Sei sulla pagina 1di 136

Traduzione a cura di Nicoletta Colombini.

INDICE Prefazione Ringraziamenti Capitolo 1

La scienza modema amplia la spaccatura Un successo e un insuccesso di Cartesio La riflessione di Locke dimenticata L'esagerazione della tabula rasa Una reinterpretazione di Berkeley Hume e la "decostruzione" delle relazioni concettuali Bentham e Vico: pionieri dell'analisi concettuale L'impresa trascendentale" di Kant Un ri-esame della causalit Nuovo carburante per lo strumentalismo Ipotesi e finzioni 1 fondarnenti dell'analisi linguistica Conclusioni

Capitolo III Jean Piaget: una teoria costruttivista dei conoscere


La premessa biologica La costruzione attiva 1 punti di partenza La costruzione della realt esperienziale L'identit individuale L'assimilazione Dai riflessi alla teoria degli schemi L'accomodamento

Il riconoscimento La necessit di un agente Il significato come ri-presentazione Il potere dei simboli La teoria dell'astrazione secondo Piaget La forma e il contenuto I quattro tipi di astrazione La questione della consapevolezza La consapevolezza operazionale Conclusione Postscritto filosofico

Capitolo VI E s e gli altri


L'illusione dell'informazione codificata La realt dell'esperienza L'analisi della costruzione empirica La questione dell'oggettivit La conferma tramite gli altri Il s elusivo La nozione di ambiente Il s percepito Gli indizi sensoriali Le immagini riflesse

Capitolo IX Unit, pluralit e numero


Una definizione elusiva Cose e unit. Concezione piuttosto che percezione Il modello attenzionale Un'iterazione di impulsi La genesi della pluralit Il concetto astratto di numero Il "potere indicativo" dei numeri La certezza matematica

Capitolo X L'avviamento degli studenti alla costruzione concettuale


Qual' il nostro obbiettivo? Insegnare, non addestrare Gli stimoli ambientali Il rinforzo Il carattere illusorio del linguaggio La funzione che orienta Il materiale percettuale Un punto geometrico La necessit di inferire il pensiero degli studenti Aiutare, non dare istruzioni

Circa a quei tempi cominciai a lavorare con Les Steffe all'approccio costruttivista per l'apprendimento e l'insegnamento dell'aritmetica. Senza di lui il costruttivismo radicale sarebbe rimasto un'impresa privata. La sua inclinazione per analisi operazionali plausibili di ci che sembrano fare i bambini della scuola elementare quando hanno a che fare coi numeri ha portato ad applicazioni pratiche nelle aule scolastiche. Ogniqualvolta gli esperimenti duravano per almeno due anni, i risultati eccedevano le nostre aspettative. Pi di ogni altra cosa ci mi incoraggi a continuare con la mia elaborazione della teoria costruttivista del conoscere.

Una cosa che sicuramente non ci aspettavamo, era che il "costruttivismo radicale" sarebbe diventato uno slogan - con tutti i vantaggi e gli svantaggi dovuti alla popolarit. Le reazioni erano varie e, sia quelle positive sia quelle negative, avevano dalla loro un che di appassionato. Scopo di questo libro, quindi quello di illustrare le idee costruttiviste pi importanti.

Qualche lettore potr essere sorpreso del fatto che io opponga le mie idee a quelle del comportamentismo. Non vado perdendo tempo ed energia sul gi-detto e fatto. Mi sento di affermare che il comportamentismo un movimento pass, ma alcune delle sue idee centrali sono ancora ben vive sia in psicologia che in didattica. Chi si aggrappa a ci avr una visione distorta del costruttivismo.

La maggior parte di questo testo nuovo, ma le idee esposte sono state centrali per molti anni nelle mie opere. Alcune vengono qui ampliate, altre riassunte. Le sovrapposizioni con scritti precedenti, sono segnalate.

Nel primo capitolo racconto come giunsi ad abbracciare un modo di pensare costruttivista. Il secondo un percorso eclettico attraverso la storia della filosofia occidentale. Vuol mostrare che non c' nulla di realmente nuovo circa le idee che formano il nocciolo del mio pensiero. Mi sono limitato ai filosofi e non ho menzionato scrittori quali Pirandello, Musil e Fowles che svilupparono un loro proprio costruttivismo. E sono comunque consapevole delle lacune cos come so che ci sono delle omissioni di cui non ho conoscenza. Suppongo che capiti a tutti coloro che cercano di formulare i risultati di lunghe riflessioni. Vi sedete con la penna in mano, o alla tastiera, e guardate la frase appena scritta. Sembra non esserci nulla da cambiare, Ma improvvisamente vi sentite incerti: da dove arriva tutto ci? L'ho gi letto da qualche parte? Cercate nella vostra mente e vi chiedete chi potrebbe aver detto queste cose.

Tutto ci che ho fatto e scritto stato guidato dalla volont di acquisire un'attitudine che i miei genitori mi avevano mostrato: seguire pensieri chiari invece di dogma, ed essere leale nei confronti delle persone piuttosto che delle nazioni. Il loro esempio fu un regalo meraviglioso.

Per quanto riguarda il presente voglio esprimere la mia riconoscenza per l'amorevole supporto ed incoraggiamento di mia moglie Charlotte. Il lettore dovrebbe apprezzare il suo aiuto perch stata lei a ricordarmi continuamente il precetto di Wittgenstein "ogni cosa che pu essere detta, pu venir detta chiaraniente", ed grazie a lei che molte mie frasi sono state accorciate.

Sono in debito con l'Universit della Georgia per avermi offerto, venticinque anni fa, una posizione accademica anche senza la necessaria qualifica di Pli. D. Lavorando con colleghi del Dipartimento di Psicologia ampliai i miei orizzonti, e l'intensa interazione con gli studenti fu di grande stimolo per perfezionare le mie idee.

Ringrazio Jack Lochhead per avermi offerto un posto nel suo Istituto dopo che mi ritirai dalla Georgia, per la sua incrollabile amicizia e per le molte volte in cui mi ha sostenuto indicandomi anche alcune lacune concettuali nei miei scritti.

Voglio anche ringraziare tutti quelli che hanno preso il mio lavoro seriamente e che ne hanno scritto con intelligenza - specialmente Siegfried Schmidt negli ambienti di lingua tedesca, Felice Accame e Mauro Ceruti in Italia, Jean-Louis Le Moigne in Francia e Jacques Dsautels e Marie Larochelle in Canada. Di altri da cui ho avuto stimoli, aiuto e sostegno parler nel capitolo I.

Per quanto riguarda questo libro, sono grato a Paul Emest e alla Falmer Press per avermi suggerito di scriverlo. Ho cercato di soddisfare le loro aspettative. Se fossi un po'pi giovane mi prenderei ancora un anno per lavorar di lima. Spero che questa presentazione del mio lavoro possa stimolare i lettori a pensare nelle linee suggerite e a risolvere i divari che vi troveranno.

Scientific Reasoning Research Institute Amherst, giugno 1994

Parlo qui, sin dall'inizio, di soggettivit, perch credo che il modo migliore di presentare il costruttivismo radicale sia raccontare come io, in quanto soggetto individuale, arrivai ad abbracciarlo come orientamento generale.

Inevitabilmente l'inizio di questa storia ha a che fare con la mia vita e con le radici dell'insoddisfazione nei confronti delle tradizionali teorie della conoscenza. Sar la cronaca del mio incontro con le idee delle persone conosciute e di autori letti, nessuno dei quali, sospetto, converrebbe completamente col modo in cui io li interpretai e costruii il mio modello. Voglio quindi far precedere i miei ragionamenti da due avvertimenti.

Il primo, tutto ci che viene detto in questo libro semplicemente la visione dell'autore. E un tentativo di spiegare un modo di pensare e non mira a descrivere una realt indipendente. Ecco perch preferisco chiamarlo un approccio o una teoria del conoscere. Bench li abbia usati nel passato, ora cercher di evitare i termini "epistemologia" o "teoria della conoscenza" per il mio costruttivismo, perch essi tendono ad implicare lo scenario tradizionale secondo il quale gli esseri umani nascono in un mondo gi-pronto, che essi devono cercare di scoprire e "rappresentare" a se stessi. Dal punto di vista costruttivista il soggetto non pu trascendere i limiti dell'esperienza individuale. Comunque, questa condizione non elimina per nulla l'influenza e gli effetti formativi dell'interazione sociale.

Il secondo avvertimento riguarda le mie memorie e l'atto di ricordare in generale. Come ha sottolineato il filosofo italiano Giambattista Vico (1744-1961), non possiamo ricostruire il passato esattamente com'era perch non possiamo fare a meno di articolare e capire i nostri ricordi in base ai concetti che abbiamo nel presente. Indipendentemente, due secoli pi tardi, Jean Piaget arriv alla stessa conclusione (1968). Quindi la storia che mi accingo ora a raccontare la storia come la vedo ora.

Torna a capo. Quale lingua ce lo dice "cos com'"?


Problemi riguardanti il concetto di realt affiorarono molto presto nella mia vita perch crebbi con pi di una lingua. 1 miei genitori erano austriaci e di solito in casa parlavano in tedesco. Ma fino alla fine della prima guerra mondiale mio padre era stato nel servizio diplomatico e si era abituato a parlare spesso in inglese, anche con mia madre. Quando ero piccolo usavano l'inglese ogni volta che volevano parlare di questioni che ritenevano

Ingenuamente e certamente senza formularlo ero inciampato in un modo di pensare che, come scoprii ventanni dopo, era il nocciolo della ben nota ipotesi Sapir-Whorf. In parole povere, questa ipotesi afferma che il modo in cui le persone vedono e parlano del proprio mondo in gran parte determinato dalla loro madre lingua (WHORF, 1956). In retrospettiva penso che fu l'esperienza di prima mano di questo fenomeno che mi spinse ad interessarmi di epistemologia. Se la lingua ha qualcosa a che fare con la struttura della mia esperienza e, quindi, in qualche modo, con il mondo che io consideravo reale, non potevo evitare a lungo di chiedermi di che tipo potesse essere la reale realt dietro la mia lingua e come la si potrebbe conoscere e descrivere.

Torna a capo. A Vienna al momento sbagliato


Dopo le superiori continuai a studiare matematica, che avevo sempre amato probabilmente perch sembrava l'unica materia che non dipendeva da una lingua naturale. Mi iscrissi all'Universit di Zurigo, ma dopo un semestre mio padre mi disse che non c'erano pi a disposizione franchi svizzeri e se avessi voluto continuare i miei studi avrei dovuto farlo a Vienna. Non fui entusiasta di questo spostamento ma ci andai, nell'autunno del 1936. Il movimento nazista austriaco, anche se ufficialmente proibito, si faceva sentire ovunque compresi i corridoi e le aule universitarie. Era un'atmosfera deprimente e quando, prima della fine del secondo trimestre, mi fu offerta l'opportunit di un inverno in Australia come istruttore di sci, accettai con entusiasmo.

Fu la fine della mia educazione accademica. Ma Vienna mi aveva introdotto a due autori che mi influenzarono profondamente: Freud e Wittgenstein. Il lavoro di Freud (specialmente la sua Interpretazione dei sogni, W edizione, 1930) suggeriva che si pu escogitare un modello razionale del lavoro delle menti individuali; e questo metodo richiedeva che l'analisi di ci che gli individui avevano inconsciamente implementato nelle loro stesse menti dovesse essere compiuta dagli individui stessi (Freud stesso sembra essersi dimenticato di questo principio in alcuni suoi lavori posteriori e molti psicanalisti lo trascurano del tutto).

Il Tractatus del Wittgenstein (Y edizione, 1933) cattur la mia attenzione soprattutto per l'elegante nitidezza della sua esposizione. Sembrava convincente, anche se non lo capii del tutto. Negli anni che seguirono rilessi il libro molte volte e un giomo mi svegliai dall'incantesimo quando arrivai alla proposizione 2.223:

"Dei principi della conoscenza umana"(1710). Non era un autore superficiale che sceglieva i suoi titoli senza pensarci. Se scelse quello, fu perch intendeva parlare di conoscenza umana, non di ontologia. In secondo luogo rivel esplicitamente che cosa intendeva con quel motto latino:

Il tavolo su cui scrivo dico che esiste, cio, lo vedo e lo sento; e se io fossi fuori dal mio studio direi che esisteva - intendendo in tal modo che se fossi nel mio studio potrei percepirlo, o che qualche altro spirito potrebbe effettivamente percepirlo (BERKELEY, 1710). E Berkley aggiunge una spiegazione generale: C'era un odore, cio lo si sentiva; c'era un suono, cio lo si udiva; un colore o una figura, ed era percepito con la vista o con il tatto. Questo tutto quello che posso capire con queste e simili espressioni. Perch per quanto riguarda ci che si dice dell'assoluta esistenza di cose non-pensanti senza alcuna relazione col loro essere percepite, ci mi sembra perfettamente inintelleggibile (ibidem, parte I, par. 3).

Di fatto Berkeley sta definendo il modo in cui vuole usare i vocaboli "esse" (essere), esistere" ed "esistenza" quando ha a che fare con la conoscenza umana. Inoltre, per lui, il termine esistenza non ha alcun significato intelleggibile oltre il dominio dell'esperienza.

La sua ontologia un'altra questione. Era un cristiano credente (tanto che divenne vescovo) e quindi basava la sua ontologia sulla rivelazione, non sulla conoscenza razionale. Per farla concordare con la sua teoria della conoscenza aggiunse un dettaglio mistico: siccome Dio percepisce tutte le cose sempre, la loro permanenza assicurata. Ma questa permanenza appartiene al dominio della metafisica, non allo studio della conoscenza razionale umana (ho raccolto molte altre cose di Berkeley durante gli anni e il suo nome ritorner in altre sezioni di questo libro).

Nel 1939 venne pubblicato Finnegans Wake e, sebbene Joyce vivesse in un esilio autoimposto da circa due decenni, l'evento fu celebrato come non altri nei circoli intellettuali di Dublino. Si riun un gruppo informale di persone che conoscevano altre lingue per cercare di sbrogliare gli innumerevoli giochi di parole che formavano lo straordinario testo di Joyce. Il gruppo dur due riunioni durante le quali coprimmo le prime tre pagine, ma poi il nostro entusiasmo, cos come il nostro whiskey irlandese, si prosciug. Nei versi di apertura di Finnegans Wake, comunque, c' il primo di molti riferimenti a Vico, un nome che non avevo mai sentito prima. Mi dissero che

parlavo quattro lingue e avevo interesssi affini, mi chiese di unirmi al gruppo. Mi accalappi subito avendomi spiegato che stavano cercando di ridurre tutti i significati linguistici, non ad altre parole, ma ad operazioni mentali.

L'idea di definire i concetti in termini di operazioni derivava da Percy Bridgman, il fisico premio Nobel. Egli aveva sviluppato l'idea nel contesto dell'analisi dei concetti chiave nella teoria della relativit di Einstein (BRIDGMAN, 1927). Sfortunatamente il movimento comportamentista in psicologia si appropri dell-operazionalismo" di Bridgman che, a sua volta, divenne oggetto di critica di filosofi che lessero brani focalizzandosi sulle operazioni fisiche della misurazione, generalmente ignorando ci che Bridgman diceva della costruzione mentale dei concetti. Per me la tesi che le parole significano concetti e che le definizioni dovrebbero specificare le operazioni che si devono eseguire per costruire questi concetti, calzava esattamente con il principio della costruzione della conoscenza di Vico.

Negli anni seguenti il mio apprendistato nel gruppo di Ceccato, che si incontrava formalmente due o tre volte l'anno per un paio di giorni di intense discussioni, mi insegn a dubitare di tutte le idee convenzionali e dei taciti assunti delle tradizionali teorie della conoscenza. Nel 1949 Ceccato fond "Methodos", una rivista internazionale sull'analisi del linguaggio e sulla logica formale e mi venne chiesto di tradurre in inglese i contributi scritti in italiano e in tedesco (2). La paga era misera, ma era una opportunit unica e riuscivo a mantenermi lavorando come giornalista.

Quando Ceccato mi diede il suo articolo per il primo numero di "Methodos" da tradurre in inglese, non avevo idea di quanto potesse essere difficile. Aveva scritto una parodia che presentava la storia dell'epistemologia come un gioco, non molto diverso dal poker, in cui i grandi filosofi del mondo occidentale erano i giocatori. li fine era quello di stabilire un valore fondamentale, ma era proibito concordarlo all'inizio. Quindi ogni giocatore doveva introdurre la sua scelta surrettiziamente e, se era abile, doveva farlo sembrare necessario e auto-evidente alla fine (CEccATo, 1949).

Oggi, non riesco a leggere la mia traduzione senza imbarazzo. C'erano allusioni che non avevo capito e molta dell'ironia mi sfuggi. Col tempo, comunque, il continuo contatto con la rivista ampli i miei orizzonti filosofici e il tradurre era il miglior allenamento possibile nell'uso delle parole.

Torna a capo.

(Cercai di leggere la sua lettera al chiaro di luna) Have this ready by Friday (Prepari ci entro venerd) My doctor swears by vitamic C (11 mio medico giura sulla vitamina C). Si dovevano distinguere anche altre relazioni in un'analisi dettagliata, perch in ognuna delle lingue con cui abbiamo avuto a che fare servivano molte espressioni per tradurre la preposizione inglese "by". Essendo una questione di relazioni concettuali, ci dimostra che le lingue determinano concettualizzazioni diverse.

Lavorare in quest'ambito (in cui ci sono innumerevoli esempi di discrepanze concettuali tra nomi, verbi ed aggettivi dati come equivalenti nei dizionari bilingue) conferm la mia profonda sensazione che ogni lingua comporta un mondo concettualmente diverso. Tra

durre, nel senso di rendere in una seconda lingua l'identica struttura concettuale espressa nella prima, era impossibile, e le nostre analisi concettuali dimostrarono il perch. Ovviamente, c' una gran quantit di coincidenze pratiche perch le differenze sono spesso sottili e sembrano irrilevanti nelle situazioni esperienziali quotidiane. Ci che chiamiamo comunicazione funziona abbastanza bene se una ragazza inglese dice I like that boy, o un'italiana "questo ragazzo mi piace" - non sembra essere importante che una espressione assegni il ruolo attivo alla ragazza, l'altra al ragazzo. Ma mostra che i mondi di chi parla sono concettualizzati in modo diverso.

Torna a capo. Il salto in America


Qualche mese dopo il termine del progetto di Ceccato, un altro ufficio di ricerca delle Forze Aeree statunitensi incominci ad interessarsi al tipo di analisi concettuale che stavamo conducendo e decise di finanziare un lavoro pi modesto. Ceccato non volle pi continuare i lavori sulla traduzione e mi rivolsi a Paolo Terzi, il direttore dell'Istituto per la Documentazione di Milano, e lo trovai disposto ad ospitare un tale progetto. Anche loro avevano bisogno di traduttori e condividevano la speranza che i computer sarebbero stati presto in grado di aiutarli in quel lavoro.

ti di informatica e comunicazione. Fu allora che, come la Fatina Buona, l'universit della Georgia, con la quale avevamo un contratto con il Centro Informatico, si fece avanti e ci adott tutti. Brian Dutton, che aveva sostituito Jehane Barton e la cui tesi di laurea era in realt sulla poesia mediovale spagnola, s'infil nel dipartimento di lingue romanze, Piero Pisani fu posto al centro computer e io al dipartimento di Psicologia. Inizi cosi una vita in accademia mai contemplata.

Torna a capo. Introduzione alla Psicologia


Due membri del dipartimento, diversamente dai loro colleghi comportamentisti avevano una certa simpatia per le mie idee sul linguaggio e mi aiutarono permettendomi di presenziare ai loro corsi. Uno era Bob Pollack, che proprio allora (1969) era stato curatore di un libro sugli studi di Alfred Binet. L'autore francese risultava come uno psicologo ben pi profondo di quanto potesse far credere la sua "Scala di Intelligenza". L'altro era Charles Smock un esperto di psicologia genetica, che aveva studiato per un certo periodo a Ginevra.

Per stare al passo con il corso di Pollack dovetti leggere molto sulla percezione, la sua specialit. Avevo scarsa conoscenza dei meccanismi della vista ed imparai molto sui modelli correnti in psicologia. Da una parte li trovavo affascinanti per gli esperimenti ingegnosi che fornivano i dati con cui si potevano "confermare" i modelli. Dall'altra ero stupito per la generale mancanza di considerazioni epistemologiche. Ci che l'occhio vede - luce, colore e forma - veniva solitamente dato per certo, come un dato fisico, e la ricerca si focalizzava sui meccanismi sensoriali che potevano trasmettere una presunta realt al cervello. Nessuno sembrava dubitare dell'assunto che Wittgenstein aveva espresso cos succintamente nella sua proposizione 2.223 (v. sopra). Scopo degli esperimenti era sempre quello di scoprire che cosa fa l'occhio per vedere ci che c' l, come se percepire fosse semplicemente ricevere qualcosa che esiste gi-pronto. La ingenua metafora della camera fotografica dominava il campo nonostante il fatto che la scena di fronte alla macchina fotografica, cos come l'immagine che ne viene fuori, siano ovviamente un prodotto dei molti processi percettuali che stavamo studiando.

Mi imbattei comunque in un'eccezione spettacolare: la stranezza percettuale che gli esperti a volte chiamano "Effetto Cocktail Party". t un fenomeno famigliare a tutti anche senza aver studiato psicologia. Qualcuno ha attaccato bottone con voi e vi sta raccontando una storia noiosa. All'improvviso vi acccorgete che dietro a voi si sta svolgendo una conversazione ben pi interessante. Non volete offendere il noioso e cos seguite ci che dice, ma quel poco che basta per essere in grado di fare un rumore incoraggiante ogni volta che fa una pausa per prendere fiato. La maggior parte della

introdusse in un'avventura tanto affascinante quanto inaspettata. Conobbi Ray Carpenter, uno dei principali primatologi statunitensi che aveva un incarico associato con l'universit della Georgia e lo Yerkes Primate Research Center ad Atlanta. Fu lui a parlarmi per primo della ricerca dei coniugi Gardner dell'Universit del Nevada che proprio allora pubblicavano i primi rapporti sullo scimpanz Washoe che stava imparando il linguaggio dei segni. La questione se gli scimpanz potessero o meno imparare un linguaggio stava diventando rovente e stava dilagando tra le riviste specializzate. L'istituto Yerkes voleva prendere parte al dibattito e pianific esperimenti che potessero fornire prove pi rigorose delle valutazioni soggettive dei fugaci scambi di gesti manuali. Ray Carpenter promosse l'idea di creare un sistema di comunicazione consistente in una tastiera e in un computer che poteva registrare tutte le interazioni. Poich sapeva del nostro lavoro di analisi del linguaggio computerizzata, mi chiese se fossi interessato a progettare il linguaggio e le componenti del computer del sistema pianificato al Yerkes Center. Ne discussi col mio collega Piero Pisani e decidemmo di accettare l'invito.

Progettai la lingua "Yerkish", usando disegni geometrici come simboli per parole (concetti) ed una grammatica semplificata, ma molto precisa che governava la loro formazione in frasi. Premendo sequenzialmente i tasti, venivano inviati al computer i segnali-codice che stavano per le parole. Il computer conteneva il vocabolario, la grammatica, il nostro sistema per controllare la correttezza delle frasi e le regole per rispondere a circa una dozzina di richieste che la scimpanz Lana doveva formulare usando i simboli dello yerkish. Pisani fece miracoli riuscendo a far stare tutto in una minuscola memoria di un computer PDP8 (GLASERSFELD, 1977; PISANI, 1977) (3).

Per sei anni lavorammo con i primatologi e i tecnici dello Yerkes Center e il talento di Lana cattur l'attenzione della stampa e della TV Era un lavoro avvincente e divertente. Ma poi venne il momento in cui rinunciammo al progetto perch erano sorte differenze inconciliabili con la direzione della ricerca, che rimaneva saldamente fissata alla tradizione comportamentista. Nonostante ci sono sicuro che di qualunque buona reputazione io goda in campo psicologico sia dovuta alle notevoli prestazioni di Lana.

Il mio background nell'analisi concettuale, comunque port altri frutti. Michael Tomasello, uno degli studenti con cui ho avuto l'onore di discutere la tesi di Master, intraprese il gigantesco compito di registrare ed analizzare, assieme alla moglie, le prime manifestazioni linguistiche della loro figlia durante il secondo anno di vita. Che io sappia, l'unica raccolta dati completa dell'acquisizione della lingua infantile e si dimostrata essere una miniera d'oro per lo sviluppo e il controllo delle teorie su questo argomento. Fu un'opportunit inestimabile per vedere quanto fosse utile l'approccio di

La comprensione del lettore viene poi ulteriormente sabotata dalla frequente omissione, da parte del traduttore, di frasi esplicative e a volte di interi paragrafi.

Uinaccettabile traduzione di questo e di altri volumi mi spinsero a cercare di presentare il pensiero di Piaget a studenti inglesi in un modo meno distorto. Comunque, il mio obiettivo principale non era correggere le traduzioni. Dovendo insegnare Piaget su testi inglesi, il mio scopo era correggere alcuni dei malintesi di base riguardanti la natura del costruttivismo che forma la spina dorsale della sua "epistemologia genetica".

Torna a capo. Dalle operazioni mentali alla costruzione della realt


Piaget non fu il primo a suggerire che noi costruiamo i nostri concetti e la nostra immagine del mondo in cui viviamo, ma nessuno prima di lui aveva intrapreso un approccio evolutivo. Se ci si pone domande sulla fonte e sulla validit della conoscenza (nel mio caso fu la pluralit di lingue che mi port a domandarmelo), risulta ovvio che il modo migliore e forse unico, di scoprire come la conoscenza si sviluppa, studiare come i bambini lo fanno. Ovviamente, per i filosofi tradizionali ci significherebbe peccare imperdonabilmente, perch legittimare la conoscenza tramite il suo sviluppo piuttosto che attraverso una logica nontemporale, per loro, "fallacia genetica". Ma Piaget non era un filosofo tradizionale.

Ne La construction du rel chez l'enfant, presentava un modello di come si possa costruire un'impalcatura base - la struttura concettuale di oggetti, spazio, tempo e causalit.

Essa serve da intelaiatura entro cui costruire una realt esperienziale coerente. Ma questa costruzione non libera, inevitabilmente ristretta e limitata dai concetti che costituiscono l'impalcatura. Questo uno dei punti di coincidenza con A Theory of Personality: Psycology of Personal Constructs di George Kelly (1963), che espresse la propria idea in modo pi generale:

Per la creatura vivente, quindi, l'universo reale, ma non inesorabile a meno che non scelga di interpretarla in quel modo (KELLY, 1963, p. 8).

Per chi crede nella rappresentazione il cambiamento radicale del concetto di conoscenza e la sua relazione con la realt, uno shock tremendo. Credono che abbandonare l'aspetto rappresentazionale equivalga a negare la realt, cosa sicuramente folle. Il mondo della nostra esperienza, dopo tutto non quasi mai interamente come vorremmo che fosse. Ma ci non preclude che noi stessi abbiamo costruito la nostra conoscenza di esso.

Il costruttivismo radicale, come ho detto all'inizio, un modo di pensare la conoscenza e l'atto del conoscere.

A causa della sua frattura con la tradizione filosofica esso stato (e lo tutt'ora in certe sfere) del tutto impopolare. Quindi i miei primi scritti furono ri iutati dalle riviste. Un curatore, con una chiarezza incantevole afferm: '1 suoi scritti non sono adatti per i nostri lettori".

Arrivando dall'Europa e senza alcun background in psicologia, mi ci volle tempo per scoprire quale fosse il problema. Nel 1967 e per la decade seguente, il clima intellettuale che pervadeva i dipartimenti di psicologia e di linguistica statunitensi era in gran parte dominato dal comportamentismo. Ancora nel 1977, Skinner ripeteva: "Le variabili di cui il comportamento umano una funzione si trovano nell'ambiente" (SKWNER, 1977, p. 1). Se si credeva in un tale determinismo, non rimaneva spazio per teorie della costruzione mentale. Avrebbe senso credere nel determinismo ambientale se si avesse accesso ad un ambiente oggettivo, in modo da poter mostrare che un pezzo particolare di quell'ambiente causi un comportamento particolare. Ma ci che uno scienziato - o invero qualunque persona riflessiva - categorizza come proprio ambiente e poi causalmente lo mette in relazione con il comportamento osservato, sempre una parte del dominio di esperienza di colui che osserva. Non mai un mondo esterno indipendente.

Torna a capo. Un'amicizia decisiva


Il pensiero costruttivista trasmessomi da Ceccato e da Piaget non aveva ovviamente possibilit alcuna di intaccare il dogma costituito delle discipline a cui, credevo, avrebbe avuto qualcosa da dire. Se Piaget stesso non era riuscito ad essere seriamente considerato come filosofo, era chiaro che un autore sconosciuto non potesse andare da nessuna parte. In linguistica, l'opera di Noam Chomsky aveva brillantemente capovolto l'impostazione

aritmetiche (STEFFE, RiCHARDs e GLASERSFELD, 1978; STEFFE, THOMPSON e RICHARDS, 1982; STEFFE, GLAsERsFELD, RICHARDs e COBB, 1983).

Non sapevo nulla sulle ricerche di didattica e ricordavo ben poco dei pochi semestri in cui avevo studiato matematica, eppure in fondo in fondo mi ero fatto l'idea che l'analisi concettuale si sarebbe occupata, prima o poi, di concetti matematici. Per un costruttivista ovviamente impossibile pensare a numeri e a forme geometriche come date- da-dio. N si poteva accettare l'idea di Platone delle forme pure che galleggiano come cristalli in un regno mistico oltre l'esperienza. Si sarebbe dovuto investigare sulla loro genesi come entit astratte in un dominio d'esperienza.

I matematici, da Euclide ai giorni nostri, ci dicono ben poco su come si sono costruiti i loro concetti di base. 1 numeri sono la materia grezza dei loro edifici astratti, e come fanno i muratori con i mattoni, li danno per scontati (6). Soltanto loro stessi potrebbero gettare luce su come sono arrivati ai concetti elementari, ma, data la loro competenza, la questione, ovviamente, per i matematici, banale.

Neppure i filosofi, anche se alcuni di loro sostenevano abbastanza chiaramente che il numero "una cosa della Mente" (v. cap. 9), mi furono di grande aiuto perch non spiegavano come si pu produrre questa entit mentale. L'unica eccezione fu Edmund Husserl, il fondatore della fenomenologia, il quale propose che l'operazione che forma oggetti unitari discreti nel nostro campo percettivo essenzialmente la stessa che sottosta al concetto di l'uno" e, ad un susseguente livello di astrazione, ci mette in grado di includere ogni collezione di questi uno in un'entit unitaria discreta che chiamiamo "numero" (HuSSERL, 1887, pp. 157-68). Quest'idea fu senz'altro utile e si adattava alla teoria dell'astrazione riflessiva di Piaget. Per convalidarla serviva un dominio di esperienza dove potessero essere fatte tali astrazioni. L'osservazione dei bambini fu la risposta.

Torna a capo. Esperimenti d'insegnamento


Quando cominciai a lavorare con Leslie Steffe, lui stava gi sviluppando un metodo che aveva chiamato "Esperimento d'insegnarnento". Era un ibrido tra il "rnetodo clinico" di Piaget di interviste/colloqui ai bambini e la ricerca educativa. Mirava a stabilire un modello "viabile" delle loro attivit costruttive nel contesto aritmetico. L'approccio di Steffe era diverso, in quanto intendeva creare situazioni che avrebbero permesso al ricercatore di osservare i bambini al lavoro e di fare deduzioni su come essi costruiscono

genetica, volevo distinguere il mio approccio da ci che gli studenti potevano leggere altrove su versioni del costruttivismo che sembravano futili. Chiamai il modello a cui stavo lavorando "radicale" e ne formulai i due principi base:

la conoscenza non viene ricevuta passivamente ma costruita dal soggetto "conoscente";

la funzione della conoscenza adattiva e serve per l'organizzazione del mondo esperienziale, non per la scoperta di una realt ontologica (7).

Torna a capo. Le idee costruttiviste si espandono


Nel gennaio del 1978, Heinz von Foerster e Francisco Varela organizzarono a San Francisco una conferenza intitolata "La costruzione delle realt", si trattava di un simposio a porte chiuse che raccoglieva una trentina di autori e scienziati di varie discipline ma che avevano in qualche modo mostrato di credere che la conoscenza non si poteva trovare o scoprire gi-fatta, ma andava costruita.

Fu notevole scoprire che c'erano stimati ed ineccepibili pensatori di biologia, sociologia, scienze politiche, logica, linguistica, antropologia e psicoterapia che erano arrivati in modo individualmente differente a concludere che non si poteva pi sostenere l'epistemologia tradizionale. Ma, come spesso accade quando si incontrano menti elevate, si trascorse molto tempo a discutere su discrepanze individuali relativamente piccole, e poco tempo a cercare di forniulare principi costruttivistici di base sui quali, molti di essi, se non tutti, sembravano concordare.

Comunque, per me, fu un evento molto incoraggiante. Fu il mio unico incontro con Gregory Bateson, e sentire i suoi commenti e il suo modo educato di indicare una contraddizione nella presentazione di un oratore fu per me una lezione non meno importante delle intuizioni fornitemi dai suoi scritti.

Nel 1975, a Filadelfia, al congresso della Jean Piaget Society, per la prima volta presentai l'interpretazione radicale dell'epistemologia genetica ad un pubblico vasto. Non ci fu una gran discussione perch era una sessione plenaria, ma ebbe per me due conseguenze importanti. Hermine Sinclair che fu a lungo collaboratrice di Piaget, mi incoraggi calorosamente a continuare il mio lavoro, ed a lei che devo il mio primo invito a Ginevra. La presentazione mi permise anche una lunga chiacchierata con Jack Lochhead che era in procinio di avviare un gruppo di ricerca piagettiano sulla conoscenza al dipartimento di fisica dell'Universit del Massachusetts. Negli anni seguenti mi invit molte volte a tenere dei seminari sull'analisi concettuale, in quanto egli e i suoi colleghi stavano cercando di sviluppare un modo pi efficace di insegnare fisica nonch la matematica che questa richiede. Come altri, i ricercatori nel settore dell'educazione, avevano notato che molti studenti erano ben in grado di imparare le formule necessarie e di applicarle ad una gamma limitata di problemi presentati nei libri di testo e negli esami, ma se dovevano affrontare problemi nuovi, erano carenti e mostravano di essere ben lontani dall'aver capito i concetti rilevanti e le relazioni concettuali che costituiscono la vera struttura della fisica.

Quando andai in pensione dall'Universit della Georgia nel 1987, Jack Lochhead mi chiam e mi chiese perch non andassi a lavorare con lui. A quei tempi il suo gruppo si era stabilito come istituto indipendente nel complesso dell'Universit ad ~erst. La ricerca nella didattica della fisica, il modesto titolo "Scientific Reasoning Research Institute", la neve e la possibilit di sciare nel Massachusetts, e il fatto che i bambini di Charlotte sarebbero stati pi vicini, si dimostrarono irresistibili.

Il lavoro in quel'Istituto mi chiar subito che insegnare fisica non era proprio come insegnare aritmetica a livelli elementari. Bench i concetti fondamentali in entrambe le aree siano costrutti astratti, il loro uso marcatamente diverso. In matematica i concetti possono essere combinati e correlati in tutti i modi che il matematico ritiene legittimo entro le regole che lui stesso ha accettato; e nuove astrazioni derivate da quei composti possono condurre a nuovi livelli di operare. Il fatto che alcune di quelle strutture astratte risultanti possano essere applicabili a problemi del mondo pratico, pu essere gratificante per gli inventori, ma rimane irrilevante nell'ambito della matematica. In fisica, comunque, il processo di astrazione doppiamente limitato. Non deve solo conformarsi alla logica ed essere coerente concettualmente, ma i suoi risultati devono resistere anche alle verifiche sperimentali, vale a dire, devono adattarsi alla situazione esperienziale. In breve, la matematica autosufficiente e i suoi obiettivi giacciono nel suo stesso dominio. Di contro la fisica ha una componente strumentale in quanto deve fornire modelli teorici che aiutano ad organizzare il nostro mondo esperienziale.

Torna a capo.

fatto che la "teoria di Newton fu trovata falsa da esperimenti che fallirono nel rendere falsa quella di Einstein", significa soltanto che crollata sotto certe circostanze esperienziali. Lo strumentalismo, egli dice, non ha nulla di equivalente a tali verifiche.

Uno strumento pu rompersi, o pu diventare antiquato. Ma difficilmente possiamo dire che sottoponiamo uno strumento alle pi severe verifiche progettabili per rifiutarlo in caso negativo. Per esempio ogni intelaiatura aerea, pu essere "testata fino alla distruzione", ma questo test severo viene effettuato non per rifiutare tutte le intelaiature se questa viene distrutta, ma per avere informazioni sull'intelaiatura (cio per verificare una teoria su essa), in modo da poterla usare nei limiti della sua applicabilit (o sicurezza).

Una teoria pu continuare ad essere usata per scopi strumentali di applicazione pratica persino dopo la sua confutazione, entro i limiti della sua applicabilit. Un astronomo che crede che la teoria di Newton risultata falsa non esiter ad applicare il suo formalismo entro i limiti della sua applicabilit...

Gli strumenti, e persino le teorie in quanto strumenti, non possono essere confutati. L'interpretazione strumentalista non sar quindi in grado di render conto dei veri test, che sono tentativi di confutazione, e non andr oltre l'asserzione che teorie differenti hanno differenti campi di applicazione. Ma poi non pu forse rendere conto del progresso scientifico (POPPER, 1968, pp. 112-113).

Forte di ci Popper conclude che lo strumentalismo una "filosofia oscurantista" (p. 113).

Per me questo passo fu davvero illuminante. Chiaramente Popper aveva capito in pieno l'attacco dello strumentalismo. Il suo esempio dell'astronomo era un'accurata predizione di come gli scienziati e gli ingegneri della NASA facevano i loro interessi quando mandarono un uomo sulla Luna: essi fecero tutti i calcoli con le formule newtoniane perch ci era molto pi semplice e meno dispendioso in termini di tempo di quelle einsteniane, anche se sapevano bene che la teoria newtoniana del sistema planetario non era pi considerata vera da un pezzo.

(4) Anch'io ho peccato in questo senso, perch per molto tempo ho tradotto il vocabolo francese usato da Piaget intelligence con l'inglese "intelligence" dimenticandomi che in molti contesti va letto come "mind" in quanto in francese questo nome manca. (5) Se non altrimenti indicato, la traduzione delle citazioni dai testi francesi, e tedeschi, sono mie. (6) Ovviamente un'eccezione rilevante il matematico "intuizionista" L. E. J. Brouwer, ma conobbi il suo scritto pertinente (Brouwer, 1949) soltanto dopo che ebbi pubblicato il mio "modello attenzionale" (Giasersfeld, 1985).

(7) Sebbene avessi usato questa definizione in conferenze e conversazioni, essa non apparve in stampa fino al 1989 nel mio pezzo sul costruttivismo in International Encyclopaedia ofEducation (1989a), Supplemento 1 p. 162.

(8) Ho usato citazioni simili da Helniholtz, Mach, Einstein e Bridgman nei miei saggi, e altre sono ritrovabili in scritti filosofici di Bolir, Dirac, Bom e Schdinger.

(9) Si noti che sto usando l'aggettivo "tecnico" per riferirmi alla tecnica o al metodo della scienza, non alle macchine e alla tecnologia.

Torna a capo. CAPITOLO II IDEE FILOSOFICHE IMPOPOLARI: UNA STORIA IN CITAZIONI


Nel primo capitolo ho raccontato come le circostanze biografiche - la mia educazione, il vivere in certi luoghi, l'incontro di alcune persone eccezionali, le letture eclettiche - mi abbiano portato ad un modo di pensare non- convenzionale. Eppure non c' nulla di nuovo riguardo le idee che formano il costruttivismo radicale. L'unica novit pu essere il modo in cui sono state raccolte e separate dal contorno metafisico. Concordo con la definizione di Bertrand Russell:

problema serio. Rinunciando alla ricerca di una certa conoscenza della realt, si sono privati proprio dell'argomento che i filosofi usano per distinguere la conoscenza dalla mera opinione o credo. Di conseguenza questi pensatori ribelli venivano per lo pi messi ai margini come sviati o venivano trascurati nella storia della filosofia. Il modo di pensiero tradizionale era ed tuttora troppo forte per essere scosso da una critica che non offre un immediato rimpiazzo.

Negli ultimi cent'anni, la situazione ha cominciato a cambiare. Nel diciannovesimo secolo la scienza era vista come una sofisticata estensione del buonsenso che aveva gradualmente svelato i misteri del mondo reale. Il successo della tecnologia sembrava una conferma indiscutibile dell'epistemologia realista. Poi vennero degli sviluppi scientifici spettacolari - specialmente in fisica teoretica - che produssero dubbi interni al carattere rappresentazionale delle spiegazioni scientifiche. Avrebbe potuto la scienza svelare il carattere del mondo com'? Il passo di Heisenberg che ho riportato nel capitolo precedente, suggerisce che lo scienziato non possa sfuggire al modo umano di vedere e pensare. In questo modo l'oggettivit viene messa in dubbio. Verso la fine della sua vita, Jacob Bronowski descrisse il cambiamento della situazione.

Non c' permanenza dei concetti scientifici perch sono solo nostre interpretazioni di fenomeni naturali. ... Facciamo soltanto un'invenzione temporanea che copre quella parte del mondo accessibile a noi in quel momento (BRONOWSKI, 1978, p. 96).

Oggi la stessa filosofia della scienza brulica di idee che sovvertono la millenaria tradizone realista e le sue mire di una -conoscenza oggettiva. Di fronte a questo scompiglio, sarebbe appropriato e legittimo rivedere la storia del dissenso epistemologico.

Un simile riesame per me di grande interesse. Non perch spero di trovare molti pionieri del costruttivismo, ma perch registrare i pensatori che hanno contrastato il punto di vista stabilito, conferma la necessit di un approccio radicalmente diverso al problema del conoscere.

Torna a capo. I Presocratici

Invero, il ragionamento che sta nell'intuizione di Senofane coinvolge la logica del pensare non i particolari dell'esperienza. Per pretendere vera conoscenza del mondo si deve essere certi che l'immagine che si compone sulla base delle proprie percezioni e concezioni sia in ogni aspetto una vera rappresentazione del mondo come lo realmente. Ma per essere certi che vi sia un'uguaglianza si dovrebbe essere in grado di comparare la rappresentazione con ci che si suppone rappresenti. E ci impossibile perch non si pu uscire dalle modalit umane di percepire e concepire.

Circa un centinaio di anni dopo, Protagora, il primo sofista nel V sec a.C. formul la famosa frase: L'uorno misura di tutte le cose (PROTAGORA, 1971, p. 171). Oggi potremmo dire: la visione che un essere umano ha del mondo, necessariamente una visione umana. A meno di non rivendicare una certa forma di rivelazione mistica diretta, qualunque cosa definiate conoscenza - i vostri concetti o idee, le relazioni che le collegano, le vostre immagini di s e del mondo - saranno umani perch il modo in cui li avete prodotti vostro, e voi, che vi piaccia o no, siete vincolati ai modi umani.

Tutti i grandi filosofi del mondo occidentale hanno ammesso l'irrefutabilit logica di questa argomentazione. Eppure hanno faticato per trovare un modo per girargli intorno. In un modo o nell'altro, esplicitamente o surrettiziamente, sotto la maschera della metafisica, hanno fatto ricorso al misticismo o alla rivelazione religiosa.

Platone era apparentemente conscio del carattere paradossale del concettto di conoscenza e cerc di risolverlo con la metafora della linea divisa in quattro parti (La repubblica, 509d-517b). 1 primi due segmenti rappresentavano il mondo dei sensi: immagini ombrose di immaginazione e di congetture, e le forme delle cose che deriviamo dalla percezione. Queste non sono cose reali, ed egli illustr ci con il famoso mito della cavema. In questo dominio non c' conoscenza sicura, ma solo "opinioni" (doxa). La terza sezione sosteneva la comprensione dei prodotti del pensiero (episteme), come la matematica. La quarta corrispondeva alle idee eterne di bellezza, giustizia e bont, che sono in dotazione ad ogni uomo da quando Dio cre l'universo, ed qui che pu essere raggiunta la vera saggezza. La metafora della linea doveva suggerire la possibilit di sviluppo, come se si potesse fuggire dalle ombre della grotta e giungere a vedere la Verit divina con il potere della ragione umana.

Torna a capo.

Il secondo passo di Eriugena presagisce il Cogito ergo sum di Cartesio, ma non incoraggia la vana speranza che la stabilizzazione della propria esistenza possa servire da base per il raggiungimento di certe verit sul mondo:

L'uomo, come Dio, pu sapere con assoluta certezza che egli , ma non pu circoscrivere la sua natura in modo da essere in grado di dire che cosa egli sia (citato in KEARNEY, 1985, p. 97).

Quando i pensatori bizantini asserivano l'impossibilit di afferrare il carattere essenziale di Dio per mezzo di concetti umani, facevano della teologia. Comunque, l'afferinazione che i nostri concetti vengano formati sulla base della nostra esperienza e non possano quindi essere usati per descrivere qualsiasi cosa che stia fuori dal campo esperienziale, si applica non solo a entit superumane ma anche ad ogni "realt" che poniamo oltre le cose di cui abbiamo esperienza. Eriugena quindi enfatizza il fatto che la ragione opera in base alle sue stesse regole e non pu trascenderle (vedi KANT, Sotto).

Torna a capo. La scienza moderna amplia la spaccatura


Quindi, sin da prima dell'anno mille si proponeva l'esistenza di due diversi tipi di conoscenza, anche se la divisione non era proprio quella proposta da Platone. Per lui l'esperienza sensoriale conduceva ad "opinioni" e la ragione a "conoscenza certa". Ora, abbiamo la chiara, ma fallace conoscenza dell'esperienza e l'etema verit della rivelazione mistica. La spaccatura nel concetto di conoscenza fu presente, ma piuttosto latente per tutto il Medio Evo (v. McMuLLiN, 1988, p. 13). Divenne d'attualit nel Rinascimento, quando Copernico, Keplero e Galilei proclamarono un modello del sistema planetario in diretta contraddizione con gli insegnamenti della Chiesa. Uomini saggi quali Osiander, il curatore dell'opera postuma di Copernico, e il cardinale Bellarmino, che cerc di aiutare Galilei per evitargli il processo per eresia, cercarono di allentare il contrasto. Sostenevano che lo scienziato non stava commettendo un'eresia in quanto usava la sua teoria per calcolare predizioni e per fornire plausibili modelli di fenomeni (4). L'unica cosa che non doveva fare rivendicare la descrizione della realt del mondo di Dio, perch il mondo di Dio di competenza della Chiesa e del suo dogma. Era la prima chiara asserzione secondo cui la conoscenza della scienza doveva essere considerata strumentale e fallibile, mentre la saggezza mistica della rivelazione era indiscutibile ed un fine in s.

risolvere tutti i problemi, in~ clusi quelli posti dalla scienza. Ma non erano pronti ad ammettere che una fede mistica o religiosa fosse il modo per afferrare quelle verit. Non volevano fare senza Dio, ma Egli avrebbe dovuto operare secondo la razionalit umana.

Torna a capo. Un insuccesso e un successo di Cartesio


Cartesio profondamente turbato dal fatto che alcuni suoi contemporanei stessero applicando gli insegnamenti riscoperti della scuola di Pirrone alle credenze religiose, decise di perseguire la ricerca di una conoscenza certa evitando qualsiasi compromesso. Assoggettando tutte le idee al dubbio, egli sperava di isolare quelle che non potevano essere dubitate. Ne trov solo una: non poteva dubitare sul fatto che fosse lui che stava pensando ai dubbi. Ma quando cerc di usare questa certezza per costruire altre idee che fossero indubitabili, fall e dovette ricorrere ad un atto di fede. "Considerato che Dio non imbroglia" egli disse 1a facolt della conoscenza che Lui ci ha dato non pu essere fallace" (POPKIN, 1979, p. 177).

Invece di demolire lo scetticismo, il metodo del dubbio di Cartesio lo ha valorizzato. Altre cose dimostrano il suo genio. Una di queste fu l'invenzione della geometria analitica, il modo ingegnoso di tradurre la geometria in algebra. Mi raccontarono come giunse a ci quando frequentavo le scuole superiori.

La storia apocrifa ma attraente per i costruttivisti. All'et di 23 anni, Cartesio si arruol e venne trasferito nel sud della Gen-nania. A quei tempi non c'era la guerra ed egli alloggiava in una casa di contadini. Era inverno e trascorreva la maggior parte del suo tempo in casa e, come diceva, "in una stufa". Pu suonare strano, ma se uno conosce le case dei contadini in quella regione, non ne fa un mistero. Un angolo del soggiorno generalmente occupato da una grande stufa di ceramica che ha una struttura di legno tutt'intorno ed sormontata, ad una sessantina di centimetri dal soffitto, da una piattaforma larga abbastanza per distendersi. t il luogo pi caldo della casa - e le mosche lo sanno. Usano infatti questa parte del soffitto come casa base.

Sdraiato su questa piattaforma, Cartesio guardava il soffitto e vedeva le mosche gironzolare. Avendo un'inclinazione matematica, si chiese come si potessero descrivere accuratamente i loro movimenti - ed ebbe un colpo di genio. C'erano due linee, formate dall'incontro delle pareti con il soffitto, che si incontravano proprio ad angolo retto nell'angolo della stanza. La posizione della mosca poteva essere descritta proiettandola su entrambe le linee e misurando le rispettive distanze delle due proiezioni dall'angolo. Se la mosca si muove in linea retta e se si applica la stessa procedura al punto finale del

Questa una fonte di idee che ogni uomo ha internamente in s; e sebbene questa facolt non sia un senso, poich non ha niente a che fare con gli oggetti esterni, essa vi si avvicina di molto e si potrebbe chiamarla senso interno. Ma poich chiamo sensazione l'altra fonte delle nostre idee, questa la chiamer riflessione, perch per suo mezzo la mente riceve soltanto le idee che essa acquista riflettendo entro se stessa sulle proprie operazioni. Perci appunto nel seguito del presente discorso per riflessione intendo la conoscenza che la mente acquista delle proprie operazioni, e delle loro modalit, per mezzo delle quali si giunge ad avere idee di queste operazioni nell'intelletto (LOCKE, 1690, Libro Il, Cap. 1, par. 4).

Locke sapeva bene che Cartesio (e Galilei) avevano discreditato l'aff idabilit delle sensazioni di colore, sapore, odore ecc. (qualit secondarie) ed egli confermava che noi soltanto:

immaginiamo che quelle idee siano somiglianze di qualcosa realmente esistente negli oggetti stessi (ibidem, Cap. VIII, par. 25). In contrasto, le qualit "primarie": volume, figura, numero, situazione, e movimento o quiete, possono essere appropriatamente chiamate qualit originali o primarie; perch sono nelle cose stesse, sia che le percepiamo sia che non le percepiamo: e dalle loro diverse modificazioni dipendono le qualit secondarie (ibidem, par. 23).

Egli non spiega perch considera queste meno "immaginarie" che la realt delle qualit secondarie. Invero, curioso che il padre dell'empirismo qui si allinei tacitamente con l'idealismo di Platone e che creda che ci siano idee che non derivino dall'esperienza.

Torna a capo. L'esagerazione della tabula rasa


t stato detto tanto dello slogan secondo cui la mente del bambino appena nato una "tabula rasa" su cui solo l'esperienza inscrive conoscenza. Locke stesso us espressioni quali "cabinetto vuoto---, 'Toglio bianco" e "tavoletta cerata", ma in vista di ci che egli diceva riguardo alle idee che sorgevano dalla riflessione della mente sulle sue stesse

Una reinterpretazione di Berkeley


Berkeley, il secondo empirista britannico, lesse Essay Concerning Human Understanding di Locke agli inizi del diciottesimo secolo, mentre studiava al Trinity College di Dublino. L'allora ventenne filosofo annot su un taccuino le prime formulazioni di idee che poi svilupp e spieg nel suo Essay Toward a New Theory of Vision (1709) e nel Treatise Concerning the Principles of Human Knowledge (1710) (6). Esistono anche diversi passi che indicano accordi e disaccordi con Locke. Uno dei maggior disaccordi riguarda la relazione tra "qualit priniarie" e cose reali.

Credo che l'obiezione di Berkeley all'idea che queste qualit siano meno dipendenti dall'osservatore e quindi "pi vere" delle secondarie, derivi da una considerazione che non ha mai espresso meglio in altre sue opere.

Estensione, movimento, tempo includono l'idea di successione, e come tali sembrano essere di considerazione matematica. Il numero consiste di successione e di percezione distinta che a sua volta consiste in successione, perch le cose simultaneamente percepite si mescolano insieme nella mente. Tempo e movimento non possono essere concepiti senza successione, e l'estensione... non puo essere concepita se non come consistente di parti che possono essere percepite distintamente e in successione (BERKELEY, 1706, par. 460).

L'espressione "considerazione niatematica" diventa chiara se si pensa che il citato paragrafo 460 la risposta che Berkeley d ad una domanda sull'estensione da lui stesso posta in un paragrafo precedente, il 111.

Numero non nella materia, perch esso la creatura della mente dipendente interamente dalla sua considerazione ed essendo pi o meno come piace alla mente (ibidem, par. 110).

Berkeley era ben consapevole che tutto il pensiero matematico risultava dalla riflessione e dall'astrazione. Quando capi che la successione non poteva essere propriet degli oggetti sensoriali ma doveva essere astratta dalla riflessione di un soggetto sulla sua propria esperienza, la chiam una nozione matematica, anche dove essa dava origine non a numeri, ma a concetti come l'estensione, il movimento e il tempo. Il punto importante qui capire che le caratteristiche che erano considerate primarie (nel senso che riflettono

Pi avanti nell'opera, quando discute sulla "comunicazione del moto per impulsi, come nell'urto di due palle da biliardo" egli dichiara:

Quando quindi diciamo che un Oggetto collegato ad un altro intendiamo solo che essi hanno acquisito una Connessione nei nostri pensieri, e danno origine a questa inferenza, con cui ambedue diventano Prove reciproche dell'Esistenza (ibidem, Saggio VII, parte 1).

t cruciale ricordare che Locke e Hume si interessavano di intelligenza umana, Berkley di conoscenza umana. Tutti e tre puntavano l'attenzione principalmente su come la mente umana acquisisce conoscenza e come questa si costituisce. Quando Hume nel contesto del brano riportato parla di "esistenza" l'esistenza che Berkeley ha definito come percettibilit nel dominio defl'esperienza, e non essere ontologico. Diventa chiaro che quest'interpretazione viene giustificata quando si legge un altro passo di Hume concemente la questione se le percezioni dei sensi siano prodotte da oggetti estemi che rassomiglino loro:

E come si potr determinare questa Questione? Sicuramente con l'esperienza; come tutte le altre Questioni di ugual Natura. Ma qui l'esperienza e deve essere interamente silenziosa. Alla Mente non si presenta nulla tranne le percezioni e non pu possibilmente raggiungere alcuna Esperienza della loro connessione con Oggetti. La supposizione di una tale Connessione quindi, senza Fondamento nel ragionamento (ibidem, Saggio XII, parte I).

Dopo ci non si pu pi onestamente giustificare la credenza che la conoscenza umana possa rappresentare una realt assoluta, ragionando sull'esperienza. Per mantenere tale credenza si deve ora cercare un supporto nel regno della metafisica (7).

Capire che "relazionare" in ogni circostanza un atto concettuale e che quindi richiede una mente attiva per concepirlo, stato senza dubbio uno dei fattori che sugger a Kant di dire che Hume lo aveva scosso dal "sonno dogmatico" (KANT, 1783, p. 260).

Torna a capo.

Egli apre il trattato su 1a pi antica saggezza degli abitanti dell'Italia" con alcune osservazioni etimologiche. Per il parlante latino, egli afferma, le parole verum efactum erano intercambiabili (9), intelligere significava quasi lo stesso di "conoscere" e:

Ratio, per essi, significava s l'addizione degli elementi di aritmetica, come quella facolt propria dell'uomo, per cui ei dai bruti differisce e di tanto avanza; ... (Vico, 1710, Cap. I. par. 1, 1).

La ragione, egli diceva, produce conoscenza scoprendo come le cose vengono messe insieme o fatte. Essa specifica di che cosa esse consistano e come le componenti siano messe in relazione tra loro. Per Dio, creatore del mondo, fare e sapere sono uno e lo stesso, e la Sua conoscenza infinita.

Ora alla norma di questo vero convien rapportare tutte le verit umane; ossia che tra le cognizioni umane sono vere quelle, i cui elementi sono in noi stessi e coordinati e in noi medesimi contenuti, e per via di postulati veniamo a dedurre all'infinito; e allorch mettiamo insieme tali elementi, ci rendiamo i fattori di quei veri, che nel comporre conosciamo; e per conseguenza possediamo il modo, o forma, con cui addivenghiamo i fattori di questi veri (11) (Vico, 17 10, Cap. 1, par. 111, 2).

La ragione umana, quindi, pu conoscere solo quelle cose che sono fatte di materiale a cui essa ha accesso - ed materiale di esperienza - ed attraverso il fare che sorge la loro conoscenza. Che io sappia, Vico fu il primo ad affermare in modo inequivocabile che la nostra conoscenza razionale viene costruita da noi stessi. Era per anche un uomo di fede e si interessava di metafisica, quindi voleva render conto anche della conoscenza metafisica. Lo fece in modo semplice ed efficace dividendo la conoscenza in due tipi: "conoscenza razionale" riguardante il mondo dell'esperienza quotidiana e della scienza; e 1a saggez~ za poetica" riguardante ci che sta oltre il mondo tangibile.

Il razionale pu venir espresso in 1inguaggio volgare" e con esso Vico intendeva le parole che designano cose esperienziali e le relazioni da esse astratte. Il poetico, in contrasto, espresso in metafore che mirano al di l dell'accessibile razionale. Disse esplicitamente:

lo usa con significati ben distinti che caratterizza per mezzo di espressioni facilmente confondibili: trascendentale e trascendente. Egli chiama le sue indagini analiticolcritiche sulla ragione "filosofia trascendentale" e specifica che essa ha a che fare con:

Intelligenza e ragione stessa come sistema di concetti e principi che riguardano oggetti in generale senza l'assunto di cose che potrebbero essere date (ontologia). La seconda (il trascendente) riguarda la Natura, cio, la somma degli oggetti dati - sia che siano dati ai sensi, o se si vuole, a qualche altro tipo di intuizione (KANT, 1787; p. 873, miei corsivi).

Egli ripete spesso che tutto ci che appartiene a questa seconda parte, cio il 'Vascendente", "speculativo" e "va oltre i limiti dell'esperienza possibile". Secondo me, questa seconda parte non razionalmente accessibile perch deve usare concetti e linguaggio derivati dall'esperienza, e l'uso di tali mezzi "oltre i limiti dell'esperienza" implica allora che il raggio della loro applicazione si estenda oltre il dominio in cui si sono formate. Concordo con Vico e sostengo che quando si possa parlare di una cosa solo con metafore poetiche, quella cosa vada considerata trascendente. Pertanto appartiene all'ambito del mistico.

La "filosofia trascendentale" di Kant, comunque, un'analisi puramente razionale della comprensione umana e fornisce un modello per molti versi fondamentale all'orientamento costruttivista.

Nella prefazione alla Critica della ragion Pura~ Kant osserv che secondo lui tutti i primi tentativi per indagare i prodotti del nostro conoscere, cio la nostra cognizione, non progredivano con il "passo sicuro della scienza" (1787, p. VII) (14). Una ragione di ci che:

Finora si sostenuto che tutta la conoscenza dovesse conformarsi agli oggetti. ... D'ora in poi si potrebbe cercare di scoprire se non possiamo andare oltre .. . se partissimo dall'assunto che gli oggetti debbano conformarsi alla nostra cognizione (KANT, 1787, p. XVI). Disse che Galilei, Torricelli e altri scienziati "videro la luce":

Il "dobbiamo supporre" un punto cruciale. 1 realisti saranno portati a dire che la teoria di Kant richiede l'esistenza di "cose reali" nel senso di vere "cose-in-s". lo credo che quest'interpretazione sia sbagliata. Piuttosto, Kant qui parla di una necessit che sorge nella "vita pratica", specialmente quando vogliamo coordinare le nostre azioni con quelle de gli altri. La cosa-in-s, ripete spesso Kant (es. 1787, p. 591, 610), va intesa come "prodotto del pensiero" (Gedankending) che serve da "finzione euristica" (1787, p. 799). Secondo me, ci copre qualunque concetto di una realt ontica strutturata in spazio e tempo. La finzione di una tale realt, comunque, diventa necessaria nelle interazioni sociali.

In un saggio successivo, 'Uabilit di conoscere" (vom Erkenntnisvermgen, la prima sezione della sua Anthropologie del 1800), quando spiega il suo approccio ai sensi, ritorna al concetto di "apparenza":

Solo le percezioni dei sensi (presentazioni empiriche con consapevolezza) possono venire chiamate apparenze. Esse divengono conoscenza empirica, cio esperienza, solo quando l'intelligenza le unisce e le collega con una regola di pensiero (che porta ordine nel molteplice) (KANT, 1800, WERKE, VOI. VII, p. 144).

Il termine kantiano "il molteplice" (das Mannigfaltige) indica un altro concetto chiave, ed comprensibile solo congiuntamente al presupposto fondamentale deilla sua teoria secondo cui spazio e tempo sono forme basilari che la ragione umana impone su tutta l'esperienza. Queste fori-ne sono a priori perch riguardano il funzionamento della ragione. Il "molteplice", quindi la materia grezza su cui possono operare la percezione e la ragione costruttive. William Jarnes l'ha chiamato "una grande fiorente e ronzante confusione" (James, 1962, p. 29). Per la neurofisiologia contemporanea, si potrebbe dire, la totalit degli impulsi elettrochimici continuamente generati dagli organi sensori del sistema. E anche se assumessimo che questi impulsi fossero causati da differenze di un substrato ontico, essi non potrebbero condurre informazioni qualitative perch qualitativamente sono tutti uguali (vedi sotto, capitolo VI).

Cos esperienza ci che il soggetto coordina (costruisce) impiegando gli elementi del molteplice - ed il fatto che solo certe cose siano costruite mentre altre no, vien deterininato dalla struttura della ragione, che Kant considera l'argomento primario della sua filosofia trascendentale. Questa filosofia si chiama giustamente "idealismo razionale". Propone un ingegnoso e meticoloso modello che la ragione costruisce di se stessa e riduce la visione dell'universo interamente alle idee. Per tutto ci che giace fuori

Ma c'erano altri scienziati - e alcuni dei pi grandi - che non condividevano questo facile ottimismo. Hermann von Helmholtz, per esempio, attento lettore di Hume e di Kant, scrisse:

Solo tardi (nella mia vita) mi fu chiaro che il principio di causalit di fatto nient'altro che la presupposizione della sistematicit di tutte le apparizioni della natura (1--IELMHOLTZ,1881/1977) (16).

La causalit, quindi parte di un progetto che la ragione impone all'esperienza per renderla intelleggibile. Ma un tale progetto da dove arriva? Hume sugger che sorgeva dalla ripetuta contiguit delle percezioni nel flusso dell'esperienza. Quest'idea venne presto screditata da una semplice osservazione: nella nostra esperienza, la notte contigua al giomo e il giorno contiguo alla notte, eppure non ha senso considerarne uno causa dell'altro. Per Kant, la relazione di causa ed effetto era una categoria "a priori sintetica", intrinseca all'inizio del nostro pensiero. Non la intendeva innata o data-da-Dio nel senso platonico. Era una di quelle finzioni euristiche di cui la ragione ha bisogno per generare un'immagine razionale di s come produttrice della comprensione.

Tale circolarit una caratteristica inevitabile non solo della filosofia trascendentale di Kant ma di qualunque tentativo di costruire un modello razionale di come noi generiamo un'immagine coerente del mondo dall'interno della nostra esperienza. Costituisce il mezzo per colmare le lacune che la mistica soddisfa con una metafora poetica. Il costruttivista sa bene che la circolarit inevitabile, ma vorrebbe ridurla al minimo. Nel caso della causalit, un'analisi concettuale plausibile venne fornita molto tempo dopo, dalla Genetic Epistemology di Piaget (v. Cap. III).

Torna a capo. Nuovo carburante per lo strumentalismo


Per tutti gli approcci strumentalisti alla conoscenza, l'evento pi importante del diciannovesimo secolo fu la pubblicazione della teoria dell'evoluzione di Darwin. Probabilmente William James fu il primo a fare il collegamento pi rilevante. In un brillante saggio in cui oppone la precisa nozione di selezione di Darwin ai vuoti assunti sociologici di Spencer, egli esprime il suo parere sulle origini dei nuovi concetti:

Comunque, "conferma nell'esperienza" un argomento ben pi complesso se coinvolge strutture concettuali piuttosto che risposte o attributi biologici. Il modo di operare dell "'adattamento" a livello concettuale non lo stesso del livello fisico dell'organismo (l'equilibrio concettuale sar discusso nel cap. III).

Il filosofo e sociologo tedesco Georg Simmel osserv pi tardi che l'approccio evoluzionistico:

Elimina il dualismo di una verit in-s indipendente e... l'esperienza o la selezione concernente l'interazione pratica con il mondo come giungiamo a conoscerlo - perch l'esperienza degli effetti delle azioni allo stesso tempo crea verit (SIMMIEL, 1895, p. 44).

In altre parole, la necessit che la conoscenza venga definita vera solo se riflette un mondo reale viene abbandonata per la necessit che venga trovata conducente al raggiungimento dei nostri fini secondo le nostre aspettative. Con questo modo di vedere diviene chiaro che la modalit con cui esperiamo il mondo dipende dalle ipotesi e dalla conoscenza che ci aiuta a concettualizzare il nostro ambiente esperienziale. Questo ci che intendeva Heisenberg quando diceva che pi profondamente gli scienziati naturalisti guardano nella natura, pi essi capiscono che ci che vedono il riflesso dei loro stessi concetti (v. cap. 1).

Malgrado questo problema, il movimento dell'epistemologia evoluzionistica che si svilupp intorno all'opera di Konrad Lorenz, ha ottenuto un successo considerevole, specialmente nella forma estesa datagli da Donald Campbell che la caratterizz come "realismo cri

tico ipotetico". Egli concorda con Lorenz che i concetti di spazio, tempo, causalit non sono, come pensava Kant, elementi a priori della ragione umana, ma piuttosto il risultato dell'adattamento all'universo di organismi viventi. Sostiene per che la fisica moderna "procura una visione della realt molto pi finemente parcellizzata".

Il Ding an sich viene sempre conosciuto indirettamente, sempre nel linguaggio dei postulati dei conoscitore, sia che queste mutazioni govemino forme corporee, o percetti

indagini sull'uso comune del linguaggio, Vaihinger segue Kant e analizza le possibilit di concettualizzazione. Ci lo porta ad accentuare la distinzione estremamente importante tra "finzioni euristiche" (un termine di derivazione kantiana) e "ipotesi".

Il modo in cui distingue i due concetti suona assai semplice, ma condurrebbe ad un'errata interpretazione se il lettore non tenesse in considerazione la sua derivazione dalla teoria della conoscenza razionale kantiana. Un'ipotesi, come abbiamo visto, deve essere verificabile. Deve essere definitivamente inclusa nella famiglia delle idee scientifiche quando Si scopre che vera, cio, verificata. ... Una finzione non pu essere confermata dall'esperienza ma pu essere giustificata con il servizio che rende alla scienza. ... Una volta giustificata, la finzione verr ammessa come membro utile al dominio delle idee. Quando aiuta un computo mentale a produrre un risultato utile praticamente, come per esempio, quando il metodo degli infinitesimali rende computabile una curva, quando una spartizione conduce ad un ordine pratico, allora queste idee ausiliarie sono giustificate. ... Proprio come l'ipotesi sottomessa ad una verifica della realt esperienziale di ci che era stato ipotizzato, cos la finzione viene verificata per l'utilit e l'appropriatezza pratica di ci che ha inventato (VAMINGER, 1913, pp. 610-611).

La "verifica" di cui parla all'inizio del passo riportato non intesa ontologicamente, ma, come l'autore stesso chiarisce pi tardi, intesa come conferma per mezzo dell'esperienza. Sebbene Vaihinger abbia creato un notevole guazzabuglio tra i pensatori dell'Europa continentale, fu praticamente ignorato tra i filosofi inglesi. E comunque la sua nozione di finzione utile recentemente riapparsa sotto altro nome. Gregory Bateson, nel suo ben noto e spesso citato "Metalogue: What is an Istinct?" (1972), parla di un "principio esplicatore" che, come la gravit, pu spiegare "tutto ci che vuoi che spieghi". Il modo in cui Bateson distingue i principi esplicatori dalle ipotesi non esplicito come quello di Vaihinger, ma collega l'idea della finzione utile a quella del cibernetico che costruisce un modello concettuale o meccanico per sostituire qualcosa di inaccessibile. Egli spiega ci a sua figlia:

Padre: Vedi, un'ipotesi cerca di spiegare un qualcosa di particolare, ma un principio esplicatore - come la gravit o l'istinto - non spiega proprio niente. t una sorta di accordo convenzionale tra gli scienziati per smettere di cercare di spiegare cose ad un certo punto.

filosofici, il suo principio pi importante e cio che il significato delle parole va ricercato nella mente del parlante piuttosto che nel dominio dei cosiddetti oggetti reali.

Dobbiamo un compendio della teoria di Saussure a due suoi assistenti che compilarono un libro, molto interessante e leggibile, da appunti loro e di altri studenti e, fatto pi importante, dagli appunti delle lezioni preparati dal loro maestro.

Ci che distingue le indagini di de Saussure da quelle dei filologi e di molti altri linguisti che egli non inizia analizzando un vocabolario o le regole grammaticali, ma piuttosto esaminando come funziona il lingaggio. Quando due persone parlano tra loro, egli annota, entrambe emettono suoni ed entrambe odono i suoni emessi dall'altro. Egli illustra ci in un diagramma con due parlanti collegati da due frecce a formare un circuito. Supponete che due persone, A e B, stiano conversando tra loro. Supponete che l'apertura del circuito sia nel cervello di A, dove i fatti mentali (concetti) sono associati alle rappresentazioni dei suoni linguistici (immagini-suono) usati per esprimersi. Un concetto dato fa scattare una corrispondente immagine-suono nel cervello; questo fenomeno puramente psicologico seguito da un processo fisiologico: il cervello trasmette un impulso corrispondente all'immagine, agli organi usati per produrre suoni. Quindi le onde sonore viaggiano dalla bocca di A all'orecchio di B: un processo puramente fisico. Poi, il circuito continua in B, ma in ordine inverso: dall'orecchio al cervello, la trasmissione fisiologica dell'immagine-suono; nel cervello l'associazione psicologica dell'immagine con il concetto. Se B poi parla, un nuovo atto - dal suo cervello a quello di A - seguir esattamente lo stesso corso del primo e passer attraverso le stesse fasi successive, ... (DE SAUSSURE, 1959, p. 11-12).

Questa spiegazione allo stesso tempo semplice e fondamentale. Offre un modello della meccanica della comunicazione che illustra due cose.

I. La corrispondenza nei due sensi tra immagini sonore e concetti, che di fatto la connessione semantica tra un vocabolo e il suo significato, il risultato di un'associazione psicologica. Le associazioni psicologiche, comunque possono essere forinate soltanto da un individuo nella sua esperienza soggettiva (v. Cap. VII).

Torna a capo. Conclusione


A questo punto ormai chiaro che questa carrellata attraverso la storia delle idee la presentazione soggettiva di brani che un lettore eclettico ha collezionato nel suo tentativo di costruire un modello della conoscenza relativamente coerente e noncontraddittorio. Non mira a presentare un'interpretazione oggettiva di ci che gli autori menzionati intendevano, ma solo una lettura viabile. Credo che neanche una ricerca ermeneutica possa produrre una vera replica dei concetti che i pensatori avevano in mente. Ho scelto quindi di interpretare i loro testi come meglio ho potuto dal mio punto di vista. Concordo con il poeta (e matematico) francese Paul Valry, che disse:

Ho gi spiegato ci che penso dell'interpretazione letterale; ma non si insiste mai abbastanza: non c' un vero significato di un testo. Nessuna autorit dell'autore. Qualunque cosa avesse voluto dire, scrisse ci che scrisse. Una volta pubblicato, un testo come un utensile che tutti possono usare come vogliono e in accordo ai propri mezzi: non detto che il costruttore potesse usarlo meglio di qualunque altra persona (VALERY, 1957, p. 1507).

Ho cercato di dar corpo all'asserto secondo cui la ragione non pu avere a che fare con la mistica e con la sua saggezza. 1 pre~socratici dimostrarono gi che una realt indipendente dalle modalit di conoscenza non accessibile perch non possiamo uscire dalle nostre modalit di conoscenza. Questa era una limitazione puramente logica. I teologi bizantini aggiunsero un'altra argomentazione. Siccome i nostri concetti vengono formati con l'astrazione dall'esperienza, non si pu catturare nulla che stia al di l della nostra esperienza. Il miStico medioevale Scoto Eriugena, poi, anticip sia Vico che Kant dicendo che la ragione pu conoscere e capire solo ci che essa stessa fa seguendo le sue stesse regole.

La nascita della scienza moderna nel Rinascimento sugger che la conoscenza scientifica fosse strumentale e avrebbe potuto quindi essere separata dalla mistica, che era senza tempo. Ma la riscoperta dell'antica scuola degli scettici di Pirrone incoraggi qualcuno ad usare le argomentazioni degli scettici contro certa conoscenza per mettere in dubbio il dogma della Chiesa. Cartesio cerc di impedire ci dimostrando che c'erano, invero, cose che potevano essere conosciute con certezza. Il suo metodo del dubbio radicale, alla fine, conferm soltanto la posizione degli scettici.

In fine, de Saussure ha caratterizzato il linguaggio come un sistema di segni in cui la sola cosa essenziale l'unione dei significati con le immagini-suono, ed in cui entrambe le parti del segno sono psicologiche (DE SAUSSURE, 1959, p. 15).

Siccome quest'unione deve venir creata da ogni fruitore della lingua sulla base della propria esperienza individuale, i significati che attribuiamo alle parole non possono essere altro che soggettivi. Ci elimina la tradizionale "Teoria di riferimento obiettivo" che si basa sulla nozione che le parole si riferiscono alle cose-in-s. Invece ora si pensa che le parole si riferiscano a qualsivoglia astrazione dall'esperienza, cio, a qualunque significato che il fruitore individuale capita di aver fatto. La nozione di comunicazione sorge dall'assunto che gli organismi che vivono in gruppo e hanno la capacit di astrarre immagini ed idee dalla loro esperienze, faranno molte di quelle astrazioni in situazioni in cui sono in compagnia di altri - il che li porta all'assunto che gli altri hanno fatto le stesse astrazioni eseguite da loro. Una volta che hanno associato le immagini sonore delle parole con le loro idee, arriveranno a credere che i significati delle parole siano gli stessi ogni volta che le loro interazioni con gli altri li mostrano compatibili. Siccome questa compatibilit cruciale in molte forme di collaborazione necessaria, i membri di una comunit faranno del loro meglio per rendere i significati compatibili con quelli degli altri.

1 nostri significati, quindi, possono essere modificati ed adattati all'uso comune in interazioni sia linguistiche che non linguistiche che abbiamo con gli altri; ma il risultato di tale adattamento, al massimo, raggiunge una relativa compatibilit, ma mai un'identit.

Da tutto ci, con l'aiuto della teoria dello sviluppo cognitivo di Piaget (v. Cap. 111), il costruttivismo radicale ha formulato i suoi principi fondamentali: I. - la conoscenza non viene ricevuta passivamente n attraverso i sensi n grazie alla comunicazione; - la conoscenza viene attivamente costruita dal soggetto "conoscente". 2. - La funzione della conoscenza adattiva, nel senso biologico del termine, e tende verso l'adattezza o la viabilit; - La conoscenza serve all'organizzazione del mondo esperienziale del soggetto, non alla scoperta di una realt ontologicamente oggettiva.

(9) Si noti che nell'inglese attuale "it is true that...- ( vero che ... ) e---it is a fact that _"( un fatto che sono intercambiabili. (10) Mi riferisco al trattato di Vico dell'edizione dei 1850, che contiene sia il testo latino che la tradu~ zione di Pomodoro, con i numeri dei capitoli, paragrafi e proposizioni originali. (11) Chi ha letto Piaget sar sorpreso da questa notevole anticipazione delle idee piagetiane. (12) Egli dice "ogni metafora una favola in breve". (13) Nonostante la chiarezza di questa distinzione, Vico stesso non vacillava della sua fede religiosa e dedic molto tempo e scritti alla metafisica. In maniera parallela, ma non identica a quella di Berkeley, tent di dare validit etema ai costruiti razionali dell'uomo.

(14) Kant usa la parola Erkenntnis, che contiene la radice tedesca di "riconoscere" piuttosto che di sapere. Perci traduco "cognizione".

(15) La parola Vorstellung un termine chiave nella filosofia di Kant. Quando viene tradotto con representation (rappresentazione) si rischia di malinterpretare perch la parola inglese, cos come quella italiana, suggerisce che ci sia un originale che si sta ri-presentando. La fine della frase citata rende chiaro che Kant usa il termine come nonnalmente in tedesco, vale a dire indicando qualcosa che uno presenta a se stesso spontaneamente e non una copia di qualcos'altro.

(16) Questo fu scritto nel 1881 come aggiunta al trattato di Helmholtz dei 1847 sulla "conservazione di forza". Lo si pu trovare a p. 180 dei suoi scritti epistemologici, 1977. Storicamente interessante che il passo sia stato citato in una delle ultime conferenze del corso su-- Ifondamenti fisici delle scienze naturali" da Franz Exner (1919), che Erwin Schrdinger pi tardi cit come suo maestro.

(17) Sulla relazione tra esperienza e realt, James afferm, profondamente e sottilmente: "Ogni cosa reale deve essere esperibile da qualche parte, e ogni tipo di cosa esperita deve essere da qualche parte vera" (1912, p. 159; mia sottolineatura). Ho sottolineato "tipo" perch potrebbe essere facile trascurare la distinzione di James. Come Berkeley, egli chiama cose "reali" solo quelle che possono essere esperite da qualche parte; e tipi di cose, cio, i concetti che abbiamo astratto, devono basarsi su cose che sono "reali" nel senso da lui definito - altrimenti sono vuote o, come direbbe Vico, "metafore poetiche".

Piaget non una lettura facile. Sebbene non abbia mai cessato di elogiare la virt della "decentrazione" - l'abilit di cambiare la propria prospettiva -, egli stesso, come scrittore, non sempre cerc di mettersi nei panni del lettore. Credo che spesso per lui, come per molti altri pensatori originali, scrivere fosse un'elaborazione delle sue idee per se stesso. I suoi indefessi sforzi per esprimere i suoi pensieri nel modo pi dettagliato possibile non sempre sono d'aiuto al lettore. Eppure non ho mai dubitato che valesse la pena superare queste difficolt, infatti lo sforzo mi ha condotto ad una visione del conoscere umano che nessun'altra fonte mi avrebbe mai dato.

Per sei o sette anni mi concentrai esclusivamente su Piaget, e da allora, sono tornato sporadicamente ai suoi scritti per quasi due decenni. Eppure voglio sottolineare che ci che traccio in queste pagine il senso che un lettore abbastanza diligente ne ha estratto. Non l'unica interpretazione possibile, e sicuramente non quella ufficiale. Ma un'interpretazione che io trovo cogente e molto utile in molte applicazioni. Ma ci non la rende meno soggettiva.

Ci sono almeno una mezza dozzina di concetti che meritano una caratterizzazione precisa se si vuole arrivare ad un'interpretazione coerente della teoria di Piaget. Il compito di caratterizzare i concetti di qualcun altro necessariamente congetturale. Nessuno pu entrare nella testa di un altro per esaminare le strutture concettuali che ha associato a certe parole. Quindi, in qualit di lettori delle opere di Piaget possiamo solo far congetture su cosa significasse una data parola per lui. Ogni volta che incontriamo quel vocabolo nelle sue opere, possiamo cercare di modificare o ricostruire la nostra supposizione nella speranza di arrivare ad un'interpretazione che si adatti, se non a tutte, ad un buon numero di ricorrenze. Nei principi, questo il processo dell'ermeneutica, l'arte di sbrogliare il significato originale dei testi. Dovrebbe esser chiaro che non ci possono essere risposte assolute. Il tentativo del lettore di costruire per ogni parola un significato costante che possa adeguarsi a tutti i contesti incontrati pu portare soltanto a risultati relativi. Da una parte, la nozione di adeguamento inevitabilmente relativa e, dall'altra, si basa sull'assunto che i significati in un dato autore, sono costanti. Questo assunto improbabile nel caso in cui l'autore, come Piaget, ha usato alcune delle sue parole chiave per molti decenni durante i quali il suo pensiero era in continua espansione. Eppure sono convinto che la direzione della sua ricerca rimase invariata. Le interpretazioni e le definizioni che d qui sono quelle che per me hanno un senso alla luce delle opere di Piaget e di certi passaggi che considero centrali.

Torna a capo. La premessa biologica

La ricerca dei meccanismi per l'adattamento biologico e l'analisi di quella pi alta forma di adattamento che il pensiero scientifico, la cui interpretazione epistemologica sempre stata il mio obiettivo centrale (PIAGET, in GRUBER e VoNtcHE, 1977 p. XII).

Che l'acquisizione della conoscenza fosse "adattiva" era stato suggerito da James, Simmel e altri intorno alla fine dell'ottocento, ma Piaget vide che l'adattamento nel dominio cognitivo/concettuale non era lo stesso dell'adattamento fisiologico degli organismi biologici. Egli capi che a livello di cognizione non era una questione diretta di sopravvivenza o di estinzione, ma piuttosto un equilibrio concettuale. Quindi importante tenere a mente che quando parla di "quella pi alta forma di adattamento", i meccanismi che sta cercando sono mentali e non biologici.

Fu questa ricerca dei meccanismi della cognizione che motiv l'interesse di Piaget per i bambini. Osservando le interazioni dei bambini e dei fanciulli con il loro ambiente, intendeva isolare manifestazioni di processi cognitivi per arrivare ad un modello generalizzabile di cognizione ed alla sua ontogenesi. Dal punto di vista dei filosofi tradizionali, qualunque cosa una simile impresa potesse produrre, sarebbe stata una 'Tallacia genetica", perch per loro, la conoscenza doveva essere senza tempo e immutabile e non poteva mai essere giustificata dalla storia della sua "generazione". Di conseguenza, la maggior parte dei filosofi si sentiva giustificata se evitava tutto ci che diceva o scriveva Piaget. Gli psicologi e il pubblico in genere, d'altra parte, conclusero che era uno psicologo dell'infanzia perch i suoi testi si riferivano spesso ai fenomeni dello sviluppo nei bambini. Data questa prospettiva, fecero del loro meglio per sistemare le sue idee in modo che potessero andar bene per la psicologia tradizionale. Questo sforzo abbastanza spesso inconscio fu, probabilmente, la ragione principale delle erronee interpretazioni ben diffuse in letteratura.

Torna a capo. La costruzione attiva


Ecco un esempio tipico. Spesso (es: 1937, p. 10; 1967a, p. 10; 1970a, p. 15), Piaget afferma che la conoscenza sorge dall'attivit del soggetto attivo, sia fisica che mentale, e che l'attivit diretta ad un fine che d alla conoscenza la sua organizzazione.

... tutta la conoscenza legata all'azione, e conoscere un oggetto o un evento vuol dire usarlo assimilandolo ad uno schema d'azione ... (PIAGET, 1967a, pp. 14-15).

Quasi nessuno degli scritti di Piaget pu essere studiato senza considerare questa prospettiva rivoluzionaria. Eppure difficile rimanere consci di ci, perch Piaget solo raramente fa riferimenti alla relazione tra realt e conoscenza o ricorda al lettore che nel suo modello il "reale" sempre il mondo esperienziale.

Per tutta la sua lunga vita mir a sviluppare un modello "viabile" di come riusciamo a costruire un'ordinata immagine relativamente stabile dal flusso della nostra esperienza. Che riuscisse in ci pi di ogni altro, dovuto a parecchi fattori: il suo rifiuto ad accettare spiegazioni dogmatiche, la sua salda energia nel porre nuove domande, la sua fortuna nel trovare come collega Brbel Inhelder, indipendente e brillante ma anche cooperativa ed empiricamente orientata, ed infine la sua attitudine appassionatamente esplorativa che in retrospettiva egli stesso caratterizz quando disse:

Alla fine di una carriera meglio essere pronti a cambiare piuttosto che condannati a ripetersi (PIAGET, 1976b) (4).

Torna a capo. I punti di partenza


Piaget intraprese la sua carriera di ricercatore molto presto. Intorno al 1907, appena undicenne, osserv un passero albino in un parco pubblico vicino a casa sua a Neuchtel. Scrisse alcuni appunti e li invi ad una rivista di storia naturale. Quello scritto venne publicato e in forza di ci gli fu permesso trascorrere il tempo libero ad aiutare Monsieur Godet, direttore del locale museo di Storia Naturale, come classificatore di alcune collezioni. Cresciuto sulle rive del lago di Neuchtel, si era gi interessato ai molluschi di acqua dolce e volle il caso che Paul Godet fosse un esperto in quel settore. Per il giovane Jean fu un apprendistato affascinante.

Nel 1911, quando Paul Godet mor, il suo allievo (come ci raccont Piaget nei suoi scritti autobiografici) sapeva abbastanza di molluschi:

.. . da cominciare a pubblicare senza aiuti (specialisti nel settore ce n'erano pochi) una

serie di articoli sui molluschi della Svizzera, della Savoia, della Bretagna e persino della Columbia. Ci mi offr esperienze piacevoli. Certi "colleghi" stranieri avrebbero voluto incontrarmi, ma dato che ero solo uno scolaro, non osavo mostrarmi e dovetti declinare quei lusinghieri inviti. Il direttore del Museo di Storia Naturale di Ginevra, che stava

conoscenza quale strumento di adattamento il cui scopo la costruzione di strutture concettuali "viabili".

L'attivit costruttiva dei primi due anni di vita pone le fondamenta di ci che diventer il mondo esperienziale del bambino: essa forma l'impalcatura essenziale per le future costruzioni. Con l'espandersi dell'esperienza di vita del bambino, sulle fondamenta si costruisce una successione di strati di costrutti concettuali, uno sopra l'altro. Ad ogni seguente fase dello sviluppo, quindi, diviene difficile, se non impossibile, rintracciare introspettivamente lo sviluppo della costruzione precedente o cambiare i concetti che erano il suo immediato risultato.

Le prime ottantacinque pagine dei La construction du rel chez l' enfant descrivono lo sviluppo della nozione di "oggetto". Ci sono due fasi consecutive in questo sviluppo. La prima conduce all'instaurazione dei concetti di oggetto nel senso che il bambino coordina (associa) i segnali sensoriali di tipo "percettuale" che risultano ricOrrentemente a disposizione contemporaneamente nel suo campo sensoriale (il 10cus" della materia grezza che Kant chiam "molteplice") (6). Questi concetti potrebbero essere descritti come routine per la ricostruzione di un particolare oggetto, ogni volta che si hanno a disposizione le sue componenti sensoriali. La loro composizione pu poi servire per far scattare un'attivit specifica che stata associata a quell'oggetto. In quel caso, un osservatore potrebbe dire che il bambino riconosce l'oggetto, anche se il bambino potrebbe non essere ancora in grado di evocare una ri- presentazione, vale a dire, un'immagine visualizzata dell'oggetto, quando il materiale sensoriale pertinente non di fatto a disposizione.

La seconda fase dello sviluppo pu accadere solo quando il bambino ha raggiunto lo stadio di "irnitazione differita" (Piaget la chiama "sesta fase" dello sviluppo sensomotorio, che solitamente ricorre tra il diciottesimo e il ventiquattresimo mese di vita). L'imitazione differita si riferisce all'abilit del bambino di percorrere una sequenza di azioni fisiche in assenza della situazione percettuale che originariamente aveva portato alla coordinazione della sequenza. Quando l'esecuzione differita non coinvolge un'attivit motoria, ma la coordinazione concettuale di un oggetto costruito antecedentemente, essa produce una ri-presentazione.

Sfortunatamente Piaget solo occasionalmente compita la parola "ri -presentazione" con un trattino (es: nel suo La formation du symbole chez l'enfant, 1945). Secondo me, il trattino essenziale perch Piaget usa la parola con un significato diverso da quello inteso dai filosofi contemporanei. Per Piaget, la ri-presentazione sempre la ripetizione,

Il secondo ingrediente essenziale per la costruzione di oggetti permanenti la nozione di identit individuale. Prima della costruzione di questo concetto, un confronto tra un'esperienza presente e la ri-presentazione di un oggetto porter ad un semplice giudizio di diversit o di stessit. La nozione di identit individuale complica la questione perch introduce la possibilit di costruire due tipi di stessit. Da una parte, c' la stessit di due oggetti esperienziali che vengono considerati lo stesso sotto tutti i punti di vista esaminati (come nell'assimilazione); la chiameremo "equivalenza". Dall'altra, c' la stessit di due esperienze considerate due esperienze di un solo oggetto individuale.

La differenza tra la costruzione di equivalenza come base di classificazione da un lato, e la costruzione di permanenza come base di identit individuale dall'altro, sorge se assegniamo perdurabilit ad elementi diversi (7). Nel primo caso, l'insieme delle caratteristiche che, come gruppo, differenzia un particolare elemento esperienziale da tutti gli altri costrutti, viene astratto e mantenuto (datagli perdurabilit) per un uso futuro. Esso costituisce la sagoma o prototipo a cui le esperienze possono essere assimilate come membri della classe. Questa procedura la base di tutte le classificazioni e categorizzazioni.

Il concetto di "permanenza dell'oggetto", dall'altra parte, un'astrazione dal secondo tipo di stessit. Caratterizza la situazione in cui un bambino considera l'oggetto che sta costruendo in quel momento, identico (medesimo) a quello esperito in un momento precedente. La perdurabilit viene ora attribuita all'oggetto, che sia o non sia, di fatto, presente in quel momento. Di conseguenza, si pu dire che l'oggetto "esiste".

L'elemento dell'identit individuale indispensabile per la costruzione di molti altri concetti fondamentali, come stato e cambiamento, processo e moto, spazio, causalit e tempo (v. cap. IV). Ad ognuno di questi ultimi tre, Piaget dedic un capitolo del suo La construction du rel chez l'enfant (1937). Solo integrando questi capitoli con ci che Piaget present nella prima sezione del libro, emerge la fondainentale mutua dipendenza di questi concetti. Essi sono il sostituto costruttivista per le "categorie" che Kant chiama "a priori".

Per sostenere, per esempio, che un oggetto esperito ora, sia lo stesso (identico) esperito in un precedente momento nel flusso esperienziale, diventa necessario considerare quell'oggetto come perdurante da qualche parte fuori dal campo esperienziale. Quest'area, dove gli oggetti potrebbero risiedere negli intervalli in cui uno non li sta percependo, costituisce ci che io ho chiamato "proto-spazio". lo spazio che, fino ad ora, non ha alcuna struttura n metrica, e serve solo come deposito per gli oggetti che

Sia l'assimilazione che l'accomodamento sono termini chiave nella teoria di Piaget e sono, anche, tra i pi fraintesi. L'assimilazione spesso descritta come "il processo per cui elementi che cambiano nell'ambiente diventano incorporati nella stessa struttura concettuale dell'organismo" (NASH, 1970). Ci confonde, perch implica che la funzione dell'assimilazione consista nel trasferire materiale dall'ambiente all'organismo. Secondo me, assimilazione significa trattare materiale nuovo come un esempio di qualcosa conosciuto. Piaget stesso la definisce in molti suoi lavori. Ecco un esempio:

... nessun comportamento, anche se nuovo per l'individuo, costituisce un inzio in assoluto. t sempre congiunto verso schemi precedenti e quindi equivale ad assimilare nuovi elementi a strutture gi costruite (innate, come lo sono i riflessi, o acquisite precedentemente) (nAGET, 1976a), p. 17).

L'assimilazione cognitiva avviene quando un organismo accoglie un'esperienza nuova per mezzo di una struttura concettuale che ha gi. Un esempio concreto, meccanico, di assimilazione ci che succede in quelle vecchie macchine smista schede che lavorano con schede perforate. Se si d alla macchina un mazzo di schede da comparare con una scheda modello che ha, per dire, tre fori specifici, essa sceglie tutte le schede che hanno quei fori, indipendentemente da qualsiasi altro buco. La macchina non vede altri fori e quindi considera tutte le schede che seleziona equivalenti alla scheda modello. Un osservatore, che invece vede gli altri fori, potrebbe dire che la macchina sta assimilando tutte le schede alla sua scheda-modello. La macchina non trascura deliberatamente gli altri fori nelle schede che esamina, soltanto non le percepisce.

Piaget ha preso il termine "assimilazione" in prestito dalla biologia. Se sto mangiando una mela, qualcuno potrebbe dire: il suo corpo sta assimilando la mela. Ci non significa che la mela in qualche modo modificata per adattarsi alla struttura dell'organismo, ma significa che solo certe componenti chimiche della mela sono riconosciute come utili ed estratte dall'organismo, mentre le altre vengono ignorate e gettate. Nel modello biologico, quindi, l'assimilazione accetta proprio elementi dall'ambiente - nutrienti ed altre sostanze chimiche. Nella teoria della conoscenza, in cui Piaget adotta il termine, le cose non stanno cos, perch i processi operativi non sono traferimenti fisici, ma percezioni e/o concetti.

Una volta capito ci, il quadro che otteniamo ben diverso da quello tradizionale in Cui i sensi "trasmettono informazioni e dati all'organismo percipiente". Usando la definizione di Piaget, si pu dire: l'organismo cognitivo percepisce (assimila) solo ci che si inserisce nelle strutture che ha gi. Questa, ovviamente, una descrizione dal punto di vista dell'osservatore. E implica che quando un organismo assimila, rimane

Anche il concetto piagetiano dello schema ha le sue radici nella biologia. Piaget conosceva bene i riflessi e li studi sui suoi tre figli. Considerato che molti riflessi o schemi d'azione fissi sono del tutto operazionali nei neonati, prima che abbia luogo qualsiasi apprendimento, essi vanno considerati installati, cio, geneticamente determinati. Nei testi tradi~ zionali di biologia, sono descritti come la concatenazione di due cose: uno stimolo e una risposta, o uno stimolo chiave e uno schema d'azione fatto scattare. Stimolo ----------------------------> Risposta (attivit) Considerato che Piaget era sin dagli inizi interessato al processo di adattamento, egli vide bene che per divenire parte delle generali, geneticamente determinate, caratteristiche di una specie, questi schemi d'azione possono essere spiegati solo come risultato di una sele~ zione naturale. Il che vale a dire: gli organismi che manifestano l'azione riflessiva (a causa di mutazioni accidentali) devono aver avuto un vantaggio critico su quelli che non l'avev2Lno manifestata. Chiaramente ci non poteva essere dovuto alle azioni stesse, ma solo al loro risultato. Egli quindi concep il riflesso come consistente di tre parti: una situazione percepita, un'attivit ad essa associata, e un risultato dell'attivit benefico per colui che l'ha svolta.

Per esempio, il riflesso che fa voltare la testa al neonato in cerca di qualcosa da succhiare ogni volta che gli si tocca la guancia, deve aver costituito un considerevole vantaggio in termini nutrizionali. Gli individui che non avevano questa reazione automatica, non cercavano il seno matemo, non ottenevano latte sufficiente ed erano cos eliminati per selezione naturale.

Una volta costituito un modello del riflesso in tre parti, bastava solo rimuoverlo dalla fissit genetica e applicarlo alla conoscenza. Dopo tutto bastava osservare come, almeno nei mammiferi superiori, molti schemi di azione fissi del periodo infantile non sono cos fissi come vorrebbero i testi di biologia. Nell'animale uomo, per esempio, il riflesso sopra citato tende a sparire in seguito ai cambiamenti nutrizionali. Cos il modello del riflesso poteva essere adottato come strumento esplicativo nel campo dell'azione cognitivamente sviluppata e nelle combinazioni di pensiero che non erano per nulla genetiche. Dal punto di vista dell'organismo, diviene lo "schema d'azione" e il principio base dell'apprendimento sensomotorio. 123 Situazione Attivit Risultato percepita benefico o atteso

riesame rivela una differenza nello svolgimento dell'attivit, e anche questo potrebbe risultare un accomodamento.

La nozione di schema di Piaget non una faccenda semplice. Non la si capisce bene se non si realizza che l'assimilazione e l'accomodamento vengono assunti come soggettivi e dipendono dagli stati inosservabili del particolare "agente conoscente". L'assimilazione ha un effetto generalizzante perch mette l'agente in grado di impegnarsi in un'azione tendente a un fine, anche se, dal punto di vista dell'osservatore, la situazione di avvio non proprio la stessa delle occasioni precedenti. Se il fine non raggiunto, la perturbazione che ne risulta pu condurre ad un accomodamento. Oppure, si aggiunge una nuova condizione restrittiva al processo di riconoscimento iniziale che pu servire in futuro ad evitare che quella situazione "improduttiva" scateni l'attivit. 0, se il risultato inaspettato sar desiderabile, la condizione aggiunta pu servire per separare un nuovo schema dal vecchio. In questo caso, la nuova condizione sar centrale nella matrice di riconoscimento del nuovo schema.

C' poi un'ulteriore complicazione. Il riconoscimento del risultato dell'attivit 3 dipende ancora dalla particolare matrice che l'agente si formato per riconoscere i risultati ottenuti nel corso delle precedenti esperienze. Anch'essa implica, cio, atti di assimilazione.

Data quest'analisi, fuorviante affermare, come fanno molti libri, che l'accomodamento semplicemente l'inverso dell'assimilazione. Nella mia interpretazione della teoria degli schemi, l'accomodamento pu aver luogo solo se uno schema non porta al risultato atteso. E' determinato dalle aspettative inosservabili dell'agente, piuttosto che da ci che l'osservatore pu chiamare "inpu" sensoriale.

Nel contesto dell'accomodamento ci si potrebbe domandare quali siano le situazioni in cui gli schemi del bambino producono i risultati perturbativi che possono stimolare ad apprendere. A livello sensomotono, gli oggetti permanenti che il bambino costruisce e le frequenti interazioni con essi procurano continue innumerevoli oppitunit per ampliare e rifinire la rete di schemi d'azione che costituiscono il mondo "fisico". Ma il mondo esperienziale del bambino giunge anche a contenere altre persone, e la quasi costante interazione con esse una fonte ancor pi ricca di perturbazioni e di conseguenti accomodamenti. Piaget ha sottolineato parecchie volte che la causa pi frequente dell'accomodamento l'interazione, e specialmente l'interazione linguistica, con gli altri. Eppure vien spesso criticato per non aver preso in considerazione la componente sociale. 1 critici di solito affermano che gli adulti e gli insegnanti trasmettono conoscenze ai bambini e agli studenti interagendo con loro e che certe forme di conoscenza sono

concetto delle onde funzioni molto bene per i fenomenni della luce in certe circostanze, ma sia incompatibile con la teoria corpuscolare che sembra necessaria per spiegare i risultati di altri esperimenti.

C' un altro aspetto dell'equilibrio che, bench non espresso esplicitamente, implicito nella ricorrente osservazione di Piaget che le occasioni pi frequenti per l'accomodamento sono date dalle interazioni con gli altri. Considerando che questi accomodamenti eliminano le perturbazioni, essi generano equilibrio non solo tra le strutture concettuali dell'individuo, ma anche nel campo delle interazioni sociali. Se Piaget avesse enfatizzato un po'di pi questo corollario implicito, si sarebbe certamente evitato il criticismo superficiale secondo cui il suo modello avrebbe trascurato l'elemento sociale.

Come mostra questa breve esposizione, la teoria degli schemi, come ogni altra considerazione scientifica, coinvolge certi presupposti. Conformemente a ci, gli organismi "conoscenti" devono possedere almeno le seguenti capacit:

L'abilit e, oltre ad essa, la tendenza a stabilire ricorrenze nel flusso dell'esperienza;

Il che, di rimando, comporta almeno altre due capacit: ricordare e recuperare (ripresentare) esperienze, e l'abilit di confrontare e giudicare similitudini e differenze; e

Il presupposto che l'organismo "preferisca" certe esperienze piuttosto che altre, ovvero che debba agire in base a valori elementari.

Queste caratteristiche pongono chiaramente Piaget in conflitto con molti psicologi del ventesimo secolo, che diligentemente hanno cercato di evitare ogni riferimento alla riflessione deliberata, diretta ad un fine, e ai valori.

Torna a capo.

In merito all'apprendimento concettuale, voglio sottolineare un aspetto raramente discusso. Una volta che gli elementi esperienziali possono essere ri-presentati e combinati per formare situazioni ipotetiche che non sono state di fatto esperite, diventa possibile generare pensieri di tutti i tipi. Possono cominciare con domande semplici, quali: cosa succederebbe se facessi questo o quello? E potrebbero riguardare i problemi astratti pi sofisticati di fisica e di matematica. Considerato che i risultati possono venir applicati e possono condurre ad esiti in pratica viabili, gli esperimenti di pensiero costituiscono probabilmente la procedura di apprendimento pi efficace nel settore cognitivo.

Torna a capo. I diversi tipi di astrazione


Per capire appieno la posizione teoretica di Piaget indispensabile notare la distinzione che lui fa tra "figurativo" e "operativo" e la concomitante distinzione tra "agire" (fisico) e "operare" (mentale).

"Figurativo" si riferisce al dominio delle sensazioni ed include sensazioni generate dal movimento (cinestesia), dal metabolismo dell'organismo (propriocezione) e la composizio~ ne di specifici dati sensoriali nella percezione. "Agire " si riferisce alle azioni a quel livello sensomotorio, ed osservabile perch implica oggetti sensoriali e movimento fisico. Ogni astrazione di modelli composta di specifici segnali sensoriali e/o motori, ci che Piaget chiama "empirico". 1 concetti-oggetto che il bambino costruisce combinando per associazione segnali sensomotori, sono quindi, "astrazioni empiriche".

In contrasto, ogni risultato della costruzione concettuale che non dipende da specifico materiale sensoriale, ma che deten-ninato da ci che fa il soggetto, nella terminologia di Piaget ---operativo---. Quindi le "operazioni" sono sempre operazioni della mente e, come tali, non osservabili. Qualunque risultato prodotto dalla riflessione su questi processi mentali, viene poi chiamato "astrazione riflessiva" (12). Queste astrazioni sono formate da materiale che consiste di operazioni che il soggetto pensante stesso esegue e medita. Quindi c' un'ovvia analogia qui con ci che Locke chiamava 9a seconda fonte di idee" (v. cap. Il).

C' uno specifico risultato dell'astrazione riflessiva che particolarmente fertile nell'organizzazione concettuale del nostro mondo esperienziale. Una volta che una prima

non sono possibili da una singola osservazione, ma richiedono una sequenza portata avanti a lungo.

Il riferimento ad operazioni mentali, ovviamente, fa sorgere un problema formidabile - il problema della consapevolezza. Nella teoria di Piaget emerge in vari punti, perch le quattro capacit che ho elencato come presupposti sembrano richiedere consapevolezza, per lo meno agli stadi pi alti dello sviluppo cognitivo. Nel modello di Piaget, certe operazioni si dice che sono a volte manifestamente sotto il controllo della consapevolezza, a volte no. Egli ha chiaramente mostrato ci sperimentalmente in vari libri (es: PIAGET, 1974a, 1974b, 1977a), ma il fenomeno della consapevolezza rimane misterioso. Egli stesso disse:

La psicologia non una scienza della consapevolezza, una scienza del comportamento! Si studia il comportamento, compreso il raggiungimenio della consapevolezza se si riesce ad impossessarsene, ma dove non si pu, non un problema (BRINGUIER, 1977, p. 180, mie sottolineature).

In ci non differisce dagli altri ricercatori. Non conosco nessuno che oggi abbia prodotto un modello viabile di consapevolezza, eppure siamo per lo pi in grado di fare inferenze affidabili su quando un agente umano conscio o no.

Torna a capo. Le fasi dello sviluppo


La teoria di Piaget stata correttamente descritta come una "teoria a fasi" perch segmenta lo sviluppo cognitivo dalla nascita alla maturit, in fasi. E anche a questo riguardo la mia interpretazione differisce dalle abituali. Considerata l'epistemologia genetica e il rifiuto della nozione tradizionale che la conoscenza debba essere un'immagine della realt, ne segue che, da questo punto di vista qualunque teoria un ricercatore di psicologia costruisca, non sar una descrizione della realt mentale oggettiva del soggetto osservato, ma piuttosto uno strummento concettuale per sistematizzare le esperienze del ricercatore con i soggetti. Tutta l'osservazione necessariamente strutturata da un osservatore e, come dice Piaget:

Penso che tutte le strutture siano costruite e che la caratteristica principale sia il percorso della loro costruzione: penso che nulla sia dato in partenza, tranne punti limite su cui si

Piaget fa una chiara distinzione tra i punti di vista, da una parte, del soggetto stesso vivente che esperisce, e dall'altra, dell'osservatore che cerca di capire come un tale soggetto riesca a costruire la conoscenza.

In primo luogo, si deve distinguere il soggetto individuale, ... e il soggetto epistemico o nucleo cognitivo che comune a tutti i soggetti a tutti i livelli. In secondo luogo, si deve contrapporre, da un lato, il raggiungimento della consapevolezza (che sempre frammentaria e spesso sviante) e dall'altro, ci che il soggetto riesce afare nelle sue attivit intellettuali di cui egli conosce il risultato ma non i meccanismi. Ma dissociando il soggetto dal "s" e da ci che "vive", rimangono le operazioni, vale a dire, ci che egli ricava attraverso l'astrazione riflessiva, dal coordinamento generalizzato delle sue azioni (Piaget, 1970, p. 120).

Sono gli osservatori che, al fine di costruire un modello di conoscenza, "dissociano" dal soggetto vivente ossservato ci che essi caratterizzano come coordinamenti e i risultati che il soggetto trae dall'astrazione riflessiva. Solo gli osservatori possono riferirsi ad un'interazione del soggetto con il suo ambiente e definire la relazione tra le strutture del soggetto (biologiche e concettuali) e il mondo in cui, dal punto di vista dell'osservatore, il soggetto osservato vive ed opera.

Torna a capo. L'esperienza e la realt


Nel modello di Piaget, poi, i contatti interattivi del soggetto con il suo ambiente sono sempre e necessariamente dello stesso tipo: una struttura concettuale fallisce perch non conduce al risultato che il soggetto si aspettava. Le strutture cognitive, bisogna ricordarlo, sono legate all'azione e all'uso. Azione ed uso sono qualcosa pi di movimento a caso o di cambiamento a caso - hanno luogo nel contesto degli "scherni d'azione". Ci diversifica molto l'approccio di Piaget rispetto sia all'approccio stimolorisposta dei comportamentisti sia alla catena lineare di causa-effetto dei fisici, perch gli schemi d'azione sono esplicitamente diretti ad un fine. Come a volte sugger lo stesso Piaget, gli schemi d'azione assomigliano di pi ai circuiti di feedback, perch il loro meccanismo duale interno di assimilazione ed accomodamento li rende autoregolantesi e quindi circolari in quel senso (il parallelo cibemetico sar trattato nel Cap. VIII).

La relazione della conoscenza col mondo reale, poi, nel modello di Piaget, reciproca, perch ogni struttura concettuale con ogni probabilit si modificher quando cozza con una costrizione. Al soggetto pensante, l'ambiente pu manifestarsi solo attraverso

Conclusione
Questo tentativo di articolare alcuni concetti chiave del modello piagetiano della conoscenza e dello sviluppo cognitivo lungi dall'essere completo. Ho cercato di focalizzare l'attenzione su quei punti che, mi sembra, sono pi importanti eppure pi frequentemente mal interpretati e mal compresi.

Come ho accennato all'inizio, gli scritti di Piaget contengono contraddizioni. Ma se si cerca nel suo lavoro tutto ci che pu essere incorporato in un coerente modello del conoscere umano, si arriva, credo, alla conclusione che i passaggi occasionali che implicano un'attegiamento realista sono solo piccole sviste. t stato un pioniere e come tale pu di tanto in tanto essersi lasciato prendere dai modi di esprimersi comuni, correnti della epistemologia tradizionale che stava cercando di sopraffare.

Note
(1) La bibliografia ufficiale di Piaget (Archives Jean Piaget, 1989) elenca un totale di 1232 titoli. comprese le edizioni riviste e le traduzioni.

(2) t stato suggerito che l'approccio di Piaget venne anticipato da Jarnes Mark Baldwin, ma Vonche (1982) ha dimostrato che le connessioni sono tenui e che i due autori hanno sviluppato la maggior parte delle loro idee indipendentemente.

(3) Rita Vuyk, i cui due volumi Overview and Critique of Piagets Genetic Epistemology (198 1) sono fra le esegesi migliori, ha portato un'osservazione che approvo in pieno:"tutti i passaggi annotati nelle mie copie dei suoi libri come incomprensioni, nonsense, contraddizioni, ecc, sono stati cancellati dalla visione d'insieme"(p. ix). (4) Devo questo passo a Rita Vuyk, che us questo motto nel suo Overview (198 1, p. V). (5) li baccalaureate viene conferito al termine della scuola superiore. (6) t importante capire che le reti neuronali abbondano costantemente di segnali che originano nei neuroni periferici solitamente chiamati "recettori" o "organi sensori". Mentre state leggendo queste righe, ci sono a vostra disposizione innumerevoli segnali a cui non badate; per esempio, alcuni che chiamereste "tattili" che hanno origine nelle vostre natiche e che potreste interpretare come se vi stessero dicendo che siete seduti; altri che hanno origine nelle vostre orecchie e che potreste interpretare come se vi stessero dicendo che una macchina sta passando per la strada; ma la vostra attenzione era focalizzata su questo testo e quindi non stavate facendo nessuna di queste interpretazioni prima che io ve ne avessi menzionato la possibilit. Allo stesso modo, letteralmente milioni di segnali sono costantemente generati nella retina dei vostri occhi, ma non ve ne occupate

CAPITOLO IV LA COSTRUZIONE DEI CONCETTI (1)


Come ho descritto all'inizio del libro, il mio interesse per le teorie della conoscenza scatur dall'aver usato lingue diverse e dall'aver presto scoperto che ognuna di esse era legata ad un diverso mondo esperienziale. Comunque sembrava che funzionassero tutte nello stesso modo, e cominciai a cercare un modello per quella roba che chiamiamo "significato".

La conoscenza sensomotoria si manifesta in azioni, ma la conoscenza concettuale espressa in simboli, principalmente linguistici. Quindi, l'analisi semantica, cio l'analisi dei significati, deve diventare un aspetto importante di ogni teoria della conoscenza.

La relazione tra le strutture concettuali e le loro espressioni linguistiche fu al centro degli interessi della Scuola Operativa Italiana e il metodo di Ceccato per l'analisi del significato gioc un ruolo importante nello sviluppo della teoria costruttivista. La chiamai "semantica concettuale" e continuai ad usarla durante il mio lavoro alla macchina traduttrice. E un metodo non convenzionale e differisce profondamente da quelli comunemente usati in linguistica. Non cerca di trovare definizioni verbali appropriate dei vocaboli, come si possono trovare nel dizionario, mira invece a fornire "ricette" che specificano le operazioni mentali richieste per ottenere un concetto particolare. t un'applicazione sofisticata dell'idea di definizione operazionale di Bridgman. Si potrebbe essere tentati di parlare di un'analisi del comportamento mentale, ma dato l'uso corrente, ci sarebbe controproducente.

Negli Stati Uniti, dove vivo da un quarto di secolo, la psicologia ha scelto di definire se stessa come la scienza del comportamento - e comportamento, come i seguaci di Watson e Skinner hanno predicato con devastante successo, non pu essere altro che ci che risulta osservabile in ci che un organismo fa. I fondatori del comportamentismo furono inflessibili nella loro opinione secondo cui, oltre l'osservabile, non c' nulla che possa essere di interesse per la scienza (2). Occupandosi solamente di comportamento e definendolo come risposte osservabili a stimoli anch'essi osservabili, diventa facile evitare di affrontare le capacit pi complesse di un organismo intelligente. Anche nel caso di piccioni e ratti tale prospettiva non fornisce altro che modelli parziali dei fenomeni osservabili.

praticamente intendete con "girare intorno" allo scoiattolo. Se intendete passare da nord, di esso, sino ad est, poi a sud, poi a ovest e poi ancora a nord, ovviamente l'uomo gira s intorno allo scoiattolo, perch occupa queste posizioni successive. Ma se, al contrario, intendete essere prima di fronte a lui, poi alla sua destra, poi dietro lui poi alla sua sinistra e in fine ancora di fronte, ovvio che l'uomo non gli gira intorno, perch con i movimenti compensatori che fa lo scoiattolo, egli mantiene la sua pancia sempre rivolta all'uomo, e la schiena girata. Fate la distinzione e non si andr oltre con la disputa. Entrambi avete ragione ed entrambi torto in base a come concepite il verbo "girare intorno", in un modo pratico o in altro" (JAMES, 19071955, pp. 41-42).

L'analisi della situazione esperienziale 1ogica" e porta in superficie una differenza di concettualizzazione che offuscata dal comune uso della lingua. La possibilit di portare distinzioni di questo genere alla consapevolezza esaminando il significato delle parole, fu il punto di partenza che il gruppo di Silvio Ceccato scelse per le sue analisi concettuali negli anni quaranta. Ma Ceccato aggiunse una seconda questione che port l'impresa oltre il linguaggio, proprio entro il dominio del pensiero: "Che operazioni mentali bisogna eseguire per vedere la situazione presente nel modo particolare in cui uno la sta guardando". Questa fu la prima seria applicazione del metodo che il premio Nobel Bridgman (1936) aveva chiamato "definizione operazionale". Quando fu pubblicato questo metodo, per la prima volta si cre un forte turbamento nel campo della fisica teoretica. Pi o meno un decennio pi tardi, l'establishment psicologico raccolse la parte del pensiero di Bridgmari che riguardava le operazioni fisiche. Fu soppresso tutto ci che concerneva l'astrazione. Come risultato si ebbe il terribile slogan: 'Uintefligenza ci che il test dell'intelligenza misura", uno slogan che ha fatto s che innumerevoli bambini dotati, in tutto il mondo, venissero malgiudicati in modo atroce.

Bridgman aveva in testa qualcosa di ben pi sofisticato. Parlando di matematica, dichiar esplicitamente che possiamo anche costruire i nostri concetti in altri modi e poi con essi sperimentare per

_vedere se i concetti sono utili. Abbiamo ancora significati operazionali per i nostri concetti, ma le operazioni sono operazioni mentali e non hanno necessariamente validit fisica... Ma persino le operazioni mentali sono soggette a certe limitazioni, e se le trascuriamo nella fonnulazione dei nostri concetti sperimentali ci possiamo aspettare problematiche. In particolare tutte le operazioni mentali devono essere costruite nel tempo e devono quindi essere in esso ordinate (BRIDGMAN, 1936/1964).

Nel lavoro di Bridgman si trovano esempi di operazioni fisiche, come misurare la distanza tra due punti ponendo successivamente un metro sulla retta che li collega. Egli

originale degli ttudes d'pistmologie gntique, una serie di trentasette pubblicazioni che continuarono sino al 1980 - e Ceccato lo incluse tra i consulenti di Methodos a partire dal n. 13, nel 1952. Comunque, data la mancanza di una lingua comune e di un apparente forte scontro di due personalit, non giunsero mai a discutere le idee fondamentali su cui sarebbero andati d'accordo.

Secondo me, quasi una tragedia che Piaget e Ceccato non abbiano potuto lavorare assieme. Il modello ceccatiano dei funzionamento dell'attenzione proprio il tipo di ipotesi necessaria per puntellare la nozione cruciale piagetiana di astrazione. Si sarebbe potuta aprire la via ad esperimenti neurofisiologici che avrebbero fornito una benvenuta connessione tra il modello teoretico di Piaget e la ricerca empirica. Ma non voglio discutere di ci qui. Piuttosto voglio presentare alcuni risultati dell'analisi concettuale per mezzo del modello ceccatiano di immagini istantanee successive.

Torna a capo. Il concetto di cambiamento


Una delle strutture concettuali che gioca uno dei ruoli maggiori nel nostro adattamento al mondo esperienziale, il concetto a cui ci si riferisce col termine "cambiamento". Bench non si possa vedere come un utente della lingua costruisca i suoi concetti, possiamo studiarli facendo due cose. Primo, esaminando il tipo di situazioni che la parola intende descrivere; secondo, cercando di chiarire, da un punto di vista logico, quali elementi il concetto associato debba incorporare per riflettere adeguatamente certe situazioni esperienziali. Cos facendo, possiamo subito dire che non avremmo occasione di concepire il cambiamento se non avessimo memoria. Per parlare di cambiamento dobbiamo considerare almeno due momenti d'esperienza e segnare la differenza.

Quest'esigenza di pi di una singola esperienza era gi implicita nel paradosso della freccia di Zenone. Se si guarda la freccia volare nell'aria, la si vede muoversi e cambiare posto dal momento in cui lascia l'arco al momento in cui colpisce il bersaglio. Zenone non sapeva nulla di cinema, ma ci che oggi abbiamo sotto forma di pellicola cinematografica una perfetta illustrazione di ci che stava suggerendo. Un film che mostri la freccia che vola sarebbe composto di una serie di fotogrammi fermi. Ogni fotogramma mostrerebbe una freccia ferma in un luogo leggermente differente. Se vedessimo solo un fotogramma, potremmo indovinare che la freccia si stava muovendo, ma ci sarebbe un'inferenza fatta per analogia con altre esperienze che abbiamo avuto delle frecce. Il singolo fotogramma in s non contiene movimento. Jeremy Bentham afferm ci con chiarezza:

Ma stessit, come ho spiegato nel contesto della permanenza dell'oggetto, non una nozione semplice come pu sembrare. William Jarnes anticip la cruciale distinzione da farsi:

Ancora le "cose" permanenti; la "stessa" cosa e le sue varie "apparizioni" e "alternanze"; i diversi "tipi" di cosa... soltanto una piccola parte del proprio flusso di esperienza che tutti sistemizzano applicando ad essa questi strumenti concettuali. Tra tutti, i nostri antenati inferiori probabilmente usavano soltanto, e in modo pi vago e meno accurato, la nozione di "ancora lo stesso". Ma persino allora se aveste chiesto loro se lo stesso fosse una "cosa" che durava per tutto l'intervallo di non-visto, probabilmente sarebbero stati imbarazzati e avrebbero detto che non si erano mai posti la domanda sotto quella luce QAMES, 190711955, p. 119).

Neppure molti nostri contemporanei hanno considerato la questione. La stessit che si potrebbe ascrivere ad un bicchiere di vino fra altri bicchieri su un tavolo o alle sedie vicino ad esso, sarebbe la stessit di "equivalenza" e non vi porterebbe a parlare di cambiamento. La stessit coinvolta nella costruzione del concetto di cambiamento deve essere %dentit individuale". Vale a dire, la cosa di cui vogliamo dire che cambiata, deve essere la medesima cosa individuale in entrambi i momenti d'esperienza.

Posso ora completare la rappresentazione schematica del concetto, indicando la freccia con "V' e segnando le sue diverse localizzazioni. Il fatto che la X si riferisca alla medesima freccia in momenti susseguenti (identit individuale) viene indicato con un segno di uguale con tre linee invece di due. t1 t2

x (equivale a) x
in luogo A (diverso) in luogo B Figura 4.1 - Cambio di luogo. Nell'esempio della prugna, la struttura del diagramma di cambiamento sarebbe simile, ma invece dei luoghi che determinano cambiamento nell'esperienza della freccia, verrebbero associati colori diversi ad X in ti e t2.

Torna a capo.

Linguisti e filosofi del linguaggio hanno a lungo girato intorno all'idea che il significato delle parole dipende in gran parte dal contesto in cui si trovano. Infatti, una parola, come disse Roland Barthes della letteratura in generale, "stabilisce ambiguit, non un significato" (BARTHES, 1987, p. 72). Non c' quasi mai una relazione semplice uno-auno tra una parola e un concetto. Le preposizioni ne sono un buon esempio (si vedano i diversi usi dell'inglese "by" nell'elenco riportato nel cap. 1). Un modo di pensare a questa relativa imprecisione consiste nel vedere le operazioni mentali come strumenti necessari a stabilire relazioni base tra gli elementi dell'esperienza. Le relazioni base sono poi ulteriormente specificate dal contesto dato. Uno potrebbe dire, per esempio, che "by" designa, tra le altre cose, la relazione di vicinanza in spazio o tempo e che il contesto che determina in esempi come "by the river" e "by Friday" se la vicinanza va visualizzata come prossimit o coincidenza in spazio o tempo; e in esempi come "byforce" e "by moonlight", come la pi specifica relazione fra mezzi e fini. Nei principi questo assomiglia al caso dell'autobus e della strada: uno implica veri cambiamenti di luogo, l'altra un viaggio potenziale.

Le diverse interpretazioni che i contesti possono produrre per una parola in una lingua, comunque, non sono spesso per nulla le stesse per la parola di un'altra lingua, anche se quella parola sembra simile in molti aspetti. Una breve storia servir da esempio. Una domenica, passeggiavo con un amico inglese lungo un fiume nella campagna nei pressi di Milano. Per un breve tratto la ferrovia seguiva il corso del fiume, e dovemmo attraversarla in mezzo ad un campo' L, una famiglia completa di mamma e bambini aveva apparecchiato per un picnic e i bambini stavano correndo nel prato. Improvvisamente si sent un rumore rimbombante e la madre balz in piedi ed url: "attenti bambini - arriva il treno". Il mio amico mi chiese che cosa avesse detto la donna e stavo per tradurlo letteralmente "Be careful children, the train is arriving", ma mi resi conto che un inglese non avrebbe impiegato la Parola "arriving", avrebbe detto, invece, "the train is coming".

Quando arrivai a casa, disegnai il diagramma per quella situazione. Il verbo inglese "to arrive" necessita di almeno tre momenti. Due indicano che l'elemento attivo X cambia posto, e due indicano che giunge ad uno stato di quiete. t1 t2 t3

x (Equivale a) x (Equivale a) x
luogo n (diverso da) luogo 'qui' (diverso da) luogo 'qui' (moto) (stato) Figura 4.2 - Diagramma del verbo inglese "io arrive".

quando l'attenzione del neonato catturata da (e rimane su) un oggetto in movimento nel campo visivo. Pu trattarsi di una persona che cammina nella stanza o di un giocattolo mosso da qualcuno. Qualunque sia l'oggetto, il bambino, lo tiene a fuoco e muove la testa, o almeno gli occhi, per seguirlo. Gli psicologi lo chiamano "tracciato visivo". Quando l'oggetto rimane in vista, non ci sono questioni, rimane uno e lo stesso, semplicemente perch continuamente presente.

Comunque, gli esperimenti hanno mostrato che se l'oggetto si muove ad un passo regolare e sparisce dietro a qualcosa che lo copre alla vista del bambino, egli continuer a tracciare il movimento, e il suo sguardo sar giusto l, all'altro lato dello schermo, quando l'oggetto riapparir (v. BOWER, 1974, p. 195 segg.). Cos, una connessione tra le esperienze dell'oggetto prima e dopo la sua sparizione viene fornita dal movimento dell'osservatore stesso. Molto pi tardi, quando i concetti sono astratti dall'espenienza, questa continuit di un movimento tracciante diviene un potente motivo per preservare l'identit individuale dell'oggetto tracciato, malgrado l'intervallo durante il quale esso sparisce dalla vista. Ovviamente, ci sono altri criteri, come colore o forma particolari, o segni considerati caratteristiche individuali. Nel caso di individui umani, ci sono segni dalla nascita, cicatrici, otturazioni dentistiche e impronte digitali. Ma tutte queste indicazioni di identit sono, per cos dire, criteri di superficie, e quando si ha a che fare con persone, ne abbiamo uno pi profondo che sovrasta tutti gli altri e che viene considerato decisivo in s.

Immaginate che vostro fratello, pi vecchio di due o tre anni, lasci la famiglia e vada in Australia quando siete ancora un ragazzo. Nessuno di quelli che conoscete lo ha visto o lo ha sentito da allora. Ora siete di mezza et e un signore viene a visitarvi e dichiara di essere vostro fratello. Non conforme alla vostra immagine ricordo: ha perso i capelli, indossa occhiali e parla con un accento che non vi familiare. In breve, sembra un perfetto sconosciuto. t un impostore? Ma poi dice: "Ricordi quando rompemmo la finestra del garage dei Jones e incolpammo i bambini irlandesi gi in fondo alla stradaT' Probabilmente l'avevate rimosso, ma ora ricordate il vergognoso episodio - e istantaneamente vi convincete che l'estraneo vostro fratello, perch nessun altro sapeva di quell'episodio, e pensate che poco probabilmente vostro fratello l'avrebbe raccontato a qualcuno.

Sembra che le memorie siano l'indicatore pi affidabile dell'identit individuale. Crediamo fermamente che siano il possedimento personale pi individuale e unico specialmente se imbarazzanti. Ci che mi colpisce che questa pu essere la ragione per cui siamo estremamente riluttanti a considerare la possibilit della telepatia. Perch se pensassimo che i nostri pensieri siano accessibili agli altri, il criterio pi affidabile

Rhesus. Non hanno dimostrato, credo, n avrebbero potuto farlo, che l'animale aveva una ri-presentazione dell'oggetto in questione.

Torna a capo. Lo spazio e il tempo


Una delle prospettive aperte dal modello di cambiamento strutturale la seguente. Da una parte, il co- involgimento di entrambe le nozioni di stessit e differenza crea apparentemente una contraddizione e pu, quindi, generare un turbamento. Dall'altra, se la prima nozione di causalit, come credeva Piaget, sorge dalla reiterazione di azioni che conducono ad un risultato interessante, sembra plausibile che una nuova propriet in un oggetto che co munque considerato il medesimo, stimolerebbe un certo interesse. Questo interesse, in una fase successiva, ricondurrebbe alla situazione t' - la situazione ricordata come precedente il risultato interessante - al fine di discernere qualcosa che potrebbe essere ritenuto causalmente responsabile della nuova propriet dell'oggetto nel momento successivo. Una tale esplorazione sarebbe il punto di partenza di una ricerca, e condurrebbe presto alla strategia che soggiace ai tipi di esperimenti scientifici che mirano a stabilire la causa di un dato fenomeno.

Una seconda prospettiva si apre col fatto che ci sono momenti attenzionali in cui l'oggetto, che pi tardi viene considerato lo stesso, non presente nell'attuale campo esperienziale. Sorge cos la questione di dove possa essere e che cosa potrebbe fare mentre l'attenzione si focalizza su altre cose. Come ho suggerito prima, ci richiede la concezione di una specie di luogo di riposo dove gli oggetti possano mantenere la propria identit senza essere percepiti. Ho chiamato questo posto proto-spazio, perch, all'inizio, non ha alcuna articolazione n struttura relazionale. Inizialmente, un deposito amorfo, ma non appena viene fornito di oggetti permanenti collegati con movimenti visivi e fisici ogni volta che questi oggetti sono veramente nel campo esperienziale, le relazioni astratte da questi movimenti forniscono il deposito di strutture permanenti di spazio pluridimensionale. Una spiegazione dettagliata di questa costruzione stata data da Poincar (1952, p. 51 seg.).

Il fatto che l'oggetto venga considerato il medesimo in momenti attenzionali non consecutivi, richiede che la sua identit venga estesa attraverso un intervallo. Ci significa che si deve costruire una continuit giacente all'esterno del campo d'esperienza, una continuit che collega l'esperienza presente dell'oggetto ad un'esperienza nel passato. Ho chiamato questa continuit esterna che corre parallela ad una sequenza di vere esperienze, proto-tempo. Anch'esso all'inizio una continuit indifferenziata senza eventi. Ma poi la sequenza delle esperienze di fatto del soggetto vissute durante l'intervallo possono venir mappate in esso dandogli cos una segmentazione vicaria.

Per concludere, voglio sottolineare che l'analisi concettuale concerne le strutture concettuali: riguarda cio la conoscenza e non una qualunque realt presupposta indipendente da colui che conosce. 1 concetti di cambiamento e stato, di spazio e tempo, e di un mondo in cui le cose possono perdurare ed "esistere" mentre non prestiamo loro attenzione, tutti questi sono strumenti che il soggetto cognitivo usa per organizzare e gestire il flusso dell'esperienza. Non possono riflettere la realt ontologica sognata dai filosofi tradizionali. Il costruttivismo radicale non indirizza il suo interesse verso questo sogno; suo scopo di mostrare che si pu costruire una "realt esperienziale" relativamente stabile senza presupporre un mondo-in-s indipendente.

Note
(1) Alcune delle idee discusse in questo capitolo furono presentate al XII Corso Avanzato, Archives Jean Piaget, settembre 1992 (GLASERSFELD, 1993). Si ringrazia Archives Jean Piaget. (2) Skinner disse ci molto chiaramente: "Le variabili di cui il comportamento umano una funzione, giacciono nell'ambiente- (1977, p. 1). (3) Si noti che, per rimanere nascosto, lo scoiattolo deve di fatto muoversi intorno all'albero nella stessa direzione dell'uomo. (4) Sebbene Ceccato ci abbia insegnato questo metodo gi nel 1960, egli ne pubblic una descrizione solo molto tempo dopo (1980, pp. 179-82).

Torna a capo. RIFLESSIONE E ASTRAZIONE (1)


Poco prima dell'inizio del secolo, John Dewey scrisse: "Come adulti continuiamo ad ingannarci riguardo la natura e la genesi delle nostre esperienze mentali" (McLELLAN e DEWEY, 1908, p. 27). Gran parte del suo lavoro mirava a smascherare gli inganni. Ma l'orientamento in psicologia si mosse in un'altra direzione. E venne l'era del comportamentismo. t degno di rilievo che molti capifila e seguaci di questo credo si vantavano di essere empiristi e citavano Locke come loro avo. Se solo avessero letto almeno il primo capitolo del Secondo Libro dei suo "Saggio sull'intelletto umano" (2) avrebbero trovato qualcosa di sorprendente. Proprio all'inizio c' un avvertimento che avrebbe dovuto metterli un po' in guardia:

La mente, come l'occhio, ci fa vedere e percepire tutte le altre cose, ma non si accorge di se stessa; e si richiedono molta arte e cure per metterla ad una certa distanza e per farla suo proprio oggetto (LOCKE, 1690, Introduzione, par. 1).

Nel 1795, un centinaio d'anni dopo Locke, Wilhelm von Humboldt annot alcuni aforismi che il suo curatore intitol "Ober Denken und Sprechen". 1 primi tre aforismi riguardano la rilessione: 1 . L'essenza del pensare consiste nel riflettere, cio, nel distinguere ci che pensa da ci che pensato. 2. Per riflettere, la mente deve rimanere immobile per un attimo nella sua attivit progressiva, deve afferrare come un'unit ci che le appena stato presentato, e quindi porla come oggetto contro se stessa.

3. La mente poi confronta le unit, delle quali molte possono essere create in quel modo, e le separa e le collega in base alle sue necessit (HuMBOLDT, 1907, p. 581) (4).

Non conosco descrizione migliore della misteriosa capacit che ci permette di uscire dal flusso di esperienza diretta, di ri-presentare una parte di essa e di considerarla come se fosse esperienza diretta, restando per consapevoli che non lo . Ritengo che sia misteriosa questa capacit perch, bench possiamo adoperarla con la stessa facilit con cui premiamo un interruttore, non abbiamo neppure lo spunto di un modello che suggerirebbe come potrebbe funzionare. "Afferrare come un'unit ci che appena stato presentato" significa toglierla dal flusso continuo dell'esperienza. Nel senso letterale del termine, un tipo di astrazione - e il tipo pi semplice. L'attenzione focalizzata prende una parte dell'esperienza, la isola da ci che venuto prima e da ci che segue, e la tratta come un'entit chiusa. Per la mente, poi, "porla come oggetto contro se stessa", significa ri-presentarla. Nelle prossime due sezioni, voglio affrontare l'astrazione e la ripressentazione, una di seguito all'altra.

Torna a capo. L'astrazione


Come von Humboldt afferm nel suo terzo aforisma, i tratti di esperienza, una volta isolati, possono essere confrontati, separati e collegati. Ci rende possibile ulteriori gradi di astrazione tra cui quella che Piaget e molti altri hanno definito "astrazione generalizzante". La generalizzazione stata a lungo discussa in quanto sembra essere un aspetto cruciale di tutte le forme di categorizzazione e di denominazione. Per chiarire il nocciolo del concetto, devo ritornare a Locke, perch ha prodotto una descrizione molto semplice e ampiamente accettata del processo:

Cos, per esempio, avendo osservato tutti insieme un certo colore, sapore, odore, sagoma e consistenza, vengono considerati come una cosa distinta, significata col nome mela; altre collezioni di idee costituiscono un sasso, un albero, un libro e tutte le altre cose dei sensi (BERKELEY, 1710; par. 1).

Siccome ha usato l'articolo indeterminativo in "un sasso, un albero, ecc. ", Berkeley era ben consapevole del fatto che applichiamo il nome "mela" non solo ad un'unica cosa, ma ad innumerevoli altre considerate conformi alla descrizione riguardo a colore, sapore, odore, forma, consistenza. Ma per lui questa generalizzazione sorge dalla parola e non dall'astrarre l'idea da esempi particolari (1710, Introduzione, par. 12). Se l'avesse analizzata come analizz le altre operazioni concettuali, avrebbe potuto cambiare il suo modo di considerare l'astrazione. Spero di chiarire ci con l'aiuto di un esempio.

Torna a capo. La generalizzazione


Un bambino cresciuto in una regione in cui le mele sono rosse associer, e abbastanza correttamente, l'idea di rossit con il nome "mela". Se un lontano parente, proveniente da un'altra regione, portasse con s un cesto di mele gialle, causerebbe nel bambino un certo turbamento e quest'ultimo potrebbe insistere col dire che quelle cose gialle non dovrebbero chiamarsi "mele". Comunque, la pressione sociale dell'uso della parola da parte della famiglia forzer ben presto il bambino ad accettare il fatto che le cose che la gente chiama "inela" esistono in diversi colori. Al bambino potrebbe persino venir detto che le mele possono essere anche verdi. Ci renderebbe il bambino in grado di riconoscere come mela una cosa verde che soddisfa le altre condizioni rilevanti la prima volta che questa cosa venisse portata in casa.

Berkeley, invero, aveva ragione quando affermava che ogni volta che immaginiamo una mela, essa deve avere un colore specifico. Comunque, ci non giustifica l'afferinazione che non potremmo astrarre, dalle esperienze di mela, un'idea generale che ci permetta di riconoscere come mele oggetti diversi per alcuni aspetti, ma nonostante tutto inclusi in quella classe. L'errore sta nel fatto che tali idee generali non sono "figurative", ma "operative". Vale a dire, non sono immagini come cartoline illustrate ma ricette operazionali che possono produrle.

Ritengo che siamo ben in grado di astrarre idee generali dall'esperienza. Lo facciamo ponendo una specie di sostituto o variabile (nel senso matematico) di alcune propriet nelle strutture sensoriali composte che attivamente costruimo per formare cose

tare rappresentazioni. t logicamente impossibile, comunque, confrontare una rappresentazione con qualcosa che si suppone essa dipinga, se supponiamo l'esistenza di quel qualcosa in un mondo reale che sta oltre il nostro interfaccia esperienziale. Willini James (1912) formul nettamente la genesi della situazione paradossale: Per tutta la storia delle filosofia il soggetto e il suo oggetto sono stati trattati come entit assolutamente discontinue; e perci la presenza del secondo al primo, o la "apprensione" da parte del primo del secondo, ha assunto un carattere paradossale tanto che per superarlo hanno dovuto inventare le teorie pi disparate. Le teorie rappresentative colmano il divario usando una "rappresentazione" mentale, un"'immagine" o un "contesto", come una sorta di intermediario. Le teorie di buon-senso non colmano il divario, dichiarano che la nostra mente capace di chiarirlo con un salto autotrascendente. Le teorie trascendentaliste considerano che un agente conoscitivo che non sia infinito non puo fare un tale salto, e perci inventano una sfera dell'assoluto per colmare la breccia (JAMES, 1912, p. 27).

Il mio secondo punto, quello semantico, concerne la parola "representation" e come si arrivati ad usarla in inglese. Come molte altre parole, ha diversi significati. I parlanti inglesi di norma gestiscono bene le ambiguit, ma in questo caso c' una difficolt peculiare: una delle sue ambiguit sembra essere sorta non dall'uso originale in inglese, ma da un uso sfortunatamente introdotto tramite i traduttori della filosofia tedesca. Era un vocabolo probabilmente in uso da tempo, ma divenne di uso comune in filosofia con la traduzione della Critica della ragion pura di Kant. Le due parole tedesche Vorstellung e Darstellung erano rese con una e la stessa parola inglese "representation". Per i parlanti inglese essa implica una riproduzione, una copia, o un'altra struttura che in qualche modo isomorfa con un'originale. Questa condizione vale per la seconda parola tedesca, ma non per la prima. Vorstellung la parola che Kant usa in tutta la sua opera e avrebbe dovuto essere tradotta con "presentation" perch designa, tra molte altre cose, la performance di un mago, e si potrebbe usarla per chiedere ad un teatro: Quanti "spettacoli" ci sono sabato?.

La confluenza dei due concetti ovviamente disastrosa nei contesti dell'epistemologia. Bench entrambe le parole tedesche siano usate in riferimento a strutture concettuali, esse specificano particolari incompatibili. La caratteristica di "costruzione autonoma" una parte essenziale del significato di Vorstellung. Se la si perde, uno dei pi importanti aspetti della teoria di Kant (e di Piaget) diventa incomprensibile.

In generale, quindi, la ri-presentazione scritta con il trattino, viene intesa come un atto mentale che porta un'esperienza pregressa alla coscienza di un individuo. Pi specificatamente, il ricordo di un materiale figurativo che costitu l'esperienza. Un tale ricordo non sarebbe possibile se la generazione di esperienza originale non avese lasciato tracce o segni per guidare la sua ricostruzione.

Torna a capo. Il riconoscimento


In quanto anch'esso ha bisogno della memoria, il riconoscimento simile alla ripresentazione. Entrambi spesso operano mano nella mano, come ad esempio quando si riconosce una Volkswagen: vedendone soltanto la parte posteriore si in grado di visualizzare l'intera forma caratteristica. Comunque, l'abilit di riconoscere una cosa da una presentazione parziale nel campo percettuale, non comporta l'abilit di ri-presentare la cosa spontaneamente. Tutti abbiamo avuto occasione di notare ci. Il nostro mondo esperienziale contiene molti elementi che, bench li riconosciamo quando li vediamo, non sono a nostra disposizione quando vogliamo visualizzarli. Ci sono per esempio, persone che riconosciamo se le incontriamo faccia a faccia, ma non riusciremmo a richiamare immagini adeguate delle loro sembianze se ci venisse richiesto di descriverle.

Il fatto che riconoscere, dal punto di vista dello sviluppo, preceda l'abilit di ri-presentare spontaneamente un elemento esperienziale, stato osservato in varie aree. Probabilmente meglio conosciuto e documentato come la differenza intercorrente tra ci che i linguisti chiamano vocabolario "passivo" e vocabolario "attivo". La differenza notevole in studenti di una seconda lingua, ma la si nota anche nella lingua madre: molte parole che conosciamo quando ascoltiamo o leggiamo, non sono a nostra disposizione quando parliamo o scriviamo.

Questo ritardo dello sviluppo fa pensare che ri-presentarsi un elemento percettuale in sua assenza, richieda qualcosa di pi della struttura concettuale che serve per riconoscerlo. Piaget ha sempre sostenuto che tutte le forme di immaginazione e di ri-presentazione sono, di fatto, atti di imitazione interiorizzata (PIAGET, 1945) (6).

Comunque, c' una differentiza tra imitare qualcosa che si appena costruito dal materiale tutt'ora a disposizione (lo chiamerei "copiare") e imitare qualcosa dalla memoria - Proprio come pi difficile disegnare qualcosa ricordato che qualcosa dal vero. Un programma di computer e una mappa sono metafore utili per chiarire la difficolt aggiunta.

fuoco attenzionale dell'utente che, essendo parte integrante della lettura o dell'implementazione, fornisce il movimento progressivo. Un programma, per, puo contenere sottoprograrriffli. Eppure, indipendentemente da come questi sottoprogrammi possano essere dettagliati, essi possono contenere solo istruzioni per agire, non le azioni stesse. In altre parole, non importa con quanta minuzia un'attivit sia stata scomposta nelle istruzioni del programma, esse rimangono statiche finch l'agente le implementer e aggiunger la dinamica.

Nel condurre un programma in una situazione esperienziale, proprio come nel seguire una mappa attraverso un paesaggio reale, il materiale sensoriale nel campo percettuale dell'agente pu fornire spunti per l'azione richiesta ad un dato punto della procedura. Nel caso della ri -presentazione, comunque, l'attenzione non pu localizzarsi su materiale percettuale attuale n prendere spunti da esso su cosa fare dopo, perch il materiale sensoriale stesso deve essere generato. Una ri-presentazione - almeno quando spontanea - totalmente auto-generata (motivo per cui solitamente pi facile trovare la propria strada attraverso un paesaggio che disegnare una mappa affidabile di esso quando non si l).

L'aumento della difficolt e il concomitante aumento di sforzo implicato nella produzione di strutture concettuali quando il materiale sensoriale richiesto non presente nel carripo percettuale, si mostra in tutte le forme di ri- presentazione e specialmente nella ri-pro mulgazione di astratti programmi di azione. Ogni ri-presentazione, sia di un oggetto esperienziale che di un programma di azioni o operazioni, richiede per la sua esecuzione, del materiale sensoriale. Questa condizione base, credo, fu ci che rafforz Berkeley nelle sue argomentazioni contro 1-esistenza" di idee generali astratte; perch ogni volta che ci ri- presentiamo tale idea generale, essa diventa un'idea particolare perch la sua implementazione richiede il tipo di materiale da cui essa astratta.

Quest'ultima condizione potrebbe essere riforniulata dicendo che doveva esserci dell'isomorfismo tra il costrutto presente e ci che si intendeva ri-presentare. Chiaramente, questo isomorfismo non concerne una cosa-in-s, ma quegli aspetti di una passata esperienza che, consciamente o inconsciamente. si vogliono focalizzare. In questo contesto mi viene sempre in mente un'astuta osservazione di Silvio Ceccato. Quando sogniamo, egli disse, operiamo nella direzione opposta della percezione: cominciamo coi concetti degli oggetti e non visualizziamo delle loro caratteristiche percettuali, niente pi di quelle richieste dalla storia del sogno (8).

Chi fruisce del linguaggio quindi deve supporre che qualunque ri-presentazione abbia associato ad una parola comunque simile alla ri-presentazione che la parola produce in altri utenti. L'accettazione di tale parallelismo il fondamento di ci che viene comunemente chiamato -cornunicazione". L'affermazione che queste ri-presentazioni sono condivise da tutti i parlanti di quella lingua naive e non garantita, perch tutto ci che pu mai essere mostrato che le ri-presentazioni degli individui sono compatibili nel contesto dato.

Torna a capo. Il potere dei simboli


Un modello dettagliato della dimensione semantica delle parole sar presentato nel capitolo VII. Qui spiegher solamente due condizioni indispensabili per discutere del ruolo del riconoscimento e della ri-presentazione. La prima condizione che i fonemi che compongono la parola nel discorso, o i segni grafici che la costituiscono nello scrivere, devono essere riconosciuti come quel particolare elemento del vocabolario personale. Come ho gi accennato, questa capacit di riconoscimento primaria, dal punto di vista evolutivo, rispetto all'abilit di ri-presentare e produrre la parola spontaneamente.

Chiamo "segnale" la parola che causa semplicemente una risposta sotto forma di azione, per esempio quando viene usata come comando. Se si soddisfa una seconda condizione, dir che la parola usata come "simbolo" (10). Nella mia terminologia, una parola verr considerata un simbolo, solo quando produce in colui che la usa una ri-presentazione astratta. La parola/simbolo, quindi deve essere associata con una struttura concettuale che stata astratta dall'esperienza e, almeno in una certa misura, generalizzata.

Una volta che una parola divenuta operativa come simbolo e produce il significato associato come un elemento dell'esperienza che stato isolato (astratto dal contesto esperenziale), il suo potere pu venir ulteriormente espanso in maniera importante. Non appena i singoli utenti della parola diventano pi esperti, non hanno pi bisogno di produrre di fatto le strutture concettuali associate come una ri-presentazione interamente implementata. Potrebbero semplicemente registrare l'uso della parola come una specie di "indicatore" da seguire, se necessario, in un altro momento. Credo che ci sia analogo alla capacit di riconoscere oggetti sulla base di una costruzione percettuale parziale. Nel contesto delle attivit simboliche, questa capacit sottile ed importante. Un esempio pu aiutare a chiarire cosa sto cercando di dire.

mentali che essi indicano, sono ridotti a segni privi di significato (vedi HERSH, 1979, p. 19).

Torna a capo. La teoria dell'astrazione secondo Piaget


Nessun pensatore di questo secolo ha usato la nozione di astrazione con la stessa insistenza e frequenza di Piaget. Invero, nel suo pensiero "ogni nuova conoscenza presuppone un'astrazione. .."(Piaget, 1974c, p. 81). Ma non tutte le astrazioni sono uguali. Piaget ne distingue due tipi principali, "empirica" e "riflessiva", e poi suddivide la seconda. Ha spiegato spesso la differenza maggiore in termini apparentemente semplici, per esempio:

Le astrazioni empiriche riguardano gli osservabili e le astrazioni riflessive riguardano le coordinazioni (PIAGET e altri, 1977a, Vol. 2; p. 319).

Cos si possono distinguere due tipi di astrazioni in base alla loro fonte esogena o endogena ... (PIAGET, 1974c, p. 81).

Chiunque sia entrato nello spirito dell'epistemologia genetica, capir che la semplicit di queste affermazioni trae in inganno. Le espressioni "osservabili" ed "esogeni" sono soggette ad essere interpretate in senso realista, come aspetti o elementi di una realt esterna. Comunque questo non il caso nella teoria della conoscenza di Piaget. Infatti, i passi soprariportati sono seguiti da avvertenze ben appropriate. Dopo la prima, Piaget, spiega che nessuna caratteristica osservabile in s. Persino in fisica, egli dice, le grandezze misurate (massa, forza, accelerazione ecc.) sono esse stesse costruite e sono quindi risultati di inferenze derivanti da astrazioni precedenti (op. cit). Nel caso della seconda affermazione, egli aggiunge poco dopo: "non ci pu essere conoscenza esogena tranne quella che viene afferrata come contenuto, per mezzo di forme che sono in origine endogene" (P1AGET, 1974c, p. 83). Questa non una formulazione di immediata chiarezza. Come succede spesso negli scritti di Piaget, si deve guardare altrove nel suo lavoro per avere chiarimenti.

Torna a capo. La forma e il contenuto

scienza diventano i dati per la coordinazione e l'astrazione di un'altro ramo. In uno dei suoi primi scritti (1929), e quasi quarant'anni dopo nella sua "classificazione delle scienze" (1967a, 1967c), Piaget descrisse questa mutua interdipendenza delle discipline scientifiche come un ciclo chiuso di scambi: biologia o psicologia 0 matematica o fisica, e ritomo a biologia. Da questa prospettiva non c' una progressione lineare senza fine, ma semplice sviluppo di un metodo e di concetti in una disciplina che conducono a nuove concettualizzazione e coordinamento in un'altra. La recente forte influenza della fisica molecolare e delle particelle sulla struttura concettuale della biologia potrebbe esserne un buon esempio.

La seconda ragione contro un infinito regressso di astrazioni si fonda sulle basi evolutive dell'epistemologia genetica ed qui di particolare rilievo. La carriera cognitiva dei bambino ha un inizio indiscutible, una prima fase durante il quale il neonato assimila, o cerca di assimilare, tutta l'esperienza a sequenze d'azione fisse (riflessi) presenti in partenza (PIAGET, 1975, p. 180). Ad eccezione della fissit iniziale, queste sequenze d'azione funzionano come gli schemi che il bambino comincia a coordinare poco pi tardi sulla base dell'esperienza che va espandendosi (v. Cap. III).

Nelle prime fasi del periodo sensomotorio (cio nei primi due anni di vita), l'assimilazione e l'accomodamento avvengono senza n consapevolezza n riflessione. Il fatto che un neonato di 3-4 mesi assimili elementi (che per l'osservatore non sono tutti uguali) come stimolo di uno schema particolare, viene descritto a volte come l'abilit a generalizzare (gli psicologi di animali, lavorando con scimmie e ratti, la chiamano "generalizzazione di stimolo").

Poco pi tardi nella fase sensomotoria, la riflessione comincia ad operare e con essa si iniziano a discriminare elementi esperienziali che funzionano davvero in un dato schema, da quelli che non funzionano. Ha cos inizio un meccanismo che fornisce la fonte di astrazioni empiriche che a loro volta, mettono il bambino in grado di ripresentarsi gli elementi esperienziali quando questi non sono di fatto presenti. Ci fa sorgere inevitabilmente la domanda di quando e come viene coinvolta la consapevolezza del soggetto attivo.

E una domanda incalzante perch la parola "riflessione", sin da quando Locke la introdusse nelle scienze umane, tende ad implicare una mente cosciente che riflette. Una seconda ragione dovuta al fatto che quando Piaget distingue tra "figurativo" ed "operativo", mira a rinforzare l'idea che l'operativo (descritto sia da Locke che da Piaget come 1e idee che la mente raccoglie riflettendosulle sue stesse operazioni") richiede

questo momento. Ci suggerisce che sono in grado non solo di richiamare una ripresentazione cmpiricamente astratta, ma anche di rivederla ben deliberatamente.

La nozione di astrazione empirica copre una gamma pi ampia di esperienza per Piaget di quanto ci si aspetti dalle parole sopra riportate di Locke. Ci che Locke chiam "esseri particolari" erano per lui idee fornite dai cinque sensi. Siccome secondo Piaget la percezione tattile e visiva implicano movimento, non sorprende che le sensazioni interiori causate dal movimento dell'agente stesso (cinestesi) appartengano al "figurativo" e siano quindi, secondo Piaget, materia grezza per astrazioni empiriche sotto forma di modelli motori (cio programmi d'azione ripetibili ed applicabili in altre circostanze) (11).

Che tali modelli motori astratti raggiungano il livello in cui possono essere ri-presentati, lo potete controllare da voi. Chiunque abbia dimestichezza con attivit quali il correre gi per le scale, il servire a tennis, eseguire un colpo al golf, o sciare gi per un pendio, non ha difficolt nel ri-presentare i movimenti implicati senza muovere un muscolo. Un aspetto interessante in tali "ri-corsi a secco" di esperienze cinestetiche astratte che non richiedono specifiche scale, palle o discese. Dico ci perch mi sembra una chiara dimostrazione di una ri-presentazione deliberata e quindi conscia, di qualcosa che non aveva bisogno di consapevolezza per la sua astrazione dall'esperienza di fatto. La differenza rilevante per la suddivisione che Piaget introdusse nel campo dell'astrazione riflessiva.

Dalle astrazioni empiriche, che hanno esperienza sensomotoria per la materia grezza, Piaget, come ho gi detto, distinse tre tipi di astrazioni riflessive. Sfortunatamente, l'etichetta francese che Piaget scelse per esse fu inevitabilmente confusa a causa della traduzione letterale inglese.

Il primo tipo deriva da un processo che Piaget chiama rflchissement, una parola spesso usata in ottica quando qualcosa si sta riflettendo, come per esempio i raggi del sole su una superficie lucida. Nella sua teoria della conoscenza, il termine viene usato per indicare che un'attivit o un'operazione mentale (non una combinazione statica di elementi sensoriali) sviluppata ad un livello viene astratta da quel livello operativo e viene applicata ad uno pi alto, dove viene considerata rflchissement. Moessinger e Poulin, 1981, hanno tradotto questo termine con "proiezione", che coglie qualcosa del significato originale. Ma Piaget sottolinea una seconda caratteristica richiesta:

presentarsi certe cose, ma che, tuttavia, non sono ancora completamente al livello di operazioni concrete, ... accade che i soggetti, dipendendo continuamente da risultati percepibili, possono condurre certe costruzioni che, in seguito, diventano puramente deduttive (per esempio, usando un abaco o similari, per le prime operazioni numeriche). In questo caso parleremo di "astrazioni pseudoempiriche" perch, nonostante il fatto che questi risultati vengano letti da oggetti materiali come se fossero astrazioni empiriche, le propriet percepite vengono di fatto introdotte in questi oggetti dalle attivit del soggetto. PIAGET (Op. Cit.).

Per ricapitolare, Piaget distingue quattro tipi di astrazione. Una chiamata "empirica" perch astrae le propriet sensomotorie dalle situazioni esperienziali. La prima delle tre astrazioni riflessive progetta ed organizza, ad un altro livello concettuale, una coordinazione o un modello delle attivit e delle operazioni proprie del soggetto. Quella successiva simile in quanto anch'essa implica modelli di attivit o di operazioni, ma include la consapevolezza, da parte del soggetto, di ci che stato astratto ed quindi chiamata "astrazione riflessiva". L'ultima chiamata "pseudo- empirica" perch, come le astrazioni empiriche, pu aver luogo solo se c' a disposizione materiale sensomotorio adeguato.

Torna a capo. La questione della consapevolezza


Uno dei due maggiori risultati della ricerca condotta da Piaget e dai suoi collaboratori sul raggiungimento della consapevolezza, vien riassunto come segue in La prise de conscience (12):

... l'azione in s costituisce una conoscenza autonoma dal potere considerevole, perch,
mentre soltanto "know-how" e non conoscenza conscia di s nel senso di intelligenza concettualizzata, essa costituisce comunque la fonte di quest'ultima perch il raggiungimento della coscienza quasi sempre si attarda notevolmente dietro questa conoscenza iniziale ch notevolmente efficace anche se non conosce se stessa (PIAGET, 1974a, p. 275).

Il fatto che la conoscenza conscia, concettualizzata di una data situazione si attardi, dal punto di vista dello sviluppo, dietro al saper come agire nella situazione, un luogo

Infine chiamiamo il risultato di un'astrazione riflessiva, astrazione "riflessa", una volta che divenuta conscia, e lo facciamo indipendentemente dal suo livello (PIAGET et al., 1977a, vol2, p. 303; miei corsivi).

Quando il lettore arriva a quest'affermazione nel sommario conclusivo al secondo volume sullo specifico argomento dell'astrazione riflessiva, diventa chiaro che la sequenza in cui l'autore solitamente discute i tre tipi un po' fuorviante. Non n una sequenza logica, n dello sviluppo. Ci che Piaget appropriatamente chiama "pensiero riflessivo" e che classifica come secondo di tre tipi, descrive un fenomeno cognitivo ben pi sofisticato dell'astrazione riflessiva di tipo 1 o di tipo 3. Inoltre, rilevante anche come ulteriore sviluppo dell'astrazione "empirica".

Suggerirei di assegnare i due significati della parola "riflessione" alla classsificazione di astrazioni di Piaget, nel modo seguente: interpretarla come proiezione e organizzazione adattata ad un altro livello operazionale nel caso dell'astrazione riflessiva di tipo 1 e dell'astrazione pseudo-empirica; e considerarla come pensiero conscio nel caso dell'astrazione "riflessa", cio, il tipo 2.

Nei suoi due volumi La prise de conscience (1974a) e Russir et comprendre (1974b), c' una ricchezza di materiale osservativo da cui Piaget e i suoi collaboratori inferirono che la coscienza appare con esitazione, a piccole fasi, ognuna delle quali concettualizza un modo di operare pi o meno specifico. Come von Humboldt, Piaget d per scontata l'abilit mentale di uscire dal flusso esperienziale. Quindi, ha tentato di mappare in e sotto quali condizioni si colloca la consapevolezza del soggetto; e ha cercato di stabilire come si evolve l'azione nella sua relazione con la concettualizzazione che caratterizza il raggiungimento della coscienza (Piaget, 1974a, p. 275 e ss). Nel volume successivo, ha dato un'eccellente definizione di quale sia il contributo dato dalla consapevolezza:

Riuscire significa comprendere in azione una data situazione ad un grado sufficiente per raggiungere le mete proposte; capire significa padroneggiare col pensiero le stesse situazioni fino al punto in cui si riescono a risolvere i problemi che esse pongono con riferimento al come e al perch dei collegamenti stabiliti ed usati nelle azioni (PIAGET, 1974b, p. 237).

Il risultato globale delle accurate indagini contenute in questi due volumi misero Piaget in grado di raggiungere una descrizione estremamente sofisticata della mutua interazione tra la costruzione di schemi efficaci e la costruzione di comprensioni astratte,

Quando ascolto o leggo una frase come "L'esercito saraceno era grande otto volte tanto quello veneziano, tuttavia un quarto dei suoi effettivi cadde sul campo, un quarto fu catturato, e la met si diede alla fuga" posso ammirare il nobile ardimento dei Veneziani e posso anche capire le proporzioni, senza per determinare un numero. Se mi si chiedesse quanti erano i Turchi, quanti siano stati uccisi, quanti catturati, quanti messi in fuga, non potrei rispondere, fino a che uno dei numeri indeterminati non sia determinato. ... Per questo nata la necessit di aggiungere all'aritmetica comune, che considera i numeri determinati, un'altra aritmetica che considera i numeri indeterminati, ed i loro comportamenti e le loro proporzioni e proporzionalit (CARAMUEL, 1670/1977, p. 37).

In Europa, dice Caramuel, quest'altra aritmentica, che ha a che fare con astrazioni che sono pi astratte dell'astratto concetto di nimiero", conosciuta come "algebra". Dato il modello di astrazione e di riflessione discusso in queste pagine, non difficile vedere dove risiede questa ulteriore astrazione. Per produrre una vera ri-presentazione del modello operativo dall'operazione aritmetica di divisione, per esempio, si rendono necessari numeri specifici. Ci analogo alla necessit di propriet specifiche quando si deve produrre la ri-presentazione di una mela. Ma c' una differenza: le propriet richieste per formare una ri-presentazione di mela sono propriet sensoriali, mentre i numeri necessari per ri- presentare un modello operativo in aritmetica sono essi stessi astrazioni dalle operazioni mentali e quindi ri- presentabili solo con l'aiuto di materiale sensoriale. Eppure, una volta che i simboli sono stati associati al modello operativo astratto, questi simboli, grazie al loro potere di funzio

nare come indicatori, possono essere capiti senza la produzione di fatto della ripresentazione associata, purch colui che la usa sappia come produrla quando si ha a disposizione il materiale numerico.

Torna a capo. Conclusione


Astrazione, ri-presentazione, riflessione e concettualizzazione conscia, interagiscono a vari livelli di operare mentale. Nel corso dei vari processi, ci che prodotto da un ciclo di operazioni pu venir preso come contenuto dato da quello successivo, che pu poi coordinarlo per creare una nuova "fortna", una nuova struttura. Tutte quelle strutture possono poi essere concettualizzate consciamente e associate a un simbolo. La struttura che poi funziona per quel particolare soggetto conoscitivo come significato del simbolo, pu essere passata attraverso molti cicli di astrazione e di riorganizzazione. Questo uno dei motivi per cui la visione convenzionale del linguaggio fuorviante. Nella mia esperienza, la nozione che la parola/simbolo abbia significati fissi condivisi da ciascun

operazioni, procedenti da capacit intrinseche e ad esso proprie, che, quando esso vi si riflette, divengono anche oggetti della sua contemplazione; ambedue, come ho detto, sono le fonti di tutta la conoscenza (LOCKE, 1690, Libro 11, cap. 1, par. 24).

Con una sola modifica, quest'affermazione si adatta bene alla mia interpretazione dell'analisi piagetiana delle astrazioni. La modifica riguarda, ovviamente, "gli oggetti esterni estrinsechi alla inente". Nel pensiero di Piaget, esogeno ed endogeno non si riferiscono ad un'interno ed un esterno rispetto all'organismo. Il costrutto interno formato dalla coordinazione di elementi sensomotori ad un livello, diventa materiale esterno per la coordinazione di operazioni ad un livello superiore. L'unica cosa che Piaget assume come punto di partenza dato per questo processo che rimarrebbe altrimenti chiuso, la presenza di qualche sequenza d'azione fissa all'inizio dello sviluppo cognitivo del neonato.

Ma tanto il modello dell'organismo cognitivo di Locke quanto quello di Piaget riconoscono i sensi e le operazioni della mente come le due fonti delle idee. Locke crede che la fonte sensoriale delle idee, 1 -impressione" generata da "oggetti esterni", fornisca alla mente una sorta di immagine di un mondo esterno. Piaget vede la percezione come il risultato delle azioni del soggetto e delle operazioni mentali intesi a fornire, non un'immagine di un mondo esterno, ma un adeguamento adattivo in seguito alle perturbazioni causate da questo mondo. Di conseguenza, egli assegna la priorit funzionale delle due fonti in modo diverso. Locke, specialmente nei suoi ultimi scritti, tende ad enfatizzare la ricezione passiva di impressioni da parte dei sensi. Per Piaget, invece, la priorit spetta alla mente attiva che organizza la sensazione per formare i percetti. La differenza, comunque, assume un carattere completamente diverso, una volta che consideriamo che il concetto di conoscenza non lo stesso per i due pensatori. Per Locke, essa coinvolge ancora la nozione di "verit" intesa come corrispondenza ad un mondo esterno indipendente; per Piaget, in contrasto, la conoscenza ha il significato biologico, di adattamento o viabilit funzionale come condizione indispensabile di sopravvivenza organica e di equilibrio cognitivo.

La differenza, quindi, potrebbe essere caratterizzata sostenendo che l'empirismo classico accetta senza questioni la nozione statica di essere, mentre il razionalismo costruttivista accetta senza questioni la nozione dinamica del vivere. Note
(1) Revisione ampliata di un saggio pubblicato in Epistemological Foudations ofMathematical Experience, curato da L. P. Steffe (1991). (Con permesso dei Springer Verlag, NewYork).

(12) Il titolo di questo volume, come fece notare Leslie Smith (1981), uno dei pochi interpreti coscienziosi di Piaget, fu maltradotto come "The grasp ofconsciousness" e doveva essere reso come "onset" o "ottenimento della coscienza".

(13) Devo la conoscenza dell'opera di Caramuel al mio amico Paolo Terzi che riconobbe immediatamente il valore del trattato latino di quest'autore del XVII secolo, quando per caso lo trov in una biblioteca di Vigevano. Cararnuel, un nobile spagnolo chiamato in Vaticano come architetto, matematico e filosofo della scienza, fu poi esiliato come vescovo nella cittadina lombarda, perch ebbe molti screzi con la Santa Sede.

(14) t utile ricordare che la prima frase della Critica della Ragion Pura di Kant(1781) recita: "Uesperienza indubbiamente il primo prodotto che la nostra intelligenza produce operando su materiale di impressioni sensoriali".

Torna a capo.

CAPITOLO VI IL SE' E GLI ALTRI (1)


Per circa 2500 anni il mondo occidentale ha manifestato una sovrastante tendenza a pensare alla conoscenza come rappresentazione di un mondo esterno ed indipendente da colui che conosce. Si supponeva che la rappresentazione riflettesse almeno parte della struttura del mondo e dei principi secondo i quali esso funziona. Anche se l'immagine avrebbe potuto non essere perfetta, si pensava che fosse perfettibile in linea di principio. Come nel caso di un ritratto, la "bont" della conoscenza andava giudicata per come ben corrispondeva alla cosa "reale". Per i motivi espressi nei capitoli precedenti, questo modo di pensare non viabile dal punto di vista costruttivista. Ma se si nega che la conoscenza debba in qualche modo corrispondere ad un mondo oggettivo, a che cosa deve essere correlata e che cosa potrebbe darle un valore?

E un problema serio, perch se dovessimo dire che non c' alcuna relazione, ci ritroveremmo catturati dal solipsismo, secondo cui la mente, e la mente solo, crea il mondo. Come modello esplicatore la dottrina del solipsismo non molto utile. Infatti, non un modello perch non spiega nulla. Il solipsismo un'affermazione metafisica

Il secondo principio che, dal punto di vista costruttivista, la conoscenza non costituisce un"'immagine" dei mondo. Non rappresenta il mondo, perch essa costituita da schemi d'azione, concetti, pensieri, e ne distingue quelli che sono considerati vantaggiosi da quelli che non lo sono. In altre parole, pertiene ai modi e mezzi che il soggetto conoscente ha concettualmente sviluppato per adattarsi al mondo come egli/ella lo esperisce.

Ne segue che ci che noi comunemente chiamiamo "fatti" non sono elementi di un mondo indipendente dall'osservatore, ma elementi dell'esperienza dell'osservatore. Come Vico fece notare nel 1710, la parola factum il participio passato del verbo latino che corrisponde a 'Tare". Questa fu una delle chiavi che gli permise di formulare il principio epistemologico secondo cui gli esseri umani conoscono soltanto ci che essi stessi hanno fatto mettendo insieme elementi loro accessibili.

Questo problema dell'accessibilit, mi sembra, di cruciale importanza in qualunque discussione su ci che empirico e ci che non lo . Ritornando agli inizi dell'empirismo, troviamo che Locke propose due diversi fonti per l'origine delle idee: da un lato, i sensi e, dall'altro, la riflessione. Kant rimosse ogni supporto da tutto ci che rimaneva del realismo dopo l'empirismo inglese. Proponendo che lo spazio e il tempo vengano considerati forme caratteristiche (Anschuungsformen) del modo umano di esperire piuttosto che propriet del mondo reale, il filosofo tedesco elimina ogni possibilit di immaginare e di visualizzare un mondo prima che sia passato attraverso la nostra procedura esperienziale. Se accettiamo questo punto di vista, dobbiamo accettare anche "filosoficamente" una limitazione che noi stessi possiamo scoprire "empiricamente": siamo incapaci di vedere, toccare, udire, e invero, conoscere tutto ci che non sia inquadrato nello spazio e nel tempo. Ogni cosa che vorremmo chiamare "struttura" dipende dallo spazio e dal tempo. Quindi, qualunque cosa sia la realt, non ha senso attribuirle qualcosa che potremmo riconoscere come struttura (2).

Torna a capo. L'illusione dell'informazione codificata.


A questo punto si potrebbe dire, dimentichiamo l'empirismo inglese e dimentichiamo Kant, forse possiamo giustificare il realismo nonostante le loro spiegazioni. Dopo tutto, dai tempi di Kant parecchi filosofi implicitamente, se non esplicitamente, hanno mostratro una tendenza verso il realismo, ma nessuno ha saputo difendersi in maniera soddisfacente dai vecchi attacchi di scetticismo. Se vogliamo pensare alla conoscenza come un'immagine della realt, dovremmo essere rassicurati dal fatto di poter giungere

Per quest'attivit costruttiva, il ruolo dell'attenzione cruciale. Come ho accennato prima, molti psicologi sperimentali hanno mostrato, indipendentemente, che i soggetti possono liberamente spostare il fuoco della loro attenzione nel campo percettuale senza muovere fisicamente i propri occhi o corpi (KOHLER, 1951; LASHLEY, 1951; PRiTCHARD et al., 1960; ZINCHENKo e VERGILES, 1972). Questa sorprendente scoperta importante per ogni modello della costruzione mentale. Elimina la necessit della presupposizione che i segnali sensoriali giungano in gruppi gi preordinati e libera la strada per considerare la mente stessa come la produttrice di ogni relazione e coordinamento.

Voglio comunque chiarire che i risultati sperimentali, anche se compatibili col modello costruttivista, non lo rendono "vero" nel senso ontologico. Le scoperte empiriche di codificazioni indifferenziate e la mobilit dell'attenzione, essendo esse stesse costrutti dell'osservatore, non possono servire come argomentazione logica per provare che i sensi non forniscono informazioni sulla struttura di un mondo oggettivo esterno. Questa impossibilit nasce invece dall'intuizione degli scettici che la conoscenza umana non pu essere testata da una procedura che implicherebbe a sua volta i meccanismi della cognizione umana.

Eppure, siccome il costruttivismo afferma che conoscere edificare reti coerenti assemblando strutture concettuali e modelli mutualmente compatibili, le scoperte empiriche compatibili sono sempre incoraggianti. In questo caso, poi, esse legittimizzano la domanda che coloro che sostengono che riceviamo davvero informazioni oggettive attraverso i sensi, presentino un modello plausibile per spiegare come pu funzionare un simile trasferimento comunicativo.

A sua volta, la teoria costruttivista ha l'obbligo di fornire un modello capace di inostrare come succede che, nonostante l'isolamento informazionale, ci sembra di avere una realt esperienziale notevolmente stabile in cui conduciamo la nostra vita quotidiana.

Torna a capo. La realt dell'esperienza


Formuliamo spiegazioni, esprimiamo predizioni, riusciamo persino a controllare certi eventi nel campo della nostra esperienza che la realt in cui viviamo. Tutto ci, e in particolare ogni tentativo di gestione, implica ci che chiamiamo senso comune e, a volte, anche conoscenza scientifica. La seconda in genere ritenuta pi solida. Ci fidiarno, ed essa ci permette di fare cose meravigliose.

suppone poi che la conoscenza scientifica sia pi affidabile della conoscenza comune, non perch sia costruita in modo diverso, ma perch il modo in cui costruita esplicito e ripetibile. Paul Valry, sicuramente uno degli uomini pi saggi del nostro tempo, scrisse: "La scienza non una collezione di ricette e di procedue che funzionano sempre", e spieg:

La nostra fede (in essa) sta interamente nella certezza di riprodurre o rivedere un certo fenomeno per mezzo di certi atti ben definiti (VALP_RY, 1957,p.1253). Il valore della conoscenza scientifica, cos, non dipende dalla "verit" nel significato dato dai filosofi, ma solo dalla "viabilit".

La nozione di verit, richiederebbe una corrispondenza, cio, una condivisione di specifici particolari e di aspetti dell'immagine e di ci che intende rappresentare; la nozione diviabilit (che si riferisce ad azioni e modi di pensare) richiede soltanto compatibilt. La prima richiede punti condivisi, la seconda, in constrasto, una relazione caratterizzata dall'assenza di punti condivisi, perch sarebbero punti di attrito e collisione (v. Cap. 11).

Comunque, il concetto di viabilit implica che ci sia o ci saranno ostacoli e limiti che interferiscono con, e ostruiscono, le modalit dell'organismo di ottenere gli obbiettivi scelti. Non si tratta di "Tutto va bene" (4). t sempre possibile che una realt ontica si manifesti

impedendo alcune delle nostre azioni e frustrando alcuni dei nostri sforzi. Ma anche se succedesse cosi, questa realt ontica si manifesterebbe solo nei fallimenti del nostro agire elo pensare, e perci non avremmo modo di descriverla, se non in termini di azioni e pensieri che risultano privi di successo.

Torna a capo. L'analisi della costruzione empirica


Con questo approccio al problema della conoscenza, l'empirismo torna al punto di partenza, ritornando al suo intento originario di esaminare il mondo dell'esperienza.

Torna a capo. La questione dell'oggettivit


Se consideriamo questo modo di pensare come un'ipotesi di lavoro dobbiamo rendere conto di una differenza nei costruiti concettuali che, come costruttivisti, non ci piacerebbe omettere: la differenza tra la conoscenza di cui ci fidiamo come se fosse oggettiva, e i costrutti che consideriamo dubitabili, se non completamente illusori. Inutile dirlo, questa "oggettivit" costruttivista dovrebbe essere chiamata con un altro nome perch non si trova in, n indica, un mondo di cose-in-s. Si trova interamente nel campo del fenomenico. Per ragioni che spiegher, ho proposto il termine "intersoggettivo" per il livello pi alto, pi affidabile della realt esperienziale (GLASERSFELD, 1968).

Come implica il termine, questo livello pi elevato sorge tramite l'avvaloramento di altri soggetti pensanti e "conoscenti". L'introduzione di "altri" potrebbe sembrare in netta contraddizione col principio costruttivista che tutta la conoscenza soggettiva. L'apparente contraddizione sparisce se riesco a dimostrare che, bench gli altri siano la costruzione del soggetto individuale, essi possono comunque fornire una convalida della realt esperienziale di quel soggetto.

Il modello di come costruiamo "gli altri" infatti, un'estensione di ci che Kant sugger nella sua prima edizione della Critica della Ragion Pura:

E chiaro: se uno concepisce un altro essere pensante, attribuisce necessariamente a quell'altro le propriet e le capacit con cui uno caratterizza se stesso come soggetto (KAw, 1781, p. 223).

La creazione degli altri a nostra somiglianza non avviene tutto ad un tratto. Inizia in maniera quasi banale col bambino che attribuisce la capacit di movimento spontaneo agli elementi che nel campo esperienziale non stanno fermi. La luna, la corrente d'acqua, i mulinelli nei fiumi, gli alberi che si piegano al vento vengono considerati dal bambino che ne sta facendo esperienza, come mossi dalla loro volont. Questa fase a volte caratterizzata da animismo. E seguita dall'attribuzione di sensi visivi ed uditivi agli animali. Il bambino ai primi passi che vuole catturare una rana impara presto che deve avvicinarla il pi silenziosamente possibile e da dietro. Egli ne conclude che la rana pu sentire e vedere. Pi tardi, ci saranno numerose situazioni con altri oggetti esperienziali

Lo sviluppo di questa realt intersoggettiva viene schematizzata con chiarezza alla fine dei quattro dialoghi che Alexander Bogdanov pubblic nel 1909. Bogdanov, che ora viene riconosciuto come uno dei precursori della cibemetica, fu un pensatore veramente universale. Oltre gli impegni politici, lavor come medico, biologo sperimentale, filosofo della scienza e sociologo. Discusse molto veementemente col suo amico Lenin che pubblic una polemica contro la sua filosofia, ma lo lasci continuare nel suo lavoro. Poco dopo la sua morte avvenuta nel 1928 (causata da un esperimento medico che stava conducendo su se stesso), Stalin bandi i suoi libri e fu virtualmente dimenticato. Qualche anno fa, Vladimir Sadovsky, un collega russo, copi i dialoghi di Bogdanov per me da un volume che aveva tenuto nascosto sin da quando era studente e disse: "Anche noi abbiamo avuto un costruttivista".

Quando alla fine riuscii a fanni tradurre il testo in una lingua che conoscevo, ero stupito e deliziato. Questi dialoghi sono un'ammirevole, concisa, lucida presentazione dell'aspetto strumentalista del costruttivismo e forniscono una componente esplicitamente sociale alla produzione della realt intersoggettiva.

La conoscenza, dice Bogdanov, funziona come uno strumento. La sua bont, o quanto di meglio possa essere, emerge quando un gruppo di persone lavorano assieme allo stesso compito. Quando nessuno riesce a suggerire un ulteriore miglioramento, lo strumento si chiamer "verit" (BOGDANOV, 1909, pp. 30-33).

In questa costruzione sociale della nostra verit e realt esperienziale dobbiamo ancora analizzare numerosi dettagli, ma la nozione di collaborazione e gli sforzi collettivi per raggiungere un obbiettivo risultano probabilmente il principio pi efficace (5). Altri aspetti potrebbero essere raccolti da singole intuizioni nelle opere di sociologi e di esperti di psicologia sociale. Ma - e ci cruciale dal punto di vista costruttivista Bogdanov aggiunge, riguardo all'invenzione e al miglioramento degli strumenti:

Che si tratti di un genio o di un semplice lavoratore, nella loro rispettiva creativit sia pratica che cognitiva, sono sempre singoli esseri viventi (BOGDANOV, 1909, p. 33).

In altre parole, nessuna analisi dei fenomeni sociali avr successo se non tiene conto del fatto che la mente che costruisce concetti e schemi viabili , in ogni circostanza una rnente individuale. Di conseguenza, anche "altri" e "societ" sono concetti costruiti da individui sulla base della loro stessa esperienza soggettiva.

ci sono cose a cui, anche se hanno coordinate specifiche in una cornice spazio-temporale di riferimento, non vorremmo attribuir loro l'esistenza; per esempio, allucinazioni, miraggi e, pi familiari, immagini allo specchio ed arcobaleni.

In ogni caso, per adattarlo alla teoria costruttivista, il pronunciamento cartesiano "penso dunque sono" va interpretato come "sono consapevole di pensare, quindi sono". Per me, proprio questa consapevolezza di ci che si sta facendo o di ci di cui si sta avendo esperienza, il fondamento di ci che comunemente chiamiamo il nostro s. Non si tratta di pensiero ad alto livello. Se sei consapevole che ti stai allacciando le scarpe, diventi consapevole anche del fatto che c' un tu che lo sta facendo.

Dato che, come gi detto prima, non abbiamo neppure un accenno di modello della coscienza o consapevolezza, pu sembrare strano insistere sul fatto che la consapevolezza sta alla base del concetto del s come entit. Eppure, nessun tentativo di costruire una teoria della conoscenza, pu evitare di riconoscere il mistero fondamentale della consapevolezza. Come disse Wittgenstein:

L'io ricorre in filosofia attraverso il fatto che "il mondo il mio mondo"... L'io filosofico non l'uomo, non il corpo umano o l'anima umana di cui si occupano gli psicologi, ma il soggetto metafisico, il limite non una parte del mondo (WITTGENSTEIN, 1933, par. 5.641). Ma ci sono due aspetti del concetto di s. Dal punto di vista realista, il s che percepiamo, essendo percepito, diventa un oggetto agli ordini del soggetto che percepisce. Berger e Luckmann espressero ci con molta chiarezza:

Da una parte, l'uomo un corpo, come possiamo dire di ogni altro organismo animale. Dall'altra, l'uomo ha un corpo. Cio, l'uomo esperisce se stesso come un'entit che non identica al suo corpo, ma che, al contrario, ha quel corpo a sua disposizione. In altre parole, l'esperienza che l'uomo ha di s sospesa in un equilibrio tra essere ed avere un corpo, un equilibrio che deve venir aggiustato di volta in volta (BERGER e LUCKMANN, 1967, p. 50).

Dal punto di vista costruttivista, il s generato, cosi come il suo corpo, sono necessariamente il prodotto di quell'agente attivo che Wittgenstein chiam "io" che non

piuttosto particolari quali "tu sei tu" ed "io sono io" non sembrano peculiari come quella di Gertrude Stein, "Una rosa una rosa una rosa". Ci che evidentemente abbiamo in mente quando facciamo simili affermazioni, l'identit individuale o la continuit di una persona. Comunque, non appena cerchiamo di analizzare che cosa precisamente costituisca la continuit dei nostri s, incorriamo in difficolt. C' un'impressione di ambiguit: persino il s esperienziale sembra avere parecchi aspetti.

Torna a capo. Il s percepito


Prima di tutto, c' un s che parte dell'esperienza di qualcuno. Per esempio nel mio campo visivo, riesco facilmente a distinguere la mia mano dal mio notes e dal tavolo, e dalla matita che tengo. Non ho dubbi che la mano parte di me, mentre il notes, il tavolo e la matita non lo sono.

Secondo, se muovo gli occhi, inclino la testa o cammino fino alla finestra, riesco ad isolare me stesso come il luogo delle esperienze percettuali (e altre) che sto facendo. Questo s come luogo dell'esperienza sembra essere un agente attivo piuttosto che un'entit passiva. Pu, infatti, muovere i miei occhi, inclinare la mia testa, cambiare luogo - e focalizzare l'attenzione su un settore del campo visivo o esperienziale piuttosto che su un altro. Questo s attivo pu decidere di guardare, di non guardare, di muoversi e, di non muoversi, di tenere la matita, di non tenere la matita. Entro certi limiti, pu persino decidere di esperire o di non esperire (6).

Oltre questi, ci sono ancora altri aspetti del concetto di s. C' per esempio, il s sociale. Come soggetti che esperiscono, entriamo nelle specifiche relazioni con altri; e come l'attori", scegliamo modelli o ruoli specifici che alla fine finiscono per essere considerati parti caratteristiche di ci che chiamiamo i nostri s. Ma qui sto focalizzando l'attenzioine sulla costruzione di un nucleo concettuale, e quindi dovrei ignorare gli aspetti sociali del s, perch il loro sviluppo principale sembra che abbia luogo durante l'adolescenza quando il s di base gi stabilito.

Nelle pagine che seguono tratter delle due parti principali del concetto essenziale, il s come luogo di esperienza e il s come entit percettuale.

Probabilmente comincia quando il neonato, avendo notato fonne che si muovono nel suo campo esperienziale, scopre che c' un modo per distinguerne alcune. Se per esempio, la mano della mamma si muove nel campo visivo del neonato, il neonato ha un'esperienza puramente visiva. Comunque, quando la mano del neonato a muoversi nel suo stesso cam

po visivo, l'esperienza visiva pu essere seguita da un'esperienza cinestetica, cio dai segnali sensoriali che il bambino riceve dai suoi muscoli usati per generare il movimento. Un

po' pi tardi, la differenza tra le due esperienze si accresce significativamente quando il bambino capisce che il movimento della mano pu venir affidabilmente attivato a volont, mentre non succede lo stesso per quello della mano della mamma.

Quando i neonati toccano alcune parti del proprio corpo con le proprie mani, si generano segnali tattili su entrambe le parti del contatto. Ci rende possibile una distinzione attendibile tra il toccare se stessi e il toccare o essere toccati da altre cose (quando i segnali tattili vengono generati solo da una parte del contatto). Qualunque gattino compie sicuramente questa distinzione quando gioca con altri gattini e scopre che mordere la propria coda diverso da quando morde la coda di un altro. Imparano senza dubbio presto a distinguere la propria coda quando viene morsicata. Anche se probabilmente nel caso dei gattini non c' astrazione riflessiva, l'esperienza genera comunque in essi la nozione di s con implicazioni pratiche per il loro comportamento futuro. Esperienze analoghe mettono il bambino in grado di conoscere quale mano sta tenendo la matita.

Torna a capo. Le immagini riflesse


Una volta che i bambini hanno coordinato elementi tattili e propriocettivi per formare nozioni del proprio corpo e quando il riconoscimento dei propri arti divenuto attendibile, ci sono le basi necessarie per un'esperienza molto pi complessa del s fisico: il riconoscimento della propria ombra e della propria immagine in uno specchio.

Gordon Gallup (1977), in un riassunto di tutte le ricerche sull'auto-riconoscimento nei primati, giunge alla conclusione che solo le grandi scimmie sanno riconoscere come

Nella prospettiva costruttivista, potrebbe essere un punto di vista viabile. Non so se mai stato corroborato con l'osservazione di bambini. Se non lo stato, potrebbe essere un'interessante indagine per gli psicologi sociali.

C', comunque, una complicazione teorica fondamentale. Se dalle reazioni degli altri che io deduco indicazioni su propriet che mi riguardano, e se la mia conoscenza di questi altri il risultato della mia stessa costruzione, allora all'intemo di questa procedura c' una circolarit. Secondo me, non un circolo vizioso perch non siamo liberi di costruire gli altri in qualunque modo vogliamo. Come per gli altri costrutti, i "modeffi" che costruiamo degli altri o risultano viabili nella nostra esperienza o non risultano tali e vanno scartati.

Questa dipendenza dalla viabilit della nostra costruzione degli altri individui, porta come conseguenza nella direzione dell'etica, un regno non meno oscuro per il costruttivismo che per le altre teorie della conoscenza razionali. Eppure, il fatto che l'individuo abbia bisogno della conferma degli altri per stabilire la viabilit intersoggettiva dei suoi modi di pensare ed agire, comporta un interessamento per gli altri in quanto costruttori autonomi. Se li forziamo in qualche modo a conformarsi al nostro punto di vista, li invalidiamo ipsofacto come avvaloratori. Infatti, questa un'altra formulazione dell'imperativo categorico kantiano: Agisci in modo tale che l'umanit, in noi stessi cos come negli altri, venga trattata come fine e non solo come mezzo (KANT, 1785, p. 429).

Gli esseri pensanti, spiega, sono fini in se stessi e ci non pu esere sostituito da altro scopo (ibidem, p. 428). In senso stretto, non un precetto "etico", ma un prerequisito di etica. Asserisce soltanto che dobbiamo considerare l'umanit delle altre persone e che non dovremmo trattarle come oggetti. Tutta la filosofia etica si basa implicitamente su questo assunto. Per non dice perch dovrebbe essere cos. Il costruttivismo fornisce almeno una ragione di base. Da questa prospettiva, l'interesse per gli altri pu essere fondato sulla necessit, da parte del soggetto singolo, di altre persone per stabilire una viabilit intersoggettiva di modi di pensare e di agire. Gli altri vanno considerati perch sono insostituibili nella costruzione di una realt esperienziale pi solida. Neanche questo costituisce di per s un precetto etico, ma fornisce una base razionale per lo sviluppo dell'etica. Permettetemi di sottolineare che l'etica stessa non pu di fatto essere basata sulla viabilit degli schemi di azione o di pensiero, perch questa viabilit sempre valutata nel contesto di obiettivi specifici ed nella scelta degli obiettivi che l'etica deve manifestarsi.

(4) Paul Feyerabend (1975, p. 23) usa questa frase in un contesto che chiarisce bene che non voleva dire, come gli fanno dire alcuni critici, che "andasse bene" proprio qualsiasi cosa; intendeva piuttosto "qualcosa che sembra utile".

(5) Pietro Barbetta mi ha recentemente mandato la traduzione italiana degli ttudes sociologiques (1965) di Piaget, un'opera a cui non avevo mai avuto accesso prima. IJi ho scoperto che Piaget affronta la costruzione sociale della conoscenza proprio allo stesso modo.

(6) Mentre la filosofia orientale ha sempre coltivato questa autonomia di colui che fa esperienza, il mondo occidentale, per difendere il proprio credo nella realt oggettiva, ha teso a considerare l'esperienza come obbligatoria, inevitabile e alquanto passiva. (7) Molti di noi avranno notato le stesse cose con cani e gatti in casa.

Torna a capo. CAPITOLO VII LINGUAGGIO, SIGNIFICATO E COMUNICAZIONE


A volte, quando si descrive una scena o un evento, succede che si tolga una parola e la si sostituisca con un'altra. Sembra che la prima non andasse bene. C'era un disagio, un lieve turbamento e ci ha scatenato la ricerca di un'espressione pi soddisfacente. L'avrete notato nel parlare, ma ancor di pi nello scrivere (quante congratulazioni o condoglianze scritte a mano rifatte perch anche una sola parola sembrava inappropriata!).

Gli psicologi a cui piace categorizzare l'uso del linguaggio come "comportamento verbale" sembrano non essersi accorti di questo fatto. Se l'avessero considerato avrebbero notato che questi esempi di auto-correzione non possono essere spiegati in termini di stimoli ambientali. Ci che li causa qualcosa di interno al parlante/scrivente, una specie di monitor che controlla la formulazione linguistica per la sua adeguatezza in vista di un effetto desiderato. Secondo me, non un fatto trascurabile.

assimilato ad un'immagine sonora, si richiama il concetto associato. E una connessione a due sensi e funziona in entrambe le direzioni. Siccome questo non un affare comportamentale ma mentale, lo chiamo "simbolico" (GLASERSFELD 1974). t fondamentalmente differente dall'uso di parole e di altri segni nel caso delle "segnalazioni".

Prima ho espresso l'esempio del cane che ubbidiente si siede ogni volta che la sua padrona gli dice "seduto". Per eseguire il comando, il cane deve avere qualcosa di simile a un'immagine-suono per isolare il suono "seduto" dai rumori nel campo uditivo. Per lui questa immagine-suono non associata al concetto di sedersi, ma semplicemente alla risposta comportamentale che stato addestrato a produrre ogniqualvolta questo particolare suono viene emesso dalla sua padrona. un segnale per un'azione, non un simbolo che evoca un concetto o una ri-presentazione mentale (1). Inoltre, un segnale costituito da una connessione a senso unico: se il cane si siede spontaneamente, ci non gli richiama l'immaginesuono del comando, n sarebbe in grado di descrivere, con il comando "seduto", ci che sta facendo.

Tra gli esseri umani, il contesto che esemplifica la segnalazione e praticamente esclude l'interazione simbolica, quello militare. Gli ordini sono dati per essere eseguiti, non per richiamare concetti, men che meno pensieri, nei riceventi. Siccome i comandi hanno spesso la forma, ma non la funzione, dei segni linguistici questo uso delle parole adeguatamente descritto come comportamento verbale. Ha poco in comune con l'uso concettuale, comune, delle parole e del linguaggio.

Nel mio lavoro sull'analisi concettuale ho trovato l'idea base di de Saussure molto utile. Per mostrare il ruolo centrale nel modello costruttivista del linguaggio, l'ho incorporata in un diagramma pi ampio (vedi figura 7.2).

I. La distinzione tra "concetto" e "matrice di riconoscimento" evolutiva e funzionale. La matrice di riconoscimento si forma prima e rende possibile la coordinazione di azioni specifiche con percetti particolari. Ci sottost a tutti i fenomeni che possono essere adeguatamente descritti da un concetto comportamentista di meccanismi stimolo-ri sposta. Per esempio, quando attraversate la strada e siete ad un passo dal marciapiede, voi alzate il vostro piede pi del passo precedente. Non dovete diventare concettualmente consapevoli del marciapiede, il vostro sistema percettivo riconosce la configurazione sensoriale e ci mette in moto il programma che si dimostrato viabile nel passato. In termini piagetiani, la sequenza il vostro "schema di superamento del gradino del marciapiede". Molte delle nostre azioni quotidiane funzionano in questo modo e non richiedono operazioni concettuali - ma ci non giustifica l'assunto

Il cerchio delle connessioni a due vie che collega concetti, immagini-suono e ripresentazioni, fa s che ognuno di essi possa essere richiamato da entrambi gli altri. Se ora vi presento una parola completamente esterna al contesto, per esempio,

rinoceronte
probabilmente non sapreste che cosa farne. Ma se vi chiedessi che cosa significa sapreste sicuramente danni una risposta. Potreste dire che una bestia pericolosa, ha un corno famoso e vive in Africa. Potreste dire ci perch la parola richiama una ri-presentazione visiva formata con immagini che avete visto, con un'esperienza ad un safari, o con una visita ad uno zoo. Potrebbe anche richiamare un sacco di altre cose - un'opera di lonesco, una persona particolannente cafona del vostro ufficio o qualunque altra cosa abbiate associato alla parola. La vasta gamma di associazioni (a volte classificate come "connotazione") ci su cui fa affidamento la poesia. Qui, comunque, mi interessa l'associazione primaria tra la parola e l'animale come esperienza (2).

Ci possono essere, e ci sono certamente, nomi che richiamano una ri-presentazione che non si era formata dall'esperienza di fatto, ma vicariamente, da una descrizione. La maggior parte delle persone si saranno costruite un'immagine di Arcadia anche se non l'hanno vista dipinta o di Madame Bovary o di Sir Galahad anche se non li hanno mai visti in un film.

Torna a capo. I giochi linguistici


La questione che le parole richiamano ri-presentazioni importante considerata la moda attuale di concepire il linguaggio come un fenomeno sociale che semplicemente una particolare forma di interazione. Che io sappia, questa moda sorta da un'interpretazione, in un certo qua] modo semplicistica, di affermazioni trovate nell'opera postuma di Wittgenstein, le Philosophical Investigations del 1953. Qui, nelle prime cinque pagine, l'autore separa nettamente la funzione "segnalante" delle parole da quella "simbolica" che si basa sulla generazione di ri-presentazioni. Egli non us i due termini che ho scelto, ma i suoi esempi mostrano che stava facendo una distinzione simile. Per caratterizzare la prima funzione, egli descrisse un muratore che chiede al suo manovale: "mattone", "pilastro", 1astra", "trave" in base a ci che gli serve al momento. Ci che conta che il manovale risponda portando le cose giuste.

del movimento, una configurazione, cio un modello. In breve, la forma un modello d'azione condotto da un percettore.

Per tutta la sua opera, Wittgwenstein cerc una risposta alla domanda emersa nel suo Philosophical Investigations: "Qual la relazione tra il nome e la cosa nominataT' (par. 37). Dopo un centinaio di pagine chiede:

Ogni segno sembra in s morto. Che cosa gli d vita? - Nell'uso vivo. La vita gli soffiata dentro? 0 l'uso la sua vita? (WrTTGENSTEIN, 1953, par. 432, p. 128e).

1 concetti di gioco linguistico e di significato-nell'uso danno una descrizione perfettamente viabile delle interazioni linguistiche, ma non spiegano come faccia il singolo praticante del linguaggio a diventare un giocatore esperto.

Naturalmente Wittgenstein sapeva bene che si pu pensare ad "uso" come individuale e privato, consistente nel richiamo di esperienze associate di una persona. Parl a lungo di ci nei suoi appunti per gli studenti, ma aggiunse che questa capacit mentale aveva qualcosa di occulto e che quindi andava evitata. Sperava di poterlo fare asserendo che il significato di un'espressione linguistica pu essere colto osservando il modo in cui un gruppo sociale la usa nei giochi linguistici (1953, pp. 3-5).

Questa era, credo, un'illusione. Wittgenstein che stato indubbiamente una delle menti pi acute del nostro secolo, lott fin quando mor per fornire al suo concetto di significato e di verit una certezza logica, ma i suoi ultimi appunti (1969) mostrano che non riusc ad eliminare l'elemento soggettivo.

L'elemento soggettivo inevitabile perch la connessione semantica che lega le immagini-suono ai significati deve essere formata attivamente da ogni parlante individuale.

... un suono linguistico localizzato nel cervello, anche se associato ai movimenti


particolari degli "organi del linguaggio" richiesti per produrlo, ben lontano dall'essere un elemento di una lingua. Deve essere ulteriormente associato ad alcuni elementi o al

Quando ho presentato, nel secondo capitolo, alcune idee di Vico, ho fatto brevemente notare che fra le trovate di quell'autore c' un'utile distinzione tra l'uso comune e quello metaforico delle parole. Nell'uso comune, le parole intendono indicare elementi dell'esperienza e concetti astratti dall'esperienza. Nell'uso metaforico l'indicazione va oltre l'esperienza, ad un mondo di immaginazione. Quest'ultimo la forma del poeta e del mistico. Bernard Shaw l'ha brillantemente descritto in poche righe nel suo Santa Giovanna: GIOVANNA:... non dovete parlarmi delle mie voci. ROBERT (inquisitore): Cosa intendi? Voci? GIOVANNA: Sento voci che mi dicono che cosa fare. Giungono da Dio ROBERT: Vengono dalla vostra immaginazione.

GIOVANNA: Certo. Questo il modo in cui mi giungono i messaggi di Dio. (SHAW, Si. Joan 1923, scena 1)

Torna a capo. Il linguaggio e la realt


Maturana ha spesso definito il fenomeno del linguaggio come 1a coordinazione consensuale delle coordinazioni dell'azione" (per esempio, 1988, p. 46-47). Posso interpretare ci dicendo: per entrare nell'uso di una lingua devo coordinare immagini sonore e ri-presentazioni di esperienze in modo tale che le coppie che costruisco sembrino compatibili (siano cio in coordinazione) con le coppie costruite dagli altri utenti di quella lingua. Anche per Maturana, alcune delle azioni sono l'emissione di suoni linguistici, ma ci che viene ad essi coordinato non sono atti di rappresentazione, ma altre azioni. "Le parole" egli dice "non sono entit simboliche, n connotano o denotano o si riferiscono ad oggetti indipendenti" (Maturana, 1988; p. 47). Nel mio modello hanno invece connessioni specifiche con parti dell'esperienza individuale. Sembra che Maturana scarti la possibilit di parole che richiedono ri-presentazioni perch, secondo lui, ci sono solo rappresentazioni (senza trattino), e si ha allora l'illusione che si possa avere un'immagine della realt.

Rorty prende una posizione simile quando dice che non si dovrebbe "vedere il linguaggio come un medium per l'espressione o per la rappresentazione" (1989, p. 11). Secondo lui ne segue che il riferimento ad oggetti reali e alle vere rappresentazioni della realt sono nozioni inutili. Ancora, concordo con la sua valutazione del concetto di

Allora, il linguaggio apre una finestra non perfettamente trasparente sulle astrazioni e sulle ri-presentazioni che i singoli parlanti raccolgono dalla propria realt esperienziale, ma non apre, come sperano i filosofi analitici, nessuna finestra sulla realt ontologica di un mondo indipendente.

Pu essere utile ricordare che questa posizione non implica una negazione della realt e non nega neppure l'interazione con gli altri e con l'ambiente; ma nega che il conoscitore umano possa giungere a capire la realt nel senso ontologico. La ragione di questo diniego consiste semplicemente nel fatto che le interazioni del conoscitore umano con il mondo oritico possono rivelare, in una certa misura, ci che egli pu fare - lo spazio in cui egli si muove -, ma non possono rivelare la natura dei limiti in cui i suoi movimenti sono confinati. Il costruttivismo, non ci dice, quindi, che non c' nessun mondo e nessuna altra persona, sostiene soltanto che, per quanto li conosciamo, il mondo e gli altri sono modelli che ci costruiamo noi.

Nella costruzione di modelli che costituiscono gran parte della nostra conoscenza, il linguaggio ovviamente uno strumento importante. Serve per molte cose ed una delle pi potenti che pu fornire istruzioni per esperienze che non sono ancora state vissute. Supponiamo che stiate leggendo un romanzo in cui l'eroina ad un certo punto viaggia per Parigi. Una mattina un amico la va a prendere al Quartiere Latino e, bench la loro conversazione mentre passeggiano riguardi l'arte, egli di tanto in tanto attira la sua attenzione sulle strade che stanno percorrendo - stiamo attraversando Pont Saint Michel, se giriamo a destra, qui, arriveremo alla Bastiglia, ma dobbiamo girare a sinistra per arrivare al Louvre.

Poche settimane dopo, vi capita di essere a Parigi per la prima volta, e vi ricordate qualcosa del romanzo, avete in mente una parte della mappa di Parigi. t solo un pezzettino e potreste non avere mai occasione di usarla, ma ci non centra. Sarete stati capaci di costruirla dal testo, perch avete potuto assimilare ci che avete letto alla vostra precedente conoscenza di ponti e di che cosa significa girare a destra e a sinistra nelle strade cittadine. Questo il modo in cui avete costruito, attraverso la comunicazione linguistica, un gran numero di modelli che poi potrete usare nella vostra realt esperienziale di fatto.

Torna a capo. La teoria della comunicazione

Morse venivano decodificati in lettere da un telegrafista che non conosceva l'italiano e il risultato veniva consegnato al mio amico. Era lui che riconosceva le parole, le collegava per formare frasi e convertiva il messaggio in strutture concettuali nella sua mente. Quindi c'erano due codici coinvolti: il codice Morse usato dai telegrafisti ed il "codice" della lingua italiana. Eppure, tra i due c' molta differenza. Il codice Morse una convenzione internazionale su una lista che ha due colonne, da una parte le lettere dell'alfabeto e dall'altra punti e linee in varie combinazioni. Tutto ci che si deve fare per diventare un dilettante di telegrafia di acquisire una copia della lista che mostra il codice Morse. Non esiste alcuna lista simile per l'italiano o altra lingua. Anche se i dizionari contengono una lista pi o meno completa delle parole a disposizione in una lingua, questi presentano i significati delle parole usando altre parole. Un dizionario pu aiutare ad espandere il raggio del codice linguistico individuale, ma nessuno pu incominciare ad imparare da esso che cosa codificano le parole. Inoltre, le parole in s costituiscono soltanto una parte del significato linguistico. C' un'altro livello di significato che sorge dalla loro combinazione. Quest'altro livello si chiama "sintassi" ed descritto nei libri di grammatica - e anche questa descrizione viene fatta con le parole.

Parlare di linguaggio come "codice" e della sua interpretazione come "decodificazione" utile fino ad un certo livello, sebbene tenda ad oscurare un secondo livello di interpretazione di natura diversa, ma quasi sempre indispensabile. Se non si conosce il contesto inteso dall'autore di un discorso, si potrebbe essere in grado di decodificarlo (se in una lingua conosciuta) ma non sapere ancora come interpretarlo. Estratta dal contesto dello sportello all'areoporto, l'espressione "2.45 pm" pu essere s decodificata e pu portare allo stesso punto nella scala temporale giornaliera, ma con essa non si potrebbefare nulla. Non c' modo di inserirla in una pi estesa rete di concetti e di intenzioni che potrebbe conferirle un significato utile. Su questo argomento torner pi tardi in questo stesso capitolo.

Torna a capo. Come possiamo giungere ad usare il linguaggio


Quando avete imparato a decodificare i suoni della vostra lingua, non l'avete fatto con l'uso dei dizionari e dei libri di grammatica. Chomsky e i suoi seguaci sostengono che, siccome i risultati dell'acquisizione del linguaggio sembrano "istantanei" (1986), i bambini devono avere un meccanismo innnato per questo scopo. Tutti quelli che hanno seguito metodicamente un bambino attraverso le prime fasi dell'acquisizione del linguaggio hanno notato che non ci sono avanzamenti istantanei. 1 passaggi sono tentativi e provvisori e i significati si espandono e si riducono continuamente (v. ToMASELLO, 1992). Inoltre, per poter convalidare l'affermazione che l'animale umano ha un meccanismo specifico determinato geneticamente per il linguaggio, sarebbe

La terza fase, poi, consiste nell'associare il modello visivo isolato con l'esperienza uditiva prodotta dall'emissione della parola "tazza" da parte del genitore. Ancora, il bambino deve prima isolare i segnali sensoriali che costituiscono quest'esperienza uditiva dallo sfondo consistente di una moltitudine di segnali uditivi a disposizione in quel momento. Ancora una volta, la ripetizione da parte del genitore della parola ovviamente facilita il processo di isolamento della costellazione uditiva cos come la sua associazione con l'elemento visivo unitario.

Se questa sequenza di fasi fornisce un'analisi adeguata dell'acquisizione del significato della parola "tazza", chiaro che il significato della parola da parte del bambino costituito esclusivamente da elementi che il bambino astrae dalla sua stessa esperienza. Invero, chiunque abbia seguito metodicamente i bambini nell'acquisizione di nuove parole, avr notato che ci che essi prima di tutto isolano dalla loro esperienza spesso solo parzialmente compatibile coi significati che i parlanti adulti danno per certi. Cos il concetto di "tazza" da parte del bambino spesso comprende per parecchio tempo l'attivit di bere e a volte anche il latte che c' nella tazza.

Possono essere necessarie parecchie frustranti interazioni linguistiche prima che la ripresentazione associata alla parola "tazza" venga "accomodata" per accordarsi, almeno entro certi limiti, ai molti modi in cui la parola viene usata dai parlanti. Come adulti, tendiamo a dimenticare quanto si brancoli, si indovini, si modifichi ci che ci serve prima che si riesca a costruire un significato di "tazza" che sia viabile in contesti diversi come credenze o bagni. Infatti, il processo di accomodamento e di messa a punto del significato delle parole e delle espressioni linguistiche continua per ognuno di noi per tutta la vita. Non importa da quanto tempo parliamo una lingua, ci saranno sempre occasioni in cui capiremo che avevamo sempre usato una parola in un modo che poi risulta idiosincratico in certi aspetti particolari.

Torna a capo. Capire il comprendere


Una volta giunti a vedere questa essenziale ed inevitabile soggettivit nella costruzione del significato linguistico, non pi possibile sostenere l'idea preconcetta che le parole trasmettano idee o conoscenza e che l'ascoltatore che capisce ci che stiamo dicendo debba necessariamente aver concettualizzato strutture identiche alle nostre. Invece, arriviamo a ca

individuo ha astratto dalla propria esperienza - pu risultare compatibile con l'astrazione fatta da un altro, ma non si pu mai dimostrare che la stessa. Inevitabilmente, da questo punto di vista, si deve cambiare l'usuale concetto di comprensione.

L'interpretare una comunicazione un procedimento di tessitura; bisogna tessere una rete tale da soddisfare le costrizioni limitative indicate dagli elementi linguistici ricevuti. In quanto, date le parole udite o lette, i riceventi riescono a completare una struttura concettuale coerente, essi considereranno di aver capito un'espressione linguistica (4). Gli elementi linguistici non forniscono il materiale concettuale, ma delimitano ci che qualificato per essere scelto. In inglese, per esempio, quasi ogni parola presa come elemento isolato, ha pi di un significato. Quando viene invece scritta o detta in una frase, il contesto della comunicazione di solito elimina tutti tranne uno dei significati potenziali. Esempi di ambiguit irrisolvibile sono rari. In questo senso il contesto linguistico e quello situazionale hanno una funzione selettiva, proprio come nella teoria dell'evoluzione la natura o l'ambiente seleziona gli organismi viabili eliminando gli altri (ci che sopravvive, lo fa perch ha il necessario per tener testa alle limitazioni ambientali). Nella comunicazione, il risultato di un'interpretazione sopravvive ed preso come significato, se ha senso nell'ambiente concettuale che l'interprete fa derivare dalle parole date e dal contesto situazionale in cui vengono ora incontrate. Le limitazioni intrinseche alle ambientazioni concettuali sono, ovviamente, molto meno tangibili e definite dei gradi di temperatura e di umidit, della velocit di movimento, del tasso di riproduzione, ecc., che sono fattori che delimitano il potenziale di sopravvivenza biologica. Eppure, per quanto possano spesso essere oscure, le condizioni concettuali determinano se una parola o una frase possa essere adeguata significativamente o no nella rete di un'interpretazione e se questa interpretazione possa essere o meno adeguata al contesto dell'esperienza generale dell'interprete. Si deve sottolineare che n nel campo dell'evoluzione, n nell'interpretazione linguistica i confini specificano le propriet di fatto degli elementi che possono o meno essere adeguati nello spazio concesso. Le limitazioni eliminano ci che non va, ma non interferiscono in alcun modo con ci che non in conflitto con esse.

A volte le limitazioni nell'ambito della comunicazione sembrano notevolmente ampie. William Lax, un terapista famigliare, ha recentemente riferito quest'episodio:

Cliente (spontaneamente): "Si ricorda che cosa mi disse l'altra volta di XT,

ra ancora oggi come lo era alla fine del secolo scorso, quando l'Accademia di Francia band gli studi sull'origine del linguaggio perch era stanca di pubblicare fantasticherie che nessuno avrebbe mai potuto confermare.

Gli esperimenti sulla comunicazione con le grandi scimmie durante le ultime tre decadi hanno risollevato il problema. Avendo qualche dimestichezza con la primatologia contemporanea grazie al mio lavoro con la scimpanz Lana, non ho motivo di credere che gli inizi della comunicazione linguistica abbiano reso la lotta per la sopravvivenza molto pi facile per le scimmie antropoidi cos che avrebbe potuto diventare una caratteristica nel processo dell'evoluzione biologica. Credo piuttosto, che ebbe inizio come gioco giovanile e, da l, si svilupp in un importante fattore di evoluzione sociale (Glasersfeld, 1980, 1992a).

Qualunque sia la sua storia evolutiva, per il punto di vista costruttivista, abbiamo bisogno di un modello psicologico per rendere plausibile lo sforzo del bambino per acquisire il linguaggio. Senza dubbio si deve trattare o di un modello plurisfaccettato o di numerosi modelli che funzionano in coordinazione. Voglio proporre solo un possibile aspetto.

Uno dei nostri assunti base che l'organismo vivente, nello sforzo di generare e mantenere il suo equilibrio, cerca di stabilire regolarit nel flusso d'esperienza. Questa si manifesta nelle "reazioni circolari" che Piaget ha osservato e descritto come un aspetto saliente dello sviluppo durante il primo anno di vita del bambino (PIAGET, 1937). Il termine si riferisce ai tentativi del bambino di ripetere un'azione a causa dell'evento percettivo ad essa seguito durante un'esperienza fortuita. Se l'azione "produce" l'evento, ci sembra gratificante per il bambino ed egli ripeter la procedura finch qualcos'altro attirer la sua attenzione.

Altri psicologi hanno chiamato "primo apprendimento" gli esempi di interferenza attiva dei bambini con la loro esperienza. Un esperimento colpisce in modo particolare. Un interruttore a pressione vien messo sotto il cuscino del bambino in modo che si accenda una luce ogni volta che il bambino gira la testa verso destra. Poi, se un movimento accidentale della testa del bambino accende la luce, il bambino ripeter il movimento e l'esperienza sensoriale apparentemente interessante, finch ne sar stanco (Lipsm, 1966).

Ci esattamente confon-ne all'assunto che gli schemi d'azione vengono costruiti per ottenere controllo sull'esperienza. Sembra essere un modello applicabile in una gran

(3) La psicologia della Gestalt indag su questo processo e giunse a numerosi principi ipotetici utili. Sono stati in gran parte trascurati dagli psicologi dell'establishinent a causa dell'ancora dominante orientamento realista, e per i realisti non ci sono problemi sul percepire le cose - sono quelle che sono.

(4) Ad eccezione della sciencefiction e dei racconti "capricciosi", la comprensione di solito implica che la struttura concettuale pu anche adattarsi alla struttura del mondo esperienziale dei lettori.

Torna a capo.

CAPITOLO VIII L'IMPRESA CIBERNETICA


Il termine "cibernetica" stato usato in modi diversi in libri e riviste e anche nella letteratura tecnico-specifica. t divenuto un termine abbastanza generico ed emerge in molti contesti. Suppongo che per molti abbia ancora un significato vagamente misterioso. E ci

non sorprende perch i cibemetici stessi hanno punti di vista individuali diversi. Qualche anno fa mi fu chiesto dall'American Societyfor Cybernetics di descrivere il loro campo d'azione e siccome ora non potrei fare meglio, user quella "Dichiarazione" come prima parte di questo capitolo.

Nella seconda parte invece, illustrer le connessioni tra un'area specifica della cibernetica, la teoria della conoscenza di Piaget e l'epistemologia costruttivista.

L'ultima parte tratter del concetto particolare di "modello" che sto usando in questo libro. Anche questa parola viene usata in molti contesti con significati pi o meno specifici in ognuno. lo l'ho usata spesso nei miei scritti, ma non sempre avevo avvertito il lettore di averla presa a prestito dalla cibemetica e ci ha portato a malintesi. Uultima parte del capitolo sar dedicata a questo chiarimento.

organismi vennero analizzati teoricamente, cio, logicamente, matematicamente e concettualmente. 1 risultati di queste analisi risultarono applicabili in pi di una branca delle scienze.

La cibemetica , quindi, metadisciplinare, che diverso da interdisciplinare, in quanto essa forgia e chiarisce nozioni e modelli concettuali che aprono nuovi percorsi di comprensione in molte aree dell'esperienza.

L'analisi di auto-regolazione, autonomia, e sistemazione gerarchica porta alla cristallizzazione di concetti quali causalit circolare, feedback, equilibrio, adattamento, controllo e, probabilmente pi importanti, ai concetti di funzione, sistema e modello. Molti di questi termini sono ben noti, alcuni sono diventati di moda ed emergono in molti contesti. Ma non ci sono dubbi: il semplice uso di uno o due o di tutti non deve essere considerato una prova di pensiero cibernetico. Ci che costituisce cibemetica la sistematica interrelazione dei concetti che hanno preso forma e sono stati associati a questi termini in un'analisi interdisciplinare che, oggi, non per nulla giunta al termine.

E' difficile descrivere, ogniqualvolta, qualcosa caratterizzato da una particolare interrelazione di parecchi elementi. Il linguaggio necessariamente lineare. Le complessit interrelate non lo sono. Ogni scienziato che abbia dato inizio e forma, e che abbia alimentato questo nuovo modo di pensare descriverebbe la cibenetica in maniera diversa e ognuno l'ha descritta a livello personale. Eppure tutti sono profondamente consapevoli che ogni loro sforzo, ogni loro metodo e ogni loro obbiettivo li ha condotti oltre i confini delle discipline tradizionali da cui erano partiti e che, nonostante tutto, c' una sovrapposizione ben pi grande della divergenza individuale nel loro pensiero. Fu Norbert Wiener (1948), ingegnere, matematico, e filosofo sociale, ad adottare la parola "cibemetica". Molto tempo prima Ampre, l'aveva suggerita per la scienza del governare, in quanto il termine deriva dalla parola greca che indica "timoniere". Wiener, invece defin la cibemetica come la scienza del "controllo e della comunicazione nell'animale e nella macchina". Per Warren McCulloch, neuroanatomista, logico e filosofo, la cibemetica era l'epistemologia sperimentale concernente la generazione della conoscenza attraverso la comunicazione nell'osservatore e tra l'osservatore e l'ambiente. Stafford Beer, analista industriale e consulente gestionale, defin la cibemetica come la scienza del l'organizzazione efficace. L'antropologo Gregory Bateson sottoline che se la scienza aveva in precedenza avuto a che fare con sostanza ed energia, la nuova scienza della cibemetica si focalizzava su forma e configurazioni. Per il teorico dell'educazione Gordon Pask, la cibemetica fu l'arte di manipolare metafore, mostrando come possono venir costruite e che cosa se ne pu inferire come risultato della loro costruzione. E possiamo aggiungere che Jean Piaget, negli ultimi anni, giunse a vedere la cibemetica

fondamento di tutti i tipi di relazione che possono essere descritti, comprese le relazioni di logica formale. Studi recenti, costruendo su quei fondamenti e estendendoli in varie branche della matematica, hanno gettato nuova luce sul fenomeno dell'auto-referenza (VARELA, 1975 GOGuEN, 1975; KAUFFMAN, 1987).

Le implicazioni epistemologiche dell'auto-referenza hanno un raggio di influenza persino maggiore nell'approccio cibernetico alla filosofia della scienza. Qui c' un conflitto diretto con un principio del dogma scientifico tradizionale, vale a dire il credo che le descrizioni e le spiegazioni scientifiche dovrebbero, e possono, approssimarsi alla struttura di una realt oggettiva, una realt che si suppone esistere come tale, independente dall'osservatore. La cibemetica, date le sue nozioni fondamentali di autoregolazione, di autonomia e il carattere informazionalmente chiuso degli organismi cognitivi, incoraggia verso una visione alternativa. In base a questo punto di vista, la realt un concetto interattivo perch osservatore ed osservato sono una coppia mutualmente dipendente. Come ha sottolineato Heinz von Foerster, l'oggettivit, nel senso tradizionale, la versione cognitiva del punto cieco psicologico: non vediamo ci che non vediamo. Uoggettivit la delusione del soggetto che l'osservare pu essere fatto senza di lui. Invocare l'oggettivit significa abrogare la responsabilit - da qui la sua popolarit.

I problemi di osservatore-osservato sono sorti in molte scienze sociali quando emergeva la nozione di comprensione (Verstehen). In antropologia, per esempio, si capito che inutile analizzare la struttura di una cultura straniera se non si fa uno sforzo serio per capire quella cultura in termini di strutture concettuali che l'hanno creata. Allo stesso modo, nello studio della letteratura storica o straniera, l'approccio ermeneutico sta guadagnando terreno. Qui, ancora una volta, lo scopo la ricostruzione dei significato in termini di concetti e di clima concettuale nello spazio e al tempo dell'autore. Bench i tradizionalisti possano essere riluttanti a chiamarla scientifica, l'attitudine emergente in queste discipline in accordo col pensiero cibemetico. Il pi efficace ed incoraggiante avvaloramento della liberazione dei cibernetici dal dogma dell'oggettivit viene dalla pi "dura" delle scienze. In fisica, il problema dell'osservatore fece capolino agli inizi di questo secolo. Le teorie della relativit e della meccanica dei quanti fece sorgere quasi immediatamente la questione se esse fossero pertinenti ad una realt oggettiva o, piuttosto, ad un mondo determinato dall'osservazione. Per un po' non si diede risposta a questo problema. Einstein sperava che l'interpretazione realista avrebbe portato, alla fine, ad una visione omogenea dell'universo. Heisenberg e Bolir tendevano nell'altra direzione. Nella lunga serie di esperimenti sulle particelle, i pi recenti hanno diminuito le chances per il realismo. Il realismo in questo contesto consiste nel credere che le particelle, prima che qualcuno le osservi, siano ci che si osservavano essere. Ovviamente la fisica non giunta alla fine.

indipendentemente dal clima, e via di seguito. Tutto ci al giorno d'oggi vien dato per scontato ed per questo che siamo portati a trascurare alcuni aspetti basilari del fenomeno. Come dimostr Powers (1978), disegnare congegni unicamente per lo scopo di realizzare condizioni desiderate dal disegnatore o del fruitore ha portato all'errata interpretazione di come funzionano di fatto i meccanismi di feedback negli organismi viventi.

La caratteristica che voglio qui mettere in evidenza che i sistemi di controllo... controllano l'input, non l'output.

1 sistemi naturali non possono essere organizzati intorno ad effetti obiettivi del loro comportamento nel mondo estemo; il loro comportamento non una manifestazione messa in atto a beneficio di un osservatore o per soddisfare il suo scopo. Un sistema naturale pu essere organizzato solo intorno agli effetti che la sua azione (o eventi indipendenti) hanno sui suoiinput... (POWERS, 1978, p. 418).

Dal punto di vista costruttivista, "input" certamente non ci che un agente o un mondo esterno immette (put in), ma ci che il sistema esperisce. Possiamo mostrare ci con un diagramma molto semplice che ho adattato da Powers (1973, p. 61).

Un sistema di controllo agisce quando c' una discrepanza (feedback negativo) tra ci che esso sente (segnali sensoriali) e ci che si suppone sentire o si vorrebbe sentisse (referente). Solo un osservatore in posizione tale per dire che un'azione dell'organismo cambia le condizioni nel suo ambiente e quindi ci che sente. L'organismo stesso reagisce semplicemente alla discrepanza tra il valore di riferimento e ci che sente. Se gli capita di essere in un ambiente in cui le sue azioni non hanno effetto su ci che sente, la discrepanza pu allargarsi sempre pi e diventare fatale. Le relazioni che contano per l'organismo sono quelle tra le attivit nel suo repertorio e i cambiamenti che esse provocano nei suoi perturbamenti sensoriali.

In un sistema pi complesso, comunque, le connessioni possono essere il risultato di apprendimento. Kenneth Craik, un precursore del pensiero cibernetico, nei primi anni quaranta, sugger come meccanizzare una forma di apprendimento elementare (Craik, 1966). Esso richiedeva due cose: da una parte, un qualcosa come la memoria, un posto dove le sequenze di segnali potessero venir registrate per essere lette in un successivo momento nel flusso esperienziale; dall'altra, l'abilit di comparare segnali del passato a quelli del presente o ad un segnale-meta che costituisse un valore di riferimento. Una volta creata questa doppia capacit sono soddisfatte le precondizioni dell'apprendimento induttivo. A questo livello iniziale, l'induzione semplice come quella descritta da David Hume 250 anni prima (1742). Tutto ci che serve la disposizione o la regola che porta il sistema a ripetere le azioni registrate come positive nella sua esperienza passata. Ci significa che, ogni volta che avviene un turbamento, il sistema selezioner l'attivit che aveva ridotto o eliminato quel particolare tipo di turbamento nel passato. Implicitamente o esplicitamente, si deve credere che le connessioni che erano risultate positive, lo saranno anche nel futuro. Perch, come ha detto Hume:

Se c' qualche sospetto che il corso della natura possa cambiare, e che il passato non possa essere regola per il futuro, tutte le esperienze diventano inutili, e non danno vita ad alcuna inferenza o conclusione (HuME, 1742, Saggio 11, Parte 2).

Non importa quanto siano sofisticate le funzioni cognitive che attribuiamo ipoteticamente ad un immaginario termostato discente, esso non potr mai fare nient'altro che stabilire regolarit concernenti connessioni specifiche tra le sue attivit e i susseguenti cambiamenti esperiti di segnali sensoriali. Non potr scoprire che attivando il suo macchinario di riscaldamento esso cambia la temperatura dell'ambiente. Tutto ci che potr imparare sar che la sua attivit di riscaldamento riduce la sensazione di freddo e che l'attivit di raffreddamento riduce la sensazione di calore. Effettivamente imparerebbe a controllare le sue percezioni. Soltanto un osservatore potrebbe specificare l'esistenza di una connessione estema, perch dal punto di vista dell'osservatore sia l'organismo che il suo ambiente, sono segmenti dell'esperienza. Dal punto di vista dell'organismo, qualunque connessione venga fatta e qualunque regolarit venga trovata, sono sempre connessioni e regolarit dei suoi stessi segnali interni.

Torna a capo. Lo sviluppo cognitivo


La teoria dello sviluppo cognitivo proposta ed elaborata da Piaget ha profonde radici biologiche ed costruita su presupposizioni tese ad essere applicate a tutte le forme di vita. Probabilmente il presupposto pi importante l'assunto che ci che differenzia gli organismi viventi dal resto dell'universo che possiedono un milieu interiore e la loro

Per Maturana, biologo, l'espressione 'Tunziona" significa che ci che il sistema fa, elimina efficacemente un turbamento che minaccia la vita.

Comunque, lo stesso principio induttivo intrinseco al concetto di "schema" di Piaget, ma qui un principio cognitivo. Gli schemi non servono solo alla sopravvivenza biologica, ma anche agli scopi cognitivi dell'organismo il cui mancato raggiungimento non risulta fatale. Essi fanno parte di una teoria dell'apprendirnento strumentalista e incorporano il processo di assimilazione e di accomodamento.

Per essere attivato, uno schema richiede la percezione di una configurazione di segnali sensoriali particolare. Nell'esperienza di fatto, comunque non esistono due situazioni uguali. La configurazione sensoriale che innesca uno schema particolare deve, quindi, essere isolata dall'organismo nel campo percettuale che solitamente fornisce molti pi segnali di quelli necessari per il modello particolare. In altri momenti il campo percettuale non fornisce tutti i segnali necessari. In altre parole, le differenze devono essere trascurate. Questo trascurare le differenze, in modo da ottenere loro malgrado la configurazione, si chiama assimilazione.

Il sistema agente, o organismo, non nota differenze specifiche perch alla ricerca di segnali richiesti per completare la configurazione che possa innescare uno schema. Per contrasto, un osservatore che registri segnali estranei, potrebbe dire che l'organismo sta assimilando (v. Cap. III).

Organismi cognitivi sofisticati, comunque, hanno la capacit di trascurare deliberatamente queste differenze. Per essi, l'assimilazione diviene uno strumento cruciale per la costruzione di regolarit e di regole cos come per l'estensione pratica dei loro schemi. Per fare un esempio, se Il Sig. Rossi ha urgentemente bisogno di un cacciavite per riparare l'interruttore della cucina, ma non vuole andare in cantina a cercarne uno, egli pu "assimilare" un coltello per il burro al ruolo di strumento nel contesto di quel particolare schema di riparazione. Non proprio come l'assimilazione del bambino, perch il Sig. Rossi rimane consapevole del fatto che il coltello del burro funzionalmente e percettivamente diverso da un cacciavite.

Ogni volta che si attiva uno schema e l'attivit innescata non porta al risultato atteso (per esempio, il coltello da burro del signor Rossi si piega e non gira la vite), la discrepanza con la sequenza abituale di eventi crea una turbamento nel sistema. Siccome questo turbamento nasce dalla mancata concordanza tra una situazione di fatto sentita e una

La situazione simile a quella degli organismi viventi nella teoria dell'evoluzione. Solo le strutture biologiche viabili sopravvivono, perch la selezione naturale toglie di mezzo gli organismi che non possono in un modo o nell'altro evitare o compensare i turbamenti ambientali. Evitare e compensare sono i mezzi per mantenere un equilibrio.

Gregory Bateson stato il primo a stabilire connessioni tra la cibemetica e la teoria dell'evoluzione:

La spiegazione cibemetica sempre negativa. Consideriamo quali possibilit alternative potrebbero concepibilmente essere accorse e poi chiediamo perch non sono state seguite molte delle altemative, in modo che il particolare evento sia stato uno dei pochi che di fatto avrebbe potuto accadere. L'esempio classico di questo tipo di spiegazione la teoria dell'evoluzione con la selezione naturale. Seguendo questa teoria, gli organismi che non erano viabili n dal punto di vista psicologico n da quello ambientale non avrebbero avuto la possibilit di vivere per riprodursi. Quindi, l'evoluzione segue sempre i sentieri della viabilit (BATESON 1972b,p.399).

A livello cognitivo, di regola, le perturbazioni non sono immediatamente fatali. La filogenesi procede per mezzo della potatura; l'ontogenesi fornisce le opportunit per apprendere. In entrambi i domini, gli organismi possono incontrare la realt solo nei loro fallimenti. Come disse Warren McCulloch:

"Aver provato un'ipotesi come falsa proprio il massimo della conoscenza" (MCCULLOCH, 1970, p. 154). Ci equivale al feedback negativo: le cose non sono ci che pensavamo che fossero. Dal punto di vista dell'epistemologia tradizionale, l'affermazione di McCulloch una dichiarazione di fallimento della disciplina. Sin dal tempo dei Presocratici si sosteneva che la conoscenza corrispondeva al mondo reale. Se era cos, era vera, se non lo era, era senza valore. La nozione di viabilit entro certi limiti incompatibile con quella convenzionale di verit e corrispondenza.

Se si considera seriamente la proposizione che gli organismi cognitivi non hanno contatto con la realt ontologica tranne quando i loro schemi per eliminare le perturbazioni sono senza succcesso, si giunge ad una visione della conoscenza pi

Torna a capo. III - La natura dei modelli ipotetici


C' un altro aspetto della cibernetica che la collega alle teorie della conoscenza: il tentativo di costruire modelli reali o concettuali che simulano le propriet funzionali di una scatola nera. La branca formalistica della disciplina mira allo sviluppo dei modelli matematici, cio, di reti di funzioni che matematicamente rendon conto e predicono risultati osservabili da input osservabili. La branca pi concreta ed euristica della disciplina mira allo sviluppo di modelli concettuali e fisici che sono operativamente equivalenti ai meccanismi inosservabii entro la scatola nera. In entrambe le branche della cibemetica si lavora verso un adattamento e non verso una replica iconica. Da qui, un modello un buon modello se i risultati del suo funzionamento non mostrano una discrepanza relativa al funzionamento della scatola nera. lo sostengo che questa relazione analoga alla relazione tra la nostra conoscenza e la nostra esperienza. Dato che tra la nostra esperienza e ci che i filosofi chiamano realt ontologica non c' nulla se non una connessione ipotetica, quella realt ha per noi lo status di scatola nera.

Una delle caratteristiche della cibernetica che produce "spiegazioni" che, come disse Bateson, non specificano perch succedono certe cose, ma piuttosto perch non succedono altre cose. Essa specifica i limiti. Comunque, i cibemetici vanno spesso un passo oltre: elaborano un modello funzionale che produrrebbe effetti simili a quelli del fenomeno osservato. Questo un buon sistema per cercare di guadagnare un certo controllo concettuale o pratico su un meccanismo inaccessibile all'osservazione e, quindi, ci che i cibemetici chiamano una "scatola nera" (v. WIENER, 1965, p. IX). Il circuito feedback uno di questi modelli e si dimostrato di notevole efficacia. Ha reso possibile la meccanizzazione di tutti i tipi di cose che, precedentemente, solo un essere umano poteva fare. Questo gran successo,

comunque, ha portato spesso all'affrettata conclusione che il circuito feedback sia una descrizione di come funzionano veramente uomini e animali. (Per la ricerca sull'intelligenza artificiale sembra particolarmente difficile evitare questo deragliamento).

1 modelli efficaci si adattano e funzionano entro limiti stabiliti dalla data situazione, ma non c' mai motivo di credere che essi incorporino l'unico meccanismo o l'unica rete concettuale che potrebbe fare ci. Quindi dobbiamo ricordare alcuni punti riguardanti i modelli di tipo cibemetico - e sono particolarmente pertinenti per il punto di vista costruttivista.

Terzo, c' il problema dello sviluppo. Quando un certo fenomeno deve essere spiegato dal punto di vista dello sviluppo, le differenze vanno trovate tra ci che l'organismo sta facendo ora e ci che era stato osservato prima o che sar osservato in un secondo momento. Se vengono trovate differenze, esse vanno interpretate. Nel contesto dello sviluppo, le differenze sono sempre interpretate in vista di ci che, dal punto di vista dell'osservatore, si sta evolvendo. Vale a dire, c' un'idea-guida di uno stato o di un prodotto finale. Se non ci fosse quest'idea, sarebbe solo uno studio sul cambiamento. Inoltre, quando parliamo dello sviluppo di bambini (o studenti) fondamentalmente miriamo a specificare una plausibile successione di cambiamenti che caratterizzerebbero una progressione generalizzabile da un modo di agire originale (primitivo) fino al modo, accettato, di agire e di rispondere a certe situazioni esperienziali dell'adulto. Prima ho espresso questi tre punti il Pi Possibile espliciti, come un'ammonizzione a me stesso. Ora possono servire per prevenire qualunque interpretazione realistica di ci che sto presentando. Essi pertengono a tutto il cOstruttivismo radicale perch anch'esso un modello che non ha la pretesa di essere la descrizione di nessuna realt. Se risulter compatibile con osservazioni come quelle fatte o che si faranno, risulter un modello viabile che potr essere usato per fare predizioni e come linea guida per una variet di aree comprendenti anche lo sviluppo di metodi didattici.

Note
(1) Le seguenti persone hanno contribuito con idee, formulaioni e suggerimenti critici a questo documento: Stuart Umpleby, Paul Trachtman, Ranulph Gianvilie, Francisco Varela, Joseph Goguen, Bili Reckmeyer, Heinz von Foerster, Valentin Turchin, e mia moglie Charlotte. lo comunque sono l'unico responsabile dei difetti di questa versione. (2) Rivisto ed ampliato da Glasersfeld (1981b) (si ringrazia la Pergamon Press).

Torna a capo. CAPITOLO IX


11

UNITA, PLURALITA E NUMERO (1)


Per circa cinquant'anni Piaget ha sostenuto che il processo della percezione non sembra fattibile a meno che non si consideri che chi percepisce abbia una struttura precedente a cui poter assimilare la sua esperienza sensoriale. (Bisogna ricordare che per Piaget e i costruttivisti che si basano sulla sua opera, un percepito sempre un derivato dalla sensazione.). Sebbene ci siano fatti empirici che avvalorano quest'ipotesi, essa trova la

Ho cominciato dall'assunto che i concetti devono in qualche modo essere concepiti dagli uomini.

E' vero, tra tutte le forme naturali che capiamo, la quantit la pi astratta e la pi separata dai fatti (FRANCIs BACON, 1623).

Le entit astratte sono il risultato di un'attivit astraente condotta da un soggetto che conosce. Anche se si vuole credere che queste entit esistano indipendentemente in qualche spazio esterno, sarebbero necessari modi specifici di operare per apprenderli e conoscerli. Il modello costruttivista dovrebbe mostrare che i tre concetti di unit, pluralit e numero, che Bacone deve aver incluso tra le sue "foririe naturali", possono essere costruite senza dar per certo che esistano bell'e-pronte in una realt oggettiva. Ci non significa che la loro costruzione non coinvolga processi percettivi. Significa soltanto che la procedura deve essere costruttiva piuttosto che passiva.

Il filosofo Thomas Tymoczko ha recentemente suggerito che 1a matematica molto pi simile alla geografia che alla fisica" (1994, p. 334). Trovo questo paragone congeniale perch riesco facilmente a sostituire la semantica concettuale con la topografia del geografo.

Cercher, quindi, di fare due cose: produrre un'analisi di come si possano strutturare i concetti e poi suggerire che la loro costruzione parta da elementi percettivi e che il prodotto finale si raggiunga attraverso una successione di astrazioni riflessive. Sottolineo che il risultato di questo sforzo non potrebbe essere null'altro che un modello ipotetico. Non ha la pretesa di essere la descrizione di nessuna realt. Al pi il modello risulter compatibile con osservazioni che sono state fatte o si faranno. Se le cose andranno cos, il modello sar utile perch potrebbe essere usato come linea guida nella progettazione di metodi didattici.

Per studiare come i bambini fonnano i concetti base su cui si pu costruire l'aritmetica, indispensabile avere un modello abbastanza esplicito di che cosa potrebbero essere questi concetti nell'adulto. 1 manuali di matematica non sono molto illuminanti in questo senso e i filosofi della matematica raramente si abbassano a dire qualcosa sulla materia grezza concettuale delle loro costruzioni. Il matematico italiano Giuseppe Peano stato

Questo sarebbe una parte di ci che i filosofi chiamano definizione "estensionale". Se poi il bambino chiedesse perch le cose mostrate si chiamino mele, si potrebbe far notare che sono oggetti relativamente rotondi e lisci con un sapore ed un odore che si possono imparare a riconoscere. In altre parole, usare una parte di una definizione estensionale potrebbe, nel complesso, essere utile nello specificare alcune delle caratteristiche che servono per rendere il concetto e in questo modo produrre una defirizione "intensionale".

Quando la domanda concerne i numeri sorgono difficolt immediate. Supponiamo che un bambino chieda "Perch uno, due, tre, quindici, sono numeriT' potremmo cominciare a mettere un bicchiere, due cucchiai, quindici stuzzicadenti sul tavolo, ma capiremmo subito che difficilmente funzioner. Possiamo poi avere un'ispirazione: mettiamo tutto da parte e sistemiamo gli stuzzicadenti (oppure blocchi multibase) in gruppi di uno, due, quindici. Ora ci sembrerebbe ovvio che stiamo mostrando i numeri: "Ecco - uno, due, quindicW' Ma a questo punto il bambino si stufa e vuol fare un altro gioco. Per fortuna, perch se un bambino andasse oltre con la domanda saremmo messi fuori gara dal fatto che non c' modo di spiegare che caratteristiche si debbano astrarre per formare il concetto di numero. Dovremmo suggerire di contare gli stuzzicadenti in ogni mucchio ma ci, logicamente, costituirebbe un circolo vizioso, perch non si pu contare senza usare le parole "uno", "due", "tre" e via di seguito.

Peano e gli altri matematici coinvolti nello sforzo di formalizzare un fondamento logico del sistema di numeri e della matematica, tendevano a definire le propriet e le relazioni all'interno del sistema. Davano per scontato che abbiamo i concetti di unit, di pluralit e di numero. Ci che si deve fare per generare questi concetti esperienzialmente non era un problema per loro. Come si potrebbe spiegare altrimenti che un pensatore astuto possa saltar fuori con la "definizione":

Un numero qualsivoglia che il numero di qualche classe (Russell, 1956, p. 534).

Anche questo un circolo vizioso, perch per capire la definizione si dovrebbe conoscere il termine che viene definito.

Torna a capo. Cose e unit


Che cos' allora un numero? La chiarificazione di Euclide dopo tutto utile. Diventa

fanno notare che "Nuinero un processo razionale, non un fatto di sensi" (ibidem, p. 23); e pi avanti, spiegano "che il numero sorge da certi processi razionali nel costruire, definire e mettere in relazione il materiale della percezione dei sensi" (loc. cit, p. 35). Cos, si richiede una mente attiva che tiene le cose distinte e le unisce per mezzo di un'operazione particolare. Queste operazioni di definizione e relazione vanno analizzate se vogliamo avere un modello operazionale del concetto di numero.

Chiaramente, separare e unire sono le attivit cruciali. Ci deve essere un'operazione che crea elementi discreti unitari, e ci deve essere un'operazione che prende alcuni elementi individuali e li unisce in modo che possano essere visti ancora come unit. Quindi, la prima domanda : come arriviamo ad avere un'unit, un elemento unitario?

Torna a capo. Concezione piuttosto che percezione


Il fisico Percy Bridgman ha formulato questa domanda chiedendosi: Che cos' la cosa che contiamo? Ha risposto come lo avrebbe fatto un costruttivista:

Non ovviamente la stessa cosa che avviene con gli oggettti dell'esperienza comune - la cosa che noi contiamo non era l prima che la contassimo, ma la creiamo a mano a mano che procediamo. Ci che contiamo sono gli atti della creazione (BRIDGMAN, 1961, p. 103).

Quindi, le unit sono il risultato di un'operazione eseguita da un soggetto percipiente, non una propriet intrinseca agli oggetti. Ci pu sembrare assurdo, perch il modo di percepire, abituale e piuttosto automatico, dell'adulto crea l'impressione che l'unita di un elemento sia dato, perch l'elemento distinguibile dal contesto esperienziale. Infatti, molto probabile che il bambino all'inizio derivi una certa nozione di "cosit" dagli elementi facili da isolare nel campo visivo. Ma anche distinguere ed isolare sono attivit che devono essere condotte da un soggetto attivo, e i loro risultati dipendono dal criterio di distinzione del soggetto stesso.

Come ho menzionato nel primo capitolo, Husserl ha esplicitamente affermato che il concetto di unit un'astrazione dagli oggetti sensomotori. Una notevole conferma di questa idea l'ha data Einstein:

Prima di presentare il mio ipotetico modello di procedura unitizzante, voglio far notare un'altra operazione che manifesta il suo risultato nei diversi modi di vedere la linea ondulata. Prima di poter dire che c'erano due avvallamenti e tre dossi, si deve divenire consapevoli che c'erano pi di uno di questi elementi. In altre parole si sono dovute costituire delle "pluralit" prima di assegnare loro le parole numero, rispettivamente, "due" e "tre". Ovviamente nessuno dei dossi e degli avvallamenti individuali dicono al percipiente che sono parte di una pluralit. t ancora una volta il percipiente che, come ha detto Cararmiel, "considera cose diverse, ognuna distinta in s, e intenzionalmente le unisce nel pensiero".

L'affermazione di Cararmiel descrive l'aspetto generativo della procedura, ma non specifica come funziona. Ognuno degli avvallamenti che si vedono, per esempio, deve essere una cosa diversa, distinta, perch altrimenti non ci sarebbe stato motivo di dire che ce n'erano due. Comunque, devono essere lo stesso (uguali) nel senso che entrambi soddisfaceva~ no la definizione (matrice di riconoscimento) di "avvallamento". Un avvallamento e un dosso, presi insieme, non avrebbero dato una pluralit. Invece, se i segnali sensoriali che portano alla loro costituzione fossero stati categorizzati in maniera diversa, si sarebbe potuto categorizzarli come unit - per esempio come una curva o una deviazione dalla linea diritta,

Questa un'osservazione cruciale. Mostra che per costruire una pluralit, il percipiente deve diventare consapevole del fatto che in un dato contesto percettuale due (o pi) elementi unitari sono stati categorizzati come appartenenti ad una stessa classe. In altre parole, il percipiente della linea ondulata deve diventare consapevole della ripetizione di una specifica categorizzazione. Ci introduce nella procedura un livello pi alto di operare. Categorizzare un'operazione attuata sulla base del materiale sensoriale. Riconoscere la ripetizione di una categorizzazione, comunque, non dipende pi dallo specifico materiale sensoriale, ma richiede la riflessione del percipiente sul suo stesso operare.

Soltanto la riflessione che riconosce la seconda (od ulteriore) categorizzazione come ripetizione di una precedente, pu dire al percipiente che c' pi di una unit dello stesso tipo. Il concetto di pluralit uno degli esempi pi chiari di "astrazione riflessiva". Con il concetto di unit esso forma la base dell'aritmetica e della matematica che coinvolge i numeri. Nelle pagine che seguono, presento un modello che mostra come possono venir costruiti questi concetti fondamentali.

Torna a capo.

dire, un impulso o momento attenzionale singolo pu, ma non necessariamente, localizzarsi su un segnale particolare. Quando non focalizza, non sceglie segnali particolari, ma ci non significa che non ci siano segnali che avrebbero potuto essere scelti. Il momento non focalizzante crea semplicemente un intervallo nel processo di composizione. Dall'altro lato, l'attenzione puo localizzarsi su elementi non presenti come segnali sensomotori, ma come ri-presentazioni di segnali (o composti di essi) che sono stati scelti in un'occasione precedente.

Torna a capo. Un'iterazione di impulsi


Dovrebbe essere chiaro che sto usando la parola attenzione in un modo un po' diverso dal solito. Espressioni quali focalizzare l'attenzione su un diagramma o su un tramonto, vengono usate in situazioni in cui il parlante ha postulato da una parte, certe cose come un diagramma o un tramonto e, dall'altra, un organismo che percepisce queste cose dove "percepire" significa replicare come una rappresentazione interna qualcosa pensato come ester no. Questo modo di vedere ovviamente incompatibile con l'orientamento costruttivista. lo, invece, dico che un organismo focalizza l'attenzione su segnali nel suo sistema nervoso. Ci implica che l'organismo deve essere in grado di operare almeno su due livelli. Uno, in cui i segnali sensomotori vengono generati e trasmessi ad altre parti della rete neuronale, e un secondo livello di attivit attenzionale in cui gli impulsi focalizzati scelgono particolari segnali sensomotori, mentre gli impulsi non focalizzati creano discontinuit o intervalli. Per fare ci, il sistema ha bisogno di un certo tipo di memoria in cui i risultati dell'attivit attenzionale possono essere mantenuti in modo tale che anch'essi possano diventare l'oggetto della focalizzazione attenzionale (4). In breve, nel mio modello, l'attenzione si riferisce ad un'attivit selettiva proprio come succede nell'uso corrente. Ma gli elementi su cui l'attenzione si sofferma e che seleziona sono adesso elementi o eventi interni all'organismo.

Dato questo modello che opera a numerosi livelli, si pu tentare di mappare (come approssimazione sommaria) il modo in cui un organismo possa giungere ad avere qualcosa di simile al concetto di, per esempio, una mela.

La definizione parziale di "mela" che ho proposto prima, contiene alcune caratteristiche. Sapore e odore verrebbero forniti da segnali sensoriali. Forma, misura e struttura sarebbero combinazioni di segnali visivi, tattili e propriocettivi (motori). Il peso sarebbe tattile e propriocettivo; e la caratteristica combinazione di buccia, polpa e torsolo inifflicherebbe probabilmente il colore ed altri segnali visivi e tattili. Supponendo che

Ci rappresenta un'entit completamente astratta, perch non riguarda pi ci su cui si era focalizzato il momento attenzionale centrale, o se era uno o molti.

Suggerirei che questo era il modello attenzionale che aveva in mente Euclide quando scrisse: "Un'unit tale per virt della quale ogni cosa che esiste viene chiamata uno" (Euclide, Libro VII). Non era una definizione molto utile, perch non diceva che cos'era l'entit---pervirt della quale" noi chiamiamo le cose "uno". Il modello attenzionale fornisce un modello ipotetico di quell'entit. Sembra che vada bene per rappresentare situazioni in cui costruiamo un'unit.

Nel caso dei quattro orologi della biblioteca di Caramuel, per esempio, ogni orologio potrebbe essere percepito come suonante con tono diverso. In quel caso ci sarebbero quattro diversi segnali sensoriali e sarebbero considerati come quattro singole unit equivalenti, perch ognuna sarebbe esperita come lo stesso modello attenzionale, cio, 0 10. L'intera esperienza sarebbe mappata: 0I00I00I00I0 abCd dove a, b, c, d, sono i diversi segnali sensoriali scelti dai momenti attenzionali focalizzati. Quando si considera soltanto il modello attenzionale e si tralasciano i segnali sensoriali, ogni rintocco pu venir categorizzato come un esempio del concetto di "uno". Una successione di tali uno costituisce una "puralit". Non essendoci un momento attenzionale non-focalizzato iniziale, n uno finale, che potrebbero servire come confine e racchiudere la sequenza in una cornice, le configurazioni unit rimangono individui connessi da nient'altro che la loro contiguit nell'esperienza.

Quest'analisi fornisce la chiave per un'ambiguit di cui siamo sempre pi o meno palidamente consci: "uno" sembra riferirsi a due concetti. La loro differenza appare quando uno" opposto a "molti" e poi a "due", "tre", ecc. La prima opposizione la stessa che c' tra un singolare e un plurale o tra unit e pluralit. Nella seconda, "uno" funziona come parola numero, e non c' una propria opposizione, ma semplicamente la differenza tra un numero e gli altri numeri.

Torna a capo. La genesi della pluralit

Un altro esempio l'uso dei verbi che designano un'azione iterativa, come "camminare", "nuotare", "martellare". Queste azioni sono caratterizzate dalla ripetizione di una sequenza procedurale specifica. Chi usa il verbo deve conoscere la sequenza, ma l'inizio, la durata e la fine delle ripetizioni non vengono specificate nella struttura concettuale che costituisce il significato del verbo (se sono rilevanti nella situazione in cui viene usato il verbo, possono venir indicate dal contesto o da altre parole). Cos, le attivit posssono venir "impacchettate" come concetti unitari, bench non ci siano indicazioni n dell'inizio n della fine. Si pu fare lo stesso con una pluralit che non ha n inizio n fine e, quindi, numerosit. Se abbiamo una regola, cio una ricetta operazionale che governa il modo in cui ognuna delle unit componenti vien fatta derivare da quella precedente, possiamo impacchettare anche una sequenza potenzialmente infinita di elementi e trasforniarla in un concetto unitario (6).

Torna a capo. Il concetto astratto di numero


Come ha sottolineato Peano, la definizione di Euclide, "Un numero una moltitudine composta di unit" (Euclide, VII Libro), insufficiente. Adesso possiamo vedere perch. Anche una pluralit una "rnoltitudine composta di unit", ma non implica il concetto di numero. Invero, la definizione di Euclide si adatterebbe anche a una mandria, ad una foresta, ad un comitato e ad una raccolta di francobolli. Quindi manca un ingrediente essenziale.

Nel mio modello, la trasformazione di una pluralit nel tipo di unit composita che pu essere considerata un numero, richiede due ulteriori operazioni. La prima ci che chiamerei un-iterazione concettuale", la seconda l'attivit del "contare".

Spesso le due operazioni sono eseguite insieme. Un esercizio semplice che pu sembrare stupido ci aiuter. Supponete che ci venga chiesto quante righe di stampa ci sono nel

paragrafo che segue quello che state leggendo. Spostate i vostri occhi al paragrafo indicato. Da una conoscenza precedente oppure muovendo lo sguardo, lo categorizzate come una pluralit di righe delimitata. Concludete che questa pluralit delimitata perch la parola "paragrafo" lo implica e potete distinguere i confini dei rientri. Poi, spostate lo sguardo su o gi sulle righe e coordinate ad ognuna una parola numero della sequenza di parole numeriche convenzionale che comincia con "uno". Raggiunta l'ultima riga del paragrafo, l'ultima parola numero usata vi dir quante volte avete ripetuto il composto delle due operazioni - indicher il numero delle righe.

La "F centrale indicherebbe un momento attenzionale che potrebbe essere focalizzato su qualunque numero individuale considerato l'ultimo nell'atto di contare. Ci spiegherebbe perch non abbiamo difficolt a considerare "uno" un numero, nonostante il fatto che non consista di una "rnoltitudine di unit" ma di una singola. E, pi importante, in questo concetto astratto di numero, viene lasciato da parte tutto il materiale sensoriale.

Torna a capo. Il "potere indicativo "dei simboli


La trasformazione concettuale di una pluralit nel concetto di numero ha fasi intermedie che ho descritto altrove (GLASERSFELD, 198la). Qui, il semplice esercizio del contare sembra sufficiente per illustrare le caratteristiche pi importanti. Il simbolo "numero" acquista il suo significato dal fatto che indica la struttura concettuale dell'iterazione attenzionale nel contare potenziale o di fatto. Nella mia disamina sulla riflessione e sull'astrazione (capitolo V) ho spiegato la funzione indicativa dei simboli. Nel caso dei numeri, questa funzione cruciale. Le parole numero e tutti i tipi di numerali indicano esempi specifici della struttura attenzionale del concetto di numero, ma ci non comporta che debbano venir attuati l'iterazione attenzionale indicata e il contare. Per capire i simboli si deve semplicemente conoscere la procedura richiesta e che la si possa attuare.

Per capire ci che si intende quando leggiamo il numerale "573" o '100V, o se qualcuno dice che il deficit degli Stati Uniti ha raggiunto i "tre mila miliardi", non abbiamo bisogno di ri-presentarci le pluralit di unit indicate - dobbiamo soltanto conoscere la procedura che pu produrle e contarle.

Ci, mi sembra, demistifica il fatto altrimenti sorprendente che possiamo avere ed operare col concetto di una sequenza di numeri infinita. Il punto che possiamo "impacchettare" procedure generative e trattarle come entit concettuali unitarie. E facciamo ci ogni volta che usiamo un verbo d'azione come "camminare", e possiamo ugualmente farlo con procedure astratte. Nel caso di numeri, conosciamo il processo dell'iterazione attenzionale e il nostro sistema di parole numero tale che la procedura del contare pu essere estesa all'infinito. Quindi sappiamo che, una volta che queste operazioni sono impacchettate come un concetto unitario, possiamo anche pensarle come continue, senza fine, entro l'imballaggio concettuale.

Torna a capo.

le consideriamo proposizioni "come se", stabiliamo che, per il momento e durante le fasi di procedura seguenti, non le metteremo in discussione. Quindi, la certezza della conclusione sorge dal fatto che le situazioni specificate dalle premesse sono postulate e, quindi, non vanno messe in discussione nel corso della procedura.

L'analogia con la certezza di "2 + 2" in aritmetica, sta in ci: il simbolo "T' sta per la struttura concettuale composta di due unit astratte a cui vengono assegnate rispettivamente le parole "uno" e "due". Il simbolo "+" richiede che le unit alla sua sinistra siano allineate con le unit alla sua destra e soggette ad un nuovo conteggio. Siccome la sequenza standard delle parole numero fissa e gli elementi nel conteggio non sono cose sensorialmente discutibili, ma unit astratte, non c' altro modo che concludere con un "quattro".

Note
(1) Alcune idee discusse qui sono state presentate in Glasersfeld 1981c. (2) L'espressione "cosit" intende designare la separazione di un elemento come un'unit dal campo esperienziale, proprio come, nel regno della visione e dell'arte, una figura viene separata dallo sfondo. Ci non va confuso con il concetto della permanenza dell'oggetto, che una struttura molto pii complessa che implica sia l'estemalizzazione che la ri -presentazione, nessuna delle quali richiesta da cosit.

(3) L'idea di Ceccato del ruolo costitutivo dell'attenzione nella costruzione dei concetti stata elaborata da Vaccarino (1977, 1981, 1988) e Accame (1994).

(4) Un tale sistema di due o tre livelli ovviamente ancora troppo grezzo per rispondere dei risultati concettuali che un organismo umano pu produrre. L'ipnosi suggerisce che le cose possano essere ricordate anche quando non sono esperite consciamente, e il lavoro di Hiigard (1974) indica che ci sono probabilmente molti livelli di attivit relativamente indipendenti l'uno dall'altro.

(5) Certe cose possono richiedere un ordine obbligatorio per alcuni segnali, altre invece solamente una lista. Nel caso di una linea ondulata, per esempio, "dosso" richiede la sequenza basso-alto-basso, mentre "avvallamento- richiede alto-basso-alto.

un'impresa "politica". Il suo scopo, secondo me, duplice. Da una parte agli studenti si deve dare la possibilit di pensare da s e senza contraddizioni. Dall'altro i modi di agire e di pensare considerati ora i migliori, dovranno essere perpetuati nella prossima generazione.

Il costruttivismo non ha difficolt ad accettare queste premesse, ma non accetta la solita giustificazione di conoscenza. Le scuole sono per tradizione viste come istituzioni che devono impartire una conoscenza oggettiva libera- da-valori. 1 costruttivisti invece, considerano tutta la conoscenza strumentale. Ci che si chiede in prima istanza, quindi, che agli studenti si spieghino le ragioni perch quei modi di agire e di pensare sono desiderabili. Si devono perci spiegare gli specifici contesti in cui si pensa che operi ci che si deve acquisire. Queste spiegazioni sono particolarmente sconcertanti per coloro che credono nella "Vrit per amor di Verit".

L'orientamento costruttivista non particolarmente congeniale agli insegnanti (e agli studenti) di matematica e delle scienze fisiche. Questi hanno un concetto di scienza model lato sui miti scientistici dei testi scolastici, della tiv e delle popolari spiegazioni di "scoperte". Gli studenti vanno a scuola con il preconcetto che la scienza dir loro che cosa e come funziona il mondo reale; e gli insegnanti temono, rinunciando alla pretesa di verit oggettiva, di perdere di autorit (si veda DtSAUTELs e LAROCHELLE, 1989).

Sono comunque convinto che, in generale, gli studenti sarebbero pi motivati ad imparare qualcosa se vedessero perch utile conoscerla. La maggior parte degli obbiettivi che determinano il valore strumentale del sapere non sono poi cos arcani da non essere capiti e condivisi dagli studenti. Si va dal conoscere le necessit materiali prosaiche della vita quotidiana fino a generare la pace mentale a livello astratto dell'organizzazione della realt esperienziale dell'individuo.

Sfortunatamente, le modalit su cui si fonda il sistema scolastico (si noti che per quasi trent'anni ho lavorato negli Stati Uniti e non so nulla di altri sistemi scolastici) hanno portato alla diffusa opinione che si studia per passare gli esami piuttosto che per diventare pi competenti intellettualmente. Al prezioso vantaggio del sapere si sostituisce la carta moneta dei certificati e dei diplomi.

L'essere umano pu venir semplicemente addestrato, domato, istruito meccanicamente, o veramente illuminato. Si addestrano cani e cavalli e si posssono addestrare anche gli esseri umani. Comunque, l'addestramento fa poco; ci che conta soprattutto che i bambini imparino a pensare. I principi da cui sorgono tutte le azioni, dovrebbero costituire l'obbiettivo (KANT, 1803, Werke, vol. IX, p. 450).

Sembra che ai tempi di Kant ci fosse visto come un'altemativa. Possiamo ringraziare il movimento comportamentista per aver eliminato il percorso dell'illuminismo razionale. Puntando esclusivamente sugli stimoli e sui rinforzi ambientali, il comportamentismo ha effettivamente cancellato l'interesse per il pensare. La performance era l'unico obbiettivo e cos ci ritroviamo ancora test che richiedono agli studenti nient'altro che ricordare ci che stato detto dagli insegnanti o scritto nei libri di testo. Verificano la memoria e l'apprendimento meccanico, non la comprensione. Comprendere, come mente e significato, era considerato un'invenzione "pre-scientifica, mentalistica" (v. SKINNER, 1971, pp. 12-23).

Dal punto di vista costruttivista, le nozioni comportamentiste di "stimolo" e "rinforzo" sono ingenue e svianti. Il successo del movimento comportamentista, comunque, continua ancora oggi con nozioni chiave sempre vive nella mente di molti educatori. Quindi, pu essere utile illustrare le nostre differenze concettuali riferite ai due termini fondamentali.

Torna a capo. Gli stimoli ambientali


Nella psicologia tradizioneale, "stimolo" si riferisce ad un percetto che ci si aspetta seguito da una "risposta" di chi percepisce. 1 termini ebbero origine dallo studio sui riflessi, e la relazione tra essi venne tacitamente supposta come causa e suo effetto. Comunque, sia la psicologia cognitiva che la cibernetica mostrarono che tutti i comportamenti pi interessanti degli organismi viventi non possono venir ridotti al modello del riflesso. La differenza venne chiarita col modello del circuito feedback. Un percetto non stimola una risposta a meno che non crei una discrepanza con qualche referente che governa l'equilibrio dell'organismo.

Certamente i contadini non hanno mai avuto bisogno del modello scientifico per saperlo. Sono sempre stati consci del fatto che, anche se si possono condurre i cavalli al pozzo,

probabilmente non facevano soffrire metodicamente la fame, ma tenevano soltanto sotto controllo la somministrazione del cibo.

Indipendentemente da come venga acquisita, l'associazione stimolo e risposta rinforzata diventa un legame piuttosto durevole e pu venir attivata anche in assenza dell'originale disagio di fame. I comportamentisti rifinirono il metodo base sviluppando programmi ottimali di rinforzo e furono cos in grado di progettare procedure di addestramento enormemente efficaci.

Psicologi di pi ampia apertura mentale distinguono due tipi di rinforzo in base alle origini. Li chiamano, uno estrinseco, l'altro intrinseco. Solo quello estrinseco percepibile direttamente da un osservatore, ma entrambi hanno l'effetto di aumentare la probabilit che il comportamento pregresso dell'organismo verr ripetuto. Siccome i comportamentisti consideravano scientifico soltanto l'osservabile, escludevano il rinforzo intrinseco dalla loro teoria dell'apprendimento (1). Questa esclusione ha portato ad una programmatica inosservanza dell'apprendimento concettuale e le conseguenze sulla metodologia dell'insegnamento sono state devastanti. Ultimamente un osservatore ha asserito:

t tipico degli ambienti scolastici usare una variet di rinforzi, quali premi, ricompense e voti. Tutti esempi di stimoli estrinseci perch si intraprende un'attivit per ottenere l'incentivo promesso, sia che si tratti di una stella sigillata su un diploma o di un buon voto sulla scheda di valutazione (RIEBER, 1993, pp. 205-206). Indubbiamente questa procedura funziona - produce la ripetizione dei comportamento rinforzato. Incoraggiati dal successo, i comportamentisti poterono sotenere di avere la chiave per tutti gli apprendimenti. Il motivo per cui questa affermazione esorbitante che gli stimoli non motivano lo sforzo a capire. Kant affront la questione quando spieg la differenza tra addestrare e apprendere nel campo dell'educazione morale.

Se si punisce un bambino quando fa qualcosa di sbagliato e lo si premia quando opera bene, rifar ci che giusto per stare meglio (KANT, 1803, vol. IX, p. 480).

Il rinforzo aumenta certamente la frequenza con cui si mette in atto il comportamento come risposta ad uno stimolo condizionato, ma lo fa senza considerare la ragione per cui quel particolare comportamento dovrebbe essere desiderabile in una data situazione. 1

anch'io credo che gli studenti "ce l'hanno in loro stessi" - ma come capacit di costruire non come idee preformate.

Torna a capo. Il carattere illusorio del linguaggio


Grazie alla loro capacit misteriosa di replicare azioni viste negli altri, i bambini possono essere aiutati senza l'uso della lingua ad imparare a camminare, ad allacciarsi le scarpe e a lanciare una palla (2). Questo talento nell'addestramento invalutabile. Comunque, nell'insegnare a capire, la lingua uno strumento indispensabile. Eppure pochi educatori si rendono conto del funzionamento della comunicazione linguistica. Siccome la lingua, nel complesso, funziona bene in situazioni quotidiane, c' il tacito assunto che debba funzionare anche nelle aule. Di conseguenza, si d spesso per scontato che i fallimenti degli studenti siano dovuti ad altre cause. Senza dubbio, altre cause giocano la loro parte, ma la fede cieca nell'efficacia della lingua probabilmente l'impedimento principale dell'insegnamento.

Ho trattato alcuni principi della comunicazione linguistica nel settimo capitolo, e dal mio punto di vista, hanno dirette conseguenze nella pratica del l'insegnamento. Se il significato delle parole e delle frasi dell'insegnante deve essere interpretato dagli studenti in termini di proprie esperienze individuali, chiaro che le interpretazioni degli studenti difficilmente coincideranno col significato che l'insegnante intende trasmettere. Questa indeterminatezza intrinseca al sistema comunicativo. Pu essere ovviamente aggravata dalla mancanza di attenzione dello studente, ma non causata da ci. Sorge dal modo in cui si acquisisce la lingua.

Uimprecisione intrinseca della lingua, invero, rende l'insegnamento difficile, ma sicuramente non impossibile. La difficolt si riduce di gran lunga se l'insegnante tiene a mente che le parole che usa hanno per gli ascoltatori legami associativi col loro mondo esperienziale e non con una realt esistente indipendentemente, la stessa per tutti. La lingua non trasmette conoscenza ma pu limitare ed orientare la costruzione concettuale del ricevente. Se gli insegnanti tengono a mente questo principio, verificheranno le interpretazioni degli studenti e non si feririeranno finch le risposte sembreranno compatibili.

Quando i bambini entrano a scuola, devono imparare nuovi usi della lingua. Ci non per loro subito ovvio, n gli insegnanti sono consapevoli del fatto che i rituali educativi della disciplina che stanno insegnando differiscono da quelli della comunicazione

perch non si possono dare n ricette n procedure standard. Eppure, alcuni insegnanti ci riescono. Sviluppano uno stile che ispira rilassamento e divertimento perch si sentono a proprio agio con la materia e non trovano noiosa l'attivit. Insegnare , come stato detto, un'arte.

Torna a capo. La funzione che orienta


Questo termine fu coniato da Humberto Maturana (1970a) per la funzione del linguaggio in generale. Voglio illustrare per mezzo di una metafora abbastanza grezza il significato che ha per me nel campo dell'insegnamento. Per non lasciare malintesi, la metafora vuole illuminare le dinamiche della situazione, non il carattere degli individui coinvolti.

Quando un fattore deve condurre qualche capo di bestiame lungo quelle stradine strette fiancheggiate da siepi che qua e l hanno delle aperture, il compito diventa impossibile se non si ha un aiuto. Il fattore deve stare dietro gli animali per farli proseguire, e quando la prima mucca individua un'apertura nella siepe, va imminediatamente, nel campo. Le altre la seguono e allora il fattore deve correre nel campo per ricondurle alla strada attraverso l'apertura. Ci molto difficile, ma la situazione diviene disperata quando le mucche, forzate a tomare sulla strada girano sempre verso la direzione da cui sono venute (3). , uno scenario senza possibilit di riuscita e nessun contadino intraprenderebbe un simile viaggio senza portare con s almeno un cane obbediente. Ci fa la differenza. Ogni volta che il fattore individua un'apertura nella siepe, manda il cane per bloccarla - e il problema non sorge neppure. Si noti~che il cane non conduce le mucche, fornisce soltanto una limitazione al loro movimento. E il fattore che deve farle muovere. In questo scenario, il cane ha una funzione simile ad un uso importante della lingua in classe.

L'insegnante non pu dire agli studenti quali concetti costruire o come costruirli, ma con un uso giudizioso della lingua pu evitar loro di costruire in una direzione che l'insegnante considera futile, ma che per esperienza sa che molto probabilmente avverr. Come nel caso del fattore, l'insegnante che deve procurare la motivazione per andare avanti, e anche se il suo linguaggio non pu determinare la costruzione concettuale degli studenti, pu innalzare limitazioni per orientarli in una direzione particolare.

Torna a capo. Il materiale percettuale

Probabilmente gli studenti tenderanno meno a sviluppare un'avversione alla matematica e al pensiero logico se vien data loro l'opportunit di afferrare presto che ci che bisogna apprendere riguarda le operazioni mentali e le astrazioni piuttosto che le azioni e gli oggetti del mondo quotidiano. Ci sono molte opportunit per fare ci, ma troppo spesso vengono tralasciate perch l'insegnante si sente obbligato a trasmettere ci che conta come conoscenza accettata, piuttosto che aiutare gli studenti a costruirla per se stessi.

Torna a capo. Un punto geometrico


Mi ricordo bene come il nostro insegnante di geometria ci introdusse alla materia. Gesso in mano, fece una piccola macchia circolare sulla lavagna e disse "Questo un pumo". Esit un attimo, guard ancora la macchia e aggiunse "Beh, non proprio un punto, perch un punto non ha estensione".

Continu poi con le linee e le altre nozioni base di geometria. Rimanemmo a disagio. Pensammo ai granelli di sabbia o alle particelle di polvere contro luce, ma capimmo che, per quanto fossero piccole, avevano ancora un'estensione. Allora, che cos'era un punto?

La domanda venne sepolta perch dovevamo seguire la lezione, ma non fu dimenticata. Covava irrisolta sotto altri costrutti successivi, e non se ne andava. Nel corso degli anni seguenti fu raggiunta da altri dilemmi. Poi arrivammo alle progressioni infinite, ai limiti e ai calcoli infinitesimali. Ci chiedevano di pensare ad una facile transizione dal molto piccolo al nulla. E ci venne detto che la storia della tartaruga e di Achille era un paradosso giocoso, una stranezza che di fatto non contava molto.

A me non piaceva, ma avevo gi deciso di amare comunque la matematica. Alcuni miei compagni, invece, ne conclusero che la matematica era un gioco scemo. Considerato il modo in cui ci era stata presentata, non avevano tutti i torti.

Decenni pi tardi, in retrospettiva, capii che ci dovevano essere state occasioni in cui l'insegnante avrebbe potuto risolvere tutte quelle domande sconcertanti con una spiegazione. Per esempio, poco dopo l'episodio dei punto durante la lezione di geometria, l'insegnante introdusse il termine "triangolo equilatero". Erano i giorni in cui si usavano righelli e squadre di legno per disegnare alla lavagna. L'insegnante prese uno di questi aggeggi e disse "questo un triangolo equilatero perch i suoi tre lati hanno la

Uaccertamento delle strutture concettuali dello studente da parte dell'insegnante non dev'essere una congettura alla cieca. Se si parte dall'assunto che gli studenti di solito cercano di dar senso alla loro esperienza, generalmente possibile avere un'idea di come pensano. Pi un insegnante ha esperienza di insegnamento pi ha possibilit di indovinare che cosa potrebbe essere il pensiero di un particolare studente e ipotizzare ci che Vygotsky ha giustamente chiamato 1a zona di sviluppo prossimale". Insegnanti sensibili tratteranno il loro modello iniziale di studente come un pronostico del tempo cio generalmente utile, anche se non pi che approssimativo. t solo dopo aver lavorato con uno studente particolare per un periodo abbastanza esteso, che un insegnante pu avere una certa fiducia nel proprio ritratto concettuale di quell'individuo. Inutile dirlo, l'esperienza protratta con molti studenti conduce a generalizzazioni plausibili, ma le meticolose microanalisi di Les Steffe hanno dimostrato che, anche nelle prime classi, alcuni individui producono invenzioni completamente inattese.

Ricerche di didattica della fisica, come quella condotta da Andy diSessa, Rosalind DTiver, John Clement, e altri, hanno mostrato che gli studenti hanno delle loro teorie sul movimento delle auto, dei proiettili e delle palle usate nei vari giochi. Questi preconcetti sono in generale incompatibili con le spiegazioni dei fenomeni pertinenti da parte dei fisici. Comunque, come l'ha documentato Jim Minstrel (1992), contengono elementi "corretti" e che servono bene agli studenti nella vita quotidiana. Dir loro che devono cambiare idea perch non sono "vere", pu creare del conformismo, ma non genera comprensione.

Uaccomodamento solitamente non ha luogo finch uno schema produce il risultato atteso o desiderato. Il cambiamento avviene quando uno schema o fallisce o entra in contraddizione con un altro schema efficace. Eppure, anche fisici eminenti non sempre abbandonano una teoria dopo un singolo fallimento. Come ha mostrato Kuhn (1962), la "scienza normale" entro un dato paradigma, continua per un po' di teme indipendentemente dall'apparizione di anomalie che mettono in questione il paradigma. E quindi piuttosto ingenuo aspettarsi che una sola dimostrazione in aula indurr gli studenti ad abbandonare un "errato concetto" che hanno trovato utile nella loro vita quotidiana.

I concetti poco ortodossi degli studenti, come molti errori nei loro tentativi di risolvere i problemi, sono indizi da cui l'insegnante pu inferire aspetti della loro rete concettuale. Ancora pi rilevante ci che dicono quando vien loro richiesto di spiegare il modo in cui concettualizzano una data situazione e quali regole generali o Ieggi" applicano. Se l'insegnante reagisce immediatamente dicendo che le loro idee sono sbagliate e dice loro che cosa viene considerato "giusto", possibile che gli studenti adotteranno il suggerimento, ma difficilmente verr capita la ragione del perch sia considerata

A questo proposito, ripeterei ci che ho scritto nell'introduzione all'edizione speciale di Educational Studies in Mathemathics:

Per sostenere una discussione riflessiva occcorre un'attitudine all'apertura e alla curiosit da parte dell'insegnante, una volont ad "ascoltare lo studente"... uno dei doveri primari dell'insegnante per creare un'atmosfera in aula che non solo permetta, ma anche induca alla conversazione, sia tra studenti e insegnanti che tra studenti soltanto (GLASERSFELD, 1992c, pp. 443-444).

Jack Lochhead, lavorando con studenti universitari del corso di fisica, spesso d loro problemi che non trovano sui libri di testo, ma che dovrebbero essere in grado di affrontare date le conoscenze di fisica che si suppone abbiano gi acquisito. Li lascia lavorare alla lavagna e li incoraggia a spiegare ci che stanno facendo e perch stanno facendo cos. Le relazioni su queste sessioni (v. LOCHHEAD, 1988) sarebbero istruttive per molti insegnanti. Dimostrano non solo come siano spesso non capiti o mal interpretati i concetti e le leggi di fisica, ma anche l'efficacia di scoprire da s, nell'esperienza rivelatrice, che ci che stanno facendo e descrivendo non ha senso. Questi momenti di crisi autogenerata producono molto pi accomodamento concettuale di qualsiasi critica esterna. Sono momenti in cui l'insegnante pu essere di grande aiuto, non mostrando il modo "giusto", ma attirando l'attenzione su un fattore trascurato controproducente nel procedimento usato dallo studente. Insegnare, come dice spesso Gordon Pask (v. 1961, p. 89), dev'essere una forma di conversazione.

Per aiutare, comunque, l'insegnante deve avere idea del tipo di cambiamento concettuale che dovrebbe, ad un particolare momento, costituire un avanzamento per lo studente. Recentemente stato detto molto su "processi a pi alto livello" e sulla "metacognizione", ma il livello della discussione troppo spesso cos teorico che difficile tirare le fila su che cosa fare in pratica. Non si dovrebbero considerare gli insegnanti esperti di filosofia o di semantica, e, ci che serve, quindi, un approccio pratico. Ho ricevuto un saggio l'altro giorno che rende l'idea di ci che, secondo me, un passo in questa direzione: definisce diversi tipi di cambiamenti concettuali e d esempi.

I. Differenziazione, in cui nuovi concetti emergono da altri esistenti, pi generali - per esempio, velocit e accelerazione emergenti dall'idea generica di moto.

L'errore nell'accertamento tradizionale del progresso degli studenti sta nel presupposto che questo progresso debba manifestarsi come una sequenza lineare di nuove competenze, ognuna delle quali pu venir mostrata in un esame nel momento in cui ha luogo. Questo modo di vedere inadeguato, anche quando si devono acquisire competenza nelle abilit sensomotorie, come nel giocare a tennis o sciare. Quasi senza eccezione progressi osservabili o verificabili sono preceduti da piccole fasi di riorganizzazione intema che rimane nascosta a chi osserva. Poi, ad un certo momento, producono un cambiamento percepibile nelle prestazioni. Quando abbiamo a che fare con la comprensione concettuale, dove il modo in cui avvengono cambiamenti una questione di inferenza, questa considerazione molto rilevante. La pratica ha mostrato che ci sono periodi pi o meno lunghi di latenza in cui il cambiamento non del tutto osservabile. In retrospettiva da un punto pi lontano nello sviluppo, comunque, la conclusione che un numero di cambiamenti interni debba aver luogo diventa inevitabile.

Dopo aver ascoltato anni di conversazioni di gruppi di due o tre studenti in aritmetica, Susan Pirie e Toni Kieren (1989) sono stati in grado di formulare un modello teorico dettagliato del cambiamento concettuale. Esso ipotizza un modello ciclico di fasi ben definite che permettono all'insegnante di vedere procedimenti pi o meno generalizzabili in ci che gli studenti fanno e dicono. Come tale, questo modello teorico dovrebbe risultare uno strumento utile per l'organizzazione sistematica delle osservazioni. Dal punto di vista costruttivista, questo dovrebbe essere lo scopo principale di una teoria.

Torna a capo. Il segreto dell'interazione "sociale"


Ci che vediamo gli altri fare e ci che gli sentiamo dire agisce inevitabilmente su ci che facciamo o diciamo. Ancora pi importante, ha riflessi sul nostro pensiero. Se uno prende seriamente l'idea che gli altri che esperiamo sono gli altri che costruiamo, ne segue che ogni volta che si dimostrano incompatibili col modello che abbiamo di loro, ci genera un turbamento nelle idee che usiamo per costruire il modello. Queste idee sono nostre idee, e quando sono disturbate da costrizioni possiamo essere condotti verso un accomodamento. I costruttivisti orientati socialmente parlano di "negoziazione di significato e di conoscenza". Questa un'adeguata descrizione della procedura perch, di regola, prende in considerazione una sequenza di piccoli accomodamenti specifici per stabilire una modica compatibilit.

Insegnanti che prendono il via con la convinzione che c' un corpo fisso di conoscenze che deve essere installato negli studenti, difficilmente vedranno la propria attivit come una forma di negoziazione. Eppure, coloro che hanno un passato di insegnamento efficace e hanno cominciato ad esaminare che cosa l'ha reso efficace, sono sicuramente

lavorare con studenti su problemi di cui non conosce la risposta. In tali occasioni si acquista una gran parte di autorit, non spingendo verso un modo migliore di risolvere il problema, ma usando argomentazioni entro gli orizzonti degli studenti che mostrano perch alcuni dei loro tentativi sono inappropriati e probabilmente senza successo.

Dico ci ora, come in gran parte di questo libro, sulla base di un'esperienza di scuola superiore. Quando giungemmo alla teoria del numero, avevamo come insegnante un vero matematico. La passione con cui cercava di farci vedere perch certe dimostrazioni erano eleganti e altre corrette e tediose, ci fece desiderosi di vedere la distinzione. Un giorno ci disse che aveva passato tutto il suo tempo libero sull-ultimo teorema" di Fermat.

"Sembra cos semplice" disse, "chi lo sa - magari uno di voi pu trovare la soluzione". Passammo il weekend a sudarci sopra, invece di sciare. Durante la lezione seguente guard i nostri tentativi e gentilmente sugger perch pensava fossimo andati verso direzioni improbabili. Da questa esperienza imparammo qualcosa fuori programma, sull'insegnare.

Per riassumere, il costruttivismo radicale pu suggerire agli educatori che l'arte di insegnare ha poco a che fare con il traffico della conoscenza, il suo scopo fondamentale dev'essere di promuovere l'arte di apprendere.

Note
(1) Ciononostante 10 usano come espediente esplicatorio (v. SK~, 1971, p. 107). (2) Gli psicologi di solito parlano di imitazione come un fenomeno comune che non richiede spiegazioni. Eppure, per quel che ne so, non c' modo di spiegare come l'impressione visiva di un'azione possa venir tradotta in un modello motorio. (3) Lo sperimentai come contadino novello in Irlanda, ma credo che lo scenario potrebbe essere lo stesso in diverse parti della Gran Bretagna e in qualunque paese in cui i sentieri sono costeggiati da siepi. (4) Ho usato questo aneddoto all'International Workshop on Physics Learning a Brema (GLASERSFELD, 1992b).

Torna a capo.

BFRKELEY, G. (1706-8) "Philosophical Commentaries" (noti anche come CommonpIace Book) in LUCE, A. A. e JESsop, T. E. (a c.d.) (1950) v. I. BERKELEY, G. (1709) "An essay towards a new theory of vision", in LUCE, A. A. e JFssop, T. E. (a c.d.) (1950) vol. I; tr. it.: Saggio per una nuova teoria della visione, Messina, Giannini, 1982. BERKELEY, G. (1710) "A treatise conceming the principles of human knowledge", in LUCE, A. A. e JFS sop, T. E. (a c.d.) (1950) vol. 11; tr. it.: Trattato sui principi della conoscenza umana, Bari, Laterza, 1984. BERKELEY, G. (1732) "Alcyphron", in LUCE, A. A. e JEssop, T. E. (a c.d.) (1950) vol. III; tr. it.: Alci frone, Torino, Fratelli Bocca, 1932. BERNAL, J. D. (1971) Science in History, Vol. 1-4, Cambridge, Massachusetts, M. I. T. Press (first pu blished, 1954.) BETH, E. W. e PIAGET, J. (196 1) Apistmiologie mathmatique et psychologie, Parigi, Presses Univer sitaires de France. BICKHARD, M. H. e RiCHIE, D. M. (1983) On the Nature of Representation, New York, Praeger BOGDANov, A. (1909) (pseudonimo: N. Vemer) "Nauka i filosofia" (Scienza e filosofia), in cerkifi losofii kollektivisma (Saggi sulla filosofia del collettivismo), St. Petersburg. BowER, T. G. R. (1974) Development in Infancy, San Fmncisco, Freeman e Co. BRIDGMAN, P. W. (1927) The Logic of Modern Physics, New York, Macmillan; tr. it.: La logica della fisica moderna, Torino, Boringhieri, 1965.

CECCATO, S. e ZONTA, B. (1980) Linguaggio, consapevolezza, pensiero, Milano, Feltrinelli. CELLRIER, G., PAPERT, S. e VoyAT, G. (1968) Cyberntique et pistmologie, Parigi, Presses Universitaires de France.

CHOMSKY, N. (1986) Knowledge of Language, New York, Praeger; tr. it.: La conoscenza del linguaggio, Milano, Il Saggiatore. 1989.

CLEMENT, J. (1983) "Students preconceptions in introductory mechanics", American Journal of Physics, 50, 1, pp. 66-71.

CLEMENT, J. (1993) "Using bridging analogies and anchoring intuitions to deal with students' preconceptions in physics", Journal of Research in Science Teaching, 30, 10, pp. 1241-57.

COBB, P. (1989) "Experiential, cognitive, and anthropological perspectives in mathematics education", For the Learning ofMathematics, 9, 2, pp. 32-42.

COBB, P. e BAUERSFELD, H. (in c.d. s.) Emergence of Mathematical Meaning: Interaction in Classroom Cultures, Hillsdale, New Jersey, Lawrence Erlbaum.

COBB, P., W001), T. e YACKEL, E. (1993) "Discourse mathematical thinking, and classroom practice", in FORMAN, E., MINICK, N. e STONE, A. (a c.d.) Contextsfor Learning. Sociocultural Dynamics in Childrens Development, New York, Oxford University Press, pp. 91-119.

CONANT, R. (Ed. 198 1) Mechanisms of Intelligence: Ross Ashbys Writings on Cybernetics, Seaside, California, Intersystems Publications.

FOERSTER, H. VON (1965) "Memory without record", in KIMBLE, D. P. (a c.d.) The Anatomy ofMemory, Palo Alto, California, Science and Behavior Books (Rist. in FoERsTER, 198 1).

FOERSTER, H. VON (1973) "On constructing a reality", in PREISER, F. E. (a c.d.) Environniental Design Research ' Stroudsburg, Dowden, Hutchinson, and Ross (rist. in Foerster, 1981), pp. 35-46: tr. it.: "Sulla costruzione di una realt", in Sistemi che osservano, cfr. infra.

FOERSTER, H. VON (198 1) Observing Systems, Seaside, Califomia, Intersystems Publications; tr. it.: Sistemi che osservano, Roma, Astrolabio, 1987.

FP,ASER, A. C. (a c.d.) (1959) An Essay Concerning Human Understanding by John Locke (Complete and unabridged edition, collated and annotated by A.C. Fraser), New York, Dover.

FREUD, S. (1930) Die Traumdeutung, Lipsia - Vienna, Franz Deuticke, 84 ed.; tr. it.: L'interpretazione dei sogni, Roma, Astrolabio, 1952. GALLup, G. G. (1977) "Self-recognition in primates", American Psychologist, 32, pp. 329-38. GERCEN, K. J. e GERGEN, M. M. (1991) "Toward reflexive methodologies", in STEIER, F. (a c.d.) Research and Reflexivity, Londra, Sage Publications, pp. 76-95.

GLASERFELD, E. VON (1965) "An approach to the semantics of prepositions", in JOSSELSON, H. (a c.d.) Proceedings of the Las Vegas Conference on Computer-related Semantic Analysis, Detroit, Wayne State University; tr. it. "Un approccio alla semantica delle preposizioni" in GLASERFELD, E. VON 1989c, pp. 45-57.

GLASERFELD, E. VON (1974) "Signs, communication, and language", Journal of Human Evolution, 3, pp. 465-474; tr. it. "Segni, comunicazione e linguaggio", in GLASERFELD, E. VON 1989C, PP. 201212.

VON

(198 la) "An attentional model for the conceptual construction of units and number", JournaYor Research in Mathematics Education, 12, 2, (ristampato in STEFFF, et al., 1983), pp. 83-91; tr. it.: "Un modello attenzionale per la costruzione concettuale dell'unit e dei numero", in Methodologia - Pensiero Linguaggio Modelli, n. 2, novembre 1987, Milano, Edizioni Caposile.

GLASERFELD, E.VON (198 1 b) "Feedback, induction, and epistemology", in LASKER, G. E. (a c.d.) Applied Systems and Cybernetics, Vol. 2, New York, Pergamon Press, pp. 712-19.

GLASERFFLD, E. VoN (1981c) "The conception and perception of number", in GEESLIN, W. E. e WAGNFR, 5. (a cA) Models of Mathematical and Cognitive Development, Columbus, Ohio, ERIC, pp. 15-46.

GLAsERFELD, E. VoN (1982) "An interpretation of Piaget's constructivism", Revue Internationale de Philosophie, 36, 4, pp. 612-635.

GLASERFELD, E. VON (1983) "On the concept of interpretation", Poetics, 12, pp. 207-18; tr. it.: "Sul concetto d'interpretazione", in GLAsERFELD, E. VON (1989c), pp. 153-166.

GLASERFELD, E. VON (1984) "An introduetion to radicai constructivism", in WA72LAWICK, P. (1984); tr. it.: "Introduzione al costruttivismo radicale", Ibidem.

GLASERFELD, E. VON (1985) "Reconstructing the concept of knowledge", Archives de Psychologie, 53, pp. 91-101.

GLASERFELD, E. VON e BARTON BURNS, J. (1962) "First draft of an English input procedure", Methodos, 14, 54, pp. 47-79.

GLASERFELD, E. VON e STEFFE, L. P. (1991) "Conceptual models in educational research and practice", Journal of Educational Thought, 25, 2, pp. 91-103.

Go~, E. (1956) -The nature of deference and demeanor", American Anthropologist, 58, pp. 40273; tr. it.: "La natura della deferenza e del contegno" in Il rituale del'interazione, Bologna, Il Mulino, 1988.

GOGUEN, J. (1975) A Junction Between Computer Science and Category Theory (Research Report RC 5243), Yorktown Heights, IBM.

GRUBER, H. E. e VONtCHE, J. J. (a c.d.) (1977) The Essential Piaget, Londra, Routledge and Kegan Paul.

GUTHRIE, W. K. C. (1962) TheEarlierPresocratics andthePythagoreans, Cambridge, Cambridge University Press. GuTHRIE, W. K. C. (197 1) The Sophists, Cambridge, Cambridge University Press. HANSON, N. R. (1958) Patterns of Discovery, Cambridge, The University Press; tr. it: 1 modelli della ricerca scientifica, Milano, Feltrinelli, 1972.

HEISENBERG, W. (1955) Das Naturbild der heutigen Physik, Amburgo, Rowohlt; tr. it.: Natura efisica moderna, Milano, Garzanti, 1957.

HELMHoLTz, H. VON (188111977) Epistemological Writings in HEm, R e SCHLIcK, M., Dordrech, Holland, Reidel (pubbl. orig. 1921).

JOYCE, J. (1939) Finnegans Wake, Londra, Faber and Faber; tr. it., Id., Milano, Mondadori, 1982. KAMIL, C. e JOSEPH, L. L. (1989) Young Children Continue io Reinvent Arithmetic, 2nd Grade Implications of Piagets Theory, New York, Teachers College Press.

KANT, 1. (1781) Kritik der reinen Vernunft, P ed., in Kants Werke, Berlino, Akademieausgabe, Vol. IV, tr. it., Critica della ragion pura, Torino, UTET, 1967.

KANT, I. (1783) Prolegomena zu einer jeden zuknftigen Metaphysik in Kants Werke, Berlino, Akademieausgabe, Vol. IV; tr. it. Prolegomeni a ogni metafisica futura che vorr presentarsi come scienza, Milano, Rusconi, 1995.

KANT, 1. (1785) Grundlegung zar Metaphysik der Sitten, in Kants Werke, Berlino, Akademieausgabe, Vol. IV, pp. 387-463; tr. it. Fondamenti della metafisica dei costumi, Milano, Rusconi, 1982. KAW, 1: (1787) Kritik der reinen VernunA

25

ed., in Kants Werke, Berlino, Akademicausgabe, Vol. III; per la trad. it. cfr. KANT, 1 (1781).

KAM, 1. (1798) Der Streit der Facultaten in Kants Werke, Berlino, Akademieausgabe, Vol. VII, pp. i - 116.

KAW, 1. (1800) Anthropologie in pragmatischer Hinsicht, in Kants Werke, Berlino, Akademieausgabe, Vol. VII, pp. Il 7-333; trad. it. Antropologia pragmatica, Bari, Laterza, 1969.

LocKE, J. (1690) An Essay Concerning Human Understanding, in FRAsER, a.C. (a c.d.) (1959) New York, Dover; tr. it.: Saggio sull'intellIetto umano, Bari, Laterza, 1966.

LORENz, K. (1979) "Kommunikation bei Tieren, in PEISL, A. e MOHLER, A. (a c.d.) Der Mensch und seme Sprache, Vienna, Propylen Verlag, pp. 167-80.

LuCE, A. A. and JFssop, T. E. (a c.d.) (1950) The Works of George Berkeley, Bishop of Cloyne, Vol. IIX, Londra, Nelson.

MATFHEWS, M. R. (1992) "Constructivism and the empiricist legacy", in PEARSALL, M. K. (a c.d.) Scope, Sequence, and Coordination of Secondary School Science, Washington, Tic National Science Teachers Association, pp. 183-196.

MATURANA, H. (1970a) Biology of Cognition (Report #9.0), Urbana, Illinois, BCL, University of Illinois; tr. it. Biologia della cognizione, in MATUPANA, H. e VARELA, E J., 1980

MATURANA, H. (1970b) "Neurophysiology of cognition", in GARVIN, P. L. (a c.d.) Cognition: A Multiple View, New York, Spartan Books, pp. 3-23.

MATURANA, H. (1988) "Reality: Tbc search for objectivity or the quest for a compelling argument", The Irish Journal of Psychology, 9, 1, pp. 25-82. MATURANA, H. e VARELA, F. J. (1980) Autopoiesis and Cognition, Dordrecht/ Boston, Reidel; tr. it.: Autopoiesi e cognizione, Venezia, Marsilio, 1985. MAYR, 0. (1970) The Origin of Feedback Control, Cambridge, Massachusetts, MIT Press. McCuLLocH, W. S. (1970) Embodiments of Mind, Cambridge, Massachusetts, MIT Press (Pubbl. orig., 1965).

PIAGET, J. (1937) La construction du rel chez l'enfant, Neuchatel, Delachaux et Niestl; tr. it., La costruzione del reale nel bambino, Firenze, La Nuova Italia, 1955.

PIAGET, J. (1945) Laformation du symbole chez l'enfant Neuchatel, Delachaux et Niestl; tr. it: Laformazione del simbolo nel bambino, Firenze, La Nuova Italia, 1972.

PIAGET, J. (1952a) The Child's Conception of Number (Trad. di Gattegno e Hodgson), Londra, Rouledge and Kegan Paul (orig. franc., 1941).

PIAGET, J. (1952b), "Jean PiageC in BORGING, E., LANGFELD, H., WEPNER, H. e YERm, R. (a c.d.), A History of Psychology in Biography, v. 4, Worcester, Massachusetts, Ciark University Press, pp. 237-256.

PIAGET, J. (1957) Logic and Psychology (trad. W. Mays), New York, Basic Books; tr. it. Logica e Psicologia, Firenze, La Nuova Italia, 1969.

PIAGET, J. (1965) ttudes sociologiques, Ginevra, Librairie Droz; tr. it. Studi sociologici, Milano, Franco Angeli, 1989. PIAGET, J. (1967a) Biologie et connaissance, Parigi, Gallimard. PIAGET, J. (1967b) Six Psychological Studies, New York, Vintage. (orig. fr.: Six tudes de psychologie, 1964); tr. it.: Lo sviluppo mentale nel bambino e altri saggi di psicologia, Torino, 1967.

PIAGET, J. (1967c) "Le systme et la classification des sciences", in PIAGET, J, (a c.d.) Logique et connaissance scientifique, Parigi, Encyclopdie de la Pliade, Gallimard, pp. 1151-1224. PIAGET, J. (1968) On the Development of Memory and Identity (tr. E. Duckworth), Worcester, Massachusetts, Clarke University Press. PIAGET, J. (1969) The Mechanisms of Perception (tr. Seagrim), New York, Basie Books (orig. fr. 1961). PIAGET, J. (1970a) Genetic Epistemology, New York, Columbia

PLATONE, (ca. 390 a.C.) Politeia (La Repubblica), in BURNETT, J. (a c.d.) Platonis Opera, v. IV, Oxford, E Typographeo Clarendoniano, 1902; tr. ingl. in WARMINGTON, E. H. e ROUSE, P. C. (a c.d.) Great Dialogues of Plato, New York, Mentor, 1956; tr. it. in Opere complete, 9 vv., Bari, Laterza, 19581992.

POINCARt, H. (1952) Science and Hypothesis (trad. W. J. G.), New York, Dover (orig. fr, 1902.); tr. it. La scienza e l'ipotesi, Abano Terme, Piovan, 1989.

POLLACK, R. H. e BRENNER, M. W. (1969) The Experimental Psychology of Alfted Binet, New York, Springer.

POPKIN, R. H. (1979) The History of Scepticism from Erasmus to Spinoza, Berkeley, Califomia, University of California Press; tr. it:. Storia dello scetticismo, Milano, Anabasi, 1995.

POPPER, K. (1968) Conjectures and Refutations: The Growth of Scientifc Knowledge, New York, Harper Torchbooks; tr. it.: Congetture e refutazioni: lo sviluppo della conoscenza scientifica. POWERS, W. T. (1973) Behavior: The Control of Perception, Chicago, Aldine. POWERS, W. T. (1978) "Quantitative analysis of purposive systems: Some spadework at the foundations of scientific psychology", Psychological Review, 85, 5, pp. 417-35.

PRITCHARD, R. M., HERON, W. e HEBB, D. 0. (1960) "Visual perception approached by the method of stabilized mages", Canadian Journal of Psychology, 14, 2, pp. 67-77.

PUTNAM, H. (198 1) Reason, Truth and History, Cambridge, Cambridge University Press; tr. it.: Ragione, verit e storia, Milano, li Saggiatore, 1985.

SAussuRE, F. DE (1922) Cours de linguistique gnerale, Parigi, Payot; tr. ingl.: Course on Generai Lin guistics, New York, Philosophical Library, 1959; tr. it.: Corso di linguistica generale, Bari, Laterza, 1967. SCHOPENHAUER, A. (1819) Die Welt als Wille und Vorstellung, Stoccarda, Cottsche Buchhandiung; tr. it. Il mondo come volont e rappresentazione, Milano, Mondadori, 1989. SECORD, P. F. e PEEVERS, B. H. (1974) "The development and attribution of person concepts", in NU SCHEL, T. (a c.d.) Understanding Other Persons, Oxford, Basil Blackwell. SHANNON, C. E. (1948) "The mathematical theory of communication", Bell Systems Technical Journal, 27, pp. 379-423 and 623-56. SHAw, G. B. (1923) Saint Joan. SIMMEL, G. (1895) '10ber eine Beziehung der Selectionslehre zur Erkermmistliemie", Archivfr syste matische Philosophie, 1, pp. 34-45. SINCLAIR, H. (1990) "Leaming: The interactive recreation of knowledge", in STEFFE, L. P e WOOD, T. (a c.d.) Transforming Childrens Mathematics Education, Hillsdale, New Jersey, Eribaum, pp. 1929. SKINNER, B. F. (1971) Beyond Freedom and Dignity, New York, Bantam Books; tr. it.; Oltre la libert e la dignit, Milano, 1973. SKINNER, B. F. (1977) "Why I am not a cognitive psychologist", Behaviorism, 5, 2, pp. 1-10.

ST'EFFE, L. P., GLASERSFFLD, E. VON, RICHARDS, J. e CoBB, P. (1983) Childrens Counting Schemes: Philosophy, Theory, and Application, New York, Praeger Scientific.

STEFFE, L. P., RICHARDS, J. e GLASERSFELD, E. VON (1978) "Experimental models for the child's acquisition of cotinting and of addition and subtraction", in FuSON, K. e GEESLIN, W. E. (a c.d.) Explorations in the Modeling of the Learning ofMathematics Columbus, Ohio, ERIC/SMEAC Center for Science, Mathematics, and Environmental Education,

pp. 27-44.
STEFFE, L. P., THOMPSON, P. e RICHARDS, J. (1982) "Children's counting in arithmetical problem solving", in CARPENTER, T., MOSER, J. e ROMBERG, T. (a c.d.) Addition and Subtraction: A Cognitive Perspective, Hillsdale, New Jersey, Erlbaum, pp. 211-23.

THORNIDIKE, E. L. (193 1) Human Learning, New York, Century. ToMASELLO, M. (1992)

First Verbs: A Case Study of Early Grammatical Development,

Cambridge, Cambridge University Press. TYMOCZKo, T. (1994) "Humanistic and utilitarian aspects of mathematics", in RoBITAILLE, D. E., WHEELER, D. H. e KIERAN, C. (a c.d.) Selected Lectures From the 7th International Congress on Mathematics Education, Sainte-Foi, Canada, Presses de l'Universit Laval, pp.

327-39.

UEXKCLL, J. VON e KRiszT, G. (1933) Streifzge durch die Umwelten von Tieren und Menschen, Frankfurt am Main, Fischer. VACCARINO, G. (1977) La chimica della mente,

Messina, Carbone. VACCARINO, G. (198 1) Analisi dei significati, Roma, Armando. VACCARINO, G. (1988) Scienza e semantica costruttivista, Milano, CLUP. VAHINGER, H. (1913) Die Philosophie des Als Ob, Berlino, Reuther und Reichard, 23 ed.; trad, it: Lafilosofia del come se, Roma, Ubaldini, 1967.

WHOPP, B. L. (1956) Language, Thought, and Reality, Cambridge, Massachusetts, MIT Press; tr. it.: Linguaggio, pensiero e realt, Torino, Boringhieri 1970.

WIENER, N. (1965) Cybernetics, Cambridge, Massachusetts, MIT Press (111 ed. 1948); tr. it.: La cibernetica, Milano, Bompiani, 1953. Wrr-riNoENsTEIN, L.(1933) Tractatus Logico-philosophicus,

Londra, Kegan-Paul, Trench, Trubner and Co; tr. it.: Milano-Roma, Fratelli Bocca Editori, 1954.

WITTINGENSTEIN, L. (1953) Philosophical Investgations, Oxford, Basil Blackwell; tr. it: Ricerchefilosofiche, Torino, Einaudi, 1967.

WITTINGENSTEIN, L. (1965) The Blue and Brown Books, New York, Harper Torchbooks (pubbl. orig. 1958); r. it.: Libro blu e libro marrone, Torino, Einaudi, 1983.

WITTINGENSTEIN, L. (1969) On Certainty, Oxford, Basil Blackwell; tr. it.: Della certezza, Torino, Einaudi, 1978. W001),

T., CooB, P. e YACKEL, E. (1993) Purdue Problem Centered Mathematics Project: Summary, West Lafayette, Indiana, School of Education, Purdue University. ZAzzo, R. (1979) "Des enfants, des singes et des chiens devant le miroir", Revue de Psychologie Applique, 20,

2, pp. 235-46.
ZINCHENKO, V P. e VERGILES, N. Y (1972) Formation of Visual Images, Speciai Research Report, New York, Consultants Bureau.

144,146, 149, 149 Capenter Ray, 19 Cartesio Ren, 32 , 33,49,108 Ceccato Silvio, 15, 16, 19, 21, 22, 28, 71, 72, 73,74, 80,88, 99, 147, 153 Cellerier Guy, 63 Ceruti Mario, 9 Cherry Colin, 16 Chomsky Noam, 22, 123 Clement John, 162, 163 Cobb Paul, 23, 89, 126, 161, 165 Collingwood Robin, 29 Conant Roger, 131 Confrey Jere, 164 Copemico Nicola, 32, 33 Corwin R., 164 Craik Kenneth, 134 Darwin Charles, 44, 49 Desaultes Jacques, 9, 156 Dewey John, 29, 144 Diels Herman, 51 Dirac Paul, 28 diSessa Andy, 163 DTiver Rosalind, 163 Dublino, 15 Duckworth Eleanor, 20 Duhem Pierre, 47 Dutton Brian, 17 Dykstra Dewey, 165 Einstein Alberi, 132, 145 Eriugena Giovanni Scoto, 32, 41 Emst Paul, 9 Euclide, 23, 143, 149, 150 Exeter, 51 Exner Franz, 5 1 Fireman G., 125 FerTnat Pierre, 167 Feyerabend Paul, 113, 141 Foerster Heinz von, 5, 17, 24, 99, 103, 129 Fowles Jolm, 7 France Anatole, 12 Fraser Alexander, 35, 36 Frege Gottlob, 118 Freud Sigmund, 13, 88 Galilei Galileo, 32, 33, 51

Kant Emanuele, 32, 38, 40,41, 42, 45, 47, 50, 58, 59, 85, 99, 102, 106, 108, 112, 121, 129, 156,157,158 Kaput J.J., 88 Kauffrnan Luois, 131 Kearney Richard, 32, 51 Kelly Georrge, 21 Keplero Giovanni, 32 Kieren Tom, 166 Koheher Wolfang, 18, 103, 147 Kose G., 125 Kriszat Georg, 54 KulmThornas, 141 Lana (scimpanz), 127 Langer Sasanne, 99 Larochelle Marie, 9, 156 Lashley Karl, 18, 103, 147 Lax William, 126 Le Moigne Jean Louis, 9 Lenin VI, 107 Lipsitt L.P., 127 Lochhead Jack, 9, 25, 165 Locke John, 34, 35, 36, 37, 49, 51, 66, 81, 82, 83,91,92,94,96,98,102 Londra, 16 Lorenz Conrad, 44 Luce A.A., 51 Luckmann Thomas, 108 Mach Emst, 46 Maretti Enrico, 28 Marx Kari, 125 Matthew Michael, 51 Maturana Humberto, 100, 102, 104, 113, 118,120,121,129,131,135,162 Maupassant Guy de, 12 Mayr Otto, 132 Mays Wolf, 20 Me Culloch Warren, 17, 131, 137, 138 Me Lellan Jarnes A- 144

Rossi-Landi Ferruccio, 28 Rotenstreich Nathan, 99 Russell Bertrand, 13 Russeli S. J., 164 Sadovsky Viadimir, 107 San Francisco, 23 Sapir Edward, Il 8 Saussure Ferdinand, 47, 49, 115, Schimdt Siegfried, 9 SchopenhauerArthur, 101 Schrodinger Erwin, 51 Secord Paul, 112 Sesto Empirico, 30 Shannon Claude, 122, 130 Shaw George B., 120 Sheehy Ned, 13 Sheldon Williams, 51 Senofane, 30, 31 Simmmel George, 44 Sinclair Hermine, 162 Skinner Fred, 22, 71, 157, 166 Smith Leslie, 99 Smock Charles, 7, 18, 20 Socrate, 158 Somenzi Vittorio, 28 Spencer Herbert, 43, Spencer Brown, 105 Stalin J., 107 Steffe Leslie P., 7, 22, 23, 25, 88, 161, 163 Stein Gertrud, 109 Swanson Rowena, 17 Szeminska Alina, 20 Terzi Paolo, 17, 99 Thompson Patrick, 23 Thomdike E.L., 135 Tomasello Michael, 19, 123 Torricelli Evangelista, 33, 40 Trachtman Paul, 140 Turchin Valentin, 140 Tymoczko Thomas, 142 Uexkull Jakob von, 54 Umpleby Stuart, 140 Vaccarino Giuseppe, 28, 154 Vahinger Hans, 38, 46, 49 Valery Paul, 49, 104 Varela Francisco, 24, 129, 131, 140 Vergiles N.Y, 18, 103, 147

analisi ermeneutica, 131 analisi semantica, 15, 71, 116, 118 animismo, 106 antropologia, 131 apprendimento: meccanismi, 134-135 teoria del apprendimento meccanico apprendimento sensomotorio apprendimento strumentale, 134, 136, 155 aritmetica, 94, 95, 142 metodi d'insegnamento, 161, 165 assimilazione, 60, 62, 63, 91, 136 astrazione, 37, 65, 73, 82, 93 concetti matematici, 142, 145, 146, 149, 150, 151 teoria piagetiana, 66, 67, 90, 92-97, 93, 94 simboli, 89, 95, 96, 97 astrazione empirica, 66, 73 astrazione generalizzante, 83 astrazione riflessiva, 66, 90, 92, 93, 94 astronomia, 27, 33 attenzione, 102-103 mobilit, 18-19 iterativa, 151 autonomia autoreferenza autoregolazione bambini: acquisizione del linguaggio, 92, 106, 123 incentivo, 126, 127 costruzione della realt, 57 formazione dei concetti matematici, 89 ri-presentazione spontanea, 92 sviluppo sensomotorio, 91 tracciato visivo, 78 biologia, 55, 60, 62 91 cambiamento, 74, 75 causalit, 43 cibernetica, 16, 17, 107 apprendimento strumentale, 135-137 autonomia, 129, 130 autoreferenza, 130 autoregolazione, 129, 132 Dichiarazione dell'America Society for Cybemetics, 129 definizione, 130, 131 meccanismi di apprendimento, 135, 136 meccanismi di feedback, 132, 133, 136, 137, 139-140 modelli ipotetici, 139-140 ragionamento induttivo, 135, 136 sviluppo cognitivo, 135 sviluppo tecnologico, 13 1, 132 teoria della gestione e scienza politica, 131 Cocktail Party, effetto, 18 codice, 102, 103, 123 comportamentismo, 22, 69, 71, 81 interazioni linguistiche, 117 ruolo in educazione, 156, 157, 158 comunicazione, 46, 49, 116, 122123 cibernetica, 129 ruolo nell'educazione, 159 computer, 131, 132 consapevolezza, 67,

pluralit, 150 modello attenzionale, 148, 149 permanenza, 54, 67, 70, 75, 77, 110 perturbazione, 62, 63, 64, 103 apprendimento strumentale, 135-136 generalizzazione, 83 interazioni linguistiche, Il meccanismo di feedback, 63, 133 Piaget, teoria di, v. sviluppo cognitivo; costruzie ne della realt; epistemologia genetica pluralit, 141, 147, 148, 149, 150, 151 pragmatismo, 47 pre-socratici, 3 1 ~32, 49, 94 primatologia, 19 progetto Purdue, 160 proto-spazio, 59, 79-80 proto-tempo, 59, 79-80 psicologia, 18 comportamentismo, 22, 69, 71, 82 qualit primarie, 36, 37 qualit secondarie, 36, 37 quanti, teoria dei, 33, 130 ragione, 29, 31, 32, 39, 41, 42, 43 rappresentazione, 78, 79, 102 realismo, 30, 99, 108, 131 realt, 42, 43, 104, 105 intersoggettiva, 106, 107, 108 oggettiva, 42, 44 representation, 85 reazioni circolari, 127 relativit, 15, 26, 132 regressione infinita, 91 riconoscimento, 86 interazioni linguistiche, 117 numeri, 145, 146 simboli, 89, 152 riflessione, 35, 72, 81-84, 91, 93, 94, 95 ruolo in educazione, 63 riflesso, 39, 55, 91 rinforzo, 158, 159 ri-presentazione, 57, 58, 76, 79, 82, 83, 84 esperienze pregresse, 85 forma e contenuto, 91 interazioni linguistiche, 117, 118, 119 significato figurativo, 88, 90 significati operativi, 88 simboli, 91, 95 risposta- stmolo, 59 rivelazione, 32 Sapir Whorf, ipotesi, 12 scatole nere, 46, 51 schema, 70 schemi, teoria degli, 55, 61, 62, 64, 68, 127 schemi operativi, 65, 66, 67 scetticismo, 31, 34, 36, 37, 49, 103 scienza v. anche astronomia, biologia, filosofia della scienza, fisica metodo della, 104, 105 obiettivi educativi, 154 teconologia, 41 scimpanz, 19, 127 s concetto di ambiente e, 109 immagini riflesse, 109 indizi sensoriali, Il 0- 111 s percepito, 107 s sociale, 110, 111- 112 segnale, 87, 117 selezione naturale v. epistemologia evolutiva sensazione v. anche percezione, 36, 103 semantica, 71, 115, 116, 117 significati figerativi, 65, 84, 88, 91, 92 significato, 119, 120, 122 soggettivit, 125 viabilit, 125, 126 simboli, 71, 89, 128, 152 informazione codificata, 103 matematica, 97 sintassi soggettivit, 11, 67 sofisti, 31 sogni, 88, 111 solipsismo, 11, 42, 101 spazio, 79, 80 stessit, 58, 59, 75 strumentalismo, 27 sviluppo cognitivo, 24, 53, 57 equilibrio, 64 teoria delle fasi, 67 stimolo-risposta, 55, 61, 68, 155, 156, 157 interazioni linguistiche, 117 tecnologia, 131 teologia, 32 teologia apofatica o negativa, 31 tempo, 49, 80 teoria della gestione, 131 teoria delle fasi, 6 traduzioni, 16, 71, 75 tracciato visivo, 77 trasformazione logica, 75 unit, 141 contare, modello attenzionale, 147, 148 conoscenza e percezione, 144, 147 US Air Force, 17 verit, 63, 104, 107 viabilit, 61, 62, 66, 104, 105, 106 cognitiva, 21, 27, 45, 58, 64, 65, 104-105 comunicazione linguistica, 125 conferma tramite altri, 112-113 Vorstelllung, 41, 50, 85, 121 Yerkesh Primate Research Center, 19 zona di prossimo sviluppo, 165

Propriet letteraria riservata @ 3S - Societ Stampa Sportiva Via G. Guinizelli, 56 - 00152 Roma ccp. N. 620013

Potrebbero piacerti anche