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LA FOTOGRAFIA DI WIM WENDERS

Per me vedere significa sempre immergersi nel mondo, pensare, invece,


prenderne le distanze.
Quando c troppo da vedere, quando unimmagine troppo piena o quando
le immagini sono troppe non si vede pi niente. Dal troppo si passa molto
presto al nulla, come certo sapete. E conoscete anche un altro effetto:
quando unimmagine spoglia, povera, pu risultare talmente espressiva da
soddisfare interamente losservatore, e cos dal vuoto si passa alla pienezza.
Credo che le vecchie macchine fotografiche, con le loro pellicole,
costringessero il fotografo ad anticipare [l'evento], perch egli non avrebbe
avuto la possibilit di scattare di nuovo.
Wenders riserva particolare attenzione allanalisi ed alla raffigurazione degli
spazi, in particolare di quelli urbani: anche gli ambienti naturali, per, non
mancano mai di sottendere una certa antropizzazione, magari limitata a
piccoli dettagli, come una strada o un edificio in rovina, quasi a sottolineare
linevitabile capacit delluomo di influenzare e modificare i contesti in cui
agisce.
Wenders stesso ha dichiarato: La fotografia mi conforta quando penso a tutti
i film che non ho fatto. Questo perch la fotografia non ha bisogno di una
sceneggiatura: listante che conta.
Alcuni dei luoghi che ho fotografato stanno per scomparire, forse sono gi
scomparsi dalla faccia della Terra. Il loro ricordo dovr aggrapparsi alle
immagini che abbiamo di essi.
Sebbene nella maggioranza dei casi io aspetti che le persone siano uscite
dall'inquadratura, tuttavia esse giocano un ruolo importante nelle mie foto. Ma
in realt molto pi attraverso la loro assenza che la loro presenza. Le
persone lasciano sempre tracce dietro di loro. Mi interessano moltissimo i
resti delle culture umane, i postumi di una civilt, le rovine, gli avanzi.
Credo fermamente che i luoghi abbiano dei ricordi e che noi abbiamo la
capacit di leggerli e capirli. Ancora una volta siamo portati a pensare che
siamo noi umani che creiamo i ricordi dei luoghi fotografandoli e filmandoli.
Ho voluto semplicemente stimolare l'immaginazione delle persone
affermando il contrario. La memoria maestra la superficie del pianeta, non
noi, i nostri dati o le memorie dei nostri computer.
I film sono indirizzati dalle storie, e sono il regista e gli scrittori che
impongono queste storie. Dopo tutto narrare storie la forma pi antica di

arte e cultura umana. Nel cinema usiamo la tecnologia moderna per trattare
di miti antichi. Nella fotografia invece il contrario, almeno per me: le storie
vengono fuori dai luoghi, e la mia macchina fotografica lo strumento per
registrare questo. Inoltre, quando faccio foto posso starmene da solo, anzi la
solitudine quasi una condizione necessaria, mentre fare film significa
essere circondati da molte altre persone e condividere l'atto creativo con gli
altri, gli attori, i cameraman, il compositore, l'art director, l'editor, ecc.
Il mio "punto di riferimento" preferito l'orizzonte, e la mia macchina
panoramica coglie il pi possibile di quest'orizzonte. Nessuna macchina in
realt si avvicina neanche all'occhio umano. Questo ancora lo strumento
superiore.
L'idea stessa, per esempio, che puoi fare una foto e subito cancellarla, fare
che "non sia accaduta", eliminarne qualsiasi traccia, questo mi fa orrore.
Non c' scusa migliore per viaggiare che diventare testimone dei luoghi che
attraversi. A volte questi hanno atteso per molto tempo che qualcuno si
fermasse ad ascoltare le loro storie, la loro storia.
Il tema evidenzia la sospensione; i "non" luoghi chiamati a rappresentare il
ricordo, la nostalgia di qualcosa di non ben definito dai contorni oramai
confusi che appartengono al passato pur continuando incessantemente ad
evocarlo.

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