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I Versi facili per la Gente difficile di Niccol Tommaseo sono un esiguo opuscolet
to di sole sette liriche: trentadue pagine nell edizione originale, litografate da
manoscritto. Cos come avviene nella precedente raccolta poetica tommaseiana, le C
onfessioni, pubblicate a Parigi solo un anno prima (il 1836), non porta n in
copertina, n sul frontespizio alcuna indicazione dell'autore, dell'editore, del l
uogo e dell'anno di stampa. Neppure vi menzione del litografo, che per s'intende
subito essere francese: infatti sul frontespizio si affianca al primo numero di
pagina, il n. 1, la desinenza -ere, che in francese segnala gli ordinali (premire
[page]).
Le notizie sulla stampa della piccola raccolta non sono numerose; gli esemplari
sono oggi rarissimi, tanto che prima del 1949 nessuno ne era a conoscenza, fatta
eccezione per Marino Parenti, che in una delle sue monografie bibliografiche[1]
attestava di possedere una copia completa dell'opuscoletto, apparentemente l'uni
ca
in circolazione: infatti ancora oggi chi voglia leggere questa rarit, per quanto
mi dato sapere, deve ricorrere al Fondo Parenti conservato a Torino.[2] Il fatto
che
questo libriccino sia oggi quasi introvabile ci porta a pensare che abbia avuto
una tiratura limitatissima, forse per un'uscita occasionale, considerata anche l
a veste
tipografica, se non rara, almeno insolita.
Queste supposizioni sono avvalorate dalle notizie che si ricavano dal carteggio
fra il Tommaseo e Gino Capponi. In una lettera al Capponi del 29-30 marzo del
1837 si legge: "Al fine vi mando questi versicoli fatti imprimere per la vendita
che tiene la Belgioioso a pro degl'italiani poveri".[3] Pi avanti si legge ancor
a: "il
Sommariva don una testina del Luini da morirci sopra [...] sedici signore stanno
a bottega e la Belgioioso sta a vendere i dolci. Io le ho buttato nel grembiule
qualche autografo, e questi versi, poich'altro non avevo, io tribolato, da dare"
.[4] La coincidenza delle date e delle occasioni ci induce a credere che lo scri
ttore
alluda proprio ai Versi facili per la Gente difficile, anche se non ne cita il t
itolo.[5]
La conferma ci giunge attraverso una delle sue memorie politiche, Un affetto, in
cui, ricordando l'iniziativa benefica promossa dalla Contessa Belgioioso, scriv
e:
Una signora italiana, che per vanit si ficcava in cose di beneficenza, mi fe
ce chiedere manoscritti altrui e miei, per venderli a pro de' polacchi, come ogn
i anno solevano. Diedi una
lettera del Manzoni, e di mio mandai una letterina, pregando che quello fac
evano per la Polonia, gl'Italiani facessero per l'Italia; e se non si osava per
gli esuli, si chiedesse pe'
poveri. La Belgiojoso tenne l'invito, e in sua casa fece bottega e il mio a
utografo frutt cos pi migliaia di franchi. Tra le altre cose, io diedi a vendere, a
utografati, alcuni versicoli
miei; quelli, tra gli altri, che feci sposandosi il Montalembert ad una Mrod
e, pia fanciulla e gentile, che nel leggere quel ch'egli scriveva nell'Avvenire
l'am.[6]
Puntualmente alle pagine 15-18 della raccolta compaiono i versi dedicati al Cont
e Montalembert, col titolo Al Conte de M... che si sposa ad una fanciulla dei
dunque stimolo ad aiutare chi ancora non ha intrapreso la stessa strada di rede
nzione.
In questa seconda raccolta, quindi, l'oggetto della sua indagine sono gli altri
e pi specificatamente le donne: il poeta si fa indagatore del loro animo, come gi
aveva
fatto nelle Confessioni (in cui compaiono molti volti femminili), mantenendo que
ll ambigua attitudine, tra l'apostolo di anime e l'interessato confessore e confid
ente,
che gli propria e naturale. Un atteggiamento che lui stesso confess in una letter
a al Capponi dei primi di novembre del '33:
Or sappiate che la mia passione scrutare i cuori delle donne; e un cuor di
donna a me pare pi ghiotta cosa d'un testo inedito; e quando trovo una donna che
mi palesi i secreti
suoi, un solo de' secreti suoi, ne vo superbo come di cento encomi di cento
letterati chiarissimi. E di questi secreti io ne ho moltissimi in corpo, e so t
enerli, e mi par d'avere in
cuore un centinaio di cuori, e nella fantasia mille mondi, e nella memoria
cinquanta poemi[9].
Tommaseo predilige donne provate dal dolore per vivere la loro afflizione, in un
enigmatico atteggiamento tra il religioso e il sensuale. Neanche i Versi facili
sfuggono alla regola. In queste poesie si incontra una ragazza che non crede (Ad
un'Atea), una cantante italiana incontrata a Parigi (Mad. A.C.), una sconosciut
a
prostrata nel dolore (Je voudrais te voir heureuse, / Il y a encore du chemin fa
ire), alla quale Tommaseo si avvicina con un coinvolgimento affettivo tutt'altro
che distaccato, considerato il vistoso calco dantesco (Inf. V), e soprattutto la
figura della Contessa Matilde, protagonista della omonima novella in versi che
termina
l'opuscoletto. La storia ambientata a met dell'anno mille, quando la Contessa Mat
ilde riferisce in confessione le sue tristi vicende (non certo impudiche) al Pap
a
Gregorio. Il quale non pare insensibile n alla storia n alla donna, tanto che pi vo
lte da confessore si fa confidente: gli incroci di sguardi quasi compiacenti tra
i due
sono evidenziati sapientemente dal Tommaseo, che crea un clima che sembra presag
ire pi il decadentismo ancora da nascere che echeggiare il romanticismo
coevo. Per questo la contessa Matilde un personaggio esemplare, che manifesta be
ne le ambiguit di fondo di questa operina e mostra quanto sia labile il confine
tra la poesia edificante e quella erotica.
Ma tutte le donne che scandiscono i Versi facili non sono distanti da quelle app
arse in sfilata nelle Confessioni (che si celavano dietro titoli volutamente ret
icenti:
Ad una, Ad Altra etc.); ed interessante notare come la poesia Ad un'Atea ritorne
r nella successiva raccolta delle Memorie poetiche col titolo Ad altra,
divenendo cos sorella delle eroine voluttuose che affollano le raccolte sia prece
denti che successive.
NOTE
1. M. PARENTI, Intorno alle prime edizioni delle "Poesie" del Tommaseo, in "Amor
di libro", 6, (1949).
2. L'unico esemplare conosciuto del volumetto conservato nella Biblioteca Storic