Sei sulla pagina 1di 2

Il mio Proust, alla ricerca del Lessico famigliare

GABRIELLA BOSCO

er la mia generazione, i nati negli Anni Sessanta, Proust e la sua opera sono stati - fin dal primo contatto - doppi. Nella nostra coscienza di lettori che, adolescenti, osavamo lanciarci, si concretizz subito lidea che cera una Recherche vera, e poi laltra. Quella vera, certo, labbiamo letta nella lingua di Proust, ed era la magia dellincantesimo, la frase che non finiva mai, la vertigine della costruzione che a volte ci sfuggiva, il desiderio, la sensazione di essere entrati in un mondo sino ad allora precluso, il godimento della scrittura, insomma la felicit. Avevo diciassette anni, me lo ricordo molto bene, era estate, al mare. Nellelenco dei libri che il professore ditaliano ci aveva consigliato - gli irrimandabili - cera Du ct de chez Swann; cera La montagna incantata, da leggere in italiano, e Horcynus Orca, che dal titolo avevo creduto fosse in latino e che

Centanni fa usciva la prima parte della Recherche La francesista Gabriella Bosco racconta la folgorazione fra testo originale e traduzione di Natalia Ginzburg
Per il centenario del primo volume della Recherche, la gallimardiana Nouvelle Revue Franaise ha appena pubblicato un numero intitolato Daprs Proust, per il quale i due curatori Philippe Forest e Stphane Audguy hanno chiesto a numerosi autori, francesi e non, di raccontare la loro scoperta di quel capolavoro. Da Julia Kristeva a Jacqueline Risset, da Serge Doubrovsky a George Steiner e molti altri tra i quali la nostra Gabriella Bosco ognuno ha scritto per la NRF il suo Proust. Una specie di risarcimento: la casa editrice Gallimard, nella persona di Andr Gide, uno dei fondatori della NRF, aveva rifiutato, nel 1913, il manoscritto del primo volume della Recherche. Una parte di esso venne pubblicato esattamente un secolo fa, nel marzo del 1913, dal Figaro. Per pubblicare lintero volume, Proust dovette pagare. Usc il 14 novembre di quellanno dalleditore Grasset. Qui uno stralcio del racconto di Gabriella Bosco, intitolato Proust e il suo doppio.

avrei invece scoperto corrispondere a un romanzo sperimentale di un autore siciliano, Stefano DArrigo. E cera anche La morte di Virgilio dellaustriaco Hermann Broch. Allepoca, il liceo classico prevedeva lo studio della lingua straniera solo al ginnasio. Per me, che avevo una parte della famiglia inglese, la scelta naturale, distinto, era stata quella di studiare il francese. Per smarcarmi, essere diversa rispetto alla mia sorella maggiore, optai per la lingua di Proust. Era cos, da che ne ho memoria, che il francese era chiamato a casa mia. Mia madre, maestra, leggeva molto. Tra i suoi autori, cera Proust, di cui diceva: Uno che spacca il capello in quattro. Non capivo, bambina, se da parte sua fosse un elogio. Mimmaginavo un Signore - ne avevo visto la faccia sulla mia enciclopedia, Conoscere, quindi sapevo chi era - che prendeva il famoso capello (lo immaginavo lungo e biondo, come uno dei miei) e che riusciva a sezionarlo in quattro nel senso

Due pagine dal manoscritto della Recherche, conservato alla Bibliothque Nationale de France di Parigi

Marcel Proust in unimmagine di inizio 900, ritoccata a colori. Lo scrittore era nato nel 1871 a Parigi, dove mor nel 1922

della lunghezza, servendosi di qualche misterioso strumento: mia madre mi aveva detto che si trattava della sua penna. Nelle mie fantasticherie infantili, Marcel Proust era una specie di mago che sapeva, aveva saputo, realizzare quellexploit. E in un certo senso, era proprio cos. Ma capii realmente lespressione di mia madre solo quellestate al mare in cui, avendolo trovato tra i suoi libri, in francese, aprii la prima pagina di Du ct de chez Swann. Fu come una folgorazione. Niente di quello che avevo letto prima gli era paragonabile. Era difficile. Il mio francese non era ancora abbastan-

za sicuro da permettermi di cogliere tutto nella frase proustiana. Ma era largamente sufficiente per farmi capire che si trattava di un tesoro. Era come se, sullo scaffale della camera di mia madre, avessi trovato la chiave per entrare nelluniverso della Letteratura. Laltro Proust lo scoprii qualche tempo dopo, sulle bancarelle di piazza Carlo Alberto, di fronte alla Biblioteca Nazionale di Torino, sotto i portici, a due passi dallangolo della via dove c la targa che commemora la follia di Nietzsche. l, dicono, che baci un cavallo. Trovai dunque, su una delle bancarelle che costeg-

giavano la piazza, La strada di Swann. La mia curiosit fu subito molto grande. Come poteva rendere in italiano? Il nome del traduttore non mi diceva niente: solo perch ero molto giovane, in effetti era uno scrittore importante, una donna, autrice di un altro libro che aveva girato parecchio per casa e che mia madre citava spesso, Lessico famigliare, ma che per me esisteva in quanto tale, mai mi ero chiesta chi lo avesse scritto. Era Natalia Ginzburg. Leditore, Einaudi, era feticcio per chi era di sinistra. E io, a diciotto anni, avevo fatto quella scelta (malgrado tutto, ancora cos). Comprai il libro,

per vedere. Fu unaltra folgorazione. Ma nel senso che scoprii qualcosa di molto diverso. Era bello, era piacevole da leggere. Ma non era il gemello del libro che avevo amato lestate precedente. Era al massimo suo cugino, ma non un cugino primo. Uno di quei cugini di terzo o quarto grado, che sono spesso degli sconosciuti e che non riconosceremmo neppure se non ci dicessero che fanno parte della famiglia. Unimpressione di spaesamento, come se mi avessero spacciato per Proust qualcosa che non lo era del tutto. Una specie di contraffazione, ecco. Denunciai la cosa a mia madre. Che esamin con

cura loggetto e decret, solenne: Guarda guarda, da dove ha tirato fuori il suo lessico famigliare!. E devo dire che, come capitava quasi sempre, mia madre aveva ragione. Aveva una vista letteraria molto buona. Proust, sotto la penna di Natalia Ginzburg, aveva preso un tono, unaria, un po provinciale, in ogni caso molto personale. Era sorprendente. Commovente persino. Ma non era pi quello. Aveva fatto suo il testo. Aveva forgiato l la sua scrittura. La traduzione, del resto, era stata realizzata Gabriella Bosco in condizioni docente molto particolaallUniversit ri. Lo appresi di Torino solo nel 1990, leggendo il toccante racconto che ne aveva fatto Natalia e che fu pubblicato come postfazione di una ripresa del suo Swann per la celebre collana degli Scrittori tradotti da scrittori di Einaudi. Suo marito, Leone Ginzburg (lantifascista, il resistente, membro del gruppo di intellettuali che avevano studiato a Torino e avevano collaborato alla nascita della casa editrice Einaudi) le
IN FRANCESE

Era una sorta di incantesimo, il godimento della scrittura, insomma la felicit


IN ITALIANO

Era bello, era piacevole da leggere. Ma non era il gemello del libro che avevo amato
aveva regalato Du ct de chez Swann nel 1937, prima ancora che si sposassero. Quando si trovarono al confino a Pizzoli, durante la guerra, perch avesse la mente occupata in unattivit che la sollevasse dalle angosce del quotidiano, le aveva chiesto di tradurlo. E le aveva procurato un dizionario scolastico perch vi cercasse le parole che non conosceva. Poi, nel 1944, a Roma, Leone era stato arrestato, e torturato a Regina Coeli, e ne era morto. Ma quando aveva lasciato Pizzoli, Natalia, non potendosela portare dietro, aveva nascosto la traduzione in un sacco di farina, cosa che la preserv dalla distruzione. Ritrovato dopo la guerra, il frutto del suo lavoro - legato a tanti ricordi, cos pregno di memoria - fu ripreso, portato a termine e pubblicato nel 1946. Proust e il suo doppio, quello vero e laltro, il Proust francese e il Proust italiano Oggi la vedo diversamente. Let adulta, le altre traduzioni italiane della Recherche e gli studi proustiani, cos come lesercizio della traduzione praticata per passione, mi hanno regalato il ricongiungimento dei due, la possibilit di vederli finalmente in controluce. Di vederne, voglio dire, le meravigliose necessit.

Potrebbero piacerti anche