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Franco, La razionalit esegetica nellorizzonte della fede - 1

Ettore FRANCO

La razionalit esegetica nellorizzonte della fede.


Esegesi scientifica ed esegesi teologica in Mons. V. Fusco, credente, biblista e pastore.

I. La razionalit esegetica nellorizzonte della fede e unespressione di Mons. Fusco1. Cos egli, nel febbraio 1994, in un convegno a Padova, dopo la pubblicazione del documento della PCB Linterpretazione della Bibbia nella Chiesa (nov. 93), riassumendo il suo itinerario e quasi delineando il suo profilo di biblista, auspicava ununit pi profonda tra il lavoro esegetico e la fede. Lespressione di Mons. Fusco si pone in continuit con lidea di Pierre Grelot che, in un ripensamento di tutto il trattato dellermeneutica biblica, prendendo le distanze dal carattere carismatico della lettura spirituale secondo p. H. de Lubac, sottolineava che anche lesegesi spirituale non pu fare a meno di regole ... dettate dallesercizio della ragione teologica metodicamente applicata allintelligenza della fede2. Nel nov. 2007, in un convegno organizzato dallABI e dallUfficio Catechistico Nazionale in vista del Sinodo sulla Parola, Luca Mazzinghi cos inquadrava la citazione dellespressione di Mons. Fusco:
I criteri ermeneutici di Dei Verbum 12 non sono una gabbia che rinchiude i metodi scientifici asservendoli alla teologia, ma piuttosto la necessaria immunizzazione dellesegesi scientifica contro i limiti che ogni metodo inevitabilmente contiene in se stesso. Non si tratta pi di creare accanto allesegesi scientifica unaltra esegesi che sarebbe teologica senza essere storica; si tratta piuttosto di esercitare la razionalit esegetica nellordine [sic!] della fede 3

Mons. Fusco aveva affrontato il complesso problema del rapporto tra esegesi, intesa come ricerca del senso originario dei testi, ed ermeneutica, intesa come ricerca del loro significato oggi per noi4, ripercorrendo la tappa dellinarrestabile affermazione del metodo storico fino al Vaticano II e quella successiva in cui rimesso in questione, ridimensionato, sostituito o per lo meno affiancato da tutta una serie di altri metodi5. Lequilibrio critico e la precisione con cui ci fa seguire lo sviluppo storico del problema emergono nella precisazione sullimprescindibilit e insieme sullinsufficienza del metodo storico ribadita dal documento della PCB del 93:
Le ragioni di questa insufficienza infatti non vengono individuate soltanto (come nella Dei Verbum e in tutto linsegnamento precedente), nella costitutiva inadeguatezza di qualsiasi sforzo puramente razionale ed umano di V. FUSCO, Un secolo di metodo storico nellesegesi cattolica (1893-1993), in G. SEGALLA (ed.), Cento anni di studi biblici (1893-1993). Linterpretazione della Bibbia nella Chiesa. Convegno di studio: Padova 17-18 febbraio 1994, 37-94, qui 93 = Studia Patavina 41 (1994) 341-398, qui 397; poi in V. FUSCO, Euanghelion.Discussioni neotestamentarie, a cura di G. Ancona (Quaderni della rivista di Scienze Religiose 3), Ed. Vivere In, Roma Monopoli 2005, 381-444, qui 444 (si fa riferimento a questa edizione nelle citazioni successive). 2 V. FUSCO, Henri de Lubac e lunit dei due Testamenti. Domande alla teologia biblica, in E. FRANCO (ed.), La teologia biblica. Natura e prospettive. In dialogo con G. Segalla (saggi 27), A.V.E., Roma 1989, 57-66, qui 65; poi in V. FUSCO, Euanghelion, cit., 373-380, qui 380. In questa raccolta di studi, significativamente i due saggi sono nella parte IV che ha come titolo Esegesi storica ed ermeneutica teologica (371). Interessante la reazione di p. Jacques Dupont che cos scriveva il 28.12.1989 in una lettera a don Fusco e al sottoscritto: Mi sono chiesto se non sarebbe stato proficuo di tener conto del cambiamento nel modo di capire la parole teologia quando (verso il XII sec.?) si voluto farne una scienza (razionale). In ogni modo, la teologia fondata su una rivelazione fatta nella storia; la sua unit interna non pu essere scoperta se non dalla fede. Sacrificare la molteplicit allunit sarebbe correre il rischio del monofisismo biblico, pericolo non illusorio nel passato, ma dal quale il progresso teologico (o dogmatico) deve preservarsi oggi .... 3 L. MAZZINGHI, Parola di Dio e vita della Chiesa, in Rivista Biblica 55 (2007), 401-429, qui 410. 4 V. FUSCO, Un secolo di metodo storico, cit., 383. 5 Ivi, 383
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comprendere le Scritture prescindendo dalla fede, dalla Tradizione, dallesperienza vissuta della chiesa, ma anche in una serie di carenze del metodo storico stesso.6

E concludendo la prima fase, quella della ricezione cattolica del metodo storico. scrive:
proprio la dinamica della Tradizione, la prospettiva della fede ad impedire alla comunit di parlare di Ges senza guardare alla propria vita, ma anche della propria vita senza guardare a Ges.7

e, smascherando ipotesi e congetture che spingono al di l del testo, afferma:


Ancora una volta, queste polarizzazioni sembrano riflettere unincapacit di tenere insieme, a livello ermeneutico e teologico, passato e presente, evento e significato, storia e verit8.

E infine, concludendo una rassegna critica con abbondante potatura dei nuovi metodi:
quelli che dovrebbero affiancarsi al metodo storico, secondo il documento della PCB, restano sostanzialmente due: (a) le analisi di tipo sincronico, miranti a scrutare pi a fondo il testo in se stesso; (b) gli approcci basati sulla Tradizione, che considerano il testo alla luce di ci che ne scaturito nel corso della storia, a cominciare dal suo inserimento nel canone (approccio canonico), e poi tutte le letture che ha ricevuto (ricezione, storia degli effetti). Sono gli stessi indicati dal card. Ratzinger (la Bibbia come sta e come stata letta nella chiesa), e a suo tempo da Rosenzweig: comprendere il testo nel senso della redazione conclusiva e non nel senso delle fonti da sceverare per cos dire una per una, comprendere il testo attraverso gli effetti che ha suscitato 9

Rispetto al rischio frantumazione Fusco delinea la nuova fase con un ritorno allideale classico dellunit dellesegesi10. Certo, i metodi devono continuamente rinnovarsi, ma solo costruendo sulle basi gi acquisite, approfondendo pazientemente il solco gi tracciato. Questa integrazione pu e deve avvenire entro lambito del metodo storico-filologico11. E in questa prospettiva propone sette capisaldi metodologici essenziali:
1. Riequilibrio del rapporto fra analisi sincronica e analisi diacronica; 2. Riscoperta del testo come struttura; 3. Importanza della narratologia; 4. Punto di vista e lettore implicito; 5. L'importanza dei modelli tradizionali; 6. Storia degli effetti; 7. Inesauribilit dellinterpretazione 12.

E quasi riassumendo il suo itinerario e tracciando il suo profilo:


Sollecitati dalla crescente richiesta di unesegesi autenticamente cristiana, pi teologica, pi spirituale, pi pastorale, aspiriamo a ritrovare ununit ancora pi profonda, non solo allinterno del lavoro esegetico ma anche tra il lavoro esegetico stesso e la fede. [] Senza negare la necessit di tutto un lavoro pi specifico, del resto gi in atto da tempo da parte di molti esegeti, va ribadito che in ultima analisi luomo spirituale che rende spirituale lesegesi, anche la pi rigorosa e a prima vista puramente filologica, cos come la rende teologica il lettore che ha mentalit teologica, e pastorale quello che ha sensibilit pastorale. Quando cos non , resta inutile anche il commento pi spirituale, la rilettura pi vivace e attualizzante. Il problema non quello di creare accanto allesegesi scientifica, al di fuori di essa quasi ragione e fede si escludessero a vicenda altri tipi di esegesi, aggiungendo a unesegesi storica, che non sarebbe teologica, qualche altra specie di esegesi che invece sarebbe teologica senza essere storica; il problema piuttosto quello di esercitare la razionalit esegetica nellorizzonte della fede13.

A dieci anni dalla scomparsa di Mons. Fusco, il suo modo di coniugare insieme esegesi scientifica ed ermeneutica teologica quanto mai attuale e la sua proposta metodologica sembra indicare un cammino sicuro per colmare quel fossato da pi parti deprecato tra esegesi scientifica e vita della chiesa. Il 23 aprile scorso rivolgendosi ai membri della PCB, Benedetto XVI ha detto:
Lesegeta cattolico non si sente soltanto membro della comunit scientifica, ma anche e soprattutto membro della comunit dei credenti di tutti i tempi

Ivi, 385-386. Ivi, 414-415. 8 Ivi, 420. 9 Ivi, 427. 10 Ivi, 429. 11 V. FUSCO, Gli studi biblici e il loro metodo, in G. LORIZIO - N. GALANTINO (edd.), Metodologia teologica. Avviamento allo studio e alla ricerca pluridisciplinare (Universo teologia 28), San Paolo, Cinisello Balsamo 1994, 165-221, qui 169 e 170. 12 Ivi, 172-175. Cf anche Un secolo di metodo storico, cit., 429-442 13 V. FUSCO, Un secolo di metodo storico, cit., 443-444.
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perch
soltanto il contesto ecclesiale permette alla Sacra Scrittura di essere compresa come autentica Parola di Dio 14.

noto lintervento del Papa allultimo Sinodo dei vescovi su La Parola di Dio nella vita e nella missione della chiesa la mattina di marted 14 ottobre 2008 in cui sottolinea la necessit di tenere insieme i due livelli in unesegesi teologica: quello storico-critico e quello dellermeneutica della fede. Quando manca questo secondo livello, la Bibbia diventa un documento del passato, [...] lesegesi non pi teologica con la conseguenza di un profondo fossato tra esegesi scientifica e Lectio divina15. Le preoccupazioni e precisazioni del Papa sono riprese nelle Proposizioni 25-28 del Sinodo, in particolare il discorso di Benedetto XVI citato nella proposizione 25:
Solo dove i due livelli metodologici, quello storico-critico e quello teologico, sono osservati, si pu parlare di unesegesi adeguata a questo libro

e nella proposizione 27:


Dove lesegesi non teologica, la Scrittura non pu essere lanima della teologia e, viceversa, dove la teologia non essenzialmente interpretazione della Scrittura nella Chiesa, questa teologia non ha pi fondamento 16.

Il dibattito quindi sarebbe concluso e la strada per la ricomposizione dellesegesi scientifica con la vita della chiesa autorevolmente precisata, proprio nel solco di quella tradizione in cui si era collocato Mons. Fusco. Ma il cammino non sar facile. E mentre aspettiamo dal Papa il Documento postsinodale, tracciando la storia del PIB, che il 7 maggio scorso ha compiuto 100 anni, tra i problemi che non mancheranno a farsi sentire scrive p. Maurice Gilbert
il principale riguarda il sospetto che, da una trentina danni, mette in discussione lesegesi scientifica. Ritenuta sempre pi inaccessibile, accusata di essersi staccata dalla tradizione antica e di essere essa stessa storica, nel senso che, legata al suo tempo, ha fatto il suo corso, lesegesi storico-critica, integrata anche da altri metodi pi recenti, ha ancora tuttavia delle carte da giocare17.

Era questa la convinzione di Mons. Fusco, che come credente, biblista e pastore ha integrato, nella sua esperienza di fede, di insegnamento e di ministero, esegesi scientifica ed ermeneutica teologica al servizio della Parola nella vita della chiesa18. Ultimo frutto maturo di questo servizio il libro La sete e la sorgente che raccoglie gli incontri di avviamento alla lectio divina tenuti nellAvvento del 96 nella concattedrale di Gallipoli e nella Quaresima 97 in questa cattedrale e che finalmente tra le nostre mani. Non mia intenzione fermarmi sullermeneutica teologica di questo testo, perch, come ascoltatori delle omelie e delle lectiones di Mons. Fusco, ne siamo gi da tempo consapevoli e perch ogni lettore potr, con laiuto di questo libro, dissetarsi alla sorgente inesauribile della Parola. Non voglio neanche riproporre brevemente ci che degli scritti di Mons. Fusco rimane imprescindibile per ogni esegeta che si accosti allo studio delle parabole, dei sinottici e della ricerca storica su Ges. Lo abbiamo gi fatto cinque anni fa insieme al card. C.M. Martini19.

Osservatore Romano 24.04.2009; cf http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/speeches/2009/april/documents/hf_ben-xvi_spe_20090423_pcb_it.html [ultimo accesso 15.06.09]. 15 il Regno documenti 19 (1044), 2008, 592; http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/speeches/2009/april/documents/hf_ben-xvi_spe_20090423_pcb_it.html [ultimo accesso 15.06.09]. 16 Bollettino Synodus episcoporum n. 37, 25.10.2008; http://www.vatican.va/news_services/press/sinodo/documents/bollettino_22_xii-ordinaria-2008/01_italiano/b37_01.html [ultimo accesso 15.06.09] cf il Regno documenti 19 (1044), 2008, 643-656, qui 649 e 650. 17 M. GILBERT, S.J., Il Pontificio Istituto Biblico. Cento anni di storia (1909-2009), PIB, Roma 2009, 304. 18 Cf V. FUSCO, Bibbia e pastorale nel cap. VI della Dei Verbum, in P. VANZAN (ed.), La teologia pastorale. Natura e statuto scientifico. In dialogo con Mario Midali (saggi 30), A.V.E., Roma 1993, 177-195. 19 Cf C.M. MARTINI, Cristianesimo delle origini Cristianesimo oggi e Omelia, in M. TARTAGLIA (ed.), In ricordo di Vittorio Fusco biblista e pastore. Atti del Convegno di Studio in memoria di Vittorio Fusco 22 settembre 2004 (Quaderni dellI.S.R.S.R. Vittorio Fusco 1), Arcidiocesi di Campobasso, Campobasso 2005, 21-28 e 29-31; E. FRANCO, Il contributo scientifico di Mons. Vittorio Fusco alla ricerca biblica contemporanea, ivi, 13-20.

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II. Vorrei invece, nella seconda parte di questo mio intervento, condurvi a fare una passeggiata con la guida di Mons. Fusco tra le righe di un testo degli Atti degli Apostoli (At 20,18-35), che ascoltiamo nella liturgia il marted e mercoled della VII settimana di Pasqua, cio nella settimana tra lAscensione e Pentecoste, il discorso di addio di Paolo agli anziani della chiesa di Efeso. Riletto, 26 anni dopo, questo studio20 conserva tutta la sua attualit non solo perch si muove in quella prospettiva che vuole colmare il fossato tra esegesi scientifica e vita della chiesa, ma anche e soprattutto perch rivela una responsabilit apostolica, quella che dovrebbe stare a cuore a ciascuno di noi, specialmente in questi giorni a conclusione dellanno paolino e allinizio dellanno sacerdotale. Si tratta infatti del futuro della chiesa nella svolta segnata dalla successione, cio dal momento in cui Paolo si congeda consegnando agli anziani della comunit, cio ai presbiteri, la responsabilit di continuare a guidare il gregge di Dio seguendo il suo esempio come egli ha cercato di seguire quello di Ges. La saggia guida di Mons. Fusco ci introduce attraverso sette porte e ci accompagna mentre ci inoltriamo nella grande ricchezza di aspetti dottrinali, spirituali e pastorali21 per approfondirne uno, quello della successione apostolica, in un testo che ha un senso performativo e non solo informativo, che tende cio a trasformare la nostra vita e non solo a informarci teoricamente su una questione dottrinale. La prima porta si apre e ci permette di entrare dopo che, formulata la nostra domanda: (c nel testo lucano lidea di successione apostolica?)22, il testo stesso ci costringe a precisarla perch la ricerca sia pertinente sul piano esegetico e su quello ermeneutico. Il testo, cio, per rispondere alla nostra questione, richiede a sua volta che siano precisati gli elementi essenziali della successione: quello personale (chi succede a chi?), quello reale (che cosa viene tramandato? Compito, autorit e grazia) e quello formale (come viene trasmesso? Non solo attraverso una successione di fatto, ma attraverso uninvestitura da parte di coloro che a loro volta erano stati inviati con tale autorit e quindi una successione in via di diritto, che nella tradizione cattolica costituisce la catena ininterrotta dagli apostoli fino ad oggi)23. Inoltrandoci nel testo, attrezzati dopo la prima tappa, si presenta una seconda porta con una nuova domanda: come ricercare il principio successione in unopera narrativa che non ha affermazioni di principio? E ci rendiamo conto, condotti da una lettura attenta, che il racconto di Lc-At mostra delle preoccupazioni ecclesiologiche essenziali non solo del passato ma anche per il presente; queste sono: lunit della chiesa nello spazio, la tradizione, come collegamento di continuit nel tempo, e lautorit che, con stile semplice e fraterno, assicura lunit nello spazio e la fedelt nel trascorrere del tempo. nel racconto stesso che emerge la domanda: in che modo potr la chiesa continuare ad essere apostolica dopo la scomparsa degli apostoli?24. Che il problema emerga pi esplicitamente in alcuni punti del racconto, rivela una strategia narrativa che coinvolge il lettore nella ricerca di senso che riguarda la vita sua nella chiesa. Compiuta questa seconda tappa, si schiude, attraversando la terza porta, il cammino della Parola e della chiesa negli Atti. Come sappiamo, nella prima parte prevale il graduale aprirsi della chiesa ai pagani, ma dopo lassemblea di Gerusalemme (At 15,1-35), sancita questa apertura, si sviluppa il ministero di Paolo nel bacino dellEgeo (At 15,36-19,10). In At 19,20 un ritornello (Cos la parola del Signore cresceva con vigore e si rafforzava), caratteristico della prima parte (cf At 6,7; 8,4; 9,31; 12,24), un segnale di conclusione, preparata gi in 19,10 col la nota sul ministero di Paolo a Efeso: Questo dur per due anni, e cos tutti gli abitanti della provincia dellAsia, Giudei e Greci, poterono
V. FUSCO, Lidea di successione nel discorso di Mileto (Atti 20,18-35), in S. MURATORE A. ROLLA (edd.), Una Hostia. Studi in onore del card. C. Ursi (Collana di studi della Pont. FAc. Teol. dellItalia Meridionale 1), DAuria, Napoli 1983, 87-142; poi in V. FUSCO, Da Paolo a Luca (Studi biblici 139), vol. 2, Paideia, Brescia 2003, 523-583 da cui citiamo. 21 Ivi, 523 rimandando a J. Dupont, Il testamento pastorale di San Paolo. Il discorso di Mileto (Atti 20,18-36), Paoline, Roma 21980. 22 Ivi, 523-529: il problema. Un confronto critico con le posizioni di autori diversi cattolici e protestanti permette non solo di mettere a punto lo status quaestionis, ma di precisare il percorso su cui muoversi rispettando il testo nella sua unicit storica e letteraria, senza proiettare sul testo le nostre precomprensioni o preoccupazioni. 23 Ivi, 529-533: elementi essenziali della successione apostolica. 24 Ivi, 536.
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ascoltare la Parola del Signore. Il versetto seguente (At 19,21) segna di fatto una svolta: Dopo questi fatti (lett. allorch furono compiute queste cose, il greco solenne hos de eplerothe tauta) Paolo decise nello Spirito di attraversare la Macedonia e lAcaia e di recarsi a Gerusalemme, dicendo: Dopo essere stato l, devo (lett. necessario, in greco dei) vedere anche Roma. La svolta si inscrive nel piano di Dio (cf il dei) e richiama il momento in cui nel vangelo Ges intraprende il viaggio verso Gerusalemme (Lc 9,51). Tutto il racconto successivo degli Atti orientato dalla duplice meta: Gerusalemme e Roma. Dopo la svolta, che ha un preciso riscontro in Rm 15,14-32, Paolo si congeda dalle sue comunit (At 19,21-20,38), poi, arrivato a Gerusalemme, viene imprigionato e processato (At 21-26) e infine lultimo viaggio nonostante il naufragio lo conduce a Roma (At 27-28). I termini di esortazione (parakal) e di saluto (aspazomai) che caratterizzano il congedo di Paolo dalle sue comunit sono come dei preludi narrativi allampio discorso di addio25, culmine di tutto il racconto come testamento pastorale di Paolo ai ministri di tutte le chiese da lui fondate. Il confronto con la breve notizia sullistituzione degli anziani nelle comunit paoline in At 14,21-23 rivela la funzione anticipatrice di questo brano rispetto al discorso di addio agli anziani di Efeso: si tratta anche qui di un addio definitivo; per perseverare nella fede senza Paolo, i credenti hanno bisogno di una guida; questa sar il collegio degli anziani, istituito in ogni comunit.26. La perseveranza dei cristiani nella fede legata al ministero dei presbiteri. Quale responsabilit! La terza tappa quindi permette di situare il discorso di addio di Paolo nellintero racconto degli Atti.. Se allarghiamo lo sguardo allintera opera lucana (Vangelo e Atti) una quarta porta si apre quando scopriamo un innegabile parallelismo tra il discorso di addio di Paolo (At 20,18-35) e quello di Ges (Lc 22,21-38) che commenta lultima cena quasi come momento di istituzione del ministero dei dodici27. Richiami evidenti sono: limminente dipartita (Lc 22,16.18.22 e At 20,25), lo sguardo al passato come tempo di prove (peirasmoi Lc 22,28 e At 20,18s), la svolta fra lepoca precedente e quella che comincia adesso (nyn Lc 22,35s e At 20,22.25.32), difficolt future e compito di Pietro da una parte ed eresie future e compito di vigilare degli anziani dallaltra (Lc 22,31s e At 20,29-31), esemplarit di Ges nellautorit come servizio ed esemplarit pastorale di Paolo (Lc 22,24-27 e At 20,18-21.27.31b.33-35), la promessa delleredit escatologica (Lc 22,29 e At 20,32) con il richiamo alla morte cruenta di Ges come fondamento della comunit salvifica (At 20,28). Il parallelismo tra la funzione complessiva dei due discorsi conferma la funzione testamentaria del discorso di Mileto e limportanza che assume in esso lidea di successione28. Le parole pronunciate dal Risorto in Lc 24,44-49 e At 1,4-8 ampliano ulteriormente la visione: sottolineando il ruolo di testimoni affidato ai Dodici da Ges nel momento in cui pone termine alla sua presenza visibile. La stessa preoccupazione accomuna quindi le due svolte: quella del passaggio dalla presenza visibile di Ges allepoca della testimonianza degli apostoli e quella del passaggio alla generazione sub-apostolica con la conseguenza del profondo interesse di Luca al problema della successione29. Superata la quarta tappa, giungiamo alla quinta porta. Questa si apre sul mondo della Bibbia ebraica, della letteratura giudaica e del cristianesimo antico e ci permette di allargare ancora lo sguardo su numerosi esempi di discorsi di addio30. Elementi essenziali di questo genere letterario, che ritroviamo nel discorso di Mileto, sono: (a) accenno alla prossima dipartita (cf At 20,22.24.25), (b) sguardo al passato (cf At 20,18-21.31b.33-35), (c)sguardo profetico al futuro (cf At 20,29-30), (d) esortazione parenetica (cf At 20,28.31b.33-35), (e) dichiarazione di innocenza (cf At 20,26), (f) benedizione o preghiera per i discendenti o successori (cf At 20,32). Facendo attenzione alle situazioni
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Ivi, 543. Ivi, 544-548. 27 Ivi, 549. 28 Ivi, 550. 29 Ivi, 550-551. 30 NellAT: Gen 47,29-49,33 (Giacobbe), praticamente tutto il Dt soprattutto la parte finale (Mos), Gs 23 (Giosu), 1Sam 12,1-15 (Samuele), 1Re 2,1-9 e 1Cr 28-29 (Davide), Tb 14,3-11 (Tobia), 1Mac 2.49-70 (Mattatia); nella letteratura giudaica: i progenitori ai figli nella Vita di Adamo ed Eva, i capostipiti alle rispettive trib nei Testamenti dei Dodici Patriarchi, Mos (cap. 19), Giosu (capp. 21 e 23-24), Samuele (cap. 37), ma anche Kenas e Finees (cap. 28) e Debora (cap. 33) nelle Antiquitates Biblicae dello Pseudo-Filone; Mos a Giosu rielaborando Dt 31 nellAssunzione di Mos; anche IV Esdra,Baruc Siriaco, Enoc slavo ed etiopico. Nel NT: 2Tm; Gv 13-17; Lc 22,14-38; 24,44-49; At 1,4-8 (ivi, 551552).

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in cui sono collocati, ci rendiamo conto che nel modo di impostare questi discorsi in gioco uninterpretazione teologica della storia dIsraele spesso con una problematica di successione31.
Nel momento in cui viene meno un grande protagonista della storia della salvezza, mentre per questa storia continua ancora, si avverte come un vuoto, e viene spontaneo sottolineare che esso sar colmato mediante altre persone attraverso le quali Dio continuer a realizzare la sua opera salvifica 32.

Con il bagaglio di competenze acquisite nelle tappe precedenti, possiamo varcare la sesta porta per riascoltare il discorso di Mileto e cogliere nellarticolazione formale e contenutistica il rapporto che lega i tre elementi decisivi: i riferimenti retrospettivi al ministero di Paolo, le previsioni per il futuro, gli imperativi rivolti ai presbiteri33. Individuate le unit minori nella loro articolazione (At 20,18b-21. 22-24. 25-27. 25-28. 29-31. 32. 33-35), scopriamo che i vv. 25-28 si presentano come nodo centrale del discorso, in cui si chiarisce lintreccio tra i vari temi34. Dal punto di vista dei protagonisti, il richiamo continuo del passato anche nella parte rivolta al futuro, sta a sottolineare che, cessato il ministero di Paolo, resta anche per il futuro la sua esemplarit: la pastoralit di Paolo diventa paradigmatica per i presbiteri35. Se guardiamo attentamente larticolazione secondo i tempi, la contrapposizione essenziale una sola, tra lepoca di Paolo e lepoca successiva, vale a dire tra quello che descritto come passato e quello che letterariamente descritto come futuro (anche se nella realt dellautore e dei suoi lettori gi in atto!)36. Non si possono quindi legare i diversi temi a determinate parti del discorso. Lintreccio profondo fra i tre elementi fondamentali retrospettiva sul ministero di Paolo, preannunzio del futuro, compiti dei presbiteri soggiace allintero discorso come unico tema, non come una pluralit di temi giustapposti; lunica articolazione ravvisabile quella della sua progressiva esplicitazione37. Lascolto attento del brano, secondo la struttura individuata, permette di concludere che lidea di successione soggiace allintero discorso38. A questo punto la nostra guida attraverso la settima porta ci fa entrare nel cuore del testo che risponde alla nostra ricerca dischiudendo gli elementi essenziali e caratteristici dellidea di successione. I presbiteri devono continuare il ministero di Paolo come responsabili della vita della comunit. La loro responsabilit subentra quando cessa quella di Paolo, la cui esemplarit pastorale permane nei loro confronti39. La grande ricchezza terminologica (predicare, istruire, testimoniare, annunciare, ammonire At 20,20-21.24.25.27.31) sottolinea che questa continuit da Paolo agli anziani riguarda lintegrit dottrinale40 cui connesso laspetto salvifico41:
Il compito precipuo di Paolo consistito nel proclamare integralmente questo evangelo di salvezza; il compito precipuo dei presbiteri sar quello di vigilare perch la chiesa le resti sempre fedele42.

Questa autorit dottrinale, simile anche se non identica a quella di Paolo stesso, di tipo istituzionale, legata cio allufficio in quanto tale43. Questo ufficio assunto per volont dellapostolo e questo passaggio voluto da Dio stesso. Attraverso le parole testamentarie di Paolo, come nei discorsi di addio, si esprime autorevolmente uninterpretazione teologica della situazione storica, si manifesta il disegno di Dio che assicura la fedelt alla tradizione apostolica attraverso la vigilanza dei presbiteri44. Non fuori luogo parlare di ius divinum non nel senso pi tecnico, ma in quanto il testo presenta come voluto da Dio il passaggio di responsabilit e di autorit da Paolo ai presbiteri. Non
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Ivi, 553-554. Ivi, 554. 33 Ivi, 555. 34Ivi, 557. 35Ivi, 559 la sottolineatura nel testo! 36 Ivi, 560-561. 37 Ivi, 561, la sottolineatura nel testo. 38 Ivi, 562. 39 Ivi, 563. 40 Ivi, 564-565. 41Ivi, 565-566. 42 Ivi, 566. 43 Ivi, 566-567. 44 Ivi, 567.

E. Franco, La razionalit esegetica nellorizzonte della fede - 7

casuale che, oltre al parallelismo strutturale tra il discorso di addio di Paolo e quello di Ges, alla fine del discorso (At 20,33-35) dietro lesemplarit di Paolo compaia quella di Ges. Anche lespressione lo Spirito santo vi ha posti ...(nuova CEI costituiti) (At 20,28) sottolinea allora la responsabilit dei ministri in prospettiva storico-salvifica spostando laccento dalla designazione di Dio dei singoli ministri (cf 1Tm 4,14) che resta il presupposto per questa menzione dello Spirito santo alliniziativa di Dio nellassicurare questo nuovo soggetto collettivo di responsabilit pastorale45. Cos la formula conclusiva e ora vi affido al Signore e alla parola della sua grazia, come tratto tipico dei discorsi di addio, non esclude, ma presuppone la successione. Non a caso, le espressioni usate in questa preghiera evocano direttamente la realt affidata alla cura dei presbiteri46 incoraggiandoli con la potenza divina racchiusa nella fragilit della parola. Alla fine del percorso, certo non facile, si soddisfatti del modo con cui siamo stati condotti a sciogliere un nodo ermeneutico non secondario per la nostra vita di credenti. La successione la risposta inscritta nellarticolazione e nel contenuto del discorso al problema posto dal vuoto creato dalla scomparsa di Paolo e di tutta la generazione apostolica. ***** Concludendo lascolto di Mons. Fusco in questo significativo esempio dellesercizio della razionalit esegetica nellorizzonte della fede, credo che tutti abbiamo sperimentato ancora una volta nel pi profondo del cuore il regalo grande di questo credente, studioso e pastore che Dio ha fatto alla nostra diocesi e alla sua chiesa. Col card. C.M. Martini restiamo anche noi ammirati per lampiezza della sua impostazione, il suo senso critico, lequilibrio di giudizio e un grande senso esistenziale, cio una viva coscienza dellimportanza di questi studi per la fede del credente47. stato diceva il card. Martini nellomelia a Campobasso cinque anni fa un cristiano, un prete, un vescovo che ha seguito Ges fino in fondo, senza tirarsi mai indietro, ed stato davvero un grande studioso48. Resi pi responsabili del bene ricevuto, ciascuno di noi, nel suo piccolo, possa lasciarsi coinvolgere dal suo esempio imparando sempre di nuovo ad esercitare la razionalit esegetica nellorizzonte della fede.

45 46

Ivi, 576. Ivi, 580. 47 C.M. MARTINI, Cristianesimo delle origini, cit., 27. 48 C.M. MARTINI, Omelia, cit., 30.

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