). [3] Perch dunque imporre sui paesi pi indebitati politiche fiscali deflazionistiche che solo aggraverebbero la situazione nazionale, europea e globale, come sostenuto nella lettera degli economisti?[4] Misure, destinate peraltro allinsuccesso come Montani ammette per il caso Greco. Che fare, dunque? Intanto si devono prendere le distanze dalle utopie federaliste - che trovano peraltro i loro fondamenti economici nelle medesime ideologie del laissez-faire portate a sostegno dellEuropa com - a favore di una visione realistica delle relazioni fra paesi e della complessa relazione fra conflitto distributivo e accordi economici internazionali. Su questa base, la proposta di progetti economici alternativi al disegno esistente strumento di lotta politica purch non si ritenga che la soluzione risieda in quello che definisco idealismo keynesiano (sebbene Montani sembri talvolta lontano persino da questo), basti ricordare che il rifiuto del keynesismo larticolo 1 della costituzione economica tedesca. A fronte di conflitti economici che hanno radici storiche profonde non esistono facili soluzioni, e lunica indicazione quella di fronteggiare tale realt consapevoli degli interessi nazionali. Spinelli no, per favore.

[1] Al riguardo si veda la critica alle posizioni di Carlo Panico, per alcuni versi simili a quelle di Montani, in Cesaratto. [2] Che il debito di alcuni paesi periferici sia sotto attacco pur essendo nei parametri di Maastricht non dimostra nulla: in quei paesi il sistema privato a essere fortemente indebitato, con la possibilit che esso vada a gravare sulle finanze pubbliche. [3] Purtroppo Montani nel suo pi ampio contributo a cui rimanda sottoscrive in pieno lo statuto corrente della BCE definito un solido pilastro, ritenendo che lausterit fiscale sia necessaria per evitare una nuova crisi, una posizione ben in linea con le contrazioni fiscali espansive di Alesina. [4] La lettera datata 15 giugno 2010 era indirizzata al Presidente Napolitano. E sfuggito ai pi che pochi giorni dopo il Presidente ha affermato: Il tema che si sta tuttavia imponendo al centro delle preoccupazioni comuni a larga parte della comunit internazionale insieme con quello del concreto raggiungimento di adeguati obbiettivi di consolidamento dei bilanci pubblici - il tema del contestuale rilancio della crescita economica. I due punti appaiono abbinati in tutte le formulazioni dei pi recenti documenti, innanzitutto dellUnione Europea ; il secondo non pu essere posto trascurando il primo, ma la combinazione risulta controversa e difficile. Essa dipende anche dallapporto che ad una ripresa europea ancora flebile verr dato da qualcuna tra le maggiori economie dellUnione, se non ci si preoccuper troppo del rafforzamento delle finanze e della competitivit del proprio paese ; e dipender, una positiva combinazione tra risanamento finanziario e crescita economica, dagli specifici contenuti della manovra di stabilizzazione in paesi come il nostro.

E noi faremo come Schroeder


Sergio Cesaratto - 01 Febbraio 2011

In un impegnativo discorso in un meeting al Lingotto svoltosi gli scorsi giorni Walter Veltroni affronta anche alcune tematiche economiche su cui pu valere la pena riflettere. Lasse principale della proposta di Veltroni di fare come la Germania, ovvero unAgenda 2020 per lItalia a imitazione di quella del governo Schroeder-Fischer (1998-2002) che ha gettato le basi del successo tedesco sino alla crisi, ma a quanto pare anche dopo. Tale modello, com noto, aveva come base la moderazione salariale e la flessibilit, concertata con le organizzazioni sindacali, nellutilizzo della forza lavoro. Ad esso si accompagnato il sostegno delle attivit di innovazione tecnologica. Tale politica ha consentito il rilancio del modello tedesco basato su disciplina interna, qualit tecnologica e sviluppo delle esportazioni via obbligata questultima data la compressione dei consumi interni. Tale modello, che abbiamo altrove definito ordo-mercantilista, stato in realt favorito dalla contemporanea creazione dellUnione Monetaria Europea (UME). Si deve anzi ritenere che la Germania abbia reagito con perfetto tempismo alloccasione che le veniva servita su un piatto dargento dai suoi concorrenti di rilanciare il modello basato sulle esportazioni che si era appannato in seguito alla riunificazione tedesca.[1] Non v neppure dubbio che tale disposto combinato di un rafforzamento e indebolimento strutturale, rispettivamente, del centro e della periferia europei, sia alla base della crisi corrente di questa regione. Con apparente realismo Veltroni argomenta come entrando nellEuro, lItalia si impegnata a ridurre il debito pubblico ed ha rinunciato per sempre a usare la svalutazione della moneta, per cui una via di rigore e disciplina volta al rilancio della nostra competitivit sembra the only game in town disponibile al nostro paese, fare come la Germania, appunto. Nulla di nuovo nel PD (Ulivo, DS), in realt, dal famigerato meno ai padri pi ai figli di Nicola Rossi. Era ben chiaro alla dirigenza di questo partito che leuro era precisamente volto a importare la disciplina tedesca. La sfida va tuttavia raccolta, non basta criticare. La crisi italiana grave, e naturalmente esasperata da una gestione della politica economica di pura resistenza, per cos dire. Il paese stagna da almeno due decenni, crollato con la crisi, e il cospicuo e persistente disavanzo delle partite correnti ci porter inesorabilmente a entrare fra non molto nel novero dei paesi a forte debito estero. Tale crisi si colloca nel quadro della crisi europea. Esistono tre vie per uscirne: (a) rompere leuro; (b) fare come la Germania; (c) costruire unEuropa keynesiana. Supponiamo di voler evitare il salto nel buio della prima scelta. La seconda strategia, quella di Veltroni, non scevra di velleitarismo. In primo luogo la Germania sar sempre pi brava a fare il proprio gioco, e mentre non v dubbio che moltissimo abbiamo da imparare e imitare da quel paese una societ con un minimo di disciplina e senso del dovere un messaggio molto di sinistra in Italia -, si deve stare attenti a che questo non diventi macelleria sociale, cio un mero gioco al ribasso di diritti e conquiste, soprattutto per gli operai e i pi giovani. Tale strada ha inoltre la natura di ci che gli economisti chiamanodeflazione competitiva, una concorrenza fra paesi basata sulla moderazione salariale, un surrogato delle svalutazioni competitive, un gioco a somma zero.

Componente di questa fosca prospettiva appare linquietante obiettivo di Veltroni di ridurre il rapporto il debito pubblico all80% del Pil (ora circa 120%) entro il 2020 attraverso, soprattutto, un taglio alla crescita della spesa pubblica (e, ma subordine, attraverso una imposizione straordinaria sui grandi patrimoni). Ma alla crescita del Pil a cui dovremmo affidare la riduzione di quel rapporto, e a meno di un improbabile massiccio rilancio delle esportazioni tramite una pesante deflazione salariale, i tagli alla spesa inciderebbero negativamente sul Pil e sulle entrate fiscali aggravando il debito, la fatica di Sisifo che la Grecia sta sperimentando. Serie dosi della terza strategia apparirebbero dunque necessarie. Questa appare, tuttavia, anchessa velleitaria poich ad essa si oppone proprio la Germania che, in quanto economia dominante, dovrebbe fare da locomotiva, un ruolo che essa ha sempre rifiutato come lesivo del proprio modello (che consiste nellandare a rimorchio del keynesismo altrui). Fatto che senza un contesto di crescita europeo che sia lopposto della deflazione competitiva - difficile importare in Italia non tanto il modello Schroeder (lasciamo perdere), ma quanto un insieme vincente di disciplina, diritti e prosperit. Va riconosciuto che la crisi europea ha fatto ingoiare alla Germania misure impensabili sino a un anno fa (la BCE che acquista titoli pubblici per sostenere i titoli pubblici dei paesi in default virtuale; la progressiva europeizzazione del loro debito), sebbene i tempi della politica tedesca continuino ad aggravare la situazione debitoria di quei paesi. Che questi passi in avanti ne anticipino di pi risolutivi, con una Germania la cui Corte Costituzionale ha sancito lincostituzionalit di forme di governo fiscale europee, appare assai dubbio. La battaglia politica in Europa non si fa comunque con la persuasione o peggio la retorica europeista. Bene ha fatto Tremonti ad alzare la voce contro i tedeschi affermando che ci che lEuropa sta cercando di salvare non sono in paesi indebitati bens le banche tedesche creditrici. Allora non ritiene Veltroni necessaria una mozione unitaria del Parlamento perch la BCE non si azzardi ad alzare i tassi a fronte della ripresa dellinflazione? O si pensa di violare lindipendenza della BCE (ovvero il suo ruolo di cane da guardia dei salari tedeschi che anzi devono crescere per riequilibrare la competitivit in Europa?). Le proposte di Veltroni sul debito pubblico sembrano invece dar man forte alla linea dura che i tedeschi vogliono imporre alla periferia Europea (si rinvia a riguardo alla Lettera degli economisti). Vogliamo invece dir loro ya basta e dirlo forte?

La Germania, lItalia e lEuropa


Guido Montani* - 15 Febbraio 2011 Pubblichiamo contestualmente un commento di Guido Montani allarticolo E noi faremo come Schroeder di Sergio Cesaratto ed una replica di questultimo. Larticolo di Sergio Cesaratto E noi faremo come Schroeder solleva importanti problemi per tutte le forze progressiste, non solo in Italia. Cesaratto sostiene che la crisi italiana grave, che va collocata nella pi generale crisi europea e che esistono tre exit strategies alternative: a) rompere leuro; b) fare come la Germania; c) costruire lEuropa.

Della prima strategia Cesaratto non parla. Suppongo che la ritenga errata e, in questo caso, sono daccordo con lui. Per quanto riguarda la seconda e la terza alternativa, non penso che debbano essere messe in contrapposizione, perch in unEuropa unita deve scomparire la distinzione tra paesi forti e deboli. Oggi, non cos. Se volessimo ricostruire le misure adottate dal Consiglio europeo in risposta alla crisi finanziaria che, nel 2008, si estesa allEuropa potremmo dimostrare che le maggiori decisioni sono state prese in un prima fase dal direttorio franco-tedesco e, negli ultimi tempi, praticamente solo dalla Germania. Ora sembra che la Sig.ra Merkel, in cambio dellaiuto tedesco allEFSF, chieda che i paesi dellUE includano il vincolo del bilancio in pareggio nelle loro costituzioni e che anche let pensionabile debba essere portata ovunque a 67 anni, come in Germania. La giustificazione che i cittadini tedeschi non vogliono pagare per i paesi pi spendaccioni, come la Grecia. Di fatto, il governo tedesco sta diventando il governo dellUE. Se in futuro si proceder in questa direzione si costruir unEuropa tedesca. Ma questa non una buona soluzione per i cittadini europei. La deriva intergovernativa dellUE il segno di un grave squilibrio istituzionale che i federalisti europei hanno denunciato sin dal 1992, quando con il Trattato di Maastricht si creata unUnione economica e monetaria zoppicante, perch si sono lasciate nelle mani dei governi nazionali la politica fiscale e la politica estera. E uno squilibrio grave che, di fatto, consente ai paesi grandi, con una buona amministrazione pubblica, come la Germania e la Francia, di reggere la sfida del mercato globale, ma che lascia i paesi minori (i PIIGS: Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia, Spagna), male amministrati o con problemi strutturali, in una situazione di debolezza. I PIIGS non possono godere i vantaggi che deriverebbero loro da un governo europeo con i poteri sufficienti per affrontare le forze politico-economiche della concorrenza mondiale. Se, ad esempio, si considera il problema degli approvvigionamenti energetici si pu facilmente comprendere come i paesi maggiori dellUE riescano a strappare alla Russia e ai paesi petroliferi delle condizioni pi vantaggiose dei paesi piccoli. La concorrenza europea dunque falsata da costi diversi delle materie prime. I paesi piccoli e deboli devono subire la concorrenza non solo del mercato globale ma anche dei paesi forti europei. Ben diversa sarebbe la situazione se un governo europeo contrattasse un prezzo unico coi paesi fornitori. La Commissione europea deve dunque avere il potere di agire sul mercato mondiale a nome dellUE. Al deficit di politica estera corrisponde un deficit di democrazia europea. Nelle politiche in cui sopravvive il diritto di veto nazionale, il Consiglio decide senza che il Parlamento europeo possa contrapporsi alle sue decisioni. Eppure il Parlamento europeo stato eletto sin dal 1979 a suffragio universale. E il legittimo rappresentante dei cittadini europei. Perch la procedura di co-decisione legislativa tra Parlamento e Consiglio, adottata gi nell80% dei casi, non si pu applicare anche ai settori della fiscalit e della politica estera? Perch i partiti presenti nel Parlamento europeo tollerano questa situazione umiliante per la democrazia e per i loro elettori? A che serve lelezione europea? Forse la crisi finanziaria ci offre loccasione se vogliamo sfruttarla per fare un passo decisivo verso unificazione politica dellEuropa. La Germania ha buone ragioni per sostenere che alcuni vincoli di austerit devono oggi essere ripensati per evitare che la finanza internazionale metta in pericolo lUnione monetaria. Ma lausterit non basta. Senza la crescita economica lausterit pu uccidere i pazienti pi deboli, al di l della buona volont dei governi nazionali, come il caso greco sta dimostrando. La Commissione europea ha presentato un Piano di crescita, detto EU 2020 in cui si prevedono investimenti nei settori della ricerca scientifica, delle energie rinnovabili, dellistruzione, delle infrastrutture, della lotta alla povert, ecc. Ma senza risorse finanziarie proprie (oggi il bilancio europeo pari all1% del PIL) come proporre le nozze coi fichi secchi. Questo piano, se affidato alla buona volont dei governi nazionali, finir per fallire, com fallita la Strategia di Lisbona. La

politica economica in particolare la lotta alla povert e alla disoccupazione richiede risorse finanziarie adeguate. Il Parlamento europeo e la Commissione devono poter contare su un bilancio almeno pari al 3,5-4,5% del PIL. E dunque venuto il momento di realizzare lUnione economica a fianco dellUnione monetaria (in proposito, rinvio al mio Piano E). Su questo fronte, lItalia pu svolgere un ruolo cruciale. Nelle trattative europee non deve presentarsi come paese deficitario, ma con lorgoglio di chi ha un serio progetto per costruire una nuova Europa. Questo orgoglio non lo possiede certamente lattuale governo. I partiti progressisti devono proporre un Governo per unItalia europea, il cui programma deve contenere un Piano di crescita europeo (dunque non solo italiano) dentro il quale siano previste anche misure serie da parte dellItalia e di tutti gli altri paese nella medesima condizione (Belgio, Grecia, Irlanda) per la riduzione del debito pubblico. Austerit e crescita non sono incompatibili, se concepite come ununica strategia europea. Il debito pubblico indebolisce lItalia nelle trattative europee e offre alla finanza internazionale il destro per un attacco speculativo: in caso di default o di ristrutturazione del debito anche i piccoli risparmiatori sarebbero colpiti. Il debito pubblico italiano va dunque ridotto sino a raggiungere una zona di tranquillit. E vero che non esistono criteri teorici condivisi per stabilire quando un debito pubblico diventa sostenibile o insostenibile, ma questi criteri esistono nella prassi e sono stati resi espliciti dagli attacchi della speculazione finanziaria a paesi come la Spagna e lIrlanda che pure rispettavano i parametri di Maastricht. Sebbene esistano problemi italiani gravi, i partiti progressisti si devono sin da ora preparare ad affrontare con proposte coraggiose le prossime elezioni europee del 2014. Si deve sfruttare la crisi italiana per cominciare a tessere la tela europea. Il progetto di Unione monetaria stato sostenuto da un ampio fronte di forze produttive e sindacali nella speranza che fosse un passo decisivo verso lUnione politica. Non stato cos. Il Trattato di Maastricht ha tradito queste speranze: solo il pilastro monetario stato creato. Manca il pilastro fiscale ed economico. Oggi le forze che intendono costruire unEuropa dei cittadini, con un governo democratico, dotato dei mezzi necessari per agire sul fronte delleconomia, dellecologia e della politica estera, devono cogliere loccasione per elaborare una exit strategy dalla crisi che coinvolga tutti i partiti progressisti dEuropa. *Professore di Politica economica internazionale nellUniversit di Pavia e vicepresidente dellUnione Europea dei Federalisti.

2 Commenti
1. 16 Febbraio 2011 alle 12:25 pm
riccardo colombo scrive:

Sono pienamente daccordo. Penso che ci sia un problema di ruolo europeo dellItalia in quanto paese, ma ritengo che sia soprattutto necessaria una mobilitazione delle forze progressiste europee per pervenire ad una posizione unitaria ed avanzata sullindirizzo a dare allEuropa. Mi chiedo tuttavia se questo approccio internazionalista sia realistico, visto il provincialismo e larroccamento sui problemi nazionali ormai cos imperante nelle forze progressiste di tutti i paesi europei. Rimanendo a noi, penso che andrebbe svolta una battaglia allinterno del PD e della Cgil per spingere queste organizzazioni verso una riflessione non istituzionale ma politica del problema europeo

2. 17 Febbraio 2011 alle 12:26 am


tiziano scrive:

Non mi chiaro come in un contesto di deflazione generalizzata in Europa sia possibile per il nostro paese coniugare austerit e crescita. Le politiche deflazionistiche sono destinate ad aumentare gli squilibri strutturali fra i paesi europei, cio ad allontanarli non solo nel breve ma anche nel lungo periodo. Stuart Holland in Europe needs a gestalt shift scrive che la crisi del debito pubblico di alcuni paesi dovrebbe essere affrontata trasferendone una quota alla banca centrale europea il che permtterebbe di abbattere il saggio di interesse, ma questo non sarebbe sufficiente a rispondere alla crisi dellEuropa, occorre un New Deal-style recovery program finanziato con obbligazioni emesse dalla banca di investimenti europea issue bonds that are its liability, not that of member state. Un programma di investimenti dovrebbe risolvere i problemi di bilancia corrente ad un dato livello medio del reddito europeo, che lunico modo per rendere sostenibile un debito pubblico nazionale. Non vedo altra via di uscita per coniugare stabilizzazione dei debiti pubblici nazionali e crescita europea.

Gli scenari del teatrino europeo


Sergio Cesaratto - 15 Dicembre 2010
Il 16-17 dicembre si riunisce in Belgio il Consiglio dei leader europei. Quali sono gli scenari che lEuropa ha di fronte? Alla irrisolta crisi di solvibilit della Grecia si in questo autunno aggiunta quella dellIrlanda e a ruota il contagio, che si manifesta con un aumento dei tassi di interesse sui titoli pubblici, arrivato anche allItalia via Portogallo e Spagna e ora persino alla Germania. Quali sono le prospettive? Abbiamo di fronte tre scenari: 1) tamponare con un po di liquidit la situazione dei paesi periferici

chiedendo loro di aggiustare i propri conti con sacrifici interni;. 2) anticipare la rottura e gestirla evitandone gli aspetti pi dolorosi, per quello che si pu; 3) attaccare i problemi alla radice nella direzione di costruire una unione politica ed economica funzionante. La crisi europea assomiglia alle molte delle crisi debitorie nei i paesi in via di sviluppo il cui ultimo clamoroso caso stato il default dellArgentina nel 2002. In pillole, la costituzione dellUnione monetaria europea (UME) nel 1999 ha favorito flussi di capitale a buon mercato dai paesi centrali dellEuropa (Germania e Francia in primis) a quelli periferici, i famosi PIGS. La politica monetaria della BCE stata al contempo improntata a bassi tassi nominali di interesse essendo ritagliata sulla Germania, per compensare le sue politiche di moderazione fiscale e salariale che poco sostenevano domanda e produzione. I flussi di capitale hanno determinato un boom edilizio e lindebitamento delle famiglie in Spagna e Irlanda, e del settore pubblico in Grecia. Ledilizia un volano delleconomia questi paesi sono infatti cresciuti assai, e cos i loro salari nominali e prezzi. Questo ha implicato che i tassi di interesse reali[1] diventassero, in quei paesi, assai bassi, stimolando ancor di pi la domanda. La produttivit i questi paesi cresciuta pi che in Germania, ma qui i salari nominali crescevano meno della produttivit, nella periferia essi aumentavano pi della produttivit, sicch essa perdeva competitivit. La Germania e il suo entourage (Austria, Paesi Bassi ecc) guadagnava cos in termini di esportazioni nette verso la periferia sia perch la domanda in quei paesi cresceva molto, che per la loro perdita di competitivit. Nei fatti le esportazioni di capitali dai paesi centrali finivano per finanziare lacquisto di prodotti dai medesimi paesi. Ma se questo accade per una serie di anni, i paesi periferici finiscono per cumulare un forte debito estero. Inizialmente questo era, in Spagna e Irlanda, solo privato, ma ad esso si aggiunto, una volta scoppiata la crisi, quello del settore pubblico che si indebitato a sua volta per soccorrere le banche nazionali indebitate con quelle dellEuropa centrale. Se i paesi creditori a un certo punto ritengono che i debitori non possano restituire il debito, possono smettere di rifinanziarglielo, e i debitori dichiarano la bancarotta (default). Una soluzione a questa situazione implica: a) nel breve periodo assicurare a questi paesi liquidit sufficiente e a buon mercato per non fallire; e b) nel medio periodo risolvere il loro problema di solvibilit stimolando il loro output ed esportazioni. Esaminiamo dunque i tre scenari. 1. Nel primo scenario, gi in opera, gli aiuti europei e una timidissima BCE tamponano la crisi di liquidit sostenendo i titoli dei paesi debitori qualora i mercati non vogliano pi farlo o lo farebbero solo a tassi esorbitanti, ma lo fanno in misura insufficiente senza davvero incidere sui tassi usurai che tali paesi si trovano a pagare (i quali aggravano il debito). Al contempo la deflazione fiscale e salariale loro richiesta determina una caduta del loro PIL, con conseguente caduta delle entrate fiscali, sicch il riaggiustamento dei conti una fatica di Sisifo (per non parlare dei sacrifici sociali che ci comporta). Tradizionalmente aggiustamenti dei conti interni sono stati accompagnati da una svalutazione della moneta, che rilanciando le esportazione ne ha compensato i danni sul PIL. Ma ora le monete nazionali non ci sono pi! Per giunta la stessa Germania si fa campione della deflazione, e ci aggrava la crisi della domanda aggregata a livello europeo

e globale. I mercati tutto questo lo sanno, e per questo il fallimento dei paesi periferici e della moneta unica allordine del giorno. Se fanno fallimento i paesi debitori, faranno anche fallimento i paesi creditori (USA inclusi) e questa sarebbe la madre di tutte le crisi. 2. Una rottura ordinata dellUME, con la fuoriuscita dei paesi periferici, affare complicatissimo (Blejer and Levy-Yeyati 2010; Eichengreen 2010). Il fatto centrale di cui tener conto che il debito esterno di tali paesi continuerebbe a esser denominato in euro. Misurato nelle nuove valute locali, che cadrebbero di valore, e di molto, rispetto alleuro, il valore di quel debito aumenterebbe, per cui esso dovrebbe certamente subire quello che si chiama un haircut (un taglio dei capelli), cio essere rinegoziato (ci si accorda che una parte non viene restituita, e il resto restituito in tempi pi lunghi). Ma se i mercati subdorano questa eventualit, la speculazione si scatenerebbe determinando un immediato disordinato default. Allora la decisione di una rottura dovrebbe essere segretamente presa prima che i mercati sospettino qualcosa dunque un po prima che il sistema crolli di suo -, in un consesso che non pu escludere, tuttavia, USA, Cina e Giappone, almeno, oltre ai principali paesi europei. Nei tempi di Wikileaks tenere il segreto non facile! Il vantaggio di riacquisire la propria moneta sarebbe nel rilancio delle esportazioni, ma misure per impedire che si scateni una forte inflazione interna sarebbero necessarie. Non sarebbe invece necessario stampare preventivamente nuove banconote, le attuali gi sono contraddistinte per paese (una S dopo il numero di serie individua per esempio quelle italiane). Misure drastiche di controllo dei capitali sarebbero ovviamente necessarie. Se fosse la Germania (e forse una recalcitrante Francia) a lasciare, ci costituirebbe di per s un taglio ai debiti esteri denominati in una moneta, leuro, che svaluterebbe rispetto al nuovo Deutsche Mark. Se poi ci che rimane dellUME si sfasciasse, tutti si tornerebbe alle monete nazionali e il debito estero sarebbe denominato in quelle, il che sancirebbe un haircut di fatto. 3. Linefficacia del primo scenario, e la drammaticit del secondo, potrebbero col tempo far addivenire a soluzioni pi ragionevoli. Con riguardo ai problemi di sostenibilit a breve, una pi incisiva azione della BCE nel sostenere i titoli di stato e la europeizzazione di parte dei debiti (come proposto, fra gli altri, da Tremonti) assicurerebbe i mercati consentendo un loro rifinanziamento a costi contenuti. I problemi strutturali dovrebbero essere poi affrontati invertendo la moderazione fiscale e salariale tedesca di modo che tale economia perda un po di competitivit e al contempo rilanci la domanda interna [2]. Daltronde solo operando con misure opposte a quelle che hanno caratterizzato sinora lUME se ne possono invertire le tendenze. Questo appare al momento inaccettabile alla Germania che fonda il proprio modello di crescita su disciplina interna ed esportazioni con in mente lespansione nei paesi extra-europei. Se dio veramente acceca chi vuole perdere, nel meeting del 16-7 dicembre i paesi europei decideranno piani draconiani di rientro dal debito pubblico a cui nostro paese arriver senza un governo che possa autorevolmente opporsi a tale follia.

[1] Il tasso di interesse reale la differenza fra il tasso di interesse nominale e il tasso di inflazione. Se prendiamo 100 in prestito al tasso nominale del 5%, e il tasso di inflazione del 4% (per cui ci che restituiremo fra un anno vale il 4% di meno in termini di potere dacquisto), il tasso reale che effettivamente paghiamo 1%. [2] Un obiettivo accettabilissimo per i tedeschi sarebbe di accettare che i salari nominali crescessero in quel paese al tassi di crescita della produttivit pi il 2% che il tasso di inflazione obiettivo della BCE.

01.02.2011

Merkel to present her eurozone governance proposals at Fridays summit

The European Commission likes Merkels plan about eurozone governance, because it fits with its own prejudices that competitiveness is the be-all and end-all of all economic policy. (It is the small open economy thing. They are still trying to run the eurozone as though it was a small off-shore island). Predictably also, the European Commission also demands a role in what would be a largely inter-government process of policy co-ordination, and it supports Merkels call for an end to wage indexation, which is still a problem in Belgium and Portugal. Merkel believes that the core of the crisis is a lack of competitiveness in southern Europe. (What the competitiveness high-priests never address is that Ireland was always considered very competitive. The problem that led to the crisis in Ireland and Spain was a financial and property bubble, and fiscal profligacy in Greece. It is also interesting that Merkels plan makes no mention of a very obvious short-coming, the lack of an integrated banking sector in an otherwise integrated single market. And the proposal dresses up old Franco-German demands, such as the harmonisation of the corporate tax base under the shroud of eurozone governance. ) FT Deutschland has an interesting article explain why Merkel is making this proposal, which she wants to discuss over lunch at the EU summit on Friday. She is absolutely determined to shed her image as naysayer, by coming up with proposals of her own. The article also made the point that it will be difficult to implement some of the proposals. An FTD editorial notes that Germany is only proposing common action in areas in which Germany is relatively strong. The extent of the Cajas property risk El Pais has an interesting news story this morning, giving details on the savings banks exposure to the property sector, which is extremely high. The total amount of property loans, considered problematic by the Bank of Spain, is around 95bn. The total amount of foreclosures properties now listed on the banks balances sheets have a value of 38bn, plus a further 17bn in land, and 43n in loans backed by property. (The idea that a 20bn capital increase could solve the problem is unrealistic. Spain remains highly vulnerable to

further declines in property prices. We would expect that most of the price rises of the last decade to be completely reversed by the end of this decade.) EFSF financing ideas ahead of Fridays summit The Brussels blog of the Wall Street Journal quotes one European official saying that one idea in discussion about EFSF financing is to mix guarantees from AAA countries with loans from non triple A countries. This would suit the Germans perfectly but non-prime borrowers such as Italy would have to raise real money to fund a bailout. It would mean Italy having to raise at least an eighth of any new bailout from the financial markets, adding to its already substantial borrowing burden. Irish Central Bank cut growth forecast to 1% Sober prospects for Ireland, as the Central bank warned that the economy will not grow as quickly as previously forecast, only 1% rather than 2.4%, as the Irish Independent reports. While exports will do well this year, consumers remain more concerned about the impact of tax hikes and cutting debts than spending. The figures were revised after the Government decided on 6bn of tax increases and spending savings in the budget. Portuguese bankers oppose bailout Portugals leading bankers have lined up behind the government in arguing that an international financial bail-out would worsen the countrys economic difficulties without easing its sovereign debt crisis, the FT reports. A bailout would lead to a flight in capital abroad and a fall in deposits, so the argument. Top bankers have become increasingly vocal in support of Jos Scrates, who insists that Portugal has no need of international assistance and can continue to finance its debt in the market. Joo Cndido da Silva for a bail out In an editorial of Jornal de Negocios Joo Cndido da Silva argues that Portugal does no good to sell the request for help from the EU rescue fund and the IMF as surrender in sovereignty and autonomy in decision. Placing debt in secondary markets or negotiating with the IMF/EU fund would be transparent, but Portugal chose to make secret deals in the corridors of economic diplomacy and struggles to find the money to preserve its sovereignty. Inflation at 2.4% Yesterdays main statistical news was the flash announcement by Eurostat of a January annual HICP inflation rate of 2.4%, slightly higher than what been expected by market participants. Nobody is expecting the number to influence the ECBs already tough anti-inflation rhetoric. The ECB is still widely expected at this weeks meeting of its governing council to stick to its previous wait-and-see line on rising inflation, rather than signal a policy shift. As this is a flash estimate, no detailed breakdown of the inflation rate is available, but it is probably due to rising energy and commodity prices. Yesterdays publication of the ECBs weekly balance sheet showed no new bond purchases in the previous week, as market pressure on the eurozone relaxed. Absolute yield level a problem for Spain and Portugal

While yield spreads are moving sideways, the actual level of yields is becoming an increasing problem, as it has gone up symmetrically in the eurozone. 10-year yields in Spain are around 5.3%, and in Portugal at 7%, levels seen as not sustainable. The question posed by a Reuters article is what would be the impact of an ECB rate increase? There are different views among bank economists, those who say that a rate rise would severely threaten Portugals and Spains solvency, while others are saying that the problem is not the level of short-term rates in these countries, but lack of access to credit markets. Difference in inflation rhetoric behind rise in euro Reuters has an interesting piece of news analysis this morning, according to which the most recent rise in the euro may be due to the difference in inflation rhetoric across the Atlantic. It juxtaposes the statement by the FOMC, which said inflation was not a problem, as measures of underlying inflation were trending downwards, with the hawkish statement by Lorenzo Bini-Smaghi, who expressed concern about second round effects. Bini-Smaghi also said he was sceptical about core inflation or the output gap as a reliable indicator for policy makers.

Bonds spreads and Forex this morning e/r volatility remains high. Euro up again by more than 1 US-cent. Peripheral spreads were narrowing. 10-year sovereign spreads (against 10 year German bunds) Previous Day Close Yesterdays Close France Italy Spain Portug al Greece Ireland Belgiu m
0.381 1.625 2.193 3.913 0.382 1.604 2.094 3.893

This morning
0.377 1.574 2.134 3.932

8.338 5.986 1.034

8.230 6.019 0.997

8.26 6.161 1.007

Euro bilateral exchange rates: at last Briefing This morning Dollar Yen +1.3603 +111.62 +1.3723 +112.25

Pound Swiss Franc

+0.8571 +1.2807

+0.8546 +1.2922

Source: Thomson Reuters Lucas Zeise on financial reform (and Axel Weber) Lucas Zeise writes in his FT Deutschland column that the top central bankers, Trichet and Weber, have both failed to see the crisis coming, and the only reforms enacted are those that strengthen their positions. The new ESRB is heading by Trichet, and in Germany the discussion has been whether to transfer the entire banking supervisory functions to the Bundesbank. The latter seems to be failing, but only due to Webers lack of diplomacy. Pierre-Cyrille Hautcoeur on sovereign defaults and bank failures in interwar years Writing in Le Monde, French economist Pierre-Cyrille Hautcoeur makes ominous parallels between the current situation and the wave of sovereign defaults and bank failures in the interwar years, responsible for turning the 1929 crash into the Great Depression. At the time, massive current account imbalances were resolved using defaults; non-cooperative solutions were thus favored (protectionism and competitive devaluation). Today, the interlinkages between banks and sovereigns are bigger, but this makes the perspective of a unilateral default less likely: all the major debtors are also important creditors in some other area, according to Hautcoeur.

Potrebbero piacerti anche