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dottori della Legge sono riusciti ad accumulare tanto mate- riale da costituire quattro trattati interi del Talmud, Pea, Dammai, Kilayim e Skebiit, e tunghi brani di una dozzina di altri. Il Vangelo emana l’odore sano della terra javorata, il profumo asciutto delle spighe mature, la fragranza delizio- sa della vite novella e de? giovane fico. Gest é figlio di un ar- tigiano di origine rurale, vicinissimo alla gente e alle cose della terra. Pertanto i temi delle sue parabole e le immagini dei suoi discorsi sono tratti per lo pit dalla vita contadina; ecco i] seminatore che «esce per seminare» e i cui semi ca- dono in terreni diversi; ecco i] campo di grano dove le buone spighe si mescolano al loglio; ecco il pastore che parte alla ricerca della pecorella smarrita... E tutto un Teatro d’agri- coltura, come diceva Olivier de Serres, le cui scene si anima- no sotto i nostri occhi. Il. La vita del «Buon Pastore» I mestiere di guardiano di armenti e di allevatore era in Israele la pid antica delle professioni rurali: molto tempo prima di legarsi alla terra, il popolo eletto era stato nomade: viveva sotto una tenda e conduceva le proprie bestie da un pascolo all’altro. Al tempo di Gesu I'allevamento era certa- mente ancora molto sviluppato. La Giudea, im particolare, aveva grossi armenti sia sulle alture occidentali, da cui in autunno scendevano’a valle dove era rimasta un po’ di erba verde, sia nel midbar, la macchia o «deserto di Giuda», sia nella valle del Giordano, dove bisognava pagare i diritti di pascolo, sia infine nel darém, il sud, in direzione dell’Idu- mea, dove il giovane Davide aveva condotto il proprio be- stiame. Anche la Samaria e la Galilea ne avevano, ma un po’ meno, ¢, al di la del Giordano, il Moab e ta Perea. Queste potenti greggi erano formate da pecore e capre; il bestiame grosso veniva allevato invece nei pressi delle abi- tazioni, e d’inverno lo si sfamava con una mistura di paglia trinciata e d’orzo, poiché il foraggio incominciava appena allora a fare la sua comparsa: soprattutte l'erba medica, in- trodotta dai romani, i quali se l'erano procurata dai persia- ni attraverso i greci. Badare alle pecore era considerato un mestiere facile e tranquillo. Quando si trattava di una dozzina di capi lo era 265 senz'altro, tanto che si poteva affidare il lavoro anche a un bambino. Da diverse indicazioni della Bibbia risulta perd che esistevano greggi di parecchie migliaia, anzi di parec- chie decine di migliaia, di capi: e una tale moltitudine di ovi- ni poteva essere affidata soltanto a gente esperta. Era una professione discussa: un detto popolare la classificava tra «i mestieri da briganti» che un buon ebreo non doveva inse- gnare ai propri figli; altri perd lodavano la dignita del pasto- re: solo, nei grandi spazi sotto il cielo, intento a meditare, appoggiato al suo bastone, sulle profezie, come Amos, o sul- Je poesie come Davide. I maligni insinuavano peré che si trattava di un mestiere di pigri e che molti pastori, invece di badare alle loro bestie, «si addormentavano tra le mura del recinto»,6 mentre il libro dei Proverbi? prodigava invece ai pastori ottimi consigli e lodava anche la felicita della vita pastorale, quando fa si praticava bene.® A dire il vero, non era un mestiere di tutto riposo. Le greg- gi restavano per gran parte dell'anno all’aria aperta: le si fa- ceva uscire la settimana prima della Pasqua per farle rien- trare solo a meta novembre, alle prime piogge di marche- svan. L’inverno lo passavano negli ovili, e basta questo par- ticolare per dimostrare che la tradizionale data del Natale in inverno non ha molte probabilita di essere esatta, poiché il Vangelo ci dice che i pastori erano nei campi. La lana di fi- ne estate era migliore di quella di primavera, poiché la per- manenza delle pecore nelle stalle la infeltriva ¢ la sporcava. La sorveglianza di queste vaste greggi esigeva un'assidua cura e molta vigilanza. Nonostante i] fatto che, per impedire agli animali di vagabondare, spesso si legasse loro una zam- pa alla coda,’ ce n’era sempre qualcuno che si allontanava e, allora, non bastavano i cani a riportarlo indietro; era nece sario l'intervento diretto del pastore. Le iene, gli sciacalli, i lupi e perfino gli orsi non erano rari, e capitava abbastanza spesso che i pastori dovessero lottare contro le fiere; cid spiega perché fossero tutti armati di un solido randello fer- rato e di un grosso pugnale. I] «Buon Pastore che da ja vita per le sue pecore»9 non é un mito: 2000 anni or sono era una realta della vita palestinese. Dura esistenza. «Di giorno si brucia, di notte c’é un freddo pungente», gemeva Giacobbe, pastore di Labano."! Nonostante i] grande mantello di lana spessa, in marzo e in aprile, in ottobre e in novembre le notti sono rigide sugli altipiani. 1] sonno era raro. Molti pastori perd si mettevano d’accordo tra loro, raccoglievano le greg- 266 gi, a cui badavano tutti quanti, dandosi i! cambio, il che per- metteva loro, a turno, di poter dormire, sotto la tenda. Per semplificare la sorveglianza, essi costruivano vasti recinti di pietra secca dove era difficile penetrare. Alcuni pascoli possedevano anche torri, simili a quelle che si erigevano nelle vigne e che vi si trovano ancora, dall’alto delle quali ve- dette sorvegliavang l’ayvicinarsi dei ladri a quattro zampe, e anche a due gambe... Al mattino, per condurre gli animali all’ abbeveratoio, ogni pastore lanciava quelle egrida acute» che si sentono ancora ai nostri giorni,"* e le bestie conosce- vyano tanto bene quei richiami che, dice il Vangelo, nessuna si sbagliava. Era frequente anche che il pastore suonasse, per passatempo, il flauto o lo zufolo. Tutto cid, & evidente, non era affare da poco. Bisognava inoltre curare le bestie malate o infortunate, badare alle pe- core gravide e agli agnelli appena nati, procedere alla ca- strazione dei maschi che non si volevano conservare per la monta, tosare due volte l’anno e anche procedere alla deci- ma del gregge secondo Ia Legge (ecco perché si facevano passare tutte le bestie da una porticina, una alla volta, e la decima era riservata ai sacerdoti...). Questa perpetua inti- mita tra le pecore e i loro guardiani creava veri e propri le- gami affettivi, simili in tutto a quelli che ancora oggi si nota- no fra i nostri pastori e le greggi, sulle Alpi.!? Le famose pa- rabole evangeliche nelle quali Gesu rievoca la vita pastorale parlano un linguaggio che tutti i palestinesi del tempo dove- vano intendere. Le pecore domestiche conoscevano il pro- prio nome." I] pastore amava le sue bestie, e queste amava- no il loro pastore, i! quate provava per la pecorella smarrita gli stessi sentimenti che Gest: provava per le anime in peri- colo di perdersi. Si preoccupava, tremava per essa, si lancia- va alla sua ricerca e poi, ritrovatala, la riportava indietro sulle proprie spalle... Non si pud parlare senza simpatia di questo mestiere che ha tramandato agli uomini l'immagine indimenticabile del «Buon Pastore». Tl. Ilavoratori dei campi La terra di Palestina, che come si & visto abbastanza ferti- le,!6 era, nel complesso, ben coltivata. In Giudea le valli pic- cole e strette raggruppavano varie colture in spazi ridotti, 267

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