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FREEMAN
di TOMMASO PINCIO
facile ingannarsi, facile giungere alla conclusione che Jorge Luis Borges non parlasse alla lettera nel dichiararsi orgoglioso dei libri letti anzich di quelli che scrisse. Facile dimenticarsi che il fine autenticamente ultimo dello scrivere coincide, come in un circolo armoniosamente chiuso, con la sua origine: la lettura. E tale la forza dellinganno, tale loblio, che corsi di scrittura cosiddetta creativa fioriscono ovunque. Eppure basterebbe una frequentazione anche saltuaria delle biblioteche per chiarire lequivoco: non esistono regole precostituite n ricette infallibili per la costruzione di un personaggio o di una trama, come pure per luso della lingua. Basterebbe fare della lettura una vocazione per non ingannarsi. Non che il leggere sia pi facile o esente da rischi; riserva anzi insidie maggiori proprio perch si tende a vederlo come unattivit passiva, per la quale non richiesto un particolare mestiere n tanto meno una qualche forma di creativit. Ai rischi insiti nella misconosciuta arte della lettura dedicato il prologo (ma potremmo chiamarlo anche racconto dapertura) del recente libro di John Freeman, Come leggere uno scrittore (Codice edizioni, traduzione di F. B. Ardizzoia, S. Bourlot, G. Giri, I. Oddenino, C. Stangalino, pp. 380, 21). Nella scena letteraria, quello di Freeman nome noto, legato a filo doppio alla rivista Granta, di cui sar direttore sino al prossimo luglio, quando diverranno effettive le sue dimissioni, rassegnate per via della draconiana riduzione dei costi decisi dalla propriet. Non ancora quarantenne, Freeman ha conosciuto e intervistato autori in quantit. Non c autore di una qualche rilevanza col quale non sia entrato in contatto. Da anni, inoltre, collabora con testate quali il New York Times Book Review, il Los An-
Da John Updike, lo scrittore prediletto, a Toni Morrison; da Murakami a Paul Auster; da Roth a DeLillo, tutti i ritratti di John Freeman
se di preciso. Non fu cos per lo scrittore, che in seguito non si mostr altrettanto disponibile, facendo capire per bocca del suo agente che non aveva gradito che un giornalista si abbandonasse a sfoghi personali. Freeman comprese allora una cosa fondamentale: quando un lettore si rivolge a uno scrittore, o a un suo libro, per ottenere le soluzioni ai propri problemi, finisce per violare la privacy di entrambi. questo il rischio che si nasconde dietro ogni intervista, dietro ogni profilo biografico: quello di incatenare troppo la vita di un autore alle sue opere, o di intestardirsi nella convinzione che un romanzo possa sostituire il nostro essere destinati a commettere errori e a pagarne le conseguenze. Questa verit; questo limite che separa lettore e scrittore nonch latto del leggere da quello dello scrivere; questo confine che non andrebbe mai superato un po il segno che marca i molti incontri con grandi romanzieri raccontati da Freeman. Giacch in effetti, pi che di interviste, di racconti si tratta. O meglio ancora: di ritratti. Non per niente ognuno di essi preceduto da un ritratto vero e proprio, opera dellillustrato-
re W.H. Chong. Tranne qualche rara eccezione, la convenzionale formula domanda e risposta viene sistematicamente elusa. Delle parole dellintervistato sopravvivono soltanto alcuni virgolettati, frasi chiave usate per punteggiare un tessuto pi articolato, dove osservazioni critiche e informazioni dordine pi giornalistico si alternano a quanto Freeman va cogliendo con gli occhi, invece che con le orecchie o il registratore. Istantanee che immortalano lo scrittore in un momento rivelatore, come quando David Foster Wallace, in un ristorante che presumiamo giapponese, passa dai bastoncini alla forchetta e quindi direttamente alla mani, infilandosi in bocca pezzi di pesce crudo come fossero patatine. Nel caso di Ishiguro la situazione si ribalta, perch Freeman a cospargere di briciole il lato del tavolo dello scrittore, in un caff di Piccadilly. Istruendolo su come di spalmare la crema sopra la marmellata, Ishiguro propone un paragone che dice molto pi sulle proprie fantasie che sul modo di destreggiarsi con gli scones: Immagini di spargere del sangue sulla neve fresca. Toni Morrison, Haruki Murakami, Siri Hustvedt e Paul Auster in coppia, Philip Roth, Don DeLillo, Norman Mailer, Ian McEwan, Salman Rushdie: sono soltanto una parte della impressionante collezione di ritratti assortita negli anni da Freeman, la cui voce sempre invisibile, mai invadente, sempre umilmente tesa a far brillare non la propria intelligenza bens quella dellautore intervistato. Cos quando Geoff Dyer dice una frase tutto sommato irrilevante, se non furbetta C sempre il timore che io stia semplicemente facendo il lazzarone la sua poetica si manifesta con illuminante naturalezza proprio perch, con sapiente semplicit, Freeman ci ha tratteggiato un personaggio, quello dello scrittore flneur diviso tra impegno e indolenza, talento e dilettantismo. evidente che lex direttore di Granta ha fatto tesoro dellerrore commesso incontrando il suo scrittore preferito. Curiosamente ma le coincidenze non capitano mai soltanto per caso ritroviamo Updike proprio nel bel mezzo del volume. Oggetto della chiacchierata un romanzo del 2002, Seek My Face (purtroppo mai tradotto in italiano), che racconta in sostanza lintervista a unanziana pittrice da parte una giovane storica dellarte. Sintende che sebbene mai esplicitamente evocato, il ricordo del primo e sfortunato incontro tra Freeman e lo scrittore aleggia nella conversazione, e appena Updike finisce per alludervi con simpatia e gratitudine che pensiamo al suo intervistatore, come pure a quel confine dal quale, in quanto lettori, bene tenersi lontani: Se uno scrittore avesse delle opinioni da dare in pasto al pubblico sarebbe un predicatore o un politico. Unopera darte, ma anche unopera letteraria, il tentativo di dare forma a un oggetto, con tutti i misteri che gli oggetti racchiudono. Lo puoi guardare da un lato, poi sotto una luce diversa lo vedi cambiare forma. Queste intromissioni nella privacy degli artisti possono avere il pericoloso esito di estromettere larte dalloggetto.