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Apostolo b) Se Ia missione @ qualificata da un incarico, ne deriva che le affermazioni in cui & usato apostéllé pongono sempre T'accento sulla persona di coli che invia, in altre parole su colui che conferisce la propria autorit® all’inviato, che lo prende al suo zione di Isaia (6,8) questi non viene neppure chia servizio; nella storia dalla vo mato per nome. 2) Per I'esegesi neotestamentaria & divenuto importante considerare I'istituto giv ridico comune nel giudaismo dello shdliakh (aram. part. pass. del verbo shalakh) Nel giudaismo rabbinico dell’epoca di Gest, esisteva la funzione di colui che era investito di un incarico, funzione chiaramente ispirata nei suoi elementi all’antico diritto semitico relativo all’ufficio dei messaggeri. I suoi tratti sono riassunti nel principio tramandato dalla Mishna: « L’incaricato (shdluakh) di un uomo 2 simile a questi medesimo » (Berachot 5, 5 e altrove nella letteratura rabbinica). II messo percid diviene rappresentante di colui che gli affida l'incarico (cf. 1Sam 24,50s; 2Sam 10, 4.6) « Trascurando la personalita del messaggero o di colui che gli affida Vincarico e Vin carico stesso », I'espressione shdliakh sta a indicare « una persona autorizzata ad agire a nome di un’altra » (Schmithals 92). Stando alle fonti rabbiniche, uno shdliakh per es. poteva dichiarare giuridicamente valido un fidanzamento; chi presiedeva la preghiera comune era shdliakh della comunita; singoli rabbini poteyano essere inviati per visite 0 assemble (anche nella diaspora) come rappresentanti del sinedrio. Gli inviati tuttavia non sono missionari. 1 giudaismo non conosce la missione nel senso di un invio ufficiale; il concetto di shdliakh non poteva quindi aver posto nell'ambito della propaganda religiosa. Neppure i profeti (malgrado Is 6,8) potevano sere definiti nel giudaismo come sh‘lukhim (plur.) in senso vero e proprio, per quanto la cosa potesse apparire ovvia dal punto di vista del diritto che regolava l'istituto dei messi. Comunque singoli uomini di Dio del passato vengono chiamati sh‘lukhim di Dio allorché attraverso di essi si sono verificati speciali prodigi (cosi Mosé, Elia, Ezechiele ¢ altri) Vale anche per lo shdliakh quanto @ stato detto per I'uso di apostéllé nei LX espressione non indica un ufficio continuato, con un suo proprio peso, ma designa Vespletamento di una funzione che @ delimitata, sia quanto al tempo che quanto al contenuto, da un ben preciso incarico e termina percid col suo adempimento. III A) Nel NT dnootéhiwo (apostélld) ricorre 131 volte, delle quali 119 sono quasi egualmente distribuite tra i 4 vangeli ¢ gli Atti; quasi soltanto Luca adotta il composto anootéhkw (exapostélld) (11 passi dei 13 complessivi; in Le 1, 53 e 20, 10s, col significato di mandar via, allontanare; nei 7 passi degli Atti ha lo stesso significato di apostéllo). Nello stesso tempo perd soprattutto Giovanni (32 testimonianze su 79 complessive), ma anche Luca nel vangelo e negli Atti (10 0 11 volte), adot- tano réunw (pémpd), pressapoco con lo stesso significato di a.; cid avviene in quegli scritti che, rispetto alle fonti giudaiche (inclusi i LXX che réunw soltanto 26 volte), rivelano una maggior indipendenza che non Mt e Me. Il fatto che Giovanni usi cosi intenzionalmente i due vocaboli insieme, senza apprezzabili differenze, deve avere una ragione che va al di 1a dell’uso ellenistico del suo tempo: vien fatto di chiedersi se non fosse sua esplicita intenzione accentuare il carattere « funzionale-attuale » della cosa, di fronte a un’espressione che nel frattempo (vedi sotto) era andata assumendo un carattere sempre pil «apostolico-istituzionale», e sottolinean- do cosi con maggior forza Il’autorita del xiptog (kyrios; > Signore) che invia (cf. per es. 4, 34; 7, 16; 14, 24 con 5, 36; 7,29; 17, 21.25). E. von Eicken APOSTOLO / dmoavékhua 128 B) 1) Rispetto ai LXX, il NT ci presenta un fatto nuovo, e cio’ la fre- quenza del sostantivo déevohog (apéstolos) che ricorre per 79 volte, delle quali 34 sono da assegnare a Luca (6 nel vangelo; 28 in At) e altrettante agli scritti paolini; abbiamo inoltre 1 volta in Eb, 3 nelle lettere di Pietro, 1 volta in Gd e 3 in Ap; infine 1 yolta ciascuno in Mt, Mc e Gv. A diffe- renza che nella grecita classica, nel NT il concetto viene usato soltanto col significato generale di messaggero e per il resto come definizione ormai fis sata di un ufficio ben preciso, quello dell’apostolato nella chiesa primitiva a) Luca applica il concetto di a. esclusivamente ai 12 discepoli (se prescindiamo da Le 11,49 ¢ At 14, 14). Essi sono stati chiamati nel loro ufficio dal Gesii storico (Le 6, 13; cf. 1,17), lo hanno accompagnato in tutta la sua attivita di insegnamento a partire dal battesimo di Giovanni; ad essi il Risorto si é mostrato in pid d’una apparizione (Le 24, 363s; At 1, 3), sicché hanno acquisito piena conoscenza di quello che Gesit ha detto e fatto. Prima dell’ascensione hanno ricevuto la promessa dello Spirito (At ) e il comando missionario (At 1,8); in tal modo, con I’evento della pentecoste (At 2) sono divenuti portatori dello Spirito, autorit’ indiscutibili della prima comunita cristiana, perché ad essi era affidato il compito di conservare, a partire da Gerusalemme, la tradizione autentica, quella cio’ che risaliva al Gest storico. Insieme agli apostoli non ci poteva essere, stando a Luca, alcun’altra autorita indipendente. Era compito loro prendere o confermare ogni deci: sione importante (cf. At 15). Essi ordinarono i primi sette diaconi (6, 6; questo non autorizza affatto, perd, a rilevare in Le gli elementi della suc- cessione apostolica), regolarono i doveri della comunita (15, 22ss), inaugu- rarono la missione ai pagani (10, 1-11) ecc. In tal modo il termine of éxé- azoho. (hoi apéstoloi, gli apostoli) diviene in Le un’espressione fissa per designare il gruppo dei dodici. Paolo non viene mai chiamato a. in Luca, eccetto in At 14, 14, dove perd & abbastanza certo che egli dipende da un’al- tra fonte; @ evidente che Paolo non soddisfa i requisiti richiesti in At 1, 16ss per l'ufficio di a. Il vuoto lasciato nel gruppo dei dodici dal tradimento di Giuda fu colmato, secondo il racconto di Luca, con I’elezione di Mattia (At 1, 168s). b) Appare strano che un concetto cosi importante come quello di a. compaia negli altri 3 vangeli soltanto una volta ciascuno. In pid il passo di Gy 13, 16 esula ancora dalla concezione di un ufficio”, poiché a. si trova nel quadro di una metafora col significato generale di messaggero (cf. Rengstorf ThW I, 421.40ss; Bultmann, Joh 364). In Mt troviamo il termine a. all’inizio dell’elenco dei discepoli prima della missione; in Mc 6, 30 i discepoli vengono chiamati cosi al loro ritorno dopo aver adempiuto il compito loro affidato. I due passi richiamano entrambi I'istituto dello shiliakh (vedi sopra II 4). Se togliamo questi due ultimi passi, il termine a. come designazione dei 12 discepoli @ completamente estraneo ai vangeli, eccettuato Luca. c) Le lettere paoline sono state scritte prima dell’opera storica lucana e costituiscono quindi la fonte pit antica che ci possa informare sull'uso tecnico del concetto di a. Nella polemica di Paolo coi suoi avversari pos- 129 APOSTOLO

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