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Prima edizione novembre 2004 ombre corte
Si ringrazia leditore ombre corte
per aver reso possibile la nuova pubblicazione
Questo volume ha parzialmente usufruito del contributo del progetto
European Liberty and Security. Security Issue, Social Cohesion and
Institutional Development of the Euro- pen Union (Elise), 2002-2005,
finanziato dellUnione Europea e affidato al Dipartimen- to di Scienze
antropologiche dell'Universit di Genova.
Seconda edizione aprile 2011 licenza Creative Commons
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Immagine di copertina di Serena Giordano
ndIce
7 PrefazIone
di Alessandro Dal Lago
13 ntroduzIone
CAPTDLD PF|D
LaboratorI del potere
25 Il minore: un mito diviso tra tutela e controllo
33 Lo straniero e la questione dellimmigrazione
42 Il minore straniero come problema sociale
47 Dispositivi di tutela come esclusione
CAPTDLD SECDN0D
l ComItato per I mInorI stranIerI
51 Origini
58 Critiche e consolidamento
65 Pratiche di esclusione
CAPTDLD TEFZD
Lo smaltImento
75 Campagne umanitarie e privatizzazione dei confini
82 Ritorno alle origini
88 Esigenze dello sviluppo umanitario
CAPTDLD QUAFTD
dentIt lIquIda
95 Una cultura su misura
103 Interessi superiori
111 N minore, n straniero
CAPTDLD QUNTD
La burocrazIa del mInore
115 Una citt sotto assedio
123 Una tutela a bassa soglia
138 Competenze e responsabilit
146 Storie di ordinaria burocrazia
CAPTDLD SESTD
Covernare I margInI
149 Unintegrazione flessibile
165 Cacciatori di bisogni
174 Scatole cinesi
CAPTDLD SETT|D
La normalIzzazIone dI un elemento sfuggente
177 Dimmi cosa vuoi, ti dir chi sei
186 A met tra dono e diritto
197 Una rete per minori
207 StorIa dI W.
213 CDNCLUSDN
l mInore nella rete
223 Note
251 8IblIografIa
!"#$%&'()#
di Alessandro Dal Lago
Uningrence innominable a t aux choses, aux circostan-
ces, aux tres, leur hasard daurole.
REN CHAR, La parole en archipel
Il termine minore gi un intero cosmo educativo. Rimanda a una
dimensione anagrafica negativa (sono minori tutti coloro che non hanno
raggiunto let in cui si pienamente in possesso di s), definisce una
mancanza, e quindi attira un buon numero di investimenti istituzionali.
Analogamente allumanit pre-illuministica di Kant, la minore et so-
prattutto una minorit, ovvero una situazione che rende naturalmente in-
dispensabili operazioni di tutela, educazione, assistenza, correzione ed
eventualmente repressione. Come il vuoto attira il pieno, secondo una
primitiva filosofia della natura, cos i minori richiedono lopera di una fol-
la di operatori il cui compito essenzialmente trasformare lassenza in
presenza, la natura in cultura, lanarchia in ordine, lignoranza in compe-
tenza, lillegalismo in legalit. Non parlo, ovviamente, dellistruzione in
quanto tale (il sapere minimo indispensabile a unumanit competente),
ma di educazione, ovvero di formazione dellessere umano socievole. La
tabula rasa della minorit un campo in cui sono indispensabili iscrizioni.
Ed ecco allora che esister un vero e proprio sapere della minorit, ripar-
tito in discipline specifiche (sociali, psicologiche, mediche ecc.), culmi-
nante nella competenza di addetti istituzionali: lassistente sociale, lope-
ratore sociale, leducatore.
Queste figure, sfornate da appositi curricula accademici e temprate
nella pratica quotidiana, sono gli esperti della minorit. Tradizionalmente
il loro mandato zampilla dalle articolazioni locali dello stato e del para-
stato, siano esse giudiziarie o amministrative. Tribunali per i minori e po-
teri locali collaborano nel trattare i minori che escono dalla normale filie-
ra educativa, i soggetti a cui non bastano, per formarsi, le matrici basali
della famiglia e della scuola: minori abbandonati, provvisti di qualsiasi
handicap fisico, psichico o sociale, disturbanti, disordinati, problematici.
Una rete discreta di consulenti connette famiglia e scuola, pronta a tratta-
re, gestire, aiutare chi per qualsiasi micro-patologia sia supposto portare o
causare disfunzioni. Ma ci si sbaglierebbe pensando che la rete si limiti a
catturare piccole pecore nere. Un solerte discorso sociale pronunciato
da una folla di esperti annessi ai tribunali minorili in qualit di giudici
onorari e aggiunti, ma comunque competenti e deliberanti pronto a
fabbricare minori problematici non appena la matrice famigliare o scola-
stica mostri piccole crepe, presunte o reali: separazioni, divorzi, liti in un
caso, ritardi, anomie di classe, bullismi nellaltro. C da scommettere che
questo discorso si espanda ubiquamente in relazione a chi lo pronuncia,
senza rapporto con la realt di chi dovrebbe esserne benificiario. Un di-
scorso che, almeno da noi, sollecitato da unattenzione spasmodica, di
destra o di sinistra, ma sostanzialmente cattolica, ecumenica, per la fami-
glia come cemento della societ.
Qui bisogna essere chiari. Che le normative di sinistra siano rivolte a
potenziare il braccio pubblico in materia minorile, o quelle di destra pi
interessate a favorire le potenze discrete che tutelano autonomamente la
famiglia (associazioni religiose o scuole private) una finta alternativa.
Mostra lesistenza di due tattiche complementari, ma la strategia e soprat-
tutto le forze in campo sono le stesse: alla fine saranno i competenti di mi-
norit quale che sia il loro mandato, direttamente pubblico o pseudo-
privato a gestire i minori problematici: la loro presenza ubiqua, il sa-
pere uniforme, la funzione stabile. Lentamente, il braccio pubblico rinun-
cia ad alcune competenze dirette, coerentemente con la riduzione della
statualit invocata dalla grande maggioranza delle forze politiche. Accan-
to allassistente sociale, magari dotato di contratto a termine invece che di
posto fisso, proliferano i terminali del privato sociale, operatori di coope-
rative, educatori, consulenti di ogni tipo. Quindi, non ha importanza per
conto di quale braccio essi operino. Operano comunque, e producono i
loro effetti. Si potrebbero riempire biblioteche nazionali dei loro rapporti
grigi, studi di caso, suggerimenti, diagnosi, in cui uno psicanalismo an-
nacquato e una sociologia di senso comune si mescolano al gergo polvero-
so delle amministrazioni mandatarie: testi performativi che hanno la forza
di decreto, in quanto comminano cure familiari, audizioni para-giudizia-
rie, visite dal consulente scolastico, psicologico o psichiatrico. Un mondo
che della cura mantiene lambiguit costitutiva di un benessere imposto,
sanzionato, amministrativo.
I recipienti di questo sistema discorsivo e performativo, i minori, non
hanno lo diciamo di sfuggita, tanto la cosa va da s voce in capitolo.
Sono letteralmente infanti. Conosciamo casi di minori sottoposti alle ves-
sazioni pi bislacche e alla carit pi irritante senza che la loro parola pos-
sa essere pronunciata. O se avviene, trascritta. O se trascritta, rispettata. E
ci in nome non di qualche inclinazione perversa degli operatori (anche
se c da interrogarsi sulla neutra perversione della macchina che li invia),
bens della benevolenza, di un interesse sincero, ci mancherebbe, per la
loro sorte. Questo bene minorile, promosso da leggi di tutela dellinfan-
zia, non mira tanto a rafforzare le condizioni di libero sviluppo contin-
gente a cui allude il poeta citato in esergo (laureola dellazzardo o del ca-
8 IL MALE MINORE
so), ma a uniformare le traiettorie delle giovani esistenze al lugubre imma-
ginario educativo delle istituzioni.
Se qualcuno pensasse che in queste righe si pratica liperbole, rifletta
su esempi sotto gli occhi di tutti. Oggi, lorientamento alla professione, al
destino sociale che fa di qualcuno un subordinato o un superordinato,
non si innesca dopo gli studi superiori o sul limitare delladolescenza,
quando qualche sistema scolastico, in base al vostro punteggio, vi asse-
gner a una carriera di artigiano o di scienziato, ma viene retrodatato alle
scuole medie e, ancor meglio, a quelle elementari in una corsa contro il
tempo. E allinizio del tragitto, linsegnante sar spesso in compagnia de-
gli esperti di counseling, che affronteranno il problema del minore nella
sua aurora, quando egli , appunto, un essere da formare e riformare in
solido con lambiente famigliare. Ma la retrodatazione del counseling
complementare allallungamento dellet minorile, come conviene alla so-
ciet delleducazione permanente, dellincertezza del lavoro e della ri-
qualificazione perenne del lavoratore. Cos, quando uno pensa di essere
sfuggito alla minorit, ecco che il mondo della cura si interessa discreta-
mente di lui. In ununiversit di mia conoscenza, unassociazione profes-
sionale, operante nel continente del counseling psicologico, ha proposto
di impiantare un centro di ascolto e cura del disagio studentesco. Una
sorta di Cepu psicoterapeutico, per intenderci.
Stiamo parlando di minori, o mantenuti tali, che rientrano in una por-
zione dellumanit tutto sommato avvantaggiata: quella occidentale, euro-
americana, sviluppata, progredita, bianca. Per quanti problemi abbiano o
siano supposti avere, si tratta comunque di una minorit che si colloca
molto in alto, nella gerarchia delle possibilit. Come suggerisce la saga di
Antoine Doinel, protagonista dei Quattrocento colpi di Truffaut, il ragaz-
zo refrattario, dopo aver visto loceano, sar riacciuffato dagli agenti del
riformatorio, della legge o della psicoterapia. Ma si suppone che alla fine,
sopravvissuto alle angherie dellassistenza, si inoltri incerto e comunque
libero nella vita. Che dire invece dei suoi compagni meno fortunati, i mi-
nori delle minoranze, gli sfortunati bambini marocchini, tunisini, algerini,
senegalesi e (almeno allepoca di Antoine Doinel) italiani, portoghesi e
cos via che vivevano nel dolce suolo di Francia? Trentanni dopo i Quat-
trocento colpi, il reportage di Kassovitz dalle banlieues, La haine, ci ha fat-
to vedere qualcosa dellesistenza dei minori socialmente emarginati,
espulsi dalla citt bianca. E ci ha a che fare, sebbene in forme diverse,
anche con il nostro paese, in cui il razzismo non ha dimora semplicemen-
te perch, a destra e a sinistra, sconveniente parlarne. In poche parole:
alla condizione di minorit dei minori si aggiungono, nel caso dei figli dei
migranti, le etichette dellestraneit, del sospetto, della paura e del di-
sprezzo.
Cio dellesclusione. E del ruolo delleducazione e dellassistenza ai
minori nellesclusione questo libro tratta. Il male minore non parla delibe-
ratamente dei minori, n si proposto di farli parlare. Partendo invece
PREFAZIONE 9
dallassunto foucaultiano che la societ anche costituita dai discorsi del-
le istituzioni (nel linguaggio di Foucault, dal Potere e dai suoi poteri),
questo libro parla soprattutto dei modi (meccanismi, dispositivi discipli-
nari, congegni micro-sociali) con cui le istituzioni fabbricano il minore
straniero a proprio uso e consumo. La scelta di non parlare di ci che i
minori sono o fanno doppiamente corretta. Da una parte, permette di
sospendere i diritti di quel linguaggio gommoso che le scienze sociali, nel
loro punto pi basso e acritico, applicano agli altri, agli stranieri, agli alie-
ni: insensatezza di termini come multiculturalismo, intercultura, ospita-
lit, accoglienza, citt educativa, solidale, partecipata bolle lessicali in
cui quel poco che resta di significazione nella terminologia sociologica
viene tradotto in un vocabolario da assessorati. Dallaltra, permette di iso-
lare lapparato discreto della cura dei minori stranieri nel suo funziona-
mento, nei suoi interessi e nella sua produttivit. Qui si parla dunque dei
modi in cui le propaggini istituzionali dal livello pi alto, ministeriale ai
pi bassi, locali, regionali, provinciali, comunali e di quartiere trattano il
problema-minori.
Prima di indicare qualche aspetto poco noto di questo dispositivo, ri-
badiamo: visto che i minori (specialmente stranieri) non possono parlare,
sarebbe inutile e fuorviante che la sociologia parlasse per loro, magari il-
ludendosi di restituire la loro voce. Tanto pi che, in quanto oggetti di un
apparato, la loro singolarit esistenziale o biografica offre delle occasioni
o delle variazioni sullo spartito, ma conta ben poco nel meccanismo istitu-
zionale. Infatti, come viene mostrato oltre, i minori stranieri sono i porta-
tori di un doppio stigma, rigidamente codificato. Sono minori (attual-
mente o virtualmente) clandestini. Una clandestinit che ha poco o nulla
a che fare con lo status dei genitori (se li hanno), e tutto con lidea pratica
che la microsociologia dei competenti di minorit ha elaborato di loro:
scivolosi come saponette, imprendibili, ubiqui, mimetici. Anomici se indi-
vidualisti, pericolosamente inclini alla socialit deviante, se aggregati (ec-
co la brillante tipologia che gli investigatori di crimini minorili e di bande
hanno stabilito, per esempio, tra maghrebini e sudamericani, tra albanesi
e senegalesi). Abbandonati a se stessi se innocenti, minacce per lordine
costituito se propensi a qualche traffico (ecco la differenza tra un vendito-
re di fiori e uno spacciatore, non diciamo di hashish ma di merci contraf-
fatte). E, in ogni caso, rigidamente affiliati alla propria cultura, che nessu-
no conosce (africani, islamici, arabi, maghrebini, marocchini?), ma che
tutti presuppongono come longa manus operante dietro le attivit che es-
si commettono tra noi e nel loro essere.
Cos, il minore costruito dai competenti di minorit ha preso il posto
della loro individualit. E fin qui sarebbero solo dei minori, delle pagine
bianche da illustrare. Ma, in quanto stranieri, essi sono disciplinati dal co-
dice secondo cui il bene supremo del migrante che smetta di essere mi-
grante. Allora, accanto alla porta stretta della socializzazione subordinata
(chiss in base a quale teologia politico-sociale un minore straniero pu
10 IL MALE MINORE
essere quasi esclusivamente avviato alla carriera di muratore o panettiere),
ecco la predominante prospettiva dellespulsione. No, non dellespulsio-
ne una parola cos poliziesca pu valere per dei dannati adulti da depor-
tare ma del rimpatrio, del ritorno, della ricostituzione di un nucleo
famigliare, che il familismo benevolo delle istituzioni vede come faro nel-
la corretta gestione dellimmigrazione minorile: che essi tornino l, lonta-
no, al di l dei confini, di distese marine e montagne, in qualche valle del-
lAtlante benedetta dai mandorli o cittadina albanese fiorente di imprese
italiane delocalizzate, o sobborgo siderurgico rumeno. E ci per il loro
bene. E cos, ragazzini venuti qui da piccoli o cresciuti a Tangeri (con il
sogno dellEuropa negli occhi), scivolati tra le maglie della famiglia origi-
naria, dei controlli doganali e dei rischi della strada, si ritrovano di l, al
punto di partenza. E magari avevano appreso litaliano, e giocato al pallo-
ne con la maglia della Juventus, e desiderato le loro coetanee, e aspettato
il loro turno davanti al buttafuori per entrare in discoteca, e bevuto una
birra di troppo o venduto o fumato uno spinello attivit che sono indi-
zio di delinquenza per i giovani stranieri, ma ai nostri sono per lo pi con-
sentite o punite con una ramanzina del preside o del maresciallo, persino
nel tempo in cui la moralit pubblica governata da Ignazio La Russa.
Questo libro descrive ed evoca con le parole degli operatori la mac-
china istituzionale preposta ai minori stranieri, la sua implacabilit nel-
lapplicare la benevolenza pubblica o sociale al destino dei giovani clan-
destini. Nella folla di operatori, assistenti, educatori che collaborano al
rimpatrio dei minori non accompagnati, non dobbiamo cercare degli
aguzzini bens, oltre che funzionari del settore pubblico, sinceri attori del
privato sociale, gente che si formata nella cultura della solidariet e for-
se anche in una lettura simpatetica dellimmigrazione. Siamo dunque lon-
tani anni luce dalla spietatezza dei mazzieri parrocchiali di Dickens. Ma,
in cambio, nessun deus ex machina romanzesco o parente ricco o zio di
campagna salter fuori nei capitoli finali a salvare David Copperfield o
Oliver Twist dai bassifondi o dalla cattura della legge. Questi minori stra-
nieri, se non si nascondono nelloscurit del lavoro nero o della piccola
criminalit, finiranno senza scampo nelle maglie del dispositivo. In alcuni
casi resteranno, ma pi spesso saranno reinseriti nella terra dorigine, cio
riportati esattamente al punto in cui erano quando avevano cercato di ve-
nire tra noi. L, dove la benevolenza sociale si arresta e linteresse per i
minori sostituito dai luoghi comuni dellalterit, della differenza e dello
scontro tra civilt.
Questo libro non scende sul terreno delle polemiche. Semplicemente,
con loggettivit di chi sospende, in nome di una buona metodologia, il
presupposto (oggi largamente diffuso nelle scienze sociali) che le istitu-
zioni siano per natura avvolte dalla santit, mostra quali siano i linguaggi
dominanti, i presupposti politico-culturali, i congegni istituzionali e so-
prattutto gli effetti pratici della macchina minorile. Tutto quello che qui
non viene detto lasciato allimmaginazione del lettore. Ma non si tratta
PREFAZIONE 11
di un compito difficile. Una volta terminata la lettura, si tratter semplice-
mente di riflettere quanto, in una societ che si vuole democratica, le pro-
cedure scivolino verso il totalitarismo, quando hanno a che fare con i de-
boli, i poveri, gli stranieri e i senza voce. E come il sistema delle buone in-
tenzioni, laico o cattolico, di destra o di sinistra, pubblico, privato o socia-
le possa obliterare il diritto allautonomia dellesistenza. Si tratter, in-
somma, di pensare uningiustizia tanto pi assordante, quanto pi lusinga
chi ci vive in mezzo con lillusione del bene. E alla fine, ci si potr chiede-
re se lintera logica che presiede a questi piccoli misfatti neo-coloniali non
sia una buona volta, da parte nostra, da rifiutare in blocco, senza collabo-
razioni, partecipazioni e connivenze.
12 IL MALE MINORE
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Nel Centro non ci sono minori. Cos, pressappoco, ha dichiarato
uno dei componenti del movimento antirazzista tra i primi a entrare nel
Centro di permanenza temporanea (Cpt) di via Corelli a Milano. Era il
1999. I Cpt introdotti dalla prima legge organica sullimmigrazione
(la Turco-Napolitano) iniziavano a guadagnare la ribalta e gi si mo-
stravano per quello che erano: luoghi di gran lunga peggiori delle prigioni
dove tuttavia finivano uomini e donne senza conti in sospeso con la legge
penale (perch non ne avevano mai avuti oppure perch li avevano gi
saldati). Luoghi che sono cristallini nella loro funzione di esclusione dei
migranti dalla societ, insomma luoghi per non-persone
1
. Per fortuna ri-
sparmiati ai minori. Ma se i minori non sono l, dove sono? Il fatto che
siano loro risparmiati questi posti, significa che lo sono anche le pratiche
di esclusione dirette agli adulti?
In realt, se vero che almeno ufficialmente i minori non sono mai
transitati per i Cpt, anche vero che gi due anni prima dellapertura del
Centro di via Corelli era stato istituito a Milano il Punto sosta, destina-
to ad accogliere i giovani migranti trovati da soli
2
. Certo un luogo affatto
diverso dai Cpt: il personale era (ed ) composto da educatori e non si ve-
devano sbarre. Ma era davvero cos diverso nei fatti? Le percentuali di fu-
ga dal Punto sosta erano elevatissime
3
e questo vuol dire che, quanto-
meno, si trattava di un posto in cui i minori non stavano per propria vo-
lont. Un luogo conosciuto solo dagli addetti ai lavori e nato anche per
implicazioni di ordine pubblico, in quanto forte era la preoccupazione
per i ragazzi trovati in strada. Un luogo in cui il comitato antirazzista e le
delegazioni che da molto tempo sorvegliano, per quanto possibile, latti-
vit nei Cpt, non hanno mai messo piede. Ma questo solo un esempio di
quanto sia residuale la mobilitazione critica quando si tratta del con-
trollo della migrazione minorile.
Il libro prende essenzialmente le mosse da questa possibile e, nono-
stante tutto, trascurata forma di esclusione. E cio dai dispositivi di con-
trollo, protezione ed educazione adottati nei confronti dei minori stranie-
ri. Ma non solo: si occupa anche dellautomatismo con cui la condizione
minorile, e in particolare quella dei minori stranieri non accompagnati,
immediatamente associata alla necessit di tutela che da sola basta a giu-
stificare ogni decisione presa sul minore e forse la stessa disattenzione
per tali dispositivi. Sia chiaro, non mia intenzione negare loggettiva ne-
cessit di soccorrere e di proteggere i minori stranieri, come del resto so-
no oggettive le condizioni di difficolt in cui molti ragazzi si trovano. Tut-
tavia proprio nellindissolubile nesso istituito tra minore straniero e ne-
cessit di tutela che trovano fondamento e legittimazione le pratiche di
esclusione di chi suo malgrado ne diventa oggetto.
A questo proposito opportuno precisare subito che qualunque di-
scorso sul minore straniero deve essere inserito in un contesto pi ampio
definito da alcuni autori paradigma giovanile
4
e in parte anche nellapo-
logia sul culto della fanciullezza
5
. Molti studi sulla minore et (intesa
nel senso pi ampio del termine: infanzia e adolescenza) forniscono dati,
informazioni, descrizioni accurate su questo periodo della vita, finendo
tuttavia per presentarne implicitamente uninterpretazione ideologica,
che in genere la descrive come periodo naturale o perlomeno necessario
dello sviluppo umano. Secondo alcuni autori tali spiegazioni, che rivesto-
no dapparenza scientifica le idee correnti nella nostra cultura, pi che ri-
volgersi ai fanciulli e agli adolescenti ribadiscono posizioni di potere (eco-
nomico, politico e simbolico) consolidate socialmente
6
. Sebbene questo
abbinamento tra et giovanile e potere possa apparire a prima vista azzar-
dato, occorre considerare come tali affermazioni abbiano il pregio di spo-
stare lattenzione sulle aspettative del mondo adulto. Insomma, che cos
linfanzia? Soltanto uno stato biologico, o anche, se non soprattutto, una
condizione socialmente prodotta? E soprattutto, tale categoria in funzio-
ne di chi e com stata costruita?
Si tratta di domande estese e assolute la cui complessit, pi che ri-
solta definitivamente, sar continuamente tenuta sullo sfondo e proble-
matizzata. Qui sufficiente ricordare che nel corso della storia uno dei
principali problemi, in questo campo, stato quello di definire il confine
tra let adulta, o considerata tale, e quella infantile. Il criterio prevalente
stabiliva come appartenente alla seconda categoria tutto ci che non
adulto, ricorrendo a una definizione diacritica. Destino questo che il mon-
do infantile condivide con il mondo sociale in quanto ritenuti, nel di-
scorso dominante, condizioni naturali: entrambi sono accomunati dal po-
tersi esprimere solo passivamente. Infanzia e societ sono dunque due og-
getti che in una prospettiva tipicamente foucaultiana rimandano, ancor
prima che ai soggetti in questione (bambini, individui), alle regole del
potere, alle sue particolari grammatiche
7
.
Seguendo questa trama il minore straniero assume oggi inediti signifi-
cati sociologici (e in parte politici) dettati dalla sua esemplare funzione
specchio
8
rispetto alla societ adulta. Per comprenderne le possibili im-
14 IL MALE MINORE
plicazioni, sar utile partire da unassunzione critica della centralit asse-
gnata alla figura del minore non accompagnato nel processo di definizio-
ne della necessit di tutela sul minore straniero. Non va sottovalutato,
infatti, che lattenzione da parte delle istituzioni, di numerosi studiosi e
delle organizzazioni internazionali nei confronti dei minori stranieri
tende sempre pi a concentrarsi sulla particolare condizione del minore
non accompagnato, soprattutto in virt del presunto nesso con la con-
dizione di sfruttamento e di possibile coinvolgimento nel racket e nella
criminalit organizzata
9
. Tale accostamento e la stessa definizione di non
accompagnato sono quindi i primi elementi rivelatori della percezione
assai controversa di questo particolare tipo di minore, che, infatti, diventa
oggetto di attenzione perch si sposta, per di pi da solo, senza alcuna fi-
gura adulta che possa indirizzarlo e legittimarlo.
Il minore straniero in stato di abbandono ha una caratteristica che lo
rende esemplare, qualcosa che in termini semplicistici ha a che vedere
con il suo esotismo. Intanto spesso concettualmente lontano e quindi
pi astraibile (bambino guerrigliero, mutilato dalle mine anti-uomo o de-
finizioni analoghe che affollano il linguaggio comune). La sua condizione
assume toni diversi quando il minore diventa reale attraversando pi o
meno autonomamente le nostre frontiere. Ebbene, a questo punto, si as-
sommano in lui due figure: quella tipica delle campagne benefiche, che
hanno visto una sorta di globalizzazione dellimmagine buona e tran-
quillizzante di minore (le global marches contro lo sfruttamento lavorativo
dei minori nel terzo mondo, le campagne di boicottaggio contro la Ne-
stl e la Nike, i molteplici progetti e le indagini avviate sullo sfruttamento
sessuale dei minori nel mondo
10
), e quella di elemento di rottura e di mes-
sa a nudo dei nostri paramenti definitori (qui la funzione specchio).
Il minore straniero non accompagnato rappresenta in sostanza un
elemento anomalo o deviante. Infatti, se linfanzia oggetto social-
mente e sociologicamente problematico, costruito relazionalmente e se-
gnato discorsivamente dalle grammatiche del potere, la sovrapposizione
di questo stato ontologico alla particolare condizione di estraneit pro-
pria dellesperienza migratoria moltiplica gli effetti politici di tale oggetto.
E questambivalenza ne determina la particolare criticit, trovando imme-
diata conferma nel fatto che la tutela naturale viene in qualche modo
infranta, o finisce per dissolversi in uno spazio che non pu essere indiriz-
zato o controllato su logiche e prassi proprie dellordine nazionale. In al-
tre parole, rappresenta una prospettiva minacciosa per lassetto della so-
ciet adulta.
Occorre allora chiedersi su quale base sia possibile ristabilire la tutela
su un minore di cui non si sa nulla di certo. Lassunto da cui muovo che
la tutela si configura come un complesso di diritti e doveri in capo al mi-
nore, volto a educarlo/disciplinarlo/trasformarlo in un cittadino adulto
che interiorizza (o, per dirla con Foucault, soggettivizza) norme e rego-
le di condotta e quindi anche facolt di controllo sociale sugli altri, allin-
INTRODUZIONE 15
terno di un ordine nazionale. Inevitabilmente il minore non-cittadino pri-
vo di tutela rappresenta un caso assolutamente inconsueto nel contesto
attuale, in cui lo Stato nazionale non aspira pi a quella sorta di missione
assimilazionista che faceva parte dellespansione coloniale o imperiale e
contemporaneamente tende ad arroccarsi nella protezione dei privilegi le-
gati alla cittadinanza, restringendo la possibilit di accesso dallesterno.
Come vedremo, questo aspetto si traduce in una sorta di dilemma
che riguarda lopzione tutela/espulsione. Inoltre, il caso del minore non
accompagnato, oltre a produrre riflessi sulla costruzione normativa, d
vita a molteplici reazioni contraddittorie negli operatori istituzionali e
non, e quindi nelle istituzioni e nei servizi. Ne una conferma il fatto che
la condizione giuridica del minore straniero, e in particolare di quello non
accompagnato, regolata con strumenti normativi non proprio coerenti e
organici. Questi, nati per regolamentare in modo uniforme i particolari
diritti dei minori stranieri, non solo non sono riusciti a superare i partico-
larismi locali (questo un limite che non riesce a superare nemmeno la
normativa sui minori tout court, che trova unapplicazione a macchia di
leopardo secondo gli orientamenti dei vari tribunali), ma hanno persino
sollevato numerosi dubbi in merito alla propria legittimit costituzionale.
A questo punto azzardo una generalizzazione: quello dei minori stra-
nieri si configura nei presupposti come un argomento di confine, in cui
inclusione ed esclusione sembrano essere facce della stessa medaglia. Si
tratta soggetti che, sia pure avviati a percorsi dinclusione, vivono forme
di esclusione almeno quanto gli adulti. Infatti, anche se raramente pro-
tagonisti di episodi di razzismo, i minori soggiacciono a unostilit pi
sottile e strategica: quella che si consuma attraverso i meccanismi della tu-
tela delle leggi e dei decreti che vengono adottati per regolare la loro con-
dizione. Lesclusione in questo caso passa attraverso la supposta e auto-
matica necessit di protezione. Qualcosa che ha a che vedere con il far
vivere e lasciar morire identificati da Foucault come elementi centrali
delle pratiche di potere biopolitiche moderne. Detto altrimenti, lipotesi
che sorregge questo lavoro dunque che la tutela, declinata nella produ-
zione normativa, funzioni come dispositivo di inclusione/esclusione e
gli operatori, preposti a tradurla in azione, come operatori di inclusio-
ne/esclusione. Andr poi verificato se tra i due sottoinsiemi si creano an-
che meccanismi circolari di rinforzo nellidentificazione dei minori stra-
nieri non accompagnati come categoria sociale da tutelare. Sono tutta-
via opportune alcune precisazioni sugli aspetti teorici con cui si misura
questo lavoro.
La prima riguarda i sistemi di inclusione
11
. Tra le proposte teoriche e
politiche sviluppate intorno al discorso sulla socializzazione possibile di-
stinguere due principali tendenze o prospettive fondate su schemi teorici
e categorie concettuali difficilmente conciliabili (ma entrambe valide)
12
.
La prima una prospettiva di carattere normativo (a cui appartengono
studiosi come Durkheim e Parsons) in cui la socializzazione general-
16 IL MALE MINORE
mente intesa come integrazione dellimmaturo in un ambito societario e
culturale determinato
13
. Laltra una prospettiva individualistico/inter-
pretativa (in cui possono rientrare classici come Weber, Simmel e, pi di
recente, Goffman), che definisce la socializzazione come un processo in-
novativo nella riproduzione sociale, in cui il soggetto ha un ruolo attivo (o
interattivo) e indispensabile nella sua interpretazione: anzi ogni individuo
rivestir diversi ruoli e sar dunque partecipe di diverse forme di socializ-
zazione. Il confine tre queste due scuole non affatto definito e soprattut-
to molto articolato. Si tratta di una suddivisione grossolana che tuttavia
ha il vantaggio di rilevare la distinzione tra due grandi aree di teorici so-
ciali: quelli di tradizione positivista che considerano lindividuo come
un prodotto della societ e per i quali la realt sociale sempre percepita
come esterna; e coloro per i quali la realt non pu essere semplicemente
osservata ma va interpretata o, pi in particolare, coloro che negano log-
gettivit della realt sociale, definendola come costruzione individuale di
ogni soggetto umano
14
. Io far riferimento alla prospettiva normativa,
sebbene sia consapevole che i giovani e le famiglie non sono mai passivi
nei processi di socializzazione e controllo: le strategie della stragrande
maggioranza delle famiglie straniere non sono probabilmente diverse da
quelle adottate dalle famiglie delle classi pericolose di Chevalier; cos
come la storia della giovent straniera contraddistinta dalle stesse re-
sistenze e dalle medesime tensioni verso lautonomia e il mutamento tipici
di qualunque giovent
15
.
Sono consapevole che la prospettiva in cui mi pongo pu essere consi-
derata troppo circoscritta e orientata, in quanto inevitabilmente trascura
la carica oppositiva delle minoranze attive (tradotta in una specifica tra-
dizione di ricerca negli studi post-coloniali
16
). Credo tuttavia che, come
tutti i discorsi sociologici, anche quello sui minori non debba necessaria-
mente proporre ricostruzioni scientificamente fondate della realt sociale,
ma anche rendere espliciti alcuni dispositivi che fondano la propria legit-
timit su una grammatica regolata dal potere. Ripropongo questa im-
postazione, fortemente intrisa del paradigma foucaultiano, molto fre-
quentata intorno agli anni Settanta, con il solo intento di allargare il cam-
po di indagine su questo tema, proprio perch il paradigma patologico-
sociale , nonostante tutto, ancora quello predominante in particolar mo-
do nellinterpretazione dei fenomeni che coinvolgono il composito mon-
do dellet giovanile
17
.
Alla luce di queste premesse il lavoro va diversamente tarato: nel libro
tento di descrivere come lanalisi delle modalit di sviluppo della tutela
possa valere come analisi dei rapporti di potere, come matrice delle tecni-
che di inclusione/esclusione e, in secondo luogo, come queste tecniche
siano apprese, rese neutrali, riprodotte e poste a fondamento di un nuovo
ordine sociale. A questo punto sono necessarie altre due precisazioni: con
i concetti di potere e di dispositivo faccio riferimento alle relative categorie
foucaultiane. La definizione di un potere che intrattiene legami inestrica-
INTRODUZIONE 17
bili con il sapere rende possibile concepire effetti strategici pi profondi
di quelli meramente repressivi: il potere piuttosto incitamento al discor-
so, produttivo di ordine perch trova cittadinanza nelle pratiche diffuse
nellintero corpo sociale. Con Deleuze, per dispositivo intendo innanzi-
tutto un groviglio, un insieme multilineare che risulta non da una strate-
gia prevista e pianificata, ma dalla composizione eterogenea di molteplici
spinte e disegni parziali che si compenetrano nelleffetto finale
18
.
Un lavoro impostato in questi termini richiede necessariamente uno
stile di indagine qualitativo. Il ragionamento sui processi di categorizza-
zione e neutralizzazione, soprattutto in un campo denso di assunti indi-
scutibili come quello dellintervento sulla minore et, rende inevitabile
uno studio del fenomeno dallinterno con lutilizzo di materiali di sen-
so comune. In questo caso non basta infatti descrivere la realt sociale,
ma necessario farlo in base a presupposti che ne illustrino aspetti poco
evidenti o comunque non ovvi
19
. La ricerca costruttivista (e in particola-
re letnografia sociale) vanta ormai un considerevole numero di adepti nei
pi svariati campi dellanalisi sociologica e attualmente ha guadagnato
una posizione consolidata nel panorama scientifico
20
. Le difficolt create
dalla lettura soggettiva degli strumenti di analisi vengono, secondo gli stu-
diosi di questa prospettiva
21
, arginate da una rigorosa definizione del
campo di analisi e delloggetto della ricerca.
In particolare in questo lavoro ho fatto riferimento agli studi intera-
zionisti
22
e genealogici, utilizzandoli luno a completamento dellaltro.
Questi ambiti metodologici presentano non poche affinit: in entrambi
lattenzione si rivolge al carattere architettonico-progettuale dei sistemi
di conoscenza piuttosto che al loro valore di verit
23
; la lente puntata
sulle procedure di costruzione e di funzionamento dei saperi e in partico-
lare sugli effetti prodotti in un determinato contesto. Tanto lapproccio
genealogico-foucaultiano quanto linterazionismo rappresentano una sto-
ria critica che mette costantemente in dubbio ci che ha reperito. Non ri-
cercano i nessi causali e tanto meno le soluzioni, ma piuttosto chiarifica-
zioni e complicazioni al tempo stesso, rilevando limportanza dei fatti ri-
tenuti laterali e le interrelazioni tra un pi vasto numero di attori e avveni-
menti
24
. Tuttavia, almeno in relazione alla ricerca proposta, il metodo in-
terazionista presenta il limite di non indagare il modo in cui le procedu-
re istituzionalizzate interagiscono con il potere (politico) e con il discipli-
namento della societ
25
. I percorsi delle genealogie invece pongono al
centro dellinteresse anche i giochi causali delle dominazioni, la combi-
nazione di quei fattori che nessuno nello specifico domina o in grado di
produrre
26
.
Allinterno di questo frame teorico, lanalisi degli effetti sociali e cultu-
rali della costruzione della categoria di minore non accompagnato com-
porta innanzitutto lestensione del campo empirico a un lavoro prevalen-
temente descrittivo, etnografico, concentrato cio sulla descrizione del-
le pratiche culturali e sullanalisi delle diverse procedure di produzione
18 IL MALE MINORE
e di intervento che la definizione adottata favorisce e determina. Ho cos
sviluppato la ricerca su pi attori e piani, ognuno dei quali comporta luso
di mezzi diversi. La verifica delle ipotesi si incentrata su tre categorie di
attori: le istituzioni coinvolte nei processi di tutela del minore, le organiz-
zazioni del terzo settore (che operano in Italia e nei paesi di origine dei mi-
nori) e il minore-straniero-non-accompagnato. Essa inoltre stata condotta
seguendo il filo rosso delle strategie (pratiche e discorsive) che dal piano
globale (nazionale e internazionale), per ciascuno degli attori coinvolti,
prendono forma e assumono rilevanza nel contesto locale; ci per testar-
ne territorialmente gli effetti e le peculiarit nella traduzione/ produzione
delle politiche e delle pratiche di categorizzazione del minore-straniero-
non-accompagnato. In generale gli strumenti di analisi utilizzati sono
stati, oltre a quello dellosservazione partecipante, le interviste in profon-
dit e lanalisi dei documenti
27
.
Entrando pi nello specifico, per istituzioni coinvolte (nella consape-
volezza che in questo processo entra un maggior numero di attori rispetto
a quelli presi in considerazione) si intendono il sistema politico (nazionale
ed europeo), la pubblica amministrazione, le forze dellordine e il sistema
giudiziario minorile. Tuttavia nel corso dellesposizione non affronter
specificamente loperato del tribunale per i minorenni, n quello della
questura, bens mi concentrer sulla pubblica amministrazione: le infor-
mazioni raccolte con le interviste sono state tuttavia utilizzate sia per de-
scrivere il contesto preso in considerazione dalla ricerca, sia per rendere
pi chiari alcuni passaggi nel corso dellanalisi. Questo perch il ruolo dei
giudici e dei funzionari di polizia, sebbene sia determinante nelle scelte
delle politiche sui minori stranieri, non quasi mai giocato a diretto con-
tatto con i minori. In sostanza, nel loro operato, il minore si rivela non pi
di un documento darchivio o il risultato di nuove indicazioni. Rientra nel-
la definizione di organizzazioni del terzo settore un ampio numero di enti
per lo pi distinguibili in associazioni, cooperative di servizi o sociali, or-
ganizzazioni di volontariato e fondazioni
28
. Il particolare interesse che de-
dicher loro determinato dal ruolo sempre pi importante che queste
occupano nella gestione di alcuni bisogni sociali (in Italia e nei paesi di
provenienza dei migranti) colmando lacune sempre pi frequenti del wel-
fare state
29
. Per alcune categorie di bisogni si pu parlare persino di man-
dato che si esplica con lattribuzione, tramite gara di appalto o convenzio-
ni, della gestione o erogazione diretta di alcuni servizi (in Italia ma anche
allestero in seguito allespansione degli interventi di cooperazione allo
sviluppo). Un discorso a parte merita il minore non accompagnato. Secon-
do quanto sancito nelle citate disposizioni di legge, si intende come tale
il minore che si trova nel territorio dello Stato privo di assistenza e rap-
presentanza da parte dei genitori o di altri adulti responsabili in base alle
leggi vigenti nello Stato italiano. Sar proprio questa definizione (e non
il minore) loggetto di analisi, da vagliare in modo trasversale nei due
contesti precedenti, in quanto raccoglie in s condizioni spesso molto ete-
INTRODUZIONE 19
rogenee e accomunate dal solo fatto che il minore non si trova sotto la
stretta tutela di un adulto.
Infine la scelta del contesto locale caduta su Genova per motivi di
comodit: , infatti, un luogo che si presta in modo esemplare allosser-
vazione etnografica
30
. Una citt con un centro storico densamente abitato
da migranti, in cui si concentra il maggior numero di attivit pubbliche e
private rivolte ai minori stranieri: un luogo in cui giovani venditori di fiori
(gli omologhi dei lavatori di vetri) e salvatori dellinfanzia condividono la
scena interpretando un unico dramma, in cui i minori non necessariamen-
te sono gli attori principali. Un qualunque altro criterio sarebbe altrettan-
to arbitrario, perch piuttosto difficile generalizzare i risultati di una ri-
cerca cos strettamente legata alle scelte politiche e alle pratiche sociali
inevitabilmente diverse in ogni singolo contesto. Ne una conferma la di-
somogeneit, mai superata, nellapplicazione della normativa sui minori
cui facevo cenno precedentemente
31
.
Viste le peculiarit degli attori, le pratiche adottate e le problematiche
incontrate nel percorso di ricerca sono state quelle tipiche delletnografia
sociale (in particolare quella delle organizzazioni
32
). Questo stile di ri-
cerca e di analisi
33
ha informato tutto il mio lavoro sul campo, quindi so-
no necessarie solo alcune brevi precisazioni. In primo luogo, mentre sul
piano nazionale il campo di indagine e i soggetti da intervistare erano pre-
determinati (i documenti ufficiali e le interviste al comitato e alle Ong
convenzionate), nel contesto territoriale gli stessi non erano stabiliti in an-
ticipo: ho preferito infatti usare preliminarmente losservazione parteci-
pante
34
al fine di individuare con maggior cognizione di causa le traietto-
rie di indagine e gli attori da prendere in considerazione nonch mirare i
contenuti delle interviste. Non sempre tuttavia stato possibile effettuare
preliminarmente un periodo di osservazione partecipante (in particolare
presso alcuni enti del terzo settore, soprattutto quelli che lavorano nei
paesi di origine dei ragazzi, il Comitato minori stranieri, il Tribunale per i
minorenni e la Questura) a causa delle caratteristiche strutturali e orga-
nizzative del lavoro dellente di volta in volta preso in considerazione.
Questo ovviamente risultato maggiormente agevole nel contesto territo-
riale. Anche le interviste in profondit hanno risentito di questi aspetti e
spesso hanno richiesto atteggiamenti differenti, anche allinterno della
stessa intervista. Com tradizione in questo genere di etnografia, la tra-
sposizione in forma scritta delle pratiche adottate sui minori stranieri es-
sa stessa una parte inscindibile del processo di ricerca, come lo del resto
lo stesso ricercatore
35
. Quella che propongo dunque consapevolmente
una ricostruzione soggettiva, provvisoria e situata: il risultato di una se-
lezione e di una interpretazione inevitabilmente personale dei materiali e
degli eventi concreti prodotti in un determinato contesto e in un preciso
periodo (che sostanzialmente coincide con gli ultimi tre anni e mezzo).
Ci non significa comunque che una ricostruzione di questo tipo sia arbi-
traria o che rinunci a descrivere una realt del mondo sociale; piuttosto
20 IL MALE MINORE
mi sono proposta di fornire una prospettiva originale: cos, seguendo
esempi ben pi autorevoli
36
, ho preferito dare ampio spazio alle esperien-
ze concrete e alle voci che le hanno raccontate. Unultima precisazione
a questo proposito: nelle trascrizioni delle interviste dove era necessario
ho inserito, tra parentesi quadra, le domande rivolte agli intervistati o
chiarimenti su alcuni aspetti impliciti nel discorso. Come buona norma,
ho usato ogni cautela per proteggere lanonimato degli intervistati elimi-
nando non solo nomi, ma, nei contesti pi riconoscibili (quello locale in
particolare), anche le strutture di appartenenza, facendo esclusivamente
menzione del ruolo.
Alla fine di questo percorso il libro composto idealmente di tre par-
ti. La prima che coincide col primo capitolo si propone innanzitutto
di delineare le coordinate entro cui si muove loggetto della ricerca e di
fornire i presupposti da cui parte il lavoro di ricerca. La ricostruzione del-
le pratiche e delle procedure attraverso cui si costruisce e si definisce il
minore straniero comporta infatti preliminarmente il passaggio attra-
verso i termini che compongono tale identit: il minore e lo straniero. Ter-
mini che, come vedremo, non vanno considerati in modo diacritico, ma
uno a completamento dellaltro come condizioni necessarie e non suffi-
cienti per la definizione del soggetto. Dopo la ricognizione generale dei
diversi approcci sociologici al minore (inteso in senso lato) e allo straniero
arrivo a circoscrivere lindagine sul minore straniero. Le categorie sotto-
poste ad analisi vanno considerate come produzioni discorsive mitiche,
nel senso barthesiano di strategie discorsive che naturalizzano e privano
di storicit i concetti su cui queste vengono applicate
37
. Preciso che li-
deologia e le rappresentazioni mitiche non devono essere considerate
semplici sovrastrutture, ma vengono a far parte degli stessi rapporti so-
ciali di produzione
38
. Infine, alla ricognizione teorica di ciascuna delle
categorie individuate unir quella delle pratiche di protezione/controllo e
inclusione/esclusione a loro connesse. Pertanto intender le tappe propo-
ste, tanto come luoghi in cui si situa il senso comune quanto come labora-
tori di sperimentazione dei sistemi di controllo.
Con i successivi tre capitoli inizia lanalisi e linterpretazione dei mate-
riali raccolti nel corso del lavoro sul campo. La ricerca e la verifica delle
ipotesi si incentrano su due livelli analitici, allinterno dei quali si muovo-
no le tre categorie di attori definiti precedentemente, cui corrispondono
altrettanti capitoli: una ricognizione dei discorsi e delle pratiche delineate
a favore del minore straniero (e in particolare di quello solo), assumen-
do criticamente sia la definizione sia il presupposto nesso con la necessit
di una tutela specifica. Loggetto di questa parte non , quindi, parafra-
sando Becker (1987), il fenomeno in s
39
(che i minori non accompagnati
esistano o meno, che siano in qualche modo individuabili), quanto invece
il fatto che il minore, una volta individuato, entra in una rete complessa di
rapporti, e assume un suo contenuto (effetto) di verit per via del modo
in cui differenti persone e gruppi lo definiscono. Sar inoltre messo in evi-
INTRODUZIONE 21
denza il ruolo dei minori non accompagnati nelleconomia discorsiva
della promozione dei diritti dellinfanzia e del controllo delle frontie-
re. Esso anzi rappresenta lo sfondo concettuale entro cui il lavoro si inse-
risce, e circolarmente definisce il suo punto di partenza e i suoi possibili
approdi, soprattutto se posto in relazione alla progressiva internazionaliz-
zazione e privatizzazione delle politiche sociali. Nei limiti che pu avere
una divisione arbitraria distinguer questa parte del processo di costru-
zione del minore straniero in tre momenti: lidentificazione di un corpus
di norme formalizzate in un apparato di agenzie e di funzionari pubblici
a cui si collegheranno agenzie e funzionari di organizzazioni private , di
una procedura, sviluppata in Italia e nei paesi di provenienze dei minori
(capitoli secondo e terzo) e infine di un soggetto (capitolo quarto).
Gli ultimi tre capitoli prendono in esame le pratiche territoriali. In
questo caso il compito risiede nella comprensione
40
delle politiche atti-
vate dalle istituzioni locali (soprattutto quelle attuate dal comune; capito-
lo quinto) e dalle organizzazioni non profit (capitolo sesto) in favore dei
minori non accompagnati. Vedremo come nella loro relazione tali organi-
smi hanno finito per ridefinire laccesso ai diritti dei minori non accompa-
gnati, riducendoli ulteriormente attraverso la loro privatizzazione. Nel la-
voro sul terreno ho preso in considerazione (tutti) gli interventi specifica-
mente preposti per i minori non accompagnati dallamministrazione pub-
blica e dal privato sociale. Ci al fine di testare gli effetti e le peculiarit
che il processo di categorizzazione produce nella definizione delle politi-
che locali sui minori stranieri e sui minori stessi (capitolo settimo).
Last but not least, ho effettuato interviste e colloqui pi informali con
esponenti delle forze dellordine, della magistratura, membri di associa-
zioni di volontariato, insegnanti delle scuole in cui si rileva unelevata pre-
senza di minori stranieri, dirigenti del comune afferenti ad altri settori che
tuttavia coprono un ruolo decisivo nelle politiche sui minori e dunque an-
che sui minori stranieri. Nei casi in cui non stato possibile svolgere los-
servazione partecipante ho direttamente proceduto alle interviste in
profondit. Sul piano nazionale, come ho gi anticipato, ho effettuato in-
terviste ai componenti del Comitato per minori stranieri per quanto ri-
guarda lanalisi istituzionale; nellambito delle organizzazioni del terzo
settore ho intervistato i membri delle principali Ong convenzionate per i
rimpatri dei minori nei paesi di origine, nonch una serie attori che circo-
lano intorno alla categoria del minore straniero (non accompagnato) e i
membri di alcune Ong che lavorano nel campo della promozione dei di-
ritti dellinfanzia e degli immigrati. Infine una piccola parte di interviste
stata rivolta agli utenti dei servizi nazionali nel tentativo di far emergere,
almeno in parte, laltra faccia della relazione. Nel complesso ho raccol-
to 65 interviste in profondit. A tutte queste persone e a tutti i loro enti di
appartenenza va il mio primo ringraziamento. Senza di loro questo lavoro
non sarebbe stato possibile. Tra questi un ringraziamento particolare va a
Elena Rozzi per i consigli, i materiali, gli spunti. Ma questo libro deve
22 IL MALE MINORE
molto anche a una lunga lista di persone che mi hanno sostenuto, ispirato,
aiutato, criticato, scoraggiato e di nuovo incoraggiato. In particolare Ales-
sandro Dal Lago ha supervisionato il mio dottorato fornendomi preziosi
stimoli per la ricerca, Salvatore Palidda ha discusso con me alcuni aspetti
del lavoro permettendomi di puntualizzare il quadro analitico, Livia Po-
modoro mi ha incoraggiato in un progetto non ortodosso sullo studio del-
la questione minorile, ho inoltre potuto approfittare dellaffetto e della
pazienza di molti amici che qui ringrazio collettivamente. Questo lavoro,
infine, ha preso forma grazie ai consigli di Enzo Colombo e gli insostitui-
bili spunti di Roberto Escobar. Ovviamente io sono lunica responsabile
degli eventuali errori qui contenuti, a tutti gli altri vanno attribuiti solo gli
aspetti positivi di questo lavoro.
INTRODUZIONE 23
CAPTDLD PF|D
LaboratorI del potere
l mInore: un mIto dIvIso tra tutela e controllo
Let giovanile, in tutte le sue sfaccettature, argomento spinoso che si
guadagnato un posto di primo rilievo nelle scienze umane
1
. Bench cia-
scuna delle fasi che la compongono (infanzia, adolescenza e giovinezza)
vanti unautonoma letteratura, sono molti i punti di contatto
2
. Se si voles-
se fare unanalisi di come questo periodo della vita stato analizzato dalle
scienze sociali, il risultato pi lampante sarebbe forse il suo marcato ca-
rattere di liminalit, che spinge a rivolgergli unattenzione ambigua e al
tempo stesso carica di attese
3
. Non , infatti, difficile imbattersi nelluso
metaforico del rapporto bambino-adulto-vecchio accostato alla storia
del genere umano
4
: una caratteristica frequente degli studi proposti sul-
let giovanile la distinzione fra let intesa come condizione sociale e
quella come prodotto culturale di un determinato periodo
5
. opinione
diffusa, pertanto, che sia sterile tracciare i contorni di una storia dellet
giovanile come categoria autonoma senza documentarne il suo carattere
di costruzione sociale
6
, di paradigma
7
.
Lanalisi delle retoriche e delle metafore che compongono e delineano
i paradigmi sulla fanciullezza serve soprattutto a mettere in luce il discorso
che ci si specchia dentro e il tipo di relazione che deriva da queste defini-
zioni, a comprenderne lorigine e infine a individuare i soggetti che da una
prospettiva di questo genere traggono il massimo vantaggio
8
. In questo
senso la storia della giovent, e pi in generale dellet giovanile, appare
come la storia di una classe pericolosa [...] nei confronti della quale,
senza sosta, la societ degli adulti tesse istituzioni rassicuranti che la pos-
sano trasformare in classe laboriosa
9
. Pur nella diversit degli studi a lo-
ro dedicati, linfanzia, ladolescenza e la giovinezza sembrano pro-
cedere secondo un percorso comune caratterizzato da almeno tre tappe: la
scoperta, la conoscenza e la mitizzazione
10
. Secondo alcuni autori, nel se-
condo Novecento si aggiunger un nuovo momento: quello del declino
11
.
Dalle varie ricostruzioni disponibili, emerge che a partire dal XV seco-
lo nascono due classi det (sulla scorta di queste tesi si parlato piuttosto
di una scoperta o di uninvenzione): prima quella dei bambini, e poi
quella dei giovani
12
. Larga parte degli studi storici sulla scoperta di unet
infantile pongono laccento, soprattutto inizialmente, sullesperienza che
di questa si fa allinterno della famiglia; ci ha comportato, come vedre-
mo, un generale disinteresse per quelle strutture politiche e sociali che
hanno giocato un ruolo non secondario in materia dinfanzia
13
. In estre-
ma sintesi un diverso atteggiamento verso linfanzia si sviluppa soprattut-
to nel corso del Seicento, tuttavia listituzionalizzazione della fanciullezza
si impone soprattutto a partire dal XVIII secolo. infatti da questo mo-
mento che prende le mosse una sorta di rivoluzione copernicana nella
teorizzazione della fanciullezza, sempre pi regolata da canoni e relegata
nelle pratiche di cura: questa nuova mentalit sviluppata prima sullinfan-
zia e in seguito sulla giovinezza trover inizialmente cittadinanza presso i
ceti aristocratici e alto-borghesi per allargarsi solo in un secondo momen-
to allintero spazio sociale. Il processo di riconoscimento dellinfanzia si
articola infatti in modo assai differente tra le classi sociali (alcuni parlano
di tre infanzie in relazione alla cultura borghese, operaia o contadina
14
);
diverse sono le immagini, le esperienze concrete e soprattutto i destini:
presso il popolo, infatti, le condizioni di vita dei bambini cambieranno
poco.
La scoperta sociale della fanciullezza ha dato vita, attraverso la sua
idealizzazione nel corso dellet moderna, a una ricca produzione che si
sviluppata tra mito e conoscenza. Questa, come ho anticipato, si caratte-
rizza per lambiguit attribuita allinfanzia proposta: ora come let sim-
bolo della purezza, di una conoscenza intuitiva comparabile a quella
delluomo di natura e superiore alla conoscenza razionale, ora come
let dellignoranza e dellinconsapevolezza, come lepoca che corrispon-
de a ci che nella storia primitivo, barbarico e feroce
15
.
Nel XIX secolo, con lavvento della societ industriale, il periodo di
moratoria sociale tipico della fase preindustriale viene distinto nei
confini e nei contenuti in sottoperiodi: allinfanzia si aggiunge ladole-
scenza ed entrambe vengono individuate, con tutti i loro regolamenti e
ideologie, come momenti preparatori alla fase adulta della vita, laddove
loriginario stadio indistinto della giovinezza diventa il culmine della ma-
turazione a cavallo con let adulta
16
. Alla fine dellOttocento la borghesia
introduce una diversa concezione della condizione giovanile che passa
dallessere pericolosa in s (aspetto che resta tipico dei giovani della clas-
se lavoratrice) allessere pericolosa per s. In sostanza la precocit di-
venta oggetto di preoccupazione e il prolungamento della condizione
giovanile, la condizione ideale per la formazione di un buon adulto
17
.
La necessit di creare le premesse per un buon adulto determina,
nel corso del Novecento, unerosione degli aspetti mitografici a favore di
una conoscenza, fondata su presupposti scientifici, di ogni aspetto dellin-
26 IL MALE MINORE
fanzia, nel tentativo di capirne la vera natura. In realt mito e conoscen-
za convivono crescendo quasi in parallelo e assumendo funzioni e pro-
spettive diverse: luna volta a preservare la legittimit di unet infantile,
laltra a fondarla. Gli studi scientifici si sviluppano lungo tutto il Nove-
cento, pronosticato non a caso da Ellen Key come il secolo del fanciullo:
ossia linizio di unepoca in cui let infantile avrebbe guadagnato un po-
sto centrale nelle ricerche, nelle cure e negli interessi educativi, sanitari e
sociali
18
. Nel complesso, queste trasformazioni producono uno slittamen-
to, o meglio unevoluzione, dallinteresse per le cure dovute ai bambini a
quello per i loro diritti fondamentali. Vengono, infatti, istituite associazio-
ni il cui scopo la promozione, in ogni parte del mondo, del riconosci-
mento di una specificit dei diritti del fanciullo, in ogni campo della vita
sociale: nascono movimenti come lUnicef, il Fondo internazionale delle
Nazioni Unite per linfanzia. Una pietra miliare di questo percorso la
promulgazione (nel 1924) della Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo, in
cui il rispetto della tutela viene a investire i bisogni primari del bambino
(nutrizione, integrit fisica, cure) e quelli secondari (socializzazione, istru-
zione, assistenza). In tal modo si impone un atteggiamento sempre pi at-
tento alle esigenze dellinfanzia e alla sua difesa, che raggiunger il suo
culmine a met del secolo scorso. La socializzazione del bambino diventa
centrale nella vita della famiglia: la societ stessa diventa puerocentrica
19
. Alla base di questo nuovo orientamento scientifico e giuridico, si pone
lidea, sempre pi predominante, che ogni male delladulto possa trarre
origine da distorsioni del processo di crescita durante il periodo infantile
e adolescenziale.
La nuova rappresentazione del giovane che va progressivamente co-
struendo un suo percorso autonomo da quello dellinfanzia, sempre pi
relegata allinterno delle scienze pedagogiche , in quanto espressione
della classe borghese, inizialmente minoritaria ma si affermer nel cor-
so primo cinquantennio del 1900. Come sostiene Gillis, i tratti sostanzia-
li che stigmatizzavano una certa giovent come delinquente e precisa-
mente la precocit e lindipendenza dallautorit delladulto erano pro-
prio lopposto di quelli incorporati nel modello di adolescente
20
. Con lo
sviluppo della psicologia il modello borghese arriva a delineare sia il
confine esterno della condizione giovanile sia quello interno, giungendo a
definire un modello interiore. In questo modo la devianza dal modello di
giovane, come il concetto di devianza in generale, diventa una patolo-
gia e non riguarda pi un comportamento di fronte a leggi o consuetudi-
ni ma, soprattutto, devianza da un modello di evoluzione socio-psicolo-
gica
21
: tale modello trova ancoraggio soprattutto nelle teorie di Parsons e
di Merton. Let giovanile costitu in altri termini il banco di prova o il la-
boratorio su cui sperimentare lidea di normalit; allo stesso modo, il ri-
fiuto dei canoni prestabiliti fu utilizzato per istituire un confine tra
conformit e devianza.
Una conferma di questo aspetto si pu trovare anche nellinteresse
27 LABORATORI DEL POTERE
delle scienze sociali nei confronti delluniverso giovanile. Si tratta di una
riflessione e di una ricerca sviluppatasi in Europa e in America, anche se
con modalit diverse che, nel tentativo di dare un senso, di fornire
spiegazioni e di formulare teorie ha messo in sintonia un modello ideale
con le azioni dei diversi giovani della storia, promuovendo la loro pro-
gressiva trasformazione da oggetto, a spazio sociale, a paradigma scientifi-
co
22
. In estrema sintesi, mentre in Europa la produzione culturale relati-
va alla giovinezza si sviluppata soprattutto in ambito letterario, filosofi-
co e nel dibattito epistemologico allorigine delle scienze sociali, in Ame-
rica le scienze sociali, trasfigurando la turbolenza giovanile nelle citt
americane di fine secolo in problema , trasformeranno i giovani stes-
si in privilegiati oggetti di ricerca a partire dagli studiosi di Chicago
23
e
approderanno alla pi tardiva codificazione di una cultura giovanile come
produzione autonoma
24
.
Per concludere, lattenzione alla costruzione di una cultura giovani-
le (che sostituisce progressivamente il concetto di subcultura delinquen-
ziale, configurandosi tuttavia per antonomasia come problematica) ha co-
me conseguenza, da un lato, lallargamento del fronte dellanormalit e,
dallaltro, lo spostamento dellattenzione dalla carenza di risorse, possibi-
lit, e diritti alla supposta difficolt di crescita e sviluppo individuali.
Come ho gi detto, sia il concetto dinfanzia sia quello della giovinezza
seguono larco che va dalla loro scoperta, alla mitizzazione fino a trovare
un destino comune nella loro scomparsa
25
. Ci tuttavia non deve far pen-
sare che questi concetti abbiano perso la loro carica rappresentativa: sem-
plicemente diventa complesso circoscrivere in modo netto il periodo gio-
vanile che ormai sembra essersi dilatato, rompendo gli argini verso il bas-
so e verso lalto, per cui produce adolescenti sempre pi infantilizzati e
adulti sempre pi giovani
26
. I concetti dinfanzia e di giovinezza hanno
subito, nei fatti, unerosione a favore di quello pi generico di consuma-
tori, il pi a lungo possibile esclusi dai canali produttivi
27
.
Negli ultimi anni alle immagini che sono state descritte si sono aggiun-
te quella di uninfanzia abusata e sfruttata e di una giovent disorientata e
inquieta. Tali questioni non sono certo una novit: ci che tuttavia si sta
verificando in questi anni la drammatizzazione della condizione dei
bambini e degli adolescenti nel nostro Paese soprattutto nei resoconti di
importanti enti sorti per la loro protezione
28
. Si passati quindi, dalla sco-
perta dellinfanzia alla sua scomparsa, per arrivare alla vittimizzazione che
mette nuovamente il bambino al centro di nuove regole: questa spetta-
colarizzazione del dolore
29
funziona in sostanza come un rituale di de-
gradazione/deresponsabilizzazione. Se vero che le iniziative di denuncia
hanno indubbiamente il merito di rendere visibili i fenomeni di abuso e di
sfruttamento minorile, allo stesso tempo, tuttavia, esse spesso si limitano a
indagare le responsabilit della famiglia e dellambiente di riferimento o si
spostano al di l dei confini nazionali (con limmagine ormai globalizzata
del minore sofferente). Tali prospettive rischiano di lasciare nellombra le
28 IL MALE MINORE
sempre troppo trascurate responsabilit istituzionali, le influenze e i con-
dizionamenti che provengono in varie forme dal mercato del sociale nel
confinare i minori (anche se con le relative gradazioni) in una condizione
di dipendenza, conseguenza quanto mai inevitabile di un disagio trop-
po facilmente diagnosticato.
Vale dunque la pena di dedicare ancora un approfondimento alla ge-
nealogia dei dispositivi di socializzazione, tutela e controllo del minore,
concentrando lattenzione sul ruolo, non di rado tuttaltro che positivo e
spesso trascurato, assunto dagli apparati istituzionali, dai saperi e dallu-
niverso di professioni che sono nati in relazione a questi temi. Ci ci aiu-
ter a comprendere il successo delle tecnologie positive del potere
30

molte delle quali tuttora operanti che si impongono a partire da un dato


momento nella cura dellinfanzia
31
, ma che soprattutto troveranno appli-
cazione nelle pratiche istituzionali di produzione e di sorveglianza della
devianza
32
.
Listituzionalizzazione di unet immatura e lo sviluppo delle prati-
che socializzative in un numero sempre crescente di paradigmi scientifici
33
hanno imposto laffermazione di carriere professionali che sostituiscano
le figure tradizionalmente dedite alla cura dellinfanzia: in sostanza questa
sarebbe un bene troppo importante per essere lasciato al sapere profano
della famiglia, che pertanto deve essere affiancato e nel caso sostituito dal
sapere tecnico dei professionisti dellinfanzia
34
. Tali specialisti si auto de-
signano cos salvatori dellinfanzia e, pi in generale, della giovent. La
conoscenza scientifica produce in realt effetti distinti nel mondo dellin-
fanzia e in quello delladolescenza: nel primo caso il controllo si sviluppa
sul nucleo familiare, anzi, il bambino stesso diventa veicolo di socializza-
zione dei genitori; nellaltro lazione direttamente rivolta al soggetto.
Cos le istituzioni giovanili
35
si trasformano in un prodotto confezionato
dalladulto con regole, norme e usi definiti dallesterno secondo unimma-
gine precostituita della giovent e con lo scopo, duplice, di rafforzarne
limmagine stessa e di controllare lo sviluppo del giovane
36
.
Un contributo determinante in questa attivit fu quello filantropico:
vennero sviluppati programmi che comprendevano la cura di ogni aspetto
della vita dei fanciulli (abitazione, cure, sostentamento, istruzione) in ap-
poggio o in sostituzione dei genitori. Questa opera di salvataggio dellin-
fanzia
37
si espresse nel tentativo di limitare la mortalit infantile
38
e nella
lotta contro lo sfruttamento del lavoro e il vagabondaggio minorile
39
. Si
tratta in sostanza della progressiva istituzione di meccanismi disciplinari
posti a fondamento dellordine sociale: di questi, indubbiamente, la scola-
rizzazione rappresent lo strumento pi diffuso per garantire la socializ-
zazione alla riproduzione dei valori condivisi e dunque ordine sociale
40
.
Cercando di promuovere lidea dellinfanzia come periodo giustamente
protetto, dipendente e distinto dallet adulta, i filantropi miravano ad
immergere i bambini in reticoli di buone influenze
41
.
Questa opera costitu il terreno privilegiato per le crociate morali de-
29 LABORATORI DEL POTERE
gli antenati degli operatori sociali, definiti pi tardi come patologi socia-
li
42
. Tuttavia i child savers
43
, probabilmente senza una volont specifica,
in questo modo finirono per individuare nuove forme di disadattamento:
comportamenti in precedenza ignorati, e quindi considerati normali, di-
ventarono devianti o criminali e comunque da reprimere attraverso un or-
gano giudiziario speciale
44
. Ma soprattutto, il particolare interesse rivolto
ai minori determin, nei fatti, anche lingresso del potere pubblico in lar-
ga parte delle aree dintervento nella vita delle classi laboriose e dei lo-
ro figli: i progetti filantropici, pur avendo assunto dimensioni inimmagi-
nabili per lepoca, non erano in ogni caso in grado di garantire una diffu-
sione capillare in tutto il territorio. In sostanza, intorno alla fine del XIX
secolo si afferm lintervento pubblico nellazione in difesa del fanciullo,
sancito dalla generalizzazione dellistruzione obbligatoria
45
e da un cre-
scendo di leggi di tutela che, a partire dal primo decennio del Novecento,
ne limitarono lindipendenza in maniera radicale
46
. In effetti, il rovescio
della medaglia della democratizzazione della loro condizione, fu la crea-
zione di un altro dei miti sociali del XIX secolo: limmagine aggressiva,
antisociale della moderna delinquenza giovanile
47
.
Ho gi accennato al ruolo delle scienze sociali nella definizione (o co-
struzione) di una certa immagine del giovane; a questo punto il caso di
considerare brevemente gli sviluppi applicativi di questo procedimento
definitorio. Allinterno del legame che dalla seconda met del XIX secolo
unisce interessi filantropici e scienze sociali, la sociologia infatti acquisisce
rappresentanza e riconoscimenti progressivi in merito alla sua potenziale
capacit di intervenire (ed eventualmente proporre azioni correttive
48
) sui
processi e sulle questioni relative alla rapida urbanizzazione
49
. I paradig-
mi imposti dalle scienze sociali sulla questione della delinquenza minorile
hanno influenzato soprattutto il campo giudiziario. A partire dal XIX se-
colo nasce, infatti, un vero e proprio sistema separato di giustizia penale
50
che diventa una delle sedi privilegiate in cui prendono forma le idee degli
scienziati sociali e nel quale trovarono applicazione i nuovi professioni-
sti del sociale: il tradizionale approccio ai reati viene riformulato a favore
di una pi alta esigenza terapeutica e riabilitativa e il procedimento di di-
fesa viene eliminato a favore di una procedura in cui alle argomentazioni
degli avvocati vengono sostituite le opinioni degli esperti
51
.
In Italia, per fare un esempio a noi vicino, sono molto illuminanti in
questo senso le disposizioni del regio decreto del 1934
52
che pongono le
premesse per lo svolgimento di unopera di prevenzione della delinquen-
za minorile e in particolare legittimano un intervento restrittivo della li-
bert del minore anche solo nei casi di irregolarit nella condotta e nel
carattere. La possibilit di segnalare lirregolarit del minore inoltre non
viene attribuita esclusivamente ai soggetti previsti dalla legge (il procura-
tore della repubblica, lufficio di servizio sociale minorile, i genitori, il tu-
tore, gli organismi di educazione, protezione e assistenza dellinfanzia) ma
a chiunque, si tratta infatti di una elencazione che, se pur ampia, esclusi-
30 IL MALE MINORE
vamente esemplificativa e non vincolante. Tale competenza del tribunale
per minorenni viene definita come amministrativa in aggiunta a quel-
la civile e a quella penale che rappresentano i due livelli di intervento
(protezione/controllo) nella vita del bambino, cio sulla famiglia e sul mi-
nore stesso perch svincolata dal principio di stretta legalit ed ispirata
a valutazioni di opportunit e di convenienza tipiche dellattivit ammini-
strativa
53
.
Lidea di salvare i minori in fondo ancora oggi alla base di molti pro-
grammi di controllo della delinquenza, sebbene in tempi pi recenti sia
stato sostituito dallinteresse di controllare e governare la violenza e le ri-
bellioni dei giovani
54
. Anche in questa attivit di prevenzione della delin-
quenza le teorie sociologiche hanno dimostrato di avere importanti impli-
cazioni politiche
55
. I progetti di prevenzione della devianza furono criti-
cati sotto molti punti di vista, tanto in Europa che in America, critica che
si fatta particolarmente aspra nei confronti del sistema penale e giudi-
ziario giovanile. Nuovi tipi di politiche, in particolare quelle relative alla
giustizia minorile, si sono ispirati a concetti formulati dalle teorie delleti-
chettamento. Esse hanno dato impulso a sperimentazioni in quattro di-
verse direzioni: la diversion, lequit processuale, la depenalizzazione e la
deistituzionalizzazione
56
. Nel corso del tempo molte cose sono cambiate:
il rapporto con lo Stato, le funzioni e i ruoli istituzionali, le impostazioni
metodologiche, la tipologia degli interventi, le modalit di organizzazione
e la prestazione dei servizi.
Oggi, anche grazie alle conquiste raggiunte in campo legislativo, la
tendenza di riconoscere ai bambini e agli adolescenti cittadinanza qua-
li soggetti capaci sia di migliorare la propria vita che quella della comunit
in cui vivono
57
. In sintonia con queste linee, per uno sviluppo pi conso-
no dei servizi rivolti ai minori, si fa sempre pi strada una politica impo-
stata sulla collaborazione costante tra i servizi pubblici e i molteplici pro-
tagonisti piccoli e grandi del terzo settore volontariato, cooperative so-
ciali, associazioni sempre pi nella direzione di un welfare-mix, uniti a
una politica, il cui impegno non meno importante, in grado di mettere in
rete interventi di piccole dimensioni
58
. con la legge 285/97
59
, Disposi-
zioni per la promozione di diritti e di opportunit per linfanzia e ladole-
scenza, che viene codificata questa tendenza a sostenere le buone prati-
che diffuse su tutto il territorio nazionale. Essa ha determinato uno svi-
luppo accelerato dellintera politica di welfare riguardante i minori e il
moltiplicarsi di iniziative di progettazione di diversa dimensione profon-
damente radicate nella comunit come strumento della politica sociale
60
.
Ci tuttavia non sempre ha rappresentato una reale rottura rispetto al-
le tradizioni del passato: guardando tra le pieghe delle pratiche quoti-
diane sorge piuttosto il dubbio che, se prima il controllo si sviluppava so-
lo in ambienti chiusi (istituti, carceri, ospedali), ora le maglie del control-
lo si siano semplicemente allargate, sia dal punto di vista territoriale (dai
luoghi chiusi tradizionalmente deputati allintero territorio in cui si muo-
31 LABORATORI DEL POTERE
vono i minori) sia personale (non pi solo il soggetto, il minore in questo
caso, ma il suo intero milieu dalla famiglia al gruppo dei pari). Inoltre, no-
nostante le generali affermazioni di principio, stenta a dissolversi lantica
consuetudine a trattare la questione dei minori e di altre categorie dipen-
denti come condizioni a s stanti e tendenzialmente patologici allinter-
no della societ. A seconda dei casi, il bambino viene difeso o demonizza-
to, descritto come martire o come carnefice
61
; cos facile che ci si tra-
duca in un moltiplicarsi di appelli, iniziative, gare di solidariet e spetta-
coli televisivi di variet in cui lattenzione diretta a curare una piaga
specifica dellinfanzia per capire se possibile portarla poco a poco alla
perduta normalit
62
. La tutela in sostanza si declina in forme diverse se ci
si occupa di: abbandono scolastico, minori devianti, inasprimento della
criminalit minorile, abusi sui minori, sfruttamento del lavoro minorile, e
poi ancora di sicurezza delle strade, di sicurezza delle case, della salute e
delligiene mentale, dellaccoglienza di minori stranieri, e cos via. Queste
posizioni finiscono per giustificare ancora il principio che, nellappronta-
mento di una politica per linfanzia e la minore et, risulti in definitiva op-
portuno non riconoscere ai minori gli stessi diritti altrimenti riconosciuti
agli individui della societ.
Se quanto finora detto vero, linfanzia pu essere intesa anche co-
me un fatto sociale totale
63
ovvero come un fenomeno che al tempo
stesso espressione e sintesi dellinsieme della vita sociale di una societ
64
e proprio per questo presupposto della stessa definizione di cittadinan-
za
65
. A ci va aggiunto che laumento della longevit da un lato e il con-
temporaneo innalzamento dellet relativa allinserimento lavorativo dal-
laltro hanno soddisfatto nel tempo due esigenze in contrasto solo appa-
rente: quella di regolare la permanenza sul mercato del lavoro e quella di
allungare e governare (al pari della follia, del vagabondaggio) la per-
manenza in et dipendente o meglio in unet ancora esclusa dalla produ-
zione.
In questo compito, come abbiamo visto, le istituzioni filantropiche e
le figure professionali che si sono sviluppate nel trattamento e nella
cura di alcune fasce marginali (ovvero nel governo di questo periodo
improduttivo) hanno avuto un ruolo determinante
66
. Quello descritto fin
ora un buon punto di partenza per la nostra analisi, ma, appunto, solo
di questo si tratta. La filantropia, dopo aver lasciato parzialmente il cam-
po allintervento statale, si modernizza
67
e assume nuovamente un ruolo
da protagonista grazie allemergere di nuove forme di disagio sociale o
allallargamento dellinteresse e della cura su alcune fasce marginali -,
che si ritiene non vengano affrontate adeguatamente a livello istituziona-
le; ma soprattutto grazie alla progressiva depubblicizzazione della ge-
stione e dellerogazione diretta dei servizi sociali
68
.
Il rafforzamento del terzo settore in particolare quello della sua
componente pi imprenditoriale, ossia le cooperative sociali stato in-
fatti assai favorito dalla pratica degli enti locali di esternalizzare la gestio-
32 IL MALE MINORE
ne diretta di alcuni servizi (welfare e assistenziali) a enti del terzo settore
con un forte radicamento territoriale (tendenza, questa che in Italia si
sviluppata soprattutto a partire dallinizio degli anni Ottanta)
69
. Tuttavia
esattamente per questo motivo la transizione verso un modello di welfare
mix in Italia considerata, a parte sporadiche eccezioni, piuttosto il frutto
di un processo eterodiretto e occasionale proprio perch realizzato in as-
senza di una motivazione reale a modernizzare in senso positivo il welfare
nazionale
70
. Un ulteriore elemento che caratterizza la crescente rilevanza
operativa delle organizzazioni del terzo settore nellambito delle politiche
sociali il contributo che questo pu dare nel malandato mercato del la-
voro, anche se in questo caso si registrano opinioni contrastanti sulle sue
reali potenzialit occupazionali
71
. Insomma il no profit italiano non sem-
bra essere riuscito a mostrare a pieno le sue potenzialit. I motivi di que-
sta impasse sono oggetto di un vivace dibattito, i cui contenuti esulano dai
fini di questo studio
72
.
Lapporto decisivo degli organismi del terzo settore e del volontariato,
secondo alcuni, trova un pi concreto fondamento in un sistema caratte-
rizzato dal paradigma della sussidiariet (verticale e orizzontale)
73
: pionie-
ri di una cittadinanza attiva e ipoteticamente privi di interessi particola-
ristici e/o corporativi, questi potrebbero, meglio di altri, farsi carico re-
sponsabilmente di istanze sociali in una logica di bene comune e dinte-
resse diffuso
74
. In realt, questa stessa ipotesi va considerata come una ba-
se di partenza su cui andare a testare le reali potenzialit espresse concre-
tamente dal terzo settore, nella promozione e nellattuazione di una cit-
tadinanza attiva. La scarsa attenzione posta alle ambigue implicazioni
sottese a quello che si va costituendo come un consolidato paradigma di
intervento, ha creato unaura di intoccabilit e di sacralit del loro opera-
to: una cittadella che, al pari di quella scientifica, difficilmente viene at-
taccata o messa in discussione. Ci ha contribuito inoltre a consolidare li-
dea che qualunque intervento nei confronti dei minori (nella loro duplice
componente di infanzia e adolescenza) sia effettuato nel loro superiore in-
teresse. La presenza di tale paradigma risulter ancora pi evidente nei
confronti dei minori stranieri. Prima di entrare nel vivo della questione,
tuttavia, vale la pena di soffermarci su un altro costrutto sociale (lo stra-
niero), anchesso terreno di conquista della moderna filantropia.
Lo stranIero e la questIone dell'ImmIgrazIone
Abbiamo visto come la categoria minore sia frutto di una costruzio-
ne e di una pratica sedimentate nel tempo; molti sono i punti di contatto
che legano questo costrutto al tema dellalterit, di cui il dibattito sullo
straniero, ormai piuttosto articolato, espressione concreta
75
. Qui inten-
do proporne alcuni aspetti dellentit sociologica dello straniero, rilevan-
do di volta in volta le similitudini con il discorso sul minore. Innanzitutto
33 LABORATORI DEL POTERE
luso del concetto stesso di straniero ha assunto nel tempo un carattere
metaforico e ambivalente: secondo Turner (1986), lo straniero un essere
liminale. Lambiguit del suo statuto induce a neutralizzarlo attraverso
definizioni che sottraggano la sua presenza (e in fondo la nostra esistenza)
a unincertezza perturbante
76
. Anche lo straniero definito per difetto:
egli cio non in s e per s, ma ci che non siamo noi. E ancora, come
il minore associato al rito di passaggio allet adulta, cos lo straniero
pu essere associato ai riti di confine
77
; vive intorno e sul confine che se-
gnala e pi spesso instaura. In altri termini, lo straniero rappresenta un
sistema di classificazione della comunit come osserva Enrico Pozzi
(l)e sue configurazioni sono una mappatura della realt cos come quella
comunit la costruisce e lorganizza
78
. Un posto non secondario in que-
sto processo di costruzione e categorizzazione occupato proprio dalla
ricerca sociale. Anche in questo campo, gli studi sembrano percorrere un
cammino che va dalla scoperta al declino del concetto di straniero, pas-
sando per un vertice rappresentato dalla conoscenza e dalla mitizzazione.
La riflessione sullaltro nel pensiero occidentale prende le mosse nel
XVI secolo
79
, quando da soggetto immaginario, simbolo della diversit e
della mostruosit, assume le sembianze dellantropologicamente dissimi-
le incontrato ai confini dei mondi conosciuti
80
. In questo senso si pu
parlare di una scoperta dello straniero che ha alimentato ricostruzioni
scientifiche, dibattiti e in fondo un insieme di miti riprodotti nelle stesse
pratiche sociali riguardanti gli stranieri. Sar tuttavia a partire dal XVIII se-
colo, con la classificazione delle razze su basi biologiche e culturali, che le
rappresentazioni e le differenze dellaltro assumeranno dignit di verit
scientifica
81
. Si parlato, a questo proposito, di una sorta di rottura
epistemologica
82
che ha prodotto un numero esponenziale di classifica-
zioni, dalle scienze naturali a quelle sociali, in cui si afferma una concezio-
ne gerarchica del genere umano in relazione al grado di sviluppo intellet-
tivo, di civilizzazione e cos via, fino a ipostatizzarsi sulla celebrata esigen-
za di un rispetto delle differenze culturali
83
.
Siamo dunque al momento della conoscenza. In realt, mentre lo stra-
niero esotico delle terre di conquista rimarr per molto tempo il principa-
le oggetto di ricerca delle scienze naturali e antropologiche, lo straniero
interno (che poi dar forma e consistenza al deviante), limmigrato po-
vero degli slum, diventer uno dei temi centrali della riflessione sociologi-
ca
84
. Con lo sviluppo delle aree metropolitane linteresse per limmigra-
zione si fa sempre pi esteso, al punto che si struttura unarea di ricerca
sociale, svincolata dalle universit e legata alla sempre maggiore profes-
sionalizzazione dei social worker
85
.
Nella prospettiva sociologica, lo straniero viene generalmente ana-
lizzato innanzitutto in relazione al ruolo profondamente ambiguo che es-
so assume nella definizione dei rapporti sociali. Lo straniero rappresenta
una tipizzazione sociologicamente significativa
86
per la definizione del-
lidentit collettiva, per larticolazione tra individualit e appartenenza,
34 IL MALE MINORE
tra vicinanza e lontananza ( un altro ma tra noi, e inoltre arrivato per
restare). Questo straniero interno
87
che abita gli interstizi del nostro
quotidiano pericoloso perch (esattamente come il minore) sfugge a
ogni classificazione: semplicemente non (n amico n nemico, amico e
nemico al tempo stesso
88
). Questambivalenza si rispecchia e segna una li-
nea di demarcazione anche nel dibattito sociologico sullo straniero, dan-
do vita a una produzione che nella sostanza si fonda e ne evidenzia la sua
vicinanza o lontananza
89
.
In realt con lepoca post-coloniale il concetto di straniero perde il
suo carisma (nellipotetico arco che accompagna le vicende del concetto
di straniero, siamo cos giunti al declino), anchesso si dilata, si dissolve
destino, questo, condiviso non solo con la fanciullezza, ma con lidentit
stessa. In fondo tutta la modernit che si polverizza
90
a favore di una po-
st-modernit dove i confini politici, economici e sociali sono continua-
mente ridefiniti e negoziati. Lenfatizzazione della differenza, attuata dal
processo di globalizzazione, acuisce la ricerca di autenticit e la molti-
plicazione dei localismi
91
. Nella post modernit la cultura sostituisce la
razza, ma questo fondamentalismo culturale non d vita necessaria-
mente a una gerarchia tra culture quanto, piuttosto, sostiene un certo
relativismo culturale, purch ciascuno rimanga al posto suo
92
. Lidentit
stessa soggetta a continui processi di ibridazione e di creazione di nuove
differenze
93
: allora non ci sono pi stranieri o tutti siamo stranieri, a ec-
cessi di culture corrispondono eccessi di identit
94
e sempre pi umanit
in eccedenza
95
.
In questo senso si pu parlare della necessit o dellemersione di un
nuovo paradigma atto a leggere lo straniero che tuttavia dovr tenere con-
to di alcuni aspetti. Intanto ormai evidente che le rappresentazioni dello
straniero sono sempre il risultato di un processo asimmetrico; anzi, il mo-
do stesso in cui concepiamo lo straniero frutto di un substrato comune
storicamente e socialmente determinato, di quello che Sayad definisce un
pensiero di stato. Queste considerazioni portano ad affrontare il di-
scorso sullo straniero interrogandosi sulle condizioni che lo rendono pos-
sibile, ponendo al centro della critica concetti finora assunti come apro-
blematici. Secondo Beck chi voglia comprendere, gettare una luce sulla
categoria di straniero, deve innanzitutto rifiutare di identificare appiat-
tendoli gli stranieri con gli immigrati e con coloro che chiedono asilo
politico, e, di conseguenza, deve rifiutare le forme di discredito connesse
a tale operazione
96
.
Insomma, unanalisi della questione straniero, in cui si guarda non
al sistema ma alle persone, dovrebbe proporsi in primo luogo di eviden-
ziare le determinazioni soggettive che sono alla base, le domande di cui
i migranti sono portatori
97
. Si fugge, infatti, non solo da catastrofi econo-
miche o politiche, ma anche dallimpossibilit di realizzare la propria
emancipazione; o pi semplicemente da un mondo troppo stretto che oc-
clude lidentit in confini nazionali e culturali. E allora forse si pu sco-
35 LABORATORI DEL POTERE
prire che a volte non si fugge per niente ma ci si sposta
98
; in questo senso
quel che unifica, evidentemente a un livello pi astratto, la condizione
degli uomini e delle donne che optano per la migrazione piuttosto la
tendenza alla proliferazione e al riarmo dei confini introdotta paradossal-
mente dalla globalizzazione contemporanea
99
.
In definitiva come opportunamente osserva Palidda siamo di fron-
te a un cambiamento del paradigma delle migrazioni in larga parte do-
vuto al passaggio dallinternazionalizzazione allesternalizzazione di
gran parte delle attivit economiche, cio da uneconomia che faceva am-
pio ricorso alla manodopera immigrata ad un assetto che, attraverso le de-
localizzazioni itineranti nei paesi di emigrazione usa la manodopera di
massa in questi paesi, tranne che per piccoli segmenti di attivit spesso
informali o inferiorizzate in cui appunto si inseriscono maggiormente gli
immigrati nei paesi dominanti
100
.
Si tratta dunque di identificare la posizione che assume lo straniero ri-
spetto alla societ dominante. Secondo Neckel
101
letnicit, dal punto
di vista culturale e sociologico, non e non pu pi essere considerata
una variabile originaria della differenziazione sociale, ma piuttosto
unimpalcatura politico-burocratica. Nella modernit riflessiva in so-
stanza lo straniero culturale lascia il posto a quello burocraticamente
costruito, diventa metafora produttiva di senso, poich serve a legitti-
mare la ricostruzione e lampliamento di uno stato sicuritario con funzio-
ni di protezione
102
. Lo straniero, costretto in questa posizione asimme-
trica, diventa una sorta di fantasma, una non-persona. Cio un individuo
al quale non pu riconoscersi la qualit giuridica di persona fisica, un sog-
getto in buona sostanza infantilizzato. Anche in questo caso, infatti, le-
sclusione opera al livello del diritto
103
. Ma non tutto: a questo tipo di in-
visibilit sociale si affianca leccessiva visibilit che il sistema giuridico e
poliziesco riservano allo straniero
104
. Sayad definisce questa attenzione
la doppia pena del migrante
105
. Come per il minore anzi proprio
questa la caratteristica che li rende pi simili , nelle nostre menti tutto
avviene come se fosse limmigrazione in se stessa ad essere delinquenza
intrinseca, una delinquenza in s, oltre che rispetto alle nostre categorie
(nazionali) di pensiero
106
.
Cos lessere stranieri, al pari dellessere minori, ben lontano dal co-
stituire un elemento neutro il discorso sullo straniero alimenta infatti
una cultura e una pratica dove in sostanza lo status dello straniero viene
delimitato e penalizzato di per s ed gi un buon motivo per destare
preoccupazione e necessit di cura. Infatti, lassenza di un riconosci-
mento giuridico nella comunit dei legittimi
107
comporta la tendenza a
codificare e definire anche lo straniero in base al grado di distanza o alla
condizione specifica di migrante: lessere stranieri diventa lo status ege-
mone
108
attraverso cui vengono lette le storie di soggetti molto diversi.
Minori e stranieri scontano dunque entrambi la pena di essere fatti sociali
totali: cio occasioni privilegiate per rendere patente ci che latente
36 IL MALE MINORE
nella costruzione e nel funzionamento di un ordine sociale, per smasche-
rare ci che mascherato, per rivelare ci che si ha interesse a ignorare e
lasciare in uno stato di innocenza o ignoranza sociale, per portare alla
luce o ingrandire (ecco leffetto specchio) ci che abitualmente nascosto
nellinconscio ed perci votato a rimanere nellombra
109
. Allargando le
ipotesi fornite da Sayad anche ai minori, essi disturbano perch obbligano
a smascherare lo Stato, a smascherare il modo in cui pensa e si pensa.
Anche limmigrazione svolge dunque una funzione specchio che aiuta a
comprendere i caratteri specifici del sistema politico di un paese e con es-
si i dispositivi organizzativi della pubblica amministrazione e dei servizi
sociali: a questo proposito si parla di immigrazione come reagente
110
. La-
bitudine di larga parte delle scienze sociali a studiare lesperienza dello
straniero su un piano orizzontale, come se si trovasse in una situazione
neutra o bilaterale di confronto, ha spinto, invece, a trascurare le pi am-
pie strutture politiche e sociali che esercitarono una loro influenza in que-
sta materia
111
. Lexcursus sul concetto di straniero sarebbe, infatti, fuor-
viante senza saldare ad esso lerigersi delle barriere e dei confini, nonch
le pratiche di esclusione e le condizioni di inclusione, instaurate delle (co-
siddette) politiche migratorie
112
.
La concretizzazione dello straniero allinterno dei nostri confini nazio-
nali, come abbiamo visto finora, ha accentuato la possibilit di percezio-
ne individuale di una distribuzione iniqua dei diritti e delle risorse, capa-
ce di produrre negli autoctoni un senso diffuso di insicurezza
113
. Lo stra-
niero allora si trasforma, per lopinione pubblica, in questione immi-
grazione, punto focale di attribuzione della responsabilit di innumerevo-
li problemi sociali e ci ha spinto il sistema politico ad acquisirla e ripro-
porla come tema rilevante
114
. Cos le migrazioni sono diventate loggetto
di politiche di controllo e di prevenzione che negli ultimi anni, anche in
Italia, hanno oltrepassato la soglia della guerra a bassa intensit contro i
migranti. Il concetto di straniero subisce pertanto una trasformazione
radicale, divenendo paradigma dellesclusione politica parallelamente
alla ridefinizione dei codici dellinclusione (della cittadinanza) su basi
nazionali
115
.
Non questa la sede per delineare le complesse tendenze delle politi-
che migratorie adottate dai diversi paesi occidentali. Nonostante la comu-
ne visione etnocentrica, latteggiamento dei singoli paesi europei , infatti,
alquanto eterogeneo: ad esempio, Francia, Inghilterra, Germania espri-
mono tre modelli di inserimento diversi. In estrema sintesi questi vanno
dallassimilazione alla istituzionalizzazione della precariet accompa-
gnati, comunque, da unomogenea e progressiva chiusura delle frontiere,
nonch dal conseguente affermarsi delluso di dispositivi per linternazio-
nalizzazione delle politiche di sicurezza (volte al controllo e alla selezione
dellimmigrazione)
116
. Il trend avviato in alcuni Stati europei si allarga in-
fatti alla Comunit Europea nel tentativo, ormai riuscito, di costruire
quella che viene chiamata fortezza Europa: cio promuovere lafferma-
37 LABORATORI DEL POTERE
zione di un orientamento puramente poliziesco della politica dellimmi-
grazione
117
, celato tuttavia dietro la supposta imparzialit del lessico
giuridico. A questo scopo viene prevista la necessit di promuovere ac-
cordi bilaterali tra i governi dei diversi Stati dellUnione Europea e i mag-
giori paesi di emigrazione e di transito in materia di riammissione dei cit-
tadini (uno dei primi il trattato ispano-marocchino del febbraio 1992).
Il caso italiano un esempio evidente di questi meccanismi. Infatti lI-
talia, in linea con gli altri paesi europei, orienta la propria politica migra-
toria a favore degli aspetti repressivi e delle misure per linserimento rego-
lare, inizialmente con la lacunosa legge 39/90 in seguito perfezionata
dalla legge 40/98
118
. Come previsto dallistituzione dellarea Schengen,
inoltre, anche lItalia ha sottoscritto accordi bilaterali di riammissione.
Nei fatti si tratta di un meccanismo fondato sul do ut des, in cui per i pae-
si che si mostrano collaborativi nella riammissione (spesso indiscriminata)
dei propri cittadini, si prevede lelargizione di benefici di natura finanzia-
ria e di sostegni di natura tecnica, nonch lapplicazione di quote privile-
giate di visti dingresso nellambito della programmazione annuale dei
flussi
119
. Questo tipo di trattamento preferenziale volto a promuovere
il contrasto dellimmigrazione clandestina da parte degli stessi paesi di
partenza dei migranti viene non solo confermato nella legge 189/2002,
ma diventa condizione principale e motivo di revisione dei precedenti ac-
cordi (cfr. art.1, secondo comma)
120
. Anzi, grazie a questa legge, le politi-
che di chiusura rispetto allimmigrazione sfruttano le possibilit aperte
dalla politica avviata dal governo di sinistra e superano la precedente im-
postazione (quella della legge 40/98) con un progetto pi articolato di
lotta al nemico
121
che negli ultimi tempi va sempre pi attestandosi sulla
figura dello straniero-musulmano-terrorista, giustificando su queste basi
un arretramento mai visto nei diritti civili.
Indipendentemente dalla distanza delle ideologie e dei principi guida
che hanno informato i precedenti modelli, la politica dellimmigrazione
europea tende a comporsi e convergere nellintegrazione per chi consi-
derato regolare e nella tolleranza zero per chi viene definito irregolare
122
.
La questione immigrazione si snoda infatti seguendo la costante dicoto-
mia tra vicino e lontano intorno ai poli della tradizione multiculturalista e
del controllo sociale. Lattuale predominanza di politiche migratorie volte
a un maggior controllo delle frontiere, infatti, non ha certo implicato la
scomparsa delle precedenti politiche di assimilazione/integrazione svilup-
patesi anche allinterno del paradigma multiculturalista/interculturali-
sta
123
. Si tratta, piuttosto, di una compresenza di pi orientamenti che, nel
doppio gioco tra negazione dei diritti ed esaltazione della diversit cultu-
rale
124
, regolano la condizione dello straniero dal suo ingresso al suo quoti-
diano nel nuovo paese. proprio nel governo del quotidiano che si regi-
strano interessanti cambiamenti.
I processi di globalizzazione che hanno inaugurato un nuovo paradig-
ma di lettura dello straniero, o meglio delle migrazioni, hanno conseguen-
38 IL MALE MINORE
temente sancito un nuovo paradigma di gestione delle migrazioni, in cui
ancora una volta il privato sociale si propone come protagonista. Sullo
sfondo di questo orientamento si staglia la crisi dei modelli di sviluppo
improntati al welfare state, una crisi che ha prodotto ripercussioni anche
al di fuori dei confini nazionali. Infatti le decisioni importanti in tema di
servizi pubblici sono ormai di fatto prese, e comunque attuate, a livello
locale, il che non di rado comporta profonde differenze territoriali nellef-
fettivo godimento dei diritti. Tuttavia illusorio pensare di analizzare le
politiche sociali rimanendo solo allinterno dei confini statali: molti Stati,
tra cui come vedremo anche lItalia, hanno iniziato a gestire le migrazioni
direttamente nei paesi di origine dei migranti, investendo in questa opera-
zione cospicui finanziamenti. Cos lattuale sistema di intervento sociale si
presenta come il risultato della combinazione tra la discrezionalit tipi-
ca dellapparato amministrativo e la depubblicizzazione delle politiche
sociali
125
.
Questa sostanziale privatizzazione del sistema dintervento stata
resa possibile dal riconoscimento del privato sociale (laico, ma ancora so-
prattutto cattolico) come partner degli apparati pubblici e politici nella
produzione ed erogazione di servizi e, nondimeno, nella gestione dellin-
sicurezza determinata dalle migrazioni, allinterno e allesterno dei confini
nazionali. Settori, questi, in cui loperato del terzo settore non si presenta
scevro da ambiguit. I contenuti del dibattito sorto intorno a questo tema
esulano dai fini dellanalisi che mi prefiggo. Ci che invece minteressa in
questa sede porre in relazione i due ambiti di attivit (quelli allinterno
dei confini nazionali e quelli allesterno), per rendere meno opache le lo-
giche a cui risponde lintervento nei paesi di origine e gli effetti che esso
produce sulle politiche attuate da un Paese di immigrazione. A questo
proposito occorre comunque soffermarsi brevemente su alcune implica-
zioni di questa tendenza nel management delle migrazioni nelluno e nel-
laltro contesto.
Nel contesto locale, come abbiamo gi visto per i minori, lattivit del
privato sociale viene valutata positivamente soprattutto per la sua capa-
cit di supportare il welfare italiano nella gestione degli immigrati. Il terzo
settore serve in sostanza a rendere il sistema di welfare pi informale e
flessibile poich permette di ampliare il ventaglio dei servizi rivolti agli
immigrati, sia sul piano nazionale sia nei singoli contesti territoriali. A
fronte di questa spinta positiva individuata nel terzo settore inoltre
doveroso precisare che la disponibilit dello Stato a delegare una parte
delle proprie funzioni ad organizzazioni della societ civile dipende spes-
so dalla forza e dalla lealt delle organizzazioni stesse: ovviamente i servizi
rivolti agli immigrati non fanno eccezione
126
.
A questo punto vorrei abbozzare una prima ipotesi che riprender in
seguito. Poich nel rapporto pubblico-privato sociale emerge un ruolo at-
tivo degli organismi non profit nel mettere la pubblica amministrazione e
lo stato sociale al servizio di nuovi soggetti
127
, indispensabile segnalare
39 LABORATORI DEL POTERE
pur condividendone la valutazione positiva fatta dalla Zincone (e con lei
da molti altri) la possibilit di orientamento di alcuni bisogni e di co-
struzione di nuove categorie di soggetti non sempre a fini della promo-
zione sociale. Il rischio (e anche lipotesi) che si sia fin troppo flessibi-
li nellindividuazione delle aree di intervento per scopi che non sempre
corrispondono a uneffettiva opportunit; interessi economici e necessit
di dare stabilit alle strutture e ai posti di lavoro (in un mercato che va
sempre pi flessibilizzandosi) possono contribuire a inquinare gli intenti
originari.
Ovviamente non stupisce il fatto che anche il terzo settore si muova in
modo sempre meno indipendente dalle logiche del mercato (sociale): tut-
tavia, non bisogna sottovalutare che questa tendenza ha quantomeno con-
tribuito, nel caso in questione, a riprodurre un ordine discorsivo e un
complesso di pratiche che relegano i migranti in una posizione subalter-
na, negando loro ogni chance di soggettivizzazione
128
. Lattenzione pre-
stata a questi aspetti (che riguardano, tra laltro, ampie fasce dintervento
non necessariamente legate allimmigrazione) stata pi o meno voluta-
mente inadeguata e ha condotto a formare una visione esageratamente
manierata del ruolo dellassociazionismo, sia cattolico che laico, con una
squilibrata polarizzazione di responsabilit. Non a caso il ruolo della fi-
lantropia, di cui abbiamo gi visto gli effetti sui minori, era stato rilevato
nella ricerca di Alasia e Montaldi (1960) riguardo alla migrazione italiana,
ma non ha avuto particolari riscontri in studi successivi.
Sul versante opposto del localismo esasperato, come ho detto, le poli-
tiche sociali stanno diventano sempre pi globali e non un caso che le
grandi agenzie dellOnu e organismi non istituzionali siano protagonisti
attivi nel soccorso alle vittime di catastrofi umanitarie e nelle politiche
di welfare per la ricostruzione di aree devastate da conflitti
129
. La simbiosi
fra attori statali e non statali che si affermata a partire dagli anni Novan-
ta del secolo scorso ha contribuito a istituire un nuovo modello sicurez-
za di stampo umanitario
130
, che tuttavia non opera in sostituzione ma in
appoggio, e quindi complementare, al modello di sicurezza introdotto
con le nuove polizie internazionali
131
: ossia di quella che stata definita
una contemporanea politicizzazione/militarizzazione dellumanitario e
umanitarizzazione del militare
132
.
Si tratta del consolidamento dellaiuto umanitario come tecnica poli-
tica di controllo
133
: in sostanza, tutte le societ coinvolte nelle nuove
guerre
134
vengono considerate luoghi di transizione verso una demo-
cratizzazione quasi irraggiungibile. Inserita nel frame del paradigma di
intervento umanitario, afferma Bazzocchi, la sicurezza viene ricercata e
ottenuta attraverso attivit volte a soddisfare i bisogni principali, creare
nuove istituzioni democratiche, proteggere le fasce vulnerabili, promuo-
vere i diritti umani e in definitiva incentivare la stanzialit in opposizione
alla migrazione. Tutte queste attivit, appaltate ad attori non statali come
le Ong e a varie agenzie umanitarie, vengono definite e catalogate sotto il
40 IL MALE MINORE
nome di sviluppo e ripropongono, nei fatti, meccanismi non dissimili da
quelli descritti per il mercato interno dei bisogni
135
.
Per riprendere il filo rosso che ci ha condotti fin qui, nelle parole di
Colombo e Sciortino, innanzitutto (gli) immigrati sono, quindi, nel no-
stro Paese assimilati ed esclusi e non solo nel senso che alcuni sono pi
assimilati e altri pi esclusi, ma anche, e forse soprattutto, che molti di es-
si possono risultare assimilati ed esclusi allo stesso tempo. E allora non
cos difficile che lo straniero diventi il nemico: i tratti del diverso si
trasformano, infatti, con grande facilit nei tratti dellopposto, quando
il diverso ci appare minaccioso
136
. Ci che viene percepito come minac-
cioso deve essere allora neutralizzato e, se necessario, anche sterminato.
questo, secondo Beck lorizzonte, politico e scientifico, in cui si pu
aprire la questione della definizione e della costruzione sociale e politica
dello straniero e del nemico. [...] Il punto , come detto: come i vicini
vengono trasformati in ebrei
137
.
Wacquant parla di unespansione penale della miseria di cui minori e
migranti sono stati privilegiati sperimentatori, ma il tempo del business
penitenziario
138
stato superato dagli eventi: in una recente intervista
Bauman sostiene che
la pi prolifica e dolorosa delle innovazioni moderne sta emergendo dalla
continua crescita di scarti umani. [...] Questa produzione di scarti uma-
ni stata comunque, per gran parte della storia moderna, depotenziata,
neutralizzata o almeno mitigata grazie a unaltra moderna innovazione:
lindustria dello smaltimento dei rifiuti. Questa industria ha prosperato
grazie alla trasformazione di ampie parti del globo in immondezzai in cui
confluiva tutto il surplus di umanit. La produzione di rifiuti umani pro-
cede quindi senza sosta, fino ai picchi dei nostri giorni dovuti ai processi
della globalizzazione, ma lindustria dello smaltimento dei rifiuti che si
trovata in gravi difficolt a causa dellimpraticabilit dei modi di trattare
gli scarti umani finora inventati. A mio parere, dietro la confusione attua-
le c la crisi dellindustria dello smaltimento degli scarti umani. Lo rivela
la disperata, sebbene largamente irrazionale e sbagliata, gestione della cri-
si scatenata dallo spettacolo dell11 settembre
139
.
A ben vedere, allora, il controllo dei migranti si configura come lan-
ticipazione di un controllo che inevitabilmente sembra essere destinato a
tutti
140
. In questo senso anche lo straniero, come il minore, si configu-
ra quale luogo di sperimentazione del potere, del controllo e del vivere co-
mune (nel caso del multiculturalismo), ormai anteprima di una societ in
cui ciascuno di noi estraneo agli altri e al sistema culturale di riferimen-
to. Confini (identitari e territoriali), cittadinanza, welfare mix e mercato
sociale sono dunque questioni centrali sia nel dibattito sul minore sia in
quello sullo straniero. Vediamo ora come questi temi si intrecciano diven-
tando determinanti per il processo di costruzione del minore straniero.
41 LABORATORI DEL POTERE
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Nei paragrafi precedenti abbiamo definito, con esempi tratti dalla sto-
ria e dalla ricerca sociale, alcuni dei presupposti che pongo a fondamento
delloggetto di questo lavoro: il minore straniero (in particolare quello
non accompagnato) pu essere definito con una certa approssimazione,
come un costrutto sociale, ossia il prodotto dellinterrelazione tra le co-
struzioni e le rappresentazioni sociali del minore e dello straniero; en-
trambe sono caratterizzate da una forte ambivalenza che si traduce nel bi-
nomio tra tutela e controllo e in sostanza tra inclusione ed esclusione. Pri-
ma di focalizzare lattenzione sulloggetto specifico della ricerca, mi sem-
bra opportuno soffermarsi ancora brevemente su come larga parte del di-
battito sul minore straniero si sia polarizzato negli ultimi tempi sulla cate-
goria del minore non accompagnato. Tuttavia occorre liberare il campo
da due questioni. La prima di carattere terminologico-concettuale; la
categoria di minore straniero infatti viene spesso utilizzata in termini
generali riconducendo ad essa condizioni molto eterogenee: il bambino
brasiliano in attesa dadozione, la ragazzina macedone figlia di Rom, il fi-
glio dimmigrati cinesi, la figlia di un cittadino statunitense, il minore non
accompagnato che giunge da uno dei paesi di migrazione o in guerra, ecc.
La seconda invece di tipo statistico: infatti, nel caso del minore stranie-
ro, la disponibilit di dati attendibili, soprattutto a livello nazionale, for-
temente limitata persino quando si tratta di regolari (in genere iscritti sul
permesso di soggiorno dei genitori).
Inizialmente lattenzione era soprattutto posta sui figli degli immigrati
e sugli ostacoli per la loro regolarizzazione, di solito connessi alla diffi-
colt di applicare listituto del ricongiungimento familiare. Pur tuttavia
fin dal principio il fenomeno della presenza dei minori stranieri in Italia
inizia a essere collegato alla devianza: nel primo rapporto sulla condizione
dei minori in Italia del Consiglio Nazionale dei Minori (Cospes 1989)
gi segnalata la loro presenza emergente nelle carceri minorili. comun-
que con il secondo rapporto (Cospes 1990) che si registrata la novit
del fenomeno ed emergono le prime proposte per delineare la particola-
rit della loro condizione rispetto a quella dei minori italiani. Emerge cos
lidea che i minori stranieri hanno bisogni specifici da apprendere e com-
prendere nellottica di una sempre pi inevitabile convivenza multicultu-
rale
141
.
I minori assumono nel corso del tempo un ruolo sempre pi centrale:
diventano protagonisti di un inevitabile cambiamento della societ, di cui
vivono tutte le contraddizioni. Nel documento programmatico relativo al-
la politica dellimmigrazione dellagosto 1998 i minori sono considerati i
veri protagonisti del processo dintegrazione, in quanto essi, a cavallo tra
la cultura dei genitori e quella del Paese di accoglienza, rappresentereb-
bero e vivrebbero tutte le contraddizioni dellincontro tra culture, senza
poterne godere i vantaggi
142
. In realt lattenzione al fenomeno non si
42 IL MALE MINORE
sviluppata in modo omogeneo, anche perch la stessa presenza dei mino-
ri stranieri non uniforme sul territorio nazionale e neppure particolar-
mente correlata a una maggiore o minore intensit della presenza degli
adulti (a una particolare concentrazione di popolazione emigrata in un
determinato contesto non necessariamente corrisponde una larga compo-
nente minorile
143
).
Generalmente comunque le politiche sociali si sono rivelate spesso ca-
renti e contraddittorie nellaffrontare il fenomeno della migrazione mino-
rile che, per le sue dimensioni e per le sue caratteristiche ha destato un
crescente allarme sociale. In molti contesti il compito di rispondere a que-
ste nuove esigenze stato per lo pi lasciato, e in parte lo ancora, al
volontariato
144
. Cresce, per questi motivi, lesigenza di affrontare e preve-
nire in modo programmatico il disagio dei giovani stranieri e le situazioni
di emergenza in cui si possono trovare i minori. La complessit della que-
stione ha destato immediatamente la preoccupazione che la presenza con-
sistente di stranieri nel nostro Paese e la confermata tendenza alla crescita
del fenomeno si traducessero in situazioni di bisogno e di disagio, soprat-
tutto della componente giovanile. Allo stesso modo si ritenuto inevita-
bile che, manifestandosi frequentemente il disagio in comportamenti ille-
citi, divenisse pi consistente anche la devianza dei giovani stranieri
145
.
Ci si concretizzato come vedremo in una sempre maggiore ambi-
guit nellaccostarsi al fenomeno: i minori simbolo di integrazione diven-
tano anche, e sempre pi, simbolo di contaminazione
146
. Linteresse delle
istituzioni e di numerosi studiosi e organizzazioni internazionali nei con-
fronti dei minori stranieri tende, su queste basi, a concentrarsi sempre
pi sulla particolare condizione del minore non accompagnato, soprat-
tutto forte la preoccupazione per il suo facile coinvolgimento in molte-
plici forme di sfruttamento
147
.
Il fenomeno dei minori stranieri non accompagnati in larga parte
dellEuropa
148
assume una certa rilevanza a partire dal secondo dopo-
guerra: non si tratta dunque di un fenomeno inedito, quanto piuttosto di
una presenza percepita negli ultimi anni come numericamente significati-
va, quasi allarmante. Generalmente vengono distinte due categorie di mi-
nori stranieri non accompagnati: i richiedenti asilo, soprattutto dal dopo-
guerra fino a tutti gli anni Ottanta, e i giovani immigrati provenienti dalle
principali zone di migrazione. Solo la seconda, pressoch assente negli al-
tri contesti europei, presente in Italia in termini significativi
149
. Insom-
ma, le storie dei ragazzi non accompagnati in Italia sono storie di mi-
granti non diverse da quelle di qualsiasi altro adulto.
Al di l delle reali origini del fenomeno, sta di fatto che la violazione
dei confini europei da parte di un numero sempre pi consistente di gio-
vani, dotati di un preciso bagaglio di diritti, ha indotto molti Paesi a indi-
viduare dispositivi che consentissero di richiudere la falla aperta da questi
minori nelle disposizioni di Schengen, senza tradire i principi generali di
tutela dellinfanzia. Anche in questa occasione, come era gi accaduto per
43 LABORATORI DEL POTERE
i giovani italiani, si rivela determinante il ruolo di quella che ho definito
filantropia moderna: questa infatti, sensibile al tema, si fece promotrice
degli interventi governativi. Infatti fin dal 1984 era stato istituito
150
un co-
mitato europeo di studi per i minori non accompagnati con il compito di
definire la posizione giuridica e la protezione da accordare loro. Inoltre,
gi nel 1988 il Comitato delle Nazioni Unite sui rifugiati ha messo a pun-
to alcune linee guida in cui si stabilisce che per assistere i minori rifugiati
necessario tenere in considerazione le differenti ragioni che hanno reso
non accompagnati questi minori. Ci perch a diverse cause di migra-
zione corrispondono differenti implicazioni per la protezione del fanciul-
lo, per le prospettive di riunione familiare o di rimpatrio e, soprattutto,
diversi tipi di intervento che inevitabilmente dovranno tenere conto del-
let
151
.
Non diversamente, in Italia la manifestazione del fenomeno migrato-
rio minorile aveva fatto emergere le carenze presenti su questo tema
nel nostro ordinamento. In realt, se vero che la legge Martelli contene-
va soltanto alcune disposizioni marginali riguardanti i minori altrettanto
vero che queste non erano affatto in contrasto con il sistema ordinario di
protezione e tutela a favore dei minorenni, compresi quelli stranieri. Ci
perch si riteneva, probabilmente, che potesse essere applicato, mutatis
mutandis, il sistema gi previsto per i minori tout court. Ad ogni modo,
nonostante i dubbi sulla adeguatezza della normativa esistente, linespel-
libilit del minore era abbastanza scontata in quanto prevista dalla Con-
venzione di New York sui diritti del fanciullo, per noi legge dello Stato
(n. 176/1991). Inoltre, se si considera che tale Convenzione stabilisce an-
che il dovere dello Stato di proteggere i minori che si trovano sul suo ter-
ritorio senza alcuna discriminazione, non solo lespulsione era nei fatti
impraticabile, ma lo stesso rimpatrio assistito era ipotizzabile solo qualo-
ra tale provvedimento si fosse reso necessario e comunque solo dopo
averne valutato lopportunit in relazione al superiore interesse del mino-
re stesso
152
. Eppure, nonostante lesistenza di queste disposizioni, la situa-
zione del minore-straniero-solo in Italia era frutto di particolari preoccu-
pazioni: la disciplina che si applicava era ritenuta complessa, disomoge-
nea sul territorio e dunque, non di rado, discriminatoria nella sua applica-
zione (caratteristica, questa, ben conosciuta a tutta la materia minorile,
come ogni materia sottoposta alla discrezionalit dettata dalla necessit di
cura); tuttavia il principale timore era che, in assenza di un divieto specifi-
co, i minori potessero essere espulsi, al pari degli adulti
153
.
Ebbene in quegli anni, grazie alla pressione di alcune Ong e dellauto-
rit giudiziaria, i minori stranieri soli entrarono nellagenda politica del
governo
154
: prendendo spunto dal complesso quadro normativo, dagli ac-
cordi internazionali, dalle pratiche degli enti locali e dei singoli tribunali
per i minorenni (tra questi, esemplare per i suoi tentativi di raccordo con
le altre istituzioni lattivit del Tribunale di Torino), il ministero dellIn-
terno, di Grazia e Giustizia e del Lavoro emanarono alcune circolari per
44 IL MALE MINORE
regolare la questione dei minori stranieri non accompagnati. La condizio-
ne giuridica del minore-straniero-solo va a questo punto sempre pi
uniformandosi sul territorio
155
.
Tuttavia con la Risoluzione del Consiglio dellUnione Europea (1997)
sui minori stranieri non accompagnati
156
fu sostenuta, con sempre mag-
gior vigore, la necessit di uniformare anche la nostra legge agli orienta-
menti gi avviati in Europa su questo tema. Era ormai inevitabile la defini-
zione di una normativa che disciplinasse nello specifico questa particolare
figura di minore e di straniero. Lemergere di una cultura e di una norma-
tiva ad hoc uno dei punti centrali da cui parte il lavoro di ricerca e per-
tanto sar analizzata nei prossimi capitoli; qui mi limito a ricordare che,
pi in generale, una normativa specifica sui minori stranieri si rese neces-
saria perch le norme generali riguardanti i minori erano ritenute palese-
mente inadeguate, in quanto erano state pensate per regolare condizioni
diverse
157
.
Ma soprattutto, lindividuazione di una disciplina specifica per i mi-
nori stranieri era una volont precisa del governo e del dipartimento Affa-
ri Sociali presso il Consiglio dei Ministri. Nel rapporto del 1997 sulla con-
dizione dellinfanzia e delladolescenza in Italia si legge:
Si ritiene che, almeno per ci che riguarda interventi a breve termine, si
dovrebbe adottare una politica volta al rafforzamento delle identit etni-
che originarie. Si tratta di azioni positive e specifiche, che possono anche
avere una durata temporale definita e che comunque debbono essere inte-
se come unimportante tappa intermedia per costruire una reale societ
multietnica, multiculturale e antirazzista. [...] Innanzi tutto, diviene fon-
damentale una nuova e specifica figura professionale, che possiamo defi-
nire del tutore etnico, con il compito di prendersi cura degli interessi
del minore in unottica di tutela etnica e con un ruolo di consulenza in
luoghi particolarmente significativi come: la frontiera, la questura, le
strutture per linfanzia, la scuola, lospedale, il carcere, il tribunale, le
strutture ricreative, i centri daccoglienza, gli enti locali ecc.
158
.
La necessit di una distinzione culturale ed etnica dei minori stranieri
viene inoltre ribadita negli Orientamenti alla progettazione degli inter-
venti previsti nella legge n. 285/97 (sui diritti dellinfanzia e delladole-
scenza). In particolare sulla condizione del minore non accompagnato si
sostiene:
Unaltra figura che va tenuta distinta nella fase progettuale il soggetto in
et evolutiva straniero non accompagnato (spesso irregolarmente presen-
te in Italia), nei confronti del quale sarebbe importante prevedere pro-
grammi-pilota, capaci di rispondere ad una duplice esigenza: migliorare le
condizioni di temporaneo soggiorno in Italia; facilitare il rientro in patria,
prevedendo anche interventi di sostegno in loco per un periodo di tempo
determinato ma adeguato al bisogno. Sarebbe opportuno prevedere strut-
45 LABORATORI DEL POTERE
ture specifiche, gi nelle primissime fasi di accoglienza, volte comunque a
garantire il rispetto dei diritti sanciti dalla Convenzione di New York. Le-
sperienza fin qui acquisita dimostra comunque le difficolt di intrapren-
dere iniziative soltanto locali, ed quindi opportuno sollecitare un coor-
dinamento degli interventi
159
.
Cos, nonostante i progressi fatti per garantire al minore straniero non
accompagnato tutela e integrazione, nella legge sulla condizione giuridica
dello straniero (legge 40/98, confluita nel Testo Unico sullimmigrazione
286/98) viene prevista una parte relativa ai minorenni, soli o accompagna-
ti, sottraendoli dunque alla disciplina generale sui minori
160
. Ma soprat-
tutto con questa legge viene stabilito in via generale il divieto di espulsio-
ne, possibile ora solo in casi eccezionali rigorosamente valutati dal giudice
minorile (o in seguito allespulsione dei genitori)
161
. Da qui nasce lesigen-
za di differenziare e di correggere questa norma che apriva un varco trop-
po ampio allimmigrazione clandestina dei minori, soggetti che per loro
natura godono di diritti universalmente riconosciuti.
Infatti la legge prevedeva solo in via generale un comitato per la tutela
dei minori stranieri istituito gi ai tempi della legge Martelli per i
programmi solidaristici sviluppati da varie istituzioni a favore dei minori
temporaneamente accolti sul territorio
162
, rimandando allemanazione
di un successivo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri la defi-
nizione dei compiti del comitato e delle modalit di ingresso e di soggior-
no dei minori (si parla, beninteso, sempre di quelli ospitati nellambito
dei programmi solidaristici).
Il governo, invece, di sua iniziativa introduce tra le competenze del
comitato la figura del minore straniero non accompagnato e nelloccasio-
ne gli attribuisce la competenza del rimpatrio assistito (art. 5, D.l.
113/99), assolutamente non previste precedentemente
163
. Il regolamento
di attuazione del T.u. 286/98 invece si limitato a individuare il tipo di
permesso di soggiorno (quello per minore et), senza specificarne le
condizioni di applicabilit e le caratteristiche, da rilasciare ai minori irre-
golari cui non possa essere rilasciato altro permesso di soggiorno. Le
funzioni del comitato, e soprattutto le nozioni di minore straniero non
accompagnato e di rimpatrio assistito, sono state invece precisate da
un regolamento emesso ad hoc (D.p.c.m. 535/99).
Questo nuovo regime differenziato su base nazionale per i minori
stato da pi parti ritenuto discriminatorio
164
. Abbiamo visto nel primo
paragrafo come levoluzione del concetto di infanzia e dei suoi diritti ab-
bia comportato, almeno sulla carta e non senza ambiguit, il riconosci-
mento della cittadinanza ai minori quali soggetti capaci sia di migliorare
la propria vita che quella della comunit in cui vivono. La Convenzione
dei diritti del fanciullo, e con essa tutta la legislazione nazionale, ricono-
sce inoltre allinfanzia tout court il diritto alla tutela e alla promozione del
pieno sviluppo della personalit. Su queste basi la necessit di una diversa
46 IL MALE MINORE
disciplina per i minori stranieri, e a maggior ragione per i minori-stranie-
ri-non-accompagnati, dunque appare meno evidente e comunque opi-
nabile. Nelle parole di Turri: (s)oltanto lossessivo bisogno di norme
scritte ad hoc rendeva insicuri di tale operativit molti operatori di poli-
zia, dei servizi e della giustizia, disorientati da presunte lacune dellordi-
namento giuridico
165
.
A questo proposito vorrei dimostrare nel corso della ricerca che pro-
prio dietro il diritto alla diversit culturale, utilizzata come un dato natu-
rale, si nascondono le insidie di unoperazione volta a giustificare la diver-
sit sostanziale, fin nei diritti elementari, dei giovani stranieri rispetto ai
coetanei italiani, considerati potenziali cittadini: come una sorta di ri-
partizione tra infanzia piena e infanzia attenuata. Il paradosso che sotten-
de la filosofia ispiratrice fin troppo evidente: si sarebbero dovute creare
a quel punto disposizioni differenti per culture differenti e non solo tra la
nostra e quella degli stranieri. Apparentemente la necessit di tutela-
re la categoria del minore non accompagnato in modo difforme da quan-
to previsto per la tutela degli altri minori risiederebbe nella loro particola-
re vulnerabilit: si tratta di minori soli in terra straniera e ci, come abbia-
mo osservato, determina, con tutte le retoriche connesse, molte incertezze
sulle pratiche da adottare. Vedremo nel corso della ricerca quali possono
essere le ripercussioni di questa incertezza nel caso della relazione tra la
necessit di tutela di alcune fasce marginali (il minore straniero in questo
caso) e linteresse, o meglio gli interessi, a mantenere lordine conven-
zionale. Per questo motivo nel corso dellanalisi, seguendo limpianto uti-
lizzato finora, mi concentrer sul ruolo assunto dal terzo settore e dallo
Stato nei confronti dei minori (stranieri in questo caso) e in particolare sul
proliferare di apparati e professioni sorti intorno a questi compiti. , in-
fatti, piuttosto raro imbattersi in lavori che verifichino gli effetti di questi
due universi sulla vita dei loro protetti.
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Alla fine di questo percorso il minore straniero di cui ci occupiamo
sembra essere piuttosto il frutto di un processo di categorizzazione che,
attraverso il discorso giuridico, arriva a delineare condizioni differenti.
Come per molti istituti sorti a favore del minore (penso al tribunale per
i minorenni, ma anche alla stessa Convenzione per i diritti del fanciullo),
la distinzione di una specifica categoria di soggetti non sempre si rivelava
un vantaggio per il minore stesso. Laver sancito secondo parametri giuri-
dici alcuni diritti e apparati specifici per i minori stranieri ha fatto gi di
per s emergere la convinzione che il minore straniero sia un minore di-
verso dal minore italiano avviando cos un lento processo di esclusione.
Processo tanto pi ambiguo, perch fondato sugli stessi principi posti a
tutela del soggetto. Semplificando: Tu sei diverso e per questo devi esse-
47 LABORATORI DEL POTERE
re tutelato di pi e se devi essere tutelato vuol dire che qui stai male e
quindi meglio che torni da dove sei venuto.
Lipotesi formulata al riguardo che listituzione di un comitato ad
hoc sui minori stranieri vada letta soprattutto come la costruzione di una
categoria, di un apparato e di una procedura relativi a un numero di sog-
getti precedentemente non identificati, che si sostanzia nellazione col-
lettiva
166
di un variegato numero di attori e i cui effetti saranno chiari nel
corso delle prossime pagine. In questa attivit di costruzione si possono
individuare due assi o meglio due crociate morali
167
con attivit e rica-
dute nazionali e internazionali: quella della protezione (child saver) e
quella della autodeterminazione (kiddy libber) dellinfanzia. I primi vedo-
no nel minore un soggetto bisognoso di tutela dalla corruzione del mon-
do e dallo sfruttamento degli adulti. Questi crociati delle riforme sono
promotori di leggi e appartengono o, pi spesso, fanno riferimento ad un
nucleo di attori definibili istituzionali (non senza le dovute eccezioni di
soggetti pi facilmente assimilabili alle posizioni dei kiddy libber). I se-
condi promuovono lindipendenza e lemancipazione dagli adulti in vista
di una maggiore responsabilizzazione e autodeterminazione rispetto a ge-
nitori, tutori o altri adulti; questi sono generalmente riconducibili al vasto
mondo dellassociazionismo organizzato di stampo sociale e giuridico
168
.
Naturalmente, i confini tra le singole crociate sono tuttaltro che definiti,
anzi spesso si intrecciano quasi confondendosi.
Com evidente, quella proposta soltanto unipotesi inevitabilmente
parziale e provvisoria che va sottoposta a verifica. Con essa inoltre ne-
cessario porre in questione lidea che la rivisitazione del concetto di tu-
tela operata per i minori stranieri sia stata non solo legittima, ma necessa-
ria. Ci nellintento di dimostrare come proprio la frantumazione della
tutela abbia determinato la possibilit di formulare diversi (e minori) di-
ritti per i giovani migranti. Lanalisi di questa riformulazione della cate-
goria di tutela comporta innanzitutto la decostruzione dei presupposti
politici e giuridici dai quali ha avuto origine la necessit di tutela dei mi-
nori stranieri (non accompagnati). Tale operazione consente di rendere
meno opache le ambiguit e le genealogie della sua tanto proclamata
quanto generica connotazione di protezione sociale e soprattutto di
sottolinearne il presunto carattere fondante: in altre parole, la tutela
rappresenta oltre che il fine delle politiche dintervento sociale, levento
che sancisce un nuovo ordine di inclusione escludente
169
. Ritengo, in-
fatti, che lapparato della tutela possa essere analizzato efficacemente solo
a condizione che non sia assunto come unit globale, che si veda come le
singole parti funzionino e come si sostengono, in che modo lapparato
[...] definisca un certo numero di strategie globali. Sono proprio tutti
questi meccanismi unitamente a tutti gli operatori di inclusione/esclu-
sione istituzionali o meno a rappresentare lo zoccolo effettivo di quel-
lapparato globale che la tutela. La sfida sar allora fare emergere le
strategie di integrazione e smaltimento: pertanto non ci si dovr tanto
48 IL MALE MINORE
concentrare su ci che ne costituisce la legittimit fondamentale, quanto
cercare di individuare gli strumenti tecnici che consentono di assicurarne
il funzionamento
170
.
Sar cos interessante valutare se tra i due sottoinsiemi individuati
(istituzioni e terzo settore) esistano meccanismi circolari di rinforzo. Ri-
tengo, infatti, che per una comprensione del fenomeno sia necessario de-
scrivere, oltre ai processi attraverso cui le definizioni vengono legittimate
e condivise, anche le relazioni di potere che vincolano coloro che interagi-
scono nella costruzione di tali definizioni. Di conseguenza occorre pren-
dere in considerazione anche le logiche e le pratiche che regolano lopera-
to delle organizzazioni del privato sociale: queste ultime, come ho gi ac-
cennato, sono generalmente dotate di scarsa autonomia finanziaria e pro-
cedono con dinamiche sempre pi simili a quelle delle aziende private
171
.
In questottica la scelta del prodotto da immettere sul mercato diven-
ta determinante per la sopravvivenza delle organizzazioni e in fondo del
mercato stesso ( il mercato a rispondere ai bisogni o sono i bisogni che
creano il mercato?). Ad esempio, i risultati di alcune ricerche sulla istitu-
zionalizzazione dei minori stranieri in Italia evidenziano come i vecchi
istituti, destinati a sparire o comunque a subire profonde modifiche a
causa di pressioni culturali e legislative, sono invece riusciti a perpetuarsi,
riproponendosi quasi identici a se stessi, con laccoglienza di nuove tipo-
logie di minori: gli stranieri
172
. Infine, se si vuole tenere conto anche delle
novit introdotte dai processi di globalizzazione nelle politiche sociali ri-
volte ai minori, sar necessario andare oltre i confini nazionali. Il minore
straniero, al pari del minore tout court, dispone, infatti, di un proprio ap-
parato di protezione/controllo, o meglio inclusione/esclusione, la cui sfe-
ra di azione e di influenza, tuttavia, non si limita agli spazi locali, ma arri-
va alle dimensioni globali divenendo cartina di tornasole della funziona-
lit dei nostri sistemi di governo del sociale.
Tra gli attori che compongono lazione collettiva non annovero invece
i minori per almeno due motivi. Ai fini di una partecipazione attiva, infat-
ti, necessario avere unautonoma presa di parola, essere in grado di
contrastare il potere di una definizione
173
, mentre, diversamente dagli al-
tri soggetti, il minore (e dunque anche quello straniero) peculiarmente
un soggetto parlato e non parlante
174
. Ci non vuol dire che coloro che
vengono definiti come minori stranieri non accompagnati non abbiano al-
cun ruolo attivo in questa definizione: ce lavranno certamente nella rela-
zione diretta con i singoli operatori. Ma non questo il punto. Il processo
di definizione del minore segue altre logiche (qui il secondo motivo). Ri-
prendendo Becker, ci troviamo di fronte a due azioni collettive ben distin-
te: quella di chi perpetra un atto e quella di chi a questo atto reagisce.
Le due azioni non si sovrappongono necessariamente. Non tutti i minori
che vengono definiti non accompagnati lo sono davvero; cos come non
tutti i minori stranieri che arrivano o vivono in Italia senza i loro parenti
stretti vengono definiti come non accompagnati. La difficolt, come so-
49 LABORATORI DEL POTERE
stiene Becker, teorica: (n)essuna delle due alternative soddisfacente.
Ci che hanno fatto i teorici interazionisti stato trattare i due sistemi co-
me distinti, rilevando qualsiasi sovrapposizione e interazione tra loro, ma
senza presupporre lesistenza di tali relazioni
175
. In altri termini penso
che sia pi opportuno privilegiare la descrizione del processo, delle inter-
relazioni e relative implicazioni, dei rapporti di potere e delle reciproche
influenze tra i vari attori (istituzionali e non) deputati a definire il mino-
re non accompagnato nonch degli esiti che questo processo di definizio-
ne ha sul minore stesso, piuttosto che focalizzare lattenzione sugli effetti
diretti delle singole istituzioni sociali, sulla stessa interazione tra chi in-
caricato ufficialmente di gestire/definire il minore e il minore stesso
176
.
Ovviamente, una verifica di questo tipo non deve essere trascurata, ma
necessario ridimensionarla e metterla in relazione al quadro generale.
50 IL MALE MINORE
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'4-.508060
I minori stranieri negli ultimi anni hanno guadagnato un posto di rilie-
vo nellagenda di molti attori istituzionali e non. Questo interesse si svi-
luppato quasi in concomitanza con il manifestarsi di una fobia anti-immi-
grato
1
: cresce lapprensione verso i pi giovani e quindi la necessit di ge-
stire e governare un fenomeno che inizia a sfuggire di mano. Da pi parti
(magistratura minorile, enti locali e associazioni di settore) si pone il pro-
blema del minore straniero quale soggetto che sempre pi spesso affolla
comunit, carceri e riempie i fascicoli del tribunale. Come abbiamo visto,
lattivit di un comitato a tutela dei minori gi prevista, ma ha compiti
parzialmente diversi da quelli attuali; inoltre gi in atto una forma di
rimpatrio, pi simile a unespulsione e, proprio per questo, praticata so-
lo in casi estremi. Con laumento degli arrivi di minori stranieri nella se-
conda met degli anni Novanta, il fenomeno viene percepito come un
problema di proporzioni emergenziali dagli operatori pi direttamente
coinvolti, soprattutto dagli enti locali che pi di altri ne pagano i costi in
termini economici e sociali; questo passaggio emerge chiaramente dalle
parole dei funzionari del comitato e tra le righe possibile coglierne i
connotati che da subito presenta:
La storia dei minori non accompagnati nasce con un gruppetto di ragaz-
zotti etiopi, che sono entrati nei primi anni Novanta, per cui non era pos-
sibile fare nessun tipo di attivit volta al rimpatrio e non era possibile fare
espulsioni per lEtiopia. Cos si sono inventati un percorso (molto romano
perch era un accordo tra questura e tribunale per i minorenni) che consi-
steva nellattribuzione di un permesso di soggiorno per affidamento ap-
pellandosi alla 184/83. Il problema che questo fenomeno cos piccolo
(pensato per quei ragazzi che realmente potevano essere tra lasilo politico
e una realt di immigrazione clandestina) si ingrandito in maniera abba-
stanza problematica senza incontrare una capacit di gestione. Allora il
motivo per cui siamo diventati molto pi cattivi che fino ad allora il
meccanismo in Italia era rimangono i buoni e vanno via i cattivi. Questa
stata la mentalit paradossale che ha contraddistinto la gestione dei mi-
nori fino alla Turco-Napolitano. Nel senso che inizialmente era possibile
lespulsione, fino ad arrivare con la Turco-Napolitano a dire che il minore
non pu essere espulso. Questo percorso di non espellibilit del minore in
realt pone una serie di problemi che noi abbiamo in qualche modo anti-
cipato, abbiamo voluto superare la logica del buono e cattivo che vigeva pri-
ma. (vice presidente)
Il fenomeno iniziava a prendere consistenza poich molti di questi ragazzi
non potevano essere seguiti dai tribunali per i minorenni, in parte per
questioni di competenza ma soprattutto per carico di lavoro e difficolt di
gestione del fenomeno. Questi minori cominciavano ad essere numerosi
nei centri di accoglienza che di fatto fino ad allora (tra la fine degli anni
Ottanta e i primi anni Novanta) si erano occupati essenzialmente di mino-
ri italiani (di quelli che entravano nel circuito penale o di quelli che per
disagio sociale passavano un periodo di tempo in comunit), gestiti di so-
lito dal comune in convenzione con associazioni laiche o religiose. Questo
fenomeno ha cominciato ad avere ripercussioni anche a livello gestionale
ed economico, perch le rette sono a carico dei comuni. I comuni avevano
iniziato a chiedere se erano proprio loro competenti anche per i minori
stranieri e il Consiglio di Stato con una sentenza del 97, seguendo il prin-
cipio di non discriminazione
2
, ha risposto s. Ci sono centri piccoli che
non hanno budget per reggere anche solo 5/6 minori (tenga presente che
una retta va intorno agli ottanta euro al giorno). Il fenomeno iniziato a
diventare preoccupante per questi problemi di gestione che emergevano
dallaccoglienza. L nasce la necessit principale di capire di che cosa sta-
vamo parlando. Proprio per la differenziazione tra straniero regolare e ir-
regolare, proprio per distinguere i diritti delluno e quelli dellaltro. (fun-
zionario)
Lallarme sulla crescente presenza dei minori stranieri e il carico di la-
voro sui vari enti preposti alla tutela e alla cura dei minori aumenta, tanto
che la generica preoccupazione su questo fenomeno si traduce anche nel-
la pubblicazione di articoli sul tema in riviste di settore. Ecco un esempio
da cui si possono comprendere inequivocabilmente i futuri sviluppi della
questione:
Nonostante la sempre maggiore rilevanza che sta assumendo il tema dei
minori stranieri non accompagnati, non soltanto da un punto di vista
quantitativo ma anche sociale e giuridico, il dibattito ad essi relativo appa-
re estremamente frammentario, localizzato ed emergenziale. [...] Di fron-
te a questa nuova situazione, e con una normativa che su questo aspetto
assai poco definita (lo stesso d.lvo. 286/98 non ne fa menzione), la rispo-
sta delle istituzioni locali apparsa abbastanza confusa, spesso anche con-
traddittoria al suo interno. Problemi di bilancio si sono uniti a problemi
di difficolt di gestione di un fenomeno che richiede una conoscenza che po-
52 IL MALE MINORE
chi amministratori possiedono, proprio perch si tratta di una presenza irre-
golare con un carattere provvisorio e temporaneo che per pu anche per-
durare per periodi assai lunghi, senza escludere la possibilit che divenga-
no invece presenze stabili. Allo stesso tempo, molti tribunali si ritengono
incompetenti ad aprire i fascicoli riguardanti i minori con pi di 14 anni, ri-
mandando tutto allUfficio del Giudice tutelare della Pretura. A ci deve
anche aggiungersi, fatto forse unico in Europa, che di questi minori si sono
occupati essenzialmente le organizzazioni di volontariato e di tutela degli
immigrati, e non quelle di cooperazione e solidariet internazionale; ci ha
fatto s che lintero fenomeno sia stato affrontato in una chiave di lettura
inadeguata, riadattando modalit interpretative valide per laccoglienza del-
la popolazione immigrata ma non per soggetti specifici come i minori stra-
nieri non accompagnati
3
.
Si tratta quindi di una categoria inedita, mai considerata, di un feno-
meno in notevole aumento, problematico in termini economici, che ne-
cessita di una grande professionalizzazione e soprattutto di conoscenza
per individuare corrette e mirate capacit di intervento; una conoscenza
che tuttavia non tutti hanno o che comunque non tutti sono in grado di
cogliere. Cos, per sostanziare il percorso di sensibilizzazione, e in fondo
per legittimare listituzione di un futuro apparato che si faccia carico di
questa specificit, viene inoltre tracciato un primo profilo del minore
straniero non accompagnato. Torner su questo punto; qui mi interessa
sottolineare come nel discorso che si va costruendo il giovane albanese
guadagna un ruolo di primo piano.
Abbiamo fatto fare indagini sociologiche, psicologiche. Abbiamo fatto
una attivit che ha permesso di acquisire maggiore conoscenza. Cera in
Albania lidea che il minore non accompagnato fosse come il ragazzo che
va in equilibrio sul treno (eroe), era poco sentito come un ragazzo che ha
bisogno. Abbiamo commissionato unindagine sociologica su un gruppo
di ragazzi di Valona allIcs che era coordinatore di tutti i progetti mino-
ri, aveva 11 centri di aggregazione giovanile e abbiamo chiesto: tiriamo
fuori questo discorso dellimmagine del minore che parte su questo gom-
mone come soggetto positivo, colui che in gamba capace di scommette-
re, non tanto uno sfigato, ma uno che si mette alla prova. [...] Addirittu-
ra una di queste analisi che ha fatto un antropologo ha fatto emergere che
il viaggio era considerato proprio come fase di sviluppo, come rito di pas-
saggio, se tu vai in Italia diventi grande. Quando abbiamo iniziato a stu-
diare il fenomeno noi eravamo convinti di avere a che fare con dodicenni,
perch allinizio cera il grande rischio delle adozioni. Invece emerso che
erano tutti diciassettenni entrati senza grossi legami, tutti quanti per acce-
dere al permesso di soggiorno. Questo ci ha fatto venire il sospetto che ci
fosse una sorta dinduzione in questi flussi, abbiamo scoperto persone e
strutture che andavano in Albania promettendo un lavoro e quindi invo-
gliavano a venire. (funzionario)
IL COMITATO PER I MINORI STRANIERI 53
Questa sar limmagine pi volte proposta in molti documenti ufficia-
li e nelle interviste al comitato. Lattenzione con la quale il dipartimento
degli Affari Sociali (da qui in avanti Das), iniziale sede del comitato
4
, si
mosso fin dal principio in questa materia , infatti, conseguenza di un lun-
go lavoro di indagine del fenomeno in Italia e allestero
5
. La diffusione di
una cultura specifica sul minore non accompagnato, soprattutto su quello
albanese (come vedremo il minore a cui si fa riferimento quasi esclusiva-
mente di nazionalit albanese, bench questa non sia di certo la naziona-
lit maggiormente rappresentata in Italia), inizialmente viene promossa a
livello europeo da unOng che, in ragione della sua consolidata esperien-
za, diventer il primo ente convenzionato (e attualmente lunico) e musa
del Comitato per i minori stranieri. Ecco quello che scrive la sua presi-
dentessa molto prima che il fenomeno assumesse lattuale configurazione:
In Italia il fenomeno era quasi sconosciuto fino ad un decennio fa, in
quanto erano stati introdotti nel nostro Paese pochi ragazzi provenienti
dal campo profughi o da esodi forzati dal sud-est asiatico. Oggi esploso
con una connotazione totalmente diversa: riguarda gruppi di minori etio-
pi, eritrei e somali portati in Italia da lontani parenti o amici di famiglia, di
minori provenienti dal Magreb o da pochi paesi dellAfrica nera, giunti
singolarmente al seguito di adulti non parenti che si sono allontanati
dai loro paesi per motivi di disagio economico, in cerca di lavoro; di mi-
nori albanesi, i quali, dopo lesodo in massa iniziato nel 1991, continuano
ad arrivare a piccoli gruppi, per lo pi clandestinamente e recentemente
di bambini provenienti dalla ex-Iugoslavia per lo pi bambini molto pic-
coli che sono stati richiesti in adozione dai privati. Anche se lUfficio Cen-
trale per la Giustizia minorile e il Comitato ministeriale dei Ministeri della
Protezione Civile, Esteri ed Interni, con la collaborazione dei vari organi-
smi internazionali, tra i quali il Servizio sociale internazionale, hanno crea-
to un Comitato per i minori albanesi non accompagnati e fronteggiato le re-
centi situazioni di emergenza, sia per lassistenza ai minori albanesi sia per
quelli provenienti dallex-Iugoslavia, non si pu ignorare che il problema
di vasta portata e in aumento. Sono lieta di osservare che, recentemente, il
Ministro degli Affari sociali ha costituito un Comitato Permanente per i mi-
nori stranieri. auspicabile che questo nuovo organismo sia in grado di di-
sporre diversi modelli di intervento a seconda delle cause di emigrazione e
delle fasce di et e riesca a realizzare un raccordo fra le amministrazioni
che gestiscono i vari aspetti del problema ed evitare, cos, la frammenta-
zione e lo scoordinamento fra i vari organi dello Stato e le diverse regioni
come purtroppo avvenuto e avviene, a volte, oggi. [e ancora aggiunge]
Quali misure devono essere prese nei confronti di ragazzi pi che adolescen-
ti che spesso decidono, daccordo con i parenti, di introdursi nel nostro paese
al fine di ottenere una protezione giuridica che gli permetta di trovare una
sistemazione lavorativa e di studio?
6
.
La genealogia di questo processo sarebbe tuttavia incompleta senza
inserire nel contesto degli attori gi presentati anche le altre Ong che in
54 IL MALE MINORE
origine collaboravano con il Das e successivamente con il Comitato per i
minori stranieri nei paesi di provenienza dei minori individuati. Pur non
avendo, almeno allinizio, un coinvolgimento diretto, queste fungono da
bacino da cui attingere le notizie e fondare le opinioni su una categoria
che, nelle descrizioni degli attori del comitato, sar destinata a confonder-
si sempre pi con lidentikit del giovane albanese. Il rapporto delle Ong
con i funzionari che lavorano per lufficio immigrazione del Das e che poi
confluiranno nel comitato minori stranieri inizia nei primi anni Novanta
consolidandosi via via con la creazione di un gruppo di lavoro sullAlba-
nia (il Tavolo Albania) fino a giungere allistituzione di convenzioni
specifiche sui minori non accompagnati. Ecco come racconta questespe-
rienza uno dei funzionari direttamente interessati; simili dichiarazioni,
tuttavia, si trovano anche nelle interviste fatte agli operatori delle Ong
convenzionate:
Il Tavolo Albania nasce una settimana dopo la tragedia del canale dO-
tranto. Forti dellesperienza del passato
7
, si decide non soltanto di orga-
nizzare gli aiuti umanitari, ma di fare un salto di qualit, realizzando diret-
tamente gli interventi umanitari e quindi di stanziare dei fondi da utilizza-
re in Albania. Alla fine per una serie di casi fortuiti abbiamo avuto come
Affari Sociali una gestione di 20 miliardi per la programmazione in Al-
bania. L stata sperimentata unattivit molto particolare, partecipativa
dal basso coinvolgendo anche le Ong albanesi. Individuati i settori din-
tervento (donne, minori, handicap) abbiamo avviato i progetti. Lammini-
strazione da parte sua ha garantito una sostanziosa parte di anticipazioni
economiche, subordinata a un monitoraggio costante degli interventi fat-
to assieme alle Ong. Io avevo rapporti mensili su tutti i progetti approvati.
[...] Il problema era che non eravamo Affari Esteri, ma Affari Sociali,
poi arrivata la missione Arcobaleno che ha fatto un po di confusione su
questa cosa. Noi abbiamo retto sulle nostre posizioni e abbiamo avuto un
secondo finanziamento di cui una quota dobbiamo ancora ridistribuirla a
dicembre. Questo percorso ci ha permesso di creare in Albania una rete
di attivit a favore dei minori, avevamo 11 centri di aggregazione giovani-
le, proprio perch la scommessa era di fare attivit di prevenzione. Perch
poi, uno pu venire quando vuole dallAlbania, ma bisogna evitare situa-
zioni estreme. Questo ci ha abituato a ragionare sullidea che cera sui mi-
nori non accompagnati.
Riassumendo, la necessit di formalizzare apparati e procedure speci-
fiche per i minori stranieri non accompagnati emerge dalla presunta e ri-
marcata carenza nella legislazione minorile di precise disposizioni che tu-
telassero la loro condizione; questa carenza determinata dallasimmetria
fra una legislazione creata per la protezione di minorenni italiani abban-
donati e la realt di un fenomeno emergente come quello dellimmigrazio-
ne irregolare dei minorenni stranieri. Un nuovo problema insomma
di cui, come ormai chiaro a tutti gli operatori istituzionali e paraistitu-
zionali, necessario tracciare non solo le coordinate fenomenologiche,
IL COMITATO PER I MINORI STRANIERI 55
ma soprattutto quelle giuridiche. Non a caso una delle principali conse-
guenze di una crociata virtuosa la creazione di una nuova legge o di un
insieme di leggi, normalmente accompagnata dallorganizzazione appro-
priata per lapplicazione
8
.
Infatti, come abbiamo constatato, viene introdotta una disciplina spe-
cifica sui minori stranieri, e in particolare sui minori non accompagnati.
Tuttavia listituzionalizzazione di questa categoria legittima una pratica i
cui esiti hanno unefficacia quantomeno dubbia. Innanzitutto, la forma-
lizzazione delle competenze aggiuntive del comitato ha avuto un iter in-
consueto e poco rispondente allortodossia giuridica
9
; lo propongo di se-
guito nelle parole del suo principale artefice:
Noi, come ufficio immigrazione, abbiamo fatto una proposta di interpre-
tazione estensiva del concetto di minori temporaneamente presenti sul
territorio [i famosi bambini di Chernobyl] e lufficio legislativo ha detto
che la proposta era pertinente: cio che era possibile, anzi doveroso, inter-
pretare con quella terminologia anche altre tipologie di minori stranieri in
generale, sempre non accompagnati e comunque rientranti nella fattispe-
cie di essere una presenza temporanea. Questo stato percepito come
una sorta di giochino, che stato fatto dallo Stato, per non discuterne
in sede di legislazione ufficiale della Turco Napolitano. In realt, secondo
unindicazione mia, si erano dimenticati di questi minori. A quel punto
scriviamo il correttivo, scriviamo il regolamento, cos, la competenza del
comitato viene estesa anche a quella fetta. La prima normativa che si rife-
risce anche ai minori non accompagnati specificamente il correttivo
113/99. (vice presidente)
Si aggiunga inoltre che la stessa volont governativa di recepire le in-
dicazioni, non vincolanti, fornite da una Risoluzione del Consiglio dEu-
ropa
10
pur sempre dettate dalla necessit di controllare le frontiere
mette in luce lambiguit delle motivazioni che hanno spinto a identifica-
re una disciplina specifica. In definitiva, liniziale esigenza di protezione
dei minori da eventuali percorsi di devianza e sfruttamento, che aveva
mosso gli animi dei promotori di una disciplina ad hoc, viene affiancata,
se non superata, dalla necessit di contrastare limmigrazione irregolare
di ragazzi vicini alla maggioret.
Tuttavia, laspetto davvero inedito non risiede tanto nelliter e nelle
motivazioni che hanno portato ad istituire il Comitato per i minori stra-
nieri, quanto nei compiti ad esso attribuiti che consentono uno slittamen-
to della competenza su ogni questione riguardante questi particolari mi-
nori dallautorit giudiziaria deputata specificamente alla tutela del mi-
nore, anche se non necessariamente al suo interesse (cfr. capitolo primo),
a un organo amministrativo, che a sua volta non certo favorevole al mi-
nore, anche per il solo fatto che persegue un interesse pubblico orienta-
to dalle contingenti politiche di governo
11
. In altri termini, ci consente
uno snellimento delle procedure e una certa discrezionalit nel filtrare
56 IL MALE MINORE
lingresso e la regolare la permanenza dei minori. Una simile discreziona-
lit rende determinante la composizione e lorientamento politico del co-
mitato
12
. Ora queste affermazioni potranno sembrare alquanto banali ed
ovvie e in certa misura indubbiamente lo sono, ma sono indotte dalla con-
sapevolezza che questi aspetti hanno ripercussioni non secondarie sulle
politiche di accoglienza e, in definitiva, sulle possibilit dei minori. Que-
sto particolare non certo sfuggito agli ideatori del comitato:
Costituito il comitato, viene nominato come presidente il prof. ***, con
un taglio che era molto meno legato al fenomeno migratorio. In questo fe-
nomeno [quello dei minori non accompagnati] pesa molto se uno ha una
prospettiva orientata prettamente al diritto minorile italiano o alla gestio-
ne di un fenomeno come quello migratorio. In un convegno a Vico
Equense *** paragonava i minori non accompagnati ai minori emigranti
del sud, ma i problemi che quel minore poneva erano diversi. Per un assi-
stente sociale era pi facile rintracciare i genitori, di un albanese o di un
rumeno. Nel primo anno noi abbiamo fatto, infatti, solo 12 provvedimen-
ti e tutti di richiesta di rimpatrio. (vice presidente)
Effettivamente gli atteggiamenti assunti sul fenomeno sono tanto di-
versi da far pensare che il primo presidente del comitato non si sia reso
pienamente conto, se non nellultima fase del suo mandato, delle poten-
zialit dellorgano che era chiamato a dirigere e di quanto gli si stava co-
struendo intorno. Dal suo racconto, infatti, lo stesso comitato sembra na-
scere in sordina e con una capacit ben inferiore a quella che si sarebbe
prospettata di l a poco:
Alla presidenza del comitato ci sono arrivato per caso, anzi premetto che
tutto quel mio periodo l lho cancellato. Sono stato cos bruciato da que-
sta storia che non ne ho voluto pi sapere. Per partire dallinizio, la Mini-
stra di allora, quasi vecchi amici, mi aveva chiesto di andare a presiedere
la commissione delle adozioni internazionali. Io ero appena andato in
pensione dalla corte di appello di Venezia ed ero tornato da poco a Torino
e non ho accettato. Qualche mese dopo mi richiam e mi disse la prendi
almeno una cosina piccola piccola che ti fa viaggiare solo una volta al me-
se? Era il comitato minori stranieri. Pi per fare piacere a lei, che per al-
tro, ho accettato. Laccordo era che questo comitato si dovesse riunire sol-
tanto una volta al mese; mi ero comprato il fax apposta cos potevo comu-
nicare via fax. [...] Il Comitato era costituito da persone di vari ministeri e
associazioni, ma non cera una struttura organizzativa: a parte il sottoscrit-
to affittato temporaneamente (io lho detto alla ministra: ci vado, ma po-
co, non voglio stare a Roma, ho altro da fare), non cera neanche una stan-
za con un computer e un segretario. Questo capitava nellautunno 1999
(era il primo insediamento, il primo tentativo di capirci qualche cosa). Tra
la fine del 1999 e i primi del 2000 abbiamo prodotto il primo documento,
poi c stato il gran pasticcio di far funzionare un minimo le cose. Mentre
il gruppo di Chernobyl iniziava a funzionare, di l [dai non accompa-
IL COMITATO PER I MINORI STRANIERI 57
gnati] non mi riusciva di costituirne uno per i bambini soli. Invano ho cer-
cato di costituire un gruppo di lavoro, fino a quando mi stato proposto
un funzionario (dellufficio immigrazione) come responsabile per organiz-
zare il lavoro mentre io non cero. Doveva istruirmi i fascicoli in modo che
al mio arrivo cera soltanto da decidere questo si questo no [...]. La Mi-
nistra mi ha detto: guarda che qui c uno bravo, esperto, che sa tutto,
lui luomo idoneo. Poi nellestate del 2000, io ero in vacanza, alcuni dei
funzionari del comitato hanno costituito un gruppo senza dirmi niente,
ma non mi andava affatto male per fare una raccolta statistica di tutte le
segnalazioni che arrivavano da ogni parte. qui che viene fortemente fuo-
ri la figura di *** [si riferisce al funzionario di prima] e dallinizio so che
non avevamo le stesse idee: diciamo grosso modo che io volevo accogliere
e lui voleva respingere. Fin quando era sicuro che ci fosse la Ministra que-
sto aspetto venuto fuori poco, appena ha cominciato a pensare che le
cose iniziavano a cambiare...
Ma forse questo aspetto pu essere spiegato proprio dal fatto che,
prevedibilmente, il trasferimento della competenza sui minori stranieri a
un organo amministrativo avrebbe sollecitato immediate reazioni, non so-
lo della magistratura, ma anche dei giuristi e di alcune associazioni impe-
gnate nella tutela dei diritti dellinfanzia.
!"#$#%&'('(%)*+),#-./'*$)
Lintroduzione della disciplina sul comitato ha un percorso piuttosto
tormentato e avrebbe avuto vita breve se non fosse stata seguita da una
sorta di accreditamento. In effetti, la nuova disciplina determina una cer-
ta confusione tra le competenze e una sovrapposizione tra diversi organi,
ma soprattutto pone seri dubbi la costituzionalit dello stesso iter con cui
viene formalizzata
13
. Come afferma uno dei funzionari intervistati:
Prima ancora che uscisse il regolamento del comitato, gi cerano una se-
rie di giudici che dicevano che eravamo incostituzionali. Quando nasce
cos un rapporto, un rapporto di triste convivenza: ci sono tribunali per
i minori che dichiarano lo stato di adottabilit anche per un ragazzo di di-
ciassette anni e sei mesi. Non ci viene riconosciuto un ruolo, il comitato
stato percepito come una sorta di organismo che volesse appropriarsi di
uno spazio altrui, invece la logica del comitato era quella di occupare uno
spazio lasciato libero.
Un contributo decisivo per allentare la tensione sembra proprio essere
la scelta del primo presidente. Lipotesi, peraltro confermata da lui stesso
nel corso dellintervista, che lattribuzione della direzione del comitato a
un giudice con esperienza consolidata, e autorevolezza riconosciuta, nel
campo minorile avrebbe rappresentato una garanzia rispetto alle inevita-
bili critiche che sarebbero state mosse in primis dalla magistratura minori-
58 IL MALE MINORE
le. Il presidente del comitato infatti tranquillizzer i suoi ex colleghi in
pi di una occasione
14
e nel corso dellintervista dichiara:
I magistrati per i minori erano, e adesso mi rendo conto giustamente,
preoccupati per la nascita del comitato. Riguardo a questo una prima ga-
ranzia stata il fatto che avessero mandato me, soprattutto rappresentavo
una garanzia per il rispetto delle competenze e dellinteresse del minore.
Il mio documento (che doveva poi confluire nelle linee guida) era stato
scritto essenzialmente perch i miei amici del tribunale per i minorenni,
specialmente quelli di Torino, ma non solo, erano molto preoccupati. Di-
cevano: adesso qui finisce che la sorte dei bambini va a finire nelle mani
di un organo amministrativo, politico, incontrollabile senza nessuna ga-
ranzia per nessuno e i ragazzini vanno nei guai. Io avevo detto loro sta-
te tranquilli che non verranno modificate le competenze. Abbiamo fatto
una specie di proclama generale in cui si diceva quali erano i compiti del
comitato differenziandoli da quelli delle autorit giudiziarie minorili. Sic-
ch avevo fatto tutta questa lunga storia dicendo che non cera da preoc-
cuparsi, che il rimpatrio assistito era uneccezione, che si doveva fare solo
quando di l si poteva riceverlo e quando la condizione qui era difficilissi-
ma per lui. Per un po siamo andati avanti sulla base di questo documen-
to, ma facendo quasi niente. Dovevamo gestire un sacco di richieste, so-
prattutto dagli enti locali, non avendo per nessuna struttura alle spalle.
Inizialmente non avevo nessuno che mi istruisse le pratiche, io le guarda-
vo e poi le portavo al comitato. Spesso le richieste non erano di nostra
competenza, in sostanza facevamo riunioni infinite su cose su cui poteva-
mo fare ben poco.
Dopo un periodo di dure critiche, larga parte dei tribunali e delle pro-
cure hanno almeno di fatto, posta lassenza di ricorsi alla Corte Costitu-
zionale su questo tema riconosciuto il ruolo del comitato, dispensando-
si dunque dalla responsabilit sui minori stranieri non accompagnati.
Tuttavia se limpegno pacificatorio del primo presidente seda parzial-
mente gli animi dei magistrati, non elimina certo la sovrapposizione dei
ruoli. La confusione delle competenze che si viene a creare, nel giro di po-
co tempo, determina a sua volta una diversificazione, o meglio una strati-
ficazione, negli orientamenti e nelle pratiche dei tribunali e degli enti lo-
cali
15
. Cos la definizione di linee guida in grado di attenuare le inevita-
bili peculiarit territoriali diventa evidentemente sempre pi urgente.
Nel frattempo, a conferma della discrezionalit che ha caratterizzato
laffermazione della disciplina sui minori non accompagnati, un tentativo
per superare le disomogeneit territoriali viene fatto dal ministero del-
lInterno attraverso lemissione di una circolare. Questultima fornisce al-
le questure indicazioni pi precise sulle caratteristiche del permesso di
soggiorno e sulle pratiche da attuare; indicazioni che tuttavia vanno in un
senso diverso rispetto a quello stabilito dalla legge (40/98) per i minori
stranieri soli. Si stabilisce in sostanza che il permesso per minore et non
consente di esercitare unattivit lavorativa
16
e non pu essere convertito
IL COMITATO PER I MINORI STRANIERI 59
al compimento del diciottesimo anno, in ragione della provvisoriet del-
lautorizzazione che non finalizzata a tutelare un diritto di stabilimen-
to
17
. Cos, gi prima che il comitato iniziasse a svolgere le sue funzioni,
le novit introdotte dalla legge Turco-Napolitano, come ad esempio il di-
vieto di espulsione, vengono ridimensionate attraverso una semplice
circolare: i minori non accompagnati, insomma, sembrano trasformarsi
in primis in una questione di ordine pubblico.
Si tratta sostiene Turri della prima di una serie di circolari, assolu-
tamente illegittime, perch ignoranti il diritto stabilito dalle leggi dello
Stato, e tutte volte a rendere difficile la permanenza in Italia del minore ti-
tolare del permesso per minore et e a facilitare, invece, i rimpatri
18
. Ma
c di pi:
il regolamento che ha introdotto il permesso per minore et si corretta-
mente astenuto dallindicare le specifiche abilitazioni da esso consentite,
essendo questo compito della legge. Non vi ha provveduto neppure il Go-
verno e, allora lo ha fatto il Ministro dellInterno, compiendo un autenti-
co abuso. Vero che le circolari vincolano solo i comparti che dipendono
dal Ministro che le ha emanate, ma intanto questa circolare abusiva ha cir-
colato anche oltre, facendo danni vistosissimi
19
.
Le auspicate linee guida vengono finalmente pubblicate nel gennaio
2001
20
; con esse si avvia ununiformazione della disciplina, sebbene le in-
dicazioni introdotte sembrino, ancora una volta e ancora di pi, rivoltarsi
contro i soggetti per cui erano stati predisposte. Il rimpatrio, infatti, ora
definitivamente considerato il principale strumento per garantire la tutela
dei minori migranti. A questo scopo le linee guida forniscono alcune indi-
cazioni preliminari sulle ipotesi in cui potr essere disposto il rimpatrio e
sulla condotta che dovranno tenere le diverse autorit in contatto con il
minore straniero non accompagnato, compresa quella di considerare la
sua presenza esclusivamente come temporanea. Limpostazione data al
comitato e soprattutto la proposta delle linee guida descritte furono il
punto di rottura definitivo con il primo presidente, che si astenne dalla
votazione e di seguito diede le dimissioni
21
. Le sue parole danno conto
della sempre maggiore trasparenza dei principi su cui si fondava listitu-
zione di un comitato specifico per la tutela dei minori stranieri:
Il guaio stato che le linee guida non siamo quasi mai riusciti a farle, in-
somma io avevo preparato una specie di linee guida e ne avevo mandato
una bozza a tutti i componenti del comitato. E l che il vento girato per-
ch si sono accorti che io ero un terribile importatore di bambini, che
non volevo uscire fuori dalle norme e al principio tutti hanno tenuto que-
sta bozza da esaminare e non se ne esaminava niente. Poi mi sono accorto
che ero sabotato e che nessuno aveva voglia di fare. Allora il ministero de-
gli Esteri ha preparato le sue linee guida, il ministero della Giustizia ha
preparato a sua volta le linee guida, che cozzavano tra di loro, dopo una
60 IL MALE MINORE
infinit di riunioni, una volta al mese andavo, li facevo stare dalle otto del
mattino alle sette di sera, ma poi tutti scappavano e mancava il numero le-
gale. Alla fine, preso per stanchezza, ho accettato il compromesso di far
uscire queste linee guida, che non mi piacevano per niente o mi piacevano
poco. Le mie non passarono. Dopo unestenuante discussione passarono
quelle dei ministeri Esteri e Interno, io mi astenni dalla votazione e poi mi
dimisi. Era cambiato completamente tutto il vento, non erano ancora sta-
te fatte le elezioni, ma tutti gi sapevano come andavano. Anche di que-
staspetto mi sono accorto dopo, tutte le linee di solidariet non andavano
pi. Le critiche che muovevo alle linee approvate erano dirette soprattut-
to al fatto che il rimpatrio assistito diventava quasi la regola e che chiun-
que incontrasse un minore per la strada doveva immediatamente segnalar-
lo per leventuale rimpatrio assistito e non per assisterlo o per aiutarlo,
non per dargli un tutore, non per fargli fare un affidamento volontario,
agli zii o ai cugini con il consenso del padre e della madre. Se io so che
mio figlio parte, e lo condivido, lui sotto la mia tutela e non c neanche
bisogno di un affidamento. Non capivo perch dovessero segnalarli tutti.
Le linee assunte dal comitato stimolano un nuovo movimento do-
pinione contro la disciplina che si va istituendo. Allentusiasmo iniziale,
tuttavia, segue nel tempo unimplicita accettazione di un orientamento
che ormai va consolidandosi. Il comitato in definitiva non viene affossato,
ma, una volta superati gli ultimi ostacoli, grazie allassunzione della presi-
denza da parte del dirigente dellufficio immigrazione del dipartimento
Affari Sociali, chiaro segno della politica che si intendeva perseguire, ini-
zia finalmente a funzionare come avrebbe dovuto nelle originarie inten-
zioni. Cos descrive il passaggio il vice presidente che a questo punto as-
sume un ruolo ancora pi centrale:
stata emanata la circolare, il prof. *** si dimesso ed diventato presi-
dente il direttore generale dellimmigrazione. A quel punto viene fatta
unanalisi molto pi articolata. Iniziamo a chiederci quali sono le connes-
sioni tra il fenomeno dei minori non accompagnati, che sicuramente han-
no bisogno di tutela, e il fenomeno dellimmigrazione. Cos iniziamo a
mettere mano alla situazione. Innanzitutto facciamo le prime convenzioni:
le due principali con lIcs e lSsi (che cera gi da prima ma ora svolge
unazione pi mirata). Promuoviamo gli incontri con gli enti locali, poi
con il governo albanese e con quello marocchino. Infine facciamo uscire
la circolare di aprile, che la pi delineata. Noi quella precedente non
labbiamo neanche vista, se la fatta da solo il ministero dellInterno che
d delle interpretazioni tutte sue di come gestire il fenomeno. Invece
quella di aprile labbiamo scritta noi, perch serviva proprio a dare indica-
zioni sulle procedure da seguire
22
.
Con la circolare menzionata nel brano (quella dellaprile 2001) si sta-
bilisce inoltre che, nei casi in cui il comitato per i minori stranieri ritenga
di non dover procedere al rimpatrio, venga emesso dallautorit com-
IL COMITATO PER I MINORI STRANIERI 61
petente un permesso di soggiorno per affidamento, convertibile al compi-
mento del diciottesimo anno in un altro permesso di soggiorno e senza al-
cuna preclusione per lo svolgimento di unattivit lavorativa. Torner su
questo aspetto; qui mi interessa rilevare che cos come emerge nel brano
di intervista che segue il comitato ripristina il permesso di soggiorno
per affidamento, dopo averlo ostacolato, riproponendolo ora in una ver-
sione posta al solo vaglio di unautorit discrezionale e indiscutibile: la
sua
23
.
Noi abbiamo verificato sulla normativa e abbiamo scoperto che il permes-
so di soggiorno per affidamento non esisteva, allora abbiamo semplice-
mente applicato la normativa [ovvero hanno chiesto di non attribuirli pi,
se non sotto specifica indicazione del comitato]. Infatti era uscita gi la
circolare del 13 novembre del 2000 che stabiliva per i minori non accom-
pagnati il rilascio di un permesso di soggiorno per minore et. La circola-
re precisava pure che il permesso di soggiorno per minore et era di carat-
tere temporaneo, cio finalizzato a dare unassistenza temporanea; un po
sulla scorta dei rifugiati politici. (funzionario)
Il problema per lattribuzione del permesso di soggiorno per affida-
mento risiede nella garanzia di diritti e soprattutto di una maggiore sta-
bilit per i giovani migranti che questo titolo di soggiorno comportereb-
be. In sostanza, alcuni principi universalmente stabiliti per il minore, alla
base dei quali c quello di essere protetto, ma anche e soprattutto di non
essere discriminato, nella pratica vengono disattesi e riproposti in forma
di beneficio posto al solo vaglio di unautorit politica. Il gioco diventa
perverso, poich tutto ci viene fatto proclamando i diritti di uninfanzia
che intenerisce solo se-se-ne-sta-al-posto-suo, sotto gli occhi di politici,
studiosi di scienze sociali, professionisti dellinfanzia, attivisti e benpen-
santi.
Infatti le numerose critiche formulate in pi occasioni dai giuristi e
dalle associazioni, sebbene siano persino sfociate in una proposta di
emendamento alla nuova legge sullimmigrazione (quella che prende il
nome di Bossi-Fini
24
), hanno finito per legittimare limpianto normativo
costruito sul minore straniero. Le posizioni assunte, pur contrastanti, so-
no sempre pi spesso frutto di una negoziazione: proprio nella loro con-
trapposizione in merito a un punto ormai assodato, e cio lesistenza di
una categoria e la conseguente necessit di una sua specifica tutela, esse
fanno parte di un tentativo, parziale e provvisorio, di esercitare un potere
egemonico che, attraverso una definizione, determini una condizione. A
sostegno di quanto osservato finora, mi sembra opportuno riportare alcu-
ni aspetti salienti dellevoluzione e delle logiche sottese alla proposta di
questo emendamento
25
. Le linee contenute nella prima proposta di emen-
damento erano infatti piuttosto differenti da quelle effettivamente appro-
vate. Le propongo attraverso parole di una protagonista della vicenda,
esponente di una delle Ong capofila della proposta di emendamento:
62 IL MALE MINORE
La versione iniziale dellemendamento prevedeva che il permesso per mi-
nore et dovesse essere equiparato direttamente a un permesso per motivi
familiari, quindi in questo modo consentiva di lavorare e poteva essere
convertito ai 18 anni. Questa era la versione pi pura, nel senso che non
introduceva nessun lasso di tempo di sospensione della totale garanzia di
diritti. Dopo aver raccolto le adesioni delle varie organizzazioni, abbiamo
mandato la nostra proposta al senato, al governo, eccetera. ***, come se-
gretario dellInterno, ci aveva concesso un incontro e quindi siamo andati
a discutere la proposta con lui. Lui stato molto attento alla questione e
io ho la certezza che lui abbia compreso bene quale era la problematica e
quali le esigenze connesse. Per altrettanto chiaramente ci che lui ci ri-
spondeva era sostanzialmente: noi non possiamo dare unimmagine di
eccessiva apertura, quindi dobbiamo tendenzialmente porre delle condi-
zioni a questa apertura, non dare il segnale di apertura indiscriminata.
Quindi noi, per cercare di diminuire questa apertura indiscriminata, ab-
biamo cercato di fare unaltra formulazione dellemendamento. Cos ve-
nuta fuori la versione in cui si proponeva che la possibilit di lavorare
scattasse dopo i 90 giorni dalla segnalazione e che la conversione del per-
messo di soggiorno fosse consentita ai minori che avevano subito un pro-
getto di integrazione.
La prima proposta dunque subisce le modifiche necessarie per perve-
nire a un compromesso: oltre allintroduzione di un parametro temporale
menzionata nel brano precedente viene richiesta ai fini della conversione
del permesso di soggiorno anche la partecipazione a un progetto di inte-
grazione civile e sociale gestito da un ente pubblico o da un ente privato
che abbia rappresentanza nazionale e che comunque sia iscritto nel regi-
stro istituito presso la Presidenza del consiglio dei ministri
26
. La neces-
sit di sottoporre la conversione del permesso di soggiorno a questa ulte-
riore condizione viene argomentata, dalla stessa intervistata, in questo
modo:
Un conto dire che tu devi dimostrare di aver fatto un percorso dinseri-
mento legale e questo pu essere dimostrato anche successivamente per il
fatto che tu hai unofferta di lavoro regolare. Un altro conto stabilire chi
deve certificare questa cosa. Allora, la prima questione, risponde alle esi-
genze di poter convertire il permesso di soggiorno; la seconda, cio la
questione che tu esibisci un certificato rilasciato da un ente riconosciuto,
risponde solo alla questione del compromesso che dicevo prima. Quando
abbiamo fatto lincontro con *** siamo andati avanti mezzora dicendo
che la cosa di cui avevano bisogno loro era porre un limite. Un emenda-
mento che conteneva proposte simili era stato gi presentato dallonore-
vole **** del Ccd-Cdu, che poi stato il senatore che pi ha difeso la no-
stra proposta, davvero in modo encomiabile, perch ha davvero fatto tut-
to il possibile. Anche lui aveva previsto nel suo emendamento la necessit
che il percorso dinserimento fosse certificato da un ente pubblico o da
un ente privato registrato. Quando siamo andati a fare questincontro con
IL COMITATO PER I MINORI STRANIERI 63
***, loro ci hanno detto chiaramente guardate per noi assolutamente
necessario che il percorso sia certificato, cio noi non ci possiamo fidare
di uno qualsiasi che ci viene a dire cos. Quindi noi questo aspetto lo ab-
biamo inserito perch era unesigenza imposta per far passare lemenda-
mento. Se cera un tanto cos di possibilit di far passare la nostra propo-
sta, era sostanzialmente necessario accettare la certificazione. Bisogna poi
considerare che la stragrande maggioranza dei minori che fanno i percorsi
dinserimento legale viene comunque seguita in qualche modo dai servizi
sociali. Quindi quello era un modo per far rientrare la stragrande maggio-
ranza dei ragazzi. Poi qualcuno rimane sempre fuori, ovvio, per era co-
munque un modo estremamente ampio per garantire la possibilit ai ra-
gazzi di convertire il permesso.
Ma le motivazioni alla base di questa scelta comprendono anche la ne-
cessit di non alimentare eventuali ingressi nei canali della devianza e in-
troducono una logica di controllo pi ampia. Lintervistata continua:
La scelta di accettare il fatto che si possa convertire il permesso di sog-
giorno solo a chi ha partecipato ad un percorso di integrazione, da una
parte era un compromesso politico per venire incontro a delle esigenze di
una maggioranza politica; dallaltra parte, per, risponde al tentativo di
aumentare la convenienza per i ragazzi di fare dei percorsi di inserimento
legale. Dico ci nel senso che, effettivamente, ora come ora date tutte le
impostazioni del diritto penale minorile, data lelevatissima redditivit di
attivit come lo spaccio la convenienza per un minore di andare a spac-
ciare invece che andare a fare il corso di formazione professionale eleva-
tissima. Noi invece dicevamo in sostanza: Io ti propongo uno scambio,
se tu segui questo percorso guarda che poi potrai restare qua in Italia re-
golarmente, un percorso faticoso, ti dovrai fare il culo, dovrai alzarti al
mattino presto, dovrai lavorare sodo, per se fai questo poi hai effettiva-
mente il permesso di soggiorno. Puoi scegliere questo o puoi scegliere lal-
tro. Io ti dico chiaramente queste due opzioni, poi scegli tu. Questo ac-
cordo ad esempio ha fatto s che qui a Torino la stragrande maggioranza
dei ragazzi ha seguito percorsi di inserimento legale, anche perch cera
questo scambio.
Per concludere, lorganizzazione della campagna per la difesa dei di-
ritti dei minori non accompagnati ha determinato in fondo anche la na-
scita di un approccio e di figure professionali che si sono specializzate sul
tema e che occupano un posto preciso nella produzione della categoria
minore straniero non accompagnato. Anche il movimento composto
dalle associazioni, pur essendo partito da posizioni di rifiuto del comitato,
e averlo successivamente legittimato in una logica di compromesso, giun-
ge a ritenerlo un interlocutore con cui definire buone pratiche per i
minori soli, comprese quelle in merito ai rimpatri assistiti. La sanzione
morale e amministrativa della clandestinit dei minori ormai condivisa a
livello generale.
64 IL MALE MINORE
In sostanza sembra confermata lipotesi secondo cui i problemi sociali
non sono fenomeni o condizioni oggettive che richiedano analisi, spiega-
zioni e quantificazioni, ma sono costituiti principalmente dalle attivit di
quegli individui o gruppi che fanno dichiarazioni di protesta e rivendica-
zione rispetto ad alcune situazioni presunte ed in secondo luogo dalle at-
tivit delle persone che reagiscono a tali pretese
27
. In questo senso ritengo
che la costruzione del minore straniero non accompagnato sia stata frutto
non solo di una crociata morale, ma di una azione collettiva compiuta
da tutto il circuito dei soggetti coinvolti, compresi quelli che, pur tra mil-
le contrasti, hanno finito per negoziare con un comitato per la tutela dei
minori stranieri non accompagnati, normalizzandone lesistenza e avval-
landone le tecnologie disciplinari. attraverso questa fecondazione ibri-
da tra potere e sapere che viene prodotto il minore straniero non accom-
pagnato. Un esempio significativo di questo meccanismo pu essere indi-
viduato nel seguente brano, sostituendo il termine criminale con mi-
nore-straniero-non-accompagnato :
Il criminale divenne una specie quasi naturale, che poteva essere identifi-
cata, isolata e studiata. [...] Di conseguenza non bast pi punire il suo
crimine, il criminale doveva essere addirittura riabilitato. [...] Sotto lo
stendardo della normalizzazione il sapere venne gettato in mezzo alla mi-
schia. Fu attraverso questo processo che il crimine, inizialmente oggetto
delle scienze legali e politiche, venne rivestito da una nuova dimensione
del sapere scientifico e da una intenzione normalizzatrice
28
.
In effetti il paragone con il criminale non cos lontano dalla realt:
come sostengono alcuni studiosi costruzionisti, la creazione di un proble-
ma sociale (il minore straniero non accompagnato) una conseguenza
possibile, anche se involontaria, della criminalizzazione di una certa prati-
ca
29
. Questo meccanismo diventa ancora pi evidente se si osservano le
pratiche e le logiche delloperato del comitato.
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Abbiamo fin qui constatato lemergere di un potere disciplinare (pro-
dotto di unazione collettiva, di una microfisica) che attraverso il discorso
giuridico, reso egemone dalla necessit di tutela, ha fornito effetti di ve-
rit a un processo di categorizzazione e ha dato progressivamente forma
a una pratica di esclusione: il rimpatrio del minore, infatti, diventa latti-
vit principale del comitato. Osserviamo ora le caratteristiche e le que-
stioni principali che costituiscono la grammatica attraverso cui questo
potere si declina.
Spetta innanzitutto al comitato laccertamento dello status di minore
non accompagnato. Questo avviene sulla base delle informazioni fornite
dai pubblici ufficiali e dagli incaricati di pubblico servizio che hanno
IL COMITATO PER I MINORI STRANIERI 65
lobbligo di notificare immediatamente al comitato per i minori stranieri
la presenza sul territorio dello Stato di un minore straniero non accompa-
gnato e della verifica dellidentit del minore da parte dellautorit di
pubblica sicurezza
30
, senza che sia necessario interpellare lautorit giudi-
ziaria competente. Linserimento di un minore nel catalogo (banca dati)
dei non accompagnati avviene senza alcuna forma di controllo sulle pro-
cedure che lo hanno determinato. Non solo: questa pratica informer tut-
te le attivit successive. Infatti, al di l del controllo sui criteri in base a cui
i minori stranieri vengono identificati come non accompagnati, almeno
in un primo momento, non c chiarezza anche in merito alle possibilit e
alle forme di impugnazione dello stesso provvedimento di rimpatrio
31
: in
questo senso la condizione giuridica del minore straniero non accompa-
gnato, a prescindere dai richiami alla tutela del minore, appare peggiore
di quella delladulto che almeno in caso di espulsione o respingimento go-
de di un minimo di garanzie giurisdizionali formalizzate
32
.
Una volta stabilita la condizione di non accompagnato, il comitato
ha lincarico di promuovere le indagini per stabilire se sussistono le condi-
zioni per un rientro in patria eseguito nel rispetto dei diritti del minore
33
.
Si pone dunque il problema di individuare i familiari dei minori e, in casi
estremi, di verificare la disponibilit delle autorit del paese dorigine ad
assumerne loro stesse laffidamento. Per svolgere queste attivit il comita-
to ha la facolt di avvalersi di vari collaboratori, con i quali il dipartimen-
to per gli Affari Sociali stipula convenzioni: organismi nazionali o inter-
nazionali, amministrazioni pubbliche, e rappresentanze diplomatico-con-
solari. Tuttavia le indagini sono svolte esclusivamente dalle Ong, che si
occupano, in una logica di pacchetto all inclusive, anche del rimpatrio e
dei progetti finalizzati ad accogliere e supportare il ragazzo direttamente
nel suo Paese. Dopo aver riportato il minore a casa, infatti, diventa
prioritario trovare il modo per farcelo restare. In questo caso il grado
dinsediamento delle organizzazioni italiane sul territorio e le proposte
che possono essere fatte sul piano istituzionale sono fondamentali. Infat-
ti, la maggior parte dei rimpatri riguarda paesi in cui la cooperazione in-
ternazionale gi operativa da tempo. Uno dei funzionari del comitato
afferma:
Abbiamo fatto delle convenzioni con il Marocco, ma non girano. In Alba-
nia la cooperazione sociale stata gestita da noi, in Marocco non c que-
sta capacit di intervenire. Con loro bisogna fare interventi diversi. Il pro-
blema che noi abbiamo chiesto al Ministero degli Esteri di investire fon-
di non soltanto nei programmi di strada, ma in programmi sociali. Questo
era laccordo che avevamo fatto con il governo marocchino, loro parados-
salmente ci avevano chiesto quello che noi facciamo da anni in Albania. Ci
avevano detto: non fate i voli charter e fate programmi anche di reinseri-
mento. Noi infatti abbiamo provato a individuare dei centri, lo abbiamo
fatto tramite Ong, e ci stiamo provando ad esempio a Settat. Ma anche in
questo caso il governo marocchino ha avuto un atteggiamento ambiguo.
66 IL MALE MINORE
Noi abbiamo presentato il nostro pacchetto, ma a questo punto anche il
governo marocchino deve prendersi delle responsabilit.
Per inciso, i voli charter menzionati nel secondo brano di intervista so-
no la modalit di rientro pi frequente per i minori marocchini, che spes-
so sono direttamente spediti in patria, magari dopo una retata, insieme
agli adulti. ovvio che in questo caso non vengono assicurate le garanzie
di tutela dei diritti descritte in precedenza e che nei confronti dei minori
marocchini la prassi quella di lasciare trascorrere il periodo fino ai di-
ciotto anni e poi procedere allespulsione. Paradossalmente, tuttavia, i ra-
gazzi marocchini di Genova, nonostante le numerose difficolt, in un pri-
mo momento sono comunque riusciti ad inserirsi in percorsi che li avreb-
bero condotti a una possibile permanenza oltre la maggiore et. Un tratta-
mento di questo genere stato possibile grazie allimpegno di singoli e as-
sociazioni, che comunque sono ben lontane dal riconoscere al minore un
diritto alla stabilit: lorientamento tipico infatti semmai favorevole a
unelargizione occasionale e benevola, tendenza che sembra affermarsi
con sempre maggior convinzione non solo nellambito minorile ma anche
in quello che attiene ai rifugiati.
Nei prossimi capitoli avremo modo di approfondire gli aspetti stretta-
mente legati alle pratiche messe in atto dalle Ong e dai contesti locali; in
questa fase mi preme sottolineare che le deleghe accordate loro nelle que-
stioni relative ai minori stranieri sono molto ampie e quindi piuttosto di-
scutibili. Questo avviene sia nel caso delle indagini fatte dalle Ong, dove,
come vedremo meglio tra poco, lopinione del comitato si fonda intera-
mente su informazioni di seconda mano (qui il comitato stesso, unico or-
gano ipoteticamente competente, ha esclusivamente il controllo degli in-
dirizzi, alquanto vincolanti, e non dei contenuti, alquanto interessati), sia
nel caso dellaccertamento dellopinione del minore, dove ancora una vol-
ta non direttamente lorgano interessato a provvedere, ma gli assistenti
sociali degli enti locali (e spesso, in loro vece, gli operatori del privato so-
ciale). Ci ha inevitabili ricadute sul peso e sullinterpretazione stessa del-
la volont del minore: la sua opinione frequentemente valutata, quando
non incoraggiata o estorta, solo se orientata al rientro nel paese di origine,
considerando gli alti costi di cui le amministrazioni dovrebbero farsi cari-
co nel caso della permanenza
34
.
Insomma, bench il regolamento del comitato
35
stabilisca che nel cor-
so del procedimento sia necessario sentire il minore per accertarne lo-
pinione sulleventuale rimpatrio (art. 7), lascolto del minore posto come
una garanzia in applicazione del diritto, previsto nella convenzione di
New York e sbandierato in tutte le occasioni in cui torna utile, di parteci-
pazione del minore , si rivela in realt qualcosa di diverso. Ecco due
esempi eloquenti:
IL COMITATO PER I MINORI STRANIERI 67
Noi viviamo ancora molto sulla delega di competenze agli enti locali, an-
che se ogni tanto facciamo i colloqui con i minori anche noi. Il minore de-
ve essere messo nella condizione di esprimere il suo parere e il sentito il mi-
nore vuol dire capire se ci sono motivi ostativi al rimpatrio. Ma non per lui,
che il rimpatrio sia lobbiettivo primario una necessit di tutti. Io non pos-
so prevedere nello stesso momento un aumento delle politiche contro la lot-
ta clandestina, soprattutto rivolta ai minori e poi dire che se tu trovi lavoro
poi rimani in Italia, una logica schizofrenica. Per questo il problema del-
loperatore capire il reale motivo. Quando senti il minore, devi chiedere:
perch sei venuto in Italia? qual il tuo obbiettivo? il tuo bisogno reale?
Lui risponde lavorare e tu gli chiedi: che sai fare? Il percorso dintegrazio-
ne bene che sia fatto su questo, non sul fatto che stai meglio in Italia.
Perch se non sai fare niente, non puoi stare in Italia, ma non adesso: a di-
ciotto anni e un giorno. Perch a quel punto o finisci nei giri sbagliati (an-
che prima) oppure sarai espulso. [...] Torno a dire che bisogna capire il
presupposto di fondo: se ho un minore handicappato che non lavora, che
fa in Italia? Non si pu ragionare con una logica lavoristica sui minori non
accompagnati: lunica possibilit ragionare sulla tutela e a questo propo-
sito lunico cardine in cui crediamo, poi magari sbagliando, il discorso
familiare. Lunico presupposto su cui pu rimanere un minore quello di
avere dei motivi umanitari. Non minteressa pi tematicamente il concet-
to del lavoro o dello studio. (funzionario)
La volontariet del rimpatrio non cos automatica. Nel senso che se lei
parte dalla logica che il provvedimento stabilito per la tutela del minore,
non sempre il minore pu dire la sua. come se io dicessi a un bambino
devi andare a scuola e lui mi dicesse non ci voglio andare, lei che fa?
O si riconosce che lattivit del comitato di tutela del minore. Io non
faccio il poliziotto, ci sono delle tutele che non possono essere disattese.
Se io faccio un intervento di tutela del minore e il minore si rifiuta di esse-
re tutelato da me, a questo punto diventa un problema del Comune, che
secondo me fa fatica a giustificare perch quel minore non rientrato. Se
faccio un intervento di tutela, poi ci si deve porre il problema di come far-
lo. Io non ho mai detto che deve essere coattivo, ma vero che pone un
problema: quello di come si lavora con il minore. [...] Lei deve mettersi
nei panni di chi gestisce questi minori, non c pi lo strumento dellespul-
sione, allora la gestione del minore salta. Tant che abbiamo fatto da mar-
zo solo 33 rimpatri, tutti in Albania (qualcuno in Romania) e tutti forte-
mente [sic!] volontari. (vice presidente)
Dai brani proposti emerge a chiare lettere che lopinione del minore
non affatto vincolante (e non lo neanche quella degli enti che si occu-
pano della sua permanenza in Italia) soprattutto se contraria al rimpatrio.
Ma non tutto: lopacit, riscontrata finora, delle pratiche di tutela attua-
te nei confronti dei minori non accompagnati trova la sua massima
espressione proprio nellassenza di criteri certi da seguire per stabilire
lopportunit del rimpatrio e di conseguenza nella valutazione del supe-
riore interesse del minore. Esclusa la possibilit di scelta, resta infatti da
68 IL MALE MINORE
capire su cosa si fonda la valutazione per un rimpatrio svolto nellinteres-
se del minore. Gli orientamenti, ovviamente, sono alquanto eterogenei e
piuttosto dibattuti tra i vari attori che si occupano di questo tema
36
.
La diversa valutazione in merito allopportunit del rimpatrio forse
lesempio pi lampante della differenza tra limpostazione del Comitato
per i minori stranieri durante la prima presidenza e la direzione presa da
quelle successive. Inizialmente infatti il rimpatrio rappresenta una solu-
zione esclusivamente residuale, soprattutto per i ragazzi pi grandi: ci
che conta principalmente la loro capacit (e volont) di integrarsi in Ita-
lia e di stare alle regole
37
. Del tutto opposto il successivo orientamento
del comitato, la cui scelta quindi sempre caduta e ancora cade sul rim-
patrio nel caso in cui vengano individuati familiari a meno che il minore
possa trovarsi in oggettivo pericolo nella famiglia o nel contesto di riferi-
mento. Solo in questi casi il comitato dispone il non luogo a provvedere
al rimpatrio e ne d comunicazione alle autorit competenti per leven-
tuale affidamento del minore. In seguito a tale provvedimento viene
emesso il noto permesso di soggiorno per affidamento, istituendo una
procedura di eccezione negata a tutti gli altri
38
. Significative le affermazio-
ni dei funzionari:
La Convenzione [dei diritti del fanciullo], la risoluzione della Comunit
Europea e la legge 184/83 prevedono per il minore la famiglia come luogo
idoneo alla crescita. Prima di prendere altri provvedimenti, bisogna senti-
re il minore e vedere se il minore, con un sostegno alla famiglia, possa vi-
vere nel proprio contesto familiare. Su questi presupposti si verifica se il
caso di farlo rientrare, se il minore ha evidenziato dei problemi che non
possono essere io sto bene in Italia. L dipende anche dal modo in cui si
pone loperatore sociale, se gli chiede: preferisci rientrare o rimanere?
Lui dir sempre: rimanere. Questo naturale. Se uno invece chiede: ci
sono motivi per cui non puoi rientrare?. Deve poi valutare come sono
questi motivi. Devono essere gravi, ad esempio possono essere: a parte
lintegrit fisica della persona stessa, situazioni sociali gravi, persecuzioni,
oppure situazioni familiari cos gravi da far ritenere secondo i nostri pa-
rametri normali che per tutelare il minore sia meglio non farlo rientrare
in famiglia. Ovviamente non potranno essere solo problemi economici.
Questo perch il rimpatrio assistito prevede dei progetti di reinserimento
che, se il minore vuole, pu effettuare nel Paese di origine.
Non si pu fare apprendistato finalizzato al lavoro: abbiamo verificato
che la maggior parte delle attivit fatte in Italia per i minori prescindevano
dalle indagini familiari, avviandoli su percorsi di integrazione, senza cu-
rarsi della famiglia e della sua storia. Ci partendo dal presupposto che
erano minori albanesi che venivano da una situazione tragica di cui non si
conosceva assolutamente nulla. La maggior parte dei centri e degli opera-
tori non conosce la realt dei paesi di origine. Per questo noi adesso stia-
mo cercando di fare una rete tra tutte le strutture, per far circolare le
informazioni. Altrimenti tutto va bene e tutto si fa in buona fede. Per se
IL COMITATO PER I MINORI STRANIERI 69
io faccio assistenza di bassissima soglia, si creano difformit di trattamen-
to sul territorio e riguardo al lavoro, i minori finiscono per fare solo i lavo-
ri che vogliamo noi. Ci sono zone in cui c una forte richiesta di manodo-
pera e per questo tu stabilisci che lintegrazione del ragazzo passa attra-
verso il lavoro. Non voglio dare un giudizio su questa tendenza: una
scelta politica, che pu diventare anche discriminatoria. Penso per che
sia pi corretto avviare il percorso solo quando hai verificato che il mino-
re non pu tornare in famiglia, solo allora si pu pensare a unintegrazio-
ne, allo studio, al lavoro, concordato, sarebbe meglio, con il ragazzo.
In sostanza, unaccoglienza non volta al rimpatrio indurrebbe a non
gestire il fenomeno, ma a subirlo, che vuol dire non soltanto non garan-
tire il principio dellunit familiare ma anche rischiare, man mano che il
numero dei minori cresce, di non riuscire pi a garantire gli standard n
di assistenza, n di formazione, n successivamente di inserimento lavora-
tivo
39
. Dai brani citati emergono ancora una volta due questioni interdi-
pendenti che ora vale la pena di sottolineare. Innanzitutto il ruolo non se-
condario delle Ong che operano nei Paesi di origine nella rimpatriabi-
lit del minore: oltre a fornire informazioni e indicazioni (quasi mai di-
sinteressate), offrono un comodo alibi per lopportunit del rimpatrio. Da
qui conseguirebbe una sorta di conflitto di interessi tra le Ong e il comita-
to da un lato e dallaltro gli enti locali e le associazioni, tra cui in partico-
lare le strutture di accoglienza. Questi aspetti diventano pi evidenti nel-
lattuazione dei rimpatri.
A questo proposito, come abbiamo visto, il regolamento del comitato
per i minori stranieri prevede la possibilit di finanziare programmi e
convenzioni con enti che si occupino del minore anche nel paese dorigi-
ne
40
. Tuttavia non viene fatto cenno a chi materialmente deve occuparsi
del rientro in patria del minore. In generale i rimpatri vengono eseguiti
dalla polizia, probabilmente per una sorta di continuit con il passato, in
analogia con laccompagnamento alla frontiera degli adulti. Ci ha com-
portato una certa tendenza ad eseguire i rimpatri in modo coatto: come
delle espulsioni
41
. La diffusione di queste pratiche dipende evidentemen-
te dal livello di collaborazione delle questure, della magistratura ma so-
prattutto dei comuni
42
, o meglio degli assistenti sociali e degli educatori.
Il Comitato infatti ritiene che gli operatori dei servizi sociali e delle strut-
ture di accoglienza siano tenuti a collaborare allesecuzione del rimpatrio;
talvolta sono gli stessi operatori e crederlo
43
. Eloquente al proposito lopi-
nione di uno dei funzionari intervistati:
Se un operatore non in grado di fare questo deve cambiare settore. Noi
abbiamo fatto incontri con operatori che erano scandalizzati del fatto che
poteva intervenire la polizia. Ora, se hai fatto la scelta di lavorare con i mi-
nori stranieri, penso che devi mettere anche in conto tutta una serie di si-
tuazioni che non sono allacqua di rose. Ci sono anche tensioni tra i ragaz-
zi, non sono soggetti semplici. Se fai un tipo di lavoro sugli stranieri e hai
70 IL MALE MINORE
una normativa che si applica, devi attuare una metodologia. C alla base
una scelta politica: evitare limmigrazione clandestina. C troppo un at-
teggiamento assistenziale tutto impostato sul riuscire a salvare la persona.
Invece bisogna chiarire che sono arrivati da clandestini e che come prima
cosa contatteremo la famiglia.
La mancata collaborazione nellesecuzione dei rimpatri, pi o meno
volontari, da parte degli attori locali viene presentata dai funzionari del
comitato come un effetto della generale scarsa professionalit e carenza di
cultura intorno alla categoria specifica del minore non accompagnato.
Ecco due esempi riportati dai funzionari nel corso delle interviste:
La cosa su cui stiamo cercando di intervenire lorganizzazione della vita
del minore. In realt, tutti i problemi sui rimpatri e le questioni sul lavoro
nascono dalla difficolt di gestire il minore. Quando abbiamo fatto gli in-
contri con gli enti locali, la grande delusione stata che nellottanta per
cento dei casi questi non sanno un tubo di minori non accompagnati.
Hanno delegato fortissime responsabilit alle strutture. Quindi io dovrei
lavorare con le strutture, ma a me spaventa. Mi spaventa perch in questo
campo c di tutto, infatti con il Tavolo Albania avevamo fatto la scelta
secca di lavorare con le Ong e non con gli enti locali che delegavano alle
strutture. La selezione fatta dagli enti locali su questi aspetti pari a zero,
almeno a Roma. Noi abbiamo continue richieste di mandare via i minori
che non reggono nelle strutture e nei progetti. Dobbiamo togliere le pata-
te bollenti. Questo perch non sono gli enti locali a gestire direttamente
la questione, a volte anzi sono solo uninterfaccia con le comunit e le
agenzie.
Perch un minore non vuole tornare a casa. Chi glielo ha detto? Come
mai? Noi scopriamo a volte che sono le strutture a fare resistenza, non
tanto il minore. Se la struttura fa resistenza, come si fa? Il problema ca-
pire se stiamo fornendo dei ragazzi perch le strutture ci guadagnano. Noi
abbiamo fatto un calcolo di un giro di quattrocento miliardi di vecchie li-
re su questo fenomeno, con la bassa soglia.
La scarsa fiducia che il comitato ripone nel livello di assistenza garan-
tito dagli enti locali attraverso associazioni pronte a trarre vantaggio dalla
presenza dei minori, ha condotto i componenti del comitato a ideare, o
meglio, giustificare, la costituzione di strutture autonomamente gestite
dal comitato con referenti, apparati e finanziamenti propri. Quanto de-
scritto nel brano proposto di seguito sembrerebbe configurare per for-
tuna il condizionale ancora dobbligo
44
strutture di raccolta dei mino-
ri in attesa di decisioni su cui i minori stessi non potranno mai dire alcun-
ch e a cui non potranno fare direttamente ricorso; strutture dipendenti
dal comitato, ossia dal governo italiano, che sono gestite da personale
umanitario in grado di fare indagini e progetti di rientro nei paesi di
origine. Una terra di nessuno in cui collocare i minori lontano da occhi in-
IL COMITATO PER I MINORI STRANIERI 71
discreti, per tutto il periodo necessario a trovare una giustificazione che
consenta di violare le pi basilari norme poste a tutela dei minori. In-
somma, un centro per espellendi versione junior, altrettanto privo delle
normali garanzie di una giurisdizione ordinaria comunque adulta.
Il problema che ci sono strutture che lavorano male, per i comuni non
sospendono le convenzioni perch non sanno dove mettere i minori. Noi
stiamo optando per la strada di realizzare dei nostri centri. Dei centri in
cui lente locale sar sempre pi assente. Noi pensiamo che la soluzione sia
avere strutture nostre, in accordo con la regione, gestite con nostri finanzia-
menti e nostre regole. Lidea quella di dare la responsabilit a una Ong.
Prendiamo solo per esempio: lIcs. Sar lei a fare le indagini familiari nei
paesi di origine; inoltre conosce sia la realt italiana sia la realt locale, mi
far una relazione sul minore, se la situazione lo consente mi metter nella
condizione di incontrare i minori, dopodich il percorso semplice. Questo
potrebbe creare difficolt con le altre strutture, ma io sono convinto che
bisogna creare un modello funzionale. Il problema per : chi manda i
minori nelle strutture se non lente locale? La grande scommessa quella.
necessario fare un salto di qualit: avere dei referenti locali specifici, avere
dei funzionari che mi devono garantire se il minore stato sentito o no, se
hanno fatto i colloqui. Una cosa semplice per, persone che rispondono di-
rettamente a noi. Nel senso che attualmente io, come ministero del Lavoro o
come Comitato [per i minori stranieri], ho come referente solo x questure
e non ho niente sul territorio. Anche perch sul territorio non semplice ca-
pire chi viene a parlare con me. Lassessore per i minori che gestisce le strut-
ture per i minori o lassessore per limmigrazione. Invece lunica possibilit
avere dei referenti unici per i non accompagnati. Come per i richiedenti
asilo. (vicepresidente comitato)
Da quanto esposto fin qui risulta gi abbastanza chiaro come venga
disatteso il principio di un trattamento non discriminante, in base non so-
lo alla nazionalit ma anche allet. Se ci non bastasse a dare unidea del-
la iniquit di questo procedimento, il lungo periodo che trascorre dal mo-
mento in cui il minore viene incastrato nella definizione di non accom-
pagnato al momento della decisione finale del comitato affidamento o
rimpatrio ne unulteriore conferma. Molte associazioni, ad esempio,
denunciano che la maggior parte dei minori stranieri non accompagnati
gestiti dal comitato approda alla maggioret, e dunque alla clandestinit,
senza che il comitato abbia disposto alcun provvedimento nei loro con-
fronti
45
. Ci ancora pi grave se consideriamo che, grazie alle occasioni
fornite dalla nuova normativa, in Italia si registrata uninvoluzione negli
atteggiamenti e nella capacit di accoglienza degli enti locali
46
.
In conclusione, i meccanismi descritti rivelano il concretizzarsi della
crociata per laffidamento dei giovani stranieri a una giurisdizione specia-
le nellistituzione di un tribunale con giudizio senza appello ( per
questo che uso impropriamente il termine giurisdizione) che millanta im-
72 IL MALE MINORE
parzialit e autorevolezza e riproduce stili e procedure tipici del contesto
giuridico come indagini, interrogatori (il sentito il minore) e provvedi-
menti (non luogo a provvedere o rimpatrio) senza tuttavia riprodurne le
garanzie. Un apparato che, contrariamente agli obiettivi originari, non si
pone come priorit la tutela del minore, ma si , nei fatti, configurato co-
me un utile dispositivo per istituzionalizzare il minore-straniero-non-ac-
compagnato e legittimarne il rimpatrio. Una deriva, questa, a cui larga
parte degli organi istituzionali non si opposta. Gli enti locali, i loro servi-
zi e gli enti gestori dei servizi di accoglienza si sono adeguati a normative e
circolari da pi parti dichiarate illegittime e spesso le hanno cavalcate.
Dubito sostiene Turri che i vari organi locali, compresa la magistratu-
ra, non si siano resi conto dellillegittimit delloperato del Governo e del-
la Pubblica amministrazione centrale dello Stato. Gli unici organi che
vanno esenti da critica, almeno per quanto riguarda le questioni di appli-
cazione della normativa sui permessi di soggiorno, sono gli Uffici stranieri
delle Questure. Riconosco, infatti, che essi e soltanto essi erano e sono
tenuti ad attenersi alle superiori determinazioni del Ministero dellIn-
terno
47
.
Il minore, inteso come soggetto, si perde allora nelle pratiche e nelle
affermazioni di principio. Esso sostanzialmente privo dei diritti alla pro-
mozione dellidentit affermati nella Convenzione di New York: ineso-
rabilmente succube e vittima delle necessit degli adulti. E soprattutto, a
prescindere dal tipo di atteggiamento nei suoi confronti, il minore stra-
niero dal momento in cui viene classificato come non accompagnato
entra nel mondo parallelo delle non-persone (invisibili e al tempo stesso
troppo visibili), sala di attesa per lo smaltimento
48
. Proprio in tale smal-
timento dei minori entrano in gioco le Ong che operano nei paesi di pro-
venienza.
IL COMITATO PER I MINORI STRANIERI 73
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'+,-./012.341+
!/.5/643,7./421/823,3,5829/12::/:2+43,;32,<+4=242
A partire dagli anni Novanta le Ong hanno assunto un ruolo sempre
pi determinante nel governo dellimmigrazione soprattutto in rela-
zione al rapido imporsi dellopera di democratizzazione delle aree in-
stabili del pianeta: un paradigma dintervento umanitario che per-
mette in sostanza laffermarsi di una sicurezza, o meglio di una stan-
zialit, ricercata attraverso la risposta ai bisogni emergenti, la promozio-
ne dello sviluppo della societ civile nonch degli apparati democratici e
garantita dallimpegno capillare e permanente del no profit
1
. Questa in-
gerenza nelle politiche degli stati ritenuti meno civilizzati rappresenta, co-
me abbiamo visto, un tentativo di regolare le attivit dei nuovi soggetti
marginali direttamente nei luoghi di origine in una sorta di prevenzione
infinita
2
. Allora perch non partire, strategicamente, proprio dalle nuo-
ve generazioni? Non a caso, i principali interventi a favore della popola-
zione riguardano soprattutto il mondo giovanile e linevitabile preven-
zione del disagio a esso collegata. I grandi apparati delle organizzazioni
non governative stanno insomma diventando, volontariamente o meno, i
co-protagonisti di una nuova politica di controllo volta a contenere e
a stabilizzare i confini della fortezza Europa
3
. Oggi, sostengono Dillon e
Reid, molte organizzazioni umanitarie e non-governative vengono re-
clutate allinterno di quelle strutture e pratiche di potere, di quel pro-
getto essenzialmente politico, contro il quale erano nate e si erano defi-
nite politicamente
4
.
Dal crescente dibattito sviluppatosi intorno a questo tema, il vasto
arcipelago di movimenti sociali che fanno generalmente riferimento al
forum sociale mondiale di Porto Alegre, sta assumendo un ruolo via via
pi importante e alternativo alle ormai compromesse organizzazioni tra-
dizionali
5
. Marcon, ad esempio, parla di due anime che compongono la
galassia del terzo settore: una votata al business, allo scimmiottamento
delle imprese profit e alla integrazione subalterna (al consociativismo) nel
mondo politico istituzionale; laltra decisa a difendere la propria auto-
nomia politica e sociale, consapevole che la legittimazione proviene non
dai donatori ma dal radicamento sociale, dal mettere al primo posto non
la propria sopravvivenza (economica e organizzativa), ma i diritti e le
speranze di trasformazione sociale e politica
6
.
Sono questi gli argomenti che fanno da sfondo al discorso sul mi-
nore straniero, e in particolare su quello che autonomamente avvia il suo
processo di migrazione. Sappiamo infatti che fin dallinizio il Comitato
per i minori stranieri ha stretto collaborazioni con le Ong, con cui sono
state stipulate convenzioni in tempi diversi e con differenti incarichi: pri-
ma con il Servizio sociale internazionale, successivamente con il Consor-
zio italiano di solidariet e infine con altre cinque organizzazioni
7
per al-
largare le possibilit dintervento ad altri paesi (soprattutto a quelli del
Magrheb). Ai fini della mia analisi ho preso in considerazione solo i pri-
mi due enti, in quanto sono gli unici che si occupano dellintero arco di
attivit legate al rimpatrio del minore (indagini, rimpatrio e progetti in
patria), laddove gli altri si occupano esclusivamente della fase dindagi-
ne e attivazione di progetti di reiserimento. Per le loro caratteristiche que-
sti due enti rispecchiano le due anime dellintervento umanitario indivi-
duate da Marcon; una pi tradizionale e pi fortemente connessa allap-
parato statale, laltra pi autonoma e partecipativa dal basso.
Ritengo interessante riportare nelle linee essenziali entrambe le espe-
rienze per vederne da vicino assonanze e differenze nella collaborazione
con le istituzioni e nelle pratiche operative. Senza nulla togliere alle sin-
gole pratiche di solidariet credo che la distinzione tra i grandi organi-
smi ormai corrotti dal mercato e le esperienze di pacifismo concreto
8
tenda ad essere troppo netta e non priva di un certo romanticismo uma-
nitario. Vedremo come, nei fatti, tutte le Ong che si sono interessate a
questo tema presentano, al pari degli attori istituzionali, una caratteristi-
ca comune, pur nelle loro diversit di approcci: quella cio di aver con-
tribuito ad assegnare rilevanza politica al minore straniero non accom-
pagnato
9
. Di questo tema mi occuper pi specificamente nel prossi-
mo capitolo. Ora esaminiamo le origini e le pratiche operative delle Ong
menzionate nonch le implicazioni della loro collaborazione con il Co-
mitato per minori stranieri.
La convenzione con il Servizio Sociale Internazionale (dora in poi
Ssi)
10
strettamente legata alla sua tradizionale collaborazione con le isti-
tuzioni, soprattutto nel campo minorile, compreso quello dei minori so-
li, di cui la sezione italiana si occupa in particolare fin dal 1956. Ci spie-
ga anche il perch esso abbia avuto un ruolo cos decisivo nella costru-
zione del discorso sul minore non accompagnato (cfr. capitolo primo).
Non a caso lSsi italiano ha aperto una sua sede a Tirana fin dai primi
anni Novanta, in occasione dellarrivo sulle coste italiane dei giovani al-
banesi. La presenza di una delegazione in Albania si era resa necessaria
76 IL MALE MINORE
per organizzare anche in loco i programmi dintervento, che gi da allo-
ra prevedevano i rimpatri dei ragazzi. La collaborazione con il diparti-
mento degli Affari Sociali (dora in poi Das) sul tema dei minori non ac-
compagnati inizier invece solo nel 1997, per culminare nel 2001, quan-
do il Comitato per i minori stranieri diventa operativo, con lestensione
della convenzione anche al Marocco, alla Moldavia e alla Romania. Il la-
voro sui minori soli, tuttavia, rappresenta inizialmente solo una parte del-
loperato dellSsi; una larga fetta delle attivit infatti impiegata nel cam-
po delle adozioni internazionali e dei rifugiati politici. A partire dal 2000,
invece queste ultime attivit sono andate scemando, mentre quella sui
minori non accompagnati diventata una delle principali; vediamo il
perch:
Il programma dei minori non accompagnati con la Presidenza del Con-
siglio lo fa soltanto la sezione italiana. Prima della legge Martelli noi ge-
stivamo i fondi per i rifugiati dellAlto Commissariato. Per anni ci siamo
occupati di adozioni internazionali, quando cerano in bambini italiani
negli istituti italiani. Poi le cose sono cambiate e fino ad ora ci siamo oc-
cupati di adozione per genitori italiani. I nostri uffici allestero, nelle Fi-
lippine ad esempio, si occupavano di selezionare i minori per le famiglie
italiane. Da un anno ci siamo ritirati dalladozione. La nuova legge ci po-
neva molti problemi, soprattutto perch ladozione era diventata una que-
stione abbastanza lucrosa per molti enti, mentre i nostri servizi sono gra-
tuiti. Noi fino al 2000 eravamo nel bilancio del ministero degli Esteri, era
previsto per noi un contributo annuale, perch la gente deve campare.
Invece in seguito il contributo ci stato tolto e adesso lavoriamo attra-
verso le convenzioni. Questa cosa ci ha complicato la vita in quanto dif-
ficile trovare delle convenzioni compatibili con quello che prevede il no-
stro statuto. Ora abbiamo una convenzione con il ministero del Lavoro
per i minori non accompagnati e una convenzione per la commissione
centrale per le adozioni. [...] Nel 91 quando cominciata linvasione de-
gli albanesi, noi siamo andati in Albania e abbiamo aperto un ufficio, per-
ch cera lesigenza di aprire un ufficio l. Nel primo esodo di albanesi
sono arrivati duemila minori, per questo abbiamo aperto un ufficio. Do-
po aver insediato il nostro ufficio in Albania, nel 97, abbiamo fatto la
convenzione sui minori non accompagnati con lallora Presidenza del
Consiglio (e il Das), il Comitato non esisteva ancora. (operatore Ssi)
Al fine di rendere pi agevoli le indagini e lattuazione dei progetti,
il nostro governo, in linea con la progressiva depubblicizzazione delle po-
litiche sociali, sceglie fin dallinizio di rivolgersi a organismi privati che
sono gi radicati nei paesi dorigine dei minori non accompagnati e con
cui ha unesperienza ormai consolidata
11
.
La convenzione con lSsi si tuttavia dimostrata insufficiente a ri-
spondere alle esigenze per cui era stata istituita: molto spesso i minori si
sottraevano al rimpatrio e, peggio ancora, se rimpatriati, riprendevano in
LO SMALTIMENTO 77
poco tempo la via dellItalia
12
. Un tentativo per ovviare al fenomeno
stato quello di allargare lo spettro delle collaborazioni: cos lesigenza di
garantirsi progetti stabili per il rientro dei ragazzi albanesi ha spinto il
comitato a richiedere la collaborazione di un altro ente di sua conoscen-
za, il Consorzio italiano di solidariet (dora in poi Ics
13
). La natura e lo-
rigine del legame tra il Das e lIcs sono gi note
14
. Per riprendere il filo
del discorso, qui mi limito a ricordare che la loro collaborazione risale al
Tavolo di lavoro (cui appartenevano sia lIcs che lSsi) costituito al fi-
ne di coordinare lintervento umanitario nel corso del conflitto in Bosnia
(nel 1994), ma si consolida ulteriormente nel 1997 in occasione delle ini-
ziative promosse dal governo italiano per affrontare la crisi albanese. LIcs
lorganizzazione che coordina il progetto per la realizzazione di una
rete di centri di aggregazione giovanile finanziato dal Das nellambito
del programma minori Albania
15
. In virt della diffusione e del radi-
camento dei suoi centri sul territorio, lIcs si rivelato pi efficace del-
lSsi nellassicurare un maggiore aggancio sui ragazzi al loro rientro in Al-
bania. Ecco i termini dellingresso dellIcs nelle convenzioni con il co-
mitato, nelle parole della responsabile del progetto:
Il ministero ha cominciato a lavorare firmando una convenzione con lS-
si. LSsi unistituzione abbastanza antica, piuttosto simile alla Croce Ros-
sa. Tieni conto che lSsi presente con un ufficio locale in Albania che
ha seguito fin da subito la questione dei minori non accompagnati, per
non si occupa di cooperazione in senso stretto. [...] Dopo un primo pe-
riodo di attivit, il ministero comincia a riflettere sullandamento della
convenzione e sulla realizzazione del progetto con lSsi. Dalla loro rifles-
sione emerge che un possibile punto di svolta, per superare lo stallo in
cui si trovavano, pu essere quello di puntare sulla cooperazione allo svi-
luppo. Cio, si rendono conto che il rimpatrio assistito pu essere un suc-
cesso solo se c lelemento in pi dei progetti di cooperazione allo svilup-
po. [...] Partendo da questa valutazione, il ministero decide di coinvol-
gere delle altre realt e ci propone di lavorare su questo progetto un po
anche per la linea che lIcs si data.
Lingresso dellIcs nella convenzione sui rimpatri rappresenta dunque
un tentativo di svolta per una maggiore efficacia e stabilit degli inter-
venti in Albania. La scelta di collaborare con il comitato, tuttavia, non
cos scontata e questo in parte dimostra la consapevolezza della natura
dubbia del lavoro che viene richiesto. In Italia infatti il dibattito sulla di-
sciplina relativa al minore non accompagnato gi piuttosto intenso
soprattutto in merito al rimpatrio, considerato dai pi come una forma
di espulsione. Le polemiche vengono tuttavia superate con il compro-
messo di non effettuare rimpatri senza il consenso del minore. Vince il
modello di relief-developement: lavorare con i minori significa costruire
una cultura dello sviluppo e aiutare lAlbania a compiere il suo percor-
so di ripresa, meglio se sotto legida dellaiuto umanitario. Cos viene
78 IL MALE MINORE
firmata anche la convenzione
16
con lIcs, che seguir limpostazione da-
ta dal ministero.
La convenzione sui minori non accompagnati stata un po una sfida per-
ch era un progetto nuovo, ma anche perch affrontava una problemati-
ca sulla quale ci sono dei fortissimi pregiudizi: il rimpatrio assistito mol-
to spesso visto come unespulsione e quindi c stato un dibattito, an-
che abbastanza acceso, allinterno dellIcs. Molto spesso difficile capi-
re qual il limite tra il rimpatrio assistito e lespulsione. Ci perch c
una visione dellAlbania che frutto di un pregiudizio fortissimo. C
sempre stata e c anche tra coloro che lavorano nellambito della coo-
perazione e lo sviluppo per cui dovrebbero essere persone che credo-
no nello sviluppo dei paesi di origine e quindi credono che la vita in quei
paesi sia possibile una forte tendenza a pensare che in un posto come
lAlbania non si possa vivere e che, comunque, sempre meglio vivere in
Italia a qualsiasi condizione, sia che sei in una condizione per cui puoi
godere di certi diritti sia che ai diritti non ci arrivi proprio. Nonostante
le critiche iniziali alla fine abbiamo cominciato a lavorare su questo pro-
getto, con tutte le difficolt del caso. La situazione del comitato infatti
sempre stata abbastanza mobile e ingarbugliata. Ci sono stati dei periodi
in cui ha funzionato di pi, periodi in cui ha funzionato meno, periodi
in cui non ha funzionato affatto... Comunque ci siamo inseriti in questo
contesto, dando al progetto, forse anche per mancanza di conoscenza ve-
ra sul fenomeno, pi o meno limpostazione che ci aveva proposto il mi-
nistero. La convenzione stata firmata lanno scorso (2001) a marzo, ma
siamo partiti realmente con il progetto a maggio e non per colpa nostra.
(coordinatrice del progetto)
Le convenzioni stipulate sono grossomodo simili e stabiliscono che le
due Ong si occupino: della realizzazione delle indagini familiari nel Pae-
se di origine; della presa in carico dei minori nella fase preliminare al rim-
patrio in seguito alle segnalazioni provenienti dal comitato minori stra-
nieri (e anche di quelle provenienti dalle questure e dalle prefetture ter-
ritoriali che intercettano minori in difficolt o a rischio di devianza e va-
gabondaggio); dellofferta di consulenza ed informazioni sul tema agli en-
ti e alle istituzioni locali; dellorganizzazione tecnica del viaggio, dalla pre-
sa in consegna del minore fino allarrivo e laccompagnamento in fami-
glia; della predisposizione di progetti per minori rimpatriati. Il numero
delle indagini (2000) e dei rimpatri (200) da realizzare nel corso della
convenzione stabilito in base a una stima di casi da trattare in un pe-
riodo di due anni. AllSsi inoltre spetta il reperimento e lanalisi dei da-
ti statistici relativi ai minori non accompagnati al fine di prevenire le
partenze, migliorare laccoglienza e favorire i rientri
17
.
Lentit economica delle convenzioni piuttosto considerevole: le due
pi articolate, prevedono uno stanziamento di circa tre miliardi (di vec-
chie lire) per coprire due anni di attivit; mentre per le altre cinque la ci-
fra si aggira intorno a seicento milioni. La modalit di erogazione di que-
LO SMALTIMENTO 79
sto finanziamento ha causato numerosi problemi alle associazioni: viene,
infatti, effettuata a titolo di rimborso delle attivit svolte e quindi a rim-
patrio avvenuto, senza alcun anticipo, ad esclusione delle spese struttu-
rali
18
. Si tratta di una sorta di finanziamento a cottimo, che pu in-
durre lente ad aumentare la produttivit.
Il criterio di distribuzione dei casi individuato dal comitato in base
alla dislocazione sul territorio delle varie Ong. Per rispondere alle esi-
genze di promozione allo sviluppo e per facilitare il contatto con le fa-
miglie, il personale che si occupa delle indagini in entrambe le associa-
zioni composto soprattutto da operatori locali. Questi, tuttavia, sono
coordinati e formati dalle case madri italiane in base ai criteri dei coo-
peranti: siamo di fronte a uno dei primi campi di applicazione del nuo-
vo modello di sicurezza
19
, che mira a proporre in modo cooperativo
il sistema di valori occidentale. Osserveremo, infatti, pi avanti come il
lavoro di educazione allo sviluppo, avviato sugli operatori proseguir, at-
traverso questi, anche con le famiglie:
Una nostra particolarit che in ogni Paese fondiamo un ufficio nazio-
nale composto di personale locale, non andiamo l imponendo il nostro
modo di lavorare. Oddio in un certo senso s, anche perch siamo noi
che abbiamo formato le assistenti sociali albanesi che uscivano dalla scuo-
la e non sapevano fare niente. Gli abbiamo imbastito lufficio nel modo
in cui ritenevamo dovesse essere fatto. Siamo andati l e loro sono venu-
ti qui a fare dei seminari, le abbiamo preparate secondo certi nostri sche-
mi. Poi chiaro che la legge albanese che si applica, i contatti con le
famiglie li prendono loro. Che ne sappiamo noi di come una famiglia
prende il fatto che io vado in casa sua. Da noi si prende, si fissa un ap-
puntamento e si va, ma non dovunque cos. In Marocco andare a di-
scutere con i genitori come ci si rapporta con i figli una cosa che non
sta n in cielo n in terra, per cui fondamentale avvalersi di operatori
locali. (operatore Ssi)
Sugli operatori che sono nei Paesi di origine abbiamo fatto un ciclo di
formazione alla fine dellanno scorso, poi abbiamo in previsione in que-
sti mesi un ciclo di formazione di nuovo in Albania, in Romania e in Ita-
lia. La formazione prevede innanzitutto una panoramica generale sul fe-
nomeno e una descrizione della situazione della normativa. Poi c anche
una parte di formazione che ha un carattere pi relazionale e d indica-
zioni sulle modalit da seguire per fare le indagini e su come relazionar-
si con la famiglia. A questa si aggiunge anche la formazione fatta agli ope-
ratori qui in Italia sui rimpatri. Questo tipo di formazione stata fatta in
parte con i colloqui con il comitato e in parte con i nostri formatori. Sia-
mo persone che hanno provenienza formativa-professionale specifica nel-
lambito educativo e nellambito sociale. Infine per agevolare le indagini
e per dare indicazioni anche agli operatori locali abbiamo elaborato que-
stionario per lintervista alla famiglia. Non che i ragazzi vadano l col que-
stionario da compilare, per cera la necessit di dargli una linea, dargli
80 IL MALE MINORE
il filo da seguire. Il primo passo stato lelaborazione del questionario,
poi a settembre abbiamo fatto la formazione con gli operatori locali e sia-
mo partiti. (operatore Ics)
Sulla base degli elementi fin qui raccolti possibile ipotizzare che la
ragion dessere delle convenzioni, e in fondo la categorizzazione del mi-
nore straniero non accompagnato, facciano parte, almeno in linea di prin-
cipio, del programma dintervento predisposto dal governo italiano per
far fronte allemergenza albanese e soprattutto per fermare le ondate
migratorie che hanno coinvolto lItalia fin dai primi anni Novanta. Si
tratta di fenomeni che si inseriscono coerentemente in quel modello di
sicurezza fondato sulluso combinato di contingenti militari e contingen-
ti umanitari, a cui facevo riferimento precedentemente
20
.
Lintervento della filantropia si conferma anche in questo caso come
un apripista imprescindibile per lintervento statale sulle fasce margi-
nali. Tanto per riassumere la vicenda, le Ong si sono insediate in Alba-
nia in seguito ai primi arrivi di albanesi in Italia nel 91: era infatti gi
scoppiato lallarme soprattutto per il preoccupante numero dei minori.
Nascono cos i primi interventi nel Paese di origine, lSsi tra i primi si
sente spinto ad aprire una sua sezione in Albania, ma non lunico
21
.
Poi, con la crisi del 97, entra in gioco il Das. Il lavoro di ricostruzio-
ne in Albania comincia grazie a un cospicuo impegno di finanziamenti,
ma lattivit svolta nel paese viene messa in discussione dalla continua
migrazione dei minori albanesi verso lItalia. Come emerge dal brano che
segue, il principale motivo del disinvestimento ai danni dellaccoglienza
in Italia dipende proprio dal forte investimento in Albania.
Il legame con il Tavolo Albania non automatico, dipende dal mio per-
corso professionale. Io per un periodo ho avuto un doppio incarico: ero
responsabile dei progetti in Albania e presidente vicario del comitato con
compiti di organizzazione. Siamo nel 1999 e sono ancora nel pieno le at-
tivit in Albania. Nel senso che i progetti continuano, ma in parte diventa
pi delicato il problema di come gestire qui la presenza dei minori. Det-
to pi semplicemente: difficile motivare perch lItalia sta facendo un
finanziamento consistente in Albania, laddove ha poi sul suo territorio
una forte presenza di minori albanesi, che non rientrano nella categoria
dei fortemente a rischio. Allora lItalia si chiede perch dobbiamo spen-
dere dei soldi l, rischiava di perdere valore (e finanziamenti) quello che
si stava facendo in Albania. (vicepresidente comitato)
I minori, forse anche incoraggiati dai buoni rapporti con gli operato-
ri italiani, arrivano sempre pi numerosi. Il problema minori non ac-
compagnati entra nellagenda politica del governo e si rendono neces-
sari una disciplina, un apparato e un meccanismo che permettano di ri-
condurre i minori in Albania, presso le Ong italiane impegnate nella pro-
mozione e nello sviluppo del paese in ricostruzione. Osserviamo ora le
LO SMALTIMENTO 81
pratiche messe in atto dalle Ong nella loro funzione di riaccompagna-
tori.
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Un intervento nelleffettivo interesse del minore, soprattutto se diret-
to a un suo reinserimento stabile nel paese di origine non pu prescin-
dere da unanalisi del contesto e delle potenzialit ivi disponibili, che al-
meno in linea di principio dovrebbero essere maggiori di quelle offerte
dalla situazione da cui viene sottratto. Si tratta di un momento molto de-
licato: il comitato e le Ong sanno bene che il minore non pu essere rim-
patriato a meno che non sia stata individuata unautorit disposta ad ac-
coglierlo nel suo Paese e che non siano state create le condizioni per un
reingresso privo di traumi. Ci ha inevitabilmente risvolti pratici. A cau-
sa dei numerosi e contrastanti interessi in gioco, lintero percorso co-
stellato da continue difficolt che ne mettono in discussione lefficacia,
spesso in modo definitivo.
Lattivit di rimpatrio prende le mosse dalle indagini richieste dal co-
mitato a una delle Ong convenzionate. Gi in questa fase iniziale la stra-
da tutta in salita: spesso infatti il bagaglio di notizie in dotazione agli
operatori delle Ong piuttosto misero. Inoltre i minori sono raramente
in possesso di documenti e le informazioni necessarie ad avviare le inda-
gini sono tipicamente insufficienti a causa della mancata o scarsa colla-
borazione del minore e talvolta degli stessi servizi sociali o degli educa-
tori che lavorano nelle strutture di accoglienza. Senza contare poi le dif-
ficolt non trascurabili che gli operatori incontrano direttamente nel Pae-
se di origine
22
; soprattutto in paesi poco collaborativi come il Maroc-
co, dove le Ong sono scarsamente radicate e le indagini, spesso piutto-
sto prolungate, generalmente non portano ad alcun risultato (ci in par-
te spiega il minor numero di rimpatri effettuato verso quel Paese).
Indipendentemente dalla qualit delle informazioni ottenute, si tenta
comunque un incontro con la famiglia, che spesso si rivela altrettanto dif-
ficoltoso. La volont di favorire una buona relazione con il contesto di
riferimento dei minori ha indotto le Ong a svolgere le indagini preferi-
bilmente in zone dove sono presenti con unattivit consolidata, anche se
frequentemente i parenti vengono convocati direttamente nella sede pi
vicina di ciascuna organizzazione. Lincontro con i familiari serve a valu-
tare le caratteristiche e le disponibilit del contesto cui il minore andr
ricondotto e in particolare a stabilire se sussistono le condizioni che in-
ducano a sconsigliare il rimpatrio. Vediamo un esempio dellattivit di in-
dagine:
Il comitato ci invia, se nelle nostre zone, una scheda con il nome, la da-
ta di nascita e lindirizzo. Questa scheda con i dati anagrafici viene man-
82 IL MALE MINORE
data allufficio di Tirana e da l poi vengono affidate le indagini agli ope-
ratori sul territorio (ce ne sono dislocati in molte parti dellAlbania). Il
primo problema capire, attraverso i (spesso pochi) dati che riceviamo,
dove si trova fisicamente la famiglia. Una volta individuata la famiglia lo-
peratore va a fare lintervista. Questa ovviamente una fase abbastanza
delicata perch molto spesso le famiglie hanno delle perplessit... per
tutto sommato situazioni sgradevoli non ce ne sono state. Loperatore, co-
munque, quando arriva presso la famiglia si presenta dicendo: sono qui
perch lo stato italiano ha chiesto di individuare la famiglia di tale mi-
nore. Da l parte la fase di intervista. La scheda che usiamo composta
da una prima parte di verifica dei dati anagrafici compreso il numero di
componenti della famiglia. Poi c una parte socio-economica: dove vive
la famiglia, che cosa possiede, se in una realt cittadina, se in una zo-
na rurale, se possiede degli animali... C inoltre una parte in cui si chie-
de come mai il minore ha preso la decisione di andare in Italia e da que-
sto momento si comincia a ragionare insieme alla famiglia cercando un
po di conoscere questo ragazzo. Cerchiamo di capire dai rimandi del-
la famiglia: che cosa voleva fare, che cosa stava facendo, se aveva fatto
degli studi, quali fossero le aspettative. Cerchiamo di capire anche com
la situazione familiare, in queste situazioni non si fa la domanda diretta,
per chiedendo come stava, cosa faceva e via dicendo, se ci sono delle
reazioni di un certo tipo, in genere si capisce se c qualcosa che non va.
La compilazione della scheda serve a raccogliere varie informazioni e a
verificare un po lo stato, le condizioni della famiglia, a capire se ci so-
no delle condizioni che sono effettivamente ostative al rimpatrio del mi-
nore. Per come condizioni ostative, sulla base anche delle indicazioni
del comitato, non sono considerate tanto le questioni economiche in sen-
so stretto cio non il fatto che la famiglia abbia una situazione eco-
nomica pi o meno solida quanto se ci sono effettivamente delle situa-
zioni di abuso oppure effettivamente casi di violenza. Quindi si tratta pro-
prio di casi in cui il rientro del minore in famiglia metter a repentaglio
lincolumit del minore. Poi questa scheda, con le informazioni raccolte
nellintervista viene mandata al comitato. (operatore Ics)
Con ogni evidenza unindagine di questo tipo pu facilmente risulta-
re inadeguata a stabilire le condizioni per leventuale rientro del minore
in famiglia soprattutto se si pensa al tempo che impiegano generalmente
i tribunali italiani per valutare la genitorialit e il contesto di riferi-
mento del minore prima di prendere un qualsiasi provvedimento nei suoi
confronti. Ma forse lintento pi chiaro se si considera che il colloquio
ha unulteriore funzione: quella di promuovere presso i genitori la pos-
sibilit del rientro. appena il caso di ricordare che, oltre al consenso
del minore, occorre avere anche la disponibilit del genitore a riacco-
glierlo
23
, quindi, almeno formalmente, necessario convincerlo sullop-
portunit del rimpatrio. A questo scopo, loperatore fornisce ai genitori
le informazioni sulle condizioni del minore e sulle sue concrete possibi-
lit di rimanere in Italia, per poi concordare con loro il modo pi op-
LO SMALTIMENTO 83
portuno per un rientro vantaggioso e non traumatico (altrimenti detto:
non fallimentare). Non tutto: il colloquio con la famiglia sottintende
anche unazione preventiva di lungo termine, volta alla promozione di
una cultura della legalit: una specie di assunzione indotta di consa-
pevolezza rispetto alloperato dei figli:
Un altro elemento che si va a verificare con la famiglia la disponibilit
al riaccoglimento del minore. La risposta della famiglia nella stragran-
de maggioranza dei casi: speriamo che stia in Italia, ma se torna, no-
stro figlio, assolutamente lo accogliamo. Insomma non c il rifiuto da
parte della famiglia al rientro del minore, assolutamente. C sicuramen-
te, per, ancora molto questidea che stare in Italia sia la cosa migliore.
[Voi cosa dite?]. Si spiega che di fatto la legge italiana non prevede che
il minore possa rimanere in Italia, cio che in questa condizione en-
trando illegalmente, senza un adulto di riferimento il minore non pu
stare in Italia e che al conseguimento della maggiore et perde automa-
ticamente tutta una serie di tutele ed entra nella clandestinit. Tieni con-
to, per, che anche questo tipo dinformazione non ha unincisivit im-
mediata. Per questo motivo, anche in base alle riflessioni che abbiamo
fatto sullefficacia dellintervento, riteniamo che nel Paese di origine de-
ve essere concentrata unattenzione maggiore sul lavoro di prevenzione
che deve essere molto forte. Una prevenzione che deve operare sul pia-
no culturale a livello di comunit. Perch il meccanismo che scatta mol-
to spesso nella famiglia : ma tanto mio figlio ce la pu fare, ma tanto
con il tempo in qualche modo arriva il meccanismo della sanatoria. A
questo proposito tieni conto che c anche tutto un meccanismo di infor-
mazione informale attraverso canali di amici, vicini, parenti che dico-
no: guarda poi in qualche modo il lavoro si trova , la situazione si ri-
solve. Quindi laspetto della cultura della legalit nelle famiglie non un
elemento cos presente, a loro non poi ben chiaro che cosa voglia dire
essere qua dei clandestini e quindi quali possono essere i rischi soprat-
tutto quando si parla di minori. (operatore Ics)
Una volta conclusa la fase di valutazione, tutte le informazioni sono
raccolte in una scheda di rilevazione che serve a comporre, insieme al pa-
rere dellosservatore, il quadro complessivo per il verdetto del comita-
to, quasi sempre orientato al rimpatrio. In definitiva non stupisce che la
visita degli operatori, come alcuni di essi raccontano, venga accolta con
una certa apprensione dalle famiglie. I genitori, abbiamo visto, tenden-
zialmente sostengono in ogni modo il soggiorno del minore in Italia, pur
dichiarando di essere disposti ad accoglierlo in caso di rimpatrio. Tra lal-
tro, la disponibilit rispetto al rientro del figlio si rivela davvero molto
controproducente, perch di solito viene fatta passare come una richie-
sta della famiglia stessa. La difficolt di fare breccia sui genitori dipende
anche dal fatto che in genere gli operatori fanno parte della classe me-
dia dellaiuto umanitario, formata con parametri nostrani (cfr. pre-
cedente) e con uno scarso radicamento sul territorio. La promozione del-
84 IL MALE MINORE
la societ civile locale da parte delle Ong internazionali sempre pi spes-
so, infatti, non va oltre la formazione di personale destinato alla mera
distribuzione o organizzazione dei servizi invece che al miglioramento
delle condizioni delle classi pi deboli
24
. Ci porta con s il rischio di
conseguenze non trascurabili sulle valutazioni del contesto e delle di-
chiarazioni rilasciate dalle famiglie stesse. Non a caso i criteri utilizzati
dal comitato incontrano il pieno accordo degli operatori delle Ong, che
solo in rari casi si sono mostrati contrari alleventualit del rimpatrio, ade-
rendo per lo pi alla linea che il minore debba necessariamente ricon-
giungersi alla famiglia
25
.
Nondimeno, proprio le pratiche di rimpatrio rappresentano laspetto
senza dubbio pi controverso del processo. qui infatti che si manife-
stano le principali differenze anche tra le due Ong che fino alla fase di
indagine hanno un comportamento piuttosto uniforme. Le differenze at-
tengono soprattutto alla stessa filosofia su cui si fonda il rimpatrio, che
secondo lSsi va portato a termine anche in assenza del consenso del mi-
nore, in quanto lattivit in favore del minore si esplicherebbe fonda-
mentalmente nel ricongiungimento alla famiglia incentivato dal progetto
di reiserimento. Non a caso, loperatore dellSsi non vede il minore se
non al suo arrivo in patria, lasciando lattivit pre-rimpatrio ai servizi so-
ciali e alla questura. Invece, come ho gi anticipato, lIcs ha posto come
condizione per la stipula della convenzione la possibilit di eseguire i rim-
patri solo con il consenso del minore, consenso che tuttavia va in qual-
che modo stimolato. Infatti appena ricevuto il provvedimento di rimpa-
trio loperatore dellIcs contatta lassistente sociale del servizio territoria-
le per avere un incontro congiunto con il minore. Lattivit finalizzata al
rimpatrio comincia fin dal primo incontro, che serve a raccogliere le
informazioni per le indagini e a gettare le basi del progetto per il rientro
in Albania. Si tratta quindi anche del tentativo di proporre, in primo luo-
go al ragazzo, un rimpatrio soft per ridurre al minimo leventualit di un
ricorso o di una fuga:
Una cosa sulla quale ci siamo impuntati abbastanza stata quella di chie-
dere al ministero di avere nel progetto degli operatori che si occupasse-
ro fisicamente del rimpatrio del ragazzo. Cio abbiamo scelto di non uti-
lizzare le forze dellordine, di non utilizzare la polizia per andare a pren-
dere il ragazzo nella comunit, portarlo in aeroporto e imbarcarlo. Ab-
biamo invece chiesto al ministero che fossero dei nostri operatori a fare
questo tipo di attivit. Questo per diverse ragioni: innanzitutto il proces-
so di emigrazione per il minore un trauma, perch, anche se molti di
loro sono in situazioni abbastanza buone e sono molto seguiti, difficile
stare in Italia da soli senza il sostegno dei genitori; poi c il fatto di do-
ver parlare unaltra lingua, di dover fronteggiare unaltra realt. Per que-
sti motivi non volevamo aggiungergli un ulteriore trauma, che era quello
di vedersi il poliziotto che li va a prendere. Volevamo, inoltre, evitare for-
temente situazioni in cui il rimpatrio assistito si trasformasse in une-
LO SMALTIMENTO 85
spulsione sostanziale. Insomma volevamo evitare situazioni in cui il mi-
nore si rifiuta di essere rimpatriato e per eseguire il rimpatrio viene in-
vece preso con la forza, sbattuto in macchina e portato allaeroporto. Il
ministero ci ha concesso questa possibilit. (operatore Ics)
Tuttavia, la mancata collaborazione del minore rappresenta solo una
parte delle difficolt operative: altre complicazioni derivano da una di-
stribuzione confusa delle competenze e da rapporti sempre pi farragi-
nosi tra le istituzioni coinvolte. Allatto pratico, proprio una certa dia-
cronia delle relazioni tra apparati centrali e contesti territoriali ha creato
notevoli ostacoli nellorganizzazione e nellautorizzazione dei rimpatri as-
sistiti. Gli operatori stessi riconoscono che laccentramento delle compe-
tenze sui minori stranieri non accompagnati ha finito per rendere anco-
ra pi disagevoli le condizioni di lavoro. Prima dellinsediamento del co-
mitato le richieste di rimpatrio assistito provenivano direttamente dalle
istituzioni locali (tribunale e servizi sociali) con cui si era costruita una
collaborazione consolidata nel tempo. Il comitato ha in sostanza inter-
rotto questo rapporto, ponendosi come cuscinetto forse per legittima-
re la propria competenza e costituire un proprio specifico spazio di azio-
ne, che tuttavia non sempre riconosciuto dalle altre autorit. Questa ce-
sura piuttosto sentita dagli operatori:
Il comitato quando si trovato a gestire questo bubbone enorme, ha in
un certo senso tagliato tutti i nostri rapporti con i servizi sociali e ha det-
to: adesso faccio io da filtro. Fare da filtro per tutto il territorio italia-
no una roba da pazzi. Soprattutto se lei pensa che per ogni caso che
arriva noi lo leggiamo, spesso e volentieri richiamiamo lassistente socia-
le, lo ridiscutiamo con lei, se mancano degli elementi scriviamo per ri-
chiederli. Molto spesso tutto ci che viene scritto richiede di essere am-
pliato attraverso contatti telefonici: perch le nostre colleghine ci in-
viano cinque righe scritte, ma se tu le senti al telefono poi vengono fuo-
ri delle cose che non osavano scrivere. Certo prima le cose duravano di
pi, ma noi eravamo strutturati per fare questo lavoro, era un lavoro di
routine che noi facevamo da anni. Adesso hanno centralizzato tutto al co-
mitato. Poi al comitato non vedono neanche il minore e in pi sono per-
sone che di servizio sociale non ne sanno un tubo. Insomma un lavoro
veramente immane in cui loro non sanno dove mettere le mani. Infatti ci
sono delle relazioni inviate al comitato sei mesi fa, su cui il Comitato non
ha ancora disposto, anche noi abbiamo dei rallentamenti, ma non cos.
(operatore Ssi)
Le carenze organizzative descritte hanno fatto emergere la necessit
di una maggiore cooperazione sia tra le varie Ong convenzionate sia con
il comitato e le altre associazioni che si occupano di minori non accom-
pagnati, con la conseguente richiesta di elaborare dei protocolli opera-
tivi che definiscano con maggior chiarezza la ripartizione delle compe-
86 IL MALE MINORE
tenze e i criteri metodologici e qualitativi da seguire. Questo raccordo
dovrebbe consentire di superare le continue tensioni tra i vari attori e
rendere maggiormente efficaci gli interventi. Allinterno di questo tenta-
tivo di coordinamento, necessario un discorso a parte in merito alla par-
tecipazione delle Ong impegnate nei rimpatri anche nella proposizione
dellemendamento alle disposizioni sul minore non accompagnato, di cui
ho parlato nelle pagine precedenti
26
. Tali Ong, pur partite da un fronte
comune, hanno in seguito preso le distanze dalla versione definitiva del-
lemendamento ritenendola non condivisibile da pi punti di vista. In-
nanzitutto di carattere formale, in quanto sembrerebbe rendere ancora
pi confusa la gi disarticolata suddivisione delle competenze, con ine-
vitabili ripercussioni sui rimpatri. Inoltre gli operatori delle Ong riten-
gono che loperazione sia slittata, di fatto, in unattivit di lobby per tu-
telare gli interessi delle associazioni che operano in Italia nel mercato
istituitosi intorno al minore straniero.
Questi emendamenti sono stati proposti in seguito a unattivit di coor-
dinamento portata avanti da quelli di Save the children. C stato uno
scambio di e-mail, di informazioni sulle varie proposte, noi abbiamo fat-
to una nostra riflessione, per non abbiamo fatto unazione di lobby su
questa materia. Poi c stato questo deputato che si fatto promotore de-
gli emendamenti, ma sembra che poi, alla fine della fiera, quelli che so-
no passati siano estremamente penalizzanti rispetto a quelle che erano le
proposte iniziali. [In che senso?] Il cambiamento penso che sia dipeso da
uno sviluppo allinterno della discussione alla Camera e ho un po lim-
pressione che si sia trattato di unaltra operazione di lobby su di una di-
versa mozione. Cio, sostanzialmente, non bisogna avere paura di dirlo,
questo fenomeno dei minori non accompagnati si porta dietro anche bu-
siness non da poco. Tieni conto che tra comunit daccoglienza, enti di
formazione, eccetera, la presenza di un minore non accompagnato in cer-
ti casi costa circa trecento mila lire delle vecchie lire al giorno. Quindi
questo d unidea anche degli interessi che ci sono. (operatore Ics)
Effettivamente il fenomeno dei minori non accompagnati coinvolge
un numero di soggetti davvero notevole. Qui mi interessa rilevare la ten-
sione, continuamente rimarcata e confermata nelle parole di molti ope-
ratori delle Ong, nei rapporti con gli enti pubblici e soprattutto privati
a livello locale. La maggioranza delle difficolt nellesecuzione dei rim-
patri sembra dipendere, infatti, anche dal conflitto di interessi tra i vari
enti privati che se ne occupano (in Italia e nei Paesi di origine), da una
reciproca sfiducia nelle attivit predisposte e nella stessa idea di tutela,
oltre che dalla piena convinzione che la propria formula sia quella pi
consona.
LO SMALTIMENTO 87
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Difficolt e contraddizioni non riguardano soltanto la procedura di
rimpatrio del minore, ma anche le strategie per rendere pi stabile il suo
progetto di rientro. Il rimpatrio assistito previsto dalla convenzione sti-
pulata tra le Ong e il governo italiano comprende, infatti, la traduzione
del minore nel Paese dorigine unita alla predisposizione di progetti di
reinserimento, termine spesso utilizzato dagli intervistati e nei docu-
menti ufficiali. A conferma di quante siano le assonanze con il tratta-
mento riservato ai devianti, questa pratica ricorda i progetti di reinte-
grazione dei detenuti nella societ civile: non chiaro infatti il motivo
per cui i ragazzi debbano essere aiutati a reinserirsi nel loro contesto
e nella loro cultura se non per svolgere unattivit di controllo sui rien-
tri in Italia. Ecco gli aspetti salienti.
Abbiamo visto nelle pagine precedenti che le opportunit offerte ai
minori per promuovere il rimpatrio dipendono dalle disponibilit con-
crete e politiche dei Paesi coinvolti (di arrivo e di provenienza), cos co-
me dal radicamento che le organizzazioni hanno sul territorio dove il mi-
nore va ricondotto. Sono gli stessi operatori a dirlo: se in Albania, dove
la loro attivit ormai consolidata da tempo, possibile effettuare rim-
patri volti a rendere stabile la permanenza del minore, in altri Paesi ci
davvero molto complesso, quando impensabile (come in Marocco, ve-
ra spina nel fianco sia del comitato sia delle Ong). Paradossalmente que-
sto aspetto non affatto secondario nella scelta tra accoglienza e rimpa-
trio: spesso i ragazzi marocchini hanno, almeno per il momento, pi pos-
sibilit in Italia proprio perch ne hanno meno nel loro Paese. La diffi-
colt nello svolgimento delle indagini e lostracismo dello stesso governo
di Rabat riducono, infatti, le possibilit di rimpatriare i minori maroc-
chini e la carenza di risorse per avviare processi di re-inserimento quel-
la di garantire lefficacia del rimpatrio:
In Marocco sicuramente c un problema pi grosso, nel senso che per
ora l c solo lSsi che ci lavora. Per il comitato, con tutte le difficolt
e i loro casini interni, proprio in questi giorni, sta stipulando delle nuo-
ve convenzioni con altre 5 Ong che sono appunto: il Vis, lAiBi, lEngim,
il Cefa, lLva che una Ong di Cuneo che fa cooperazione da diverso
tempo. Credo che il coinvolgimento di questi nuovi convenzionati sia le-
gato a implementare il lavoro in Albania, ma anche quello di tirare in
ballo soggetti differenti da quelli che operano nei Balcani. Lo scopo quin-
di quello di avere soggetti che lavorano nella cooperazione anche in al-
tre aree, che poi sono lAfrica e il sud America, anche se non che c
un problema con i sudamericani, ma soprattutto con il Marocco dove
questo fenomeno esiste di pi. Mentre sullAlbania c anche una tradi-
zione istituzionale, c un esperienza pregressa di questo ministero, quin-
di chiaro che il livello dellintervento che riesci a realizzare differen-
te. In altri paesi questa componente pi scarsa. Insomma, mentre fra
88 IL MALE MINORE
lItalia e lAlbania a livello istituzionale c un legame, una collaborazio-
ne, rispetto alla situazione dei minori non accompagnati, credo che con
il Marocco ci siano problemi anche tra istituzioni, nel senso che non rie-
scono a coinvolgerli a renderli partecipi in qualche modo del problema.
(operatore Ics)
Se, in linea di principio, pu sembrare corretto far rientrare il mino-
re solo nei casi per lui sostenibili, ci non toglie che proprio queste con-
dizioni creino le basi per perpetrare sul minore unazione contro la sua
volont: in altri termini, la possibilit di essere pi tutelati si ritorce con-
tro i ragazzi albanesi che, generalmente, non hanno alcuna intenzione di
tornare in patria. per questo che gran parte del lavoro delle Ong sem-
bra condensarsi nellalchimia di trovare e di proporre percorsi sostenibi-
li per pratiche insostenibili. In effetti lofferta di opportunit realistiche
che vadano cio oltre lintrattenimento o la dichiarazione di intenti e
rispettose dei patti su cui si fonda lassenso del ragazzo e della famiglia
spesso solo uneventualit. Ad esempio, nel nord dellAlbania perman-
gono notevoli difficolt nellindividuare opportunit lavorative e forma-
tive per i giovani
27
. Questo naturalmente ha un peso sulle scelte degli
operatori:
Se la famiglia molto povera e non c il padre, se inoltre il nucleo si tro-
va in una zona in cui non ci sono risorse, se non ci sono scuole profes-
sionali, se non c possibilit di dare al minore uno strumento in pi e il
minore sta facendo in Italia un percorso di inserimento; quindi se sinse-
risce bene, investe in quello che sta facendo, se ha prospettive lavorative
qui, se c un parente o il servizio sociale che hanno dei contatti con un
datore di lavoro disponibile, appena compie i 18 anni, a inserirlo in un
lavoro. Se ci sono tutte queste condizioni, uno a quel punto si sente un
po cos, in dovere di dire che forse il ritorno gi significa davvero vani-
ficare tutti i passi in avanti del minore. Comunque non possiamo pensa-
re che lItalia debba dare un futuro a tutti quelli che stanno peggio di
noi, questo un atteggiamento colonialista. Le persone debbono poter
crescere e stare nel proprio paese, questo fondamentale. (operatore Ssi)
Se per lSsi la mancanza di progetti quantomeno fonte di imbaraz-
zo, per lIcs rappresenta uno stimolo per ragionare sulla mobilit inter-
na con creativit progettuale
28
. In questi casi sembra prevalere una
logica ben conosciuta dai cooperatori allo sviluppo: il rientro-nel-pro-
prio-paese, che ha poco a che vedere con la tutela dei diritti del minore.
Laddove pu essere infatti comprensibile promuovere il principio del-
lunit familiare, davvero difficile pensare di far prevalere quello
dellunit nazionale sui diritti dei minori (o di chiunque altro). Per una
buona parte dei ragazzi provenienti dalle zone depresse del Paese, in-
somma, lunica opportunit concreta vincolata alla loro disponibilit
a rendersi mobili:
LO SMALTIMENTO 89
Diciamo che sicuramente certe aree rurali sono piuttosto prive di op-
portunit. In questo caso proponi un sostegno alleconomia familiare op-
pure si fa una valutazione rispetto a uno spostamento interno, in pratica
si attiva una ricerca di risorse allinterno del territorio. il discorso del-
la mobilit interna, che diverso dalla migrazione. In questo modo sei
nel tuo paese, nella tua cultura, non sei in una situazione avversa e fai un
percorso di un certo tipo. Le difficolt nel nostro lavoro iniziano quan-
do devi abituarti a ragionare su concetti di risorsa, che in Italia, bene o
male, ha tutta una serie di suoi parametri, in qualsiasi territorio uno si
muova dice: c questa possibilit o questaltra. In Albania invece, l
dove non ci sono le opportunit, questa operazione richiede sicuramen-
te un maggiore sforzo di promozione e anche un po di creativit proget-
tuale. Ci significa che il fatto di non vedere prospettive in una situazio-
ne, non vuol dire che non ce ne possano essere in altre direzioni, in altri
modi, in altre formule. (operatore Ics)
Generalmente i progetti descritti dagli operatori
29
hanno caratteristi-
che molto simili a quelli avviati in Italia per i minori stranieri: se possi-
bile si provvede allinserimento scolastico, di solito seguito da attivit di
carattere ricreativo; in altri casi viene erogato un sostegno economico al-
la famiglia. Spesso, tuttavia, la formazione si risolve in corsi o apprendi-
stati volti a fornire personale per le molteplici aziende che progressiva-
mente vanno insediandosi sul territorio.
In sostanza si fornisce una mano dopera a basso costo e priva di di-
ritti per le aziende europee che esternalizzano la loro produzione diret-
tamente nei paesi di origine della manovalanza
30
. Ci sembra gettare le
basi per una sorta di trend opposto: invece di far venire in Italia la ma-
no dopera, esportiamo le aziende e facciamo in modo che la manova-
lanza cresca e rimanga l dove serve. Le Ong sono assolutamente consa-
pevoli degli esigui compensi e della scarsa possibilit offerta a questi la-
voratori di rivendicare i propri diritti. Ma questa non una novit: co-
me abbiamo gi visto, spesso il coinvolgimento delle Ong tende ad as-
sumere i caratteri della permanenza, imponendo un modello di stato so-
ciale basato sullassistenza umanitaria e non su diritti di cittadinanza cer-
ti e garantiti dallo stato
31
. Illuminanti al riguardo le parole degli opera-
tori dellIcs:
Ci sono moltissime imprese italiane. A questo proposito credo che il Vis
abbia fatto ultimamente una ricerca su un distretto, mi pare quello di Ti-
rana. Il Vis lOng dei salesiani, anche loro, come tutti i preti, hanno una
scuola di formazione, sono scuole mega galattiche. Loro sono in una fa-
se in cui stanno ripensando i corsi di formazione che hanno e quindi per
aggiornare le attivit della scuola, hanno fatto una ricerca appunto sul di-
stretto di Tirana per vedere quale situazione dal punto di vista di svi-
luppo economico. Hanno monitorato che tipo di imprese ci sono, se so-
no pi o meno stabili, che produzione hanno. Come dicevo prima, ci so-
no moltissime aziende, ce ne sono proprio tante, ci sono anche tante im-
90 IL MALE MINORE
prese italiane che lavorano l. anche vero, per, che limpresa che vie-
ne da fuori a lavorare in un paese come lAlbania, ci viene con motivi
molto specifici. Ci viene perch la mano dopera costa poco, perch gli
costa meno portare avanti limpresa, perch sicuramente lavorano in un
contesto dove ci sono meno diritti dei lavoratori e quindi meno proble-
mi, se da un lato questa una risorsa, poi dallaltro non sempre lo . Ol-
tretutto, unaltra caratteristica di questo tipo di produzione il processo
produttivo: cio in Albania non viene eseguito tutto il processo produt-
tivo. [...] Quindi anche il valore aggiunto di mettere in rete una certa for-
ma di conoscenza un aspetto parziale ed legato ad una sola fase del-
la produzione.
Poste queste premesse, sembra difficile far seguire a qualunque sfor-
zo del ragazzo uneffettiva opportunit occupazionale. A questo punto si
comprende abbastanza facilmente perch il rimpatrio assistito rappre-
senti di rado una possibilit che il minore pu prendere in seria consi-
derazione. Almeno fino a poco tempo fa, infatti, i giovani migranti ave-
vano possibilit dinserimento regolare in Italia piuttosto ampie, sebbe-
ne circolassero voci contro i notevoli interessi economici che alcuni enti
traevano dalla permanenza in Italia del minore. Della scarsa appetibilit
dei progetti realizzabili, e delle pratiche ostative messe in atto dagli enti
italiani, pagano le conseguenze soprattutto gli operatori dellIcs che,
avendo scelto di fare solo rimpatri consenzienti, sono, o sarebbero rima-
sti, praticamente inattivi su tutta la parte di lavoro attinente al rientro in
patria. necessario pertanto trovare nuove strade:
Avendo fatto queste valutazioni, anche essendoci trovati di fronte a ra-
gazzi che non considerano comunque appetibile il progetto di rimpa-
trio assistito, a un certo punto abbiamo fatto una riflessione sul proget-
to e abbiamo deciso che i soldi non erano stati spesi, per esempio i sol-
di dei rimpatri, potevamo spenderli in altro modo. [...] Visto che la pre-
senza in Italia del minore rende, cio diciamo che le rette per i minori
vanno dalle 50 alle 300 mila lire al giorno, sai com... Il nostro tentati-
vo di cambiare la situazione stato questo: abbiamo pensato di lavorare
su pi fronti per cercare di stimolare un po di pi il rimpatrio assistito
e superare le logiche di convenienza. Per cui quello che vogliamo cerca-
re di fare, avere una forte credibilit con chi gestisce quotidianamente
i ragazzi e quindi farci conoscere, per fare in modo che, come dire... chi
li gestisce quotidianamente possa avere poi uninfluenza sui ragazzi. Per-
ch il problema grosso che poi molti educatori di comunit non sono
convinti che il rimpatrio assistito sia una soluzione... Noi siamo invece
convinti del fatto che questa una parte del problema e comunque una
parte della soluzione al problema. (operatrice Ics)
La particolarit nellerogazione del budget avrebbe inoltre reso prati-
camente inutilizzabile buona parte del finanziamento erogato. Gli ope-
ratori, consapevoli di questo aspetto, si sono impegnati a individuare al-
LO SMALTIMENTO 91
ternative che permettessero da un lato di coniugare la comprensibile ne-
cessit di reinvestire il denaro, altrimenti perso, e dallaltro di rendere pi
praticabili i rimpatri. La riflessione su questi aspetti ha portato gli ope-
ratori dellIcs a chiedere la modifica di alcuni punti della convenzione
per rendere la propria attivit pi proficua e incisiva sia sul territorio ita-
liano sia nel paese di provenienza del ragazzo. Il primo passo quello di
superare le note disomogeneit e resistenze nei contesti locali, cercando
di uniformare su tutto il territorio italiano le pratiche e la cultura sui mi-
nori stranieri non accompagnati e sul rimpatrio. Presso i soggetti che
maggiormente possono contribuire allopera di gestione e smaltimento
necessario allora costruire e divulgare con pratiche pedagogiche, un pa-
trimonio comune e condiviso, un pensiero di stato, sulla categoria mino-
re straniero non accompagnato. La coordinatrice del progetto cos de-
scrive questa prima parte di cambiamenti nella convenzione:
Abbiamo deciso di puntare molto di pi sul legame tra lItalia e i Paesi
di origine e quindi su uno scambio maggiore tra noi e gli operatori del
settore che operano in Italia. Per cui abbiamo chiesto al ministero di po-
ter fare delle giornate di formazione con gli educatori di comunit e con
gli assistenti sociali dei comuni pi significativi in Italia. Abbiamo un po
sperimentato, prima ancora di avviare il discorso con ministero, per con-
to nostro facendo questa iniziativa a Genova, visto che avevamo un con-
tatto forte con il comune di Genova, grazie al nostro radicamento qui.
Lesperimento consisteva nel far vedere un video realizzato dal centro
giovanile di Valona che si abbastanza specializzato sulla realizzazione
dei video agli operatori che lavorano con i minori. Pensa che c stata
unoperatrice che alla visione di un palazzo ha esclamato: oh, ma ci so-
no anche i palazzi!!. Ti cascano le braccia. L capisci che sono veramente
a zero, per cui abbiamo deciso di puntare anche su questo. Cio fargli
capire cosa vuol dire vivere in Albania. [...] Alla fine abbiamo richiesto
al ministero di poter fare quattordici giornate di formazione. Noi la chia-
miamo cos, di fatto poi non che sia proprio una formazione, si tratta
pi che altro una giornata in cui ci sono dei momenti di scambio, di
confronti e di riflessione. Abbiamo inoltre deciso di elaborare dei moduli
formativi che siano in qualche modo riadattabili. Cos se prevedi di fare
una giornata dinformazione con gli operatori di Milano chiaro che non
gli vai a parlare di che cos un minore non accompagnato, del suo sta-
tus giuridico, di tutti gli aspetti connessi, come le leggi che regolano il fe-
nomeno, perch a Milano
32
c una realt locale che molto avanti ri-
spetto a questa riflessione. [...] Se vai a fare la formazione in Puglia do-
ve la realt un po diversa, probabilmente l ci dovremo ritrovare a fa-
re un tipo di formazione in cui bisogner spiegargli tutto esattamente.
Per un rimpatrio che soddisfi gli intenti di promozione dellinfanzia
e per rispondere in modo pi consono alle esigenze dei ragazzi, gli ope-
ratori ritengono invece necessario approfondire e potenziare ulterior-
mente i progetti nei paesi di origine, offrendo opportunit di lavoro pi
92 IL MALE MINORE
credibili e qualificate. Concretamente stata prevista la possibilit di of-
frire un finanziamento e un sostegno per lavvio di unattivit in proprio:
un incubatore di impresa. Al momento dellintervista i termini di que-
sta parte del progetto erano piuttosto vaghi: si trattava in sostanza di uno
studio di fattibilit per un progetto pilota su pochi ragazzi
33
, svolto per te-
stare le potenziali risposte da parte dei minori. Ecco come viene de-
scritto:
Come dicevo ci siamo resi conto che il progetto non poteva essere im-
postato solo affrontando una parte del problema, ma doveva essere af-
frontato in maniera integrata, cio su pi fronti: sul fronte della preven-
zione, sul fronte del rimpatrio assistito e sul fronte dello sviluppo delle
comunit locali. Abbiamo deciso di dargli questo taglio, per cui abbiamo
pensato anche che volevamo sperimentare la realizzazione di una micro
impresa nella gestione della quale fossero coinvolti in parte i minori non
accompagnati, in parte minori che invece hanno fatto un percorso diver-
so. Cio che hanno scelto di rimanere nel paese dorigine. [In che cosa
consiste questa micro impresa?]. Siamo nella fase in cui... diciamo che
questi cambiamenti sono dei cambiamenti piuttosto attuali, nel senso che
la modifica del progetto labbiamo fatta praticamente a giugno scorso,
quindi siamo in una fase in cui stiamo partendo con questattivit. [...] Il
modello che vorremmo cercare di capire se ha un senso... quello di
rinforzare, in un territorio preciso, quello di Valona, le conoscenze delle
risorse occupazionali del territorio. Banalmente vuol dire conoscere quel-
lo che c, che tipo di prospettive ci possono essere, che tipo di perso-
nale viene ricercato... e contemporaneamente promuovere uno strumen-
to di accompagnamento e di sostegno alla micro impresa, una sorta di in-
cubatore. [Di che cosa si tratta?] Lincubatore uno strumento, in so-
stanza si tratta di fare tutorig fino allautonomia e di sostenere il ragazzo
nelle fasi di valutazione: ovvero pu funzionare, non pu funzionare, che
cosa deve servire, che cosa non deve servire. Poi nel momento in cui par-
te questa impresa laccompagna per un certo periodo, proprio perch i
beneficiari sono persone di neo ingresso sul mercato e non hanno nessu-
na competenza imprenditoriale, che non cos banale. (operatore Ics)
A questo proposito va precisato che qualcosa del genere stato at-
tuato dallSsi a conferma delle sostanziali analogie nelloperato delle due
Ong
34
. Se una differenza c riguarda piuttosto la concezione dellinter-
vento e cio, semplificando, ti-forzo-per-il-tuo-bene in un caso e ti-con-
vinco-per-il-tuo-bene nellaltro. Seguendo questultima logica, il proget-
to dellIcs prevede anche unattivit di prevenzione per limitare i dan-
ni della migrazione illegale e diffondere una cultura della legalit.
Un altro aspetto, ti dicevo, quello della prevenzione. A questo scopo
abbiamo deciso di utilizzare i centri giovanili: cio di far fare al loro in-
terno una serie di attivit che vadano nella direzione della prevenzione.
Abbiamo pensato di fare incontri, seminari, momenti di formazione e pre-
LO SMALTIMENTO 93
venzione allimmigrazione illegale di minori. I centri giovanili porteran-
no avanti tra le loro attivit anche questo aspetto e da settembre comin-
ceremo a lavorare, anche allinterno delle scuole, sulla tematica dellim-
migrazione giovanile. [In che modo?] Si tratta di dare informazioni su
qual la situazione in Italia, quali sono i rischi dellimmigrazione illega-
le, come si pu emigrare legalmente, dibattiti sulla questione, sul perch
se ne vogliono andare... Poi stiamo lavorando allelaborazione di due vi-
deo. Uno rivolto proprio ai ragazzi, sulla prevenzione, e laltro rivolto
agli operatori in Italia su che cosa lAlbania, su che vuol dire vivere in
Albania. (coordinatrice del progetto)
In conclusione, non mia intenzione dubitare dei buoni propositi del
comitato e delle Ong convenzionate: certamente si sono mossi con gran-
de impegno per garantire un futuro ai ragazzi in Albania e per sottrarli
alle difficolt e ai pericoli della clandestinit in Italia, probabilmente con
la convinzione che questo sia il solo modo per offrire loro maggiori pos-
sibilit e spazi di tutela. Nondimeno, gli esiti distorti degli interventi rea-
lizzati non possono essere attribuiti, come spesso accade, alle difficili con-
dizioni di lavoro nel paese o alla scarsa collaborazione degli enti italiani.
Sarebbe invece necessario ripensare la stessa filosofia che sottende lin-
tera operazione.
Lerrore di fondo, rintracciabile in molte ipotesi dintervento sulla ca-
tegoria minore non accompagnato, sta probabilmente nellaver impo-
stato il lavoro su motivazioni e aspettative esclusivamente di ordine eco-
nomico. Questinterpretazione parte dal presupposto errato che i ragaz-
zi migrino, o meglio siano o meno autorizzati a migrare, perch spinti dal-
la povert e dal bisogno e non semplicemente dallaspirazione allo spo-
stamento, che per ogni individuo assume un significato particolare. In
realt, dopo quanto detto finora, lecito pensare che lapproccio di stam-
po miserabilista delle Ong e del comitato non va necessariamente in-
contro alle esigenze del minore, che possono essere anche diverse da quel-
le economiche, ma indubbiamente si appiattisce su una visione riduttiva
del fenomeno migratorio, di quello adulto come di quello minorile, rele-
gando inevitabilmente i suoi protagonisti in una posizione subalterna e
che nega loro ogni possibilit di concreta autodeterminazione
35
. Di pi:
permette di sperimentare e naturalizzare nuove pratiche selettive per ren-
dere pi o meno permeabili i confini nazionali.
94 IL MALE MINORE
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$+,-./.012/34/+5
)-51642.47518419/8475
La nozione di minore straniero non accompagnato sembra pi il ri-
sultato di un variegato e contraddittorio insieme di norme e di pratiche
che una condizione effettiva. Da unanalisi pi accurata dei contenuti del-
le documentazioni fornite dagli apparati internazionali di protezione del-
linfanzia si pu ipotizzare, almeno di fatto, la costruzione di un senso co-
mune proprio dei sostenitori dei diritti dei minori, che a volte rispecchia
quello di professionisti dellinfanzia, sociologi e ricercatori nel campo del-
le politiche minorili. Una sorta di sapere condiviso che, ai limiti di una
mera riproduzione del gi detto, si fonda su una definizione giuridica
dellinfanzia ispirata a scelte ideologiche e politiche e non alle sue reali
condizioni
1
. Cos, una volta definito il soggetto, interessante osservare
in che modo gli viene conferito un suo statuto (effetto) di verit. Nellatti-
vit di costruzione, come ho mostrato, si possono individuare due assi o
meglio due crociate morali: quella della protezione (child savers) e quella
della autodeterminazione (kiddy libbers) dellinfanzia, che rispecchiano i
differenti approcci al minore non accompagnato.
Lindividuazione di una cornice terminologica, come abbiamo visto,
ha sancito lingresso dei minori-stranieri-non-accompagnati nel panorama
internazionale sotto forma di una questione sociale in relazione alla
quale era necessario adeguare i sistemi dintervento. Tuttavia la stessa de-
finizione di minore non accompagnato non affatto uniforme nelle legi-
slazioni nazionali: alcuni ordinamenti infatti considerano come non ac-
compagnato qualsiasi minore che non sia guidato dai genitori o da even-
tuali rappresentanti legali; altri, al contrario, prendono in considerazione
di una cerchia familiare pi ampia. Proprio perch si tratta pur sempre di
una definizione convenzionale, la maggior parte dei paesi ha sviluppato
un apparato autonomo di risposte in linea con la propria politica migrato-
ria
2
. In Italia larrivo e la permanenza dei minori stranieri viene proposta
subito come fenomeno incontrollabile a cui va posto rimedio. Si tratta
generalmente di soggetti che provengono da contesti ed esperienze assai
disomogenee. Li accomuna apparentemente la sola necessit di control-
larne lingresso irregolare, la criminalizzazione
3
di uno spostamento au-
tonomo e non previsto. Estranei allorizzonte cognitivo del nostro pen-
siero di stato
4
, i minori non accompagnati necessitano di un orizzonte
artificiale
5
attraverso cui categorizzarli, normalizzarli, renderli docili: i
minori stranieri diventano un fertile terreno di ricerca e di intervento. In
questo modo guadagna la ribalta e diventa determinante un apparato isti-
tuzionale specializzato, come il Comitato per i minori stranieri, composto
da professionisti (sociologi, avvocati, operatori) che operano con rigorosi
criteri scientifici (per questo viene previsto dal comitato un censimento e
una fascicolazione dei casi, oltre alle ricerche conoscitive promosse in
Italia e in Albania sul tema). Tuttavia non si tratta di unesclusiva: paralle-
lamente e in opposizione a tale organo si sono sviluppate molteplici ini-
ziative che si sono andate via via specializzando e strutturando sulla cate-
goria minore non accompagnato
6
. Quanto detto finora sembra essere
confermato dalle considerazioni espresse nel rapporto semestrale presen-
tato dallIstituto psicanalitico per le ricerche sociali al dipartimento degli
Affari Sociali nel gennaio 2001:
Lincontro con ci che sconosciuto si accompagna sempre allazione del
nominare. Lonomastica strutturata allinterno di un quadro concettuale
familiare permette infatti di addomesticare la diversit e di farle perdere il
suo aspetto minaccioso che deriva dallessere sconosciuta. Nel caso speci-
fico dei minori immigrati non accompagnati, solo attraverso la codifica-
zione internazionale di una comune definizione (atto del nominare) e at-
traverso lelaborazione di linee di intervento generali espresse nelle con-
venzioni internazionali (addomesticamento della realt) che comincia a
farsi strada lesigenza di adottare linee normative di intervento calibrate
sulla natura dei soggetti in quanto minori e in quanto stranieri. La legisla-
zione dei paesi ospiti fino ad allora adottata tendeva infatti ad annullare
queste differenze allinterno di un comune quadro concettuale, quello uti-
lizzato cio per gestire le problematiche minorili tout court allinterno del
proprio territorio. LItalia rappresenta un esempio di questa evoluzione
concettuale: il quadro normativo infatti costituisce ancora la cornice ideo-
logica allinterno della quale si cercano di inquadrare le problematiche in-
nescate dallinfanzia straniera, non accompagnata in particolare, ma alcu-
ni recenti provvedimenti, quali ad esempio listituzione del comitato mi-
nori stranieri e lapprovazione del regolamento di attuazione, sono il se-
gno delle aperture e delle attenzioni dimostrate dalle nostre istituzioni nei
confronti della normativa internazionale e delle esigenze di cui i minori
stranieri sono espressione
7
.
Tutti i documenti che parlano di minori non accompagnati sembrano
essere fondati sullidea che i minori siano una pertinenza giuridica del
96 IL MALE MINORE
mondo adulto, da promuovere o gestire. Il fenomeno viene ricondotto al-
linterno di un paradigma giuridico: cos il minore straniero, a partire dal-
la definizione, si configura immediatamente come un problema che ne-
cessita di unattribuzione di potest perch privo di unautonoma sogget-
tivit. Egli , infatti, in primo luogo minore, straniero, accompagna-
to o non accompagnato (ovvero privo di rappresentanza legale), so-
prattutto (e purtroppo) presente sul territorio dello stato:
Il problema capire cosa vuol dire senza rappresentanza e assistenza. Il
primo problema quello di inquadrare il fenomeno a livello normativo: se
il minore entra con un adulto deve essere considerato accompagnato o
meno? In questa fase il problema passa alle questure e agli enti locali:
necessario documentare il legame di parentela e soprattutto, allesito della
verifica, necessario che il tribunale affidi il minore alla persona in que-
stione; se ci non avviene il minore da considerare non accompagnato.
Il minore deve essere entrato regolarmente come ladulto. Se il minore e il
parente (o genitore) entrano irregolarmente, la normativa prevede che il
genitore viene espulso mentre il minore, che non pu essere espulso, pu
seguire il genitore se vuole. Questa distinzione stata fatta per tutelare il
minore, perch pu essere un errore che il minore venga subito riaffidato
al genitore e mandato via, senza fare alcuna verifica. Il minore pu deci-
dere di rimanere sul territorio. Pu anche capitare che il genitore rimanga
irregolare sul territorio e abbia con s il figlio. A questo punto sorge il
problema di capire che cosa sintende per rappresentanza e assisten-
za. Un genitore clandestino, abbiamo verificato, non si fa mai carico del
figlio. Il figlio non ha rappresentanza anche perch il genitore ha difficolt
a rivolgersi alle istituzioni per regolarizzare il minore. Anche solo per far-
gli concedere il permesso di soggiorno per minore et oppure per farlo
iscrivere a scuola. In questo modo non si riesce ad attivare neanche i cana-
li di assistenza, molte volte il genitore preferisce lasciarlo presso un paren-
te che si pu far carico di lui o presso una comunit. Il comitato in questi
casi, proprio per tutelare il minore e salvo verifiche successive per regi-
strare eventuali cambiamenti, ha deciso di farsi comunque carico del ra-
gazzo, nel senso che le procedure del comitato vengono attivate anche nei
confronti di quel ragazzo. (funzionario del comitato)
Lungi dallessere considerato un soggetto a se stante, salvo casi gravi,
il minore segue per lo pi le sorti dei genitori o ad essi deve essere ricon-
segnato nel caso in cui non vengano trovati i genitori pu essere affidato
alle autorit competenti del suo paese. Il minore in fin dei conti una per-
tinenza. Se straniero, inoltre, dotato di unidentit instabile, addirittura
liquida
8
, priva com di forma e di confini, o meglio, con confini mobili
che gli vengono attribuiti dallesterno, in relazione alle scelte politiche del
momento. Per questo credo sia davvero impossibile delineare la categoria
del minore straniero non accompagnato: infatti, un ragazzo pu essere ta-
le per un certo periodo e poi pu perdere i suoi riferimenti, pu arrivare
da solo e poi essere raggiunto dai suoi genitori, pu essere arrivato rego-
IDENTIT LIQUIDA 97
larmente con loro e poi a questi pu essere decaduto il permesso di sog-
giorno.
In sostanza proporre il tema minore straniero come un problema
che necessita di conoscenza consente non solo di legittimare dellesistenza
di apparati (pubblici e privati) specializzati sul tema, ma soprattutto di
dare contenuti condivisibili al processo di reificazione di una categoria e
di un problema sociale
9
. Di pi: il consenso che si sviluppato attorno al-
lesistenza di una categoria di soggetti riconducibili alla figura giuridica di
minore non accompagnato sembra confermare lidea di una sorta di cul-
tura condivisa su questo soggetto, di un accordo che, attraverso le catego-
rie giuridiche, sembra essersi consolidato tra tutti gli attori coinvolti. Un
consenso che tuttavia stato anche cercato: come abbiamo visto nel se-
condo capitolo, gli stessi funzionari del Comitato per i minori stranieri
esprimono lesigenza di promuovere maggiormente una cultura e una for-
mazione condivisa sul minore straniero non accompagnato, imputando a
una carenza di competenza e di professionalit eventuali dissociazioni e
atteggiamenti non conformi.
Unesigenza simile viene espressa anche dalle Ong. Quello che cambia
tra i vari attori il tipo di cultura promossa (tutela o promozione, prote-
zione o partecipazione) da costruire in Italia e nei Paesi di origine, a tutti i
livelli (operatori, istituzioni, comunit locale, famiglie). E infatti il minore
descritto nelle dichiarazioni degli intervistati e numerose ricerche prodot-
te sul tema sembra davvero il frutto di una rappresentazione comune
10
.
Ad esempio la negazione della soggettivit autonoma del minore, ha co-
me corollario la possibilit esprimere giudizi sui suoi tutori che, pensando
di ottenere benefici per il nucleo familiare dal viaggio migratorio dei figli,
ne mettono a repentaglio lincolumit:
Parliamone, i genitori sono daccordo a mettere un minore su un gommo-
ne, si rende conto? Io dovrei denunciarlo al suo Stato. [...] Una cosa che
abbiamo sempre contestato allAlbania il fatto di controllare poco le fa-
miglie. Nel momento in cui una famiglia albanese mette un minore sul
gommone, se la stessa cosa visto che lAlbania vuole entrare in Europa e
adeguarsi ai parametri europei e addirittura americani la fa una famiglia
italiana passibile di denuncia o no? Anche se ha tutte le esigenze del
mondo e molte volte le esigenze del mondo sono quelle di dare al minore
un futuro vendendosi anche tutta la propriet. Noi comunque abbiamo
detto al Governo albanese: andate a individuare le famiglie, i rapporti
con la potest genitoriale, se volete adeguarvi ai parametri europei, attiva-
teli in tal senso. Poi tutto pu essere giusto e tutto pu essere sbagliato,
chiss se il parametro occidentale pi adeguato di quello arabo, non so.
(funzionario comitato)
I motivi non sono sempre giusti. Ci sono dei genitori che mandano un
bambino di 8 anni a lavorare da solo a Milano o a Torino per costruirsi la
seconda casa o comprarsi la macchina, per me questo non giusto. Allora,
98 IL MALE MINORE
secondo me la prima strada da prendere in considerazione, se sono cos
piccoli, cercare di far capire ai genitori che riprendersi il bambino e non
mandarlo a lavorare da solo a 8 anni forse meglio per il bambino (opera-
tore StcI).
Il fenomeno del minore che scappa non poi cos rilevante, molto spesso
c una condivisione o quanto meno un appoggio da parte della famiglia
al fatto che il minore venga in Italia. [...] Direi che lelemento pi signifi-
cativo soprattutto per quello che riguarda i villaggi, le piccole comu-
nit un certo romanticismo, il fantasticare un futuro migliore in Italia.
Magari c il parente che in Italia ha fatto fortuna, insomma pi un di-
scorso... un po come lAmerica. Quindi c soprattutto questa fantasia
che, s il minore lascia la famiglia, ma poi trova comunque dallaltra parte
anche una rete familiare, non solo un sostegno istituzionale dello Stato. Il
problema che questa rete familiare poi nella realt molto spesso non
cos presente. Anzi forse c poco. Ci spiegavano che il concetto di fami-
glia per questi va inteso nel senso di una famiglia molto allargata. Quin-
di in Italia ci sono questi che vengono chiamati cugini ma che in realt
non lo sono. Lo zio invece una figura di maggior riferimento e quindi, se
c, poi sar una figura che si fa pi carico del minore. Comunque in ge-
nerale molto spesso ci sono queste figure parentali, ma che parentali in
senso giuridico non lo sono. (operatrice Ics)
Questa presunta tendenza a sfruttare le rimesse dei giovani migran-
ti, rilevata anche da una ricerca dellIstituto psicanalitico per le ricerche
sociali nel 2000, stata confutata in una ricerca
11
svolta lanno successivo
dallo stesso Istituto in collaborazione con lSsi (e finanziata sempre dal
Das). Questo pregiudizio non comunque svanito, anche se alloccorren-
za dissimulato, nelle opinioni degli intervistati. Forse perch le argomen-
tazioni proposte nei tre brani precedenti servono piuttosto a individuare
in filigrana valori e regole sociali precisi che istituiscono un confine tra
membri legittimi e membri illegittimi di una comunit
12
. Una volta
istituito il confine, inoltre, facile ipostatizzarlo in relazione alla prove-
nienza: i minori albanesi e quelli marocchini, ad esempio, oltre ad essere
considerati i minori maggiormente presenti in Italia, sono frutto di una
diversa rappresentazione e, come vedremo soprattutto nel contesto loca-
le, oggetto di differenti approcci, nonostante appartengano formalmente
alla stessa categoria. Questa tassonomia pu essere rintracciata nella con-
tinua oscillazione che presiede la rappresentazione dei minori non ac-
compagnati nelle interviste ai funzionari del comitato (ma non solo: simi-
li sono le dichiarazioni degli operatori di alcune Ong); essi sono definiti
secondo una categorizzazione piuttosto ricorrente nelle narrazioni an-
che sociologiche sugli stranieri, in cui forte lassonanza con la devian-
za: quella tipicamente mertoniana tra rinunciatari e innovativi
13
, o ancora,
riprendendo la tipologia individuata da Simmel, quella tra lontani e vici-
ni. A questa polarizzazione si aggiunge la gamma indistinta degli invisibi-
li il cui status definito per omissione
14
: mi riferisco ad esempio ai quei
IDENTIT LIQUIDA 99
bambini che non vengono mai nominati dagli attori intervistati anche se
presenti in numero forse maggiore, come ad esempio i cinesi o in suda-
mericani.
Soprattutto nello schema narrativo proposto dagli operatori del comi-
tato e delle Ong di riferimento, i rinunciatari sono quelli che non reclama-
no diritti poich vivono senza regole, fuori dal nostro mondo, non condi-
videndone n le mete n i mezzi istituzionalizzati: a questa schiera appar-
terrebbero soprattutto i marocchini. Spesso la loro stessa visibilit che
stimola insicurezza e crea disordine
15
. Ma principalmente la loro
concezione della famiglia a destare preoccupazione negli attori intervista-
ti. Un aggregato familiare i cui confini e responsabilit non sono ben deli-
neati vissuto come sintomo di arretratezza e di antagonismo ai principi
fondanti del nostro vivere sociale e il nostro pensiero di stato: la socializ-
zazione e la cura dellinfanzia.
Arrivano in Italia e rimangono in gruppo, spesso senza entrare in contatto
con gli italiani: per questo se ne vedono di meno nelle comunit, anche se
vivono in condizioni di igiene terribile, ammassati in una stanza, loro san-
no con chi stare [...] I minori marocchini sono quasi tutti analfabeti, men-
tre quelli albanesi sono tutti scolarizzati. In Albania lanalfabetismo, in
pochi casi, si trova solo nelle zone rurali. Infatti gli albanesi hanno il pro-
blema di proseguire gli studi. (funzionario comitato)
I marocchini sono molto pi clandestini, nel senso che spesso c una co-
munit che li accoglie e quindi molti non si manifestano neanche, perch
se uno va a vedere c sempre lo zio, il cugino ecc., se poi questi non svol-
gano nessuna funzione, non se ne occupano, lo lasciano in uno stato di
abbandono un altro conto. Comunque la situazione sul territorio mol-
to confusa, gli orientamenti delle questure e dei tribunali cambiano note-
volmente in tutta Italia. (operatore Ssi)
Insomma per i ragazzi marocchini non neanche necessario imposta-
re un processo di normalizzazione: vivono clandestinamente e altrettanto
clandestinamente vengono espulsi. Lopportunit del loro rientro non de-
ve essere argomentata in alcun modo: se danno troppo fastidio suffi-
ciente procedere con le espulsioni indifferenziate (mi riferisco alluso dei
voli charter, cfr. capitolo secondo).
Gli innovativi vengono descritti come dotati di caratteristiche tipiche
dei cosiddetti nemici interni: condividono le mete e gli stili di vita della
societ dei consumi, ma pi che non rispettarne i mezzi proposti per rag-
giungerli, li condividono troppo e sono sempre disposti a rivendicarli.
Vengono cos descritti i ragazzi albanesi che giocano fin troppo bene il
loro ruolo: si appellano consapevolmente ai quei diritti specifici ed esclu-
sivi di cui i minori sono universalmente portatori. Limmagine che emerge
tra le righe, infatti, costituita in larga parte da minori non accompagnati
che emigrano in Italia per provare il nostro stile di vita quasi per un ca-
100 IL MALE MINORE
priccio e allo scopo usano delle scorciatoie. I brani di intervista che se-
guono mettono in luce questi aspetti.
Io li ho incontrati i ragazzi albanesi: dopo tre giorni hanno il giubbotto, le
scarpe firmate, i vestiti firmati e poi vanno a rischio di devianza. come
se si volesse raddrizzare un flusso che invece viene per altri motivi, non
vengono per lavorare e purtroppo neanche per studiare, magari venissero
per questo. Allora vengono per che cosa? Io non posso obbligare un mi-
nore ad andare a lavorare e invece paradossalmente per tutelarlo dovrei
fare questo. [...] Noi conosciamo anche quelli che sono rientrati, loro san-
no perfettamente tutto il livello di assistenza, sanno nome e cognome de-
gli operatori prima di venire. (funzionario comitato)
Avendo conosciuto un po di questi ragazzi, avendoci parlato, avendoli vi-
sti, ritengo anche che tutto sommato, dal loro punto di vista, la situazione
in Italia una situazione, sembrer un po cinica, ideale. Nel senso che a
15 anni ritrovarsi fuori di casa in una situazione in cui hai tutta una serie
di garanzie, cio non ti devi sbattere su niente sostanzialmente perch sei
in una comunit, un bel vantaggio. Lasciamo perdere magari i ragazzi
che sono coinvolti in progetti a bassa soglia, ma nella migliore delle ipote-
si le comunit dove ora ci sono i minori non accompagnati, sono comu-
nit nate per far fronte ai problemi dei minori italiani: quindi di minori
che in quelle comunit si prevedeva che avrebbero fatto un percorso lun-
go, attrezzate in un certo modo. Ti trovi in posti in cui non ti devi sbattere
per reperire da mangiare, sei sicuramente in una casa e in un posto miglio-
re rispetto a casa tua, soprattutto se consideri che alcuni dei ragazzi pro-
vengono da realt rurali piuttosto svantaggiate. (operatore Ics)
Queste opinioni, realistiche o immaginarie che siano, sembrano tra-
scurare limpossibilit oggettiva di condurre una vita regolare determi-
nata dalle stesse norme: ad esempio la preclusione a svolgere qualunque
attivit lavorativa con un permesso di soggiorno per minore et. La mi-
grazione minorile, in generale, percepita a priori come una minaccia,
perch porta in s i germi dellanomia di una condizione vissuta in modo
difforme a quella cui siamo abituati; paradossalmente, proprio la sua
impossibilit di farsi promotore di scelte autonome che porta ad esclude-
re che il minore abbia la volont di stabilirsi e di vivere onestamente. Il
minore, albanese o marocchino che sia, si ribella alla tutela, vuole lavora-
re: questo, abbiamo visto, laspetto pi inaccettabile e destabilizzante. I
nostri figli potrebbero imitarli, la tutela potrebbe perdere il suo valore di
controllo e riproduzione di un sistema di valori, infrangendosi su questi
minori autarchici. Essi mettono profondamente in discussine i nostri isti-
tuti pi consolidati: su questultimo punto sembrano convergere, anche
se con motivazioni diverse, le opinioni di tutti gli attori della crociata, che
considerano necessaria una normativa atta a regolamentare la condizione
del minore straniero. Il primo brano tratto dallintervista a un funziona-
IDENTIT LIQUIDA 101
rio del comitato, il secondo da quella fatta allesponente di una delle Ong
che ho collocato tra le fila dei kiddy libbers:
Siamo sicuri che tutti i nostri istituti giuridici vadano bene per queste si-
tuazioni? Ad esempio, abbiamo fatto passi avanti rivendicando la neces-
sit dei minori di vivere allinterno della famiglia o in condizioni simili,
cos abbiamo portato avanti un processo di deistituzionalizzazione dei mi-
nori. Ora lei mi deve spiegare perch da quando sono entrati in Italia i mi-
nori stranieri invece iniziato un processo di istituzionalizzazione. Un af-
fidamento etero-familiare meglio per un minore straniero? Moro mette
in discussione che moltissimi nostri istituti siano utili anche per i minori
stranieri, anche De Leo
16
lo fa. Mi chiedo se gli istituti che abbiamo a tu-
tela dei minori non debbano essere messi in discussione. Insomma chi di-
ce che un minore straniero regga nelle nostre famiglie e nelle nostre co-
munit? Senza nessuno che conosca la sua lingua, la sua cultura.
Secondo me la normativa che noi abbiamo sui minori pu servire forse a
regolare questa fattispecie [i minori stranieri], per vero che ci sono del-
le specificit. Questo, Vercellone lha detto pi volte, sostanzialmente ap-
plicare una normativa che stata pensata per gestire le problematiche dei
minori italiani non sempre consente di affrontare adeguatamente le pro-
blematiche relative ai minori stranieri non accompagnati, alcuni aspetti
necessitano di una regolamentazione diversa. Ci che a me sembra grave
che in realt poi tutta questa normativa venga continuamente distorta nel
senso di fare prevalere appunto il controllo dellimmigrazione clandesti-
na, invece che il superiore interesse del minore. Questo non perch i com-
ponenti del comitato minori siano cattivi, ma ci sono logiche strutturali.
Cio il fatto che nel comitato minori stranieri ci siano le mani del ministe-
ro dellInterno, della Giustizia e degli Affari Esteri porta strutturalmente
il comitato a rispondere anche a istanze di controllo dellimmigrazione
clandestina e non soltanto alla logica del supremo interesse del minore
17
.
Ma non tutto: numerosi intervistati sostengono che spesso i ragazzi
richiedono aiuto senza averne bisogno. Si tratta di unargomentazione
frequentissima nelle descrizioni dei ragazzi albanesi, anche perch, come
ho gi accennato, ci che li caratterizza, che li separa dai ragazzi maroc-
chini sono proprio le loro richieste, la loro pretesa di attenzione, insomma
la loro aspirazione a vivere dentro e non fuori dallo spazio legittimo. Ve-
dremo come questa distinzione si fa ancora pi netta nei racconti degli
operatori genovesi: nei contesti locali, infatti, la richiesta pi diretta e il
dispendio di energie concreto. Per adesso accontentiamoci di quanto
dice un funzionario del comitato:
Noi eravamo partiti tutti con il discorso: poverini aiutiamoli. Poi leggi i
casi e scopri (noi dovremmo tutelare chi ha veramente bisogno di tutela)
che le persone vengono per motivi di vacanza, perch in Italia si va al ci-
nema. Io ho lavorato tre anni in Albania sui programmi umanitari con le
102 IL MALE MINORE
Ong italiane che fanno riferimento agli Affari sociali e lAlbania la cono-
sco. Se lei va in Albania, come da noi, ci sono i giornali che fanno offerte
di lavoro e che cercano moltissimi ragazzi che facciano i camerieri. Non
che l si sta male, trovo sempre un po razzista dire che l si sta male. Tra
laltro, lo Stato albanese riceve soldi dalla Convenzione di New York. Io
ho curato per tanti anni il rapporto, fatto per la Convenzione, sulla condi-
zione dei minori stranieri in Italia e abbiamo scritto che la presenza
troppo elevata e ingiustificata. Perch non vero che i ragazzi stanno ma-
le in Albania.
Su questo punto nascono i maggiori attriti con buona parte dei pro-
motori dellinfanzia. Questi infatti considerano le argomentazioni del co-
mitato un pretesto e ritengono pi credibile che i ragazzi migrino per pro-
curarsi unattivit lavorativa che consenta loro di mantenere se stessi e
contribuire al bilancio se non al sostentamento della famiglia.
Il Comitato ha buon gioco a dire: ma questo venuto per farsi una va-
canza, un capriccio. Noi invece, se raccogliamo le testimonianze dei
minori, se li ascoltiamo, possiamo dire: no, col cavolo, questo non un
capriccio, questo ha 8 fratelli e 0,5 ettari di terreno ed venuto per ca-
priccio? Questi crepano di fame. (operatore)
Con listituzionalizzazione del minore straniero non accompagnato
si instaura in definitiva una logica-filtro che, dallo slogan fuori i cattivi
dentro i buoni (parafrasando un funzionario
18
), delle precedenti politi-
che di rimpatrio, slitta verso dentro i bisognosi e fuori tutti gli altri. Ma
non tutto. Lo stesso di bisogno da tutelare varia da caso a caso, con il ri-
sultato che sono ben pochi a essere considerati bisognosi. Il numero non
ha, tuttavia, importanza: quello che conta lapplicazione di una logica
selettiva, di filtro e di gestione del materiale umano che preme alle
frontiere. Il filtro utilizzato per realizzare questa chirurgia sociale , come
ho gi detto, il superiore interesse del minore: resta ora da capire dove e
come questo interesse venga tutelato meglio secondo gli attori intervistati.
In realt il superiore interesse rappresenta laltra faccia del discorso sul
minore e conduce al seguente ecosistema: linfanzia pu essere tale solo
quando viene tutelato il suo superiore interesse, e il superiore interesse va
ricercato solo fintanto che c infanzia. Qui ho separato i discorsi per
un artificio utile ai soli fini espositivi.
!"#$%$&&'(&)*$%'+%'
Il superiore interesse del minore , in realt, un concetto piuttosto
generico e quindi assai discusso
19
in quanto si presta a molteplici e talvol-
ta arbitrarie interpretazioni
20
: una sorta di jolly buono per tutte le occa-
sioni, vedremo tra poco con quali effetti sui destini dei minori. Le possibi-
IDENTIT LIQUIDA 103
li interpretazioni rispecchiano le logiche differenti che compongono lani-
ma della Convenzione di New York nellinterpretazione dei diritti dei mi-
nori e che abbiamo visto applicate nelle narrazioni proposte finora. Gli
orientamenti dei vari attori sulle sorti del minore straniero (non accompa-
gnato) vanno inoltre distinti, come vedremo, in relazione al modo in cui
interpretano i principi della stessa Convenzione: stabilendo tra questi ora
una gerarchia, ora uninevitabile interdipendenza
21
. Si tratta di una distin-
zione che viene utilizzata soprattutto per rendere neutrale un altro livello
di categorizzazione: quello tra chi rimpatriabile e chi non lo .
Veniamo ora ai criteri utilizzati dagli attori della crociata. Vengono in-
nanzitutto richiamati principi di alto rilievo su cui si fonda e trae legitti-
mazione il nostro ordine sociale. Come abbiamo visto letica di salvare i
bambini da sempre in cima allagenda politica di uno stato moderno e
civilizzato
22
. Uno stato che non difende linfanzia non degno di essere
chiamato tale ed esposto a critiche, in quanto incapace di riprodursi se-
condo le regole delloccidentalismo e di garantirsi un futuro
23
: da pro-
fessionisti seri e cittadini coscienziosi i funzionari del comitato si sentono
chiamati a tutelare il buon nome della nazione posto dalla comunit in-
ternazionale a salvaguardia dellintegrit familiare, come luogo ideale per
la formazione del minore, del germe dello stato nazione. Ecco due esempi
tratti dalle interviste ai funzionari del comitato:
un obbligo che ho rispetto allo stato in base allarticolo 11 della Con-
venzione di New York. Io non voglio essere accusato come Stato italiano
di trattenere 5000 minori illegalmente, comunque il mio obbligo quello
di favorire il rientro. [...] A noi non interessa se un bambino buono o
cattivo: lottica se il bambino ha delle condizioni familiari idonee o non
idonee, fatto salvo le condizioni particolari come i bambini dellAfghani-
stan. Non a caso abbiamo richiesto e ottenuto che sempre dentro il comi-
tato ci dovesse essere un membro dellAlto Commissariato dei rifugiati.
L si fa una scelta di metodo sullaspetto familiare, questo Paese ha sem-
pre puntato sulla famiglia, poi che la famiglia non sia stata mai supportata
un altro paio di maniche. Le normative sulla famiglia in Italia la mettono
al primo posto nella formazione del minore, e quella una scelta che il no-
stro ordinamento impone, poi uno pu essere in accordo o in disaccordo,
ma quella la scelta. Poi un discorso che non viene mai toccato che
quello dei minori stranieri non accompagnati un fenomeno di immigra-
zione clandestina. Un giudice questo discorso non lo accetter mai.
Il richiamo allintegrit familiare, alla socializzazione dellimmaturo si
pone come un crinale rispetto ai valori fondanti di una comunit, ricon-
ducendo ogni aspetto allinterno di un paradigma culturalista: sono cul-
turalmente diversi, ci rende i nostri strumenti inefficaci. quindi facile
che il concetto di tutela, e di conseguenza quello di superiore interesse
(per non parlare dei diritti), possa essere declinato in base alle compe-
104 IL MALE MINORE
tenze culturali e presupponga una distinzione tra i nostri figli e i figli de-
gli altri. Le argomentazioni si fondano su un diverso livello di accesso (so-
prattutto nei tempi) al proprio ruolo nella comunit di appartenenza
24
.
Io credo che tutelare un minore significhi individuare le problematiche e,
a fronte di questo, creare degli strumenti o affinare quelli che ci sono per
dare risposte specifiche a quel problema. Se ho un minore italiano so che
ho un concetto di tutela e devo applicare degli strumenti specifici; se ho
un minore straniero, ho un altro soggetto che ha problematiche completa-
mente diverse e non detto che gli strumenti che vanno per luno vadano
anche per laltro: o sono in grado di adattarli o ne devo trovare di nuovi.
Devo centrare la specificit della persona. Qualsiasi tipo di aiuto e di tute-
la deve mettere la persona in grado di non chiedere pi tutela. Non devo
fare assistenza. (funzionario comitato)
Secondo me c un atteggiamento anche abbastanza schizofrenico per cui,
da un lato c una situazione in cui questi ragazzi sono iperprotetti, sono
veramente iperprotetti, dallaltra, poi, spesso emerge lopinione che in Al-
bania a 14 anni si gi un adulto, quindi comunque la fase delladolescen-
za in Albania non esiste, a 15 puoi andare a lavorare. Francamente se non
devo ragionare sul caso singolo, ma su un modello pi generale, penso
che quello lavoristico un modello che non mi convince. Non mi convin-
ce perch tu hai un soggetto debole che inserisci in un contesto di lavoro,
dove il potenziale di sfruttamento altissimo. (operatore Ics)
In altri termini queste differenze determinano uninsanabile contrad-
dizione: il ragazzo considerato adulto nel proprio Paese e sul quale ripo-
sta una serie di aspettative, quando attraversa i nostri confini (territo-
riali e valoriali) e si trasforma in un minore con un preciso bagaglio di
rappresentazioni. La diversit delle posizioni dei professionisti dellin-
fanzia consiste proprio nellaffrontare e nel tentare di risolvere questa
contraddizione:
Secondo me ci sono delle caratteristiche dei soggetti in et evolutiva che
sono universali: per cui diciamo che il bisogno di un certo grado di prote-
zione superiore agli adulti ad esempio certi bisogni legati proprio al fat-
to che ti stai sviluppando ce lha un bambino marocchino delle campa-
gne cos come ce lha un ragazzino di una famiglia bene milanese. C poi
invece tutta una vasta gamma di bisogni, e quindi di diritti connessi, che
hanno un grado di definizione culturale elevatissima, per cui sono molto,
molto differenti. Per esempio quello dellobbligo di protezione. ovvio
che se uno mi viene a dire che un ragazzo che viene trattato come un adul-
to a casa sua, che ha fatto il viaggio da solo, che ne ha viste di tutti i colori,
ha bisogno di protezione tanto quanto il ragazzino della famiglia bene di
Milano, che non ha messo mai il naso fuori di casa, io rispondo che as-
surdo, non cos. Cio non puoi giustificare il rimpatrio dicendo che que-
sto minore albanese ha bisogno della protezione della sua famiglia, tanto
IDENTIT LIQUIDA 105
quanto un suo coetaneo milanese, perch non cos cio hanno un grado
di bisogno protezione che diverso. (operatore)
Anche questo tipo di argomentazione cade nellequivoco di collegare
il grado di autonomia a un parametro culturale; portata agli estremi,
questa prospettiva relega il ragazzo italiano nellicona del mammone da
tutelare e lalbanese (o il marocchino che sia) in una posizione che, ol-
tre una certa et, non necessita di tutela. Ma non tutto. Il parametro cul-
turale coniugato in base allinterpretazione del superiore interesse del mi-
nore permette perversi sbocchi alle argomentazioni: lesempio pi si-
gnificativo, suggerito da uno degli intervistati, la concezione opposta del
principio del diritto allo sviluppo. Le opinioni delle Ong impegnate sul
fronte dei minori non accompagnati e quelle dellentourage del comitato
(soprattutto di coloro che operano nel campo della cooperazione allo svi-
luppo) divergono profondamente proprio su questo punto. Da un lato
abbiamo chi, ponendo al centro i principi stabiliti dalla convenzione sui
diritti dei fanciulli, intende il diritto allo sviluppo come sviluppo perso-
nale del minore in relazione a un determinato contesto; mentre dallaltro
prevale una prospettiva di carattere ecologico in cui lo sviluppo del mino-
re considerato inscindibile da, quando non in funzione di, quello del-
lintera comunit di riferimento. Non difficile immaginare quanto simili
divergenze possano avere ripercussioni sulla valutazione degli interessi da
far prevalere. Vediamo, tuttavia, i termini della querelle tra i due orienta-
menti nelle parole di due operatori intervistati. Il primo fa parte di quel
nucleo di soggetti che si batte per la promozione dei diritti dellinfanzia e
del suo specifico sviluppo; laltro un operatore delle Ong convenzionate
con il comitato, che lavora nellambito della cooperazione allo sviluppo:
In tutta questa questione, da una parte c la questione del superiore inte-
resse del minore che quello che dovrebbe orientare le decisioni, dallal-
tra parte c la questione del controllo dellimmigrazione clandestina che
invece tende a prevalere. Inoltre, trasversalmente, c tutta la questione
della cooperazione e dello sviluppo. Secondo me *** non uno che tende
tanto al controllo dellimmigrazione, lui tende tantissimo alla cooperazio-
ne e allo sviluppo. C questidea e purtroppo ce lhanno anche gente
come *** dellIcs o come alcuni del Vis eccetera che se si continua a non
rimpatriare i minori, e i minori continuano ad emigrare, lAlbania non riu-
scir a svilupparsi e quindi sostanzialmente i minori vanno rimandati a ca-
sa per garantire lo sviluppo dellAlbania. [...] Io sono andata al convegno
che c stato a Roma e poi a quello gemello di Tirana e guarda che, ti dir,
a me veniva da piangere perch *** continuava a dire: ridiamo un futuro
allAlbania e ridare un futuro allAlbania significa per lui rimpatriare i
ragazzi in modo che loro possano garantire lo sviluppo dellAlbania, lo sai
anche tu. [...] Quindi dico siamo su due mondi diversi. Non possiamo
proprio parlare perch partiamo da ottiche differenti. Sicuramente in par-
te vero che un paese con un tasso di emigrazione cos alto ha dei proble-
106 IL MALE MINORE
mi se i minori se ne vanno. Per i diritti dei minori non accompagnati non
si possono basare su logiche di sviluppo di un paese, ma si devono basare
su logiche di sviluppo del minore.
In realt si tende un po a confondere genericamente il fenomeno migra-
torio degli adulti con quello dei minori. In relazione ai minori bisogna an-
che tenere in conto una serie differenziazioni che riguardano il loro speci-
fico status. Nel senso che si tratta di soggetti che hanno una et, uno svi-
luppo emotivo e cognitivo tale per cui parlare di progetto migratorio da
prendere con le pinze. Parlare di migrazione per i minori di 15 anni non
esattamente la stessa cosa che parlare di quello di una persona di venti.
Quindi, sulla base di questi presupposti, lavorando molto anche sul di-
scorso dei progetti di sviluppo abbiamo sviluppato una particolare sensi-
bilit sul fenomeno, vale a dire: ma se da un Paese si allontanano e se ne
vanno quelle che sono le forze pi significative per lo sviluppo, questo
paese rischia di rimanere un po rallentato e intoppato nel suo processo di
sviluppo. Cio, di fatto, sono poi i giovani le forze di sviluppo di un Paese.
Quindi se non si investe sui giovani, nel Paese di origine, si rischia di ri-
manere monchi da questo punto di vista.
Cos, il comitato e le Ong che a esso fanno riferimento considerano
soddisfatto il superiore interesse del minore solo nel suo contesto di origi-
ne, a meno che non venga compromessa la sua integrit fisica o psichica
(ad esempio nei casi di abuso, di violenze, di persecuzioni): allora, per as-
surdo, quando i minori sono proprio da tutelare, non devono essere rim-
patriati. Questa differenziazione permette di istituire una gerarchia tra
soggetti fondata sugli interessi da far prevalere: controllo delle frontiere
o tutela dellinfanzia? I nostri o i loro? Sar possibile allora distinguere tra
chi ha diritto ad essere tutelato e chi questo diritto lo ha perso compor-
tandosi in modo anomalo rispetto allimmagine a lui attribuita, spostan-
dosi dal Paese dorigine, senza averne una necessit vitale. Il rimpatrio in
questo caso si conferma come un modo per disincentivare una migrazione
minorile improntata sulla necessit di tipo economico (spesso negando la
volont di un reale contributo produttivo) o per negare un pi generale
diritto allo spostamento, sancendone la devianza rispetto allunico mo-
dello accettato di minore straniero: quello cio di sfruttato o in pericolo
di vita, prodotto innocuo e gestibile dello spettacolo del dolore. Detto
in altri termini: visto che i minori stranieri sono troppi, necessario aiuta-
re qui i pi vulnerabili e i pi docili, gli altri, invece, che in Italia sembra-
no non avere diritti se non quello alla nuda vita (ricordo tutti i limiti
imposti allinsediamento stabile dei minori non accompagnati), comun-
que preferibile aiutarli a casa loro:
Sono convinto che c una parte di ragazzi che ha bisogno di essere molto
tutelata, in questi casi non basta la bassa soglia, e una parte che invece vie-
ne per altri motivi. Il problema di fondo differenziare la tutela. Ci sono
minori che vengono per turismo: il meccanismo capire come riesci a ga-
IDENTIT LIQUIDA 107
rantire per questi minori una tutela, che non sia una tutela che vale per
tutti gli altri. Quello un turista che si diverte a stare in Italia per va a
mangiare e a dormire nei centri. Una grossa fetta cos, soprattutto quelli
dellest, quelli dellAlbania vengono da una delle zone pi benestanti, al-
trimenti non partirebbero neanche. Per questo abbiamo deciso di fare mi-
cro progetti. Io capisco che sei un turista, per comunque meglio che
non ti impelaghi in una storia impossibile in Italia, perch uno su mille
riesce a trovare una strada. Vivi male perch sei in un istituto, perch l si
vive male: meglio una famiglia, in un ambiente familiare e culturale tuo.
In secondo luogo, sono convinto che una parte di minori da tutelare ce
lho, e non sono gli albanesi, ma quelli che vengono da altri paesi e non
vanno sullasilo politico perch non li interessa. Che non denunciano la-
buso perch lart. 18
25
pi gravoso. Ci sono due fenomeni: uno piccoli-
no e uno pi grande. Per quello importante differenziare. I minori alba-
nesi non vengono per lavorare e comunque: quanti vengono per lavorare?
(vice presidente)
Sul versante opposto si ritiene, invece, che linteresse superiore del ra-
gazzo non possa prescindere dalle concrete possibilit a cui ha accesso,
anche se queste sono lontane dal suo Paese e dalla sua famiglia. Pertanto
il diritto allo sviluppo deve essere disatteso solo se sussistono particolari
condizioni come, ad esempio, la precocit della migrazione. Questa im-
postazione, portata alle estreme conseguenze, arriva a sostenere che il
maggiore grado di tutela sia quello garantito dalla famiglia, quindi ne-
cessario rimpatriare solo i minori da tutelare:
I criteri che andrebbero tenuti in considerazione sono: le condizioni nel
suo Paese di origine, la condizione in Italia, la volont del minore, la vo-
lont della famiglia, tenendo conto sempre dellet e del grado di maturit
del minore. Magari per un ragazzino di 8 anni secondo me, tendenzial-
mente, effettivamente meglio stare con i genitori che non stare da solo a
Torino. Per un ragazzo di 17 anni, che ha scelto di emigrare, che si sente
in dovere di mandare i soldi alla famiglia, che si sente gi adulto, secondo
me abbastanza demenziale stabilire il rimpatrio giustificandolo con il
fatto che anche un ragazzo di quellet deve stare con mamma e pap. Per
i pi piccoli, invece, ci sono dei bisogni di protezione, anche di affetto dei
genitori che al di sotto di una certa et sono abbastanza universali, ogni
bambino ha bisogno di questo. Poi chiaro che se i genitori assolutamen-
te non lo vogliono, non glielo rispedisci indietro, perch quella poi
unaltra questione. (operatore StcI)
Aleggia in entrambi gli orientamenti, una considerazione quasi esclu-
sivamente materiale dellunit familiare e delle cure dovute a minori: que-
sto principio sarebbe soddisfatto grazie alla vicinanza fisica. Il concetto di
unit e di cura familiare, al di l delle interpretazioni giuridiche, va invece
ben oltre lo stare tutti sotto lo stesso tetto: banalmente una famiglia,
italiana o straniera, pu essere molto unita anche se divisa fisicamente e,
108 IL MALE MINORE
al contrario, spaccata e sofferente anche se costretta sotto lo stesso tetto.
A questo proposito, occorre aggiungere che non sempre i ragazzi, soprat-
tutto se piccoli, sono davvero allo sbando in Italia. Infatti, essi vengono
tendenzialmente affidati, o vivono in Italia insieme, ad adulti di riferimen-
to, parenti, amici o conoscenti. , forse, quantomeno affrettato sostenere
che questi sono inadeguati o addirittura privi di scrupoli, oppure afferma-
re, ancor peggio, che i genitori si sono irresponsabilmente privati della
presenza dei figli o che li abbiano venduti, come spesso viene detto e rara-
mente provato. Se non possibile negare lesistenza di realt atroci di
questo genere, lecito tuttavia ritenere che simili argomentazioni faccia-
no soprattutto il gioco di coloro che su questi drammi vogliono creare
uno spartiacque culturale. Situazioni di sfruttamento e di abuso non sono
purtroppo estranee alla vita della tranquilla e protettiva famiglia italiana.
Luso del concetto di unit e cura familiare diventa quindi determinante
per leffetto di verit che produce nelleconomia discorsiva, e soprattutto,
per dare la possibilit sia al comitato che ai promotori dei diritti dellin-
fanzia di argomentare in modo neutrale e ovvio le proprie convinzioni.
ormai evidente che quelli del minore non sono gli unici interessi in
gioco quando si parla di rimpatrio: lentourage del comitato, lo abbiamo
visto, ne pone sul piatto almeno altri due. Ricordiamoli. Il primo rap-
presentato dal contrasto dellimmigrazione clandestina; la mancanza di
chiarezza e uniformit nella gestione del fenomeno avrebbero possibili ri-
percussioni nel rispetto della legalit. In sostanza si rafforzerebbe alle-
sterno la sensazione di un Paese le cui frontiere sono facilmente attraver-
sabili e in cui talune categorie (ad esempio specialmente i minori) posso-
no legittimare persino la propria situazione di illegalit:
Insomma il fatto che i minori in Italia debbano stare qui e non possano es-
sere respinti secondo me un grande elemento di richiamo, lItalia luni-
co paese dEuropa che ha questo concetto della tutela del minore in quan-
to minore. I minori vanno anche negli altri Paesi europei, non un feno-
meno solo italiano, per per stare l chiedono lasilo politico. Il percorso
per essere ritenuti rifugiati lunghissimo e non affatto sicuro: se la ri-
chiesta non viene accettata, in teoria se ne dovrebbero andare. LItalia in-
vece lunico Paese che li tutela in quanto minori, non c bisogno di ave-
re lasilo politico, un rifugiato politico minore prima viene riconosciuto
come minore e poi come rifugiato, lo status di minore che prevale. (ope-
ratore Ssi)
In secondo luogo il trattenimento dei minori nel Paese di accoglien-
za porterebbe inoltre con s conseguenze altrettanto pericolose: quella di
una formazione educativo-professionale in funzione del mercato inter-
no, una sorta di pratica neocoloniale di prelievo delle risorse intellettuali
al servizio di interessi piuttosto distanti da quelli dei ragazzi; nonch quel-
la di alimentare i forti interessi economici che associazioni e strutture
traggono dalla presenza dei minori. Insomma sussiste il pericolo di favori-
IDENTIT LIQUIDA 109
re una migrazione nella quale il rischio di sfruttamento, diretto e indiret-
to, molto forte. Pi che un rischio si tratta evidentemente di una tragica
realt, ma non ritengo che il rimpatrio, cio la negazione di un diritto,
possa rappresentare una risposta coerente allo sfruttamento. Vediamo al-
cuni esempi nelle parole degli intervistati:
In questo modo la presenza di clandestini funzionale al nostro sistema.
Perch il nostro sistema economico ha una sete di mano dopera senza di-
ritti, che pu pagare quanto pu pagare, che pu tenere anche in una con-
dizione quasi di schiavismo, se ci pensi bene. Che potere contrattuale ha
una persona che irregolare sul territorio, che ha un contratto di lavoro
irregolare, che viene pagata di meno, che molto spesso non trova neanche
delle condizioni abitative decenti, che non ha la possibilit di avere unas-
sistenza sanitaria per qualsiasi motivo, e che, se vittima di un qualsiasi
sopruso, non ha neanche la possibilit di rivolgersi ad un organo di tute-
la? Quindi poi dal punto di vista dei diritti della persona bisogna conside-
rare pi in generale il fenomeno e capire cosa vuol dire mantenere in pie-
di la possibilit di rimanere in clandestinit. (operatore Ics)
Gli albanesi [parla del governo] ci hanno molto giocato. Ci dicevano, fuo-
ri dai tavoli ovviamente: voi non aumentate i finanziamenti, noi aumen-
tiamo i flussi. Tenga conto che i minori sanno che lItalia ci guadagna su
di loro, gli operatori ti raccontano che i minori dicono tu guadagni lo sti-
pendio perch io sono qui e quindi devi fare quello che ti dico. Si tratta
di capire come spezzare questa sorta di gioco delle parti. Non pu essere
soltanto un gioco in cui c qualcuno che ci guadagna al di l della tutela
del minore. Il tentativo stato quello di rivolgersi attraverso le Ong diret-
tamente alle famiglie. Lo stesso discorso quello che vorremmo fare sul
Marocco: una quota di finanziamenti per la prevenzione e una quota per
chi torna l. I marocchini erano entusiasti di questo. Noi chiedevamo di
aiutarci, anche con associazioni marocchine, a fare delle indagini familiari
perch quello il cardine. Il minore, se capisce che rimane in Italia, se la-
vora, ti pu dare notizie false sulla famiglia e allora non riesci a rintraccia-
re la sua famiglia e poi arriva a diciotto anni e un giorno e se ha lavorato si
prende il permesso per lavoro. (funzionario comitato)
Agli interessi descritti nei brani riportati non sono in ogni caso estra-
nei n il comitato e n le stesse Ong che operano nei Paesi di origine. Il
busillis consiste piuttosto nellindividuare le implicazioni alla base del
processo distituzionalizzazione di una categoria che si sta manifestando
sempre pi inconsistente. Non a caso il dibattito fin qui presentato si svi-
luppa intorno a due questioni che possiamo riassumere in estrema sintesi
come questione infanzia e questione straniero, con i relativi discorsi
che le compongono.
110 IL MALE MINORE
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Come abbiamo visto nella prima parte di questo lavoro, le logiche in
base alle quali sono gestite le due questioni (infanzia e straniero) che fanno
da sfondo al discorso sul minore straniero hanno numerosi aspetti in co-
mune e contribuiscono a comporre la pi ampia questione devianza
26
. Il
motivo di una cos forte polarizzazione negli orientamenti risiede invece
proprio nellillusione che questi discorsi seguano due logiche opposte:
quella a favore dei minori con i loro diritti inviolabili e quella contro gli
stranieri. Molti addetti ai lavori ritengono, infatti, che la deriva in cui
scivolata la tutela del minore straniero sia il risultato di un nefasto assorti-
mento delle due anime che, a seconda dellorientamento, avrebbe portato
a uneccessiva radicalizzazione sul versante dei diritti o su quello del con-
trollo. In questa parte del dibattito assumono un ruolo significativo i cro-
ciati dei diritti dei minori (kiddy libbers) che si propongono come alterna-
tiva ai due nuclei che costituiscono la crociata dei child savers: ossia da
una parte uno zelo tutelare eccessivo (e in parte interessato) che tende a
considerare la permanenza in Italia come lunica soluzione possibile e dal-
laltro un utilizzo pretestuoso della tutela dellinfanzia, subordinata al
controllo delle frontiere con i vantaggi comportati dal rimpatrio del mi-
nore. Le numerose Ong che si occupano di tutela dei minori stanno cer-
cando di trovare un terreno comune di discussione per di superare gli
ostacoli posti dalla diversa interpretazione degli interessi da tutelare e dal-
lincertezza dei criteri da seguire. I tratti principali del dibattito emergono
chiaramente nellintervista allesponente di una delle Ong che pi si im-
pegnata su questi aspetti:
Stiamo cercando di realizzare una messa in rete delle Ong che si occupa-
no dei minori non accompagnati; questa una cosa che io vorrei fare tra
settembre-ottobre (2002) per cercare di creare un tavolo nazionale che
riunisca sia le Ong che fanno tutela o assistenza dei minori in Italia sia le
Ong che fanno o che hanno firmato la convenzione, anche se non sono
operative, per fare le indagini per i rimpatri (Ssi, Ics, Engim, Vis, Lva). Ho
pensato di realizzare questa iniziativa perch c uno scollamento mo-
struoso tra tutte le Ong: nel senso che non si conosce proprio, non ci si
parla per niente. Le Ong che fanno i rimpatri sono arroccate sullidea che
il rimpatrio dovrebbe essere la soluzione prioritaria, mentre la gente che
lavora in Italia spesso allestremo opposto, nel senso di preferire sempre
e per forza laccoglienza come la soluzione e di negare che il rimpatrio
possa essere fatto nel superiore interesse del minore. Questo per me al-
trettanto ideologico, nel senso che non vero, ci sono dei casi in cui effet-
tivamente il rimpatrio, se fatto con certi criteri, se fatto rapidamente pu
essere effettivamente nellinteresse del minore. Io non equiparo il rimpa-
trio allespulsione, credo che ci siano dei casi in cui possa essere effettiva-
mente giusto rimpatriare.
IDENTIT LIQUIDA 111
La proposta ritenuta pi coerente ai principi sanciti dalla Convenzio-
ne dei diritti del fanciullo, quella cio sostenuta dal nucleo di soggetti
(istituzionali e non) che ho definito kiddy libbers, prevede un bilancia-
mento degli interessi in gioco, pur senza rappresentare un (autentico)
compromesso: in sostanza, lobiettivo del controllo dellimmigrazione
non viene negato, ma posto solo in secondo piano rispetto ai diritti dei
minori. Il minore rimane il centro dellattenzione sia nel caso che desideri
tornare nel Paese dorigine, sia che voglia invece restare in Italia e raffor-
zare il suo progetto migratorio
27
. Tuttavia, secondo questa linea di rifles-
sione, esistono casi in cui il rimpatrio pu essere onorevole e comunque
pi facilmente orientato al superiore interesse del minore. Ad esempio il
rimpatrio ritenuto preferibile quando: let molto precoce (per altri, al
contrario, determinante la vicinanza alla maggiore et); il minore pro-
viene da una famiglia relativamente agiata o da contesti non poverissimi,
comunque in grado di garantire il sostentamento e soprattutto opportu-
nit di formazione e di lavoro; lassenza di adulti di riferimento affidabili
in Italia e il rischio di un coinvolgimento in attivit criminali; il consenso a
tornare nel proprio paese in cambio della possibilit di avviare una pro-
pria piccola attivit economica; lincapacit di inserirsi adeguatamente, il
rifiuto reiterato delle offerte fatte per lintegrazione sul territorio; la ri-
chiesta di essere rimpatriato da parte del minore a causa delle difficolt
incontrate
28
. Con qualche eccezione, questa la linea sostenuta da una
delle pi autorevoli Ong impegnate nella promozione dei diritti dei mino-
ri non accompagnati. Vediamola nelle parole di una sua esponente:
Io dico che deve essere diritto di tutti i minorenni avere determinate con-
dizioni, ma non solo. Le decisioni che vengono prese nei loro confronti si
devono basare su quello che per loro meglio in quel contesto, facendo il
possibile. Per valutare che cosa risponde al loro superiore interesse, la lo-
ro opinione va tenuta in considerazione. Quindi se il minore in quel mo-
mento dice che per lui meglio lavorare, che preferisce stare a Milano, in-
vece che tornare da mamma e pap, questa cosa va tenuta in considerazio-
ne. Non deve essere un criterio assoluto. Non dico che sempre, che tutte
le volte che il minore dice che preferisce restare in Italia, per forza debba
essere cos. Non sempre. Ci sono dei casi in cui pu essere effettivamente
meglio per lui tornare, anche se lui dice che meglio di no. Perch poi en-
trano in gioco dei meccanismi di fallimento: cio il fatto di non accettare il
ritorno perch se lui a dire voglio tornare si sente un fallito. Mentre ci
sono effettivamente dei casi in cui se listituzione a rimandarlo a casa,
non lui a prendere la scelta, questo pu diminuire il suo senso di fallimen-
to, nel senso che non lui che ha scelto di tornare perch un mammone,
ma lhanno rispedito indietro sostanzialmente. Quindi, secondo me, nella
questione della valutazione del superiore interesse del minore si deve defi-
nire una serie di criteri che fondamentalmente sono innanzitutto i rischi
che il rimpatrio pu comportare, se sono dei rischi di abbandono, di abu-
si, il rimpatrio chiaramente non pu essere eseguito. Per diciamo che al
112 IL MALE MINORE
di l di questo criterio minimale, dovrebbe essere tenuta in considerazio-
ne una serie di fattori che sono: le condizioni nel Paese di origine, sia
quelle in senso pi ampio, sia le condizioni della famiglia; le condizioni di
inserimento del minore in Italia, cosa sta facendo, in che modo si inseri-
to, se ha delle relazioni affettive; la volont del minore; la volont della fa-
miglia, perch spesso la volont della famiglia viene considerata poco, si
dice sempre: non sanno che cosa hanno in mente per il loro figlio, cio
siamo fuori. (operatore StcI)
Se la linea di condotta proposta da coloro che ho chiamato kiddy lib-
bers pu rappresentare una concreta alternativa alla pratica indiscrimina-
ta del rimpatrio, va tuttavia notato che la necessit di controbilanciare
tutti gli interessi del caso comporta una considerazione solo parziale del-
lopinione del minore. Questa impostazione fondata in primo luogo su
una logica pauperistica, e dunque contrattualistica e premiale, non diver-
sa dalle altre: insomma, in extremis, i non bisognosi, i devianti, se ne pos-
sono andare via, per il loro bene, magari incentivati da migliori prospetti-
ve da avviare in patria. Inoltre, nonostante il proposito di dare voce al mi-
nore, la decisione finale viene comunque presa da una autorit adulta
che agisce in base a principi e parametri propri e sui quali il minore, so-
prattutto se straniero, non ha alcun controllo. Persino se ascoltata, lopi-
nione del minore soccombe di fronte ai suoi supposti interessi e, in defini-
tiva, di fronte alle convinzioni dei suoi protettori (qualunque vestito essi
indossino). I kiddy libbers, per giunta, poich pongono il controllo del-
limmigrazione nella griglia interpretativa dellinteresse del minore, sep-
pure tangenzialmente, finiscono per negare in linea di principio il diritto
allo spostamento del minore e considerare implicitamente devianti i mi-
nori che si spostano, soprattutto se la loro emigrazione non motivata
dalla fame
29
. Di pi: per argomentare le proprie posizioni usano proprio
quei diritti dellinfanzia di cui si fanno promotori, confermando in questo
modo che nella scelta tra inclusione ed esclusione gli atteggiamenti nei
confronti dellinfanzia e quelli nei confronti dello straniero non sono in
contraddizione, ma pi facilmente si sommano. Ed proprio cos: il mi-
nore straniero non considerato n completamente minore, n completa-
mente straniero e al tempo stesso luna e laltra cosa insieme. Lidentit del
minore straniero prende forma in uno spettro di contraddizioni e va quin-
di riportata in uno schema di definizioni, che sono purtroppo destinate
allambiguit perch ambigua la stessa identit del minore straniero,
contrassegnata com da orientamenti ideologici e normativi nonch, in
definitiva, politici.
Per concludere la condizione di sospensione rispetto a un luogo (lIta-
lia) o una comunit (la nostra) rende i minori stranieri non accompagnati
particolarmente vulnerabili a processi come quello che Mary Douglas de-
finisce di blaming
30
. Si tratta di un meccanismo attraverso cui una societ,
nel continuo processo di ridefinizione dei propri confini, attribuisce le
colpe e ripartisce le responsabilit. La tutela anzi, linevitabilit delle tu-
IDENTIT LIQUIDA 113
tela di alcune categorie si conferma come un dispositivo in grado di de-
finire, ripartire e separare soggetti che per noi sono diventati troppo sco-
modi o che mettono troppo in discussione il nostro sistema. Lavvio di un
processo di blaming inoltre non implica solo la separazione tra colpevoli e
incolpevoli o tra meritevoli e non meritevoli, ma anche la legittimazione
del disciplinamento, del controllo e persino dellesclusione di intere fasce
della societ.
A mio avviso il processo di blaming viene applicato piuttosto diffusa-
mente (ad esempio nei confronti dei nomadi
31
) e ritengo che sui minori,
depositari di tutti i valori di cui ho parlato nel primo capitolo, questo
meccanismo riveli magistralmente la sua forza. Per escludere il frugolet-
to, licona del nostro focolare domestico, innanzitutto necessario an-
nientarlo attraverso un meccanismo di separazione (il minore italiano da
quello straniero, il minore straniero bisognoso da quello approfittatore, il
minore straniero buono da quello cattivo). In seguito, per non tradire i
nostri valori codificati sullinfanzia, occorre giustificare e normalizzare
questa operazione con una serie di pratiche di senso comune attuate per-
il-suo-bene grazie allimmancabile collaborazione della filantropia moder-
na. Fino a quando esisteranno Ong disposte a legittimare e a contribuire
alla pratica del rimpatrio sar infatti possibile costruire e mantenere un
meccanismo di selezione dei desiderati e di smaltimento degli indesidera-
ti. A questo punto legittimo chiedersi a chi spetter poi la gestione dei
(pochi) desiderati e con quali conseguenze sullo smaltimento degli in-
desiderati. La portata politica e sociale della categoria di minore stra-
niero non accompagnato effettivamente non pu essere compresa senza
prendere in considerazione le ripercussioni e gli adattamenti che le politi-
che nazionali hanno prodotto nei contesti territoriali, soprattutto se si
considera che sono proprio le amministrazioni locali a pagarne i princi-
pali costi economici e sociali. Nei prossimi capitoli vedremo appunto le-
sempio di Genova.
114 IL MALE MINORE
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'+,-./01/+23+,456,7380/5
)8+,1399:,;0990,+;;5430
A Genova limmigrazione minorile assume un certo rilievo intorno al
1992. I pi visibili sono i giovani venditori di fiori magrebini che dalle
cronache del tempo e dai racconti degli educatori sembrano i primi mino-
ri considerati soli o in sostanziale stato di abbandono
1
. Gli operatori ri-
cordano che tra i problemi pi frequenti si proponeva quello di regolariz-
zare la presenza di alcuni ragazzini giunti dal Marocco con il padre, con i
parenti o pi genericamente con connazionali. Si trattava di casi in cui era
regolare lingresso degli adulti ma non quello dei minori, o di casi in cui
entrambi gli ingressi erano irregolari.
Il numero dei migranti che popolano il centro storico si ridimensio-
nato nel 1993 quando, dopo i disordini di piazza Caricamento
2
, nel mese
di luglio, una massiccia presenza di forze dellordine nei vicoli della citt
vecchia, ha portato a un considerevole sfoltimento degli irregolari, non-
ch alla chiusura di numerosi dormitori abusivi (in gran parte affittati a
cifre esorbitanti dai proprietari genovesi). Secondo gli operatori della
questura gli sfoltimenti non avrebbero in ogni caso mai riguardato i mi-
nori: la procedura dellespulsione era considerata non appropriata alla te-
nera et.
Lorganizzazione precedente alla legge del 98 diciamo che in linea gene-
rale rispecchiava un po quella di ora
3
. Per quanto riguarda la norma, la-
voravamo con la legge 39/90. I minori, non essendo previsti dalla legge,
erano clandestini; comunque cera il rilascio del permesso di soggiorno
per i minori che venivano con i genitori. Non era previsto nulla per quan-
to riguarda i minori clandestini, erano clandestini e basta. Per non si so-
no fatte praticamente mai espulsioni. [...] Cera il problema delle genera-
lit false, quindi maggiorenni o minorenni non li riuscivo mai ad accom-
pagnare. Prima del 98 non ricordo neanche rimpatri, i primi abbiamo ini-
ziato a farli con la legge 286/98.
Grazie allimpegno di alcune associazioni del centro storico, un primo
tentativo per regolarizzare la posizione dei giovani magrebini fu fatto at-
traverso un accordo informale tra le istituzioni cittadine: i minori clan-
destini o soli venivano affidati dal tribunale per i minorenni ai parenti
o comunque ad adulti di riferimento (i cosiddetti zii). Solo in caso di
necessit o di inadeguatezza palese era previsto un sostegno aggiuntivo ai
familiari o direttamente laffidamento del minore al comune. La regolariz-
zazione avveniva attraverso il rilascio del cosiddetto permesso di soggior-
no per affidamento da parte della questura.
Nonostante la riduzione delle presenze, insomma, quella dei minori
stranieri una questione emergente che attira lattenzione di vari enti. I
cambiamenti demografici che hanno interessato i vicoli della citt vec-
chia, infatti, hanno coinvolto anche lutenza degli enti istituzionali (e non)
dislocati sul territorio, ora in larga parte composta da migranti. Servizi so-
ciali, scuole (elementari, medie e professionali) e soprattutto organizza-
zioni del terzo settore e del volontariato vedono nascere, e poi diventare
predominante, la presenza dei minori stranieri e inizialmente reagiscono
con interventi estemporanei e scoordinati. Solo in seguito si arriver an-
che alla stipula di accordi formali tra istituzioni e terzo settore, soprattut-
to grazie allinteressamento delle scuole, che per prime hanno dovuto
confrontarsi con la questione
4
.
Allavvicendamento dellutenza nelle attivit gi esistenti si aggiungo-
no molteplici iniziative del privato sociale nate appositamente come ri-
sposta alle mutate esigenze del centro storico. Ci dipeso, oltre che dal-
la concreta richiesta di assistenza, anche dallincentivo statale a sviluppare
interventi di prevenzione della devianza giovanile, concretizzato attraver-
so lo stanziamento di finanziamenti a favore di attivit avviate nei contesti
locali che pi presentavano questo rischio (l. 216/91). Molte associazioni
genovesi sono nate o sono comunque sopravvissute proprio grazie a que-
sta fonte, soprattutto dopo i citati disordini del 1993. Torner su questi
aspetti nel prossimo capitolo; vediamo ora cosa dice linsegnante di una
scuola del centro storico a questo proposito:
Nel 93 ci sono stati degli scontri per strada tra marocchini e italiani: hai
presente il film lOdio? Ecco, scene cos. Rispetto a questa emergenza so-
ciale Genova ha iniziato a ricevere i soldi della 216/91. Ci sono enti che
sono nati su quei fondi, in primo luogo ***. Queste realt non solo sono
state finanziate con la 216, la 216 le ha fatte nascere. Altre realt, invece,
esistevano gi. Da quel momento, per, sono nate molte associazioni che
si occupavano di questo tema e altre hanno fatto progetti perch cera
questa legge che distribuiva fondi. Ovviamente tutti si sono buttati e ci sa-
rebbe anche molto da dire su come sono stati spesi quei soldi. Lincre-
mento dei finanziamenti a Genova c stato a causa dellallarme sociale
destato da quegli scontri. Tu potevi presentare un progetto volto al recu-
pero del disagio e della marginalit e lavoravi; la *** ha iniziato cos, an-
che *** con cui io ho lavorato molto, mi hanno aiutato tanto, per devo
116 IL MALE MINORE
dire che non una struttura di inserimento, una struttura di conteni-
mento come tutte le strutture che sono sorte su questo tema. Poi cera il
progetto Icaro, che si doveva occupare di un lavoro di ricerca e in seguito
sorto quello delle famiglie affidatarie.
Limpegno a favore dei migranti, e in particolare dei minori, raggiunge
il suo apice nel 1998 in concomitanza dellarrivo dei primi giovani albane-
si
5
. In questo periodo, soprattutto attraverso listituzione di un ufficio
stranieri con competenze sovra-zonali, viene inaugurata una progressiva
professionalizzazione delle attivit. Nel 1998, infatti, il servizio sociale del
Comune di Genova subisce una ristrutturazione che conduce al decentra-
mento della gestione dellassistenza di primo livello ai costituendi distret-
ti sociali e allistituzione di alcuni uffici sovra distrettuali con competenze
pi specifiche, come lufficio nomadi e lufficio stranieri
6
. Questa riorga-
nizzazione dei servizi determina anche una ridefinizione dei criteri di ri-
partizione dellutenza tra distretti e ufficio stranieri: i primi diventano
competenti per tutti i residenti (italiani e stranieri) sul territorio di riferi-
mento e il secondo sugli stranieri privi di residenza nonch sui minori non
accompagnati. La politica cittadina nei confronti dei minori stranieri e in
particolare di quelli soli ha cominciato a involversi proprio in questo pe-
riodo, anche se con nessi non cos diretti.
In effetti, le disposizioni introdotte dalla disciplina sui minori in un
primo momento sembrano avere conseguenze limitate nelle pratiche loca-
li. Le potenzialit offerte dalla nuova normativa non erano forse state col-
te appieno. In un primo momento, infatti, il comune risponde alla presen-
za dei ragazzi albanesi promuovendo accoglienza e integrazione, sicura-
mente animato da un forte spirito solidaristico oltre che dallesigenza di
controllare eventuali scivolamenti nella devianza. In questa fase il privato
sociale assume un rilievo sempre maggiore: come e pi di prima gli inter-
venti sono gestiti attraverso un lavoro di coordinamento tra le istituzioni e
il terzo settore.
In particolare vengono sviluppati due programmi specifici sul minore
straniero non accompagnato, formalmente o sostanzialmente solo. Si trat-
ta di due progetti contenitore allinterno dei quali confluiscono diverse ti-
pologie di enti (associazioni, comunit, centri sociali): il primo viene av-
viato come risposta allarrivo dei minori albanesi ed gestito direttamente
dallufficio stranieri; a questo progetto se ne aggiunge un secondo (pro-
getto rete 501), nato anchesso a livello centrale, ma poi di fatto svilup-
pato in collaborazione esclusiva con il distretto del centro storico
7
, che
avr come utenza soprattutto i minori marocchini. A parte la differenzia-
zione di competenze dovuta al riassetto dei servizi sociali, i minori stranie-
ri non accompagnati (per ora affidati al comune) seguono, fino a questo
momento, la stessa sorte di quelli affidati ai parenti. Unefficace sintesi
delle procedure applicate in questa fase viene fatta da un funzionario del-
la questura:
LA BUROCRAZIA DEL MINORE 117
La grossa svolta sui minori venuta con la 286/98: la loro situazione viene
affrontata in modo pi organico. Si prevede che il minore non pu essere
espulso, e questo crea un problema. La procedura dice che il minore non
accompagnato, in stato di abbandono, privo di documenti e di riferimen-
ti, deve essere trattato in un certo modo, rispettando i suoi diritti di mino-
re. Quindi si cominciano a prendere accordi con le varie istituzioni che
vengono a contatto con il minore: il tribunale per i minorenni e i sevizi so-
ciali del comune. Il minore, parlo del 98-99, veniva affidato tramite il tri-
bunale per i minorenni ai servizi sociali del comune; i responsabili del co-
mune, con il provvedimento del tribunale e la loro relazione, venivano qui
a seconda dellarea geografica e richiedevano e ottenevano il permesso di
soggiorno per affidamento
8
. Questo permesso consentiva a questi ragazzi
di frequentare i laboratori, la scuola, insomma di inserirsi nella societ. Il
permesso di soggiorno, al compimento del diciottesimo anno di et, veni-
va comunque prorogato, non che moriva l. Quindi, se il ragazzo diven-
tato maggiorenne aveva trovato un lavoro, perch aveva frequentato con
profitto dei laboratori, il permesso di soggiorno veniva convertito in per-
messo per lavoro subordinato. Il problema di cui parlavo prima nasce
quando la quantit di ragazzi minorenni che si rivolge al comune e di con-
seguenza viene da noi diventa enorme: alcuni minori venivano diretta-
mente da noi e scattava tutta una serie di accertamenti, bisognava avverti-
re il tribunale per fare i rilievi dattiloscopici e fare le radiografie del polso
per quelli che sembravano pi grandi.
Cos, forse per un tam tam tra gli stessi ragazzi albanesi, aumenta il nu-
mero di coloro che arrivano e si presentano spontaneamente al comune
9
o
in questura. Le istituzioni cittadine si sentono assediate dai minori in cer-
ca di aiuto: alcuni operatori raccontano persino che molti di loro arrivava-
no gi con il nome dellassistente sociale a cui rivolgersi. Il Comune di
Genova inizia a nutrire le prime preoccupazioni in quanto assolutamente
impreparato ad affrontare una nuova ondata di arrivi. I minori in esu-
bero nelle strutture di emergenza venivano addirittura collocati in alber-
go; per risolvere le emergenze della prima accoglienza sono state cos atti-
vate nuove convenzioni con altre strutture
10
. Nondimeno le autorit citta-
dine, pur continuando a proporre le politiche di integrazione, inaugurano
alcuni tentativi sostanziali di porvi un freno. Per ridurre il numero di sog-
getti da seguire, ad esempio, si ricorre sempre pi spesso al rimpatrio, ri-
servato soprattutto ai ragazzi meno propensi a seguire le indicazioni degli
operatori. I minori non hanno molta scelta: se non si fanno rimpatriare
perdono comunque la possibilit di essere presi in carico dal comune.
In questo modo, lamministrazione si alleggerisce delle responsabilit
sulla tutela del minore. Il permesso di soggiorno per minore et non viene
inoltre mai utilizzato poich i minori rimpatriabili sono spediti nel Paese
di origine senza troppe formalit:
Il permesso di soggiorno per minore et un permesso temporaneo, che
viene rilasciato al minore in attesa di essere rimpatriato: era gi previsto
118 IL MALE MINORE
dalla norma, ma in un certo senso non trovava ambito di applicazione
perch i tempi del rimpatrio erano molto brevi, non cera questinteressa-
mento da parte del comitato per la tutela. (operatore pubblica sicurezza)
La politica di rimpatri selvaggi perseguita dalla questura genovese
(soprattutto i rimpatri eseguiti in assenza della piena identificazione grazie
agli accordi raggiunti con il governo albanese
11
), una prassi piuttosto
diffusa sullintero territorio italiano
12
e del resto in linea con lorienta-
mento che successivamente verr formalizzato dalle disposizioni ministe-
riali. Le disposizioni introdotte dalla legge 40/98, che sembravano aver
previsto finalmente diritti specifici per i minori stranieri, ora si ritorco-
no contro i minori stessi: sino a quel momento, infatti, lunica misura di-
sponibile per regolare la presenza dei minori era lespulsione, che tuttavia
non era stata quasi mai attuata ad esclusione di alcune sviste
13
. La for-
malizzazione del rimpatrio in una proceduta ben definita d la possibilit,
per dirla con un esponente delle forze dellordine, di mettere a posto la
pratica, ossia di dare forma corretta a una pratica poco ortodossa. Ecco
come un funzionario della questura descrive il cambiamento:
Nel 98-99 c stato il picco degli arrivi, io parlo dei minori albanesi per-
ch ripeto essendo quelli pi facilmente trattabili erano quelli che
venivano sottoposti pi spesso alla nostra attenzione [nel bene prima e nel
male dopo, i marocchini non venivano trattati]. E quindi si avviata
questa procedura dei rimpatri studiandoli e intensificando linserimento
nel loro Paese. [...] A un certo punto il comitato ha detto: un attimo, no,
non ci mettiamo a rimpatriare tutti cos, tanto per rimpatriarli. Vediamo
se effettivamente nei loro Paesi ci sono le condizioni per rimpatriarli. Io
sono arrivata a questo punto, cio a quando i rimpatri hanno subto un ar-
resto. Dal 1998 al 1999 abbiamo fatto la maggior parte degli albanesi, poi
pian piano la situazione si affievolita. [...] I rimpatri aumentano soprat-
tutto perch il minore viene affrontato da un altro punto di vista, non co-
me il clandestino assimilato al maggiorenne come avveniva nella 39/90,
ma dal momento in cui viene inserita la norma che non pu essere espulso
il minorenne. Diventa chiaro che, se non pu essere espulso il minorenne,
deve esserci un modo per reinserirlo nella famiglia sempre nellottica del-
la tutela del minore; quindi si istituisce questa procedura di rimpatrio, ma
non sempre si riusciva a metterla in atto. Ne abbiamo fatti diversi con gli
albanesi perch appunto, in virt di questi accordi bilaterali
14
, se li ripren-
devano, si riuscivano a fare i documenti e poi con lassistenza nel Paese di
origine tutto era pi facile, quindi diventa pi agevole la questione. Cosa
che non affatto facile con i nordafricani, questo perch difficile rin-
tracciare le loro famiglie, non ci sono accordi e poi non ci sono organismi
che collaborano per laccoglienza del minore. Perch parliamo sempre di
minori, e quindi di gente che ha bisogno di essere assistita in un certo sen-
so, anche se alcuni ragazzi sono molto pi preparati alla vita di altri.
LA BUROCRAZIA DEL MINORE 119
Insomma, nel caso di Genova, lintervento del comitato ha costituito
addirittura un freno ai rimpatri troppo sbrigativi. Tale intervento tuttavia
ha una portata ancora maggiore poich inibisce la facolt degli attori loca-
li di selezionare i minori e determina, nel bene e nel male, una precarizza-
zione pi uniforme della condizione del minore. A conferma della diso-
mogeneit delle politiche adottate dalle singole amministrazioni, Genova
si confronter con gli effetti della nuova disciplina prevista sul piano na-
zionale solo a partire dal 2001, con lemissione della seconda circolare del
ministero dellInterno (la prima era passata praticamente inosservata)
15
.
Vediamo come uno degli assistenti sociali dellunit operativa descrive
questa presa di coscienza:
In uno degli incontri con il comitato, ci avevano detto che i motivi per cui
si operava in questo modo erano due: uno che lItalia spendeva cifre ab-
bastanza alte per la cooperazione in Albania, e quindi sembrava assurdo
che si dessero dei soldi l e poi i ragazzi venissero di qua perch non c
un futuro in Albania. Il secondo motivo era che lAlbania ci accusava di
portargli via i ragazzi; dandogli noi un futuro qua, lAlbania si trovava
senza giovani. Queste erano le osservazioni che erano state fatte nella riu-
nione con il comitato sulla nuova circolare per spiegarci il cambiamento
di orientamento. [...] Ci hanno quasi accusato di avere unidea che qui si
stia meglio.
Richiamato allordine e contemporaneamente stimolato dalle indica-
zioni ricevute, il comune inverte la propria linea di condotta, andando
ben oltre le richieste del comitato stesso. Le risorse che lente locale deve
sborsare per progetti grazie ai quali altri enti ricevono finanziamenti dallo
Stato appaiono, in effetti, sproporzionate. La direzione presa dalla strate-
gia dintervento applicata a Genova da questo momento emerge fin trop-
po chiaramente nellintervista di un dirigente del comune, di cui riporto
un ampio stralcio:
Nel 99-2000 iniziata questa serie di percorsi di affidamento al comune,
assolutamente anomali rispetto alle altre citt. Ma nellaprile 2001 la cir-
colare del ministero dellInterno d indicazioni precise e diverse, allora la
nostra amministrazione le recepisce in pieno, sapendo di creare problemi
e dissidi. [...]. La circolare dice no agli affidi fatti in modo indiscriminato,
stabilisce che ci deve essere un organo che valuta se il minore veramente
scappato da l, se non ha realmente possibilit di stare con la propria fa-
miglia nonostante lo Stato impegni miliardi perch lIcs prende miliardi
per stare in un paesino dellAlbania. Io vorrei vedere tutti i miliardi che
pago con le tasse come sono spesi. Se questo vero, corretto allora ab-
bassare la soglia dei servizi, nel senso che lintervento rivolto ai minori
non accompagnati dopo la circolare di aprile cos fatto: guarda che
limpostazione complessiva non per un rimanere qua in Italia; conse-
guentemente non ti do tutto quello che potrei darti per un futuro in Italia,
perch ti illuderei. [...] La legge Turco-Napolitano ha una filosofia preci-
120 IL MALE MINORE
sa: facilitare limmigrazione regolare e dare a questa una serie di possibi-
lit (come usufruire di una serie di servizi sociali). Cos i criteri per acce-
dere ai servizi, come dice la nostra avvocatura, sono la regolarit e la pre-
senza di alcuni presupposti: cio il permesso di soggiorno da un anno e
essere regolare, uno stipendio. Solo in questi casi puoi essere un soggetto
attivo della vita cittadina. Se invece non hai queste condizioni un altro
discorso, non commentiamo. Comunque in questi casi hai una serie di
agevolazioni e quantaltro, ma devi credere, caro straniero che arrivi in
Italia, che si arriva regolarmente, che si arriva in un certo modo, con certe
modalit e che se lo fai hai certe possibilit; e devi sapere che se non arrivi
con certe condizioni, non hai le stesse possibilit, ne hai altre, minori, e in
talune condizioni o in talune altre non ne hai per niente. (dirigente)
Tranne alcune sporadiche eccezioni, latteggiamento del comune non
viene particolarmente contrastato dalle associazioni antizazziste e dagli
enti di volontariato, tutti coinvolti nella gestione dei progetti aperti sui
minori non accompagnati. Il cambiamento di clima sembra ormai ine-
vitabile: anche il tribunale per i minorenni e la questura si uniformano,
sollecitate dalle pressioni del comune e informate delle disposizioni del
comitato. I nuovi orientamenti non sembrano convincere appieno alcuni
giudici minorili che tuttavia si adeguano a disporre gli affidamenti al co-
mune solo su espressa richiesta e in via provvisoria, in attesa delle decisio-
ni del comitato. Diventano, nella sostanza, meri ratificatori della pub-
blica amministrazione, nazionale e locale, rinunciando in questo modo a
ogni tentativo di tutela nei confronti dei minori-stranieri-soli.
Non ho capito. Sto un po alla finestra nel senso che faccio solo degli affi-
damenti se mi vengono richiesti da loro, perch in alcuni casi loro mi di-
cono di attendere le decisioni del comitato minori stranieri, e in un paio di
casi la decisione era comunque nel senso di richiedere laffidamento. Le
ultime novit dei servizi sociali del comune sono per me ancora un po
oscure: direttamente a noi non hanno comunicato nulla, i servizi sociali in
alcuni casi hanno detto attendiamo le determinazioni; in un paio di fa-
scicoli, poi, mi hanno invece chiesto laffidamento dicendo che il comitato
minori stranieri aveva chiesto allautorit giudiziaria di fare affidamento.
Per i loro criteri di valutazione non li so. Questo bisognerebbe che lei lo
chiedesse a loro e poi me lo venisse a raccontare. (giudice Tm)
16
La motivazione che viene data da un funzionario della questura per il
nuovo atteggiamento nei confronti dei minori soli (albanesi) piuttosto
simile a quella gi descritta degli assistenti sociali del comune. Tuttavia,
come afferma lo stesso intervistato, in questo caso la questura lunica a
doversi attenere a un ordine di servizio ministeriale:
Abbiamo fatto un incontro con le assistenti del comune e abbiamo deciso
da quel momento, visto che era obbligatorio, laddove non cera il provve-
dimento del tribunale, di dare il permesso di soggiorno per minore et,
LA BUROCRAZIA DEL MINORE 121
perch ce lo imponevano. Ora il tribunale per i minorenni per rilasciare
un permesso di soggiorno per affidamento attende lesito degli accerta-
menti e le decisioni del comitato minori stranieri. Il permesso di soggior-
no, nellattesa, viene dato per minore et e dura tre mesi, questo periodo
lo abbiamo stabilito, perch gli accertamenti si dovevano compiere nel-
larco di tre mesi. Di norma, per, in tre mesi non si riescono a fare le in-
dagini; generalmente gli enti che lavorano per il comitato ci mettono sei
mesi o nove mesi e quindi in questo periodo rinnoviamo di tre mesi in tre
mesi il permesso di soggiorno per minore et, fino a quando il comitato
per la tutela dei minori ci fa sapere qualcosa. I casi di rimpatrio sono stati
pochissimi, quattro fino ad ora [siamo a giugno del 2002, in seguito il nu-
mero aumenter, ma non in modo determinante], dei riaccompagnamenti
se ne occupa il collega che fa le espulsioni. Comunque lassistente socia-
le che di solito porta qui il minore, casi di fughe non ce ne sono stati. A
volte si rendono irreperibili. Tutti i rimpatri disposti sono stati eseguiti.
(funzionario questura)
Anche qui il caso di ricordarlo il minore viene costretto a fare
continui rinnovi, di tre mesi in tre mesi, bench abbia diritto a un permes-
so di soggiorno fino al diciottesimo anno
17
. Insomma, nellindetermina-
tezza della norma, sempre meglio fare sentire al minore il fiato sul collo
e ricordargli la precariet della sua esistenza. Inizialmente, questa nuova
strategia non riguarda i minori marocchini a cui riconosciuta leventua-
lit di un affidamento a un parente prossimo
18
. Ecco quanto riferisce un
funzionario della soggiorni due, lufficio della questura competente per
il rilascio dei permessi per i migranti provenienti dal nord Africa:
Io personalmente in questi mesi ho trattato solo due casi di minori non
accompagnati, stanno ancora facendo gli accertamenti. Gli altri hanno un
permesso di soggiorno per affidamento, che deve essere disposto dal tri-
bunale per i minorenni. Il permesso per affidamento viene dato ai minori
che si trovano sul territorio nazionale, che hanno una collocazione: non
sono abbandonati. Viene da situazioni diverse, ad esempio era qui con il
genitore, ma hanno seguito strade diverse, oppure non sono pi stati in
grado di mantenerlo, oppure bambini che sono nati qua abbandonati.
Questi affidati, sono tutti affidati tramite unordinanza al comune o a dei
parenti che hanno qui (zii, cugini, fratelli). Mentre il minore et un ra-
gazzo che qui in stato di completo abbandono, non ha referenze sul ter-
ritorio che possono essere, a parte i genitori, altri parenti. Quindi in que-
sto caso non esiste neanche un affidamento da parte del tribunale, che co-
munque pu essere richiesto dai servizi sociali, per affidarlo a loro. (fun-
zionario questura)
Per fare il punto della situazione, ai minori soli (a questo punto
esclusivamente gli albanesi) viene concesso poco pi di un giaciglio per
la notte
19
in attesa del provvedimento del comitato. Indubbiamente le
nuove linee hanno dato i loro frutti: ossia hanno consentito al comune
122 IL MALE MINORE
di ridurre il numero dei minori da gestire, senza troppe conseguenze sulla
propria immagine. Indubbiamente un lavoro da specialisti:
Diciamolo piano, ma landamento degli arrivi molto calato negli ultimi
tempi, non sappiamo se un problema di mare grosso o se la politica che
lamministrazione ha adottato dalla circolare dellaprile 2001 ha pagato
sotto questo aspetto. O meglio, per esser chiari e sinceri, se Genova di-
ventata meno appetibile rispetto ad altre citt. La politica della bassa so-
glia, applicata a questi ragazzini, con interventi minimi di accoglienza,
minimi di progettualit, chiari nellidentificazione del rientro come una
delle ipotesi, se non lunica ipotesi, ha dato i suoi frutti rispetto forse ad
altre citt che eticamente hanno fatto scelte diverse. (funzionario del co-
mune)
Senza che vi sia la necessit di immaginare una regia prestabilita, in
definitiva le pratiche messe in atto a Genova costruiscono un destino so-
ciale diverso per minori che sono in condizioni tutto sommato analoghe:
in stato di abbandono, formale o sostanziale, in alcuni casi; accompagnati
da parenti, dichiarati o non dichiarati, in altri. proprio in questa fase di
etichettamento che si differenziano le possibilit offerte ai minori seguiti
dai distretti e dallufficio centrale. Si tratta di uno scarto incolmabile:
quello che Foucault definisce lasciar morire e far vivere. Detto altri-
menti essere esclusi materialmente da qualsiasi possibilit di sopravviven-
za in Italia o essere inclusi formalmente e con un destino precario: tutto
rigorosamente per-il-proprio-bene. La riforma avviata con le nuove di-
sposizioni legislative sullimmigrazione, infatti, ha avuto come conseguen-
za pi immediata una diffusa creazione di apparati (pubblici e privati), pro-
getti nonch strutture di accoglienza mirati e specializzati: un riconosci-
mento da parte del nostro ordinamento della diversa e inferiore necessit
di tutela del minore straniero. Le teorie dei vari professionisti dellinfan-
zia sulla particolare vulnerabilit dei minori soli e le battaglie per la loro
tutela si sono tradotte in un pretesto per separare i minori stranieri non
accompagnati dai destini, pi protetti, degli altri minori. Per comprende-
re appieno le raffinatezze di questa operazione di chirurgia sociale vale la
pena di scendere pi nel dettaglio e descrivere i cambiamenti organizzati-
vi e le pratiche che riguardano i minori non accompagnati a Genova. Par-
tiamo dagli uffici comunali, riservando al prossimo capitolo implicazioni
e responsabilit del privato sociale.
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Le innovazioni organizzative rispetto allutenza straniera prendono le
mosse nella seconda met degli anni Novanta, ma solo in concomitanza
con la legge Turco-Napolitano che verr formalizzata una struttura degli
uffici comunali pi consona alle nuove esigenze. La necessit di darsi
LA BUROCRAZIA DEL MINORE 123
una diversa organizzazione nasce soprattutto come risposta ai bisogni dei
minori:
Noi avevamo minori affidati dal tribunale anche prima della legge del 98;
per la legge Martelli non prevedeva interventi specifici. Con lassenza
normativa collegata alla nostra organizzazione, il minore veniva preso in
carico laddove si poteva e con le risorse che si riuscivano a mettere insie-
me. Ora che ci penso, alcuni interventi gi esistevano, ma senza una pro-
fessionalit specifica da parte degli assistenti sociali: con formazione, pro-
grammazione, verifica dei percorsi sui ragazzini. Con la nuova legge, con
la strutturazione dellufficio stranieri, con il potenziamento di personale,
la politica dellamministrazione comunale non diventa risolutiva, ma c
un minimo di cultura di servizio su questi temi. Poi nasce la categoria dei
minori non accompagnati che comunque soltanto una fetta degli inter-
venti. Possiamo dire che in maniera parallela con la nuova legge nasce an-
che lufficio stranieri, non nasce sulla spinta della nuova legge, per com-
binazione... Diciamo cos: in ogni caso con la nuova legge si sarebbe posto
il problema di farlo nascere, magari con tempi diversi. Le nuove assistenti
sociali sono state assunte per rafforzare un settore che, dallarrivo dei ra-
gazzini, dal bisogno di collocarli, di fare dei percorsi, si viveva sempre co-
me un problema emergenziale, ma anche come un problema da valutare.
In quegli anni, 98-99, inizia la necessit di capire, nascono, infatti, altri
servizi, altri interventi: laccoglienza emergenziale dei minori stranieri non
pu bastare a se stessa, c la necessit di attivare una serie di percorsi per
portare i ragazzini allautonomia, poi verr listituzione del rimpatrio, ma
comunque per dare la possibilit a questi ragazzini di fare dei percorsi.
(dirigente)
Questo nuovo assetto dei servizi comporta inevitabilmente un aumen-
to considerevole degli investimenti, non solo a livello finanziario. Come
apprendiamo dal brano, le difficolt connesse alla questione stranieri (e
in particolare ai minori) e la necessit di distinguere gli interventi richie-
dono e legittimano anche nei contesti locali la creazione di un apparato ad
hoc: nascono specifici profili professionali e carriere personali. La pro-
gressiva specializzazione dei servizi comunali iniziata con listituzione di
un ufficio stranieri assume inoltre sempre pi i connotati di una de-terri-
torializzazione di alcuni soggetti e culminer in unulteriore strutturazio-
ne dellufficio: con il nome di Unit operativa cittadini senza territorio
20
,
il servizio dotato di una sezione per gli adulti e una per i minori ed
competente anche per i nomadi e i senza tetto. Vediamo lorigine di
questo apparato nelle parole del suo dirigente:
Nel 98 nasce lufficio nomadi e parallelamente nasce lufficio stranieri,
[...] che hanno per vita breve perch avevano alcune problematiche in
comune: i rapporti con la questura, i permessi di soggiorno. Ma nasce an-
che qui unaffinit di persone tra colleghi, tra me (che dellufficio nomadi
ero responsabile, segretario, funzionario, amministrativo ecc.) e i colleghi
124 IL MALE MINORE
dellufficio stranieri. Quindi nel 99 nasce lufficio stranieri e nomadi, che
va a prendere funzioni staccando lufficio stranieri dal distretto Pr Molo
Maddalena, nella logica anche di territorio, perch il distretto si occupa
solo dei residenti nel centro storico. Lufficio stranieri una funzione so-
vra-distrettuale per le problematiche di utenza che non fanno riferimento
a tutti distretti e per una serie di progetti pi articolati che via via si sono
sviluppati che non ha senso che siano legati a un solo distretto. [...] Cos
stato possibile codificare meglio la competenza sui minori, il personale
stato arricchito con unaltra assistente sociale a tempo pieno, poi una de-
dicata sul problema della prostituzione, cos andato a strutturare un in-
tervento pi marcato, prima era un mucchio, ora c un settore specifico.
Lintervento diretto allutenza poi era uguale, per nel mucchio cerchi di
fare il possibile. Lallora responsabile dellufficio stranieri e nomadi viene
chiamata ad altri impegni e per una serie di motivazioni vengo scelto io.
Dal 2001 mi viene data anche la responsabilit della gestione dellasilo
Massoero
21
e di tutti gli interventi collegati. Cos nel 2001 sono responsa-
bile dellufficio stranieri e nomadi e dellufficio per i senza fissa dimora; la
necessit mia di management, di sinergie tra i due uffici chiara e anche
evidente che io la senta allepoca come la sento ancora di pi adesso valu-
tando positivamente loperazione di sinergia di questi due uffici che stori-
camente si sono occupati di due cose diverse. [...] Questo porta a chiede-
re la formalizzazione di ununica unit operativa che si occupi di cittadini
senza territorio.
Dopo listituzione di uno specifico organo centrale, lampliamento e la
professionalizzazione dellorganico, si rende necessario anche un allar-
gamento in senso orizzontale delle collaborazioni. Al servizio fanno capo
22
cinque strutture di accoglienza (due di emergenza e tre di prima acco-
glienza) per minori non accompagnati che operano sul territorio cittadino
nonch il servizio di accompagnamento educativo, gestito da un ente no
profit. A parte i rapporti di collaborazione con strutture volte alla forma-
zione, quasi tutte le attivit sono articolate in base a convenzioni. Lente
locale si avvale di competenze esterne, dotate tuttavia di una logica din-
tervento non distante dagli orientamenti stabiliti dallamministrazione.
infatti lUnit operativa cittadini senza territorio (dora in avanti unit
operativa) che in sostanza determina le linee dindirizzo e le modalit
operative di tutte le strutture di riferimento.
Intorno al tavolo di lavoro siedono le comunit in convenzione, il servizio
di accompagnamento e noi. In questo tavolo si orientano gli inserimenti
in base alle caratteristiche delle diverse comunit, perch ogni struttura
ha unofferta diversa che dipende dalla sua storia, da come nata, dalle
matrici culturali, religiose. [...] Quindi facciamo questo per rendere un
po pi univoco il messaggio, per avere una condivisione di obiettivi, un
linguaggio comune. Alcune comunit sono di nuovissima entrata nel pa-
trimonio dei servizi: abbiamo scelto delle comunit che adottino un lin-
guaggio univoco con le altre (che vuol dire che non diano troppe speran-
LA BUROCRAZIA DEL MINORE 125
ze), per questo ci confrontiamo, e non solo, ma anche per i regolamenti
delle comunit, gli ingressi, le uscite, il sabato e la domenica. Si cerca di
acquisire un linguaggio comune si cerca perch non c e di riflettere
sul fenomeno e sulle sue possibilit di gestione del fenomeno. (assistente
sociale)
In definitiva la volont del comune di attribuire le competenze per
questa fascia di minori a un ufficio centrale e non pi ai distretti, in termi-
ni pi generali, pu essere letta come lespressione di una scelta politica
non solo nei confronti dei minori stranieri: non sto pensando a una preci-
sa regia, ovviamente, ma nei fatti e negli effetti siamo di fronte alla legitti-
mazione di un diverso regime per tutti gli indesiderati. I minori gestiti
dallunit operativa sono formalmente e sostanzialmente vissuti come
uneccezione rispetto agli altri (italiani o stranieri), una presenza priva di
territorio e, in seguito, temporanea. La riorganizzazione della struttura
amministrativa, infatti, dopo aver portato alla creazione di uno staff ester-
no dotato di forze e di strutture di accoglienza specializzate conduce alla
differenziazione del trattamento rivolto ai minori non accompagnati, pro-
ponendo uninterpretazione fin troppo estensiva delle indicazioni fornite
dal comitato: ci condurr lunit operativa a stravolgere completamente
le politiche di accoglienza nei confronti dei minori stranieri che in prece-
denza erano tra le pi avanzate in Italia.
In generale allunita operativa confluiscono tutti i casi di ragazzi non
accompagnati che si presentano spontaneamente o che, pi facilmente,
vengono segnalati dai vari organi competenti (istituzionali e non) disloca-
ti sul territorio. Essa svolge una doppia funzione: organizza il servizio
complessivo di risposta al fenomeno e smista lutenza ai centri di pronto
intervento minori. Questultimo servizio di primo livello ospita i ra-
gazzi in attesa del colloquio con lassistente sociale e nel frattempo assu-
me e fornisce le prime informazioni utili ad avviare lintervento. Spesso i
minori inseriti nella comunit di pronto intervento non fanno nemmeno il
primo colloquio con lassistente sociale perch scappano e poi sparisco-
no. Secondo gli operatori, si tratta per la maggior parte di minori coin-
volti in piccoli reati, spesso marocchini, che dichiarano di essere privi
di un adulto di riferimento, ma in realt non lo sono. Infatti, nella rela-
zione predisposta dallufficio, emerge immediatamente che unalta per-
centuale di ragazzi provenienti dal Marocco viene in qualche modo in
contatto con il servizio, ma non viene presa in carico, anche se tutti coloro
che si fermano almeno per una notte sono invitati a presentarsi al servizio
e incominciare un percorso di protezione
23
. in questa fase che si veri-
ficata la sostanziale distinzione tra lutenza dellunit operativa, che pre-
valentemente frequentata dai minori albanesi e quella dei distretti.
Naturalmente su tutti i minori inseriti nelle strutture e segnalati al ser-
vizio gli assistenti sociali effettuano i primi controlli per compilare la
scheda preimpostata da trasmettere al Comitato per i minori stranieri
126 IL MALE MINORE
per lavvio delle pratiche di indagine. Alla procura minorile, solo per co-
noscenza, viene inviata la medesima scheda, senza alcuna ulteriore richie-
sta di intervento. A differenza di molte realt italiane, al minore non ac-
compagnato non viene assegnato alcun tutore
24
. La ratio di questa prassi
risiede probabilmente nel fatto che il minore, prima della circolare della-
prile 2001, era affidato sistematicamente al comune e per ci non si ren-
deva necessaria la nomina di un tutore. Tuttavia, in seguito alle nuove di-
sposizioni, a Genova viene operata una severa distinzione tra i minori
stranieri non accompagnati arrivati prima della Circolare del Ministero
(aprile 2001) e quelli arrivati dopo: questi ultimi hanno un permesso di
soggiorno per minore et di soli 3 mesi che non d loro diritto ad un per-
corso di tutela e questo determina la qualit della loro permanenza in Ita-
lia
25
. Da questo momento si concretizzano i due regimi: uno per i minori
segnalati in possesso di permesso di soggiorno per affidamento al co-
mune, indipendentemente da una reale situazione di abbandono; e laltro
per i minori con permesso di soggiorno per minore et in base al dettato
delle citate circolari. Ecco cosa dice il dirigente del servizio:
Tendenzialmente adesso se arriva un minore straniero, codificato, che di-
ce che solo, ormai lo dicono, viene segnalato al comitato, al tribunale
per i minori, alla questura. Il tribunale fa un affidamento provvisorio.
Questo dallaprile 2001, mentre prima il tribunale disponeva laffidamen-
to ai sensi della legge 184/83. In sostanza un foglio, che abbiamo detto
con la **** in un incontro con **** che non vale una mazza, che non ci-
tando la 184, non vale: una semplice comunicazione, in cui affido prov-
visoriamente il ragazzino al comune. Tanto per dire: ho avuto la segnala-
zione dal comune che il ragazzino sul territorio e ti rispondo in qualche
modo. Con questo foglio noi andiamo in questura dal buon **** e lui ci
rilascia un permesso di soggiorno per tre mesi, rinnovabile, proprio per-
ch non pu rilasciarlo per affidamento, perch non esiste un provvedi-
mento per affidamento. Questa la prassi, [...] laddove ci sono condizioni
di forte disagio, di forte povert, di forte rischio per il minore, noi chie-
diamo laffidamento, ma tendenzialmente questo non caratteristico de-
gli ultimi arrivi.
Cos dal momento in cui il comune ha recepito la circolare, la mancata
nomina di un tutore ha assunto un valore diverso: non essendo pi affida-
to, se non in base a una procedura poco ortodossa
26
, il minore rimane pri-
vo di una figura predisposta a tutelare i suoi (reali) interessi. Ma torniamo
alle pratiche: nel giro di una settimana circa, meno se possibile, viene da-
to al ragazzo un appuntamento presso lufficio per il primo colloquio che
si svolge in presenza di un mediatore culturale se ci sono difficolt di
comprensione della lingua italiana. Un altro aspetto importante nella
prassi applicata ai minori non accompagnati riguarda i contenuti del col-
loquio, impostati in base ai suggerimenti del comitato: lattivit di preca-
rizzazione della condizione del minore, che ha preso avvio con la mancata
LA BUROCRAZIA DEL MINORE 127
nomina di un tutore, prosegue infatti con la gestione di un colloquio volto
pi ad informare il minore in merito allimpossibilit di una sua perma-
nenza in Italia piuttosto che a instaurare la cosiddetta relazione daiuto.
Non questa la sede per unanalisi approfondita dellinterazione du-
rante il colloquio. Tuttavia vale la pena soffermarsi brevemente su que-
stoaspetto, anche perch rappresenta lunico e raro momento di intera-
zione (che generalmente avviene una volta ogni 20-30 giorni) degli assi-
stenti sociali con il minore il resto del rapporto gestito direttamente
dagli operatori del terzo settore che forniscono gli strumenti di conoscen-
za -, quindi lunico momento in cui lassistente pu farsi unidea sul caso e
stabilire un rapporto con il minore. Lintera struttura del colloquio sem-
bra voler trasmettere la sensazione di precariet. Fin dal primo contatto,
lassistente sociale tende a mantenere sempre una certa distanza dal mino-
re: tutto il colloquio con il minore viene gestito da dietro una scrivania.
Le condizioni ambientali sono spesso precarie: il colloquio, infatti, si svol-
ge in presenza delleducatore che ha in carico il ragazzo e spesso negli
spazi comuni dellufficio (pi raramente in un luogo appartato), senza
quindi garantire quel minimo di riservatezza che la circostanza richiede-
rebbe
27
.
Dal punto di vista pratico, il colloquio serve a informare il ragazzo sul-
lesiguit delle chance dalla nuova legge rispetto a uneventuale sua per-
manenza in Italia, ad assumere le informazioni sulla famiglia in Albania
da fornire al comitato per lavvio delle indagini e a prospettare lidea del
rimpatrio. Non solo il primo, ma anche i colloqui successivi sono mirati a
convincere il ragazzo dellopportunit del rientro, spesso facendo leva
sullaffettivit familiare, come la mancanza della madre: questo tipo di
condizionamento viene poi portato avanti quotidianamente dagli educa-
tori dellaccompagnamento educativo e delle strutture di residenza dei
minori. La necessit di un orientamento chiaro nella gestione dei colloqui
determinata anche dallurgenza di togliere gran parte delle illusioni
che le associazioni non allineate con le politiche del comune instillano ai
minori. Anche per questo motivo lunit operativa si rivolge, come ho gi
anticipato, esclusivamente alle associazioni convenzionate che quindi ga-
rantiscano la linea intrapresa dal comune. Vediamo come un assistente so-
ciale descrive il senso del colloquio:
Ieri in un incontro con la questura le associazioni si lamentavano perch
avevano inserito un ragazzino nella scuola edile, gli avrebbero trovato an-
che un lavoro, perch, figurati, ormai di massacan [sta per muratore] ge-
novesi non ce ne pi, ma non pu essere assunto perch il permesso di
soggiorno non permette di lavorare. Il problema non come il ragazzino,
che ha fatto formazione e ha trovato lavoro, pu essere messo in regola: il
problema a monte, avere illuso il ragazzino, averlo inserito nella scuola
edile. Il fatto che iscrivere alla scuola edile un ragazzino che ha un per-
messo di soggiorno che non gli consente un futuro lavorativo troppo fa-
cile e comodo. un comportamento da finti cattolici, come sono spesso le
128 IL MALE MINORE
associazioni: nel senso che i buonini sono spesso dallaltra sponda del cat-
tolicesimo. facile dire: vieni, poverino, che poi si risolve. No, questa
non mai stata la politica del mio ufficio, la nostra politica una politica
di chiarezza: guarda che sei qua e che si lavorer anche per il tuo rientro,
valuter il comitato minori se tu devi rimpatriare; sei qua in attesa di una
risposta, tendenzialmente verso il rimpatrio. Perch tendenzialmente
corretto che il minore cresca nella propria famiglia. Ed corretto che lo
Stato italiano, piuttosto che quello albanese, come aiuta i genitori genove-
si affinch i bambini genovesi non vadano in istituti, aiuti i genitori alba-
nesi a tenersi i bambini. (dirigente)
Ma il colloquio serve anche a gestire la permanenza del minore e quin-
di anche il suo rapporto con le strutture, con la scuola e con gli operatori,
secondo modalit che non diano disturbo: infatti il minore viene convoca-
to in occasione di eventuali comportamenti scorretti riferiti dagli operato-
ri. Lincontro con il minore, infatti, si conclude con alcune raccomanda-
zioni e con la velata minaccia che dal comportamento del ragazzo dipen-
de la decisione del comitato, in assenza di altri livelli di contrattazione.
Ecco due esempi di colloquio:
In questo colloquio si affrontano con il ragazzo un po meglio gli aspetti
relativi al viaggio. Poi gli chiediamo di dove , i suoi familiari chi sono, se
ha studiato, se non ha studiato e i motivi, la storia del suo progetto migra-
torio. necessario spiegare che cosa prevede la normativa nel nostro Pae-
se, che le cose rispetto al passato sono cambiate e che cosa prevede la cir-
colare. Definiamo una permanenza, non diciamo mai di quanto, comun-
que abbastanza breve, che deve essere tale da consentire che siano fatte le
indagini familiari e sociali nel suo paese. Il colloquio fatto in modo da
restituire lidea che lui pu rimanere qui solo se le condizioni sono gravi
altrimenti deve rientrare nel suo Paese, con lagevolazione di un percorso
guidato da un rimpatrio assistito, parlando di uneventualit di un rientro
non da sconfitto, ma con un percorso agevolato. Perch i ragazzi spesso
vedono come una sconfitta il rimpatrio, sentono di aver perso la partita
della loro migrazione. (assistente sociale)
I ragazzi li vediamo abbastanza spesso, perch poi si verificano spesso va-
ri problemi, per cui bisogna rivederli e rispiegargli un pochino che anche
se sono in attesa, limportante stare alle regole delle strutture. Quindi il
nostro contatto con i ragazzi frequente, il problema che si risolve spes-
so con il doverli sgridare e spiegargli che non va bene quello che stanno
facendo. Invece che fare dei colloqui per valutare come sta andando, sono
sempre colloqui in cui diciamo non va bene..., guarda che se fai cos...,
ma lo sai che il comitato sta approfondendo..., diventa a volte un ruolo
pesante. Sarebbe bello, anche per una soddisfazione, dire, va abbastanza
bene, adesso cerchiamo di offrirti delle possibilit nuove, cio offrire
qualcosa. (assistente sociale)
LA BUROCRAZIA DEL MINORE 129
La modalit di rientro non da sconfitto, citata nel primo brano, la
soluzione proposta generalmente sia nelle pubblicazioni sul tema dei mi-
nori non accompagnati e nei materiali forniti dalle Ong sia in quelle uffi-
cialmente prodotte dal comitato. proprio su questo punto che si fonda
gran parte del consenso relativo alla necessit, ormai assodata, del rimpa-
trio di alcune fasce di minori: predisporre un rientro che sia accettabile
per tutti e che non si configuri come un rifiuto o una soluzione motivata
dal disinteresse ma piuttosto che soddisfi i parametri del famigerato su-
periore interesse del minore. A volte non basta un colloquio per ottenere
tutte le informazioni necessarie allavvio delle pratiche del rimpatrio, per
cui ne seguono altri. Nel frattempo, il ragazzo viene tolto dallemergen-
za e orientato nelle strutture predisposte ad hoc per i minori stranieri
non accompagnati. Ricordo innanzitutto che prima della circolare non
cera differenza tra le pratiche del distretto e quelle dellunit operativa. I
nuovi orientamenti del comune dopo la circolare di aprile 2001 produco-
no una disparit di gestione non solo tra gli utenti del distretto e quelli
dellunit operativa, ma anche allinterno della stessa unit e di conse-
guenza delle sue strutture di riferimento. Gli operatori definiscono gene-
ralmente con il burocratico appellativo di prima e dopo circolare ragaz-
zi con storie e percorsi simili, ma giunti in momenti diversi
28
. Ci rende
ancora pi evidente lasimmetria che si determina nelle opportunit offer-
te e, soprattutto, negli esiti dellintervento: ossia permanenza o rimpatrio.
Vediamo nelle parole degli operatori il cambiamento apportato dai nuovi
orientamenti dellunit operativa:
Con i minori cambiato tanto nel 98. Con i primi arrivi addirittura tutti i
minori erano presi in carico, segnalati alla procura dei minori e nel giro di
dieci giorni al massimo arrivava il provvedimento del tribunale che li affi-
dava e diceva di costruire un progetto educativo. Allora si passava a fare
una presa in carico effettiva: ti do da dormire e da mangiare, la scuola, i
laboratori professionali.... Erano progetti che davano dei risultati buoni,
perch inserendoli nei vari percorsi professionali arrivavano alla maggiore
et che praticamente avevano un lavoro. E il permesso di soggiorno per
affidamento era, ed , convertibile in permesso di soggiorno per lavoro.
Era una possibilit, per chi era venuto qui con una precisa idea di emigra-
zione di permanere in Italia; veniva data la possibilit di costruirsi un fu-
turo. Certamente il rischio stato che sono iniziati ad arrivare in tanti,
specialmente nellestate del 98: abbiamo avuto in unestate una cinquan-
tina di ragazzi. Un numero che poi non riesci a seguire, le strutture erano
piene, abbiamo dovuto metterli anche negli alberghi, sono proprio quelle
situazioni anche al limite della tutela. A quel punto noi abbiamo seguito
questo iter, cercando per di dare pi opportunit a chi era motivato a se-
guire un progetto rispetto a chi non ne aveva voglia. Perch poi le risorse
sono quelle che sono e allora bisogna cercare di stimolare i ragazzi a dire
o stai al progetto o si potr prendere, attraverso il tribunale, una decisio-
ne diversa. Il cambiamento di politica dellufficio stato determinato
130 IL MALE MINORE
molto dalle decisioni prese dallalto, a livello politico. Nel senso che prima
cera un tipo di atteggiamento, lo stesso comitato minori stranieri era
orientato alla possibilit per il minore di avere un futuro in Italia. Solo do-
ve si valuta, ma motivando, che il ragazzo non sta nei progetti, in extremis,
che era meglio per il ragazzo, si poteva pensare a un rimpatrio: proprio
lopposto di adesso. Poi cambiato lorientamento del comitato minori
stranieri che sempre nellottica del bene del ragazzo, dei diritti ora che
invece che farli affidare tutti il comitato che valuta chi affidare e chi no.
Solo laddove ci sono condizioni familiari gravi, pregiudizievoli, il ragazzo
potr rimanere in Italia. Prima era lopposto: solo se cera una motivazio-
ne grave qua, si pensava al rimpatrio. (assistente sociale)
Le determinazioni prese dallalto legittimano dunque una notevole
riduzione del livello di assistenza rivolto ai minori non accompagnati.
Premetto che sono previsti due diversi stadi di intervento nei confronti
dei minori in generale: il primo livello offre un servizio di accoglienza mi-
nimo per periodi di permanenza circoscritti e il secondo, che presuppone
una permanenza generalmente pi lunga, prevede lavvio dei progetti
educativi compresa la possibilit di svolgere unattivit lavorativa. Al se-
condo livello possono accedere solo i ragazzi a cui attribuito il permesso
di soggiorno per affidamento
29
. Si tratta in sostanza di un ventaglio di
offerte che permetter ai ragazzi diligenti di ottenere il rilascio di un
permesso di soggiorno per motivi di studio o di lavoro.
Tuttaltra cosa invece il sistema di accoglienza adottato per i minori
con permesso di soggiorno per minore et
30
. Approfittando delle indica-
zioni fornite dal comitato, lunit operativa ha predisposto un sistema di
accoglienza specifico, profondamente lontano dai criteri precedentemen-
te applicati anche ai minori non accompagnati. Si tratta dellaccoglienza
che viene comunemente definita di bassa soglia, che si limita a soddi-
sfare le esigenze basilari. Le peculiarit di questa accoglienza gestita in-
tegralmente dal terzo settore saranno oggetto del prossimo capitolo. Qui
mi interessa sottolineare che lo slittamento verso il mero contenimento/
controllo ha potuto verificarsi grazie allatteggiamento delle organizzazio-
ni convenzionate, che hanno tacitamente accettato di ridurre il livello del-
lofferta e di uniformarsi alle indicazioni del comune. Tutte le iniziative
vengono concordate tra assistente sociale ed educatori alla presenza del
ragazzo, che non ha pi alcuna possibilit di auto determinarsi o di avere
un ruolo attivo. Insomma, mentre i non accompagnati sono messi in
una condizione di totale sospensione e di sostanziale violazione dei diritti,
gli affidati godono quantomeno della possibilit di costruirsi un futuro
in Italia. La profonda differenza di trattamento non affatto negata, anzi
viene giustificata:
Non posso assumermi arbitrariamente un problema nazionale o interna-
zionale. Io intervengo secondo quanto la norma (l. 328/2000, l. 40/98 e
circolari) mi dice e secondo me la norma ha una sua logica e secondo
LA BUROCRAZIA DEL MINORE 131
quanto lamministrazione comunale, nel suo mandato politico e di ammi-
nistrazione gestionale, mi d, al pari degli altri cittadini. Se lamministra-
zione statale mi d un indirizzo sui rimpatri, io lo rispetto. Lamministra-
zione mi dice di abbassare i livelli, perch mi dice che inutile investire su
questi minori che poi rimpatrieranno. solo fiato sprecato, sono risorse
sprecate e aspettative che dai al minore che poi ricadono sul fatto che il
minore tenta il possibile. Dato che qui ha trovato di tutto, la clandestinit
il male minore che pu affrontare. (dirigente)
In realt nel livello di assistenza vige una certa discrezionalit: infatti,
le politiche nei confronti dei minori non accompagnati hanno subito nel
corso del tempo modifiche difficilmente comprensibili in base a quanto
osservato fin qui. Un esempio della mancanza di linearit nelle dinamiche
sottese agli interventi rappresentato dalla non uniformit nella preclu-
sione allaccesso ai servizi di secondo livello per i minori stranieri non ac-
compagnati. Prendiamo il caso del Laboratorio educativo territoriale (da
ora Let). Allinizio del 2002 era stata negata laccessibilit dei minori irre-
golari (compresi i minori non accompagnati) ad alcuni servizi di fascia su-
periore, tra cui i Let. Con larrivo dellestate, i Let diventano improvvisa-
mente accessibili e vengono addirittura sponsorizzati con notevoli pres-
sioni (che ho avuto modo di osservare direttamente in unoccasione) sugli
operatori delle strutture di riferimento; molti di loro parleranno di queste
pressioni nel corso delle interviste, evidenziandone il paradosso: prima
niente, ora addirittura i Let. Ma vediamo direttamente cosa dice uno de-
gli operatori comunali:
Quella dei Let una cosa che diciamo che viene fuori un po cos, una
delle tante cose poco comprensibili. Non cambiata la politica del comu-
ne in generale per quanto riguarda lerogazione di servizi alla persona, le-
sclusione dalla refezione scolastica piuttosto che liscrizione allasilo nido.
Per i Let, c stato un incontro specifico, dove si stabiliva di favorire il pi
possibile linserimento dei minori non accompagnati nei Let, questa pos-
sibilit era gi attiva prima della circolare [prima, appunto, in seguito
stata eliminata come tutto il resto], gi lanno scorso, perch si trattava co-
munque di ragazzi in carico al servizio. La differenza che via via che il
tempo passa i ragazzi non ci vogliono pi andare. Prima, come hai sentito,
parlavo al telefono con loperatore di una comunit che mi diceva che i ra-
gazzi al Let non ci vogliono andare. Io ho proposto i Let a un ragazzino
che non inserito in uniniziativa specifica, segue soltanto le indicazioni
che diamo di volta in volta, va due volte al centro della Salle e poi al Vela
per laccompagnamento educativo, un ragazzino piccolo, ha 14 anni. Gli
ho spiegato che sono cose adatte a ragazzini della sua et, si va al mare, lui
mi ha risposto: non mi dire niente che non mi piace. Io te lo dico per-
ch puoi fare scuola di vela, corsi di scolarizzazione, a lui non piaceva,
voleva lavorare. Come si fa a pensare di lavorare a 14 anni, potr metterci
tutto lintento che vuole ma sar un frustrato.
132 IL MALE MINORE
Emerge dalle dichiarazioni stupefatte del soggetto intervistato un cer-
to fastidio per loccasione non colta da parte dei ragazzi. Manca del tutto
la considerazione dellincongruenza di un comportamento che, da un lato
assicura solo un pasto al giorno e un tetto sulla testa e, dallaltro propone
iniziative insensate come i corsi di vela. Risulta difficile comprendere la
logica sottesa allofferta di questa risorsa a meno di non entrare nellottica
per cui si intende garantire ai ragazzi uno svago (i bambini devono so-
prattutto giocare per essere bambini) che li tenga lontani dal lavoro (e
dalle possibilit di rendere stabile la loro presenza) in attesa del rimpa-
trio. Gli operatori sono piuttosto consapevoli del fatto che la maggioran-
za di questi ragazzi viene con intenti ben diversi dallessere intrattenuti.
Infine non si capisce in ogni caso la ragione per cui non possano svagar-
si nel modo da loro preferito.
Tuttavia lirrazionalit delle pratiche, la difficile conciliazione con
unidea di tutela superiore dovuta ai minori in condizioni delicate e, so-
prattutto, lassenza di una figura adulta dedicata al loro esclusivo interes-
se diventano ancora pi evidenti nelle attivit di rimpatrio. A differenza
che in molti altri comuni italiani, tutti i rimpatri disposti a Genova fino al
termine della ricerca di campo, sono stati eseguiti perch sono stati raris-
simi i ricorsi o i tentativi di bloccare un rimpatrio da parte di privati o di
associazioni. Allemissione del provvedimento di rimpatrio, questo viene
eseguito senza dare al minore alcuna possibilit di opporvisi se non dan-
dosi alla fuga. Lopinione del minore, sebbene richiesta dalla legge non ha
valore, in quanto scontato che i minori non diano lassenso. Vedremo
nelle parole degli intervistati che, allo scopo di evitare le fughe dei ragaz-
zi, li si tengono spesso alloscuro del momento in cui il rimpatrio verr
eseguito. Ma andiamo per gradi.
Innanzitutto, come abbiamo visto, la prassi prevede unimmediata
informazione del comitato e una conseguente assunzione di informazioni
volta a dare i giusti impulsi per una proficua attivit di indagine nel Paese
di origine. A una prima segnalazione seguono in genere degli aggiorna-
menti richiesti direttamente dal comitato. Ci non si risolve necessaria-
mente in una mera attivit di informazione, ma anche di promozione: in-
fatti, gli aggiornamenti vengono inviati dallo stesso ufficio per sollecitare
una risposta ai casi pi difficili.
Ci viene chiesto di compilare la scheda pre-impostata che contiene richie-
ste di documentazione sulla situazione familiare, sulla presenza o meno di
documenti, sulla cittadinanza, su qual lindirizzo nel Paese di origine e
su quali sono le sue condizioni fisiche. Nelle richieste di aggiornamento di
solito richiedono aggiornamenti su ci che il minore sta facendo. Noi sen-
tiamo il minore straniero, ma guardi che il suo parere non discriminante
per, deve essere compreso nella relazione che si invia al comitato quale
lopinione del minore, ma quasi scontato che loro non diano questo assen-
so, credo che ce ne sia solo uno di caso della mia collega che chiede di
rientrare. (assistente sociale)
LA BUROCRAZIA DEL MINORE 133
Quando noi inviamo la nostra scheda familiare/informativa al comitato
minori stranieri, normalmente segnaliamo i casi sui quali ci sembrerebbe
opportuno unindagine pi veloce o pi in profondit rispetto ad altre si-
tuazioni. Questo perch ci troviamo a volte con ragazzi che sono o parti-
colarmente piccoli o particolarmente vicini alla maggiore et, quindi pi
a rischio di rimanere sprovvisti di un documento che li regolarizzi nel no-
stro Paese, casi dai quali si intravede una situazione familiare presente se
non regolare, casi di ragazzi particolarmente difficili... Dopo la segnala-
zione, poi normalmente c un vuoto di comunicazione tra noi e il comi-
tato minori, qualche volta vengono richiesti degli aggiornamenti. Poi,
senza aver capito qual il criterio che adottano, arriva in alcune situazio-
ni il dispositivo di rimpatrio: in due situazioni arrivato anche una racco-
mandazione allaffidamento, quindi non arrivano solo rimpatri. (assisten-
te sociale)
Il rapporto principale i ragazzi lo hanno con gli operatori delle strutture o
con quelli dellaccompagnamento educativo, che poi ci relazionano la si-
tuazione. Noi i ragazzi li vediamo una volta ogni venti o trenta giorni.
Non relazioniamo le nostre attivit al comitato, ma ci vengono chiesti de-
gli aggiornamenti intanto su dove il ragazzo, e poi su come si comporta.
Al comitato inviamo pi aggiornamenti dove ci sono situazioni difficili, al
fine di stimolare una decisione in tempi pi brevi. (assistente sociale)
Questi brani ci permettono di riprendere tre questioni lasciate aperte
nel capitolo sul comitato. La prima una conferma di quanto detto prece-
dentemente: il rimpatrio assistito fuori dalle logiche dellinteresse del
minore e si configura come una precisa scelta politica di fondo per rende-
re pi semplice la gestione di un fenomeno in continua crescita
31
. Una
sorta di garanzia per il futuro, anche se non ben chiaro a favore di chi,
visto che il minore, inascoltato e quindi muto, ridotto a una sorta di
documento darchivio, da produrre tuttavia secondo rituali precisi. In
secondo luogo, lultimo brano riportato ci fa capire come lopinione
espressa sul minore sia fondata non tanto su una personale valutazione
del caso (visti gli scarsi contatti delle assistenti sociali con i ragazzi), quan-
to su una conoscenza de relato assunta dal basso in base alle dichiarazioni
degli operatori in convenzione con il comune. Questo il primo passo di
un processo a catena in cui tutti coloro che decidono sul minore agiscono
senza aver avuto particolari contatti con lui (o, come nel caso del comita-
to, senza averlo mai visto). E infine, introduce il discorso sul peso che le
valutazioni degli enti locali hanno nella scelta tra chi tenere e chi mandare
via e anche nella semplice segnalazione delle condizioni che renderebbero
opportuna (o inopportuna) una permanenza in Italia.
Il comitato si basa molto sulle indagini fatte dalle Ong nel paese di origi-
ne, meno sulle nostre relazioni. Penso che avrebbe pi senso che fossero
tenute maggiormente in considerazione le indicazioni che vengono dagli
enti locali, anche se noi non seguiamo passo per passo il ragazzo, lo fanno
134 IL MALE MINORE
gli operatori, noi ne siamo al corrente e seguiamo tutto il suo percorso.
Noi abbiamo unidea certamente migliore rispetto a quella di un comitato
che sta a Roma e per cui quel ragazzo non altro che una pratica burocra-
tica come ce ne hanno altre mille. Ad esempio solo in due casi, uno della
mia collega e uno mio, arrivato il non luogo a procedere per il rimpatrio
e l hanno tenuto conto anche delle relazioni inviate dai servizi sociali.
Per secondo noi subordinate comunque a quello che hanno detto sul po-
sto [nel paese di origine], probabilmente l non cerano gli elementi per
far tornare il ragazzo, allora tenendo conto che stava facendo un buon
percorso si valutato che potesse rimanere, per questo perch a monte
non cera la possibilit di farlo rientrare. Perch invece in un altro caso in
cui la nostra relazione era molto positiva, questi due ragazzi stavano fa-
cendo un ottimo percorso, era in atto una richiesta di affidamento allo zio
che il tribunale stava valutando, la madre stessa (divorziata) aveva voluto
affidare i figli allo zio, invece stato disposto il rimpatrio. Ricordo un al-
tro esempio di quanto conti poco ci che c qua, a differenza di quanto
contano le relazioni delle Ong e la situazione nel paese. Io ho un ragazzo
che ha dato il consenso ( lunico caso) e lo ha fatto a marzo. Era gi da un
anno qui e ha capito che tanto qui non cera nessuna possibilit di inseri-
mento, quindi voleva tornare in Albania. Abbiamo scritto, coinvolto an-
che lIcs perch, essendo venuti a Genova per un incontro, gli ho portato
la pratica per sensibilizzarli, visto che era lunico caso di rimpatrio con as-
senso del minore. Loro mi hanno detto ce ne occuperemo, ma dobbiamo
fare le indagini. Questo glielho detto a maggio (al comitato lo avevo se-
gnalato ben prima), sono passati quattro cinque mesi, che dico al ragazzo?
(assistente sociale)
Emerge nuovamente con forza il ruolo determinante delle Ong nella
decisione sul rimpatrio dei ragazzi, un ruolo che difficile immaginare
completamente disinteressato, visto il livello degli interessi economici,
politici e anche di immagine alla base dellintervanto in Albania. Di que-
sto avviso sono anche gli operatori del comune:
Ai tempi della circolare ministeriale, in epoca non sospetta, perch era
prima di questo governo, c stata questa virata. Perch si stava per andare
a un rinnovo di questi contratti, specialmente con lAlbania. Cerano delle
ingenti somme orientate a una ristabilizzazione del Paese, con la creazione
da parte dellIcs di micro-imprese sul territorio che avrebbero favorito la
possibilit di lavoro per la comunit territoriale locale. Dallaltra parte ce-
rano le ingenti spese sostenute in Italia, ma non solo questo, anche le re-
criminazioni politiche di rubare forza lavoro a un Paese in crescita, le ri-
chieste di baratto ridateci i ragazzi vi diamo dei lavoratori. Questo ha
portato alla situazione che ha prodotto le circolari. (assistente sociale)
Unulteriore conferma dellinevitabilit della decisione al rimpatrio ri-
siede nellassenza di una motivazione nei provvedimenti del comitato: se-
condo un percorso tautologico il rimpatrio determinato dallassenza di
LA BUROCRAZIA DEL MINORE 135
motivi che lo rendono impossibile. Gli operatori, infatti, non riescono a
sapere le ragioni di una scelta operata in opposizione ai suggerimenti for-
niti.
LSsi ci diceva che vengono autorizzati i casi in cui la famiglia non li pu
riprendere. Il comitato nel provvedimento scrive che viste le indagini fa-
miliari, visto che non ci sono motivi particolari che impediscono il rientro
dei minori, si dispone il rimpatrio. I motivi non ci sono, o sono che non ci
sono motivi per non rientrare. LSsi ci ha detto che la politica dellimmi-
grazione non deve essere gestita dallestero, non possibile che dallester-
no qualcuno deleghi a dei familiari in Italia laffidamento, perch allora
diventa un meccanismo che gestisce da fuori quella che la politica dei
flussi migratori in Italia. (assistente sociale)
Allassenza di una plausibile motivazione per il rimpatrio si aggiunge
unesasperante lentezza nella determinazione delle decisioni, che testimo-
nia una volta di pi il totale disinteresse del percorso che il minore ha or-
mai avviato nel contesto territoriale. Ci in parte ha consentito al comune
di ridurre il livello di accoglienza per i minori soli: molte delle argomenta-
zioni fornite a giustificazione, infatti, si fondano sul fatto che il periodo di
precariet del minore sarebbe dovuto essere breve e che quindi gli effetti
negativi dovrebbero essere attribuiti alla lentezza con cui il comitato
prende le sue decisioni e non alle linee definite dallunit operativa. Dal-
tra parte gli operatori del comitato segnalavano una totale assenza di co-
municazione da parte dei comuni sui percorsi dei minori.
Una volta arrivato il provvedimento di rimpatrio, gli operatori prepa-
rano il minore al rientro. Inizia cos una attivit di colloqui, con il ragazzo
e tra gli operatori, per capire le modalit pi adeguate per rendere il rien-
tro il meno traumatico possibile. In realt, si tratta di una comunicazione
ufficiale al ragazzo (decreto alla mano) del provvedimento, in cui ven-
gono ricordati i limiti di legge, lineluttabilit del rimpatrio e si prospetta
il primo ventaglio di possibilit di reinserimento in patria. Questo un
momento di grande formalit in cui sostanzialmente il ragazzo riceve pro-
poste che dovrebbero rendergli allettante la probabilit del rimpatrio. I
colloqui sono anche un momento di raccordo tra assistenti e operatori sul
comportamento da tenere fino al momento della partenza del ragazzo. Si
tratta di rendere meno difficile il percorso, promuovendo e rafforzando
nel minore la prospettiva del rimpatrio, senza tuttavia fargli perdere le
speranze per scongiurare eventuali fughe. Spesso purtroppo queste atti-
vit in concreto si traducono in un martellamento nei confronti del ragaz-
zo sulle opportunit a disposizione nel suo paese e sui suoi doveri di figlio
e cittadino albanese, una sorta di propaganda a fini educativi alla quale
partecipano gli assistenti sociali in collaborazione con gli operatori in
convenzione con lunit operativa e, a scopo preventivo, anche dellIcs
32
.
Il programma di rientro del ragazzo, invece, raramente coinvolge gli
operatori del comune che non sono al corrente di quanto avviene in Alba-
136 IL MALE MINORE
nia, n sanno con precisione quali progetti vengono predisposti. Gli inter-
vistati affermano che le scarse informazioni di cui dispongono non dipen-
dono da un loro disinteresse, ma dalla difficolt di ottenere notizie da al-
cune Ong, una volta che i minori sono passati sotto la loro amministrazio-
ne. Questo black out informativo non si verifica con lIcs che si rivela ab-
bastanza disponibile alla collaborazione. Il ragazzo sparisce quasi com-
pletamente dagli occhi degli operatori, che invece avrebbero un forte in-
teresse a conoscere gli esiti dei rimpatri.
Il problema che non tutte le organizzazioni lavorano allo stesso modo;
noi ad oggi abbiamo lavorato solo ed esclusivamente con i componenti
dellSsi con i quali non abbiamo rapporti particolarmente collaborativi,
molto formali, non una vera collaborazione quando non ci si riesce ad
intendere nella pratica. Il rimando dal Paese di origine ci serve per que-
sto, anche per una maggiore credibilit di quello che facciamo, e su que-
sto devo dire viene fuori un po la collaborazione o meglio la non collabo-
razione dellSsi che ci dice: non siamo al corrente di cosa la sezione alba-
nese ha scritto, non possiamo farvi pervenire una relazione dettagliata sul-
la situazione del ragazzo. Una volta uscito dallItalia, per noi il ragazzo
scompare nel nulla e se non ci attiviamo noi non c nessuno che ci riferi-
sce ufficialmente che cosa succede. Per esempio, se io dico: va bene que-
sto torna a Fier, cosa pu fare? loro ti dicono: cosa pu fare? faranno
delle iniziative e io dico no, voglio sapere quali delle iniziative possibili,
perch posso dirti quali attivit pi propenso a fare, se un ragazzo che
pu fare pi un lavoro di tipo pratico, o se un ragazzo che conosce le
lingue, oppure se ha avuto a che fare con esperienze nel settore dellali-
mentazione e cos via... Non per niente facile avere queste risposte, op-
pure sapere cosa hanno detto i genitori. Quando noi diciamo al ragazzo
che stato disposto il rimpatrio con il consenso dei familiari loro dicono
che non vero, se tu mi dici che invece vero, me lo scrivi. Scrivi che il
pap e la mamma messi a conoscenza delle opportunit, ma anche degli
aiuti e delle agevolazioni di cui potrebbe fruire il minore allinterno della
sua famiglia, si sono detti pi contenti di averlo a casa piuttosto che a mil-
le chilometri di distanza. Per me lo devi dire, me lo devi scrivere perch
detto cos in maniera ufficiosa poco utilizzabile, come strumento. (assi-
stente sociale)
Linteresse sembra concentrato sullidea di giustificare e rendere vero-
simili i provvedimenti nonch di creare uno strumento di convincimento
dei ragazzi e di conseguenza verificare la concretezza delle offerte dispo-
nibili nei paesi di origine. Quella che preme la corretta ritualit della
pratica, che allesterno, in una sorta di deresponsabilizzazione burocrati-
ca, deve presentarsi pulita e legittima. In realt, per comprendere a pieno
questa mirabile opera di deresponsabilizzazione messa in atto attraverso le
pratiche descritte e gli ampi margini di discrezionalit che la caratterizza-
no, vale la pena di non trascurare laltro apparato che esercita una compe-
tenza sui minori stranieri: il distretto sociale. A questo proposito prendia-
LA BUROCRAZIA DEL MINORE 137
mo in considerazione il distretto che comprende il territorio storicamente
e pi densamente popolato da stranieri, soprattutto minorenni: la zona
Pr-Molo-Maddalena-Portoria.
!"#$%&%'(%)%)*%+$"'+,-./.&0
Come ho anticipato, lorganizzazione in distretti del Comune di Ge-
nova, cos come la diretta gestione dei servizi socio-assistenziali
33
risalgo-
no alla fine degli anni Novanta. In generale, ai distretti spettano la gestio-
ne dei casi affidati al comune e i rapporti con gli enti esterni
34
. Oltre alle
prestazioni di base individuate dal regolamento comunale, ogni distretto
ha un suo autonomo livello di progettazione dinterventi pi specifici,
spesso svolti in convenzione con il terzo settore. Pur avendo il mandato
come servizio di base, il distretto competente sul centro storico mantiene
ancora limpronta originaria per quanto riguarda lorganizzazione struttu-
rale e metodologica (ossia quella dei consultori). In particolare articola-
to in tre aree: minori, anziani e adulti, compresi gli interventi di preven-
zione del disagio. Lutenza accede al servizio in modo spontaneo, ma per i
minori generalmente il contatto avviene attraverso la mediazione di un
adulto. Nella maggior parte dei casi si tratta di segnalazioni provenienti
da altre istituzioni o da associazioni che collaborano con il distretto. Trat-
tandosi di un servizio di primo livello, lutenza composta naturalmente
da soggetti appartenenti a tutta la popolazione cittadina senza distinzioni
di et o nazionalit. Tuttavia, la particolarit di questo distretto lalta
percentuale di stranieri tra gli utenti che, in base ai dati forniti, nel settore
minorile raggiunge circa il 65 per cento (negli altri settori e in particolare
in quello degli anziani invece inferiore)
35
. Dalle interviste emerge che si
tratta soprattutto di marocchini e sudamericani. Ma lutenza del servizio
ha unulteriore particolarit. Vediamola nelle parole della coordinatrice
del distretto:
Sono in generale soggetti caratterizzati da un lato dalla povert e dallaltro
sono situazioni, differenziando per paesi di provenienza, dove troviamo
minori in stato di abbandono o semi abbandono, con riferimenti familiari
quasi inesistenti. Limpatto con queste situazioni molto forte, sia dal
punto di vista emotivo che dal punto di vista dellinvestimento professio-
nale. Perch un conto lavorare allinterno di nuclei con minori in diffi-
colt, ma con dei riferimenti familiari e parentali presenti, un altro avere
a che fare con dei minori o completamente soli o in condizioni di semi ab-
bandono, laddove non si riesce a trovare allinterno anche del nucleo al-
largato un solo riferimento che possa dare una mano. Non a caso, questo
il servizio che ha la percentuale pi alta nel Comune di Genova di affidi
familiari, di affidi educativi e di minori inseriti in strutture (quindi istituti
o comunit alloggio), soli al mondo. [...] I casi privi di riferimenti familia-
ri sono soprattutto i marocchini e in parte gli italiani, mentre i sudameri-
138 IL MALE MINORE
cani no, nel senso che i riferimenti genitoriali e parentali ci sono. Per le al-
tre tipologie di intervento si tratta soprattutto di mamme sole con bambi-
no, di nazionalit prevalentemente nigeriana. Questo un altro degli
aspetti che differenzia il nostro servizio da altri distretti.
Nel brano trascritto emerge un aspetto cui ho gi fatto cenno in prece-
denza: la sostanziale similitudine tra i casi seguiti dal distretto e quelli se-
guiti dallunit operativa. Si tratta ancora una volta di ragazzi privi di rife-
rimenti genitoriali, spesso accompagnati solo da parenti, e comunque in
un generale stato di abbandono: ricordo che anche molti dei ragazzi alba-
nesi seguiti dallunit operativa hanno familiari in Italia (zii, fratelli, cugi-
ni). Non facile capire, pertanto, perch questi vengano seguiti a livello
centrale e non distrettuale: abbiamo gi visto come ci crei molte dispa-
rit di trattamento. Vediamo cosa dicono gli operatori del distretto in me-
rito alla distribuzione delle competenze:
In generale si potrebbero fare dei ragionamenti sullufficio stranieri che
prima non esisteva ed era allinterno di questo distretto e che poi ha avuto
unevoluzione e si costituito in Unit operativa cittadini senza territorio,
raccogliendo in s funzioni che sono rimaste ai distretti. Perch sugli stra-
nieri i distretti hanno competenza, sui senza dimora anche noi abbiamo
competenza. In realt sui nomadi lufficio stranieri che ha competenza,
ma ci sono i campi nomadi che si rivolgono ai distretti di riferimento. Il
crinale il permesso di soggiorno, noi ci occupiamo di tutti i residenti nel
nostro territorio, compresi gli stranieri con permesso di soggiorno. Quin-
di quando mi riferivo prima agli scarsi riferimenti parentali davo per im-
plicite queste due condizioni; che poi siano effettivamente corrispondenti
un altro discorso: perch ci sono residenti nel centro storico che in
realt abitano in un magazzino in qualche altro quartiere. Sono questi i
minori che, anche se con permesso di soggiorno [intende per affidamen-
to], si ritrovano nel corso dellanno soli, perch il padre torna in Maroc-
co. Noi abbiamo avuto tanti incontri con una scuola media del centro sto-
rico che ha quasi esclusivamente alunni stranieri, dove gli insegnanti ci se-
gnalavano intere classi che si dimezzano nel corso dellanno perch i mi-
nori vanno con il padre in Marocco, oppure classi dove i minori rimango-
no da soli perch il padre va in Marocco. (assistente sociale)
Appare evidente laccavallamento di competenze nonch il tentativo
di scaricarsi vicendevolmente gli utenti pi difficili, giustificati in alcuni
casi attraverso le caratteristiche culturali dei minori (ad esempio: gli al-
banesi sono soli e normalmente tendono a farsi assistere e quindi dichia-
rano di essere soli, mentre i marocchini vivono in trib, sono un mondo a
parte che non vuole entrare in contatto con gli italiani e tanto meno con i
servizi). Al di l della complessa articolazione tra gestione centrale e di-
strettuale del fenomeno, qui mi interessa rilevare che lelemento che di-
scrimina le competenze e lattribuzione dellutenza minorile il permesso
di soggiorno.
LA BUROCRAZIA DEL MINORE 139
A questo proposito apro una parentesi: per quanto riguarda il permes-
so di soggiorno, come ho gi detto, decisivo il ruolo della questura che,
in generale, tende a rilasciare ai minori albanesi un permesso per minore
et e ai minori marocchini un permesso per affidamento. Ci accade per-
ch i ragazzi marocchini (almeno inizialmente e per tutto il periodo della
mia ricerca) non vengono considerati non accompagnati in quanto pos-
sono fare riferimento a una sorta di famiglia allargata
36
: il minore viene
quindi affidato dal tribunale per i minorenni a un parente prossimo e, in
caso di necessit, sostenuto in un percorso educativo dal distretto. Dun-
que, i ragazzi marocchini usufruiscono di un permesso di soggiorno per
affidamento, che generalmente viene attribuito a un parente (o presunto
tale). la residenza di questultimo a determinare lassegnazione al di-
stretto. La singolarit dei minori albanesi, invece, sta nel fatto che molti di
loro non dichiarano la presenza di parenti sul territorio italiano fin dalli-
nizio e di conseguenza vengono considerati soli. In ogni caso anche quan-
do la presenza di familiari viene dichiarata, laffidamento non automati-
co, soprattutto se, a partire dalla circolare del 2001, stato emesso un
provvedimento di rimpatrio. Come abbiamo visto, laffidamento al comu-
ne per i minori albanesi ormai rarissimo.
in questo senso che parlo di una divisione di competenze tra ammi-
nistrazione centrale e territoriale sui minori albanesi e sui minori maroc-
chini, sebbene naturalmente esistano alcune eccezioni. Eppure la legge,
quando definisce il minore straniero non accompagnato, parla di minore
privo di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti
per lui responsabili, in base alle leggi vigenti
37
: cio privo di quelle figure
che tipicamente sono rappresentate dai genitori e dal tutore nominato
dallorgano giudiziario. Quella adottata a Genova, soprattutto per i mino-
ri marocchini, sembra quindi una prassi alquanto discrezionale e priva di
fondamenti normativi (come faceva notare il comitato alle realt territo-
riali). Di conseguenza, nel caso in questione, il criterio di residenzialit
parrebbe fondarsi su scelte politiche fatte a priori, a cui viene successiva-
mente conferita una veste formale dagli enti coinvolti.
In definitiva, la distinzione dei minori stranieri in categorie sembra di-
pendere pi dalle pratiche operative e organizzative delle istituzioni coin-
volte che dalla condizione oggettiva in cui il minore si trova. Attual-
mente, infatti, lorientamento pare mutato rispetto alla situazione che
emergeva nel corso delle interviste: purtroppo il permesso di soggiorno
per minore et viene rilasciato pi spesso anche ai minori marocchini,
tanto che lutenza delle strutture di accoglienza (cfr. capitolo settimo) e
lutenza dellunit operativa ora prevalentemente composta da ragazzi
marocchini. difficile pensare a una invasione repentina di marocchini
soli (lo confermano anche le associazioni del centro storico), cos come al
fatto che sia scomparsa la famiglia allargata. Anche lipotesi di un pro-
babile tentativo di alcuni ragazzi marocchini di accedere agli ipotetici be-
nefici di accoglienza e di regolarizzazione destinati ai minori non accom-
140 IL MALE MINORE
pagnati piuttosto peregrina, considerate le possibilit offerte. Pi proba-
bilmente si tratta di un diverso atteggiamento delle istituzioni genovesi
(mi riferisco alla ripartizione delle competenze e dei carichi di lavoro nel-
lamministrazione comunale nonch alle posizioni della questura) verso
questi minori: non sono pi considerati accompagnati. Tale atteggia-
mento non ha ancora particolari effetti sul rimpatrio del ragazzo, ma ha
certamente peggiorato le sue condizioni di permanenza. In particolare, le
possibilit di rimanere in Italia sono precluse al compimento dei 18 anni e
con il passaggio dal distretto allunit operativa lassistenza precipita al
mero sostentamento: in sostanza, se non si pu rimpatriare, si pu comun-
que risparmiare.
Ma la posta in gioco non si esaurisce qui: altri aspetti di interesse per il
distretto provengono dai criteri di operativit e dai risvolti applicativi del-
lintervento sui minori stranieri e in particolare dalla collaborazione con il
terzo settore. Tra i progetti predisposti dal distretto, alcuni sono rivolti in
generale allutenza minorile, altri sono invece focalizzati sui minori stra-
nieri. Vediamo brevemente in cosa consistono:
Abbiamo il coordinamento con la rete 501, che un progetto specifico
del centro storico, e che riguarda esclusivamente minori stranieri. Cer-
chiamo di lavorare in questo progetto sulla fascia degli adolescenti che
una fascia che difficilmente si presenta spontaneamente al servizio, mol-
to pi facile raggiungerla attraverso soggetti presenti territorialmente che
non danno immediatamente limpatto del servizio pubblico. [...] Stiamo
lavorando a un altro progetto che speriamo verr alla luce rapidamente, e
che riguarda sempre minori stranieri: lo definisco affido educativo, ma in
senso molto ampio. Selezioneremo persone di nazionalit ad esempio ma-
rocchina cercando, attraverso un percorso di formazione, di farli diventa-
re degli educatori, un po educatori di strada, perch queste persone pos-
sano facilitare il nostro compito nei confronti di familiari di minori in dif-
ficolt. Poi lavoriamo con il Cras (Centro risorse alunni stranieri) e abbia-
mo collaborato alla proposta del progetto di borse di studio per contra-
stare il lavoro nero di minori, la vendita dei fiori in particolare. In settem-
bre ci sar la ripresa del lavoro e vedremo anche come il distretto rientra
in queste attivit. (assistente sociale)
Anche a causa dellalta concentrazione di immigrati (un tempo italiani
e ora stranieri), il centro storico ha sempre sollecitato particolari attenzio-
ni da parte dellopinione pubblica, sia per quanto riguarda il degrado ur-
banistico, sia per le continue richieste di sicurezza
38
. Non stupisce che a
questi luoghi sia rivolta una particolare attenzione nella gestione di ogni
tipo di allarme sociale e che la pressione a cui sono sottoposti gli opera-
tori sia piuttosto forte:
Intanto la priorit di questi servizi rimane il caso, ma soprattutto c una
forte attenzione esterna. Per cui tutto si svolge, e questo devo dire che il
LA BUROCRAZIA DEL MINORE 141
dato meno piacevole, perch non escano rogne, perch non si finisca sui
giornali e non ci siano troppi aspetti di turbolenza rispetto al politico o al
dirigente: questo devo dire che un messaggio che arriva anche diretto
dalla direzione. Noi abbiamo delle richieste dirette dal dirigente, o scritte
o telefoniche, sui casi. E devo dire che in base ai momenti a volte pi pe-
sante e certe volte meno. Devo anche dire che su un territorio come que-
sto, dove la pressione alta, in distretto i colleghi raggiungono dei livelli
di eccellenza (questo un altro termine che detesto, perch sta diventan-
do una moda perch cos ) sulla tenuta. (dirigente comune).
Come abbiamo visto lallarme sicurezza, reso ancora pi forte a parti-
re dai citati scontri in strada del 93 tra gli abitanti del centro storico, ha
consentito la nascita di numerosi progetti e di associazioni impegnate a
gestire le nuove ondate migratorie. Ci tuttavia ha creato non poche
difficolt. A questo proposito sono interessanti i dubbi espressi da uno
degli operatori del distretto intervistati riguardo alla modalit di interven-
to sui minori stranieri:
Quello che vero, soprattutto per i minori stranieri, non per i piccoli, ma
per i preadolescenti e gli adolescenti, che noi per valutare utilizziamo
degli elementi della nostra cultura. Per cui in quellet l un minore va a
scuola, oppure se laspetto scolastico meno prevalente si trovano tutti i
percorsi paralleli: il laboratorio, il centro socio educativo, i corsi di avvia-
mento al lavoro e cos via... Questi sono i nostri percorsi, che trovano an-
che ladesione del minore, per non so dire quanto siano realmente consa-
pevoli. Perch questo anche un modo, se non il modo, attraverso gli im-
put che arrivano a quel minore l, per restare qua. Ci sono tutta una serie
di reti che spesso si sovrappongono, perch vero che ci sono tanti mino-
ri, ma poi ci sono cos tante risorse che gli stessi minori girano, girano in
pi strutture. Allora questo il dubbio che mi pongo, soprattutto nel
campo degli stranieri e soprattutto in centro storico, perch ancora oggi il
fenomeno grosso qua, sulla responsabilit di chi governa e di chi forni-
sce tutte queste autorizzazioni col denaro pubblico sul privato, chi gover-
na questa partita. Certe volte sembra si tratti pi del mantenimento di
equilibri, finanziati pubblicamente, rispetto a determinate associazioni
che sono collocate territorialmente, sulle appartenenze, che non di una ef-
fettiva riflessione sullutilit. Per cui io sono convinta, e lo dico, che ci sia
spreco di danaro pubblico, di risorse educative e di risorse umane, con un
rischio grosso, che si chieda poi al servizio pubblico per eccellenza, che
questo, di mantenerle vive. Quindi di andare a trovare quellutenza con
quelle caratteristiche l che tenga viva quella realt l, ed contrario ai
principi che regolerebbero lintervento su determinati problemi sociali.
Queste perplessit inducono qualche considerazione preliminare sul
ruolo svolto dalle associazioni del terzo settore nella gestione del tema mi-
nori-stranieri. Come abbiamo visto, infatti, la presenza dei migranti ha da
un lato modificato lutenza e dallaltro aumentato il livello di professio-
142 IL MALE MINORE
nalizzazione delle agenzie soprattutto nel centro storico. Il dubbio, ormai
piuttosto fondato, che la nascita e lo sviluppo di queste iniziative abbia-
no determinato la necessit di dare stabilit alle strutture e ai posti di lavo-
ro e che, circolarmente, abbiano finito per amplificare la risonanza dello
stesso problema minori stranieri. Una prima conferma di queste ipotesi
pu essere rintracciata nelle parole della coordinatrice del distretto:
Governare solo quello che la rete nel centro storico per il campo minori-
le a dir poco difficile per la quantit di soggetti, e soprattutto perch la
maggior parte dei soggetti non si parlano tra di loro nel modo pi assolu-
to, pur avendo lo stesso target di utenza, e anche per le collocazioni (ideo-
logiche) di questi stessi soggetti. Per quanto riguarda la 501 ne ho sentito
parlare arrivando in centro storico, ed era un progetto gestito a livello
centrale, a un certo punto stato collocato a livello territoriale, non cono-
sco le motivazioni, non voglio approfondire il perch, e non mi interessa.
Di fatto da un tavolo politico che noi non vediamo e che si rapporta con i
livelli centrali della direzione e quindi immagino con la parte politica,
stato inviato a un tavolo tecnico, qui. Per noi ha significato inizialmente, e
in particolare per me, capire cosa farne. A quel punto ho ragionato in ter-
mini di quei minori che vediamo poco e allora ho pensato: ci potr servi-
re per questa area qua?. Cio per gli stranieri, e quindi per quei minori
che comunque (o per mandato istituzionale e quindi autorit giudiziaria o
per segnalazione dalla scuola, poco per richiesta spontanea) sono un po
posteggiati perch non vengono da noi, perch non ce la facciamo, perch
sono irraggiungibili. Quindi cominciato questo coinvolgimento anche
interno di motivazione mia, ma anche dei colleghi per cercare di trovare
una utenza. Io mi rendo per conto oggi che una cosa che si aggiunta in
un modo esterno, non nata da qui e quindi dalle esigenze territoriali, la
501, per dobbiamo alimentarla. A settembre vedevo i vantaggi di questo
progetto che ha una scadenza precisa, la primavera 2003. Oggi se mi ve-
nisse chiesta lutilit di questo progetto preferirei non rispondere perch
sarebbe negativa. Noi comunque abbiamo fatto questo tentativo, andia-
mo almeno a vedere quei minori l, andiamo a vedere quei minori su cui
non c locchio giusto. stato fatto lelenco, nome e cognome con ledu-
catore di riferimento, stata fatta la scheda di rilevazione congiunta, e al-
lesterno tutto questo piace, per dal punto di vista dellutilizzo pratico
ora lo dico. Si trovato tutto questo sistema che, come ho detto, ha trova-
to ragione di sostegno qui, con questa dimensione di motivazione e di in-
teresse per i colleghi, perch trovare delle risposte per quello minori un
po dimenticati un sollievo. Facendo un confronto con lquipe tecnica
per ci siamo accorti che il 60 per cento dei ragazzi era gi conosciuto dal-
la rete 501. Ci siamo accorti, facendo un incrocio, che quelli nuovi contat-
tati da loro il distretto li conosceva gi e quelli che il distretto assegnava
erano gi conosciuti da loro. Allora qui il problema di comunicazione.
Comunque ci siamo accorti di quelli conosciuti congiuntamente e allora
abbiamo pensato almeno andiamo a migliorare un po.
LA BUROCRAZIA DEL MINORE 143
Il lavoro di questa rete, come si evince anche dal brano proposto, non
inevitabilmente fallimentare, ma rivela in modo esemplare una pratica
molto diffusa: la difficolt sempre pi concreta legata al mantenimento di
un sistema che rischia di auto alimentarsi. Molte iniziative rappresentano
e hanno rappresentato per lungo tempo lunica risposta alle esigenze dei
soggetti deboli, in questo caso dei minori stranieri. Tuttavia assoluta-
mente necessario esaminare queste esperienze con uno spirito critico al fi-
ne di evitare una distribuzione scorretta delle responsabilit, che pure ci
sono, e di attribuire sempre allesterno la gestione distorta di alcuni feno-
meni. Anche il rapporto descritto dagli operatori del distretto con gli enti
di riferimento sembra in realt caratterizzato da luci e ombre. Abbiamo
visto le ombre; mi sembra doveroso riportarne le luci:
Ho un buon rapporto con il terzo settore. Una cosa buona di questo terri-
torio che impari a lavorare con tutti, anche oltre il terzo settore, la vicina
di casa, lamico, questa una grande risorsa. Tutta la gente che lavora qua
e anche il terzo settore a cui facciamo riferimento ha secondo me una
buona base metodologica. Li sento molto vicini come metodologia. An-
che quel terzo settore che lavora con i ragazzi marocchini, che partito
sul piano emergenziale, coinvolgendosi anche molto sul piano emotivo e
che li ha portati ad accogliere al meglio e tutti ora iniziano a mettere dei
paletti e li trovo molto vicini. Per esempio c il discorso della vendita, fi-
no a qualche anno fa li sentivi ancora dire che va bene, che una questio-
ne culturale e cose del genere. Adesso inizi a sentir dire che i bambini che
hanno 10 anni non piace nemmeno a loro che vadano a vendere. [...] Tut-
ti vedevano la frequenza scolastica come qualcosa di necessario e poi ave-
vano tutti un atteggiamento poco scusatorio rispetto alla vendita dei fiori
da parte dei ragazzi, rispetto ai padri che portano su i figli per vendere.
Sulla vendita ci siamo dati dei parametri, la tolleriamo dai 14/15 anni in
su, dipende se accompagnato dai genitori o solo. Ormai un po il mes-
saggio che gira nel centro storico : a scuola la mattina e a vendere al po-
meriggio. accettato da tutti, come accettato che non si fa se sono trop-
po piccoli. (assistente sociale)
Questa collaborazione e lacquisizione di un linguaggio comune non
sembrano invece trovare particolari riscontri nel rapporto con le altre isti-
tuzioni sul territorio: manca infatti un terreno di confronto condiviso su
molti temi tra i quali quello dei minori, a parte sporadiche eccezioni. In li-
nea pi generale sembra quindi trattarsi pi di un problema di raccordo
tra tutti gli enti che ruotano intorno al mondo del minore. Ognuno di
questi soggetti tendenzialmente pi concentrato sulla formulazione di
progetti specifici e sulla specializzazione di competenze che gli garanti-
scano la qualifica di referente, che orientato a rispondere al bisogno
stesso. Questa esasperata complessit a fronte della specificit della rispo-
sta, che rischia di perdere di vista il soggetto, ben sottolineata nel se-
guente brano di intervista:
144 IL MALE MINORE
Per alcuni aspetti non so se interessa a qualcuno se lanziano sta meglio a
casa, o se lhandicappato sta meglio o se il bambino sta meglio. Perch
certe volte mi sembra che lorganizzazione si avviti su se stessa. Tra laltro
io mi sto rendendo conto che su un principio di lavoro di rete, poi noi an-
diamo tanto a mode, ci sono gli stranieri, ci sono gli abusati, i maltrattati.
Ora a Genova ci sono dei dati sullabuso spaventosi, e quindi nascono
formazioni specifiche, agenzie di formazione che vengono foraggiate per
andare a vedere l. Da un lato dico: se la competenza professionale che
aumenta, ben venga; ma questa stessa poi dovrebbe essere accompagnata
da un uso sensato, perch altrimenti guarderemmo tutti i bambini con
quegli occhi l. Allora vedendo i principi sullinfanzia stabiliti dalla Costi-
tuzione( in parte scritto l) come bisogni fondamentali e trasversali, dove
non vai a distinguere le provenienze, vengono riconosciuti dei diritti del-
linfanzia, trasversali per tutti. Con la legge invece si creata una serie di
sovrastrutture educative, professionali, formative, di progettazione, di uf-
fici, laddove il rischio che ci si allontani dallinfanzia. Perch cos com-
plicato il sistema di tenuta in piedi e di governo di queste aree qui, che
davvero non vediamo pi i minori. Dico cos perch questo un rischio
che in certi momenti io vedo anche qua al distretto, ma un po come siste-
ma del servizio, laddove rispetto ai bisogni delle persone si costruito tut-
to un sistema certe volte cos complicato che noi rischiamo di non avere
pi un contatto forte con i minori. Poter tenere un equilibrio tra i casi co-
me persone, ma soprattutto per dare la risposta pi adeguata, l la coe-
renza, ma se noi ci spostiamo troppo sulla progettazione e creiamo dei
meccanismi complicati non siamo pi in grado di vedere la persona e non
vediamo pi neanche come migliorare la metodologia di approccio. Que-
sto ha a che vedere con il concetto di cittadinanza attiva e parlo di tutti,
ciascuno di noi utente di qualcosa, se noi riuscissimo a garantire anche
solo un giusto e approfondito e non contraddittorio livello di informazio-
ne, tante persone potrebbero non avere neanche bisogno di noi perch in
parte si muoverebbero con le loro gambe. Ma anche da questo punto di
vista c una tale frantumazione degli sportelli di informazione, e di infor-
mazione sempre pi specialistica per cui noi stessi non siamo pi in grado
di averla. Tutta larea degli stranieri, le modifiche legislative, le modalit
della questura, dellufficio stranieri, noi non le conosciamo pi. una fa-
tica rincorrere linformazione che diventata cos specialistica per cui
ognuno di noi ne sa un pezzetto. Bisognerebbe creare dei sistemi, almeno
allinterno, di circolazione. (coordinatrice)
Daltra parte, come abbiamo visto nel precedente paragrafo, sembra
invece essere del tutto opposta la tendenza espressa dallente locale, nel
senso di una progressiva rimodulazione degli interventi che garantiscano
livelli differenziati di tutela per livelli differenziati di soggetti e di diritti.
Nella stessa direzione, da un punto di vista pi generale, procede il comi-
tato. Nella relazione semestrale redatta dallIstituto psicanalitico per le ri-
cerche sociali si legge:
LA BUROCRAZIA DEL MINORE 145
Attualmente dinanzi allemergenza posta dallelevato numero di minori
stranieri non accompagnati presenti sul territorio italiano, gli istituti giuri-
dici posti a tutela dei minori, i servizi assistenziali e le autorit competenti
in materia, sembrano non sapere offrire risposte adeguate al problema ed
evidenziano anzi propensioni regressive. Essi operano infatti interventi
che sono miopi e inadeguati alle esigenze di questa nuova utenza, caratte-
rizzandosi per un approccio statico ed omogeneizzante, proprio ci che si
intendeva superare attraverso linnovazione legislativa rappresentata dal
testo unico e dal regolamento concernente i compiti del Comitato per i
minori stranieri. Tale situazione determina una decisa perdita qualitativa
dei livelli di tutela dei minori stranieri, sia una insoddisfazione per la qua-
lit dei risultati degli interventi effettuati. Tanto vero che in un paese co-
me lItalia, il quale nel settore della tutela dei minori vanta una delle legi-
slazioni pi avanzate dEuropa, si utilizzano per i minori stranieri proprio
quegli istituti assistenziali pubblici e privati precedentemente utilizzati
per i minori abbandonati italiani, progressivamente svuotati di tali utenti
dalle politiche di deistituzionalizzazione
39
.
Se quanto scritto nel brano , in una certa misura, condivisibile, al-
tres vero che non pu servire a giustificare (dissimulando lesigenze di
controllo sullimmigrazione) la predisposizione di complesse tecnologie
sociali o la delocalizzazione degli interventi a favore dei minori nel loro
Paese di origine, che in entrambe sono finalizzate a rimodulare la tutela
dei diritti del minore in differenti gradazioni. Probabilmente risultereb-
bero pi che adeguati gli interventi a cui accedono gi gli italiani e che, in
modo progressivo dallentrata in vigore del testo unico sullimmigrazione,
sono sempre meno accessibili (se lo sono mai stati) ai minori stranieri.
proprio quella (t)utela dei minori che vanta una delle legislazioni pi
avanzate dEuropa che viene preclusa dai nuovi orientamenti. Una poli-
tica che, se ricondotta, come suggerisce la coordinatrice, sul piano oriz-
zontale, ovvero sulla garanzia a tutti i soggetti di stessi diritti e stesse op-
portunit, potrebbe orientare i finanziamenti in modo pi mirato verso i
diretti interessati, senza prevedere necessariamente programmi specifici o
ulteriori investimenti.
!"#$%&'(%'#$(%)*$%*'+,$#-$*.%*
Quanto detto finora consente di capire meglio la direzione assunta dal
comune rispetto alla politica precedente. Il nuovo orientamento che sot-
trae il ragazzo non accompagnato alle misure generalmente applicate ai
minori e il ricorso a un articolato apparato di risposte, comportano un
passaggio significativo a un livello del tutto diverso dal precedente. La
maggiore strutturazione dei servizi, come abbiamo visto, non ha determi-
nato un avanzamento nella qualit dellintervento o comunque non ne ha
migliorato lefficacia. A meno che il fine del servizio fosse lesclusione del
146 IL MALE MINORE
minore. Ma questo non era certo lintento degli amministratori locali (al-
meno non di tutti); daltro canto non si pu trascurare che lintera opera-
zione non accompagnati ha, se mai, accresciuto semplicemente la
complessit degli interventi e nei fatti si mostrata davvero poco ri-
spondente a una pi puntuale tutela del minore. In sostanza, come per gli
stranieri in generale, sembra piuttosto che si sia trattato di una burocra-
tizzazione del minore: esso cio servito parafrasando Beck (2000) a
legittimare lapparato amministrativo burocratico costruitogli intorno, e
non solo (si pensi a tutti gli interventi del terzo settore sui minori stranie-
ri). Almeno nella realt presa in esame, questa burocratizzazione sembra
documentata dalle pratiche attuate nei confronti del minore dopo la me-
tamorfosi delle politiche dintervento del comune. Ci probabilmente
potuto accadere proprio perch il minore un soggetto debole rispetto
allistituzione e perch si d sempre per scontato che lintervento viene
comunque eseguito nel suo esclusivo interesse. Abbiamo visto che la sua
totale incapacit di essere titolare di diritti autonomi si manifesta non solo
nellimpossibilit di assumere in prima persona la difesa o laffermazione
dei propri diritti davanti alle autorit, ma anche nel non avere diritto a
unautorit privata o pubblica disposta a tutelare nel concreto i suoi biso-
gni: sto pensando evidentemente alla mancata nomina di un tutore super
partes. Inoltre, nel caso dei minori, assai pi frequente il pericolo che il
tentativo di sviluppare un sistema efficace di politiche sociali possa dar
luogo a una medicalizzazione
40
degli interventi che va troppo spesso a de-
trimento dei loro diritti, soprattutto se stranieri e non accompagnati.
Limpossibilit o lincapacit di tutelarli, che trova una triste conferma
nellinesorabile rimpatrio del minore (anche se eseguito in applicazione di
un provvedimento emesso dal comitato), non cancella in via di principio
la responsabilit per un processo che ha consentito allabbandono di
giungere alle sue estreme conseguenze, anzi talvolta le fornisce ampie giu-
stificazioni. Questo processo di svuotamento della tutela giunto, nel ca-
so in cui il ragazzo si opponga al rimpatrio, a privarlo persino del diritto
al solo sostentamento. Ci ancora pi grave se si considera che non tutti
i minori sono rimpatriabili e che di conseguenza lingabbiamento nella
categoria di minore non accompagnato (ossia titolare di un permesso di
soggiorno per minore et) pu comportare nullaltro che lascrizione tra i
permanentemente temporanei, con un considerevole peggioramento
delle condizioni di vita. Unattenzione particolare anche alle pratiche lo-
cali ci ha permesso di comprendere che la disciplina sui minori non ac-
compagnati ha raggiunto obbiettivi pratici molto pi importanti di quelli
previsti. Ha consentito di neutralizzare il minore straniero attraverso i
diritti generalmente riconosciuti allinfanzia e di conseguenza ha permes-
so di richiudere il varco lasciato aperto nella fortezza Europa dalla legisla-
zione a tutela dei minori. Allo stesso tempo ha permesso di ridurre i dirit-
ti allinterno dei confini nazionali. Detto altrimenti, ha ridefinito non solo
le condizioni di esclusione dei minori stranieri, ma anche quelle di inclu-
LA BUROCRAZIA DEL MINORE 147
sione. Insomma, nel dubbio tra la tutela e lesclusione del minore stranie-
ro ha consentito di scegliere il male minore. Una logica piuttosto diffusa
che ancora una volta chiama in causa loperato del terzo settore.
148 IL MALE MINORE
!"#$%&'& ()(%&
*+,-./0.-12130.42/2
5/62/7-4.082+/-19:-;;2<2:-
Come abbiamo visto nei capitoli precedenti, un ruolo centrale nella
crociata per la salvezza del minore straniero occupato dalla filantropia
moderna: un ruolo che si rivela decisivo soprattutto nel governo
1
del-
limmigrazione minorile direttamente nei luoghi di provenienza. Ma in un
mondo alla rovescia il mandato politico-sociale attribuito ai nuovi filan-
tropi non si ferma ai margini esterni dello stato-nazione, esso prevede
anche quelli interni: ossia la gestione di coloro che riescono a penetrare i
confini.
Il mercato della gestione interna dei confini, soprattutto quando a pe-
netrarli sono i minori, piuttosto florido anche se ad alimentarlo una
filiera di stagno
2
: a Genova, ad esempio, le convenzioni sono limitate e
non obbligatoriamente rinnovabili; lentit economica delle convenzioni
non garantisce la totalit dei costi sostenuti e la sua erogazione soggetta
a frequenti tempi morti; quindi gli unici enti privati che possono permet-
tersi di partecipare alle gare sono le cooperative o comunque gli enti do-
tati di una certa autonomia finanziaria. Molte realt, soprattutto quelle
pi piccole, di conseguenza, si sono dovute adeguare ai tempi, in alcune
occasioni consorziandosi, per resistere in questa difficile economia di so-
pravvivenza
3
. Questo in estrema sintesi il contesto in cui nascono i due
progetti contenitore attuati a Genova per i minori stranieri non accom-
pagnati.
Il primo intervento istituito dal Comune di Genova per rispondere al
fenomeno dei minori non accompagnati il servizio di accompagnamen-
to educativo affidato a una cooperativa convenzionata, che gestiva unat-
tivit nei campi nomadi cittadini. Gli operatori ricordano che, quando
nellestate del 98 lufficio stranieri si trovato di fronte allemergenza dei
numerosi minori albanesi segnalati sul territorio genovese, visti gli stretti
legami con lufficio nomadi, parso piuttosto naturale richiedere la colla-
borazione della stessa cooperativa per gestire il momento di crisi e rispon-
dere alle prime esigenze. Da quel momento lattivit di tale ente va pro-
gressivamente organizzandosi seguendo, e in parte stimolando, il proces-
so che ha contraddistinto listituzione dellunit operativa. Si tratta, in so-
stanza, di una necessaria professionalizzazione e razionalizzazione degli
interventi, ma legittimo pensare che questa operazione sia frutto anche
di precisi orientamenti politici e gestionali. Occorre in primo luogo capire
il perch sia stata stipulata una nuova convenzione con un ente che, fino
ad allora, si era occupato soprattutto di nomadi, quando il comune aveva
gi da tempo convenzioni con molte altre associazioni che si occupavano
di stranieri. Il quesito appare legittimo soprattutto se si considera che tut-
te queste associazioni in seguito andranno a costituire laltro progetto isti-
tuito per i minori stranieri non accompagnati: la rete 501. Gli operatori
affermano che era necessario rispondere a due esigenze distinte. Appren-
diamole dallintervista a un dirigente della segreteria tecnica, vale a dire
lufficio competente per lelaborazione della maggioranza dei progetti fi-
nanziati:
Sono diversi i tempi di attuazione e le esigenze. Stiamo parlando di un bi-
sogno molto concreto che era arrivato al servizio in maniera molto forte
nel primo caso e di un trovare una soluzione immediata nel secondo caso.
Il primo caso (cronologicamente
4
) leducativa stranieri e nomadi che
pi legata alla modalit in cui arrivavano i soggetti: cio rivolta a per-
sone che non riescono ad avere un contesto loro, una propria autonomia,
nel territorio genovese e quindi si legano pi fortemente ai servizi. Con
questi pi forte il lavoro che si deve fare rispetto allemancipazione. [...]
Quindi stato scelto di utilizzare una strategia che era stata utilizzata nei
tre campi nomadi di Genova, dove abbiamo costruito unattivit di tipo
educativo che potesse sostenere soprattutto i giovani verso un manteni-
mento della loro cultura, ma con un superamento delle problematiche che
li vedevano emarginati. Nel caso della 501 stiamo parlando di soggetti
tendenzialmente pi distanti dai servizi o che comunque sono venuti ai
servizi in maniera diversa e che sono allinterno di un sistema che loro
hanno costituito. Questa stata un po la differenza etnica tra albanesi e
marocchini, che vera. [...] La soluzione, nel secondo caso, stata di riu-
nire per la prima volta in un unico progetto, la rete 501, tutte quelle realt
che rischiavano di scomparire e che per anni avevano lavorato e progetta-
to una serie di attivit in maniera articolata e competente. Abbiamo messo
il distretto Pr Molo Maddalena, lufficio stranieri e il sistema della rete
501 come partner allinterno di un progetto complessivo, nel quale non
erano solo loro che erano a disposizione del territorio, ma erano anche gli
uffici a poter richiedere dei progetti complessivi, chiedendo di salvaguar-
dare il plusvalore scaturente dalla costituzione di una rete che quello di
avere una serie di servizi che fossero differenziati.
Diversi, quindi, sono gli utenti, le modalit di lavoro, gli enti che colla-
borano e in fondo le logiche sottese. Pochi sono i settori come questo, nei
150 IL MALE MINORE
quali la collaborazione tra pubblico e privato richiede intuizioni e capa-
cit dei singoli che sappiano andare oltre i semplici accordi formali. I diri-
genti della cooperativa ne sono perfettamente consapevoli: quello propo-
sto per la convenzione sar, infatti, un progetto generale e flessibile, un
pacchetto completo che comprende tutto il servizio di accompagnamento
dellunit operativa. Ecco come lo descrive il suo ideatore:
Io avevo suggerito al tempo ai miei rispettivi referenti: ma perch non fa-
te una convenzione unica che ci permette di lavorare meglio su questi te-
mi? Il lavoro al campo nomadi era programmabile con il territorio e il di-
stretto, ci lavori di pi o di meno ma lo puoi decidere. Mentre il lavoro
con gli stranieri imprevedibile per cui io volevo mettere una valvola di
compensazione per gestire lemergenza dellufficio stranieri, in quel caso
puoi allentare il lavoro al campo nomadi e magari posso farmi vedere un
paio di volte alla settimana e dedicare tutto il lavoro educativo, con le for-
ze disponibili, allaspetto stranieri, poi non so quanto abbiano recepito la
mia indicazione. Di fatto, per quanto riguarda la convenzione, il direttore
dellufficio diventato una persona che conosciamo da dieci anni per via
del lavoro con i nomadi, il quale ormai si occupa esclusivamente di aspet-
ti grossi e politici, una sorta di assessore alla immigrazione sotto lassesso-
rato ecc... che per ha capito che quello che noi gli offriamo : dicci qua-
le il problema e noi ti proponiamo il pacchetto soluzione, non entra
tanto nel merito della cosa sa che pu esserci una risposta efficace.
La formula pattuita prevede un finanziamento annuo che viene redi-
stribuito in base alle ore impiegate nei vari settori di attivit, in modo da
poter concentrare gli sforzi, secondo le esigenze dellufficio (di qui la fles-
sibilit), sul settore che richiede maggiore attenzione. Il servizio nasce for-
temente caratterizzato dalle necessit dellamministrazione: tempi e risor-
se di lavoro sono organizzati secondo il meccanismo della a-domanda-ri-
spondo
5
. Questa impostazione influenzer lintero operato della coope-
rativa e, nel corso del tempo, si svilupper in contrasto con le esigenze dei
minori
6
. Vediamo come uneducatrice del progetto descrive le implicazio-
ni concrete del modello applicato:
La nostra convenzione ha come aspetto primario la flessibilit del servi-
zio, cio il servizio un servizio di frontiera ed un accompagnamento in
questo momento rivolto a questo tipo di utenti, per pi in generale un
servizio di accompagnamento, di appoggio allufficio stranieri. Quindi
pu cambiare di volta in volta in base alle urgenze di questo servizio.
anche vero che ci siamo occupati allinizio dei minori, ma poi gi da poco
dopo il 98 ci siamo iniziati a occupare di donne ex art 18 (fuoriuscita dal-
la prostituzione), di adulti e nuclei. Quella che abbiamo una convenzio-
ne che dovrebbe riuscire a rispondere alle varie richieste che provengono
dallufficio, che possono essere, a parte questi aspetti specifici, anche esi-
genze contingenti. Non che lutenza o le emergenze cambiavano spesso,
erano i limiti di lavoro possibili con queste persone che per cambiavano.
GOVERNARE I MARGINI 151
Quello che si concordava con loperatore del comune era un accompa-
gnamento dei ragazzi nel resto della giornata. Questo viene fatto compati-
bilmente con il resto del lavoro che dobbiamo fare. Perch in un tot di ore
noi gestiamo: tre campi nomadi, le donne, le donne art. 18, gli adulti e i
minori. Noi abbiamo usato una grossa fetta del tempo, per mai poteva-
mo con 38 ore alla settimana fare solo laccompagnamento per i minori.
Non si poteva fare che cos. Se avessimo potuto fare in un altro modo, ad
esempio senza il lavoro con i nomadi, allora saremmo stati con i ragazzi
dalla mattina alla sera, Allora sarebbe stato un altro discorso, in questo
modo qua, con questi limiti, quello che noi ovviamente abbiamo sempre
fatto era laccompagnamento agli uffici e il disbrigo delle pratiche e men-
tre facevamo questo, facevamo anche laccompagnamento educativo e a
volte attivit ricreative.
Queste le competenze, le esigenze e la disponibilit con cui viene
avviato il programma sui minori non accompagnati. Per analizzare il livel-
lo di adesione alle pratiche del comune di questo ente, e degli altri sog-
getti del terzo settore che si sono aggiunti al progetto in corso dopera,
necessario ripercorrere il processo gi descritto precedentemente, per se-
guirne levoluzione e gli effetti che ha prodotto sui minori stranieri. Ma
soprattutto per avere unidea delle pratiche operative dei singoli soggetti
e dellesigua o inesistente autonomia rispetto alla pubblica amministra-
zione.
In un primo momento lattivit degli educatori della cooperativa era
pi che altro dedicata smaltire lemergenza: contenimento dei minori e
smistamento dei casi verso le comunit di accoglienza. Il lavoro educativo,
con lavvio dei progetti di integrazione, era invece svolto dagli operatori
delle comunit con la supervisione delle assistenti sociali. Trascorso il pri-
mo periodo, diventa subito chiaro che i progetti avviati per i ragazzi alba-
nesi sono troppo onerosi per le casse del comune: inizia la necessit di
smaltire le presenze. Dalle interviste fatte con gli educatori emerge un
aspetto decisamente singolare che traspare meno dalle dichiarazioni degli
assistenti sociali: il rimpatrio assistito, fin dalle sue prime applicazioni,
spesso una pratica atta a precludere possibili alternative, una sorta di legit-
timazione dellesonero da ogni responsabilit nei confronti di un soggetto
che, per la legge, sotto la tutela dellamministrazione. In sostanza chi
non si adegua alle decisioni del comune, opponendosi al rimpatrio o tor-
nando dopo il rimpatrio, vedr negato il diritto anche al solo sostentamen-
to. Sul rimpatrio torner pi avanti; comunque interessante vedere subi-
to come si impone questo progressivo svuotamento della tutela, che gli
stessi educatori percepiscono invece ovvio, scontato, insomma normale:
In autunno erano iniziati dei rimpatri. Questo perch per un periodo luf-
ficio aveva fatto delle convenzioni con delle trattorie, tipo da Maria
7
e,
dopo il Massoero, aveva iniziato a collocare i minori negli alberghi di Ge-
nova, quindi sono stati spesi tanti soldi e a un certo punto questi soldi non
152 IL MALE MINORE
cerano pi e quindi i ragazzi non potevano essere pi seguiti. Alcuni di
loro avevano avuto dei problemi, quindi alcuni ragazzi sono stati rimpa-
triati, ma dopo qualche giorno li avevano presi di nuovo a Genova. Ovvia-
mente quando tornavano non venivano pi seguiti n da noi n dal comu-
ne, cio leffetto di questi rimpatri era legato al fatto che lufficio non se
ne occupava pi, non aveva pi questo investimento, questa spesa sulle
spalle. (educatore)
Dopo un periodo di stabilizzazione caratterizzato dai rimpatri e dal-
lintegrazione, o di clandestinit forzosa dei minori rimasti, nuovi arrivi di
ragazzi albanesi (che culmineranno nel 2000), costringono il comune ad
estendere le convenzioni ad altre comunit. La prima struttura di emer-
genza nata in questoccasione viene data in gestione alla cooperativa che
svolgeva lattivit di accompagnamento educativo: ci ha esteso le compe-
tenze degli educatori allintera presa in carico del ragazzo. Inizia la ge-
stione diretta di tutti i minori e il livello di accoglienza subisce qualche
leggera modifica pur garantendo le stesse opportunit. Tuttavia di l a po-
co lorientamento sarebbe mutato nuovamente. Ecco come descrive il
proprio lavoro, prima del cambiamento, loperatore di una delle comu-
nit convenzionate:
Ti posso fare una storia tipo. Quello che ho trovato quando sono venuta
qua era una comunit di tipo familiare, dove il ragazzo rimaneva tutta la
giornata come in una grande famiglia allargata ed erano ragazzi piuttosto
sereni che facevano un percorso di inserimento tranquillo, cio avevano il
permesso di soggiorno per affidamento e tutti andavano a scuola, quelli
pi piccoli si tendeva ad inserirli nelle scuole normali e i pi grandi nel la-
boratorio di avviamento al lavoro. Vivevano qua, mangiavano qua, faceva-
no una vita normale e cera coinvolgimento anche da parte nostra in varie
attivit, fino a che venivano inseriti al lavoro. Noi abbiamo fatto delle sta-
tistiche e abbiamo avuto una buona percentuale di ragazzi che hanno tro-
vato lavoro, come panettieri, pizzaioli, muratori comunque con un buon
livello di assunzione e i ragazzi erano comunque riconoscenti verso la
struttura per il lavoro che avevamo fatto.
Con la circolare dellaprile 2001 liter dellassistenza viene stravolto e
subisce il riassetto al quale abbiamo accennato nel paragrafo dedicato al-
lunit operativa. Ora, il passaggio alle nuove pratiche di accoglienza non
viene gestito in modo pacifico n allinterno dellamministrazione, n tan-
to meno nel rapporto con gli enti e i singoli operatori. Innanzitutto, si
rende necessario un riassetto nellorganizzazione ed opportuno imparti-
re agli educatori le nuove istruzioni:
Quando arrivata questa circolare abbiamo iniziato a lavorare in un altro
modo, prima abbiamo fatto una riunione con *** in cui ci hanno dato i
nuovi indirizzi, dicendo che le linee di questo comitato erano orientate
principalmente al rimpatrio. Da questo momento, quindi, tutto quello che
GOVERNARE I MARGINI 153
doveva essere fatto doveva tenere conto di questo probabile rimpatrio,
senza dare false speranze ai ragazzi, senza creare con loro dei rapporti
troppo stretti. Questo perch si pensava che entro novanta giorni i ragazzi
sarebbero stati rimpatriati. Allinizio c stato uno stupore generale, era
ancora il periodo in cui i ragazzi venivano collocati in albergo, quelli che
non stavano nelle strutture. (educatore)
Chiariti i nuovi orientamenti, il comune inizia dotarsi di strutture ad
hoc per ospitare i minori in attesa di rimpatrio, ribaltando le politiche
adottate fino a quel momento. Questo passaggio sarebbe stato impossibi-
le se le strutture di accoglienza e gli educatori della cooperativa si fossero
opposti a una riduzione cos significativa dei servizi offerti. Ma non sta-
to cos: alcune strutture, probabilmente per non pregiudicare le conven-
zioni, accettano di modificare i loro accordi con il comune, soprattutto
quelli finanziari, e di conseguenza rivedono anche il loro standard di ac-
coglienza, riducendolo drasticamente; altre vengono invece istituite ex
novo con questi parametri aggiornati. La giustificazione che gli opera-
tori propongono con qualche perplessit che comunque doveva trattar-
si di un breve periodo e pertanto potevano essere sufficienti i livelli mini-
mi di assistenza. Ecco due esempi; il primo descrive i cambiamenti delle
convenzioni, il secondo listituzione di una nuova comunit:
Fino ad un anno fa, la struttura era sempre aperta e gli operatori erano
sempre a disposizione dei ragazzi per accompagnarli ovunque. Poi sono
arrivate nuove direttive e si sono aperte nuove strutture, abbiamo dovuto
trasformarci perch queste strutture sono a bassissima soglia: un letto per
dormire e una cena se va bene. Cos anche noi abbiamo dovuto cambiare
struttura, perch non ci stavamo pi con i finanziamenti. Abbiamo dovu-
to calare la nostra offerta e abbiamo dovuto ridurci ad una struttura a bas-
sa soglia. Considera che noi siamo comunque di matrice cattolica e abbia-
mo sempre avuto degli aiuti dai ***, per purtroppo nonostante questi
aiuti superavamo il budget e la cooperativa ci rimetteva, quindi ha dovuto
ridimensionarsi. [...] Noi abbiamo una quota fissa annuale e dobbiamo
gestirci noi per tutti i bisogni dei ragazzi, alla fine eravamo sotto e abbia-
mo chiesto al comune di darci una mano. Ma invece di darci un aiuto
maggiore ha proposto di mantenere quel budget e tagliare il servizio ai ra-
gazzi: cio il pranzo e le ore degli operatori e fare in modo di tenere chiu-
sa la struttura dalle nove di mattina alle diciannove di sera. Cos siamo di-
ventati una struttura a bassa soglia. Da un anno e qualche mese offriamo:
alle diciannove lingresso in comunit, la cena alle diciannove e trenta, poi
i ragazzi guardano la televisione e alle ventidue e trenta vanno a dormire,
la sveglia alle otto, fanno colazione abbondante perch devono reggere
tutta la giornata fuori, alle nove escono e sono fuori tutto il giorno. (edu-
catore comunit)
Una parte del lavoro lho anche svolta in una comunit, in realt non
neanche una comunit, ma un dormitorio, brutto termine per io ho sen-
154 IL MALE MINORE
tito la necessit di specificarlo, perch non veniva dato altro che un posto
letto. Era nato da unesigenza che, secondo me, per quanto potesse dare
poco, era meglio di quello che cera. I ragazzi prima venivano inseriti negli
alberghi del Centro storico o di Sampierdarena, che sono alberghi terribi-
li, con prostitute ad ore, i ragazzi non venivano minimamente seguiti, en-
travano e uscivano quando volevano, questo era peggio. Quindi per risol-
vere questa situazione si pensato al dormitorio, soldi ce ne erano pochi,
quindi pi di un dormitorio non si poteva, la convenzione era di 50 mila
lire. Lo stesso che si pagava per gli alberghi, quindi anche facendoci i con-
ti per farci uscire il pranzo o la cena, non era possibile. Cos nata lidea
del dormitorio, almeno tutte le sere cera un educatore, non uno profes-
sionale, per capace di tenere i ragazzi. Il posto non era particolarmente
accogliente, erano tre stanzette in una struttura molto grossa, dove vengo-
no fatte accoglienze di grandi gruppi tipo scout. (educatore comunit)
Anche lattivit di accompagnamento svolta dalla cooperativa subisce
alcune modifiche in seguito alle nuove linee. Gli educatori e gli stessi assi-
stenti sociali sono spaesati dal cambiamento perch allinizio era davve-
ro difficile capire cosa si potesse dare o non dare ai nuovi arrivati. Se la
vita per i ragazzi arrivati prima del 2001, ormai affidati ai servizi, diven-
ta pi difficile e soggetta a una forte contrattualit (ti comporti bene o te
ne vai come gli altri), per i nuovi arrivati si tratta della negazione di
ogni diritto alla tutela.
Cosa dovevamo fargli fare? stato difficile capirlo: una cosa era troppo,
una era troppo poco. Andare in piscina era troppo. Lindicazione era che
non potevi fare cose formative, attivit s ma non troppo belle perch an-
davano in contrasto con la linea. Perch se non gli davi neanche due lire
per un panino e li facevi andare alla mensa con i barboni, poi come facevi
a portarli alla corsia preferenziale della piscina? Fa un po ridere, magari
ai ragazzi avrebbe fatto bene lo stesso, ma per dire non vengono dati
neanche i contributi per comprare le medicine e gli dai la piscina? O li
porti al mare? Insomma con la nuova politica gli viene garantito il posto
letto e il cibo. Allinizio avevano davvero molti problemi, poi a poco a po-
co *** ha iniziato a dare la cena e lo ha fatto anche *** con la mensa sera-
le e poi i ragazzi si fanno una mega colazione, saltano il pranzo e mangia-
no di nuovo a cena. Poi laltra cosa che potevano fare la scuola, ovvero
lobbligo formativo. La scuola ok potevano avere questo impegno e
nientaltro. (educatore)
Ci che spettava ai minori era, in una triste corrispondenza etimologi-
ca, davvero il minimo; tutto quello che stato offerto in pi dipeso da
un impegno aggiuntivo degli educatori. Persino il diritto alla salute sta-
to disatteso per un periodo. Si pensava fosse superfluo richiedere un li-
bretto sanitario per ragazzi che dovevano rimanere per un periodo non
superiore a tre mesi. Gli operatori della cooperativa hanno avuto grosse
difficolt anche nella fase del rilascio: alcuni raccontano di essere dovuti
GOVERNARE I MARGINI 155
andare alla Asl con la legge in mano per dimostrare che lente era ob-
bligato a rilasciarlo. Cos, in un primo momento, i minori hanno usufrui-
to solo delle cure durgenza presso il Pronto soccorso. Anche quando gli
operatori sono riusciti ad ottenere il tesserino sanitario, tuttavia la situa-
zione non migliorata in modo sensibile perch il comune non erogava i
contributi per tutte le cure sanitarie, ma solo per quelle che reputava
prioritarie. Insomma, i ragazzi potevano contare solo sui medici messi a
disposizione dalle associazioni di volontariato. Ancora una volta, la bre-
vit del periodo di permanenza causa e alibi per lattenuazione dei dirit-
ti: viene istituita una sorta di quarantena sociale, che in alcuni casi
durata pi di un anno.
Il giro di vite non lascia insensibili gli operatori, che accettano malvo-
lentieri il nuovo sistema di accoglienza. Le prassi di lavoro introdotte han-
no notevoli ripercussioni sulla motivazione professionale ed emotiva degli
stessi educatori. Infatti, la difficolt nellaccettare i limiti imposti dalle
nuove indicazioni ha indotto alcuni operatori e alcune strutture a com-
portarsi in modo difforme rispetto alle indicazioni ricevute. Insomma, le
scelte dellunit operativa hanno determinato notevoli ostacoli nella ge-
stione dei rapporti, non solo con i minori, ma anche tra gli operatori e
lente locale.
Nel primo caso, sono soprattutto le strutture che si erano attenute alle
linee ad avere problemi; in particolare, come raccontano gli operatori,
stato difficile spiegare ai ragazzi che le cose erano cambiate, far capire lo-
ro che non cerano pi possibilit dinserimento e che presto sarebbero
dovuti tornare a casa: questi smettono di partecipare anche alle poche at-
tivit disponibili. Il malcontento e le difficolt di lavoro spingono gli ope-
ratori a trovare nuove strade, a cercare di individuare con il comune alcu-
ne soluzioni alla sostanziale perdita di controllo nella gestione dei ragazzi.
I tentativi fatti si rivelano in ogni caso inutili. Ecco cosa racconta un ope-
ratore:
Noi abbiamo espresso lesigenza di una riflessione su questo tema alluffi-
cio stranieri e la necessit di recuperare il rapporto con i ragazzi. Io mi so-
no occupata di fare questo progetto del centro sociale mattutino in colla-
borazione con *** e le varie strutture tipo piscine, biblioteche, enti sporti-
vi e sono riuscita a fare un bel progettino, ma me lhanno bocciato alluffi-
cio stranieri. Me lo hanno bocciato perch si riteneva che si desse troppo
ai ragazzi, che questo non fosse il luna park Italia: vai a spiegare a *** che
questo fondamentale per creare un rapporto col ragazzo, per farsi ascol-
tare, per comunicare, per avere uno scambio: se viene a mancare quello,
viene a mancare tutto. Dopo, tutte le strutture hanno evidenziato questo
problema e se ne parlato agli incontri dquipe presso lufficio stranieri,
e tutti hanno evidenziato lo stesso problema: la mancanza di comunicazio-
ne con il ragazzo. Se manca il legame, lempatia, manca anche la capacit
di farsi ascoltare, il rispetto ecc. Di fronte a questo hanno richiesto ad
ognuno di noi di fare dei progetti per recuperare il rapporto coi ragazzi,
156 IL MALE MINORE
solo che ormai i nostri progetti erano andati. Il centro sociale si aperto,
per con limpossibilit di portare i ragazzi in piscina, di fare animazione
eccessiva rispetto a quello che doveva essere dato. Lassurdo che poi li
iscrivono al centro estivo in cui altri operatori, di altre strutture, non fan-
no altro che portare i ragazzi in piscina, in palestra e via andare. Allora io
dico, e su questo sono molto alterata: ti impediscono durante tutto lanno
di avere un rapporto col ragazzo, di portarlo in piscina, di giocare con lui,
di rapportarti con lui a livello di empatia, e poi lo fai fare ad un altro ente
sconosciuto destate? Questo capita perch comunque lente che ospita il
ragazzo, come noi, dipendente dallufficio stranieri e deve seguire la li-
nea, che quella di non dare oltre tot. Invece le altre strutture, quelle che
organizzano i centri estivi, non hanno questo rapporto con lufficio stra-
nieri, non devono seguire la linea, sono al di fuori e possono fare questo
tipo di cose.
Allo scopo di ristabilire i rapporti interrotti, il comune ha deciso di fi-
nanziare progetti ai ragazzi che, come emerge dal brano precedente, evi-
dentemente non interessavano. Gli educatori, sempre e comunque di-
pendenti dalle scelte del comune, si dichiarano piuttosto perplessi per i
limiti generalmente loro imposti: i ragazzi vengono inseriti in progetti
educativi di enti (i famosi Let) che fino a quel momento non avevano al-
cun rapporto avuto con loro. Insomma un intervento tardivo che non
aiutava certo gli operatori.
Nel secondo caso, cio nel rapporto con gli educatori, lunit operati-
va, nonostante le esigenze concrete manifestate, si limita a mettere a pun-
to uno strumento per dare la linea, ristabilire lordine. Anche a questo
scopo servono i citati incontri con gli operatori che lunit operativa pro-
muove quindicinalmente. Sappiamo che le riunioni di quipe rappresen-
tano, oltre che uno spazio per la discussione dei casi, un momento di indi-
rizzo in cui vengono uniformate le linee e i comportamenti che le struttu-
re devono assumere e il luogo dove gli operatori sollevano i problemi con-
creti incontrati nella pratica quotidiana. Tuttavia queste difficolt non
trovano sempre un effettivo e consono riscontro da parte dellamministra-
zione, ma di sicuro producono supervisioni psicologiche
8
. Vediamo co-
me uneducatrice descrive queste riunioni:
Solo un venerd s e uno no, allufficio stranieri, cincontriamo con gli altri
enti convenzionati che si occupano di assistenza ai minori. Queste riunio-
ni sorgono per perseguire delle linee comuni, deve essere fatto un mani-
festo di linee comuni in cui si definisce cosa le strutture dovrebbero of-
frire, come devono essere le regole, i percorsi da seguire, con un sistema
pi allineato possibile. E poi un momento anche di confronto tra le pro-
blematiche comuni, tra le esperienze di ognuno. Le relazioni con loro so-
no buone, si parla delle nostre problematiche. Ogni tanto c una psicolo-
ga che viene a fare supervisione e a dare un po delle direttive: ci ha detto
come dovrebbe essere la presa in carico e ci ha chiesto come la viviamo, e
alla fine ci ha detto quali erano i punti focali sui quali dovevamo concen-
GOVERNARE I MARGINI 157
trarsi. Ci chiedeva: che cos la presa in carico per te? Ognuno di noi ti-
rava fuori una serie di parole: accoglienza, assistenza, permesso di sog-
giorno, difficolt, disagio, tutto quello che ti passa per la mente. Lei cer-
chiava tutte le parole e i concetti tra loro affini, alla fine venivano fuori le
cose su cui, come gruppo, dovevi pi lavorare, cio ti suddivideva il tuo
programma di lavoro. Le cose pi importanti erano la necessit di una re-
lazione con i ragazzi, di tempi pi veloci, le difficolt che si trovano nella
burocrazia. In realt le risposte alle nostre domande per risolvere la ge-
stione dei ragazzi non arrivano e queste supervisioni sinceramente non mi
sembra che servano a molto, io speravo in qualcosa di diverso. Quello che
ha sottolineato molto questa supervisionatrice, che noi non avevamo
punti di riferimento su cui parlare e alla fine non arrivavamo mai alle con-
clusioni. Lei riteneva che ci doveva essere una figura esterna che faceva da
conduttore perch non ci si disperdesse e che poteva essere lei. In una si-
tuazione di malessere come quella che stiamo vivendo in questo momento
ci sta tutto, anche questa psicologa che conosce lufficio stranieri e loro
lhanno chiamata per fare questo incontro. Secondo alcuni stato impor-
tante secondo altri, come me, abbastanza inutile. Noi ci troviamo sempre
davanti alle problematiche concrete quotidiane e tutto questo parlare non
le risolve. (educatore)
Come accade nei meccanismi di sorveglianza gerarchizzata lopera-
tore, per disciplinare, deve essere per primo disciplinato e, per convince-
re, deve essere innanzitutto convinto. Nonostante le perplessit espresse
dagli educatori nel corso delle interviste, effettivamente, il lavoro svolto
dal privato sociale nel gestire laccoglienza dei minori non accompa-
gnati risulta davvero flessibile (quasi ancillare) alle esigenze del comu-
ne. In definitiva con la sua politica il comune ottiene due risultati signifi-
cativi: innanzitutto lauspicato calo degli arrivi, ottenuto tramite la preca-
rizzazione delle condizioni di vita dei ragazzi, e comunque la riduzione
delle spese. E in secondo luogo il sostanziale assoggettamento delle strut-
ture e degli stessi operatori, che si sentiranno e saranno in concreto sem-
pre meno autonomi: ossia costretti tra i minori da un lato e le istituzioni
dallaltro, in un ruolo non distante dallArlecchino servo di due padroni.
Questa scarsa autonomia, che assume le spoglie del mero controllo, an-
cora pi evidente nel caso dei rimpatri, che a Genova hanno assunto i
tratti di espulsioni malcelate e che vengono eseguite grazie al lavoro non
sempre convinto, ma comunque conforme, degli operatori.
La maggior parte delle attivit dirette al rimpatrio anche in Italia ge-
stita in concreto dagli operatori del terzo settore che, insieme agli assi-
stenti sociali, preparano il ragazzo al rientro in patria, lo aiutano a gestire
la notizia e in genere fanno opera di convinzione; non di rado, collabo-
rando attivamente alleffettivit del rimpatrio. Tanto per riprendere il di-
scorso lasciato nel capitolo precedente, di solito loperatore della strut-
tura che d comunicazione al ragazzo del provvedimento del comitato, a
volte prima che sia fissata la data di partenza; da questo momento inizia il
158 IL MALE MINORE
lavoro in collaborazione con gli assistenti sociali del comune. Durante il
colloquio propedeutico al rimpatrio il ragazzo viene informato anche sul-
la possibilit di fare ricorso contro il provvedimento di rimpatrio. Con-
cluso il colloquio, in cui loperatore si limita a svolgere unattivit di me-
diazione sostenendo lassistente sociale nel suo compito esplicativo, il mi-
nore torna in comunit con loperatore e da l prosegue un confronto pi
personale con il ragazzo, una sorta dintreccio tra ascolto, promozione del
rimpatrio e sostegno amicale. Vediamo un esempio tratto dallesperienza
di un educatore:
Qui in struttura il colloquio inizia con la parte personale che tutte e tre le
volte stata molto pesante perch stata vista come sconfitta personale,
come offesa, come vergogna. Quindi si parte da un no iniziale, da un
tanto qui non c niente da fare meglio tornare, quindi torno; altri in-
vece pensano al ricorso. Io parlo del rimpatrio e cerco di convincere il ra-
gazzo prima che sia comunicata la data, dopo non spetta pi a me. Nel
colloquio si affronta la situazione attuale, le loro prospettive, si cerca di
capire e si ragiona sul perch sono venuti qua, come sono venuti qua, che
cosa stanno facendo qua, cosa vogliono fare e il loro futuro come lo vedo-
no. Poi se ci sono delle reali motivazioni per stare qua si cerca di vedere
che possibilit ci sono, altrimenti si dice meglio che torni a casa. Io sono
tendenzialmente sempre piuttosto favorevole al rimpatrio a meno che non
ci siano condizioni di violenza in famiglia o nel paese o problemi econo-
mici grossissimi. Di solito si arrabbiano e mi dicono: voi italiani siete tut-
ti uguali e magari alla prima volta mi mandano al quel paese e poi maga-
ri dopo due giorni vengo richiamato per riparlarne. Logicamente il dire al
ragazzo per me meglio che te ne torni a casa non facile, difficile. Mol-
te altre strutture non dicono niente, anzi, non parlano proprio del rimpatrio.
Da noi invece se ne parla comunque, anche perch sono i ragazzi che te lo
chiedono, e quindi inutile fare finta di nulla. La prima cosa che ti chie-
dono del rimpatrio. Noi cerchiamo di fare capire che noi non centriamo
niente con il soggiorno, che il Comune di Genova centra molto poco e
che invece centra il comitato. Loro spesso non ci credono e spesso biso-
gna tornare due o tre volte sullargomento e poi per alla fine capiscono
chi effettivamente competente. [...] Comunque io cerco di evidenziare
che cosa non hanno qui oggi e che cosa potrebbero avere nel loro Paese,
gli dico che qui non hanno grandi possibilit di stabilizzarsi concretamen-
te, che non possono ottenere un lavoro, e che non possono finire la scuo-
la. Questo prima che arrivi il rimpatrio. Mentre quando arriva il rimpatrio
noi non interveniamo pi per scelta nella decisione di tornare o meno: ci
limitiamo ad ascoltarli in un momento di crisi, mai in quel momento gli
dico vai o non vai.
La precisazione dellintervistato sul rimpatrio ha un significato impli-
cito: loperatore prende le distanze da altre strutture che invece hanno
avuto un ruolo diretto nel rimpatrio, nascondendo la data di partenza e
accompagnando con linganno, i minori in questura. Questa pratica, in
GOVERNARE I MARGINI 159
assenza di regole precise, stata seguita per i primi rimpatri, con la colla-
borazione un po imbarazzata degli operatori. Ci non stupisce, visto che
alcuni di loro sono persino convinti che sia illegale aiutare un minore con
un dispositivo di rimpatrio pendente sulla testa. A questo proposito va
precisato che se una pratica illegale in atto, certo non riguarda la manca-
ta collaborazione al rimpatrio, quandanche disposto per-il-loro-bene. Pi
di qualunque commento, in questo caso credo che siano eloquenti le pa-
role dei diretti interessati, a cui lascio un ampio spazio:
stato un lavoro che a noi come educatori ci ha sfinito. Io mi ricordo un
episodio che mi ha molto segnato, quello di uniscrizione a una scuola edi-
le di un ragazzo di 16 anni, per non fargli capire che sarebbe stato rimpa-
triato. Il ragazzo veniva rimpatriato dopo due giorni, io sapevo gi che sa-
rebbe stato rimpatriato ma sono andato con lui a fare liscrizione. Perch
era stata decisa questa modalit, per cui il ragazzo sarebbe comunque sta-
to iscritto e poi sarebbe stato rimpatriato. Questo stato il secondo rim-
patrio, quindi le modalit non erano chiare, non c stato un modello scel-
to e condiviso fin dallinizio, ogni rimpatrio era un esperimento. Prima si
aveva paura che i ragazzi scappassero e quindi si nascondeva. Poi non si
capiva chi doveva farlo, se dovevamo esserci noi presenti, se doveva farlo
la questura con lufficio stranieri, tutte cose che sono successe un po ran-
dom onestamente. (educatore).
Uno dei primi rimpatri che abbiamo vissuto sulla nostra pelle quello di
*** che avvenuto dopo quello di quel ragazzo affidato (anchesso rimpa-
triato nonostante il provvedimento e il conseguente permesso di soggior-
no per affidamento). Questo un caso particolare: il ragazzo, quando
arrivato da noi, era stato segnalato dalla polizia perch risultava frequen-
tare un tipo molto losco che cera a Caricamento, il quale pare girasse film
con minori. Era accusato di pedofilia, per cui risultava che il ragazzo fa-
cesse i tipici percorsi dei ragazzini che erano sotto il giogo di questo qui.
Ne abbiamo parlato con lui che ha negato tutto, per si era capito che
probabilmente era dentro questo giro. Quando poi arrivato il provvedi-
mento di rimpatrio in cui risultava che i genitori chiedevano che il ra-
gazzo tornasse, perch era partito contro la loro volont non stato det-
to al ragazzo per paura che lui scappasse. Su richiesta dellufficio stranieri,
abbiamo detto che doveva presentarsi in questura per unanomalia nel
permesso di soggiorno. Io ho accettato di farlo: primo perch il ragazzo
frequentava dei giri brutti e secondo perch risultava che dallIcs avreb-
bero dato dei fondi alla famiglia e che lo avrebbero aiutato a seguire dei
corsi etc. Noi abbiamo discusso molto su come agire e abbiamo deciso di
aderire alla richiesta dellufficio stranieri, pensando che il ragazzo sarebbe
scappato e si sarebbe trovato da solo in mezzo alla strada in compagnia di
quel tipo losco. La mattina lui esce e io gli preparo la valigia, lui va in que-
stura e gli dicono che deve partire, lui comincia a piangere e urlare e fare
scene terribili, gli hanno estorto il permesso di soggiorno con la forza giran-
dogli il braccio dietro la schiena, alla fine con le buone si calmato ed sali-
160 IL MALE MINORE
to sullaereo con le sue gambe. stata una coercizione chiara. Noi ci siamo
espressi negativamente su questo modo di agire. Il nostro coordinatore ha
detto allufficio stranieri che era lultima volta che si prestava ad una cosa
del genere, perch non era un poliziotto e non voleva agire nel sottobo-
sco. Io queste cose le ho dette anche alla ***, che ha detto che anche lei
non voleva pi che succedessero queste cose. Invece nei casi successivi di
rimpatrio cambiato sistema, si deciso di seguire il percorso di rimpa-
trio con il ragazzo di affiancarlo e spiegare che non gli conveniva scappa-
re. (educatore comunit)
davvero difficile che una pratica coercitiva possa essere applicata
nel bene del minore: lo conferma il fatto che stata modificata ( stato
deciso da tutte le comunit di non fare pi le cose di nascosto), sebbene
un alleggerimento della violenza non implichi minor coercizione. Gli ope-
ratori hanno, effettivamente, scelto di non collaborare ai rimpatri coatti,
di informare i ragazzi dellimminente rimpatrio, di dare loro la possibilit
di sottrarvisi, cosa che puntualmente accaduta: alcuni, appena saputo
del provvedimento, si sono dati alla fuga. Tuttavia in molti casi uno scam-
bio di informazioni tra operatori ha permesso di rintracciare i fuggitivi
e di convincerli a farsi rimpatriare. Un tentativo per superare limpasse sui
rimpatri stato quello di assumere informazioni in merito ai progetti e al-
le opportunit offerte in Albania: in concreto tale tentativo consistito in
un incontro/dibattito con gli operatori dellIcs nel corso del quale stato
presentato un video
9
. A questo proposito necessario aprire una parente-
si: liniziativa descritta fa parte di una strategia promozionale dellIcs, at-
tuata in seguito a unindagine sulle difficolt nella esecuzione dei rimpa-
tri. Come abbiamo visto nel capitolo terzo, oltre ai minori, molto frequen-
temente sono proprio gli operatori delle comunit (e molto pi raramente
gli enti locali) che collaborano poco al rimpatrio. Da qui lesigenza di pro-
muovere una cultura al rientro, negli operatori come nei minori. Ma ve-
diamo cosa dicono gli educatori sulle loro stesse reazioni e soprattutto
sulle reazioni dei minori.
Lidea di confrontarsi con lIcs poteva essere utile, nel senso che i ragazzi
fino ad allora non avevano capito che il 95 per cento di loro sarebbe stato
rimpatriato, e che quel 5 per cento invece sarebbe stato inserito in un di-
scorso di degrado sociale al di l della condizione di straniero. Questo in-
contro ha reso le cose pi chiare, alcuni ragazzi [per avere una possibilit
di regolarizzarsi] hanno iniziato a tirare fuori i genitori, che erano sul
territorio italiano, oppure i parenti, alcuni se ne sono andati e hanno cer-
cato altre strade rispetto alla condizione di minorenne. Per loro il messag-
gio era: sono minorenne, sono pi tutelato il percorso pi semplice per
arrivare ad essere regolare, in realt questo non pi possibile. [...] Lin-
contro con lIcs lo abbiamo voluto per chiarirci le idee sul rimpatrio.
Quindi ci sono stati due incontri, uno con tutte le agenzie che si occupa-
vano di minori stranieri e poi uno con i ragazzi. Lincontro con noi stato
ferocissimo. successo che tutti eravamo un po basiti sulla sorte delle
GOVERNARE I MARGINI 161
persone, l non si era capito bene che lIcs era un organo che collaborava
con il comitato, ma che non era il comitato, si chiarito parlando che era-
no due enti distinti.
Riassumendo, sebbene il rimpatrio coatto sia caduto in disuso, le pra-
tiche applicate rimangono poco ortodosse. In sostanza siamo passati dai
rimpatri fisicamente coercitivi a quelli implicitamente coatti. Il minore
spesso non pu in alcun modo opporsi alla procedura di rimpatrio: non
ha possibilit di autodeterminazione, n tanto meno di difesa, poich
manca un tutore nominato nel suo esclusivo interesse. A Genova, fatto
gi noto, la prassi dei ricorsi ai provvedimenti decisamente rara. Nondi-
meno, anche in presenza di un ricorso o di unopposizione al rimpatrio,
rimane lassurdit dellabbandono: il comune e di conseguenza anche tut-
ta la sua rete di riferimento, come ho pi volte sottolineato, si autoesclu-
dono da ogni dovere di tutela e di assistenza, favorendo, come unica al-
ternativa al rimpatrio coatto, la clandestinit. Riporto di seguito un caso
emblematico: quello di due ragazzi che ho avuto modo di conoscere nel
corso di unosservazione partecipante presso gli uffici del comune. I mi-
nori avevano in pendenza una richiesta di affidamento e tuttavia sono sta-
ti rimpatriati allarrivo del provvedimento (loro non si sono opposti, se
non per vie legali, ma non servito a molto). Questa storia unesemplifi-
cazione di come a Genova il provvedimento di rimpatrio venga inteso da-
gli operatori e sia, di fatto, unespulsione: i ragazzi non hanno scelta, il
rimpatrio un provvedimento inevitabile. Vale la pena ribadire che il per-
messo di soggiorno valido fino al diciottesimo anno di et, che il minore
non pu essere espulso e che il provvedimento di rimpatrio , o dovreb-
be essere, a tutela del minore: dunque in questo caso sarebbe stato suffi-
ciente attendere lesito della decisione del tribunale per i minorenni, la-
sciando ai minori il diritto di essere affidati a un parente.
Di affido ne stato fatto uno, poi c stata la richiesta di due che sono sta-
ti rimpatriati. Aveva fatto la richiesta lo zio, ma mentre le pratiche erano
in corso arrivato il provvedimento di rimpatrio immediato, loro hanno
fatto ricorso ma il provvedimento era immediato e il ricorso non lha bloc-
cato
10
ma pu darsi che rientrino in Italia se avr buon fine, non si sa
mai. Comunque anche se uno affidato pu essere rimpatriato. Loro so-
no arrivati qui dopo tre mesi di comunit di accoglienza e hanno seguito
un percorso scolastico, hanno preso la terza media tutti e due, erano due
ragazzi veramente a posto. Si sono trovati bene a scuola, si sono inseriti e
tutto quanto. Siccome un loro zio stava in Italia, aveva chiesto di prendere
in affidamento i due ragazzi e aveva fatto tutte le pratiche in tribunale per
avviare questo progetto. E cos andata. Ma mentre le pratiche erano in
corso arrivato il provvedimento di rimpatrio per i ragazzi in cui si soste-
neva che la madre aveva richiesto ai servizi sociali internazionali che i ra-
gazzi tornassero a casa. Tutto questo era strafasullo perch la madre aveva
dato lautorizzazione per laffidamento allo zio e tutto questo non torna-
162 IL MALE MINORE
va. stato spiegato ai ragazzi cosa succedeva e in questo caso loro hanno
preso la cosa in maniera molto matura, cio si sono resi conto che qui le
cose non sarebbero state pi come prima, che sarebbero stati una sorta di
clandestini, senza pi il permesso di soggiorno e in una situazione diffici-
le. (educatore comunit)
Ovviamente non tutti ignorano la scorrettezza di questa pratica o la
approvano tout court, tuttavia vi si adeguano come se fosse impossibile di-
scostarsene, come un dato di fatto, come un qualcosa di naturale. Tuttavia
proprio in questa involontariet e indifferenza che trova terreno fertile la
possibilit di pregiudicare il destino sociale del minore straniero. Latteg-
giamento delle strutture di accoglienza ha effetti davvero perversi se si
pensa che secondo la legge 183/84, quella sullaffido per intenderci, il rap-
presentante legale di una comunit di tipo familiare o di un istituto ha
poteri tutelari nei confronti del minore fino alla nomina del tutore. Tra
questi poteri una parte della giurisprudenza comprende anche la titolarit
di presentare, in vece del minore, al giudice ordinario un ricorso contro il
provvedimento di rimpatrio emesso dal comitato. Cos hanno fatto i diret-
tori di molte comunit italiane e in alcune occasioni lautorit giudiziaria
ha accolto il loro ricorso, come ad esempio il Tribunale di Firenze
11
. Nel
caso genovese, i direttori delle comunit che hanno ospitato i non ac-
compagnati avrebbero rappresentato una valida alternativa alla mancata
nomina di un tutore per opporsi al rimpatrio e per tutelare gli interessi dei
minori loro affidati. Ovviamente questoccasione non stata colta.
Pur vivendo in modo conflittuale il proprio ruolo, gli operatori aderi-
scono completamente al mandato istituzionale, vale a dire che il loro ope-
rato al servizio dellistituzione, non del minore: non si tratta propria-
mente di unesperienza di cittadinanza attiva e gli spazi di autonomia
sono davvero pochi. In questo caso la collaborazione con le istituzioni
non solo flessibile, ma ha contorni cos labili da rendere la cooperativa
convenzionata quasi un tuttuno con la pubblica amministrazione. Il bra-
no che segue unesemplificazione di quanto gli operatori, accettando,
interiorizzando e riproducendo le regole imposte dallalto, contribuisco-
no a costruire un clandestino, nella migliore delle ipotesi, e a smaltire
un soggetto che invece dovrebbe godere di particolari diritti nellipotesi,
peggiore, del rimpatrio.
I rimpatri conclusi sono stati sei e non conclusi tre. Sul rimpatrio il mino-
re pu fare ricorso, anche se ci sono delle problematiche su chi pu fare il
ricorso. Superando questa problematica il Comune di Genova ha deciso
che tutti coloro che non aderiscono al rimpatrio assistito non vengono pi
seguiti. Quindi una decisione dellamministrazione pubblica: coloro che
non seguono il rimpatrio assistito non vengono pi seguiti anche perch il
rimpatrio assistito se non seguito sfocia nellespulsione. Quindi il minore
che resta, rimane clandestino [perch?] Se la questura gira il rimpatrio as-
sistito in espulsione perch non si presenta in questura e non pi seguito
GOVERNARE I MARGINI 163
e quindi diventa un clandestino pu rientrare nella tipologia dellespulsio-
ne. Perch deve rientrare nel progetto per i minori soli non accompagnati,
se esce da questo progetto di volont, in quel caso esce e rientra nella
clandestinit. Questo lo stabilisce la circolare legata alla Turco-Napolita-
no. Il rimpatrio assistito deve avere la finalit di assistenza del minore al
rimpatrio e a ristabilirsi nel suo paese. Il rimpatrio un obbligo perch il
comitato minori ha individuato, secondo le indagini fatte in madre patria,
che ci sono tutte le condizioni per il rimpatrio e secondo i diritti del fan-
ciullo, il diritto principale del minore di stare con la propria famiglia.
Quindi obbligo dello Stato italiano ricongiungere il minore alla sua fa-
miglia e al suo Paese. Ed un obbligo tanto pi del minore. Che poi sia
una possibilit, nel senso che questo obbligo deve essere accompagnato
da un progetto, in madre patria, di assistenza alla famiglia e al minore,
quello sicuramente. Poi se viene fatto da verificare, perch molti ragazzi
dicono che queste cose in madre patria non vengono fatte, quello anche
vero, per il minore pu fare ricorso. (educatore comunit)
Linterpretazione che loperatore d della circolare non veritiera, o
quantomeno opinabile. Certo lesecuzione del provvedimento rimpatrio
dipende dallorientamento degli enti locali, delle questure e della magi-
stratura e loro la responsabilit. Ma una parola su tutti la dice la legge e
questa non prevede lesistenza di minori clandestini. Va comunque detto
che gli operatori, fuori dalle interviste, hanno dichiarato che, pur renden-
dosi conto della condizione difficile in cui si trovano i ragazzi, in realt
non possono fare nulla, perch la loro vita professionale dipende comple-
tamente dal comune che taglia immediatamente i finanziamenti a chi non
si attiene alle sue direttive: alcuni ritengono pi opportuno un intervento
dallesterno, da parte del forum antirazzista cittadino, che tuttavia in que-
sto momento sembra essere in una situazione di stallo e di difficolt orga-
nizzative. A questo proposito preciso che alcune strutture convenzionate
con il comune sono tra i componenti di quel forum antirazzista a cui vie-
ne richiesto un intervento.
Gli effetti iniqui della simbiosi tra pubblico e privato si rivelano cos
persino paradossali: proprio la politica del comune sfoltimento, bassa
soglia e assenza di progettazione accettata dalle strutture, responsabile
della debolezza di queste ultime. Infatti, venendo a mancare lutenza al-
banese, molte avranno il problema di reperire nuovo materiale umano su
cui lavorare, anche dopo le novit introdotte dalla nuove disciplina sul-
limmigrazione (la legge Bossi-Fini). Per il momento, lutenza albanese
viene di fatto sostituita proprio da quei minori marocchini considerati
accompagnati.
Queste le pratiche volute dal comune e accettate dalle associazioni.
Indubbiamente le politiche nazionali che investono pi sul rientro nei
paesi di origine dei minori stranieri hanno in parte indotto gli enti locali e
le strutture collegate a modificare le proprie caratteristiche; difficile
pensare che le singole amministrazioni potessero farsi carico dei minori
164 IL MALE MINORE
presenti sul loro territorio senza il sostegno del governo e dellUnione Eu-
ropea. Si tratta di una chiara scelta politica sul piano nazionale piuttosto
che di una scarsit di risorse. Nondimeno, pur considerando le difficolt
nella gestione del fenomeno, il comune e di conseguenza le strutture con-
venzionate si sono ben guardati dal trovare soluzioni alternative che ga-
rantissero la tutela del minore, appiattendosi sulle posizioni del comitato.
Inoltre, come spesso emerge dalle interviste, il moltiplicarsi di interventi
concepiti ad hoc per laccoglienza temporanea dei minori ha molto proba-
bilmente impegnato pi fondi di quanti ne sarebbero stati necessari per
sviluppare le politiche di integrazione gi operative. Quello descritto, in-
fatti, non lunico progetto per i minori non accompagnati alimentato
con finanziamenti pubblici. Il secondo, come ho gi anticipato, ha carat-
teristiche molto diverse. Soprattutto diversa, allapparenza, sembra essere
la sua filosofia dintervento. Vediamola.
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La proposta del progetto della rete 501 nasce dallesigenza di garanti-
re una continuit alloperato di alcuni enti che erano sorti o che erano sta-
ti a lungo sostenuti grazie ai fondi ministeriali provenienti dalla legge
216/91. Questa, infatti, assorbita allinterno della successiva legge 285/97,
non era stata pi finanziata. Ci comport un considerevole taglio alle
sovvenzioni di numerose strutture che svolgevano da tempo interventi
nelle aree a rischio della citt a forte concentrazione di immigrati per con-
trastare il permanere di fenomeni di disagio, devianza e criminalit, facil-
mente connessi a cattive prassi, nonch a situazioni di sfruttamento e mal-
trattamento
12
. Vediamo come uno dei protagonisti descrive le premesse
di questa operazione:
La legge stata finanziata lultima volta nel 99. In un colloquio con lallo-
ra ministro Turco, abbiamo chiesto come far andare avanti i nostri inter-
venti e lei ha suggerito, visto che la legge sarebbe forse stata rifinanziata
solo nel 2002 con una connotazione diversa rivolta a minori gi coinvolti
in attivit criminose, di utilizzare nel frattempo i fondi della 285/97 per
portare avanti questi interventi. Infatti il nome 501 non che la somma
dei numeri delle due leggi. Cos si deciso di mettersi in rete con tutti
quegli enti con cui in qualche modo gi si collaborava e dopo una lunga
trattativa con il comune, siamo arrivati a questa determinazione dirigen-
ziale, che in realt copre circa un 60 per cento dei costi che erano coperti
dalla 216. Quindi tutti i progetti sono stati ridimensionati nelle loro inten-
zioni a causa della mancanza di disponibilit di fondi e di fatto si fatta
una sorta di convenzione operativa dal 2001. Il passo indietro soltanto
di carattere quantitativo, a livello qualitativo c una messa in rete pi so-
stanziale e non soltanto teorica, per cui c questa quipe unica. (dirigente
associazione)
GOVERNARE I MARGINI 165
Il progetto si connota cos apertamente, e fin dallorigine, come uno-
perazione di lobby presso lamministrazione comunale in merito allinter-
vento sui minori stranieri del centro storico, in una fase di notevole ridu-
zione dei finanziamenti ai singoli progetti. Gli enti promotori si rivolgono
al comune per trovare una soluzione, che viene individuata nella messa a
punto di un progetto rivolto a unutenza particolare: si parla per lo pi di
marocchini di et compresa fra i sei e i diciotto anni, assidui frequentato-
ri del Centro Storico della citt. Ma non tutto: lutenza attribuita alla
rete almeno sulla carta composta da minori stranieri non accompagnati
presenti sul territorio cittadino. Ecco il contesto in cui nasce il progetto:
Quindi nasce cos [si riferisce alloperazione di lobby], poi successo che
siamo andati a parlarne con il comune e il comune ci ha chiesto di fare un
progetto specifico per i minori stranieri e sui non accompagnati. Poi la ca-
tegoria non accompagnati in realt non esiste pi oggi, di fatto minori
stranieri non accompagnati nel vero senso della parola e quindi senza fa-
miglia in Italia ce ne sono molti meno che nel 93, cio quando sono nati i
progetti sui minori stranieri. Per altro la tipicit dellimmigrazione magre-
bina era quella intorno alla quale si era definita la categoria dei minori
stranieri non accompagnati. Poi quelli dellest, quindi albanesi e kosovari,
per per motivi diversi. Lalbanese e il kosovaro a Genova sono arrivati,
perch Genova nota in Italia per una grande tolleranza rispetto ai per-
corsi di accoglienza ed un laboratorio su questo a livello nazionale. [...]
Mentre il fenomeno di grande difficolt, sul quale si tentava di intervenire
a Genova, era quello dellimmigrazione magrebina che stata pesantissi-
ma: di difficile integrazione rispetto agli altri fenomeni migratori e poi
siccome si concentrata in una zona della citt comunque difficoltosa di
per s, ha generato una criticit che facilmente viene visto come lunico
elemento di criticit del centro storico, dicono: ci sono una valanga di
stranieri nel centro storico. Quindi il comune che cosa ha fatto, ha chie-
sto di fare un progetto specifico sui minori stranieri non accompagnati nel
centro storico, con prevalente attenzione i minori magrebini e poi ha chie-
sto ad alcuni enti della 501, gli ex gestori dei fondi 216/91, di effettuarlo.
(dirigente associazione)
La scelta dellutenza e in particolare linserimento dei minori stranieri
non accompagnati sebbene, come abbiamo visto nel paragrafo prece-
dente, esistesse un progetto specifico gi operativo in convenzione con
lufficio stranieri del comune sollecita due osservazioni preliminari.
Lapparente sovrapposizione di interventi sembra piuttosto rispondere al-
lesigenza di distribuire linfa vitale a quelle associazioni che gestivano
unutenza scomoda, la quale allimprovviso, a causa del mancato rifinan-
ziamento dei progetti, avrebbe rischiato di trovarsi senza alcun controllo.
Infatti, nonostante la sostanziale similitudine di condizioni, lutenza della
rete fin dallinizio stata, e rimarr, soprattutto magrebina e cio quella
che in pi occasioni abbiamo definito come irrimpatriabile a causa degli
scarsi accordi con i paesi di origine mentre resteranno sotto legida del
166 IL MALE MINORE
progetto collegato allunit operativa quei minori il cui destino gi se-
gnato dal rimpatrio. Dunque, la scelta dellutenza (anche in considerazio-
ne delle opinioni espresse nel brano riportato) sembra confermare lipote-
si che ho fin ora sostenuto della distinzione solo fittizia tra la condizione
dei minori marocchini e quella dei minori albanesi.
Ma torniamo al progetto proposto. La sua mission
13
per rispondere al-
le esigenze dellutenza individuata era quella di sviluppare nei quartieri
disagiati della citt di Genova, innanzitutto nel Centro Storico, azioni po-
sitive per la diffusione di opportunit educative, attraverso unaccoglien-
za qualificata, attivit educative e formative, azioni dinserimento nel
mondo del lavoro, con interventi mirati sul singolo, sul gruppo destruttu-
rato, sulla gang, su gruppi strutturati afferenti a strutture daccoglienza
residenziali e diurne
14
. Un aspetto non secondario del progetto era quel-
lo di realizzare buone prassi, un modello di intervento sui processi di
crescita dei minori stranieri in condizioni di disagio che potesse poi esse-
re riprodotto e sperimentato in altri quartieri genovesi nonch in altre
aree metropolitane. Tuttavia, laspetto pi innovativo, quello che giustifi-
cava la particolarit del finanziamento, doveva essere la possibilit di
prendere in carico insieme allamministrazione quei minori che sfuggo-
no alle istituzioni spontaneamente o a causa dellimpossibilit dei servizi
di assumere qualsiasi funzione di controllo.
Lattivit nel primo progetto finanziato organizzata in due percorsi
in parte paralleli. Uno relativo alla continuit degli interventi gi presenti
sul territorio (quelli finanziati dalla 216/91, per intenderci); laltro, speri-
mentale, per il quale ogni organismo della rete mette a disposizione risor-
se umane ed economiche da convogliare nel nucleo di coordinamento.
Questultimo avrebbe avuto tra gli altri compiti quello di predisporre
progetti di presa in carico personalizzati su un certo numero di minori
allanno. A un gruppo di coordinamento spetta altres un compito di
gestione del progetto di rete attraverso la promozione del collegamento
fra le varie attivit degli enti, per rendere pi facilmente accessibile allu-
tenza le diverse opportunit messe in campo. La struttura organizzativa
della rete rispecchia i livelli in cui si divide lattivit e infatti prevede un
gruppo tecnico operativo e uno progettuale culturale. Il primo, com-
posto da un referente per ogni ente, ha il compito di progettare, coordi-
nare gli interventi e gestire le modalit di connessione tecniche con il co-
mune. Il secondo, anchesso composto da un rappresentante di ogni
realt, svolge funzioni di progettazione e di pianificazione degli interven-
ti, nonch di verifica degli obiettivi e delle modalit educative.
La breve descrizione del progetto stata necessaria per fornire una
base su cui poter confrontare i risvolti che questo progetto ha assunto nel
corso del tempo, nonch i rilevi critici evidenziati dagli stessi membri del-
la rete. In un secondo momento il progetto stato ampliato
15
solo nei
componenti e nei finanziamenti. In risposta alloperazione di lobbying del
cartello di associazioni, lamministrazione comunale infatti aveva inizial-
GOVERNARE I MARGINI 167
mente deciso di individuare alcuni soggetti tra loro che erano beneficiari
dei contributi ex lege 216/91 e finanziare un progetto specifico (la rete
501 appunto), riservando a un secondo momento lingresso nel progetto e
il relativo finanziamento degli altri enti partecipanti al cartello. La secon-
da trance di finanziamento prendeva il nome di progetto 501 bis e nelloc-
casione fu allargata ad altri cinque soggetti
16
. I meccanismi di questope-
razione saranno pi chiari nelle parole dei diretti interessati:
Le altre realt che facevano parte del primo progetto sono state finanziate
con la 501 bis e sono associazioni molto particolari. Una che in realt ha
una prevalenza di bambini (e non di giovani) sud-americani, che svolge
un servizio nella zona di Pr in maniera suppletiva e non sussidiaria a
quella dellente pubblico
17
, che poi il servizio scolastico. Poi restavano
fuori il *** che un centro sociale importante e molto legato alla curia e
quindi importante, sia dal punto di vista dellintervento sociale, sia politi-
camente come riconoscimento. Poi cera il problema di *** che una sor-
ta di nido a tutti gli effetti che risulta come centro di infanzia e risolve un
problema enorme di lista di attesa di minori stranieri negli asili nido, che
diventa un problema a sua volta di gestione della cittadinanza, perch i
bambini stranieri hanno pi punti per arrivare primi in graduatoria: quin-
di per dirla cinicamente sono voti in meno. Quindi *** risolve un proble-
ma e lo fa in modo molto qualificato. Poi cera il circolo di *** che rina-
to attraverso lassegnazione di nuovi locali a fronte di una vertenza istitu-
zionale che viene dal 92, dalle colombiadi, ma senza soldi per gestirlo e
senza capacit di attirare fondi. Infine ***, che insieme alla ***, lunica
associazione che si occupa di minori dellarea penale e che ha una struttu-
ra articolata, alla quale sono venuti meno delle risorse non solo in relazio-
ne ai tagli della amministrazione ma anche per la ristrutturazione dellarea
penale. Allora il comune ha detto: va bene, 700 milioni li do in due anni
alla rete 501 ex 216 e 380 milioni li d alla rete 501 bis che una frangia
della 501, che non era entrata nel primo finanziamento della 216. Quindi
il risultato sono due progetti che sono 501 e 501 bis. Che sono mini inter-
venti tutti diversi tra loro. (dirigente associazione)
Listituzione di una rete di enti, fondata soprattutto sulla necessit di
stabilit del sistema, appare confermata anche dalla cornice istituziona-
le conferita al progetto. Infatti, gli enti componenti il cartello svolgono at-
tivit molto diversificate e solo alcuni operano specificamente sui minori
stranieri. Cos emerge pi chiaramente come la necessit di progettare su
una fascia particolarmente a rischio (i minori non accompagnati) fornisca
lalibi per unoperazione che, seppur meritoria, ha in realt ben altri fini.
Lenfasi posta sul tema dei minori non accompagnati d la possibilit di
trovare una cornice comune al finanziamento di progetti per cui era diffi-
cile trovare un elemento di raccordo. Lopportunit di stringersi intorno
al tema dellimmigrazione minorile quindi dettata pi da esigenze di ge-
stione di un fenomeno, che crea allarme sociale e che grazie a questo tro-
va un suo preferenziale canale dinvestimenti, che sulle reali esigenze dei
168 IL MALE MINORE
soggetti interessati. Ancora una volta, listituzione di un apparato a pre-
valere sui contenuti e sugli interessi dei singoli. In ogni caso molte aporie
che emergono da questoperazione dipendono anche dai limiti imposti ai
finanziamenti dalla stessa legge 285/97: insomma enti del terzo settore e
comune si sono dovuti districare nelle maglie delle indicazioni della legge
per trovare un impianto che rendesse giustificabile la cordata. Vediamo
cosa dice il presidente di una delle associazioni coinvolte nel progetto:
Gi la cornice trovata, quella della immigrazione, un po forzosa, perch
gli enti non avevano una scelta precisa nel campo dellimmigrazione, tran-
ne **** e questo ha gi un po inquinato la linearit del processo e poi la
condizione posta dal comune per la riunione di questa rete era quella di
attuare una piccola costola di sperimentazione, che per il comune, in sol-
doni, doveva essere la presa in carico in senso ampio di dieci-quindici ra-
gazzi. Lindicazione era voi attraverso le risorse della rete potete fare in-
traprendere loro un percorso dintegrazione, educativo e quantaltro.
Questo in qualche maniera vuol dire che la sperimentazione che giustifi-
ca il finanziamento della rete e in effetti c stata una strada di equilibrio
tra attivit istituzionali e attivit sperimentale. Questa la premessa, la re-
te nasce quindi con un equivoco di fondo ovvero che la legge Turco non
doveva servire a finanziare attivit istituzionali gi avviate. Qui invece si
unito un 80 per cento di attivit istituzionale e un 20 per cento di attivit
sperimentale (se non addirittura un 90 per cento).
La debolezza del progetto risiede proprio nella particolarit delle esi-
genze pratiche a cui il progetto risponde e nella cornice istituzionale che
gli viene attribuita. I rilievi critici che emergono sono molteplici. Innanzi-
tutto, la notevole eterogeneit delle iniziative promosse dalla rete
18
da un
lato pu essere considerata un pregio in quanto fornisce diversificazione
nellapproccio, ma dallaltro ha acuito la tendenza a una certa autorefe-
renzialit dei singoli interventi
19
. Invece di promuovere il progetto di pre-
sa in carico comune gli Enti interessati hanno, con alcune eccezioni, svol-
to esclusivamente la loro attivit istituzionale. Vediamo due esempi di co-
me gli operatori hanno descritto la propria partecipazione al progetto:
Dentro la 501 la nostra parte sempre dedicata a progetti a bassa soglia,
lavatrici, docce, circolo, ecc. Da questanno siamo controllati dal comune,
perch gestisce i fondi della 285/97. Dovrebbe gestire, coordinare... nelle
riunioni per non li abbiamo mai incontrati, non mi ricordo una riunione
con loro. Anzi doveva anche esserci un seguito, perch abbiamo fatto di-
versi incontri con il distretto dove si stabiliva che noi ci prendevamo in ca-
rico un tot di ragazzi e con questi facevamo un percorso a stretto contatto
anche con lufficio stranieri per per adesso non li abbiamo mai visti. Non
partito niente di concreto, noi come singoli soggetti delle associazioni
che compongono la rete abbiamo preso in carico molti ragazzi, perch li
prendiamo in carico praticamente quasi tutti, quelli che sono pi a ri-
schio, e quelli meno a rischio. (educatore)
GOVERNARE I MARGINI 169
Mentre tutti gli altri soggetti della rete continuavano a fare quello per cui
erano partiti in passato, lunica struttura allinterno di questa rete che ave-
va lo spazio pi creativo di creare dei progetti differenti era il *** e nella
fattispecie io come coordinatrice di questa parte della rete. Poi visto che il
progetto della 216 dellanno scorso ci sembrava un progetto comunque
valido per dei bisogni che ancora adesso ci sono (orientamento lavorativo,
scolastico e formativo), abbiamo detto: continuiamo a lavorare in questo
campo, diventiamo orientatori di questi ragazzi qua, non solo nellambito
lavorativo e formativo, ma anche nellambito scolastico, per continuiamo
il lavoro fatto lanno scorso. A settembre abbiamo formulato il contratto
con la scuola edile e riscritto alcuni ragazzini allinterno di questo corso
che era finito a giugno dellanno scorso. (educatore)
Ma non tutto: una volta ricevuto il finanziamento, la rete nasce mar-
cata dal conflitto della spartizione dei ruoli interni. Ecco cosa afferma
uno dei fondatori della rete:
A un anno dallinizio del percorso riesco a fare alcune riflessioni. Innanzi-
tutto allinterno della rete c stato un certo numero di episodi curiosi ma
sintomatici. In particolare c stato un conflitto tra due enti che erano per
aggiudicarsi il capofilato. Il capofila colui che tiene le relazioni tra gli en-
ti, che indice le riunioni, che riceve e distribuisce i soldi ai vari servizi. La
cosa stata risolta allitaliana, con lattribuzione del capofilato a una e
quella del coordinamento tecnico allaltra. Di fatto, non so se in conse-
guenza di ci, ci sono state un po di lacune sia nel capofilato, sia nel coor-
dinamento tecnico. Il coordinamento della rete ha funzionato (nel senso
di indire le riunioni), la parte del coordinamento tecnico che consisteva
nelloccuparsi della parte sperimentale invece ha fatto acqua. Questo per-
ch cera una scarsa cornice metodologica e in parte anche a causa di at-
triti personali tra i componenti, le tensioni personali hanno reso pi diffi-
cile il concentrarsi sugli obiettivi. Tuttavia la cosa di cui mi rendo assolu-
tamente pi conto quella che, quando si fa un intervento sociale che
vuole essere pi specializzato sulla immigrazione, ci deve essere una con-
divisione a livello culturale e metodologico (per non dire politico), molto
chiarita, altrimenti si usano metodologie diverse, approcci diversi. Questo
entro certi limiti potrebbe essere anche visto come una ricchezza, se poi
c qualcuno che fa una sintesi della diversit, in una situazione come que-
sta in cui non cera nessuno che faceva sintesi, in cui nessuno aveva uni-
dea forte, si sconfinati in una grande confusione.
Lazione degli enti quindi patisce dellassenza di un terreno di rifles-
sione e di una filosofia di intervento comuni sul fenomeno affrontato. A
causa delle note necessit di sostentamento, alcuni enti assumono i tratti
di un Giano bi-fronte: partecipano, cio, con parte delle loro attivit ad
alcuni progetti e con unaltra ad interventi magari di orientamento oppo-
sto. Cos gli enti finiscono per assumere il comportamento di un burocra-
te mertoniano
20
, ritualizzato sui mezzi e sulle supposte sinergie, ma di-
170 IL MALE MINORE
sinteressato o impossibilitato alla condivisione di un modello comune. Un
esempio di questa condivisione dei mezzi e non dei fini la posizione del-
la rete di associazioni rispetto al rimpatrio. Come ho gi accennato, gli en-
ti della 501 si sono manifestati, come collettivo ma non come singoli, net-
tamente contrari ai rimpatri; secondo alcuni operatori questa posizione
cos schierata avrebbe indotto lunit operativa a non avvalersi di questo
progetto. Ebbene, paradossalmente, allinterno della rete sono presenti
enti che collaborano con lunit operativa nella gestione dei rimpatri.
Questo contrasto, rilevato dagli stessi enti della rete, non solo non stato
risolto, ma secondo alcuni intervistati neppure affrontato.
*** per noi stata un problema perch lavorava e collaborava ai rimpatri
con lufficio stranieri e poi era inserita nella rete in cui noi avevamo preso
la posizione che ti ho detto. *** dalla 501 stata finanziata nella sua parte
che riguarda il centro sociale non per la comunit. Quindi tutti hanno
avuto un finanziamento in pi rispetto al lavoro istituzionale gi svolto.
Ad ogni modo, la presenza di *** non stata mai discussa n elaborata, io
ho sollevato la contraddittoriet della situazione ma, come ti ho detto,
non c mai stata la volont condivisa di approfondire queste cose, manca
un patto etico, ognuno si fa i fatti suoi. Questo perch questo maledetto
terzo settore sta veramente capitolando, non ha nessuna identit cultura-
le, nessuna ideologia, e anche quella del mercato un po pochino, per-
ch sono cose che fanno ridere perch fare mercato necessiterebbe di
condizioni professionali decenti e poi comunque manca la scientificit e
competenza. Alla fine il quadro molto semplice, ci sono tre o quattro
elementi che io ho capito molto bene: il primo obiettivo era quello di por-
tarsi a casa dei soldi per unattivit di tipo istituzionale, poi bisognava da-
re un po di visibilit ad alcuni enti, poi che ci fosse qualche padrino po-
litico da una parte rispetto allaltra. Questa unesperienza che non va
buttata, bisognerebbe portarla avanti con maggiore chiarezza e coerenza
rispetto a questi elementi equivoci, non so se c la volont da parte di
tutti i partners di fare questo processo, manifesta s, ma di fatto non mi
sembra che ci sia una serie volont ad andare avanti. (coordinatore asso-
ciazione)
Alla mancanza di un patto etico sul tema oggetto del loro interven-
to, si aggiunge anche una difficolt di coordinamento (era tra gli obiettivi
del progetto) di carattere logistico e operativo tra le varie realt che com-
pongono il progetto. Insomma, la rete 501 ha messo in rete davvero
poco:
Lavorando con questi ragazzi in maniera abbastanza intensiva da due an-
ni, oggettivamente devo dire che gli unici enti con cui mi capitato di la-
vorare in questa rete sono il *** e *** e la comunit di ***. Non sono riu-
scita a contattare nessun altro e ti assicuro che io sono una che cerca op-
portunit continuamente, posso essere tranquillamente definita: una rom-
pipalle. Questo non un indicatore di risultato, ma se non ne ho mai sen-
GOVERNARE I MARGINI 171
tito parlare... E poi li ho cercati con frequenza quasi ossessiva senza mai
trovarli, qualcosa vorr dire, c almeno da chiedersi doverano. Tra lal-
tro, anche luso degli orari discutibile, ad esempio il corso di computer:
erano disposti a erogarlo tra le nove e le dieci di sera. Io ho fatto presente
loro che per proporre un servizio per ragazzi di scuola media non mi sem-
bra un orario consono, non questo il modo di fare degli interventi edu-
cativi. I ragazzi avrebbero bisogno di occuparsi il pomeriggio in attivit e
magari alle nove di sera stare a casa. Immaginare strutturalmente un servi-
zio che copra quegli orari, quando lintento anche quello di salvaguarda-
re i ragazzi dagli incontri che possono fare nelle ore serali, abbastanza
strano. Questo va bene per un ragazzo di sedici anni non di undici-dodici.
[...] Quando ho chiamato i servizi indicati nella rete alcuni non mi hanno
risposto, altri non ne sapevano niente. Io ho chiesto spiegazioni alla coor-
dinatrice e lei mi ha detto che mi aveva risposto la persona sbagliata. Ti
sembra una risposta accettabile? (volontario)
La strutturale e sostanziale difficolt di coordinamento ha reso cos
possibile che il proseguimento dellattivit istituzionale, obiettivo secon-
dario del progetto, diventasse il principale. Come abbiamo visto nella
presentazione del progetto, sebbene fosse riconosciuta lesigenza di dare
continuit alle attivit promosse dai vari enti, la condizione per leroga-
zione del finanziamento era la creazione di un nuovo modello di rete e
di una presa in carico comune, di una buona prassi da esportare. In
questo mondo simili espressioni non implicano sempre una reale volont
di traduzione in pratica dei principi asseriti
21
: laggiramento degli intenti
originari non sembra infatti preoccupare quegli enti che in definitiva si
erano consociati in base a una logica riproduttiva, per cui il minore-
straniero-solo, potenziale deviante, rappresentava esclusivamente un
catalizzatore di risorse, un bacino da cui attingere. Simili considerazio-
ni sono ben sintetizzate nel brano che segue:
Io penso che per molti enti lobiettivo spacciato per essere secondario di
portarsi a casa dei finanziamenti in realt stato lobiettivo principale. Ma
queste cose sono riuscito a sollevarle nel momento in cui mi sono riaffac-
ciato alla finestra, mi erano arrivate un po di notizie e cos ho scoperto
che non cera un lessico comune, un approccio metodologico comune,
che non era stata fatta una riflessione comune sui percorsi di stabilit dei
ragazzi e quindi un percorso qualificante. Ho scoperto che erano stati av-
viati poco i collegamenti con alcuni uffici comunali che sarebbero stati
competenti in materia, tipo lufficio competente in inserimenti lavorativi.
Insomma ho scoperto una situazione in cui ognuno, a parte lattivit isti-
tuzionale, in cui anche nella parte sperimentale ciascuno si faceva un po i
fatti suoi e andava avanti, spinto anche dai buoni sentimenti: ma i buoni
sentimenti non bastano! Poi ho trovato unimmagine esterna che non era
delle migliori, ho trovato la necessit non so quanto condivisa dagli altri
della rete di metterci un po mano. (dirigente associazione)
172 IL MALE MINORE
Una parte degli enti ha comunque sviluppato laspetto progettuale di
presa in carico dei minori soli. Il tentativo di mettere a punto unespe-
rienza innovativa volta allemancipazione dei minori e a favorire lau-
topromozione con il coinvolgimento del territorio, si tuttavia tradotta
nel ricorso a un catalogo di attivit standardizzate, secondo limpostazione
assistenziale piuttosto consueta negli interventi del terzo settore. Ma non
tutto: lofferta di servizi, pi che essere proposta in base al bisogno del-
lutenza, sembra originare dalla disponibilit dei servizi sul territorio.
Anche se poi sono state fatte delle cose buone. Per, per esempio, la cosa
che io ho rilevato, vivendo un po a latere di questa cosa (ho iniziato a oc-
cuparmene nel momento in cui scadeva il progetto sperimentale con sor-
prese non sempre piacevoli), che cera nella presa in carico sperimentale
un atteggiamento pi basato su un approccio culturale e relazionale di
stampo assistenziale, moderno ma con le stesse logiche. Per esempio, si
era stabilito un canale diretto con la scuola edile e questo non mi sembra-
va che fosse frutto di una scelta deliberata, di una riflessione approfondita
come avrebbe dovuto essere; il discorso era un po: la scuola edile non
ha pi nessuno e rischia di chiudere e questi qua non sappiamo cosa fargli
fare allora mettiamoli tutti a fare i muratori. Quindi senza un bilancio di
competenze e di desideri delle persone. Quindi un po limpressione, co-
me mi diceva un ragazzino, che: s, qui ti allungano il piatto, ma dentro il
piatto ci mettono un po quello che vogliono. Questo di per s pu non
essere grave per, mi rendo conto, che questa situazione era troppo fragi-
le (presidente associazione).
In definitiva, la legittimazione delloperato di coloro che agivano se-
condo logiche privatistiche tipiche dellimpresa capitalistica
22
stata
inconsapevolmente avvallata da quelle strutture che hanno supplito al-
limpegno degli enti assenteisti. La necessit dei primi di proteggere se
stessi li ha, infatti, indotti a coprire le disfunzioni delloperato della rete.
Se non bastasse, come rileva unintervistato, lattivit svolta ha anche per-
messo al comune di poter dichiarare un ingente finanziamento a favore
dei minori stranieri non accompagnati, che paradossalmente sono gli uni-
ci a non averne goduto.
la rete stessa che deve operare delle forme di autocontrollo sulloperato
dei vari enti, non si pu scoprire che ci sono dei servizi che non rispondo-
no al telefono negli orari indicati. Questo ha portato a molte riflessioni,
perch lavorare in una rete senza controllare loperato degli altri vuol dire
che con il tuo lavoro rischi di coprire quello che non fanno gli altri. Per-
ch per difendere te stesso rischi di legittimare anche gli altri che non fan-
no, e cos non aiuti di certo i minori. Adesso che sono in fase di rivaluta-
zione sui nuovi finanziamenti ci sono delle riflessioni che creano dei tur-
bamenti. (operatore)
A questo punto, dopo le prime indagini io non sapevo quanto prendeva la
rete, poi scopri andando a una riunione del ***, in cui chiedo delucida-
GOVERNARE I MARGINI 173
zioni su questa cosa, perch il *** parte della rete, che leducatrice del
*** non la coordinatrice, ma che esiste qualcuno pagato per questo e
poi che la rete prende quasi in miliardo. A quel punto ho fatto un salto
sulla sedia, perch con un miliardo io ne voglio di servizi sui minori. Di-
temi che cosa fate, e mi viene risposto di leggere il volantino. Io lo faccio
in modo scrupoloso e inizio a chiamare tutti quanti poi chiedo il bilancio,
i progetti e a questo punto iniziano i casini, anche perch secondo me il
problema di fondo che se il comune sborsa un miliardo per i minori
stranieri, il comune di fatto pu sempre dire di averlo fatto. (volontario)
Come emerge tra le righe di buona parte dei brani riportati e come
molti operatori hanno dichiarato nel corso delle interviste, il sistema che
governa questo settore altamente erosivo anche dei diritti degli stessi la-
voratori. Lattenzione puntata sul terzo settore andrebbe diretta anche in
questa direzione: per reggere la concorrenza o la sola esistenza sul merca-
to, molti enti gestiscono i propri dipendenti o collaboratori in modo piut-
tosto flessibile
23
. Queste considerazioni chiamano in causa un aspetto che
generalmente rimane in ombra nelloperato delle organizzazioni no profit,
e cio il ruolo svolto dagli stessi operatori nella sovra-produzione di pro-
getti. Anche per consolidare la propria posizione lavorativa, e in definiti-
va quella della stessa struttura, gli operatori tendono a proporre progetti
sempre pi specifici la cui utilit non sempre comprensibile, se non in
un gioco di scatole cinesi che fa del progetto lispirazione e la fonte di un
nuovo progetto.
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Nei progetti predisposti a Genova per i minori non accompagnati,
lattivit del terzo settore non pu essere considerata, come generalmente
accade, acriticamente volta allinteresse del minore. Sia nel caso del lavo-
ro svolto dagli enti che operano in convenzione con lunit operativa, sia
in quello pi indipendente della rete 501, linteresse perseguito non
proprio quello del minore. Costretti a sopravvivere nel mercato sociale,
i primi si rivelano soprattutto traduttori di un potere disciplinare e la loro
potenzialit decisionale e gestionale cos minata da produrre un inter-
vento addirittura in contrasto con linteresse del minore. Seguendo il
trend generale, limprenditoria sociale genovese sembra si stia sviluppando
come braccio operativo delle istituzioni o come una sorta di stato om-
bra
24
. Un ruolo del genere, tuttavia, non si limita alla mera operativit
esecutiva: il terzo settore genovese, diffuso capillarmente nella realt ur-
bana, si dimostrato un utile sensore per la rilevazione dei bisogni emer-
genti sul territorio, con esiti non sempre disinteressati. Questo ad esem-
pio il caso della rete 501. Daltra parte, come dicevo, il terzo settore si
muove necessariamente in modo sempre meno indipendente dalle logiche
del mercato, per cui si rende necessario stabilizzare e perpetuare un siste-
174 IL MALE MINORE
ma che offre numerosi posti di lavoro soprattutto ai giovani
25
. Come del
resto non si pu trascurare che esso gestisce con competenza e flessibilit
opportuna temi che lamministrazione pubblica non vuole o non riesce a
gestire. Questo sistema rischia tuttavia di trasformare il terzo settore in un
cane da guardia, che viene affamato da un mercato, dal quale giungono
poche (e quindi contese) briciole. Ci ha come corollario non tanto la
produzione di nuovi bisogni, lestensione impropria del controllo pubbli-
co su presunte nuove categorie di soggetti bisognosi: ad esempio, i ra-
gazzi che non accedono ai servizi. Limpegno in loro favore da parte del-
lamministrazione e, soprattutto, la necessit sociale di vigilare su even-
tuali comportamenti devianti fanno di questi ragazzi una risorsa a cui at-
tingono tutte le associazioni del centro storico.
Ma non tutto: basta allargare lo sguardo per rendersi conto che, co-
me in un gioco di retroscena, questo sistema a sua volta vittima di un al-
tro in cui si muovono enti con giri di affari che nulla hanno a che vedere
con le briciole lasciate allassistenza. Si tratta dellindotto che cresce intor-
no al terzo settore. Un mondo di promotori finanziari, banche etiche, as-
sicurazioni, societ di consulenza per le politiche di found racing, agenzie
di lavoro interinale e molto altro ancora. Per farsi unidea al proposito,
sufficiente visitare il salone nazionale del terzo settore (Civitas
26
), una ve-
trina annuale in cui offerta e domanda si confondono in un caleido-
scopio di proposte che vanno dai fondi di investimento fino allabbiglia-
mento e alle vacanze (equo e solidali, ovviamente). Un settore che conta e
che chiama a raccolta politici e amministratori. Qui pi facile capire che
il bisogno una materia prima che va raffinata e che il minore straniero
rappresenta una delle nuove tendenze nei fondi di investimento.
GOVERNARE I MARGINI 175
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;2002,<.8+,=6.2>,72,52/?,<@2,842
Il minore straniero descritto in queste pagine parafrasando De
Leonardis soprattutto un prodotto istituzionale, il risultato dellinte-
razione cumulativa
1
tra apparati pubblici e privati, e soprattutto del loro
mix improntato al libero mercato. In questo ecosistema un ruolo non me-
no importante ricoperto, vista la peculiarit dellorganizzazione dei ser-
vizi, dai singoli operatori, soprattutto quelli del terzo settore. Li abbiamo
gi incontrati come protagonisti di un sistema che, sempre pi spesso, li
vincola a un mercato del lavoro precario e poco redditizio. Questa preca-
riet tuttavia non si esprime solo nelle condizioni economiche, ma anche
nella loro formazione professionale. Molti operatori raccontano di aver
intrapreso la loro carriera senza una preparazione specifica, perch in Li-
guria la figura professionale delleducatore non ha avuto un iter formativo
professionalizzato per lungo tempo:
Partiamo pi o meno tutti con un percorso di affidi con il comune, perch
la Liguria rispetto a tutte le altre regioni non ha il corso triennale per di-
ventare operatori, di conseguenza la nostra professionalit non ricono-
sciuta come da altre parti. In unaltra citt fai il corso triennale e poi sei
educatore, invece qui il percorso diverso. Si pu iniziare in due modi.
Innanzitutto con il volontariato: frequenti un centro e poi se hai la fortuna
e le capacit di entrare al momento giusto nel posto giusto riesci ad entra-
re come educatore; ma bene o male una volta che sei volontario, di unas-
sociazione o di una cooperativa, poi le porte si aprono. Laltra strada inve-
ce quella degli affidi educativi. Tutti quelli che sono entrati hanno pi o
meno questa esperienza. (educatore)
Il bagaglio di conoscenze cos fondamentalmente appreso sul
campo e quindi spesso influenzato dallorientamento dellente in cui lo-
peratore lavora e dallutenza specifica che lo frequenta. In altri termini, i
meccanismi di accesso alla professione hanno un peso importante sullo-
pinione che gli operatori si formano sui minori. E ancora, gli operatori so-
no influenzati anche dal minore con cui vengono in contatto e viceversa.
Ma non tutto: le interpretazioni soggettive degli educatori del terzo set-
tore, proprio perch frutto di un sapere specialistico e di un osservatorio
privilegiato, influenzano e costruiscono le opinioni degli operatori del co-
mune, e dunque dellapparato istituzionale, almeno quanto ne sono in-
fluenzate. Abbiamo visto pi volte come il sapere degli assistenti sociali
si fondi sui pareri degli educatori che lavorano a stretto contatto con il
minore e come proprio gli assistenti sociali trasmettano loro le istruzioni
ricevute dallalto. Questo processo si dispiega lungo una spirale fino
agli apparati centrali (il Comitato per i minori stranieri) e da questi ridi-
scende. Tuttavia necessario fare una precisazione. Coerentemente con
limpostazione della ricerca ci che di questa microfisica minteressa ri-
levare soprattutto larticolazione dei rapporti tra istituzioni e terzo set-
tore nella loro relazione con il minore, poich, come ormai chiaro, la fi-
ne di questo processo nota, cio gi stabilita. La relazione faccia a fac-
cia con il minore e le reciproche influenze rimangono, infatti, circoscritte
ai rapporti quotidiani tra il ragazzo e gli operatori del terzo settore, arri-
vando solo di rado agli assistenti sociali. I saperi degli operatori, in ef-
fetti, non servono a fornire elementi per la decisione finale (del comitato
o del comune) sulle sorti del minore; devono piuttosto fornire contenuti
credibili e condivisibili per giustificare la decisione e legittimare le misure
adottate. Vedremo allora come, nel girotondo degli attori intorno al mi-
nore straniero, ognuno, forte del suo catalogo di definizioni e di soluzio-
ni, non di rado si convinca dellopportunit in merito allespulsione pater-
nalistica di un soggetto da un mondo per il quale non preparato e che
non preparato ad accoglierlo. A questo proposito opportuno partire
da come tali attori descrivono i minori.
In generale, chi ha un maggior contatto con i ragazzi marocchini ten-
de a descriverli con scarsi e inadeguati riferimenti adulti, cio come indi-
vidui sostanzialmente privi di un controllo sociale. Questo perch gli
adulti a cui i minori fanno riferimento sono (o si pongono) ai margini del-
la comunit che li ospita e sono portatori di valori e di norme profonda-
mente difformi. Lo stile di vita dei ragazzi marocchini sarebbe ad esempio
ancora fortemente caratterizzato da un precoce inserimento nel mondo
adulto, nonostante la presenza ormai radicata sul territorio: la necessit di
recuperare un guadagno (che viene in buona parte girato alla famiglia) li
caricherebbe di responsabilit ma al tempo stesso li inserirebbe anche in
un mondo che li omologa ai desideri, alle attese, ai sogni dei coetanei ita-
liani, senza che tuttavia sussistano le condizioni per uguali opportunit di
soddisfacimento (insomma il solito paradigma mertoniano). Ecco un
esempio di come gli operatori del distretto descrivono la condizione dei
minori marocchini:
178 IL MALE MINORE
Vivono con adulti che non sono assolutamente integrati nel nostro territo-
rio, c gente che qui dal 1985 a fare il vu cumpr che non sa parlare li-
taliano. La maggior parte non conosce nessun italiano, non mai stato in
una casa italiana, non va mai a mangiare da nessuno perch non sa usare
le posate e si vergogna a mangiare. Una gran parte continua a mantenere il
suo progetto iniziale: vado l perch questo mi permette di mantenere
me e la mia famiglia. Una volta che mi sono fatto i miei soldi vendendo
tappeti in corso Italia, non ho pi nessun interesse n culturale, n sociale,
niente di niente. Questa gente qua si porta su dei ragazzini che, purtrop-
po, frequentano lambiente italiano, solo perch c la signora Maria che
gli lava i panni o gli d da mangiare ecc. Invece una parte del mondo ita-
liano se lo prendono, lo fanno purtroppo senza avere gli strumenti per
leggere lambiente sociale in cui vivono. Non avendo gli strumenti avreb-
bero bisogno di qualcuno che li aiuti a capire, ma non ce lhanno. Nessu-
no gli fa capire che se io possiedo la macchina, intanto perch vengo da
una famiglia che mi ha fatto studiare, poi mi sono messo a lavorare e gua-
dagno due milioni al mese, cos posso permettermi la macchina. Questi
vedono la ricchezza, ma non riescono a capire che ci pu essere ricchezza
senza spacciare eroina. (assistente sociale)
In altri termini, la totale assenza di una figura che spieghi la cultura
ospite e che trasmetta le regole filtrate attraverso la consapevolezza del-
la propria cultura dorigine per una convivenza pacificata; il conseguen-
te ripudio della cultura e dello stile di vita degli adulti; le notevoli diffi-
colt dintegrazione: tutto ci porterebbe allingenua e al tempo stesso
deleteria illusione che essere cresciuto e vivere in un certo luogo renda
possibile essere parte integrante della comunit. E invece cos non se-
condo un assistente sociale che ha potuto arricchire la sua esperienza an-
che con un viaggio in Marocco: non ci sinventa italiani e, soprattutto, un
immigrato non potr mai esserlo:
Laltro punto che ci sono ragazzini che dicono che il Marocco gli fa
schifo, che i marocchini gli fanno schifo e che si sentono italiani. Non
vero, non sono italiani. Non vero: sei marocchino. un dato di realt,
comunque non sei italiano: sei un marocchino che ha subito un processo
migratorio, ma non sei italiano. Non tinventi italiano, ma non te lo dico
su una questione politica alla Bossi, ma su una questione didentit perso-
nale diversa. Ho un ragazzino che seguo che ha diciannove anni, e vive in
comunit: si messo a lavorare, fa finta di essere italiano, ma adesso di-
ventato maggiorenne e non riesce a dire a suo padre che vuole andare a vi-
vere da solo e non pu pi mandare i sodi in Marocco. Crede di essere ita-
liano e non lo , non si confronta con quella che la sua storia di immi-
grato, per cui gi si aspettano che gli mandi dei soldi, ma se manda gi i
soldi lui non riuscir mai a vivere autonomamente qua. Ora ci riesce per-
ch vive in comunit alloggio, ma quando il Comune di Genova non ti da
pi i soldi perch sei maggiorenne, questo problema di essere marocchino
si ripropone [tu credi che questo sia legato allessere marocchini?]. S il
LA NORMALIZZAZIONE DI UN ELEMENTO SFUGGENTE
179
problema delle rimesse tipicamente marocchino, questo nel suo piccolo
diventa un problema legato al processo migratorio. [precisa] Per quanto
credo che tu abbia capito che ci sono pi similitudini che differenze, cre-
do che le differenze ci siano. Io credo che questincapacit personale e
nelle persone che stanno intorno ai ragazzi di leggere il modus vivendi ita-
liano a volte si mantiene su un livello accettabile, a volte parte e prende
due strade: quella della devianza o si va fuori testa e cioccano come biglie.
(assistente sociale)
Si sente in queste parole leco di un discorso differenzialista, che non
fa della differenza solo una questione culturale, ma unevidente questione
identitaria con conseguenze addirittura patologiche: una questione di sa-
lute, soprattutto mentale. Opinione condivisa da operatori pubblici e pri-
vati che i ragazzi marocchini sono soggetti difficili da gestire, poich
estremamente autonomi, creativi, poco inclini alle regole e di conseguen-
za costretti ai margini; nonch, ovviamente, probabili devianti. Nel pro-
getto della rete 501, ad esempio, gli stessi ragazzi vengono descritti come
soggetti che si avvicinano in et precoce al fumo e alle droghe leggere;
fanno uso di alcol o sostanze e diventano, spesso loro malgrado, attori di
un dilagante fenomeno di devianza e tossicodipendenza giovanile. Ve-
diamo ora cosa dice leducatore di una comunit di accoglienza che di re-
gole ne sa qualcosa:
Di tutta lutenza che abbiamo accolto quella pi difficile da gestire quel-
la araba, per una sorta di genio e sregolatezza: hanno la loro cultura, la lo-
ro vita, la loro indipendenza, la loro totale assenza di orari, tutto pratica-
mente allopposto di una comunit. Mentre in un centro sociale se hai vo-
glia di andarci ci vai, altrimenti no, in una struttura o ci stai o non ci stai.
Non puoi mangiare alle undici, rientrare quando vuoi, svegliarti quando
voi. Abbiamo avuto grosse difficolt a gestire gli arabi, soprattutto i ma-
rocchini. Non un caso che pochissimi di loro si fermano, il 97% delle
volte sono andati via appena sono arrivati. Hanno una rete di supporto,
un appoggio allesterno e nei pochi casi che non ce lhanno finiscono per
stare comunque da unaltra parte. Certo, anche affascinante vivere senza
orari, completamente allo sbando, per in una societ come quella italia-
na fai un po fatica a entrare in relazione, il rischio sempre quello di ri-
manere purtroppo un po ai margini. Molti ragazzini sono da anni qui e
non si relazionano mai. C un ragazzino, con tanto di articolo di giornale
su di lui, che avranno inserito una ventina di volte, lo prendono ogni mo-
mento, per non rimane. Preferisce andare a dormire su un treno nei va-
goni della stazione. Ogni tanto si ferma fa una chiacchera e poi se ne va.
Con gli altri invece non cosi, sono gli arabi che sono cos.
I giovani albanesi vengono invece descritti come soggetti inizialmente
e solo apparentemente spaesati, perch soli; docili alle indicazioni degli
operatori, perch volenterosi di essere integrati. Tuttavia, sempre secondo
gli operatori, in seguito si mostrano per quello che sono: infatti nel giro di
180 IL MALE MINORE
poco tempo, quando le possibilit offerte gli verranno precluse, il ragazzo
cambia e diventa ostile, trasformando la debolezza e la mancanza di auto-
nomia, in furbizia e parassitismo. , in sostanza, piuttosto condivisa lim-
magine dei minori albanesi, soprattutto degli ultimi arrivati, come sog-
getti estremamente autosufficienti. La maggior parte di loro, affermano
gli operatori, sola, ma tuttaltro che sprovveduta e bisognosa:
Arrivavano, stavano a tutto quello che gli dicevi, poi magari uno su trenta
faceva casini, ma in modo normale, e comunque in genere arrivavano con
lidea di lavorare e seguivano i nostri percorsi. Penso che arrivano orga-
nizzati, nel senso che secondo me cera un tam tam con cui i ragazzi si
passavano le informazioni dicendo agli altri dove si stava bene, non penso
affatto a unorganizzazione che li portasse. I ragazzi si dicevano anche con
il cellulare: vieni a Genova perch a Genova c un ufficio che ti segue.
Infatti eravamo arrivati al punto che i ragazzi si presentavano in questura
dicendo: io voglio un progetto educativo. (educatore)
LIcs afferma anche questo, quando uno non si pu permettere un viaggio
da tre milioni, non lo prende un gommone, i provvedimenti di richiesta di
affidamento sui minori non accompagnati sono pochissimi, perch abbia-
mo ravvisato pochissime condizioni di degrado o di rischio. Sono ragazzi-
ni che sanno il fatto loro, non abbiamo visto condizioni di estrema po-
vert, n di disagio psico-sociale, sono ragazzini che sono in grado di
mantenersi. Allora come servizio mi devo fare delle domande, sto davvero
aiutando i poveri del mondo che meschinetti sono venuti qui o sto favo-
rendo unimmigrazione fuori dalle regole che lo stato ha dato e che io de-
vo eseguire? Questo un dubbio che dobbiamo porci, che le associazioni
e i sindacati non si pongono, perch limmigrazione poverina. Poi sicu-
ramente tra il medio borghese albanese il nostro direttore generale, ov-
vio che ci sono delle differenze, ma non parto dal presupposto che se uno
viene qua ha bisogno. (dirigente)
In definitiva tutte le storie raccontate dagli operatori parlano di ragaz-
zi soli o, pi probabilmente, autonomi. Le figure di riferimento, come
emerge dai brani che seguono, non ci sono (e non sempre vero, perch a
volte semplicemente esse non vengono dichiarate) o sono inadeguate.
La differenza grande che questi ragazzi hanno tutti dei punti di riferi-
mento, non sono venuti da soli, allinizio sembrano quasi nascosti per poi
quando vedono che le cose non vanno e che non riescono ad avere quello
che vogliono, miracolosamente salta fuori uno zio, un cugino un fratello
che disposto a prenderli; quindi a quel punto vai a conoscere il parente e
vedere se pu effettivamente tenerlo e allora si fa laffido al parente. A dif-
ferenza di quelli di prima, che difficilmente avevano un parente, questi ce
lhanno tutti. Anche questo un altro segnale, quelli che arrivano adesso
comunque hanno dei punti di riferimento. Comunque anche se non lo di-
chiarano loro viene fuori per voci, per sentito dire. (educatrice)
LA NORMALIZZAZIONE DI UN ELEMENTO SFUGGENTE
181
Mentre per i minori albanesi qui ci pu essere il fratello, lo zio, il paesano,
il pinco pallino, per i ragazzi marocchini molto facilmente il pap o lo zio
paterno o il fratello; difficilmente c una famiglia per i marocchini, di so-
lito divisa: met l e met qui. Mentre per gli albanesi facilmente c una
famiglia nel paese e qui c la famiglia dello zio, del cugino, c una donna
ci sono dei bambini. Poi nella storia del ragazzino albanese lo si viene a sa-
pere per strada, nel corso del tempo che ha dei riferimenti, dellesistenza
di una famiglia o di un parente in Italia. Non possiamo mai metter la ma-
no sul fuoco, a parte il fatto, che dicevo prima, la bugia, linterpretazione
della bugia, non possiamo mai stabilirla allinizio. Non possiamo stabilire
se lui davvero un ragazzo che ha dei parenti, dei familiari presenti o me-
no. Lui [il ragazzo albanese] si presenta e basta. (assistente sociale)
Sulleventuale presenza di una famiglia, come abbiamo visto, sanno
poco gli stessi operatori, ma un legame con un familiare sembra esserci
comunque. Tuttavia nel caso dei ragazzi albanesi, tale legame non viene
dichiarato subito e rimane sempre dubbio. Invece per i minori marocchi-
ni la presenza di un genitore diventa decisiva e quindi viene dato pi cre-
dito al fatto che ci siano parenti accanto al ragazzo. Questa confusione
unulteriore conferma della difficolt di connotare la categoria dei non ac-
compagnati con un profilo ben definito. Di pi: uno dei numerosi ele-
menti che mettono in dubbio la sensatezza stessa della categoria a fronte
delle condizioni di vita, di solitudine e a volte di abbandono dei ragazzi
che compongono in modo articolato e con storie diverse il concetto am-
pio di minore-straniero-non-accompagnato. Ma allora qual la differenza
che pure c almeno sul piano formale? Ce la chiarisce meglio un assisten-
te sociale dellunit operativa:
Gli albanesi ti dicono proprio siamo venuti qua per essere aiutati, inse-
riti in strutture in un certo senso. Se prendi in carico il caso, riesci almeno
a contenerli e a gestire la situazione. I marocchini invece anche quando
vengono presi nella reperibilit la sera e vengono inseriti nelle strutture di
emergenza, scappano dopo unora. Hanno una casa in cui stare, da soli o
con altri dodici marocchini, con i rischi che ci sono. Hanno meno questa
cultura di assistenzialismo. Piuttosto vanno a vendere i fiori, magari sono
sfruttati, il pap li obbliga a vendere e se non hanno venduto tanto li riem-
pie di botte. Di situazioni a rischio i minori marocchini ne hanno molte di
pi degli albanesi, perch gli albanesi tutto sommato vengono qua con
unidea di assistenzialismo e si fanno assistere in tutto e per tutto. I mino-
ri marocchini se rimanessero nelle strutture avrebbero il pap o lo zio che
li va a prendere perch devono produrre, venuto in Italia per produrre,
cio in una situazione molto pi a rischio.
Emerge chiaramente che una distinzione importante tra ragazzi ma-
rocchini e albanesi, peraltro gi apparsa ma in modo meno evidente nelle
narrazioni del comitato, risiede proprio nel tipo di richiesta fatta, che
comporta il riconoscimento o meno del diritto alla tutela. Ci piuttosto
182 IL MALE MINORE
comprensibile se si considera che il carico economico delleffettiva frui-
zione dei diritti coperto dal comune. Sembrano qui palesarsi gli intenti
di regolazione della migrazione che sottendono, almeno di fatto, limpian-
to normativo/burocratico costruito per i minori non accompagnati.
Infatti, i minori che sono pi facilmente soggetti al rimpatrio sono
quelli che richiedono servizi e assistenza (e dunque un impegno economi-
co, prima ancora che educativo). Al contrario non sono oggetto di queste
pratiche di tutela i ragazzi che non si rivolgono ad alcuna struttura, ma
che, a detta degli operatori, vivono comunque in condizioni di abbando-
no (anche se non sono soli) e spesso di sfruttamento. Ricordo che questo
strumento, nelle intenzioni originarie, nasce proprio per tutelare il minore
nelle situazioni in cui sottoposto a un rischio qui. Ci sembra confer-
mare che la soluzione del rimpatrio, almeno a Genova, va piuttosto ricon-
dotta alla possibilit (o meno) di respingere soggetti con un bagaglio di
diritti consapevole e consolidato.
Un elemento caratteristico della narrazione degli operatori del terzo
settore riguarda proprio latteggiamento critico su questi aspetti: per co-
storo la condizione e i problemi dei ragazzi dipendono facilmente dalle
responsabilit e dagli errori delle stesse istituzioni (centrali o locali). Dalle
parole degli operatori del privato sociale emerge il carattere burocratica-
mente costruito della condizione del minore non accompagnato. Anche
se con motivazioni e argomentazioni profondamente diverse (luna espli-
cita, laltra implicita), i brani che seguono riassumono efficacemente que-
sta concezione e i relativi discorsi che laccompagnano:
I ragazzi che arrivano da noi sono ragazzi soli, ma hanno dei riferimenti di
vario genere (familiare, parentale o amicale) e noi abbiamo sempre lavora-
to nello stesso modo con i ragazzini stranieri, tutti in generale. Diciamo
che da poco che hanno inserito questo nuovo modo di vedere gli immi-
grati, prima non cera assolutamente il permesso di soggiorno per minore
et, cera soltanto il permesso di soggiorno per affidamento. Da un anno
hanno inserito questa nuova formula, questo un po per scoraggiare i flus-
si migratori con i quali partivano dallAlbania, venivano tanti ragazzini. Il
diverso atteggiamento assunto dal comune ha fatto s che questo flusso si
riducesse. Prima cera tutto un altro percorso, e i risultati cerano, tutti i
ragazzini albanesi che sono passati da noi hanno fatto percorsi riusciti,
hanno ottenuto il permesso di soggiorno, stanno lavorando e alcuni mi di-
cono che si stanno comprando una casa. Poich i minori albanesi veniva-
no qui gi con il nome dellassistente sociale per farsi seguire si era tal-
mente diffusa la voce, era talmente lineare il percorso -, visto che si occu-
pavano dei minori in tutto e per tutto, hanno cercato di fare marcia indie-
tro. (educatore comunit)
I minori albanesi sono i veri minori non accompagnati, questi non vengo-
no pi da quando cambiata la legge e da quando si fanno i rimpatri. Sa-
ranno due o tre mesi che non ne arrivano. Di marocchini c ne sono alcu-
ni seguiti dal tribunale per i minorenni e altri invece non sono in affida-
LA NORMALIZZAZIONE DI UN ELEMENTO SFUGGENTE
183
mento, ma, pur non essendo non accompagnati, hanno un permesso per
minore et. Sono seguiti dal comitato perch hanno situazioni non chiare
e quindi magari non stato fatto ancora laffidamento. Questi ragazzi non
sono non accompagnati: o perch si sa o perch lo dicono loro che han-
no parenti, fratelli, che ci sono ma che magari non li seguono. La situazio-
ne poco chiara e quindi si aspetta una decisione del tribunale sullaffida-
mento e intanto si d il permesso per minore et. I minori albanesi sono
tutti ufficialmente non accompagnati, difficilmente si trovano i genitori se
non per confessione del minore, dico ufficialmente perch in realt spesso
i genitori ci sono, infatti noi siamo una delle comunit che ha fatto pi af-
fidamenti ai genitori. Questo perch avendo un forte rapporto con i ra-
gazzi prima o poi salta fuori che ha un pap o la mamma in Italia allora si
vede se sono irregolari si trova il modo di farli regolarizzare o se sono re-
golari si fa laffido. (educatore comunit)
Il tema dei minori stranieri nelle sue diverse modulazioni sembra esse-
re pi legato alla gestione sociale di situazioni differenti, a una sorta di
tecnologia sociale che distribuisce soggetti e risposte. Questa distribu-
zione, oltre a dipendere dalle modalit e dai tempi di arrivo dei ragazzi,
come abbiamo visto, soddisfa esigenze di carattere diverso (cfr. capitoli
quinto e sesto). Contrariamente ai ragazzi albanesi, quelli marocchini so-
no presenti sul territorio da molto tempo e, pur non essendosi inseriti nel
tessuto sociale, ne fanno parte, sono visibili e producono malcontento sia
tra coloro che vorrebbero aiutarli, sia tra chi non vorrebbero vederli nei
luoghi di divertimento del centro cittadino riqualificato (grazie alle ulti-
me operazioni di bonifica finanziate nel 2001 per il G8 e in seguito per
Genova capitale europea della cultura 2004). Non a caso il progetto della
rete 501 risponde pi a unesigenza di continuit degli enti che lavora-
no con i migranti che a un bisogno emergente. La struttura nuova, ma il
contenuto di controllo sociale e gestione dei conflitti lo stesso fin dalla
sua nascita, fin dalla presenza dei primi minori autonomi sul territorio (ad
esempio i fatti gi citati del 1993). Allora, in questo caso, si rende pi che
altro necessaria una gestione delle regole del disordine, ossia dare un
posto al disordine
2
, garantire spazi vitali seppur istituzionalizzati e in-
feriorizzati a soggetti al fine anche di contenerli e, se possibile, ricon-
durli al rispetto delle regole comunemente condivise in senso durckhei-
miano. Questa esigenza viene ben sintetizzata nellimmagine di una citt
nella citt, nella compresenza di due culture che non si intrecciano, ma
che si limitano a convivere, proposta da un funzionario delle forze dellor-
dine:
Lordinamento italiano si ispira a quello che il sentire comune in territo-
rio nazionale, questo per non risponde sempre a quelle che sono le cul-
ture diverse e al modo di rapportarsi di paesi che non hanno le nostre ra-
dici, nelle singole realt locali. Mi spiego, pensi al padre padrone maroc-
chino che si porta il figlio perch lavori tante ore al giorno, mentre noi
184 IL MALE MINORE
non abbiamo una cultura del minore, ancorch straniero, come lavorato-
re. Viene vagliata la posizione del minore, la differenza che potrebbe es-
serci con altri territori, e quindi con altre questure, rispecchia appunto la
differenza di contesti sociali. Noi a Genova abbiamo il centro storico che
potremmo definire una kasba occidentale che consente anche di vedere
come determinati nuclei vengano allargati e quindi come determinate pa-
rentele si possano considerare come quelle proprie del minore, in cui il
minore trova una sua collocazione familiare. Mentre in altre citt, dove
possa avvenire una maggiore integrazione proprio in mancanza di questa
peculiarit genovese di una citt nella citt, ovviamente la questione cam-
bia, perch quello che viene osservato sicuramente un rapporto di pa-
rentela pi vicino a quello occidentale. Non so se sono stato chiaro, vole-
vo dire che in un contesto locale dove presente una citt nella citt, una
citt che ha delle peculiarit tipicamente straniere, si pu osservare un
mondo a s, sebbene in territorio italiano, che ha tante peculiarit tipiche
della famiglia straniera. In una citt diversa non avviene e quindi si tengo-
no presenti dei rapporti pi.
Il concetto di cultura, con il quale gli operatori motivano le proprie
argomentazioni, si rivela adeguato per tentare di conferire obiettivit a un
sentire comune tanto diffuso quanto profondamente discriminatorio: il
comportamento difforme del minore marocchino o fin troppo conforme
del minore albanese dipendono insomma dallinsieme di valori e di abitu-
dini di cui il ragazzo stesso frutto ed espressione
3
.
Eppure le diversit culturali si appiattiscono, si livellano, nei bisogni
pi che nelle richieste concrete. Se vero che molti ragazzi si rivolgono ai
servizi per avere un aiuto, questo riguarda la possibilit di regolarizzazio-
ne e di accesso al circuito lavorativo. Tutti i minori stranieri (accompagna-
ti e non), di qualunque provenienza siano, hanno una frequentissima ri-
chiesta: quella di lavorare e di trovare un modo per rendersi autonomi.
Ecco la causa dei nostri timori: il minore straniero fa quello che i nostri fi-
gli non farebbero mai o che noi non vorremmo facessero mai. Mina le no-
stre regole di socializzazione e svela i caratteri costruiti della nostra conce-
zione di infanzia: il ritardo nellaccesso al mercato del lavoro e la forma-
zione permanente sono, infatti, le principali caratteristiche su cui si fonda
la nostra differenziazione tra et adulta ed et minorile (cfr. capitolo pri-
mo). La dipendenza, il parassitismo, la furbizia, che caratterizze-
rebbero i minori descritti nelle parole degli operatori, non sempre hanno
ragioni culturali e se le hanno si tratta principalmente delle nostre.
Le differenze, rispetto alla generale richiesta di un lavoro, si manife-
stano invece nella concreta possibilit di accedervi. La complessit delle
problematiche legate al lavoro minorile con i frequenti timori per le
possibili condizioni di sfruttamento rendono poco appropriata lesposi-
zione di questo tema separata da unanalisi pi complessiva del mercato
del lavoro. Mi limiter quindi ad alcune annotazioni strettamente connes-
se e utili ai fini del tema trattato. Fino alla circolare dellaprile 2001 i mi-
LA NORMALIZZAZIONE DI UN ELEMENTO SFUGGENTE
185
nori stranieri avevano tutti avuto le medesime opportunit di lavoro, an-
che se venivano tipicamente impiegati in lavori meno qualificati. Cos co-
me era maggiormente tollerata lidea che i minori (i marocchini in que-
sto caso) potessero svolgere unattivit lavorativa indipendente dai per-
corsi precostituiti dellassistenza sociale. Invece, le restrizioni alla migra-
zione clandestina, da un lato, e un nuovo orientamento a livello locale
4
nei confronti del contrasto al lavoro minorile, dallaltro, hanno portato
notevoli conseguenze sulle possibilit dei minori e di larga parte delle loro
famiglie. Ma soprattutto hanno reso possibile il precoce ingresso nel mer-
cato del lavoro nero a tanti ragazzi stranieri impossibilitati a svolgere
unoccupazione regolare: molti di loro si sono cos trovati a lavorare senza
garanzie, con paghe irrisorie e, ora s, a essere vittime potenziali delle-
marginazione sociale, dello sfruttamento e della devianza. Di questo sono
coscienti gli stessi operatori:
Tutti i ragazzi con cui abbiamo lavorato non erano affatto in condizione di
sfruttamento, quelli che ho visto sono tutti ragazzi che volevano lavorare e
che hanno sfruttato le possibilit che al tempo gli venivano date. Nel sen-
so che avevano un posto in cui dormire e facevano qualche lavoretto. Se-
condo me se continua questa circolare o questo tipo di modalit la ten-
denza sar quella dello sfruttamento. Perch comunque i ragazzi fanno
tutti un lavoro in nero, tra laltro fanno lavoro pericolosi, alcuni lavorano
come ponteggiatori, incrociamo le dita che non accada niente. Secondo
me, invece, con laffidamento non avevano motivo di essere sfruttati, ave-
vano tutti i motivi di seguire i percorsi, perch tutte le persone che abbia-
mo seguito precedentemente hanno trovato tutti un lavoro. Merito so-
prattutto loro che sono riusciti a mantenerselo. (educatore)
La questione di fondo che lingresso nel mondo lavorativo regolare
rappresenta, come per i giovani italiani, un indice di autonomia, dinseri-
mento in uno spazio legittimo e pertanto va regolamentato. Per questo
motivo, laddove possibile, il lavoro viene eliminato alla radice attraverso
il meccanismo selettivo del permesso di soggiorno (quello per minore
et per intenderci); negli altri casi il minore deve apprendere il ruolo che
gli riservato nel mondo lavorativo e in definitiva nella societ. Pena la
fuoriuscita dallo spazio legittimo.
!"#$%&"%'(")*+*"$"),',%%,
soprattutto la gestione sociale dei giovani ribelli che general-
mente affidata agli operatori sociali. Questa missione si esplica in una
strategia complessa volta alla tutela (fatta di controllo, prevenzione, pro-
tezione) dei minori dai rischi a cui sono sottoposti nella loro condizione
di piccoli vagabondi post-moderni: non avendo le caratteristiche codi-
ficate per la fanciullezza, o avendole perse, devono acquisirle attraverso
186 IL MALE MINORE
strumenti non diversi da quelli che hanno conosciuto in altri tempi i loro
coetanei (cfr. capitolo primo). Leducazione allinfanzia, fondata in pri-
mo luogo sullobbligo scolastico, il mutamento chiave per trasformare
lesperienza di vita dei ragazzi, allontanandoli, in linea di principio se non
immediatamente nei fatti, dal mercato del lavoro, riservato agli adulti. Ci
perch ancora molto forte la convinzione che il godimento di uninfan-
zia prolungata sia lunico presupposto di una vita adulta accettabile. Non
a caso lidea romantica di una fanciullezza dorata, distante dalle fatiche
del lavoro, era ed tuttora alla base dei programmi educativi e di prote-
zione dei giovani da quei genitori privi di scrupoli che infliggono loro la-
vori pericolosi
5
.
Laddove per la maggior parte dei ragazzi italiani la scuola il primo
passaggio necessario per lingresso nel mondo del lavoro, per i minori
stranieri essa inoltre uno strumento di ricatto forte, in quanto rappre-
senta soprattutto un passo obbligatorio per la regolarizzazione e di conse-
guenza una pre-condizione dellinserimento nel mondo legittimo. Dal
brano di intervista emerge chiaramente che linteresse del minore non
certo rivolta alla formazione in s, quanto piuttosto allaccesso al lavoro.
Vengono su per lavorare, a loro chi glielo fa fare ad andare a scuola. Sono
venuti su per lavorare: se dovevo andare a scuola, me ne stavo a casa
mia, giustamente ti rispondono questo. Dallaltra parte, questi ragazzi, si
impegnano fino allultimo, magari sperando nel permesso di soggiorno,
perch il padre lo ha perso, o non ce lo hanno, sperando di ottenere qual-
cosa di pi. Magari sono in gamba e c la ditta che li assumerebbe e tutto,
invece noi abbiamo i muri davanti e non riesci ad ottenere niente. Alcuni
siamo riusciti a regolarizzarli perch abbiamo trovato zii o perenti e ab-
biamo detto ai ragazzi: chiedi a tuo zio se ti prende in affido e magari a
17 anni riusciamo. Per sempre allultimo momento, perch riusciamo a
fargli fare le 150 ore e la terza media, perch poi uscita questa storia che
adesso ci vogliono i nove anni scolastici. Quindi, ora devono fargli pren-
dere la terza media, fargli prendere il permesso di soggiorno e inserirli a
lavorare, il tempo sempre pi ridotto, perch adesso con la nuova legge
sar sei mesi dal diciottesimo anno. Se li inserisci a lavorare, li devi fare as-
sumere, e non facile farli assumere, si va per conoscenze, non ci sono
grosse ditte. Bisogna andare in velocit, perch altrimenti sono sulla stra-
da e spacciano, fanno qualche cazzata. Magari perdi tempo per gli intoppi
burocratici e questo qua si scoccia e non ce la fa ad aspettare, a fare un
corso di formazione per cinque mila lire al giorno, anche loro non capi-
scono che a volte bisogna avere pazienza, ora lo capiscono di pi vedendo
gli altri, ma non facile fargli capire che per andare a lavorare devi avere
la terza media. (coordinatore associazione)
In generale lingresso dei minori stranieri nelle istituzioni scolastiche
ha portato con s la creazione di determinate figure professionali e lo svi-
luppo di progetti specifici. Da lungo tempo ormai si sono consolidate nel-
le scuole iniziative e programmi sperimentali che tengono conto di queste
LA NORMALIZZAZIONE DI UN ELEMENTO SFUGGENTE
187
trasformazioni
6
. In alcuni casi le attivit interculturali aprono la scuola e
gli enti di formazione a professionalit esterne (per lo pi operatori socia-
li e mediatori culturali) che collaborano con gli insegnanti soprattutto per
agevolare il buon andamento dei percorsi formativi. Ma spesso listruzio-
ne del giovane straniero, come emerge nei brani che seguono, non va ol-
tre lassolvimento dellobbligo scolastico e lapprendimento da parte del
ragazzo della posizione sociale che gli destinata: quella che pu essere
definita con la metafora del manovale a vita
7
.
Sono i ragazzini che ci stanno rincorrendo per chiederci il corso di forma-
zione. Questo emerge dalle mie interviste ai ragazzi e dagli operatori so-
ciali, dagli insegnanti ecc. Dal momento in cui stanno qua, cambiano
completamente il loro progetto migratorio. vero che hanno bisogno di
lavorare perch devono vestirsi e devono avere da dormire, loro hanno
delle spese mensili che sono fisse e se non ce le hanno sono cazzi, che so-
no 400-500 mila lire al mese. Per tutto quello che lo stare qua gli fa ve-
dere un mondo totalmente differente, per cui iniziano ad avere voglie di
saper leggere, di vestire in un certo modo, di fare un lavoro pi qualifica-
to. Pensa che questanno tutti volevano fare lidraulico e nessuno il mura-
tore. Lidraulico un corso differente, perch devi conoscere meglio lita-
liano, saper fare di conto, sapere distinguere le figure geometriche. Noi
abbiamo fatto delle selezioni per idraulico, dove cerano ragazzi che non
distinguevano il cerchio dal triangolo, ma perch non sapevano i termini
appropriati, devi avere altre competenze. (educatore)
Al *** la risorsa fu data dalla stipulazione di un accordo con la scuola edi-
le di Borzoli, questo per non consentiva ai ragazzi di fare una scelta, era
un percorso obbligato. Infatti tutti i ragazzi che frequentavano la scuola
media Baliano furono iscritti alla scuola edile e anche i ragazzi che fre-
quentavano il ***, in quanto non vi erano altre convenzioni. Il progetto
metteva a disposizione delle borse lavoro o studio che servivano ai ragazzi
come incentivo per studiare. Quando si inserisce un ragazzo di quella et
in una scuola professionale ne va del suo futuro. Non poter dare delle op-
portunit ai ragazzi grave. Ci sono stati degli errori. La scuola edile esi-
ste perch vi sono i ragazzi marocchini altrimenti avrebbe gi chiuso. La
collaborazione con la scuola vi stata perch sono venuti al *** per chie-
dere di mandargli i ragazzini. (coordinatore centro sociale)
Listruzione, come apprendiamo dal secondo brano, pu talvolta ser-
vire a indirizzare e a procurare manovalanza a basso costo (ricattabile),
non solo per il mercato del lavoro, ma anche per gli stessi enti formatori
che sono sempre pi sforniti di materiale umano autoctono; in questo gli
operatori svolgono il ruolo di distributori di risorse. I centri di formazio-
ne di questo genere, ad esempio, ricevono i finanziamenti solo se le classi
garantiscono un numero minimo, per cui alcuni di essi si sono rivolti al-
lutenza straniera, visto il progressivo disinteresse da parte degli italiani.
Nella prospettiva degli operatori sociali, tuttavia, la formazione an-
188 IL MALE MINORE
che un ponte per intervenire sugli stili di vita dei genitori e modificarne in
comportamenti
8
. Generalmente ci che viene rimproverato ai parenti la
tendenza a subordinare la cura e leducazione del minore alle esigenze di
sostentamento e di stabilizzazione familiare, emancipandolo cos troppo
precocemente. Il modello formativo proposto si pone nei fatti in contra-
sto con le abitudini e le scelte della famiglia e a favore della diffusione dei
meccanismi disciplinari che sono a fondamento dellordine sociale e del
suo equilibrio: se i genitori vogliono essere riconosciuti come tali, i ragaz-
zi devono essere trasformati da forza-lavoro in scolari. Bisogna insomma
conciliare come sostiene Donzelot linteresse della famiglia e linte-
resse dello stato, la pace della famiglia con la moralizzazione dei com-
portamenti
9
. Il processo di privatizzazione
10
dellinfanzia straniera si
perfeziona con lattivit ricreativa pomeridiana dove si instaura un tipo di
segregazione che non ancora fisica (il collocamento in comunit) ma
certamente sociale, in quanto strutturata sostanzialmente sulla base del-
lappartenenza etnica. Negli effetti queste pratiche ricordano ci che
Goffman descrive come unistituzione totale: luogo di residenza o di at-
tivit dove un gran numero di individui simili per condizione, tagliati fuo-
ri dalla pi ampia societ per un significativo periodo di tempo, conduco-
no insieme una parte di vita segregata e formalmente amministrata
11
.
La privatizzazione dei tempi e dei luoghi
12
di questa infanzia, ad esem-
pio, lo scopo implicito del progetto (Per un futuro credibile) volto a
contrastare lo sfruttamento del lavoro minorile, proposto dalle scuole con
la collaborazione del terzo settore (tra i quali gli stessi enti che costitui-
scono la rete 501, raccolti nel contenitore del forum antirazzista) e del-
lente locale. Con questa operazione gli insegnanti delle scuole, gli educa-
tori dei vari enti del forum antirazzista, gli assistenti sociali del comune
hanno cercato di dissuadere i parenti dallo sfruttare il lavoro dei ragazzi
per il sostentamento della famiglia, soprattutto se questo significa costrin-
gerli a stare per strada e fino a tardi. Vediamo come una educatrice de-
scrive i presupposti del progetto:
Lanno scorso si parlava del lavoro minorile, c stato un tavolo organizza-
to da *** (assessore alla citt educativa) chiesto dalla scuola media Balia-
no, dove la scuola denunciava il fatto che la maggior parte dei ragazzini
iscritti vendesse durante il giorno, durante la notte e durante il week end.
Questo fenomeno comprometteva il cammino educativo del ragazzino
straniero, che sempre di pi si relazionava con i ragazzini italiani, quindi
con un modello comunque differente perch il ragazzino ha del tempo li-
bero, una famiglia alle spalle, accudito e quantaltro. A quel punto la de-
nuncia stata accolta ed sfociata in un progetto che un po rivoluziona
quella che stata finora la politica nostra e di tutte le realt che si sono
sempre occupate di stranieri: il fatto di non far niente rispetto ai ragazzini
che vendono i fazzoletti al pomeriggio e la notte, in luoghi in cui sono a ri-
schio di tante cose. A quel punto con lassessore, il vice sindaco e questo
gruppo che si costituito in occasione del tavolo di denuncia (dove cera
LA NORMALIZZAZIONE DI UN ELEMENTO SFUGGENTE
189
anche il forum antirazzista, cerano le insegnanti della scuola e cera il
Cras) ci siamo detti: cosa facciamo su questo? Creiamo un progetto che
chiamiamo per un futuro credibile, e poi ci siamo chiesti: come facciamo
a toglierli dalla strada?.
Questo tentativo di favorire un cambiamento di mentalit si fondava
su un accordo, non lontano da quello che viene stipulato con i ragazzi,
che si basa su una logica premiale e una concezione privata e residuale
dei diritti. Ecco come la stessa operatrice ha interpretato il futuro credi-
bile:
La prima cosa da fare stata prendere un contatto con le famiglie e dire ai
genitori che siamo assolutamente contrari a questa cosa [parla della ven-
dita dei fiori], che le nuove leggi saranno tremende, saranno sempre pi
tranchant nei confronti degli immigrati in generale. A quel punto noi dob-
biamo chiedere qualcosa ai genitori, ma dobbiamo anche dare (qui mi
tornata utile lesperienza con la scuola edile dove avevamo fatto lesperi-
mento riuscito di dare un contributo economico alla famiglia). Abbiamo
deciso di fare questo progetto dove noi faremo uscire, si spera, delle borse
studio mensili finalizzate alla non vendita. Cio: noi ti diamo dei soldi,
saranno sulle 400-500 mille lire al mese, ti offriamo un percorso educativo
specifico, per cui tu sai che tuo figlio va a scuola la mattina, poi fa i due
pomeriggi di rientro, frequenta il ***, frequenta la rete 501 con degli spa-
zi ludici, sportivi, ricreativi di qualit. Per tu genitore, tuo figlio non lo
mandi pi a vendere. Dopo di ch: per lattuazione di quello che il
progetto migratorio di tuo figlio, quindi non studiare pi dopo i 16 anni,
ma fare un corso di formazione, sar nostro compito accompagnarlo a
questo corso di formazione, orientarlo, sostenerlo ecc. Se tuo figlio deci-
dere di continuare a studiare, si valuteranno delle scuole adeguate a tuo fi-
glio. Per, o ci stai in questo progetto, o comunque sappi che non puoi
pi chiedere nulla a noi, anzi sappi che saremo forse noi i primi che,
quando vediamo che tuo figlio va a vendere a stazione Principe a mezza
notte, a quel punto automaticamente estrometteremo tuo figlio dal pro-
getto. In questo progetto qua dove c il Cras, il forum antirazzista, la
scuola Baliano, lufficio stranieri, ci sar anche un esponente della questu-
ra. Per la questura deve assolutamente tutelare il ragazzino allinterno
del progetto, per cui non esiste pi, sia per il permesso di soggiorno sia
per le verifiche che loro vogliono fare, di andare a prendere il ragazzino in
casa, portarlo in questura 24 ore e quantaltro
13
. Si danno i nomi e i co-
gnomi dei ragazzini, i nomi e cognomi dei genitori, c una grossissima tu-
tela per chi segue questo progetto, per c una grossissima denuncia per
chi invece dice di seguirlo ma non lo fa.
In questa prospettiva anche gli interventi pi sofisticati
14
finiscono per
conservare (e riprodurre) una logica di selezione, gestione e neutralizza-
zione dei soggetti pi scomodi. Pur nascendo con encomiabili intenzioni,
in realt il progetto non riesce ad arginare questo problema. Infine, va
190 IL MALE MINORE
precisato ancora che quanto detto sul ruolo della scuola vale per i minori
marocchini e per quelli che comunque possono godere di opportunit in
Italia. Per i ragazzi con un permesso di soggiorno per minore et (in larga
parte composti dai rimpatriabili), la scuola ha un ruolo diverso. Nel loro
caso il diritto allo studio subordinato a una disciplina confusa e allim-
pegno personale degli operatori e delle singole scuole. Ci che viene ga-
rantita la frequenza e nientaltro.
Tuttavia quelli descritti finora sono solo i preliminari del processo di
normalizzazione di un elemento anomico qual il minore straniero (e in
definitiva della presenza straniera tout court). Per essere perfezionato tale
processo richiede anche lintroiezione delle regole del buon comporta-
mento sociale. Lassenza o linadeguatezza delle famiglie dei ragazzi immi-
grati nella traduzione di queste norme comporta generalmente lafferma-
zione di un altro complesso disciplinare, di cui gli operatori in particola-
re quelli che vivono a pi stretto contatto con i ragazzi nelle comunit do-
ve il compito della famiglia viene integralmente sostituito sono i prota-
gonisti indiscussi.
Allontanati da persone pericolose e da un ambiente nocivo per la loro
socializzazione, i ragazzi vengono immersi in un ambiente sano fondato
su buone norme: la disciplina, il conformismo e il differimento delle grati-
ficazioni renderanno poi i minori docili alle regole del nuovo mondo.
Come avverte Sayad, soprattutto per gli stranieri infrangere la legge va
oltre linfrazione commessa: un errore di altra natura, che riguarda le
buone maniere. Questa semplice esigenza di buone maniere in realt ca-
rica di rinunce. Le concessioni apparentemente minori, di pura forma e di
buone maniere, non hanno prezzo, in quanto nel loro senso pi profondo
rappresentano delle concessioni politiche. Imporre il rispetto della forma
significa ottenere tutte le forme di rispetto dellordine [..] Le buone ma-
niere vietano inconsciamente allo straniero di prendere parte agli affari
politici (interni ed esterni) del paese ospite
15
. Questa una lezione che
lo straniero deve apprendere fin da piccolo. Il brano di intervista che se-
gue rappresenta un esempio eloquente di quanto detto finora. Lo riporto
integralmente:
Abbiamo un rapporto educativo con i ragazzi molto duro, ma non violen-
to. Ti faccio un esempio. Ci sono tre corriere per arrivare; se arrivi con le
prime due mangi con la terza non mangi. Quelli che arrivano alle nove
non mangiano, pi o meno. Abbiamo il caso di un ragazzo fratello di un
grosso delinquente, che lui stesso stato un delinquente e che di per s, se
volesse tornare a fare il suo mestiere, i suoi 100-150 euro al giorno li pren-
derebbe, eppure ha deciso di farse il massacan e ha la sfortuna di essere
diabetico. Lui, come tutti i marocchini, arriva in ritardo facendo le scenet-
te, per, per lui la fettina di carne o il pezzo di pollo glielo si lascia da par-
te, perch se si mangia qualcosa da Mc Donald clicca, un discorso pi
personale. Altro esempio. Le pulizie sono divise per giorni e vanno fatte,
se non le fa al mattino le fa alla sera e se non le fa, viene accompagnato, in-
LA NORMALIZZAZIONE DI UN ELEMENTO SFUGGENTE
191
tervengo io e vado con lui a pulire i vetri, ma lo fa. Le regole sono comun-
que flessibili a seconda dei percorsi personali. Altra regola ferrea quella
della pulizia personale. I ragazzi sono obbligati a farsi la doccia tutti i
giorni e se la fanno. Altrimenti vengono cacciati sotto la doccia, oltre alla
pulizia personale sono obbligati a farsi la lavatrice, magari in altri posti c
il servizio lavanderia. Questo lo facciamo non tanto per la puzza perch
tanto puzzano lo stesso, gli albanesi puzzano lo stesso, e neanche lo fac-
ciamo per la loro igiene, si arrangiano se vanno in giro puzzolenti sono ca-
voli loro. Lo facciamo piuttosto per imparare a vivere in comunit: devi
imparare che tu hai il giorno della lavatrice e te la usi visto che un servi-
zio che ti diamo, lavi e stiri e lo fanno. Chi viene da noi sa che le regole
sono un dato di fatto e non si d che non vengano rispettate. Dal primo
colloquio io illustro le regole e il minore che viene qui sa che deve rispet-
tarle. Anche sulle attivit noi diamo una serie di possibilit, ma devi segui-
re le regole. Siamo molto rigidi, se fanno rumore con il biliardino, il biliar-
dino scompare per due mesi e lo facciamo e basta, cos gli altri giochi se
sono un motivo di scontro scompaiono. Ci sono una serie di benefici,
questi benefici scompaiono se non si comportano bene. Le regole sono in
sostanza regole di buona creanza, se non si rispettano le regole pu essere
richiamato due o tre volte con un colloquio, e poi magari ci si rapporta
con le assistenti sociali e alla fine pu essere allontanato. [...]Cerchiamo di
fare capire al minore che non siamo noi a mandare via il minore, ma che
lui che si allontanato dalla comunit, teoricamente il ragazzo che si rav-
vede pu tornar su da noi. Un altro esempio sulle regole. La mensa pu
essere vista come un modo per arrivare su e riempirsi la pancia, ma an-
che un modo per rispettare gli altri, i cuochi e cosa si mangia. Noi abbia-
mo creato una dieta equilibrata per cercare di compensare quello che
mangiano a pranzo, la sera mangiano molta verdura, c sempre primo se-
condo e contorno. Il fatto di mangiare tutto un modo per rispettare gli
altri, come lo rispettare la fila e gli orari. Il fatto di rispettarsi a tavola
un modo per imparare a vivere con gli altri e a rispettare la struttura,
quando vai via che hai finito saluti e ringrazi i cuochi. Soprattutto mangi
tutto. Loro cos imparano ad auto organizzarsi e imparano anche a regola-
re i loro rapporti a relazionarsi. Questo puoi insegnare. Io e *** siamo a
disposizione per parlare dei loro problemi, per confrontarci su alcune
questioni, per rivedere i percorsi, ma il modo di convivere lo possono im-
parare solo attraverso le regole
16
. (vice direttore)
I criteri ispiratori e le pratiche educative di molti istituti/comunit
(non sempre la differenza cos netta), non sono poi tanto distanti da
quelli delle colonie agricole (cottage plan), istituite a met del XIX secolo,
in cui i giovani delinquenti o i bambini privi di tutto trascorrevano lunghi
periodi di risocializzazione a una vita naturale e decontaminata dai
vizi della citt
17
. Parafrasando Giovanna Procacci, appare evidente come
queste pratiche educative sono anche una via per attaccare alla base la
condotta asociale dei poveri. La turbolenta condotta morale che viene
rimproverata ai minori stranieri nelle narrazioni degli operatori, ha, infat-
192 IL MALE MINORE
ti, un contenuto fortemente sociale. Come le classi pericolose di antica me-
moria, a cui del resto appartengono gli stessi minori (cfr. capitolo primo),
questi ragazzi sono la prova vivente di una degenerazione morale del
corpo sociale e contestualmente lo strumento attraverso il quale mora-
lizzare lintera societ
18
.
In conclusione, i ragazzi-che-vendono-i-fiori danno fastidio per due
motivi: perch si ostinano a restare ai margini dei percorsi fatti dai ragazzi
italiani e perch la loro presenza sintomo di degrado personale, della
citt e, quindi, di ogni cittadino. Indubbiamente, molto delloperato delle
associazioni e soprattutto limpegno delle scuole e di tanti insegnanti in
prima linea quello di sottrarre i ragazzi ai molteplici rischi di coinvolgi-
mento criminale, di sfruttamento e soprattutto ai processi di criminalizza-
zione. Mi chiedo, tuttavia, se proprio laver inserito questi ragazzi in per-
corsi forzosi (a fronte delle offerte difficile stabilire se e dove sia rintrac-
ciabile uneventuale autonomia della decisione) non li getti immediata-
mente in un giudizio negativo, qualora questi percorsi dovessero fallire
per qualsiasi motivo, ma soprattutto a causa dei numerosi ostacoli ammi-
nistrativi.
Gli educatori sono, insomma, i veri protagonisti (spesso inconsapevo-
li) della traduzione di un modello di convivenza impostato sulla normaliz-
zazione e sulla subordinazione sociale di alcune categorie di soggetti. Ci
sembra implicitamente confermato dallo scarso interesse che molti dimo-
strano per gli esiti effettivi del loro operato (la regola per la regola, il pro-
getto per il progetto). Spesso gli operatori che lavorano a contatto con i
minori stranieri non hanno consapevolezza del proprio ruolo e/o delle
implicazioni delle proprie iniziative. In genere prevale unattenzione per
la buona riuscita del progetto o per la relazione educativa, piuttosto che
la preoccupazione per le effettive opportunit offerte ai ragazzi. In altri
termini manca una precisa coscienza che molte attivit promosse hanno
spesso un impatto ed effetti imprevisti e che, se mal controllati, possono
vanificare anche la migliore delle intenzioni.
Nel corso della ricerca mi capitato, infatti, pi volte di riscontrare
una disattenzione agli aspetti normativi che regolano la condizione del
minore straniero e agli effetti che le norme introdotte hanno sulle vite de-
gli utenti. Una diretta conseguenza di questo atteggiamento che molti
percorsi avviati sono intrinsecamente limitati e questo fa pensare al ca-
rattere strumentale dellintervento o almeno dubitare del fatto che lope-
ratore (o lente) si sia posto lobiettivo di fare andare a buon fine il lavoro
iniziato. Ma c di pi: la disattenzione degli operatori verso la discipli-
na sui minori stranieri ha inibito, a differenza di altre citt, ogni tentativo
di opporsi al nuovo trend assunto dallamministrazione nei confronti dei
minori non accompagnati, raramente, come ho gi detto, si sono alzate
voci di protesta e sono stati presentati ricorsi allautorit giudiziaria con-
tro i provvedimenti di rimpatrio
19
. Quello assunto dagli operatori , in
fondo, un atteggiamento tipico della tradizione e dellapproccio assisten-
LA NORMALIZZAZIONE DI UN ELEMENTO SFUGGENTE
193
zialistico: lattenzione alla risoluzione del caso e non alla condizione ge-
nerale e alla lotta contro le cause. Pur comprendendo le buone intenzioni,
un approccio di questo tipo serve solo a produrre alcune esigue eccezioni
sponsorizzate dal terzo settore, rispetto a una regola che quella delle-
sclusione. Si rischia cos di promuovere lidea che i diritti non sono pi
diritti, ma beneficenza di pochi per pochi e di riprodurre una pratica che
serve a tenere in scacco alcuni (in questo caso i minori) e in piedi altri (gli
enti selezionatori e controllori).
Appare allora ancora pi evidente il rischio insito nellattivit del set-
tore no profit, di diventare un versatile strumento di controllo sociale:
quello che sinstaura , infatti, un rapporto asimmetrico che riproduce (e
ribadisce) la subordinazione a chi dona di chi non pu che ricevere
20
.
nel dare forma a questo dispositivo, che loperatore getta le basi del suo
potere sul minore e in fondo del proprio prestigio sociale, spesso in con-
trasto con la tutela e laffermazione dinteressi pi diffusi
21
. Molti degli
operatori intervistati sono ben consapevoli della facilit con cui sinnesca
questo meccanismo:
Io sono partita criticando la struttura della rete 501, poi mi sono fatta
lidea, che vale quello che vale, che invece contino di pi le ansie degli
educatori. Gli educatori sono persone che si creano un ruolo sui bisogni
dei ragazzi. In un sistema messo a regime in cui non faccio pi il tuttolo-
go, ma faccio il mio pezzettino, non sono pi il salvatore della patria, non
sono quello a cui devi qualcosa. Sono uno che sta facendo il proprio lavo-
ro e a cui tu non devi niente. Io ho sentito fare discorsi a operatori che di-
cevano: quello a me deve la vita. Queste cose sono un indice della rela-
zione che crei, in cui tu non sei la persona stipendiata che d un servizio,
ma ti senti un volontario che fa qualcosa di diverso. Il problema per
che sei pagato, l prenderei tutti e gli farei presente che quando si rappor-
tano con i ragazzi loro sono pagati e quindi quando fanno qualcosa, Ninni
loro non ti devono niente. Alcuni poi si arrabbino quando i ragazzi glielo
fanno notare perch non devono permettersi di dirlo. C lidea negli edu-
catori ma anche in altri operatori che lavorano con questi ragazzi che loro
debbano essergli grati, poi non si capisce di che. Non ne parliamo quando
provano a far notare che un loro diritto. Per questo dico che finch per
accedere ad alcuni servizi devi essere simpatico a qualcuno la cosa non
pu funzionare, se invece esiste una serie di opportunit, dove le caratte-
ristiche secondo cui ci accedi sono precise e le cose che ti vengono richie-
ste altrettanto, allora secondo me unaltra cosa. Un educatore lavora be-
ne secondo me quando nessuno ti deve dire grazie. (insegnante)
Un tentativo proposto per ristabilire una simmetria nei rapporti consi-
ste nellevitare di corrispondere denaro senza lespletamento di unattivit
da parte del ragazzo e allo stesso tempo fornirgli le risorse per raggiunge-
re una propria autonomia. Questo era appunto uno dei presupposti del
pi volte citato programma per un futuro credibile:
194 IL MALE MINORE
Questa era una polemica che era uscita anche in relazione alla modalit
secondo cui si erogavano i fondi per i ragazzi che frequentavano la scuola
edile. [...] Questanno si ripresentato il problema di dare dei soldi ai ra-
gazzi che frequentavano i corsi, per evitare che andassero a vendere: io ho
chiesto che si uscisse dalla logica di regalare ai ragazzi i soldi anche perch
questi sono i tipici interventi che favoriscono un sistema clientelare, cio il
perch ti sono simpatico, non chiaro ai ragazzi il perch gli arrivano
quei soldi. O meglio magari lui pensa che glieli stai dando perch lo cono-
sci e perch ti simpatico. Che non un modo educativo di dare dei sol-
di, quindi si deciso di proporre ai ragazzi delle attivit a rimborso: tra-
duzioni, attivit con ragazzini pi piccoli, stage presso artigiani e io in
cambio ti do il denaro per rimborsarti quel tempo, che un modo un po
pi dignitoso. (volontario)
Tuttavia il correttivo suggerito ha in s un tarlo: a monte di questo
rapporto c il fatto che al ragazzo viene concesso il permesso di soggior-
no e un probabile posto di lavoro, prestabilito e selezionato in relazione
allesigenze del mercato, in cambio di una pi assidua frequenza scolasti-
ca. Inoltre il corrispettivo economico viene elargito per evitare che il mi-
nore svolga un lavoro autonomamente (la vendita ambulante) e lo rende
comunque dipendente dalloperatore e dalle richieste che questi gli muo-
ve. Questo genere di assistenza, fondata sulla ormai consolidata moda
di selezionare i soggetti capaci di mantenere un percorso, non sovverte
il confine tra mera beneficenza e affermazione di un diritto, piuttosto vi si
interpone come garante. Non solo, come direbbe Giovanna Procacci
22
,
non garantisce n doni, n diritti, ma si pone piuttosto a met tra il do-
no e il diritto: sancisce la naturalit di un diritto sotto condizione.
Questa pratica di carattere premiale (anche non in senso monetario)
mostra le sue debolezze nel momento in cui viene meno uno dei termini
del patto. Un esempio eloquente costituito dalle problematiche che gli
operatori soprattutto quelli che lavoravano nellunit operativa del co-
mune o in convenzione con essa hanno dovuto affrontare quando sono
decadute le condizioni del contratto che regolava la relazione con i ragaz-
zi seguiti. Senza pi alcuna opportunit di progettare percorsi di integra-
zione, impossibilitati a dare ai ragazzi una speranza di futuro e infine
senza la carta del ricatto della regolarizzazione, come abbiamo visto nel
capitolo precedente, gli operatori sono diventati impotenti e i rapporti so-
no crollati, forse proprio perch fondati su questinganno e non su un
pieno diritto del minore.
Gli operatori che non hanno pi nulla da offrire non vengono pi ricono-
sciuti come persone di riferimento, rimani come una pera. Io sono con-
vinta che il problema che hanno strutture come noi, ***, e in parte ***,
che non offriamo niente ai ragazzi. Perch le altre strutture possono per-
mettersi di dire: oggi fai il cattivo allora domani non ti mando a lavorare
nei campi. Quando noi chiediamo perch non vengono alle attivit ci di-
LA NORMALIZZAZIONE DI UN ELEMENTO SFUGGENTE
195
cono: avevo da fare, che cazzo te ne frega, certo avevano da lavorare.
Alla fine siamo diventati una sorta di servizio di facchinaggio per i ragazzi,
facciamo il bollino per lautobus, rinnoviamo il libretto della mutua e altri
piccoli servizietti... senza riuscire ad avere un rapporto con loro che inve-
ce lanno scorso avevamo. che diciamo cose diverse e poi non siamo al-
lettanti come altri servizi. Cos anche le assistenti sociali non hanno pi
modo di agire su di loro. Perch se rubi alla Coop non ti mandano in Al-
bania. Non c pi uno strumento con cui fare pressione sul comporta-
mento, se va bene, gli fai cambiare struttura, allora iniziano a fare il giro-
tondo: la comunit di emergenza di villa Canepa era la punizione, poi li
mandavi in quella di Montoggio che per non li volevano perch avevano
fatto casino con il computer, allora li rimandavi alla Salle, da la Salle se an-
dava male tornavano al dormitorio. Funzionavano cos le punizioni per-
ch non puoi non dargliele, te ne devi occupare, ma non avendo strumen-
ti educativi di nessun genere, come lo gestisci un ragazzo di 16 anni che
non va a scuola? (educatore comunit)
Il meccanismo innescato ha soltanto peggiorato la situazione, preca-
rizzando la condizione dei ragazzi esposti ormai a una totale dipendenza
(alle direttive e alle possibilit offerte) dalle istituzioni cittadine. Cos, sot-
tratti dai privilegi della logica premiale, i minori stranieri diventano un
tarlo nel tessuto istituzionale in quanto, anche se intrappolati nel suo or-
dito, sfuggono a ogni tentativo di aggancio. Gli operatori perdono i be-
ni dello scambio (e il rispetto dei ragazzi) e poich il mandato non il mi-
glioramento delle condizioni del ragazzo, bens lattuazione del progetto
educativo (ormai fallito), diventa impossibile svolgere il proprio compito.
La relazione con i ragazzi si fa chiara, gli operatori si trasformano in mere
sentinelle prive di autorit e riconoscimento, quando non dei servitori;
allora, come spesso accade nel rapporto con i giovani ribelli, anche le
opinioni cambiano. In realt laltruismo come sostiene Gillis quando
incontra resistenza produce amaro risentimento
23
, non un caso che,
come dimostrano alcuni studi
24
, molto spesso sono proprio i protettori
dellinfanzia ad avere unimmagine pessimistica dei giovani.
Lufficio stranieri dice che loro vedono lItalia come una specie di luna
park, non molto carino da dirsi per a volte vero, ti faccio un esempio.
Abbiamo portato dei ragazzi ad un centro estivo gestito di una cooperati-
va, li porta in piscina la mattina e al pomeriggio gli fa fare attivit di pale-
stra: sono sei attualmente i ragazzi in struttura, su sei, quattro hanno detto
di s, gli altri due no, uno lavora la mattina come muratore e allaltro la co-
sa non interessa proprio. Lassistente sociale li ha iscritti versando la quota
per liscrizione. Loro sono tornati la sera del luned e il marted mattina
nessuno di loro andato al centro dicendo che non gli piaceva perch la
palestra era piccola e aveva poche cose e che insomma gli avevamo propo-
sto delle schifezze e non avevano voglia di andarci. Vai a spiegargli che c
gente che non ha la fortuna di poter andare in piscina, mentre loro pote-
vano usufruire di questo servizio e invece non lo fanno? Tutto questo a
196 IL MALE MINORE
parte che ti fa spazientire ti fa rendere conto della totale mancanza di col-
laborazione da parte loro, che le loro esigenze sono pi elevate, che non
hanno interesse ad essere coinvolti in attivit di questo tipo. Alla fine ca-
pisci che tutto tempo e risorse sprecate. (educatore comunit)
Questo un esempio di come gli educatori dopo essere stati critici ri-
spetto alle scelte della pubblica amministrazione sullaccoglienza dei mi-
nori non accompagnati, si appiattiscono, nel momento in cui i ragazzi non
si mostrano pi grati per loperato svolto, sulle posizioni del comune.
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Non va certo sottovalutato che i numerosi interventi gestiti dal settore
no profit hanno dovuto confrontarsi con molte situazioni demergenza e
rispondere ad esigenze primarie, potendo contare esclusivamente sulle
esigue risorse amministrate dallassistenza pubblica. Tuttavia ci non to-
glie che anche in questo caso i progetti proposti dal terzo settore hanno
contribuito a fissare unimmagine del minore straniero come un emargi-
nato, un possibile deviante, bisognoso dassistenza ma anche di controllo:
il minore finisce in una rete di definizioni e interventi da cui davvero
difficile districarsi. Questa sorta di status egemone attribuitogli risulta
ancora pi significativo se si osservano le reazioni dei ragazzi: questi si
muovono nel mondo del bisogno seguendo logiche non dissimili da
quelle degli operatori. Impossibilitati ad autodeterminarsi e a lavorare au-
tonomamente, sollecitano e valutano lofferta fatta loro dal mercato, in-
dossando labito pi consono per ricevere la risposta sperata. Non c da
stupirsi se alcuni ragazzi ingannano proponendo di s limmagine che
loperatore o pi in generale il mercato dellassistenza si aspetta. Daltron-
de come osserva Ota De Leonardis lutente del servizio (cliente, pa-
ziente, consumatore) che deve imparare a porre domande coerenti con le
prestazioni che il servizio offre, conformandosi alle regole e assorbendone
il vocabolario
25
: un gioco questo che i ragazzi hanno imparato bene. Bi-
sogna insomma chiedersi quanto giustamente rispondono giocando la
reputazione
26
che pi risulta opportuna a raggiungere gli effetti deside-
rati: una sorta di adeguamento alle regole del mercato. Contro questo gio-
co di specchi spesso sinfrange la disillusione degli operatori che a un cer-
to punto scoprono di essere stati ingannati, o forse di non aver voluto ve-
dere oltre le loro esigenze (rappresentazioni).
Io so che i ragazzi cambiano atteggiamento a seconda del soggetto che si
trovano davanti. Ci sta, perch sono persone che non hanno niente da
perdere, la rete tra le associazioni serve anche a questo perch se racconti
storie diverse a persone che si confrontano questa cosa si viene a sapere.
Noi abbiamo dei momenti di lavoro insieme con i componenti della rete
in cui analizzare la storia familiare per avere un quadro pi oggettivo del
LA NORMALIZZAZIONE DI UN ELEMENTO SFUGGENTE
197
ragazzo, cosa che prima non avevamo, io avevo un quadro soggettivo del
ragazzo. Lanno scorso quando non esisteva la rete io scoprivo che il ragaz-
zo che stavo seguendo un giorno aveva unappuntamento dallassistente
sociale, un appuntamento al polo giovani, unappuntamento al laboratorio
di avviamento al lavoro e un appuntamento alla scuola edile. Questo per-
ch questo stronzo ha iniziato a chiedere da tutte le parti e ognuno di noi
dava della risposte e questo lo stesso giorno aveva tre o cinque appunta-
menti. Ci sta tutto, da una parte questi ragazzi sono maturi, sono grandi,
perch a sedici anni sono degli uomini che si autogestiscono, per sono
davvero molto confusi, perch loro sono in un mondo in cui ci sono tantis-
sime opportunit che non riescono a capire anche quali sono. (educatore)
In fondo, se si considera anche quanto stato detto nel primo capito-
lo, la condizione e la percezione dei minori stranieri non mi sembra cos
diversa da quella di molti altri coetanei (e adulti) italiani che inciampano
nella rete dei servizi. Gli stessi operatori sono ben coscienti che la condi-
zione dei ragazzi stranieri non diversa e a volte nemmeno peggiore: in
molte occasioni questi sono semplicemente pi poveri o con pi problemi
economici e burocratici. Non a caso sono stati definiti i nuovi sciusci
27
e
forse lo sono davvero:
Sono adolescenti come tutti gli altri, ma si possono permettere meno cose
di tutti gli altri, nel senso che se voglio regolarizzarsi [nel senso di legaliz-
zare la loro posizione amministrativa] devono farlo in fretta e quindi spes-
so rinunciare a molte cose che fanno gli adolescenti. Cos come non si
possono permettere di saltare delle lezioni perch rischiano di perdere lo
stage o il laboratorio, magari per andare con i tuoi amici o con la fidanza-
ta, che normale, purtroppo per se perdi lo stage o il laboratorio, luffi-
cio che ti segue ti dice hai perso loccasione. [...] Loro si sentono grandi
ma fanno anche cose da ragazzini qualche stronzata magari vanno a lavo-
rare e poi il datore di lavoro gli chiede di fare unora in pi e dicono basta
vogliono uscire. Noi cerchiamo di spiegargli tutto quello che riusciamo: la
legge, le possibilit che possono perdere. A volte le cose che fanno sono
davvero cavolate per questi ragazzi hanno poco tempo per sistemarsi,
quelli di qualche tempo fa, avevano magari due anni. E in due anni dove-
vano prendere la licenza media fare un percorso lavorativo, perch dopo,
e stando bravi, se avevi finito il percorso di appoggio con lufficio stra-
nieri e gli educatori, non era cos facile trovare un lavoro, come quando
entri in corsi con lappoggio di. Quindi in quel lasso di tempo dovevi
impegnare il pi possibile (educatore).
Nondimeno, come emerge chiaramente dal brano, una differenza c:
il rischio costante di essere rimandati indietro. Il timore e la precariet di
una condizione in cui limmagine che gli altri hanno di te pu significare
non soltanto labbandono (cosa che magari non darebbe neanche tanto
fastidio), ma lespulsione. Con argomentazioni differenti gli operatori del
comune e terzo settore si arrendono comunque allidea del rimpatrio per
198 IL MALE MINORE
questi minori che non riescono a uniformarsi alla nostra idea di infan-
zia, e per cui la nostra societ appare non ancora pronta. Vediamone
un esempio:
I ragazzini di dieci anni vengono qui perch c venuto il fratello, perch
sentono la responsabilit di guadagnare i soldi per la famiglia che li ha
mantenuti fino ad allora e vogliono fare qualcosa, la loro cultura. Un
bambino, un minorenne, per per me fino a quindici anni deve rimanere
nel suo paese. Deve avere una possibilit nel suo paese questo in tutti i go-
verni che ci sono al mondo e poi se vuole emigrare dove vuole deve avere
la possibilit di andarci, di studiare se vuole studiare quella lingua e avere
un lavoro. Noi ci viviamo su questi ragazzini, poi li rispediscono gi, ma
come possibile che a nove anni riescono a fargli passare la dogana a que-
sti ragazzini a farli venire fino qua, gli togliamo la mamma e li risbattiamo
poi gi? Quando tornano a casa che sono dei falliti tutti, a diciotto anni.
Farli stare qua andrebbe bene se fosse fatto diversamente, perch noi in
Italia parliamo di tante cose come la scuola e poi quando uno ti arriva a
quattordici-quindici anni e non sa parlare litaliano, gli fai fare il corso di
alfabetizzazione poi lo inserisci a scuola, ma a scuola non li vogliono. Non
li vogliono a scuola anche se sarebbero obbligati a inserirli (purtroppo sia-
mo razzisti, quindi che stessero a casa loro perch qui starebbero male),
ma non li prendono. Gli danno comunque unistruzione per farli andare a
lavorare, cos come viene perch comunque non sanno n leggere n scri-
vere litaliano; non sanno n leggere n scrivere la loro lingua. Non abbia-
mo le strutture per farlo, non siamo pronti. Non so, complicato, io so
che faccio un lavoro di merda e tutto il terzo settore un settore del cavo-
lo, io mi vergogno a volte di fare questo lavoro. Daltra parte gli do una
mano finch posso io, per il lavoro bisognerebbe farlo negli altri paesi e
negli altri paesi dipende molto da noi da quello che facciamo. (educatrice)
In definitiva la marginalit in cui vivono i ragazzi pu essere eliminata
soltanto dal rimpatrio, non da un miglioramento delle condizioni di vita
loro e dei loro genitori, e soprattutto non certo da politiche meno restrit-
tive. Una peculiarit dellatteggiamento degli operatori del comune in-
vece la necessit di bilanciare linteresse del minore con il mandato di di-
fendere linteresse pubblico. Innanzitutto dagli sprechi delle risorse desti-
nate ai cittadini. Come sostiene un dirigente de comune:
Per essere molto franchi, io svolgo la funzione di un ente pubblico locale,
ho il contratto degli enti pubblici, come persona e come funzione, quindi
devo svolgere funzioni parametrate al territorio comunale, riferite ai citta-
dini del comune, e a quelli che transitano nel mio comune e che per legge
devo seguire, al pari del barbone o pankabbestia che va al Massoero e al
pari del minore straniero [...]. Io sono fortemente critico e ho richiesto il
parere dellavvocatura per capire perch dellindirizzo del buonismo, an-
che allinterno dellamministrazione, di inserire minori stranieri irregolari
negli asili nido, nelle scuole materne, non potendo i genitori perch irre-
LA NORMALIZZAZIONE DI UN ELEMENTO SFUGGENTE
199
golari presentare il reddito, e dare anche la mensa scolastica. Che rimanga:
io che pago seicento mila lire al mese, perch sono regolare, non vedo
perch debba funzionare cos. Perch uno si auto dichiara irregolare, che
poi molto facile dichiararsi irregolare, non ho un documento, non ho un
reddito, cos hai il servizio gratuito, perch cos avviene. Io devo tenere
conto di queste cose. [...] Io devo avere locchio su una politica complessi-
va, e quindi non posso considerare che per il minore straniero ci debba es-
sere un metro di valutazione diverso rispetto al minore italiano. Come ruo-
lo non posso non considerare che il servizio che io do pagato dai cittadini
del mio comune e dallamministrazione che mi paga deve essere uguale.
La volont di arginare la dipendenza istituzionale e di favorire chi
in grado, o ha la costanza, di seguire il percorso stabilito invece una
caratteristica comune a tutti gli operatori, sia pubblici sia del privato so-
ciale. Questo, piuttosto evidente, riguarda trasversalmente non solo tut-
ti gli stranieri, bens tutte le fasce deboli della popolazione. Cos pi in ge-
nerale, come tradizione consolidata in queste pratiche, rientra tra coloro
che hanno diritto ad essere aiutati qualunque minore (o soggetto) inferio-
rizzabile attraverso il bisogno e controllabile attraverso le regole; tra chi
questo diritto non lo ha, tutti gli altri.
Io credo che ci siano due tipologie ben specifiche, una il minore da tute-
lare perch nel suo percorso ci sono stati degli ostacoli tali per cui un
minore da proteggere: sono intervenuti dei fatti e delle questioni talmente
gravi da richiedere un intervento di autorit giudiziaria e qui parlo delle
condizioni di protezione e di tutela vera e propria. Unaltra tipologia di
ragazzi, mi sembrerebbero essere pi quelli da tutelare in senso diverso,
questi mettono in discussione i nostri istituti per la tutela: perch se vo-
gliamo pensare nellottica di un tipo di tutela classica dove c una sorta di
cura, di protezione e di speranza per il futuro, li mettiamo in un conteni-
tore classico, consueto. Ci mettono in crisi perch non sono ragazzi da
contenitore classico, consueto. Sono ragazzi da riaccompagnare a scoprire
qual il loro vero progetto di vita. (dirigente)
Per quanto riguarda laltra comunit anche l gli unici che sono rimasti so-
no gli albanesi, i ragazzini marocchini se ne sono sempre andati, questo fa
supporre che alle spalle ci sia qualcuno che gli d da mangiare che li man-
da a vendere, hanno altri posti in cui stare hanno magari dei familiari che
nel tempo li regolarizzeranno, quindi hanno meno bisogno di aiuto. Ai
marocchini la proposta da parte nostra di una presa in carico di un certo
tipo, di seguire la scuola, perch se vuoi andare a lavorare la terza media
la devi avere, viene rifiutata. Evidentemente queste cose non sono ancora
ben entrate in mente a certi ragazzini che preferiscono continuare a ven-
dere i fiori a fare quello che fanno e a vivere cos. (educatore)
Detto ci non ben chiaro, in questo caso, cosa sintenda per un ve-
ro progetto di vita, visto che ai minori non viene riconosciuta alcuna au-
200 IL MALE MINORE
tonomia decisionale. Lassistenzialismo un falso problema, perch quel-
la di bisogno una condizione in cui i minori stranieri, e soprattutto quel-
li non accompagnati, vengono costretti a causa dei limiti e delle incer-
tezze sui diritti loro riconosciuti. La loro condizione, lo abbiamo detto,
articolata in virt di una completa temporaneit, costruita e voluta dalle
norme e ribadita dalle pratiche. In sostanza, la scelta a priori, al di l
delle sorti e della caratteristiche dei singoli
28
. Ma forse tutto appare pi
chiaro se si pensa che questo minore, a differenza degli altri assistiti,
non pu affatto avere un progetto di vita, o meglio non lo pu avere in
Italia. Qualunque decisione deve essere presa dopo i diciotto anni, ossia
quando decadono i suoi privilegi.
Non necessariamente il loro progetto di vita deve essere improntato al rim-
patrio, ma non basta che loro pensino che il loro progetto sia rimanere
qui. Non un minorenne che pu autonomamente decidere questo, sol-
tanto attraverso la presenza, la vicinanza, la collaborazione con figure
adulte di riferimento si pu riaccompagnare a scoprire il suo percorso, e
insieme a lui, favorire dei progetti di cooperazione, di gestione di un pro-
getto di vita diversa. Mi piacerebbe che il nuovo spunto fosse scegliere in-
sieme a lui, per andare verso i diciotto anni in un contesto pi protetto
che non necessariamente sia il nostro e poi a diciotto anni decider. Un
progetto di emigrazione normalmente per il lavoro, io credo che adesso
questi ragazzi facciano un processo di immigrazione lavorativa favorito
dalla minore et, ripeto favorito dalla minore et e umanamente non lo
considero corretto. Non concepisco che un ragazzino di quattordici anni
venga qui a lavorare e mi dica me ne frego del Let, no, con gli strumenti
che abbiamo a disposizione non possiamo permettere che a quattordici
anni decida della propria vita. Non lasceremo mai decidere della sua vita
un nostro figlio di quattordici anni, non credo che sia giusto. (assistente
sociale)
La tutela del minore assume rilevanza soltanto se garantita nel paese
di provenienza: la necessit di sanzionare la migrazione minorile viene
giustificata, non diversamente da quanto sostengono sia il Comitato per i
minori stranieri che le Ong convenzionate, dalla necessit di garantire lo
sviluppo evolutivo del minore albanese nel suo contesto, e insieme a lui,
la crescita del suo stesso paese. A Genova, in buona sostanza, la campa-
gna per la promozione della cultura del minore non accompagnato fat-
ta dallIcs, e sponsorizzata dal comitato, sembra davvero aver funzionato.
Un esempio eloquente di quanto detto finora emerge dai due brani che
seguono tratti dalle interviste agli operatori del comune e in particolare
da quella a un dirigente di cui riporto un ampio stralcio:
Non sempre lintegrazione la cosa giusta, io ricordo una frase di quella
riunione con *** [il secondo presidente del comitato, quello della svolta],
quando diceva che le autorit albanesi reclamano i loro figli, reclamavano
la presenza di forza lavoro, di energie e di pensiero che non cerano pi in
LA NORMALIZZAZIONE DI UN ELEMENTO SFUGGENTE
201
questi Paesi. un fenomeno inarrestabile quello dellemigrazione per ca-
rit, per anche vero che questo creava dei dissapori tra Paesi, perch ci
siamo creati noi lidea che qui si sta meglio e che la pizzeria in corso Italia
meglio di una pizzeria a Tirana. LAlbania un paese che si sta rifacendo
le ossa, abbiamo visto i filmati dellIcs, dove s vero ci sono rovine, segni
di spari, ma non soltanto quello. Ci sono anche delle iniziativa nuove che
vero che sono denigrate anche per le scarse forze non solo fisiche ma di
pensiero [insomma se lAlbania non si rialza colpa dei minori che se ne
vanno], di forze nuove. Questa era una cosa che mi era rimasta impressa,
non per dire delle cose banali, ma penso davvero che ci siano delle possi-
bilit anche per loro. (assistente sociale)
Io non sono per un servizio pubblico sine qua non, per oggettivamente
su questa materia mi sembra che le spinte genovesi sono verso un buoni-
smo tipico del cattocomunismo che poi non risolve i problemi ma illude le
persone. Quindi preferisco rimandare ad altri organi che valutano se ef-
fettivamente il bene del ragazzino stare qui oppure valutano che il biso-
gno rientrare nella propria patria, sapendo benissimo che stare qui al-
lExp tutto il giorno senza fare una mazza molto meglio per il ragazzi-
no, oppure mettiamola anche in positivo, lavorare qua per un artigiano
molto meglio che stare a zappare la terra in Albania, dal punto di vista
economico ecc. Credo che nelleconomia complessiva, economica (del si-
stema occidentale) ed educativa del ragazzino, sia possibile e pensabile
che il ragazzino torni laggi a vivere di merda, con la propria famiglia per
tentare un riscatto per crescere nella propria terra. Insomma io non do
per scontato che necessariamente lemigrazione sia positiva. Io voglio an-
dare in Albania a vederla questa cosa, sicuramente merda, per io penso
anche che la famiglia, il fatto di investire sul proprio paese, di passare dei
messaggi... Mi verrebbe da pensare siete nella merda, ma a maggior ra-
gione, io preferisco sempre inventarmi i lavori, piuttosto che andare in
una cosa codificata. Mi piacerebbe ricostruire questa Italia, piuttosto che
andare in un altro Paese, perch non investire sul proprio paese. Visto che
poi come amministrazione statale e noi singolarmente con le tasse paghia-
mo anche dei forti investimenti di cooperazione internazionale. Io parto
dal presupposto che sicuramente alcune situazioni di emigrazione sono
necessarie, per le condizioni familiari, di guerre, noi seguiamo delle ragaz-
zine che erano state vendute dalla madre. Per non posso neanche passa-
re dal presupposto che poverini sono qui e poverini dobbiamo dargli
qualcosa. Poverino sono io che mi faccio il culo, valutiamo il fatto che ci
sia un ente esterno e non io con il mio bisogno di stare dentro il budget,
con gli input politici che ho, con le mie opinioni, che valuti che limmigra-
zione sia necessaria e non ci sono altre condizioni. Per me importante,
perch limmigrazione non automatica. Se venuto qua non automati-
co che qui sia il suo bene. Perch qui c la possibilit di lavoro, ma c an-
che il pedofilo che forse laggi non c. (dirigente comune)
Ma non tutto: questa pratica, oltre a produrre effetti di promozione
collettiva, ha dei preziosi risvolti individuali, non sempre palesi agli occhi
202 IL MALE MINORE
dei benefattori intrisi di buonismo tipico del cattocomunismo. Come ci
suggeriscono gli operatori, non sempre lintegrazione la cosa giusta;
pu creare false aspettative che, quando vengono deluse, possono produr-
re effetti deleteri anche sul processo evolutivo del ragazzo: il minore, co-
me leggiamo nel brano che segue, diventa bugiardo per scongiurare le
difficolt di inserimento in una realt cos complessa, esponendosi in que-
sto modo al rischio di disturbi caratteriali, socializzativi e inesorabilmente
alla devianza. Questa tendenza antisociale e patologica dei ragazzi va risol-
ta, o meglio curata con il ripristino delle condizioni di stabilit del ragaz-
zo, ossia il ritorno in patria. questo il pi frequente pretesto per legitti-
mare le soluzioni di allontanamento e il regime di tolleranza zero che han-
no contraddistinto le pratiche nei confronti di certi minori stranieri. In so-
stanza ci conduce a ritenere che, non tanto per il nostro, ma proprio per
il loro interesse, la risposta pi adeguata sia il rimpatrio. Di questa strin-
gente logica riporto un esempio che non ha bisogno di tanti commenti:
Per i ragazzi inizialmente nel momento dellaffidamento si faceva un pro-
getto specifico e si riusciva ad inserirlo in iniziative di tipo lavorativo e di
tipo formativo, ora [dopo la circolare] molto pi difficile, perch un
permesso di soggiorno per minore et non pi spendibile al di l dei di-
ciotto anni. Per lente locale non ce la faceva pi a sostenere il peso di
tutti questi inserimenti, cos curati e cos mirati. Le comunit alloggio
scoppiavano, non avevamo pi posti in Isforcoop, piuttosto che nei corsi
della provincia. Questo non toglie che molti di questi ragazzi, che sono
stati inseriti in questo percorso, si sono rivelati ragazzi con la maggiore do-
se di bugie e di falsit. Questo non toglie che abbiamo comunque fomenta-
to la predatoriet in questi ragazzi, non abbiamo fatto sempre loro del be-
ne inserendoli a tutti costi o cercando a tutti i costi degli aspetti di integra-
zione. Questa la mia idea oggi; inizialmente ero certa che quel provvedi-
mento avesse peggiorato di molto il nostro lavoro, invece adesso s che
vengono fuori i ragazzi cattivi, quelli che non stanno pi alle regole per-
ch tanto non ci perdono niente, quelli che dicono che ai Let non ci vo-
gliono andare perch non gliene frega niente. Un tempo forse rimanevano
pi latenti queste cose, non abbiamo fatto del bene ad immaginare che
linserimento fosse la cosa ottimale. [...] Con lesperienza di questo ultimo
anno e mezzo, mi sono resa conto che il rimpatrio pu essere davvero una
soluzione buona per questi ragazzi. Tanti ragazzi con lidea di venire qui a
lavorare hanno stravolto la loro vita, hanno raccontato bugie inenarrabili,
si sono resi falsi, magari senza rendersi conto di essere strumento di altri,
perch magari ci sono delle organizzazioni di vendita o di tratta. Ti assicu-
ro che ho sentito raccontare delle bugie cos grosse, ad esempio raccon-
tarmi come sono morti i genitori, di eredit avute in modo strano per pa-
garsi il viaggio, non avere fratelli e averceli, dire a una persona che hai una
sorella da mantenere e non vero, che hai la mamma che ha la tisi e non
vero. Anche bugie che fanno leva su alcune corde nostre, dellemotivit,
molto forti, molto gravi, ragazzi che raccontano grosse bugie anche alle
forze dellordine. Credo che questo mini molto la loro futura permanenza
LA NORMALIZZAZIONE DI UN ELEMENTO SFUGGENTE
203
qua. Io penso che sono loro stessi a rischio di viversi come bugiardi. Per-
ch nel momento che tu scopri che hai fatto morire i tuoi genitori in un
incidente stradale, in un taxi il giorno x nellora x e poi non vero, ma io
non ti creder mai pi: tu hai detto la bugia pi grossa del mondo, tu
vuoi il male dei tuoi familiari. Secondo me queste sono cose che minano
molto la personalit di un ragazzo e specialmente quella di un adolescente
che ancora in via di strutturazione. [...] Questa lontananza dalle cose
reali non un sintomo dintegrazione, ma se mai di disintegrazione.
proprio sul progetto l che bisogna puntare, perch se la venuta qua pro-
voca questi disastri cos grossi e cos continui, davvero io credo che sareb-
be molto meglio attivarsi diversamente perch questi ragazzi possano per-
manere nella loro patria e non si debbano trovare a dover raccontare que-
ste bugie, per vendersi meglio o per apparire diversi, perch questo li por-
ta a non avere nessun contatto con noi. (assistente sociale)
appena il caso di chiedersi cosa dire di unistituzione, adulta, che in
definitiva inganna e a sua volta racconta bugie ai minori. Abbiamo gi ri-
levato quante volte essa non riesca ad assumersi la responsabilit di an-
nunciare il rimpatrio al ragazzo, nel timore di fughe preventive, e di co-
me deleghi ad operatori compiacenti il compito di accompagnare con
linganno i minori espellendi in questura.
Una volta di pi evidente che la differenza tra le varie sfumature
di minore straniero solo o in stato di bisogno sta nelle possibilit e so-
prattutto nelleffettiva probabilit di essere rimpatriato, grazie a pratiche
che vanno ben oltre qualunque sua condizione o comportamento. Non
centrano, insomma, la condizione, la provenienza, il saper stare ai per-
corsi, la presenza o lassenza di adulti di riferimento, n il legame pi o
meno stretto con loro. La definizione di minore non accompagnato data
dagli operatori locali sembra tornare in definitiva sulla linea di demarca-
zione tra minori non rimpatriabili e minori rimpatriabili.
Io disconosco completamente sia le scelte fatte sugli albanesi sia la circo-
lare, ci passato tutto sopra la testa e lo hanno fatto in maniera indistinta.
Io credo che ci sia un altro motivo per cui i marocchini si limitano a ge-
stirli: che non ci sono accordi con il Marocco mentre con lAlbania ci so-
no degli accordi. Quindi ci sono determinate agenzie che vanno a valutare
allinterno del territorio albanese le situazioni, poi prendono pi elementi
possibili qua in Italia e poi tutto va alla commissione di Roma questo
non accade per i minori marocchini. Anche questo incide sul marasma
che si venuto a creare. Noi abbiano avuto due ragazzini che hanno rim-
patriato che erano delle persone eccezionali. La collaborazione con lAl-
bania per a livello fittizio, magari c qualcuno che va a controllare,
per noi eravamo rimasti in contatto con un ragazzino che era stato rim-
patriato e tutto quello che gli era stato fatto credere e promesso poi non si
concretizzato, quindi il rischio che non si faccia altro che alimentare le
persone che fanno questi rimpatri. (educatore comunit)
204 IL MALE MINORE
Quindi noi diciamo che a volte noi aiutiamo quelli che hanno meno biso-
gno di essere aiutati, e non riusciamo con quelli che sono sfruttati. Questo
difficile intanto perch quasi impossibile fare rimpatri in Marocco, noi
ne abbiamo fatto uno. Mentre in Albania ci sono questi assistenti sociali
delle Ong che lavorano, in Marocco non c, adesso un po di pi, ma non
paragonabile. inutile metterci le mani perch tanto non potrebbero
essere rimpatriati, i tempi sono molto pi lunghi. Ultimamente c stata
una collaborazione maggiore con il Marocco, per sempre con grande dif-
ficolt. (assistente sociale)
In conclusione possibile dire che la possibilit di gestire e seleziona-
re i minori va messa pi banalmente in relazione alleventuale smalti-
mento e agli interessi implicati nella gestione. In fondo quella che vie-
ne fatta con continuit dentro e fuori i confini dello stato nazione non
altro che una guerra a bassa intensit (ma non sempre) verso le emergenti
classi pericolose. Ci non toglie tuttavia che, in un regime discorsivo
pi ampio, il minore straniero rimane inevitabilmente un facile terreno di
conquista di politici e imprenditori sociali. Quanto abbiamo visto finora
accadeva, infatti, sullo sfondo in una citt che guadagnava le luci della ri-
balta come capitale della cultura europea con una conferenza sui ragaz-
zi del Mediterraneo. Una cultura europea che ha bisogno di miti per co-
struire la sua identit, almeno quanto ha bisogno di muri per difenderla: il
giovane del mediterraneo cos simbolo di unione, bacino di nuovi soda-
lizi economici e terreno sfida per il futuro della civilt mediterranea. Un
futuro che si tradisce nella vita quotidiana dei vicoli e nei carteggi buro-
cratici.
LA NORMALIZZAZIONE DI UN ELEMENTO SFUGGENTE
205
!"#$%&'(%')*
Nelle pagine di questo libro si possono leggere in filigrana storie di
ragazzi in cui la fuga, la clandestinit e labbandono rappresentano il ma-
le minore rispetto allabbraccio fatale delle istituzioni. Come esempio
di tutte le vite non raccontate, nelle pagine che seguono propongo la sto-
ria di una ragazza marocchina che, partita da una condizione di regolare
soggiorno in Italia, si trovata ad essere una minore non accompagna-
ta. Uneccezione rispetto alla regola dellicona del minore non accompa-
gnato (maschio e albanese) e forse per questo ancora pi outsider. Rac-
conto la storia di W., attraverso le parole dellassistente sociale che ha se-
guito il suo caso, per fornire un esempio concreto della lucida follia con
cui operano i meccanismi di tutela dei minori (di qualsiasi minore) e le
retoriche che li sorreggono
1
.
La storia di W. non un caso di vera e propria minore non accompa-
gnata. W. una minore sola. Ci era stata segnalata dal distretto sociale di
*** che laveva conosciuta nel 95. Sua mamma era appena arrivata dal
Marocco, dopo essersi separata dal marito. Per un certo periodo la ragaz-
zina era rimasta in Marocco con il pap, dopo di che la mamma aveva ri-
tenuto giusto dare alla figlia delle opportunit diverse rispetto al Maroc-
co, decidendo di farla venire in Italia a vivere con lei. Gli operatori mi
avevano detto che a quel tempo W. era molto arrabbiata con la madre,
forse perch non voleva venire in Italia. Poi, in realt, hanno letto que-
statteggiamento come il desiderio da parte di W. di farla pagare alla ma-
dre per averla abbandonata.
stata proprio lei, la madre regolare, lavorava presso una famiglia,
aveva il permesso di soggiorno a rivolgersi ai servizi. Disse che aveva bi-
sogno daiuto perch non riusciva a contenere la figlia. La ragazzina aveva
smesso di andare a scuola e quindi lassistente sociale e lo psicologo ave-
vano valutato la possibilit di inserirla al *** che un istituto a semi con-
vitto dove W. andava a scuola la mattina e di pomeriggio faceva i compiti,
usciva verso le sei e mezzo di sera, andava dalla mamma, dormiva a casa e
tornava a scuola la mattina. Ma dopo un po di tempo W. aveva comincia-
to a fare delle scenate alla madre, a volte la sera non tornava, usciva con i
suoi amici. Cos, verso la fine del 2000, gli operatori hanno valutato la
possibilit dinserimento in una comunit.
In quello stesso periodo la mamma di W. si ammalata di cuore, le
stato consigliato un intervento chirurgico ma deceduta a seguito dellin-
tervento, pare per delle banali complicanze, qualcosa legato allanestesia.
Per cui la ragazzina si trovata a stare in comunit da sola, orfana. In
realt qui a Genova vive anche un suo fratello, ma era uno che frequenta-
va ambienti illegali e malfamati, legati al mondo dello spaccio e a vicende
illecite, sprovvisto di permesso di soggiorno perch non lavorava. Ha sem-
pre avuto un rapporto burrascoso con W.: laccusava di aver trattato male
la madre e di causare troppi problemi. Comunque poi finito in carcere.
In comunit la ragazzina ha cominciato a dare sempre pi spazio a
comportamenti preoccupanti: frequentava brutti ambienti, si fidanzava
ogni giorno con uno diverso, per non parlare del fatto che entrava e usciva
continuamente dallistituto a suo piacimento, rispondeva malissimo, aveva
del denaro che diceva di procurarsi attraverso i servizi che faceva a dei ra-
gazzi. Diceva di essere la fidanzata di un boss, era stata vista andare in giro
in moto o comunque bazzicare per locali non ben frequentati. Gli opera-
tori non riuscivano a contenerla, chiedevano a gran voce di allontanarla
dalla comunit. Ci hanno chiesto di collaborare, ipotizzando anche la pos-
sibilit di farla rientrare nel suo Paese attraverso un rimpatrio assistito.
Cos, a gennaio, il suo caso stato preso in carico da noi: labbiamo fatta
rientrare come minore sola non accompagnata, anche se nella realt la si-
tuazione del fratello era piuttosto mobile, perch di l a poco sarebbe usci-
to dal carcere. Per abbiamo colto la palla al balzo, pensando che magari
con lSsi, attraverso il Comitato minori stranieri, saremmo riusciti ad avere
un contatto con il padre, per valutare la effettiva possibilit di un eventua-
le rimpatrio. Abbiamo telefonato in Marocco, sia alla sorella maggiore che
al padre, ma non abbiamo trovato adesioni particolari. In un primo mo-
mento il pap ha detto che si era risposato e che aveva avuto delle altre fi-
glie e che quindi non era disponibile per W., poi era stato pi possibilista.
La sorella pi grande frequentava una scuola da modista a Casablanca:
prima ci disse che lavrebbe presa lei, poi aveva fatto marcia indietro.
A seguire il caso di W. eravamo in tre, lo psicologo, uneducatrice ed
io. Un giorno abbiamo deciso di fare una visita domiciliare nellalloggio
dove pensavamo di trovarla era lalloggio in cui viveva con la mamma. Io
W. ancora non lavevo mai vista, ma lo psicologo la conosceva. Dopo aver
suonato pi volte abbiamo trovata insieme ad unamica. Devo dire che era
una situazione piuttosto ambigua labbiamo anche relazionata al giudi-
ce. Le due sembravano un po confuse, dormivano insieme nello stesso
letto. Abbiamo avuto il sospetto che stessero insieme. La ragazza che stava
con W. era gi passata nei nostri uffici come minore sola non accompagna-
208 IL MALE MINORE
ta. Era stata collocata durgenza con le forze dellordine, portata allospe-
dale perch aveva una frattura a un braccio: al momento della dimissione
un operatore ausiliario era andato a prenderla allospedale Galliera con
lidea di portarla in questura per identificarla in e poi riportarla in ufficio
per orientarla alle diverse strutture. Ma la ragazza era scappata. Quando
labbiamo riconosciuta in casa di W. lei ha fatto finta di non ricordare.
La casa era in realt una sorta di magazzino: abominevole, tenuta ma-
lissimo, una situazione assolutamente non adeguata per una ragazzina
della sua et. Alluscita incontriamo un ragazzo, un vicino di casa che ci
chiede se conosciamo W., ci racconta che la ragazza era molto a rischio e
che tutto il palazzo era consapevole di questa situazione: cerano state
molte segnalazioni alle forze dellordine, di notte cerano urla pestaggi,
via vai di gente, specialmente marocchini. Questa cosa ci ha ulteriormen-
te preoccupati. Durante la visita domiciliare W. era stata molto adeguata,
avevamo parlato e le avevamo detto che non volevamo abbandonarla.
una ragazza molto manipolativa, riesce sempre ad adattarsi alle situazioni:
ci aveva assicurato che sarebbe venuta ai servizi e che si era appena sve-
gliata perch di notte non era stata molto bene e non aveva dormito. Non
venuta, ma ci ha lasciato un recapito telefonico.
Abbiamo provato tantissime volte a chiamarla, ma si data alla mac-
chia e non labbiamo pi vista. Fino a febbraio, quando ci arriva una se-
gnalazione da parte dellospedale Galliara: la ragazza si era rotta un femo-
re e fratturata un ginocchio in seguito a un investimento di unauto pirata
durante la notte, proprio in una via accanto a casa sua. La cosa ci appar-
sa un po strana, preoccupante. Le abbiamo chiesto che cosa era successo,
ci ha raccontato che erano le quattro di notte, che aveva fame e che era
uscita a comprarsi un panino al bar ma a un certo punto il cagnolino le
era scappato s, in tutto questo c anche un cagnolino lei gli era anda-
ta dietro e unauto laveva investita senza fermarsi. Questa versione c
parsa subito preoccupante e abbiamo chiesto unindagine alla polizia giu-
diziaria, per non vento fuori niente: certo che non cerano segni di
strisciata sullasfalto, come se non fosse successo niente.
Leducatrice io e lo psicologo ci siamo turnati per una quarantina di
giorni per andare in ospedale a trovarla. Ci andavano anche tutti i nostri
utenti scappati, un giro di ragazzini marocchini che la aiutavano, che rap-
presentavano la sua identificazione e che diciamo la hanno aiutata a
sopportare questa cosa. W. una ragazzina che non ci sta ferma, pratica-
mente il giorno dopo lintervento voleva scendere dal letto, ha messo a
soqquadro lospedale. Si fatta portare una mini cabina telefonica, i suoi
due cellulari, una che riesce a coinvolgere tutti, pur non avendo alcuna
forza di volont capace di orientare lintervento degli altri a seconda di
quello che le serve. In questa quarantina di giorni, abbiamo cercato di sta-
bilire con lei un colloquio e di orientarla ad andare in unaltra comunit,
seriamente, senza raccontare bugie. Abbiamo pensato a una comunit
fuori Genova, perch ci pareva pi opportuno che si allontanasse dal cen-
STORIA DI W. 209
tro: una delle persone che lei dichiarava essere il suo fidanzato era andato
in carcere per spaccio di stupefacenti. Lei ci mandava dei rimandi positi-
vi. Non escludeva neppure lidea di tornare in Marocco, noi per non ci
sbilanciavamo perch il pap non ci aveva ancora dato lassenso a ripren-
derla. Non eravamo noi quelli giusti a parlare con il pap, perch non
avevamo niente da offrirgli, solo quelli del Ssi potevano organizzare per il
pap, qualcosa di diverso, ma al momento non avevamo avuto risposta.
Abbiamo trovato posto in una comunit un po isolata, Monte Brug-
giana, un po sullo stile di San Patrignano, a circa sette chilometri dalla
citt: l tutto quello che serve per un andamento quotidiano viene prodot-
to autonomamente, quindi si fa il pane, si coltiva la frutta la verdura, ci
sono delle scuole interne, dei corsi di formazione e le persone hanno la
possibilit di inserirsi un progetto. Per devono assicurare di rimanere al-
meno un paio di anni. Una delle critiche che viene mossa a questa comu-
nit che una volta preso in carico un caso lo gestiscono a seconda degli
orientamenti che loro hanno. Sono loro a stabilire cosa meglio per i loro
utenti. Ne abbiamo parlato con il giudice e anche lui era daccordo con
noi per mandarla l. Abbiamo preparato la domanda insieme al giudice,
dopo di che ci diamo appuntamento con il medico per la dimissione, era
tutto studiato, tutto pronto: portiamo le stampelle alla ragazza e la andia-
mo a prendere. Ma lei era gi scappata. Aveva detto che era andata a fare
un giretto con una sua connazionale. Gli operatori sanitari sono stati sgra-
devolissimi perch hanno detto che non potevano impedirle di fare una
passeggiatina: ma se sai che alle due viene lassistente sociale glielo impe-
disci eccome... Tra laltro lospedale non ha fatto neanche denuncia di al-
lontanamento, il che mi sembra gravissimo: noi siamo andati l per qua-
ranta giorni!
Il giudice poi ha emesso un provvedimento in cui si ordina alle forze
dellordine di portare immediatamente la ragazza a Monte Bruggiano, nel
caso in cui lavessero trovata. Noi ci sentivamo con la comunit molto
spesso, per tenere accesa la fiamma su W. Ma dopo un po ci arriva un
provvedimento nuovo: il comitato ci dice che vista la situazione della ra-
gazza e esaminata la disponibilit del padre ad accogliere la minore, (lSsi
probabilmente aveva previsto un programma di aiuto alla famiglia, in Al-
bania comprano attrezzi, o animali per agevolare la famiglia), dispone il
rimpatrio. Ci siamo subito allarmati. Parliamo con lispettore preposto al
rimpatrio e suggeriamo prima del rimpatrio un passaggio in comunit,
cos possiamo fare insieme agli operatori della comunit un percorso con
la ragazza. Ma a questo punto la comunit ha detto che la ragazza non
soddisfaceva pi i criteri perch non si sentivano competenti in caso di
rimpatrio assistito. Quello di W. un caso davvero a rischio, perch se-
condo il parere di tecnici questa veramente una ragazza che rischiamo
di trovare, visti i sui collegamenti con la malavita, nei bidoni della spazza-
tura
2
. W. una ragazzina difficile, sfuggente e problematica.
210 IL MALE MINORE
Questo un omaggio a W. e ai suoi amici che le sono stati incondizio-
natamente vicini nel momento del bisogno. Minori in fuga, alla ricerca di
diritti che avranno, forse, solo da maggiorenni.
STORIA DI W. 211
!"#!$%&'"#'
'()*+,-./),/((0)./1/
Il 15 luglio 2004 la Corte Costituzionale ha dichiarato lincostituziona-
lit della legge Bossi-Fini nella parte in cui prevede laccompagnamento
coatto alla frontiera e larresto obbligatorio per chi, dopo essere stato
espulso, non ha lasciato il paese. Questo indubbiamente un passo avanti
per il riconoscimento dei diritti dei migranti, anche se non sappiamo an-
cora quali saranno gli effetti concreti di tali cambiamenti
1
. Ma rimane
unamarezza: la stessa Consulta, pi volte sollecitata, non mai riuscita a
prendere una posizione decisiva sulla discriminazione degli stranieri mi-
norenni. Di pi: nonostante le dichiarazioni dintenti, nessuno si premu-
rato di ricorrere alla Consulta per richiedere una pronuncia dillegittimit
sulla procedura e sugli esiti del trasferimento di competenze sui minori
stranieri non accompagnati da un organo giudiziario a uno amministrati-
vo. Quella sui minori rischia di essere una battaglia persa, perch le retori-
che che la sostengono sono radicate troppo profondamente nel nostro
pensiero di Stato, fanno ormai parte del nostro patrimonio genetico. For-
se si tratta dellimpellenza di credere che un futuro tranquillo sar garanti-
to almeno per i migliori. Cortzar gi nel 1969 prevedeva che il regno
sar di plastica, questo sicuro. E il mondo non si trasformer in un incu-
bo tipo Orwell o Huxley; sar molto peggio, sar un mondo meraviglioso
come i propri abitanti - senza una zanzara, senza un analfabeta, con polli
giganti che avranno sicuramente diciotto gambe tutte prelibate, con stan-
ze da bagno telecomandate, paesaggi tropicali per gli abitanti di Reykjavk
e viste di igloo a lAvana, sottili misure di compensazione che smorzeran-
no ogni ribellione ecc. In altre parole sar un mondo soddisfacente per
persone ragionevoli
2
.
In effetti, minore e straniero sono in fondo due costrutti sociali
che concorrono a definire il grado di appartenenza dei singoli individui
alla societ, tracciando una netta linea di demarcazione tra i membri e i
non membri della societ. Se si volesse fare unanalisi di come questi con-
cetti sono stati teorizzati dalle scienze sociali, il dato pi evidente che il
loro carattere marcatamente metaforico ha sempre indotto interpretazio-
ni di volta in volta ambigue: la minore et e lessere stranieri, lungi dal rap-
presentare un elemento neutro, sono stati considerati ora come condizio-
ne sociale, ora come prodotto culturale di un determinato periodo. Il di-
scorso costruito intorno al minore e quello costruito intorno allo stranie-
ro alimentano, infatti, una cultura e una pratica che delimitano e pena-
lizzano lo status di per s. Lo straniero condivide con il minore lesse-
re un non soggetto di diritto
3
, ossia lessere privo di riconoscimento non
solo giuridico (in senso lato e non strettamente tecnico), ma anche sociale
e politico. In sostanza, scontano entrambi la pena di essere dei fatti sociali
totali
4
. A ben vedere, i due tipi di costrutti si configurano come luoghi di
sperimentazione: del potere e del controllo nel caso del minore ; di
uno stile di convivenza, in cui ciascuno estraneo agli altri e al sistema
culturale di riferimento, nel caso dello straniero (cfr. capitolo primo).
La mia definizione di minore straniero dunque frutto delle due condi-
zioni separate e dei loro inevitabili intrecci.
Su queste premesse, come abbiamo visto, il minore che da solo varca
le frontiere assume oggi inediti significati sociologici e politici come ele-
mento di rottura con i nostri paramenti definitori, e lo fa in un senso du-
plice: come minore rispetto allordine adulto e come immigrato rispet-
to allordine statale-nazionale, al pensiero di stato della societ che lo
ospita. Una sovrapposizione di confini (cognitivi, sociologici e politici)
che rende il minore straniero una figura limite e lo spinge in una condi-
zione in cui una serie di canoni prestabiliti a livello sociale assume una vi-
sibilit particolare (la funzione specchio) incontrando un elemento sov-
versivo. In questo senso il minore straniero rappresenta, come i due co-
strutti sociali che lo compongono, un laboratorio di sperimentazione per
ridefinire la stessa convivenza sociale. Di pi: mettendo in crisi una se-
rie di pratiche e di dispositivi abitualmente sperimentati per ristabilire la
tutela dei minori, esso costringe a riformulare i sistemi e le condizioni di
inclusione e di esclusione.
In questo contesto le istituzioni filantropiche e le figure professionali
che si sono sviluppate nel trattamento e nella cura delle fasce margi-
nali hanno avuto un ruolo fondamentale nellistituzionalizzazione e nella
definizione del minore straniero, traendo inoltre grande beneficio da tut-
ta loperazione. In generale, la scarsa attenzione posta sulloperato della
filantropia ha contribuito a edificare quel paradigma, tuttora dominante,
secondo cui qualunque intervento nei confronti dei minori (e in questo
caso dei minori stranieri) effettuato nel loro superiore interesse.
questo un altro aspetto che la ricerca ha voluto mettere in discussione.
Una sorte che abbiamo visto accomunare i tre tipi di costrutti sociali
quella di essere laboratori di sperimentazione: tanto il minore, quanto
lo straniero e a maggior ragione il minore straniero, subiscono un tratta-
mento che ricorda molti degli aspetti della biopolitica analizzata da Fou-
cault. In tutti e tre i casi tale trattamento si traduce soprattutto nei termi-
214 IL MALE MINORE
ni di una sistematica istituzionalizzazione/socializzazione, che viene cos a
costituire il contesto principale con cui questi soggetti vengono prodotti e
al tempo stesso categorizzati. Nel caso dei minori stranieri, quindi ne-
cessario frantumare lidea generale di tutela e adattarla a questi nuovi
soggetti sociali. Tale riscrittura della tutela, tuttavia, non risponde tanto
alla necessit di una maggiore aderenza alla realt in trasformazione,
quanto allurgenza di ridefinire, adattare e regolare la realt stessa: infatti
i diritti dei minori stranieri vengono separati da quelli dei minori italiani e
poi ulteriormente atomizzati in quelli caratteristici dei minori stranieri
non accompagnati attraverso un processo di definizione/esclusione che
utilizza le stesse tecniche argomentative impiegate per la tutela.
Non si trattato quindi solo di comprendere le origini del concetto di
minore straniero e di come, una volta introiettato a livello sociale, tale
concetto ha avuto modo di essere iscritto in categorie istituzionali. Un ul-
teriore passo stato quello, pi complesso, di avvalersi della categoria
minore-straniero-non-accompagnato per mostrare la nuova ripartizio-
ne in base a cui si definiscono le funzioni biopolitiche di governo di al-
cune fasce marginali a livello internazionale
5
, attraverso linequivocabile
definizione del confine che la necessit di tutela inaugura e sancisce.
Tuttavia necessario sottolineare che non tutti i minori stranieri subi-
scono lo stesso effetto escludente: sostenere questa tesi significherebbe
avvallare il pi ingenuo determinismo nel rapporto tra sistemi di control-
lo e comportamento sociale, ma soprattutto andrebbe contro le evidenze
della stessa ricerca, che hanno mostrato casi in cui, al contrario, il minore
straniero viene incluso (si pensi alle pratiche messe in atto a Genova nei
confronti dei minori marocchini). Infatti, un altro aspetto emerso dalla ri-
cerca sul campo che con la categorizzazione del minore non accompa-
gnato si istituisce una pratica che ridefinisce non solo le condizioni di
esclusione ma anche quelle di inclusione.
Abbiamo visto che la costruzione del minore straniero non accompa-
gnato stata frutto non solo di una crociata morale, ma dellazione collet-
tiva di tutto il circuito dei soggetti coinvolti nella tutela del minore. La
carriera del minore straniero si dipana lungo un processo che dal go-
verno centrale (Comitato per la tutela dei minori stranieri) arriva al terri-
torio e viceversa, sulla scorta della conoscenza di senso comune di cui di-
spongono i vari attori alimentata dalle opinioni degli operatori del terzo
settore, in Italia e allestero per creare resoconti adeguati e plausibili.
Considerando lintero percorso si pu innanzitutto rilevare come le opi-
nioni sul minore non accompagnato siano influenzate dalle relazioni
(spesso di tipo gerarchico e di dipendenza economica: in una parola, di
potere) che legano i vari attori. Larga parte del loro operato deve sfociare
nella produzione di accounts ufficiali volti a comporre la decisione finale
del Comitato. Questi accounts, tuttavia, non serviranno a fornire elementi
per la decisione del comitato per i minori stranieri, che gi stabilita in
via generale, bens a giustificarla al fine di eludere i limiti imposti dai di-
CONCLUSIONI. IL MINORE NELLA RETE 215
ritti garantiti allinfanzia. Cos i vari attori tendono a organizzare le pro-
prie descrizioni in modo tale da rendere plausibili e legittime le misure in-
traprese. Su questo punto non affatto necessario che tutti gli attori con-
dividano la stessa opinione circa la rappresentazione del fenomeno e i cri-
teri da stabilire nella sua gestione. Infatti tutte queste anime possono coe-
sistere, poich proprio la loro contrapposizione accredita la conoscenza
ormai condivisa del fenomeno e legittima i provvedimenti adottati
6
. Que-
sta conoscenza, costruita e riprodotta attraverso i saperi degli attori,
sar poi strutturata e formalizzata attraverso la produzione di una cultu-
ra sul fenomeno a cui attingeranno, a loro volta, gli stessi attori per for-
mulare le proprie opinioni. Detto altrimenti, questo percorso serve a for-
nire un vocabolario comune per definire il fenomeno, una grammatica e
una sintassi per costruirlo e uno stile adeguato per rendere plausibili le
scelte prestabilite.
Schematizzando, la categoria di minore non accompagnato fonda la
sua esistenza su un presupposto giuridico, condiviso dai professionisti dei
diritti dellinfanzia, e assume come implicita lassoluta necessit di tutela
della minore et, nonch la sua conseguente consegna a una autorit
(adulta o statuale) che si faccia carico della sua protezione, promozione e
sviluppo nel pieno rispetto dei diritti inalienabili dellinfanzia. Il diritto
infatti definisce il minore non accompagnato solo diacriticamente e, non
potendo assumerne oggettivamente lesistenza, rimanda quindi alla posi-
tivit predittiva dei parametri giuridici dellinfanzia (e del suo superiore
interesse), dalla cui formulazione (o meglio negazione) pu ricavare una
definizione formale della categoria di minore non accompagnato: un pic-
colo individuo privo di riferimenti adulti che abbiano su di lui lautorit
alla tutela e al controllo, e che infine si trova in un paese straniero - ovve-
ro fuori dai confini nazionali e culturali che lo definiscano. La genericit e
la sostanziale assenza di cogenza del principio giuridico del superiore in-
teresse del minore (che pervade e legittima tutte le pratiche attuate sul-
linfanzia) rendono questo concetto pronto per luso e fondamento di
ogni posizione sullinfanzia sia di coloro che ho definito child savers sia
dei kiddy libbers. Ora, proprio lassoluta necessit e lurgenza di afferma-
re il riconoscimento e il rispetto universale di diritti inalienabili dellinfan-
zia entrano in cortocircuito con gli esiti delle pratiche attuate nei confron-
ti dei minori stranieri nel rispetto dei principi enunciati.
Abbiamo visto come la crociata per la tutela dei minori stranieri, nata
su presupposti quanto mai universalistici (il pieno godimento dei diritti
dellinfanzia) ha finito per suffragare/imporre una protezione e un con-
trollo non solo e non tanto impostati sul nostro pensiero di stato quanto,
nei fatti, su criteri esclusivamente etnici. Contrariamente a quanto af-
fermato, laffidamento dei giovani stranieri a una giurisdizione speciale,
infatti, non ha avuto come priorit lo sbandierato interesse del minore,
ma ha consentito di condannare un atto irregolare e allontanare il sogget-
to clandestino. La questione minore non accompagnato, ad esempio,
216 IL MALE MINORE
sospesa nella possibilit di accesso a un diritto di insediamento in Italia:
unopportunit che, come abbiamo visto, si propone in unottica di frui-
zione condizionata dei diritti che annichilisce nella pratica buona parte
dei principi universalmente stabiliti per i minori. Un primo e immediato
elemento di contraddizione dato dunque dallesito stesso della frantu-
mazione della tutela. Lo status esistenziale, e non pi esclusivamente giu-
ridico, del minore si rivela allora estremamente fragile, poich il ragazzo
dal momento in cui identificato come non accompagnato diventa fa-
cile preda di molteplici pratiche di sfruttamento e facilmente destinato al-
lo smaltimento.
E nello smaltimento dei minori entrano in gioco le Ong che operano
nei paesi di provenienza. Dallanalisi delle origini delle convezioni stipu-
late dal dipartimento degli Affari Sociali per il rimpatrio dei minori stra-
nieri non accompagnati, emerge che questi accordi sembrano avere una
certa continuit con il programma di intervento predisposto dal nostro
governo per affrontare la crisi albanese e soprattutto per arginare le on-
date migratorie che a partire dagli anni Novanta si infrangono sulle
coste italiane. Oggi, effettivamente, la simbiosi tra i governi occidentali e
le Ong internazionali nelle politiche dintervento a favore dei paesi rite-
nuti meno civilizzati o democratici rappresenta un tentativo per prevenire
la mobilit dei nuovi marginali, disciplinandone la vita direttamente nei
luoghi di provenienza. Alle sue estreme conseguenze, lesperimento
eseguito sui giovani migranti contribuisce a testare e naturalizzare nuove
pratiche selettive per rendere pi o meno permeabili i confini nazionali.
In definitiva, creando uno iato tra minori rimpatriabili e non, permette di
declinare i criteri su cui istituire un confine, sempre pi gestito su logiche
private, tra inclusi ed esclusi.
Una prima, immediata ipostatizzazione di questo fenomeno pu esse-
re rintracciata nella tendenza degli attori istituzionali (o meno) a descrive-
re i giovani stranieri, soprattutto quelli provenienti dai Balcani, di volta in
volta, come minori da tutelare o clandestini da rimpatriare, in base alle
priorit che lagenda politica impone. La produzione schizofrenica, e la
discrezionalit di tali definizioni contraddittorie da parte delle autorit
italiane, rappresenta uno dei sintomi pi evidenti della generale condizio-
ne di assoluta irrappresentabilit e indistinzione del minore non accom-
pagnato.
Per comprendere in che misura queste logiche assumono rilievo sulla
vita dei giovani migranti si , infatti, reso necessario analizzare e scompor-
re nel contesto locale i registri discorsivi, che sul piano generale hanno
presieduto alla definizione e alla rappresentazione del minore non ac-
compagnato, e le pratiche attraverso cui questo minore viene neutraliz-
zato e, se possibile, espulso dallo spazio riservato ai legittimi. Nel caso di
Genova, il meccanismo prodotto ha legittimato e inaugurato contempo-
raneamente pratiche di atrofizzazione nella tutela dei minori, nonch un
regime di tolleranza zero che superano largamente i provvedimenti previ-
CONCLUSIONI. IL MINORE NELLA RETE 217
sti a livello nazionale: ci riguarda la questura e la magistratura genovese,
ma soprattutto il comune e il privato sociale. Infatti, grazie alla previsione
di una normativa speciale sui minori stranieri in un primo tempo, e sui
minori non accompagnati, sono stati istituiti in progressione apparati spe-
cifici pubblici e privati e pratiche di eccezione.
Abbiamo visto come sia stato messo a punto un macchinoso sistema
di accoglienza fondato su collaboratori flessibili e politiche di bassa so-
glia (mi sono riferita in particolare al caso genovese, ma una pratica as-
sai diffusa in tutta Italia) che consistono in unaccoglienza esclusivamente
notturna e nella garanzia dei diritti fondamentali minimi: due pasti al
giorno (mattino e sera), cure sanitarie urgenti e istruzione limitata allob-
bligo scolastico. Detto altrimenti, assunta la categoria di minore non ac-
compagnato, e la sua rimpatrabilit, gli operatori dei servizi sociali e i
responsabili delle strutture di riferimento abdicano ad ogni compito che
vada oltre la nuda vita. Ma non tutto: poich non tutti i minori sono
rimpatriabili, lo status di non accompagnato, oltre ad essere lo spar-
tiacque tra minori non rimpatriabili (a cui per ora destinato un seppur
tortuoso e instabile percorso di inserimento) e minori rimpatriabili (per i
quali lunica chance lattesa di un sicuro rimpatrio consumata nel pi to-
tale abbandono), serve soprattutto a ridefinire, uniformandola al ribasso,
la condizione dei minori non rimpatriabili. Inoltre esso serve a legittimare
listituzione di un apparato pubblico e privato che si faccia carico della
sua gestione. Ci sembra confermare lipotesi del minore straniero
non accompagnato come categoria burocraticamente costruita
7
nelle
e dalle pratiche quotidiane che la mantengono.
Dalle molteplici attivit sviluppate per adeguare la realt delle politi-
che locali al fenomeno della migrazione minorile emerge in definitiva una
privazione del minore dei diritti che dovrebbero essere garantiti, come
osserva Moro, proprio attraverso e per mezzo dello stato, concretamente
impegnato in tutti i suoi organi e istituzioni a consentire al singolo leffet-
tiva valorizzazione dei diritti
8
. La carenza di un sistema di interventi po-
litico-sociali da porre in alternativa al rimpatrio riduce in modo sostanzia-
le le responsabilit del comitato centrale sul minore e le ripartisce anche
tra gli attori del contesto territoriale. Non va comunque trascurato che
lo stesso Comitato per i minori stranieri a far pressione affinch a livello
locale non vengano avviati costosi percorsi di integrazione, che rendereb-
bero pi complesso il rimpatrio. Ebbene: se, come abbiamo visto, nume-
rose strutture si sono riciclate (con risultati non sempre apprezzabili)
sul tema dei minori stranieri e altre, invece, ne hanno ricavato unulterio-
re fonte di sostentamento, ci non deve servire a giustificare (celando le-
sigenze di controllo sulle migrazioni) la sospensione dei diritti attraverso
la predisposizione di tecnologie sociali complesse e la delocalizzazione
degli interventi per questi minori direttamente nel Paese di origine. Piut-
tosto, queste dequalificazioni nellofferta dei servizi impongono una
considerazione meno neutrale e buonista delloperato svolto a favore
218 IL MALE MINORE
dei minori stranieri da parte di quanti, in molte occasioni, traggono da
questi interventi linfa vitale.
Una conferma della necessit di rimanere vigili sulloperato di questo
settore viene dallanalisi dei progetti predisposti a Genova per i minori
non accompagnati: anche in questo caso lattivit del terzo settore, per
quanto altruistica, non pu essere considerata finalizzata al bene del mi-
nore in modo acritico. Infatti, entrambi gli organismi del terzo settore
presi in esame, comunque in bala del mercato della sopravvivenza, hanno
come cliente (esplicito o implicito) un soggetto diverso dal minore.
Non si tratta qui di mettere in discussione gli effetti immediati e spesso
decisivi sui ragazzi, n la buona volont dei progetti analizzati. La que-
stione riguarda piuttosto la possibilit di riconoscere realmente una posi-
zione terza, volta alla promozione di una cittadinanza per giunta at-
tiva. In un mercato sempre pi povero e al tempo stesso concorrenziale
si corre, infatti, il rischio di estendere il controllo pubblico su nuove pre-
sunte categorie di soggetti bisognosi. In questa cornice pu innescarsi
un meccanismo ulteriore di deresponsabilizzazione reciproca, nel quale
lamministrazione pubblica si accontenta di aver risparmiato sui costi,
senza considerazione per la qualit dei risultati, e lorganizzazione privata
si accontenta di sopravvivere, o di perseguire il suo business, senza consi-
derare il carattere pubblico, sociale, dei problemi e dei beni che essa trat-
ta
9
. In questo doppio senso affermo che il sistema istituito ha consentito
che i diritti dei minori caduti sotto la sua protezione potessero essere
privati.
Per riprendere le fila del discorso in estrema sintesi, le politiche attua-
te nei confronti dei minori non accompagnati pi che come una strategia
per garantire una tutela specifica a un soggetto in particolare stato di bi-
sogno, si delineano come uno strumento per disincentivare una migrazio-
ne minorile autonoma e autodeterminata, sancendone la devianza ri-
spetto allunico modello accettato di minore straniero solo: il bambino
sfruttato, povero o in pericolo di vita, il protagonista per ora ancora inno-
cuo e gestibile dello spettacolo del dolore. Il minore che si comporta
come un elemento sfuggente
10
rispetto alle relazioni di potere che do-
minano la sua esistenza viene neutralizzato o criminalizzato. A questi
aspetti vanno aggiunte altre due considerazioni di carattere generale. Se la
creazione di un problema sociale (il minore straniero non accompagnato)
una possibile anche se involontaria conseguenza della criminalizzazione
di una certa pratica, allora lemergere di nuove criminalit (quella dei mi-
nori stranieri) pu rappresentare una seconda conseguenza involontaria
11
.
Lemergere della criminalit dei minori stranieri pu essere in parte il ri-
sultato della trasformazione dellidentit da normale in deviante,
conseguente allestensione e allapplicazione sui minori delle norme che
regolano la migrazione irregolare adulta tramite la creazione di un sistema
restrittivo e punitivo.
La devianza secondaria prodotta da questi processi esula dalla delimi-
CONCLUSIONI. IL MINORE NELLA RETE 219
tazione di campo che si dato questo lavoro in senso stretto e si proietta
in quello dellanalisi interazionista simbolica delle attivit di polizia. Tut-
tavia, vista lenfasi che stata posta nel discorso sul minore straniero sul
possibile coinvolgimento in circuiti devianti e/o criminali, vale la pena di
riportare a conclusione di questo lavoro un esempio dei processi di sele-
zione attraverso cui letichetta di deviante viene applicata ai minori stra-
nieri e poi da questi auto riprodotta.
Il processo, semplificando, pu essere sviluppato su tre livelli. Con
lintroduzione dellimpossibilit di svolgere regolarmente un lavoro (sep-
pur provvisto di un permesso di soggiorno) e delle politiche di accoglien-
za a bassa soglia, il minore straniero (non accompagnato) si trova privo di
mezzi di sostentamento e per gran parte della giornata costretto a vivere
in mezzo alla strada. In base ai racconti raccolti nel corso delle intervi-
ste ad alcuni ragazzi si prospettano pochi, inevitabili scenari: un lavoro ir-
regolare ad alto rischio di sfruttamento (che riguarda tutti quelli che lavo-
rano in nero, minori e adulti), il possibile coinvolgimento in atti criminali
(per lo pi furti di abiti e generi alimentari, qualche volta spaccio); ma pi
spesso lessere oggetto di continue attenzioni da parte della polizia che
li ferma per il solo fatto di trovarli in gruppo e privi di una legale occupa-
zione (a loro per legge negata). Alcuni ragazzi hanno raccontato che gli
agenti sono soliti guardare se hanno calli alle mani per capire se lavorano
o delinquono: questo crea non pochi fraintendimenti, su cui la polizia
non sempre sembra andare per il sottile. Ma non tutto. I ragazzi intervi-
stati, costretti in una condizione deviante (privi di un luogo in cui stare,
con un permesso di soggiorno a scadenza e impossibilitati a svolgere atti-
vit lavorativa), al di l del fatto che percepiscono come naturale latto
criminale giustificato dello stato di bisogno, sanno anche che lunico mo-
do per sperare di rimanere in Italia proprio quello di commettere un
reato, in quanto leventuale buon esito di una messa alla prova pu com-
portare la conversione del permesso di soggiorno.
Qualunque siano le cause o le responsabilit di questa deriva nelle
pratiche di tutela attuate nei confronti dei minori stranieri, il problema ri-
mane e solleva pi di una perplessit sulla distanza abbissale tra un appa-
rato dinterventi sofisticati rivolti solo ad alcune fasce di minori (gli italia-
ni e i regolari), con limpegno di significative porzioni della spesa pub-
blica, e lassoluta assenza di interventi e di un meccanismo per la valuta-
zione a posteriori dellefficacia e della correttezza del lavoro svolto sui mi-
nori. Se di promozione dei diritti dellinfanzia si vuole ancora parlare, do-
vranno necessariamente sgretolarsi le barriere che caratterizzano laccesso
ai sistemi di tutela a favore dellaffermazione di diritti promossi dalle stes-
se civilt democratiche a monito delle altre. Diritti che non possono in
alcun modo essere distinti e segmentati in base alla provenienza naziona-
le, allubicazione del soggetto o alla sua et, ma che devono essere ribadi-
ti e affermati quale patrimonio universale di ogni essere umano. Non
pi pensabile che si conservi questa separazione di interventi tra minori
220 IL MALE MINORE
italiani e stranieri e tra minori stranieri di serie A e di serie B; n accetta-
bile che nel lungo periodo possano reggere le contraddizioni che inesora-
bilmente affiorano dalle disposizioni e dalle pratiche concrete a governo
della condizione dei minori stranieri. Allora, per concludere, appare ine-
vitabile che le pubbliche amministrazioni per prime siano investite di
nuove e pi ampie responsabilit, tra cui la pi importante quella di es-
sere chiamati a gestire un territorio definito dal diritto alla soggettivit e
non pi dal diritto alla cittadinanza.
Lelemento che accomuna tutte le numerose storie di vita dei minori
stranieri non accompagnati la necessit della loro esclusione. La tutela
costruita su questa categoria si conferma come un meccanismo in grado
di definire, ripartire, separare soggetti che per noi sono diventati troppo
scomodi o che mettono troppo in discussione il nostro sistema. Come ab-
biamo visto, la sorte del minore-straniero-non-accompagnato quella di
essere una cavia per la sperimentazione del processo di categorizzazione
che permette la trasformazione del vicino in ebreo
12
per poi ricollocar-
lo in quei luoghi che Bauman in un recente articolo ha definito discari-
che umane. Tuttavia, perch labbraccio intorno al minore si chiuda er-
meticamente, necessario lingresso della filantropia. Il terzo settore ren-
de, infatti umanitaria questa operazione, ma soprattutto, date le sue esi-
genze di sopravvivenza, la rende permanente.
In questo mercato non proprio florido, inoltre, la globalizzazione
ha ormai ridefinito il rapporto con gli scarti di produzione: questi sem-
pre pi difficilmente gestibili localmente, vanno necessariamente smal-
titi
13
. La possibilit di gestire e selezionare i minori localmente va ora
messa in relazione con la possibilit di smaltire i minori. Possibilit che
tuttavia va ad alimentare un mercato, come abbiamo visto, caratterizzato
da altrettanti interessi.
Detto altrimenti: fintanto che ci saranno Ong disposte a rimpatriare
(smaltitori) e Ong disposte a legittimare che questa possibilit sussista
(istituzionalizzatori) in virt di un superiore interesse dellinfanzia da
mettere in relazione con il controllo delle frontiere i minori continue-
ranno a essere rimpatriabili. Fino a quando ci saranno Ong che, in un mi-
rabile sodalizio con le istituzioni, provvederanno alla cura dei minori se-
lezionati o irrimpatriabili (gestori locali) sar possibile costruire e per-
petuare un meccanismo che, oltre a distinguere tra desiderati e indeside-
rati, permette di neutralizzare i primi e smaltire quei pochi altri che rie-
scono a penetrare le barriere. In poche parole sar possibile optare per il
male minore.
Questa ineffabile microfisica ha risvolti davvero tragici nel momen-
to in cui i minori diventano i protagonisti della retorica di intervento
umanitario e al tempo stesso le vittime privilegiate della guerra. Nellat-
tuale congiuntura gli intenti bellici sono, infatti, regolarmente pervasi da
questa retorica e nondimeno proprio per i civili sempre pi difficile spo-
starsi dai luoghi di guerra. I minori sono cos vittime e palcoscenico di un
CONCLUSIONI. IL MINORE NELLA RETE 221
nuovo modello per gestire lordine sociale che sostituisce la reclusione
e lo smaltimento con la distruzione e il totale annientamento.
222 IL MALE MINORE
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1 Dal Lago 1999.
2 Tanto per farsi unidea. Il Punto sosta viene istituito dal Comune di Milano nel
1997 (prot. gen. 23670.480/97) per rispondere al crescente disagio sociale che da
tempo la citt di Milano registra, un fenomeno serio, anche per le implicazioni a
livello di ordine pubblico causato dalla presenza di minori di varie etnie, trova-
ti in stato di abbandono (o non adeguatamente tutelati) sul territorio cittadino.
Questo inizialmente (tra luglio e settembre del 1997) ha sede nei locali della Pro-
tezione civile di via Barzaghi ed gestito in collaborazione con gli operatori dei
servizi sociali del comune di Milano, in seguito (a partire dallottobre del 1997)
viene spostato presso lIstituto Martinit e Stelline. Va fatta una precisazione: visto
il periodo, negli atti si parla di minori stranieri trovati in stato di clandestinit,
solo dopo la legge 40/98, questi inizieranno a chiamarsi minori stranieri non ac-
compagnati.
3 Dai dati forniti dallo stesso Punto Sosta tra lottobre 1997 e il maggio 1998 la per-
centuale di fuga era circa del 83 per cento. Dei rimanenti pi della met veniva
collocata in comunit (quella non identificata) e il resto veniva rimpatriato o ri-
consegnato alla famiglia (in patria).
4 Cristofori 1997.
5 Boas 1966; cfr. anche Aris 1981
6 Lutte 1979, 30.
7 Dal Lago 1985, 145-146.
8 Sayad 1996.
9 frequente trovare questa relazione nei documenti istituzionali, in particolare nei
rapporti sullinfanzia prodotti da commissioni create ad hoc, come ad esempio
quello elaborato dalla Bicamerale sullinfanzia nel 2001 in relazione al triennio di
attivit. Consultabile allUrl: www.parlamento.it (organi bicamerali).
10 Le pubblicazioni che hanno posto laccento su questi temi sono in continua cre-
scita; solo per fare alcuni esempi cfr. Cavallo 1995; Benzi 1999; Ciconte, Romani
2002 e le innumerevoli pubblicazioni sul tema fatte da Terres des Hommes. Pi in
generale, sui casi di schiavit che riguardano i minori nel sud del mondo, oltre al-
le periodiche pubblicazioni di Children Human Rights, Amnesty International,
Save the Children e di molti altri enti impegnati nella protezione e promozione
dellinfanzia da ogni forma di sfruttamento, si veda Bales 2002.
11 La socializzazione del minore infatti lelemento comune nellaccostamento di
molte categorie definite marginali tra cui, non ultimo, lo straniero. Al momento
sufficiente segnalare alcuni storici lavori su questo argomento, come Saraceno
1972; Becchi 1979; Bartoli 1981.
12 La letteratura su questo tema si presenta quanto mai vasta; unutile guida nel pa-
norama pulviscolare delle varie teorie sulla socializzazione Ghisleni, Moscati
2001.
13 Becchi 1979, 15.
14 Si veda Dal Lago, Giglioli 1983; cfr. anche Dal Lago 1987.
15 Come ha mostrato Cunningham 1997; sul punto cfr. anche Gillis 1981; Musgrove
1965.
16 Di questa tradizione di ricerca i Subaltern studies rappresentano uno degli esempi
pi interessanti. Una buona parte delle pubblicazioni e unaccurata bibliografia
sono consultabili al sito: www.lib.virginia.edu/areastudies/subaltern/ssmap.htm.
In italiano si veda Guha, Spivak 2002.
17 Cfr. Emler-Reicher 2002.
18 Deleuze 1999, 67 ss.
19 Dal Lago, De Biasi 2002, X.
20 Per una rassegna delle pi recenti tendenze della ricerca etnografica cfr. ivi.
21 Dal Lago, Giglioli 1983.
22 In particolare gli studi di Becker (1987) e di Cicourel (1968) costituiscono i pre-
supposti impliciti di questo lavoro.
23 Dal Lago, Giglioli 1983, 35.
24 Becker 1987.
25 Dal Lago, Giglioli 1983, 36.
26 Foucault, 1977 b, si vedano anche Dreyfus-Rabinow 1983, Cantucci 2000.
27 In generale sulla ricerca etnografica (in campo sociale e antropologico) cfr. Ham-
mersley, Atkinson 1989; Fabietti 1998; Dal Lago, De Biasi 2002; Bruni 2003; sul-
losservazione partecipante e sulluso di interviste cfr. Schwartz, Jacobs 1987; De-
mazire, Dubar 2000, sulluso dei documenti e delle storie di vita cfr. Alasia,
Montaldi 1975; Campelli 1977; Olgaro, Saraceno 1993.
28 Nel corso di questo lavoro utilizzer indistintamente i termini terzo settore, priva-
to sociale, settore no profit e cos via, pur sapendo che ad essi sono attribuite sfu-
mature e tradizioni diverse (cfr. Tubaro 1999; De Leonardis 1998). Qui intendo
questi termini in modo pi ampio, come alternativa allintervento pubblico.
29 Tubaro 2001; vedi anche Marcon 2004.
30 Oltre ad essere il luogo in cui vivo e lavoro.
31 A proposito della legittimit della ricerca empirica svolta in ununica citt cfr.
DEramo 1995.
32 Cfr. Bruni 2003
33 Dal Lago, De Biasi 2002
34 Schwartz, Jacobs 1987.
35 Cifford, Marcus 1997.
36 Per tutti: Bourdieu 1993.
37 Barthes 1974.
38 Godelier 1976, 46.
39 Preciso che la categoria di non accompagnato non affatto nuova: fin dallimme-
diato dopoguerra si parlava di minori non accompagnati e, in quel caso, ci si rife-
riva a minori italiani che migravano verso il nord Italia ed Europa. Qui per mi
interessa rendere esplicito luso specifico e inedito che si fa di questa categoria, al-
lo scopo di individuare la genealogia degli effetti a cui questa categorizzazione
conduce. un po come dire che gli ebrei sono sempre esistiti, ma luso che sta-
224 IL MALE MINORE
to fatto dellebreo dal nazifascismo cosa ben diversa. Del minore non accom-
pagnato italiano, questa categoria conserva la tradizione di impegno di alcuni sog-
getti che troveremo nel nostro percorso e che per il momento possiamo ricondur-
re alla generica filantropia umanitaria.
40 Il riferimento, piuttosto evidente, a Weber (1958). Secondo tale proposta, lin-
terpretazione dei fatti sociali avviene attraverso la duplice strada dellinterpreta-
zione dellagire umano, nella sua interpretazione simbolica socio-culturale e insie-
me attraverso la lettura delle motivazioni degli individui che compiono concreta-
mente le azioni.
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'*+,-*.,-/012304,.2-2
1 Linfanzia e ladolescenza sono state a lungo terreno fertile soprattutto di interpre-
tazioni psicologiche e attivit pedagogiche. Almeno dal punto di vista sociologico,
si parlato per molti anni di una marginalizzazione dellinfanzia (Qvortrup et al.
1994 e Butler Shaw 1996). Tra i testi che iniziarono a delineare lo studio di una
sociologia dellinfanzia segnalo, anche se ormai un po datata, lantologia curata
da Jenks (1982); tra le pi recenti teorizzazioni dellinfanzia cfr. Corsaro (2003);
Allison, Jenks, Prout (2002). La produzione culturale sulle condizioni di vita dei
giovani invece piuttosto fertile; soprattutto nel secondo dopoguerra la ricerca
sociale sui giovani ha conosciuto una straordinaria fortuna. Un tentativo di messa
a punto in questa vasta area di ricerca era stato fatto da Rauty 1989.
2 Tratter in questa sede infanzia, adolescenza e giovinezza come componenti del
concetto pi ampio di et giovanile (fanciullezza) o, in termini pi burocratici, di
minore et intesa come et non adulta.
3 Levi, Schmitt 1994, VI ss.; cfr. anche Becchi 1982.
4 Rossi 2001, 18 ss.
5 Richter 1992, 8-9.
6 Dal Lago, Molinari 2001.
7 Cristofori 1997; vedi anche Allison-Prout 1997.
8 Molti sono i contributi che sottolineano il carattere metaforico dellinfanzia e del-
let pi in generale. Si veda Brannen, OBrien 1995; per lItalia confronta Aa.Vv.
1982 e Passerini 1994.
9 Bini 1981, VII.
10 Su questo punto si veda Trisciuzzi, Cambi 1989.
11 In realt i percorsi dellinfanzia e di quella che diventer a partire dallOttocento
ladolescenza si intersecano e si differenziano in parte da quello dei giovani. Mi
occuper in particolare dei primi due, limitandomi ad alcuni cenni sui giovani ove
leconomia del discorso lo render opportuno.
12 La nascita di un sentimento per linfanzia viene fatta risalire a un periodo che
oscilla tra il XV e il XVIII secolo: la pietra miliare su questo tema indubbiamente
lo studio di Aris (1981). La scoperta della giovinezza risalirebbe al XVIII seco-
lo: cfr. Gillis 1981; Musgrove 1968; Kett 1977 e sinora si configurata per lo pi
come storia della giovent maschile. Tuttavia la differenza culturale tra ragazzi e
ragazze, gi accentuata nella socializzazione infantile, viene istituzionalizzata nella
giovinezza. Non si pu dunque parlare esclusivamente di giovani senza consi-
derare gli effetti di questa differenziazione (cfr. Levi, Schmitt 1994, XIV); tuttavia
ai fini della mia analisi non prender in considerazione laspetto di genere, in
quanto i protagonisti della categoria in analisi, i minori stranieri non accompagna-
ti, sono nella produzione istituzionale e nelle narrazioni degli attori esclusivamen-
NOTE 225
te i maschi. La migrazione delle ragazze sole, soprattutto delle giovanissime,
tristemente confinata nel paradigma della prostituzione, o comunque dello sfrut-
tamento schiavistico, e non trova credito nelle analisi pi generali legate a une-
sperienza migratoria autonoma. Tra gli attori che ho intervistato c una unica te-
stimonianza che riguarda le giovani. Esistono diverse pubblicazioni sulla tratta
infame delle giovani prostitute straniere, per fare qualche esempio: cfr. Ambrosi-
ni, Zandrini 1997, Benzi 1999; Ambrosini 2003; Carchedi 2004.
13 Si veda Cunningham 1997; cfr. anche Becchi 1979; 1996.
14 Cfr. Cambi, Ulivieri 1988.
15 Cos Rossi (2001, 27) sintetizza i termini di questa ambiguit. Il mito positivo del-
linfanzia affonda le radici in ci che viene definito primitivismo. Tra le opere di
maggiore rilievo sul concetto di primitivismo si veda Boas 1974. Lomologo nega-
tivo del mito dellinfanzia trova i suoi prodromi gi nel medioevo: alla fine del
Quattrocento la comunit riconosceva ai pi giovani il ruolo rituale di straziare i
cadaveri dei giustiziati (Zorzi 1993, 55). Tracce di questo filone si posso trovare,
in ambito letterario, nel fanciullo selvaggio dellAveyron di Itard, e nellenigma di
Kaspar Hauser, il ragazzo selvaggio di Norimberga nel 1828, fino ad arrivare agli
eroi della letteratura fantastica contemporanea. Con riguardo alluso dei romanzi
per analizzare le rappresentazioni e i miti sorti intorno allinfanzia, segnalo tra i
molti testi, per ampiezza e originalit, lo studio di Chombart de Lauwe 1974. Tra
i contributi pi recenti Faeti 2001.
16 Per unanalisi di questo progressivo stratificarsi dellet nella societ moderna cfr.
Gillis 1981.
17 Bini 1981, XV.
18 Per unattenta ricostruzione dellevoluzione dei principali studi scientifici in tema
di infanzia si veda Becchi, Julia 1996.
19 Parsons, Bales 1974, 215.
20 Gillis 1981, 158.
21 Bini 1981, XV.
22 Cristofori 1997, 88.
23 Si pensi agli studi sulle bande giovanili, come ad esempio quello di Thrasher
(1927; tradotto parzialmente in Rauty 1995) e di Park (1999), confluiti tutti nelle
teorie criminologiche degli anni Cinquanta e Sessanta che, con poche eccezioni,
hanno avuto come oggetto la delinquenza giovanile.
24 Il concetto di sottocultura concepito in ambito criminologico (Sutherland 1947)
inaugura quella tradizione di ricerca che, ponendo lattenzione sullo specifico di
una sotto-cultura dei gruppi giovanili, giunger a individuare una autonoma cul-
tura giovanile come prodotto delle nuove generazioni. In Europa su questo con-
cetto hanno lavorato alla fine degli anni Settanta anche gli studiosi di Birmingham
(ad esempio cfr. Hebdige 1983), con indagini che ricostruiscono lorigine delle
principali sottoculture inglesi: Teddy boy, Mod, Punk. Levoluzione del paradig-
ma giovanile, in Europa come in America, ben sintetizzato nello studio di Ceci-
lia Cristofori (1997, 83 ss.). Per una messa a punto della costruzione della rappre-
sentazione giovanile (da subcultura delinquenziale a cultura giovanile) si rinvia al
saggio di Luisa Passerini (1994).
25 Sul punto cfr. Postman 1984; Winn 1984; Lasch 1981; Hebdige 1990.
26 Sgritta 1988.
27 Si veda DEramo 2001.
28 Si veda Volpi 2001.
29 Boltanski 2000.
30 Foucault 2000.
31 Su questo punto cfr. Donzelot 1977.
226 IL MALE MINORE
32 Foucault 1963; 1976.
33 Le metafore della tradizione religiosa erano state affiancate quando non sostituite
con quelle della patologia medica: come trattamento e cura; sul punto cfr.
Gillis 1981, 163 ss.; Mitterauer 1991, 30 ss.
34 Chamboredon e Prvot 1979; cfr. anche Lasch 1981.
35 Le organizzazioni extrascolastiche completamente dedicate alladolescenza ebbe-
ro una particolare diffusione in concomitanza con listruzione secondaria: le pi
famose sono lEnglish Scouts e il tedesco Wandervogel, entrambe prodotti della
classe media e fondate nel primo decennio del secolo scorso. Per unanalisi detta-
gliata dei gruppi giovanili dal Medioevo ad oggi cfr. Mitterauer 1991.
36 Bini 1981, XVI.
37 Cunningham 1997.
38 Cfr. Foley 2001.
39 Sul punto cfr. Chevalier 1976.
40 Uno dei fautori principali di questo orientamento resta indubbiamente Durkheim
1962.
41 Cunningham 1997, 170.
42 Questa calzante definizione si deve a Mills 2001
43 Negli Stati Uniti lespressione child savers (letteralmente salvatori del minore)
sta ad indicare quei volontari e filantropi che alla fine del XIX secolo si impegnaro-
no in attivit assistenziali. Tra i pochi studi che si sono interessati al ruolo svolto
dalle organizzazioni di child saving, soprattutto, ma non solo, in relazione allisti-
tuzione di un sistema penale specifico per i minorenni, il pi dettagliato quello
di Platt 1975.
44 Platt 1975, 239 ss; sul punto cfr. anche Gillis 1981.
45 Per una disamina sulla diffusione e sullaffermazione dellistruzione e delle que-
stioni ad essa connesse, cfr. Julia 1996; Cipolla 1971.
46 Platt 1975.
47 Gillis 1981, 194, cfr. anche Keniston 1972.
48 Hester e Eglin (1999) parlano in questo senso dellaffermarsi di una prospettiva
correzionale negli studi sulla devianza.
49 Rauty 1995, XII.
50 Liniziativa dellistituzione di tribunali per linfanzia venne dagli Stati Uniti, dove
nel 1899 lo stato dellIllinois promulg una legge sui tribunali per i minori e nel
volgere di quattro anni liniziativa dellIllinois si estese agli altri stati e non tard a
varcare loceano: giunse nel 1908 in Gran Bretagna mentre in Italia soltanto nel
1934. Per una disamina delle origini e della pratiche del tribunale per i minorenni
in Italia cfr. Ceretti 1996.
51 Platt 1975, nello stesso senso Gillis 1981.
52 Contenute negli articoli 25-31.
53 Cfr. La Greca 1957, 701.
54 Ciacci-Gualandi 1977, 48 ss.
55 In questottica pu essere interpretata la guerra alla povert (The War on Poverty)
lanciata negli anni Sessanta da Kennedy e Johnson. Per una ricostruzione del ruo-
lo dei sociologi nella definizione dei progetti di prevenzione e degli effetti di tali
progetti cfr. Williams, McShane 1999, 129-135.
56 Tra gli studi pi interessanti che analizzano queste alternative cfr. Schur 1965;
1973; Christie 1985; per lItalia cfr. anche Pavarini 1985. Il dibattito americano
sulle politiche di diversion e di alternativa al sistema punitivo furono alla base del-
levoluzione del sistema giuridico minorile anche in Italia, che dalle riforme con-
tro listituzionalizzazione introdotte negli anni Settanta (con il Dpr 24 luglio 1977
n. 616 e poi in modo pi pregnante con la l. 184/83) approdato al mutamento
NOTE 227
delle stesse finalit e degli strumenti dellintervento penale, (introdotto dal Dpr
448/88, indirizzato ormai principalmente alla ripresa e al recupero di un processo
educativo interrotto o deviato dal reato). Tuttavia le politiche di diversion non fu-
rono esenti da critiche. Matza (1969) sottolinea la discrezionalit rampante del
trattamento ed evidenzia che malgrado i buoni propositi alla base dei programmi
di diversion, essi sono funzionali al sistema, che non potrebbe sostenere i costi per
un trattamento penitenziario. Riguardo alle influenze che queste politiche hanno
avuto nel sistema italiano, alcuni studiosi avvertono che, in un processo che snatu-
ra la propria valenza garantista, si corre il rischio di collocare limputato in una
posizione subordinata e di considerarlo come oggetto terminale di una serie di
decisioni terapeutiche prese per il suo bene (Ceretti 1996, 177).
57 Centro Nazionale di documentazione e analisi per linfanzia e ladolescenza
2001, 13.
58 Ivi, 322-323.
59 Si tratta di una legge quadro che finanzia progetti specifici su infanzia e adole-
scenza promuovendo la collaborazione tra pubblico ed enti accreditati del terzo
settore. In questo modo molti progetti gi presenti sul territorio hanno avuto mo-
do di sopravvivere e realizzarsi grazie a questo nuovo filone di finanziamento.
60 piuttosto prematuro tentare di delineare le attuali tendenze del governo. Esiste
una proposta di riforma che, se attuata, modificherebbe profondamente il sistema
di tutela e controllo dei minori. Mi riferisco alla proposta di legge fatta dal Mini-
stro Castelli sulla riforma della giustizia minorile. In termini generali si pu dire
che il Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo
dei soggetti in et evolutiva (relativo al biennio 2002-2004, cfr. G.U. n. 254, 31 ot-
tobre 2003) conferma questa impostazione: viene dato infatti un nuovo impul-
so alla progettazione svolta nella cornice della citata legge 285/97. Tuttavia la fa-
miglia guadagna un primato assoluto rispetto alla comunit territoriale nelle poli-
tiche sociali per i minori, allinterno come allesterno dei confini nazionali. Si pas-
sa dalla socializzazione cercata nel territorio e nelle relazioni intessute in uno spa-
zio pubblico alla valorizzazione della famiglia come comunit educante e a un
rafforzamento della protezione (intesa come prevenzione, tutela e recupero)
dei minori da ogni forma di violenza (ivi, 23): il bambino viene insomma an-
cora una volta recluso in uno spazio privato e privo di autonomia. Ci perch il
diritto primario del minore quello di vivere, crescere ed essere educato nel-
lambito della propria famiglia (ibidem), con tutte le conseguenze che questo de-
termina.
61 Su questo tema confronta gli studi sui moral panic di Cohen (1980) e la recente
sistematizzazione di Thompson (1998).
62 Volpi 2001
63 Il concetto di fatto sociale totale accomuna la condizione del minore a quella del-
lo straniero. Torner su questo argomento nel prossimo paragrafo; per ora tutta-
via vale la pena di ricordare che lapplicazione del concetto di fatto sociale totale
(nellaccezione maussiana) alle migrazioni stata pi volte adottata; tra gli autori
pi importanti si veda Sayad 1996.
64 Mauss 1965, 285.
65 Sul tema della cittadinanza esiste oggi una discussione vastissima. Per una biblio-
grafia generale sul tema della cittadinanza cfr. Zolo 1994.
66 Ai fini di questo lavoro linteresse rivolto allinfanzia, ma una storia simile po-
trebbe essere tracciata ad esempio sullistituzionalizzazione della terza et.
67 De Leonardis, Mauri e Rotelli (1994, 28) ricordano che nel mondo dellassistenza
ci sono due tipi di istituzione: listituzione totale, fondata sulla sottrazione di
soggettivit, e quella dei servizi, fornita con criteri di diritto e per mezzo di rela-
228 IL MALE MINORE
zioni di stampo contrattualistico. In aggiunta a questi tipi di istituzione se ne pro-
fila un terzo: quello dellintrapresa sociale, ovvero ci che viene definito pi gene-
ricamente come terzo settore. A questultimo stato dato negli ultimi anni molto
credito, anche se iniziano a emergere i primi dubbi sulle sue reali possibilit inno-
vative (cfr. De Leonardis 1998).
68 Ascoli 1999.
69 La produzione saggistica in questo campo ormai amplissima e si arricchisce con-
tinuamente. Per orientarsi una buona bibliografia reperibile in Colozzi 2002.
70 Fazzi, Messora 1999, 16.
71 Fra i sostenitori di queste potenzialit cfr. Ambrosini 2000; fra gli scettici Tubaro
1999.
72 Per una rassegna di questo dibattito cfr. Saraceno 2002.
73 Per una sintesi sul concetto di sussidiariet si veda Colozzi 2002. Per una riformu-
lazione in chiave sociologica del principio di sussidiariet si veda Donati 1997; per
lapplicazione nel campo della politica sociale, Vittadini 1997.
74 Fazzi, Messora 1999, 27.
75 Una caratteristica frequente anche negli studi proposti la distinzione fra lo stra-
niero inteso come condizione sociale e lo straniero inteso come prodotto cultura-
le di un determinato periodo (Maneri 2001, 292). Per un tentativo di descrivere
le diverse forme di costruzione della figura dello straniero: cfr. Pozzi (a cura di)
1993, Dal Lago (a cura di 1997b); per una buona sintesi delle rappresentazioni
dello straniero come categoria sociologica, cfr. Tabboni 1993. Lo straniero inteso
come condizione sociale e la relativa letteratura sulle migrazioni hanno invece
avuto, in particolare a partire dalla scuola di Chicago, un esponenziale sviluppo
lungo tutto il secolo scorso fino ai pi recenti studi sulluso del concetto di stra-
niero come confine interno nella definizione della cittadinanza e come confine
esterno per il controllo delle frontiere e dello spazio legittimo (Dal Lago 1999).
76 Per una discussione generale su questo punto cfr. Escobar 1997, Bauman 1999.
77 Van Gennep 1970.
78 Pozzi 1993, 13.
79 Longo 2001; Colombo 1999.
80 Todorov 1992.
81 Maneri 2001.
82 Miles 1989.
83 Taguieff 1994.
84 Colombo 1999, 39.
85 Uninteressante ricostruzione dello sviluppo della filantropia scientifica, del suo
processo di conoscenza e del trasformarsi di quellattivit in una professione si
pu trovare in Rauty 1995.
86 Simmel 1998.
87 Pozzi 1993.
88 Bauman 1996, 1999.
89 Di questa riflessione propongo solo i richiami necessari ai presupposti del mio di-
scorso, rimandando per unanalisi accurata dello straniero nella riflessione sociale
occidentale allo studio di Colombo 1999 e a quello di Longo (2001).
90 Appadurai 2001.
91 Clifford 1993, 24. Questi sono aspetti centrali nella vasta bibliografia sulla globa-
lizzazione, terreno privilegiato da economisti, sociologi e politologi, tra i tanti si
veda: Ritzer 1997; Geertz 1999; Bauman 2000; 2002a; Gallino 1999; Chossudov-
sky 2003. Per una rassegna sugli abbagli del Globalismo cfr. Mezzadra, Petrillo
2001.
92 Aime 2004, 100.
NOTE 229
93 Homi Bhabha (1996) parla piuttosto di culture e didentit in between.
94 Aime 2004.
95 Bauman 2002b; 2002c.
96 Beck 2000, 170.
97 Mezzadra 2001a, 208.
98 Gli stessi motivi, e numerosi altri, possono essere quelli che inducono i ragazzi a
partire, compreso il semplice spostamento. Gli operatori affermano in modo criti-
co che nella maggior parte dei casi lo spirito che anima questi ragazzi una sorta
di rito di passaggio o dillusoria emulazione del mondo adulto. Personalmente
considero riduttivo questo approccio, tuttavia, quandanche fosse cos, dovrem-
mo disconoscere tutto il romanzo di formazione su cui la nostra idea dellinfanzia
e delladolescenza si costruita.
99 Mezzadra 2001, 82; cfr. anche Mezzadra 2001a.
100 Palidda 2001, 19-20; cfr. anche Palidda 2000b. Sulle condizioni di inferiorizzazio-
ne nellinserimento degli immigrati, soprattutto nel mercato del lavoro, si veda
anche Ambrosini 1999.
101 Cit. in Beck 2000, 189.
102 Beck 2000, 189-190. Per una messa a punto dei temi della burocratizzazione e
dellesclusione sociale di stato cfr. in particolare Foucault (1998); Bourdieau
(1993).
103 Dal Lago 1999.
104 Si pensi alla maggiore frequenza e asprezza delle pene che gli vengono commina-
te, cfr. Pavarini 1994; 2001; o al ruolo della polizia nella selezione dei migranti co-
me categorie-bersaglio cfr. anche Palidda 1997 e 2000a.
105 Sayad 2002.
106 Sayad 1996, 14.
107 Dal Lago 1999.
108 Lemert 1951.
109 Sayad 1996, 10.
110 Zincone 1992, 3.
111 Dal Lago 1995; cfr. anche 1996; 1997a. Ad esempio il contributo della filantropia,
quantomeno nellorientare gli interessi di ricerca, anche in questo caso stato de-
terminante. Uninteressante sintesi di questi aspetti si trova in Rauty 1999.
112 Non intendo soffermarmi sullidea di immigrazione come reagente pur nella con-
sapevolezza che la mancata trattazione di questo punto di vista rischia di non far
capire il ruolo attivo dellimmigrazione nella configurazione del sistema; concen-
trer poi il lavoro sulle politiche di controllo dellimmigrazione irregolare, met-
tendo tra parentesi le politiche di ingresso e di integrazione. Questa scelta giu-
stificata dalla constatazione che nella disciplina dellimmigrazione la lotta agli
ingressi clandestini occupa un posto sempre pi prioritario rispetto alle politiche
di integrazione. Vedremo inoltre come in questottica il ruolo del terzo settore si
riveli ancora una volta fondamentale.
113 Pitch 1995, 183-184.
114 Dal Lago 1999; cfr. anche Palidda 2000a.
115 Mezzadra 2001, 63 ss.
116 Anche in questo caso la bibliografia piuttosto sostanziosa. Per una messa a pun-
to cfr. Palidda 1997; Sassen 1999; Colombo, Sciortino 2002.
117 Palidda 2000a, 219 ss.
118 A questa legge risalgono anche le prime disposizioni sui minori. Torner su que-
sto argomento nel prossimo paragrafo: qui vale la pena di precisare che la previ-
sione di una normativa ad hoc sui minori (inesistente e non ritenuta necessaria nel-
la Legge Martelli) trova spazio proprio in quel programma di costruzione di uno
230 IL MALE MINORE
spazio protetto promosso da Schengen. Le motivazioni umanitarie addotte asso-
migliano a quelle fornite per la schedatura dei richiedenti asilo; non a caso tra le
prime disposizioni compare proprio la costruzione di una banca dati che censisce
tutti i minori soli sul territorio dello Stato.
119 Pastore 2001. Per un approfondimento sugli accordi bilaterali di riammissione si
vedano inoltre Pastore 1998; Nascimbene 2001.
120 Lattribuzione di quote privilegiate ai paesi pi collaborativi, nel contrasto delle
migrazioni e per la sicurezza del bacino mediterraneo, cos una tendenza che si
riscontra costantemente anche negli ultimi decreti flusso. I testi dei decreti so-
no reperibili allUrl: www.meltingpot.org/articolo1774.html.
121 Pepino 2002, 16. Pepino inoltre sostiene che la legge Bossi-Fini realizzi una vera e
propria rottura rispetto alla precedente legge (40/98) sotto tre profili: il passag-
gio da un sistema binario al proibizionismo, la sostituzione dellapproccio repres-
sivo con una vera e propria logica di guerra, la degradazione della cittadinanza di-
mezzata a condizione servile (ivi, 14).
122 Dal Lago 1999.
123 In realt pi opportuno parlare di prospettive multiculturaliste: queste si de-
clinano in diverse varianti teoriche e politiche. Uno buona sintesi delle numerose
teorie multiculturaliste quella di Colombo 2002. In una prospettiva critica
Dal Lago (1999, 168) distingue le posizioni multiculturaliste in: profeti del con-
flitto culturale, multiculturalisti ragionevoli, realisti o responsabili e multi-
culturalisti felici. Comune a queste posizioni lidea che la cultura sia qualcosa
di chiuso e rigido, come una pelle in cui le diversit sociali sarebbero cucite (ibi-
dem). Diverse voci critiche segnalano anche che la difesa estrema del multicultu-
ralismo rischia di condurre alletnocentrismo e allo sciovinismo culturale (Blau
1995, 58). La dialettica sul multiculturalismo sembra tuttavia volgere al termine
per confondersi o confluire sempre pi sullinterculturalismo, inteso come insie-
me di relazioni e di scambi che si verificano tra culture diverse e in continua evo-
luzione (cfr. Pitch 1995).
124 Dal Lago 1999.
125 Ascoli 1999; questa tendenza, peraltro, era gi stata individuata dallo stesso Asco-
li nel 1985.
126 Zincone 1994, 20-30.
127 Zincone 1994, 31.
128 Mezzadra 2001, 10; cfr. anche Mezzadra 2001a.
129 Duffield 2004.
130 Bazzocchi 2003.
131 Dal Lago 2003.
132 Dillon, Reid, 2000.
133 Duffield 2004.
134 Kaldor 1999.
135 Bazzocchi 2003, 30-31.
136 Colombo, Sciortino 2002, 20.
137 Beck 2000, 190-191. Il caso degli albanesi e i drammatici esiti del blocco navale
italiano con laffondamento della motovedetta albanese Kater I Rades, documen-
tato ormai in molti studi (Dal Lago 1999; Rivera 2001), non potrebbero essere pi
esemplari.
138 Christie 1996.
139 Bauman 2002b, 12.
140 Palidda 2001, 30.
141 Bouchard 1993, 74.
142 Valeri 1998a. Risale inoltre sempre al 1998 il convegno sui minori stranieri: Vive-
NOTE 231
re tra due mondi, organizzato dallufficio del ministero per la Solidariet Sociale
- Comune di Milano - Fondazione Cariplo Ismu.
143 Cfr. i numerosi Dossier statistici pubblicati dalla Caritas.
144 Cfr. Camplone 1997; Giovannetti 2000.
145 Miazzi 1999, 18. Su questo punto, tra laltro, la letteratura piuttosto vasta: si
tratta di un filone di analisi, attualmente prioritario, che analizza la condizione del
minore straniero in ambito criminologico e in connessione ad eventi criminosi o
devianti. Le statistiche, infatti, erano, e sono sempre pi, orientate a indagare sul
numero di minori stranieri presenti negli istituti penali (cfr. tra i pi recenti Me-
lossi, Giovannetti 2003, oltre agli aggiornamenti annuali dei Dossier statistici del-
la Caritas).
146 Sul punto confronta gli studi sui moral panics di Cohen 1980.
147 In virt del nuovo ruolo attribuito allinfanzia straniera sono aumentate anche le
rilevazioni statistiche sul fenomeno: da qualche anno la Caritas ha pubblicato nei
Dossier Statistici dati sulla base di stime o dati parziali. Tuttavia non si dispone di
informazioni certe, tanto meno per quanto riguarda gli irregolari che, nel caso de-
gli adulti, sono ormai oggetto di stime relativamente attendibili. Le rilevazioni,
inizialmente collegate per lo pi ai nuclei familiari, hanno dedicato spazi autono-
mi alla quantificazione dei minori stranieri in vari contesti (scuola, lavoro, ecc.),
fino ad arrivare negli ultimi rapporti a rilevarne la condizione di irregolarit con-
nessa allo sfruttamento e nel 2001 a dedicare una sezione ai minori non accompa-
gnati (cfr. anche i Rapporti Ismu).
148 Per una ricostruzione comparatistica di questo fenomeno cfr. Campani, Lapov,
Carchedi 2002.
149 Loreti Bergh 1995, 249-252.
150 Liniziativa era promossa dal Servizio Sociale Internazionale, tra i primi enti che,
in Italia come in Europa, si occupato del fenomeno in modo strutturato fin dal-
le origini. Sul punto cfr. Loreti Bergh 1994; 1995.
151 Loreti Bergh 1994, 6.
152 Turri 2001, 50-51.
153 Cfr. Citti 2001; Turri 1999; 2001.
154 Molti furono i convegni che a partire dalla met degli anni Novanta furono dedi-
cati a questo tema concentrandosi in particolare sul probabile inserimento nei
canali devianti del minore non accompagnato (traffico, sfruttamento sessuale e la-
vorativo, coinvolgimento in attivit criminali) da parte della magistratura (so-
prattutto dalla associazione dei magistrati per i minori e per la famiglia); da questi
nondimeno vennero i principali orientamenti fino alla promulgazione della legge
40/98.
155 Citti 2001. In generale sintetizza Citti si prevedeva lapertura della tutela con
la successiva possibilit di accesso allimpiego che, al raggiungimento della mag-
giore et, previa iscrizione alle liste di collocamento, consentiva di accedere a un
regolare permesso di soggiorno. Per una ricostruzione delle pratiche adottate nei
confronti dei minori stranieri nei singoli tribunali per i minorenni vedi anche Ca-
vallo 1997; Verardo 1998; Miazzi 2000a.
156 necessario sottolineare che questa Risoluzione del Consiglio dEuropa, che
verr pi volte richiamata nei documenti ufficiali e nei discorsi sul minore non ac-
compagnato, fa parte proprio di quel programma di governo delle frontiere che si
era avviato con la costituzione di uno spazio protetto, di una fortezza, di cui ho
parlato nel precedente capitolo. Nella premessa la Risoluzione del Consiglio del-
lUnione Europea che fa chiaramente riferimento alle condizioni di ingresso e di
soggiorno dei cittadini dei paesi terzi nel territorio degli Stati membri e alla lot-
ta contro limmigrazione e il soggiorno irregolari di tali cittadini nel territorio de-
232 IL MALE MINORE
gli Stati membri. Su questi presupposti, la Risoluzione stabilisce che gli Stati
membri garantiscono a tutti i minori accoglienza temporanea e rappresentanza le-
gale, e, tuttavia, promuovono contemporaneamente il rimpatrio, una volta accer-
tata la presenza nel Paese dorigine dei genitori o di altri adulti o organizzazioni
disposti a prendersene cura.
157 Vercellone 2000b.
158 Centro Nazionale di Documentazione ed Analisi sullInfanzia e lAdolescenza
1997a, 22; per un maggior approfondimento sul concetto di tutore etnico si veda
anche 1997b, 386. Cfr. anche Valeri 1998a.
159 Centro Nazionale di Documentazione ed Analisi sullInfanzia e lAdolescenza
1997b, 166-167.
160 appena il caso di notare, a conferma di una sostanziale contiguit tra i due di-
scorsi, che entrambe le leggi hanno in comune un ministro estensore: la legge
285/97 porta il nome di legge Turco e la legge 40/98 quella di legge Turco-Na-
politano. Questi indirizzi verranno ripresi nel Piano nazionale di azione e di in-
terventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in et evolutiva (relativo al
biennio 2000-2001), varato sotto lo stesso ministro, che confluiranno a loro volta
nelle linee guida del comitato.
161 Su questi aspetti cfr. Consoli 2002, 45 ss.
162 Il Comitato istituito dalla legge composto da: rappresentanti del Ministero de-
gli affari Esteri, dellInterno e di Grazia e Giustizia, del Dipartimento degli affari
sociali della Presidenza del consiglio, nonch da due rappresentanti dellAssocia-
zione nazionale dei comuni italiani, da un rappresentante dellunione province
italiane e da due rappresentanti operanti nel settore dei problemi della famiglia.
Inizialmente, listituzione di questo comitato orientata al coordinamento e alla
uniformazione su tutto il territorio italiano dei programmi solidaristici sviluppati
da varie istituzioni a favore dei minori temporaneamente accolti sul territorio. In
seguito la sua funzione, non ancora formalizzata, si evolve in considerazione del-
laumento del numero di immigrati regolari e clandestini che ogni anno arrivano
nel nostro Paese; in quanto le condizioni di emarginazione nelle quali vivono le
popolazioni di origine nomade, hanno comportato un rilevante aumento del nu-
mero di minori che vivono nel nostro Paese in condizioni di rischio, rendendo pi
urgente ladozione di misure volte alla tutela dei diritti dei minori; visto il molti-
plicarsi delle iniziative portate avanti da enti pubblici e da privati per soccorrere
in vario modo i minori che vivono precariamente nelle aree di conflitto e per ospi-
tare in Italia, per periodi di varia durata, gruppi di minori; e tenuto conto che ri-
sulta comunque necessario controllare tutti gli ingressi di minori che spesso
giungono privi di documenti e in stato di apparente abbandono e la loro destina-
zione (D.p.c.m. 329/94). Da subito il minore risulta un problema da affrontare
con uniformit: i primi minori considerati stranieri sono i nomadi e da subito
nasce lidea che, una volta constatato lo stato di bisogno, sia meglio, in unottica
di tutela (e controllo delle frontiere), vigilare sul suo ingresso comunque tempora-
neo e sul suo soggiorno.
163 In questo modo il governo andato di gran lunga oltre i limiti che possono essere
raggiunti con luso di questi correttivi; su questo aspetto si fondano larga parte
delle critiche sulla incostituzionalit delle disposizioni introdotte; a questo propo-
sito cfr. Bonetti 1999.
164 Sul punto cfr. Miazzi 2000b, 2001; Turri 2001; Consoli 2002.
165 Turri 2001, 58.
166 Gusfield 1984.
167 Becker 1963.
168 Secondo una felice definizione (Tery 1991), questi sono gli attori di un altro im-
NOTE 233
portante dibattito posto a fondamento dellistituzione di un ben noto nucleo di
norme sorte per definire un soggetto: la Convenzione dei diritti del fanciullo.
Questo testo non a caso verr usato pi volte dalluna e dallaltra posizione per ar-
gomentare autorevolmente le proprie posizioni.
169 Agamben 1995.
170 Foucault 1976, 193.
171 Tubaro 2000.
172 De Leo, Serafini 1993.
173 Spivak 1988.
174 Becchi 1982.
175 Becker 1987, 140.
176 A questo proposito si vedano gli studi di Wieder (1974) e Goffman (1970).
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$,-!./0121.-345-0-/06.50-715260450
1 Cfr. Dal Lago 1999.
2 appena il caso di notare che, per una strana ironia della sorte, il principio di non
discriminazione citato nel brano proposto viene richiamato per giustificare o criti-
care le decisioni di carattere economico e orientare le politiche degli enti locali,
mentre risulta disatteso dalla predisposizione di una disciplina diversa e discrimi-
natoria nei confronti dei minori stranieri.
3 Valeri 98b, 4-5, corsivi miei.
4 Attualmente il Comitato per i minori stranieri fa capo al ministero del Lavoro e del
Welfare.
5 Tra queste ad esempio si vedano: Iprs 1999; Ssi 2000; Rossato 2000; e la ricerca
mai divulgata svolta dagli operatori dellIcs a cui fanno riferimento gli intervistati.
6 Loreti Bergh 1994, 7- 11, corsivi miei.
7 Lintervistato si riferisce a una pregressa esperienza di cooperazione, tra il Das e al-
cune Ong, costituita in occasione della guerra nei Balcani (nel 94) e riproposta
con gli stessi enti in occasione della crisi albanese nel 1997. Questesperienza e le
ripercussioni della missione Arcobaleno (citata nel brano) sul tavolo di coordina-
mento degli aiuti umanitari, istituito dal Das in collaborazione con le Ong, sono
ben sintetizzate in Marcon (2002, 79 ss.); cfr. anche Bazzocchi 2003.
8 Vedi Becker 1987.
9 Su questo tema vedi Turri (1999; 2001), cfr. anche Citti 2001; Consoli 2002.
10 Quella del luglio 1997 sui minori non accompagnati, che infatti viene citata nel re-
golamento di attuazione del comitato; D.p.c.m. 539/99.
11 Ci ancora pi grave se si pensa che recentemente la Corte Costituzionale (sen-
tenza n. 222 del 15.07.04) ha censurato la legge Bossi-Fini proprio sul fatto che la
procedura prevista dal comma 5 bis dellart. 13 non prevede che il cittadino straniero
interessato venga ascoltato da parte dellautorit giudiziaria prima di essere accompa-
gnato alla frontiera e, soprattutto, sulla circostanza che lart. 13, comma 5 bis non pre-
vede che, qualora si accerti la carenza dei presupposti idonei a giustificare laccompa-
gnamento coattivo oppure se la convalida da parte del tribunale non intervenga entro
48 ore dalla comunicazione da parte del Questore, il provvedimento che dispone
laccompagnamento alla frontiera possa revocato e perdere cos efficacia. [...] In
questo caso, dunque, la Corte Costituzionale ha ritenuto violato lart. 13 della Co-
stituzione, che vieta che una persona possa subire delle misure restrittive della pro-
pria libert personale senza un adeguato controllo da parte di un giudice. Inoltre, la
Corte ha censurato anche la violazione del diritto alla difesa dello straniero, il quale
234 IL MALE MINORE
infatti ha diritto di essere ascoltato dal giudice ed assistito da un difensore, prima
dellesecuzione del provvedimento espulsivo (www.meltingpot.org/articolo3304.
html). A conferma di quanto siano effimere le retoriche sul supposto superiore in-
teresse con cui si deve guardare allinfanzia, la Consulta si invece ben guardata
dal censurare per gli stessi motivi il menzionato slittamento di competenze. Non-
dimeno, nessuno si scomodato a richiedere una sua pronuncia su questo punto.
12 Questo, come si visto, composto in larga parte da esponenti degli uffici mini-
steriali e soprattutto strettamente connesso con lufficio immigrazione presso la
Presidenza del Consiglio dei Ministri.
13 Sul conflitto di competenze cfr. Documento sui minori non accompagnati 2000 re-
datto dallAssociazione magistrati per la famiglia e per i minori disponibile presso
lUrl: www.provincia.torino.it/xatlante; sulle eccezioni di incostituzionalit cfr. Bo-
netti 1999.
14 Si veda, ad esempio, il testo approvato dal comitato per i minori stranieri (2000,
235-241). Simili posizioni vengono ribadite dal presidente in occasione del semi-
nario Minori stranieri non accompagnati e irregolari, tra accoglienza e rimpa-
trio, svoltosi a Torino il 4 luglio 2000 e del Convegno Nazionale dellAssociazione
Italiana dei magistrati per i Minorenni e per la Famiglia, I ragazzi del villaggio
globale, diritto e doveri, Vico Equense, 16-19 novembre 2000.
15 Per una sintesi degli orientamenti dei Tribunali per i minorenni, dei Giudici Tute-
lari ed degli Enti locali, cfr. Ssi 2000, Ssi-Iprs, 2001. Si tenga conto, comunque, che
in molti casi gli orientamenti in materia sono mutati pi volte nellambito della
stessa realt locale.
16 Letta in filigrana la Bossi-Fini (l. 189/02) sembra aver parzialmente attenuato que-
sta totale preclusione introdotta dalle circolari ministeriali, cfr. Miazzi 2002; Rozzi
2003.
17 Dal testo della circolare 13.11.2000 del ministero dellInterno.
18 Turri 2001, 64.
19 Ivi, 65
20 Il testo integrale delle linee guida consultabile allurl: www.welfare.gov.it, oppure
su Minori&Giustizia, 1, 2000. Delle linee guida esiste una versione aggiornata
(2003) che comprende anche le novit introdotte dalla legge 189/2002.
21 Affermazioni simili sono contenute nella lettera che il presidente indirizz allasso-
ciazione dei magistrati per i minori e per la famiglia, al momento delle sue dimis-
sioni. Il testo integrale della lettera pubblicato sulla rivista di riferimento dellas-
sociazione, cfr. Presidente del Comitato per i minori stranieri 2001, 189. Sulla stes-
sa rivista sono pubblicate le prese di posizione assunte dalle associazioni, da alcuni
magistrati minorili e dai componenti del comitato stesso al momento dellemana-
zione delle linee guida.
22 in questa fase che si inserisce la riunione con quei comuni che si discostavano
dagli indirizzi del comitato, organizzata per uniformare le pratiche introdotte dalla
circolare del novembre 2000 e per discutere delle linee future previste dalla circo-
lare emanata dellaprile 2001. Sar in questa sede che i componenti del comitato
informeranno i comuni sui soldi spesi in Albania e sulla richiesta dello Stato alba-
nese di riavere i suoi ragazzi.
23 Ecco cosa stabilisce la circolare (9.4.2001) su questo punto: Nellipotesi in cui il
rimpatrio non fosse realizzabile, qualsiasi valutazione in ordine ad una permanen-
za pi duratura del minore sul territorio nazionale spetta unicamente al comitato
per i minori stranieri che, dopo aver esaminato, caso per caso, tutta la documenta-
zione in suo possesso, potr formulare la raccomandazione ai Servizi Sociali terri-
torialmente competenti per laffidamento del minore ai sensi dellart. 2 della legge
184/83, informando il Giudice Tutelare e la Questura competenti.
NOTE 235
24 Con lentrata in vigore della legge Bossi-Fini la confusione , se possibile, aumen-
tata. La categoria di minore straniero non accompagnato si ulteriormente distin-
ta in minori affidati legalmente, affidati di fatto, non affidati. Sulle novit introdotte
dalla nuova legge vedi Miazzi 2002. Alcuni recenti sviluppi interpretativi in realt
hanno ampliato la possibilit della conversione del permesso di soggiorno al com-
pimento della maggiore et (Corte cost. 5.6.2003, n. 198; per una disamina sul
punto cfr. Miazzi 2003), anche tale se orientamento non sembra aver trovato ri-
scontri nelle pratiche delle questure (sul punto cfr. Lettera aperta a Pisanu 2004,
febbraio 2004, reperibile allurl:www.meltingpot.org). Da quanto scritto nella cir-
colare del ministero dellInterno, inviata alle questure nellottobre 2003 a proposi-
to della sentenza della Corte Costituzionale, sembra infatti che la possibilit della
conversione debba riguardare solo i casi rimasti in sospeso prima della legge Bossi-
Fini. Il testo della circolare reperibile allUrl: www.meltingpot.org.
25 Le versioni della proposta di emendamento e liter percorso sono consultabili al-
lurl: www.savethechildren.it.
26 Si tratta della proposta di Emendamenti presentati dal Sen. Eufemi in Commis-
sione Affari Costituzionali in merito ai minori stranieri disponibile allurl: www.
savethechildren.it.
27 Spector, Kitsuse 1987 cit. in Hester, Eglin 1992, 68.
28 Dreyfus, Rabinow 1989, 221.
29 Si veda al proposito lo studio di Small (1978) sullo sviluppo della legislazione ca-
nadese sui narcotici, parzialmente pubblicato in Hester, Eglin 1999.
30 Regolamento del comitato (D.p.c.m. 535/99), art. 5.
31 Sono infatti abbastanza rari i casi dimpugnazione dei provvedimenti di rimpatrio:
la prassi dei corsi non frequente in tutto il territorio italiano e sono oggetto di di-
battito anche le stesse competenze dellorgano a cui rivolgersi. Attualmente la que-
stione sembra risolta a favore del giudice monocratico da unordinanza della Corte
Cost. (cfr. Miazzi 2003; in genere sulla legittimit del rimpatrio. Cfr. Miazzi 2000a,
2000b; Turri 2001).
32 Miazzi 2000b, 40.
33 Il Comitato per i minori stranieri nel frattempo attiver i canali necessari per la no-
mina di un tutore provvisorio e, in assenza di provvedimenti pendenti a carico del
minore, richieder al tribunale per i minorenni il nulla osta al rimpatrio (cfr. linee
guida: 11.1.2001).
34 Ricordo che tutte le spese relative allaccoglienza del minore, in base alla citata
sentenza del Consiglio di Stato del 1997, sono a carico dei comuni.
35 Art. 7; nello stesso senso anche le linee guida del comitato per i minori stranieri
dell11.1.2001.
36 Vedremo nel capitolo quarto, nei limiti dei fini che si prefigge questo lavoro, come
si sviluppano le argomentazioni dei vari attori su questo punto. Per una disamina
sulla prassi da adottare, sui criteri da applicare per la scelta tra accoglienza e rim-
patrio e sul relativo dibattito rinvio a Rozzi 2002a e 2002b.
37 Sul punto cfr. Vercellone 2000a e 2000b.
38 Cfr. il regolamento del Comitato per i minori stranieri, art. 2-4; le linee guida
dell11.1.2001 (e quelle aggiornate del 2003); la circolare del ministero dellInterno
del 9.4.2001. Per una attenta ricostruzione della procedura si veda Rozzi 2001 e
2002a.
39 Iprs 2001, 58.
40 Si vedano gli articoli 4 e 6 del regolamento del Comitato per i minori straneri e le
linee guida dell11.1.2001.
41 Insomma, la nuova legge non riuscita a scongiurare nemmeno questa possibilit,
che era stata una delle principali preoccupazioni, e al tempo stesso cavallo di batta-
236 IL MALE MINORE
glia, dei sostenitori di una disciplina ad hoc sui minori stranieri (cfr. capitolo primo).
42 Un elenco delle realt pi collaborative pu essere reperito nella relazione fatta dal
Ssi 2000 al comitato e in Ssi-Iprs, 2001; cfr. anche Rozzi 2002a.
43 Tale convinzione risiede nel fatto che il regolamento del comitato (art. 7) prevede
un generico obbligo di cooperazione tra le amministrazioni locali competenti
(nonch i soggetti presso i quali il minore soggiorna) e le amministrazioni statali
cui affidato il rimpatrio assistito. Ammesso che in questa disposizione si possa
individuare un obbligo specifico a collaborare allesecuzione del rimpatrio (e la
questione non cos scontata, cfr Turri 2001), risulta difficile pensare che tale ob-
bligo possa comprendere anche lipotesi di un rimpatrio coattivo, essendo line-
spellibilit del minore sancita dalla legge.
44 In realt il condizionale dobbligo fino a un certo punto. Il Comune di Torino, ad
esempio, ha istituito sua sponte qualcosa di molto simile a un Cpt per minorenni,
gestito da personale umanitario (lente gestore una Ong); inoltre, gi che cera,
ha firmato accordi bilaterali per la riammissione dei ragazzi direttamente con il go-
verno marocchino. Tutto ci senza passare per il Comitato per i minori stranieri,
che, paradossalmente, sta diventando un garante per i minori non accompagna-
ti. Informazioni e commenti sul Cpt torinese e sullaccordo con il Governo maroc-
chino sono reperibili sui siti: www.meltingpot.org e www.redattoresociale.it.
45 Interessanti testimonianze si possono trovare sui siti: www.meltingpot.org e
www.redattoresociale.it.
46 Si vedano a questo proposito Ssi, Iprs 2001 e Iprs 2001, Rozzi 2002a.
47 Turri 2001, 72.
48 Bauman 2002b.
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1 Bazzocchi 2003, 20-22
2 Per unantologia dei campi di raccolta/internamento costruiti intorno al perimetro
della fortezza Europa e destinati al trattenimento della popolazione civile in fu-
ga dalla guerra cfr. Dietrich 2000; 2002; per il ruolo degli organismi internazionali
nelle pratiche di governo umanitario dei campi cfr. Rahola 2003.
3 Duffield 2004.
4 Dillon, Reid 2000, 121.
5 Sul punto cfr. Molinari 2003; Marcon 2002; 2004.
6 Marcon 2002, 11.
7 Si tratta del Vis, dellAiBi, dellEngim, del Cefa e dellLva. Fondamentalmente so-
no Ong che si occupano di cooperazione allo sviluppo, con unattenzione specifica
ai minori, e che hanno lavorato a lungo in Albania, anche nellambito di progetti fi-
nanziati dal dipartimento per gli Affari Sociali, nonch in molti altri paesi. Al mo-
mento della ricerca sul capo le Ong convenzionate erano in totale sette; attualmen-
te operativa ununica convenzione: quella con lSsi.
8 Espressione coniata da Alex Langer (cit. in Marcon 2002) per indicare le migliori
esperienze del volontariato e delle organizzazioni umanitarie impegnate fin dalle
prime battute della guerra nella ex Jugoslavia.
9 Nel lavoro con i minori non accompagnati, le Ong hanno, con gli opportuni di-
stinguo, un ruolo preciso nella definizione di un problema, o quantomeno nella
costruzione di una cultura condivisa e sono altres indirettamente responsabili
degli effetti che questa nuova mentalit produce nella vita concreta dei minori.
10 LSsi pu essere considerato un organismo ausiliario che opera a fianco o in sosti-
NOTE 237
tuzione delle istituzioni. Svolge attivit di coordinamento dellintervento di servi-
zio sociale e ha come scopo primario la soluzione dei problemi familiari e sociali
derivanti dal fenomeno delle migrazioni (causate da guerre, carestie, disordini so-
ciali). presente in tutti i paesi dellUnione Europea. In Italia lOng viene fondata
nel 1932 e dal 1973 diventa un ente morale: fanno parte degli organismi statutari
dellente i rappresentanti dei ministeri degli Affari Esteri, dellInterno, del Tesoro
e del Lavoro. Per ulteriori approfondimenti si veda Servizio Sociale Internaziona-
le, Scheda sullente Ssi, Roma-Ginevra 1998.
11 Questo orientamento frutto di una scelta precisa; infatti la disciplina prevede la
possibilit di far svolgere le stesse attivit anche agli enti pubblici (art. 2 del regola-
mento del comitato minori stranieri). Tuttavia, come dice il vice presidente del co-
mitato nellintervista, gi con il Tavolo Albania avevamo fatto la scelta secca di la-
vorare con le Ong e non con gli enti locali che delegavano tutto alle strutture.
12 Si vedano a questo proposito Iprs 1999; Ssi 2000; Ssi-Iprs 2001
13 Il Consorzio italiano di solidariet (onlus) come si pu leggere nel materiale
informativo nasce nel 1993 per iniziativa di alcune grandi associazioni di volon-
tariato e di numerosi gruppi locali sorti spontaneamente per aiutare le vittime del
conflitto nella ex Jugoslavia. Ics uninvenzione della societ civile, forte della sua
storia e del suo pragmatismo. Si occupa di promozione dei diritti (di rifugiati,
profughi, sfollati, immigrati e disertori costretti a fuggire dalle zone di guerra e
dalle aree di crisi), di cooperazione allo sviluppo e allautosviluppo, di progetti con
le comunit locali nelle aree geografiche di intervento al fine di favorire lo sviluppo
umano e il rafforzamento della societ civile democratica. Opera in Italia, nei Bal-
cani, nei Paesi dellEst Europa e in Medio Oriente. Per maggiori informazioni, cfr.
materiale informativo disponibile allUrl: www.icsitalia.org.
14 Cfr. capitolo secondo.
15 Si tratta di uno dei tre filoni di intervento gestiti dal Tavolo interistituzionale grazie
ai 20 miliardi di finanziamento stanziati nellambito del Programma Paese Setto-
riale che trae origine da un decreto legge (24 aprile 1997, n. 108) convertito, con
relative modificazioni, nella legge 20 giugno 1997 n. 174: Partecipazione italiana
alle iniziative internazionali a favore dellAlbania. Tale decreto ha stabilito gli aiu-
ti umanitari dellItalia in favore del popolo albanese, coordinati dal dipartimento
per gli Affari Sociali della presidenza del Consiglio dei Ministri, con delega al mi-
nistero per la Solidariet Sociale. Per ulteriori dettagli si vedano le informazioni di-
sponibili sul sito dellIcs; cfr. anche Marcon 2002.
16 La convenzione con lIcs riguarda tutti i paesi in cui lOng ha delle attivit: la Mol-
davia, la Macedonia, la Bosnia, la Serbia, il Kossovo, lAlbania e la Romania. In
questultimo paese lIcs esordisce proprio con il progetto sui minori non accompa-
gnati. Tuttavia larea in cui lIcs lavorer di pi lAlbania.
17 Tratto dal testo convenzione.
18 Per ciascun progetto, a partire dal 2002, possono essere stanziati fino a sette milio-
ni di lire.
19 Bazzocchi 2003.
20 Sulluso dei militari per presidiare i territori albanesi e scongiurare linvasione del-
le nostre coste, cfr. Dal Lago 1999; sullimpiego dei contingenti umanitari italiani
nei Balcani cfr. Marcon 2002; Bazzocchi 2003; Rahola 2003; Duffield 2004.
21 Numerose organizzazioni insedieranno le loro attivit in Albania, ad esempio:
lIcs, il Vis, lAiBi, lEngim solo per citarne alcune che hanno poi stretto rapporti
con il Das.
22 Cfr. Iprs 1999; Ssi 2000.
23 In base alle normative nazionali e internazionali nonch al regolamento del comi-
tato stesso (art. 1, 4 comma, D.p.c.m. 535/99) il minore deve essere riaffidato ai
238 IL MALE MINORE
propri familiari o alle autorit responsabili e, se ci non possibile, non pu essere
rimpatriato.
24 Bazzocchi, 2003, 91 ss. Tra gli esempi di tecnicizzazione del concetto di societ
civile presi in analisi da Bazzocchi viene proposto proprio il progetto dei centri
giovanili coordinati dallIcs a cui facevo cenno precedentemente.
25 Sulle difficolt riscontrate nel lavoro svolto in Albania e sui criteri adottati dalle
Ong si vedano Ssi 2000, Ssi-Iprs 2001, Iprs 2000.
26 Qui va precisato che lattivit di pressione nei confronti del governo, dopo la pro-
posta di emendamento, proseguita sul regolamento dattuazione della legge Bos-
si-Fini per chiarire le ambiguit che si pongono rispetto alla possibilit di avviare
unattivit lavorativa e alla conversione del permesso di soggiorno. Per quanto ri-
guarda i contenuti delle proposte e i soggetti che le hanno sottoscritte rinvio a: As-
sociazioni al Governo: Con la Bossi-Fini migliaia di minori non accompagnati in
clandestinit. Le proposte di emendamento sono consultabili allUrl: www.redat-
toresociale.it
27 Si vada Iprs 1999; Ssi 2000.
28 Tuttavia va detto che anche lSsi ha avviato progetti impostati sulla logica della mo-
bilit interna.
29 Per unanalisi preliminare dei progetti effettuati in Albania si vedano Ssi 2000 e
Ssi, Iprs 2001.
30 Cfr. Sacchetto 2004.
31 Bazzocchi 2003.
32 Nel senso dei rimpatri: Milano infatti una delle citt pi operative da questo pun-
to di vista.
33 Bisogna tenere conto che quando loperatrice mi ha rilasciato lintervista, la con-
venzione era gi a met della sua durata (dei due anni ne era passato pi di uno).
34 Cfr. Si 2000.
35 Mezzadra 2001.
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$+,-./.012/34/+5
1 La disciplina istituita per questi minori costituisce infatti solo un tentativo (ed
parte del processo) di armonizzazione degli ordinamenti degli Stati europei sul te-
ma delle migrazioni (cfr. capitolo primo): la definizione del Consiglio dEuropa
stata recepita nei contesti locali, diventando patrimonio comune delle istituzioni e
di tutti gli enti non governativi sensibili al fenomeno del minore straniero non ac-
compagnato.
2 Cfr. Iprs 2001, 8.
3 Come abbiamo visto nel primo capitolo, il comportamento non conforme di un
minore considerato da sempre deviante e sottoposto dispositivi di controllo. in
questo senso che parlo di criminalizzazione.
4 Sayad 2002.
5 Ceretti 1992.
6 Mi riferisco al vasto numero di associazioni per la tutela dei diritti dellinfanzia che
si sono interessate al tema dei minori non accompagnati (in larga parte contrarie
alloperato del comitato) istituendo a loro volta uno staff di esperti e in alcune oc-
casioni una precisa area di attivit.
7 Iprs 2001, 8, nota 4.
8 Bauman 2002a.
9 Cfr. Berger, Luckmann 1969
NOTE 239
10 Ad esempio, i dati e le descrizioni fornite in molte ricerche provengono tutti dalla
stessa fonte: il Comitato. Cfr. Campani, Lapov, Carchedi 2003; Rozzi 2002a; Cari-
tas 2001. Anzi, molte ricerche sono state compiute proprio su impulso del Das
stesso. Vedi ad esempio: Ssi 2000, Iprs 2001; Ssi, Iprs 2001; Rosato 2001. Ma c di
pi: le schede per la raccolta dei dati forniti dal comitato sono state spesso distri-
buite in modo disorganizzato e frammentario; inoltre, nella compilazione alcuni si
sono rifiutati di segnalare i casi, mentre altri hanno fatto pi segnalazioni sullo
stesso minore. Infine, i dati si fondano soprattutto su proiezioni e calcoli matema-
tici (cfr. Ssi, Iprs 2001, nota 3, 6-7) che non tengono conto della difformit nella
compilazione delle schede, nonch delle differenze esistenti nelle pratiche locali
delle questure per quanto riguarda la definizione del non accompagnato.
11 Iprs, Ssi 2001.
12 Dal Lago 1999
13 La tendenza a cadere in questo stereotipo stata documentata in vari studi, tra
questi si vedano: Colombo A. 1998; Colombo E. 1999 e Melossi 2000.
14 Cfr. Aime 2004.
15 Cfr. Palidda 2000
16 Lintervistato si riferisce a G. De Leo 1998 e agli scritti di C.A. Moro pubblicati sul-
la rivista Cittadini in crescita, curata dal Centro Nazionale di Documentazione
ed Analisi sullInfanzia e lAdolescenza istituito dal ministero degli Affari Sociali.
17 Probabilmente, alcuni aspetti della condizione del minore straniero rendono ne-
cessaria una differente regolamentazione. Tuttavia non bisogna sottovalutare il ri-
schio che si corre legittimando un apparato e una pratica che invece sono produt-
trici di differenze.
18 Cfr. brano p. 52.
19 disponibile ormai unampia letteratura critica su questo argomento; tra i princi-
pali riferimenti cfr. Tery 1991; Dosi 1995, 1693; Ronfani 1997; tra i principali so-
stenitori dellattualit e cogenza di questo concetto cfr. Moro 2000; 2002.
20 Si noti che la Convenzione sui diritti del fanciullo sancisce tanto i diritti alla prote-
zione e allunit familiare quanto i diritti alla partecipazione, alla libert di pensie-
ro, di espressione ecc.
21 Per un approfondimento su questo punto cfr. Rozzi 2002b.
22 Cfr. Cunningham 1997
23 Si pensi alle tristi retoriche interventiste che a partire dagli anni 90 portano locci-
dente a salvare, con un rinnovato impegno, i figli degli altri da dittature o stati
poco civilizzati e da famiglie troppo incivili o troppo sottomesse. Una sorta di
missione per il futuro stesso del genere umano.
24 Argomentazioni simili si possono trovare nellinfinito dibattito sullimputabilit
dei minori. Nei lavori preparatori del nostro codice penale, ad esempio, venne ad-
dirittura fatto riferimento a differenze climatiche. In quel caso il paragone era tra
nord e sud Italia. In sostanza i ragazzi meridionali erano pi maturi in quanto, ol-
tre a dover affrontare in anticipo le difficolt della vita a causa del contesto socio-
economico, erano anche pi pronti a farlo perch aiutati da una esposizione clima-
tica pi favorevole alla crescita.
25 Si riferisce al permesso di soggiorno previsto dal testo unico e rilasciato per motivi
di protezione sociale. Viene attribuito a soggetti che denunciano i loro sfruttatori:
e che quindi vengono inseriti in progetti di tutela e recupero che per si interrom-
pono se il soggetto non collabora fattivamente ad arrestare lo sfruttatore.
26 Berzano, Prina 2001. La questione devianza prende le mosse dal dibattito sulla
questione criminale, per cui la criminalit non considerata un oggetto indi-
pendente dalle procedure che la definiscono come tale, dagli strumenti adoperati
per gestirla e/o combatterla, dalle politiche penali e dellordine pubblico, dai di-
240 IL MALE MINORE
battiti che la concernono: con questione criminale si intende provvisoriamente
unarea di azioni, istituzioni, politiche e discorsi delimitata da confini mobili (Pit-
ch 1989, 63).
27 Per una sintesi sulle varie posizioni in gioco cfr. Campani, Lapov, Carchedi 2002,
144.
28 Ivi, 146.
29 Per le considerazioni sui risvolti di questo approccio miserabilista alla migrazio-
ne minorile rinvio al paragrafo precedente.
30 Douglas 1996.
31 Cfr. Boni 1997.
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1 Cfr. Alfonso 1995. Nonostante la difficolt di reperire dati attendibili, contraria-
mente alla percezione degli operatori, il numero dei minori stranieri presenti sul
territorio ora risulta piuttosto ridotto. Dai dati forniti dallo stesso Comune: (l)a
dimensione del fenomeno dellimmigrazione minorile a Genova e nel resto del
Paese risulta modesta a confronto con gli altri Stati dellUnione Europea [...] I mi-
nori stranieri residenti a Genova nellanno 2000 risultavano 2817 con unincidenza
sul complesso della popolazione minorile del 3,6 per cento, valore allineato a quel-
li registrati nel Nord e nel Centro del Paese (Italia del Nord 4,3 per cento, Italia
Centrale 4 per cento). Fonte Osservatorio del Comune di Genova, dati disponibi-
li allUrl: www.comunegenova.it.
2 Mi riferisco agli scontri in strada del 93 tra gli abitanti del centro storico (italiani e
stranieri: alcuni resoconti parlano di veri e propri scontri di radice etnica, cfr. Dal
Lago 1999; Quadrelli 2002), cui seguirono le retate delle forze dellordine a disca-
pito degli stranieri. In quelloccasione i cosiddetti pattuglioni della polizia
sgomberarono molti appartamenti affittati abusivamente e un gran numero di co-
loro che li occupavano venne espulso.
3 Lintervistato si riferisce allorganizzazione dellufficio stranieri (ora ufficio immi-
grazione), il quale ha subito una ristrutturazione a seguito delle direttive ministe-
riali emanate proprio in relazione alla materia immigrazione nel 2001, che comun-
que non ha registrato alcun cambiamento significativo rispetto alla precedente im-
postazione.
4 Spesso, come ad esempio nel caso della vendita dei fiori, sono state le scuole del
centro storico o il provveditorato a sollecitare lattenzione degli altri organi istitu-
zionali e a sensibilizzarli sulla necessit di un lavoro sinergico con il terzo settore
nella costituzione di progetti specifici sui minori stranieri. Il risultato di questo im-
pegno sfociato nel protocollo di intesa che ha dato vita al Centro scuole e nuove
culture e al Centro risorse alunni stranieri (Cras). Questultimo si fatto spesso
promotore di iniziative a favore dei minori stranieri, soprattutto degli alunni ma-
rocchini delle scuole del centro (come ad esempio il progetto di sostegno allo stu-
dio Futuro credibile svolto in collaborazione con il Comune e enti del terzo set-
tore e finanziato esclusivamente con fondi privati); per un approfondimento cfr.
Nosenghi (2003). In molte occasioni sono state proprio le insegnanti delle scuole
del centro a dare ricovero ai ragazzi, che durante il giorno non sapevano dove an-
dare. Uninsegnante intervistata racconta di aver tenuto in infermeria un ragazzo
con la febbre in attesa che la comunit alla quale era stato assegnato riaprisse per
lorario serale.
5 In realt, larrivo in Italia dei minori albanesi risale al 1991 nel corso di quello che
NOTE 241
fu definito un esodo di massa e ha inizialmente interessato le regioni del sud Ita-
lia. I minori albanesi accolti nella primavera del 1991 vengono descritti come fan-
ciulli e giovani provenienti da situazioni di grave deprivazione e segnati da una
grande povert. [...] Erano quasi tutti dal carattere mite e dal comportamento se-
reno e gioviale che si traduceva in una spontanea tendenza alla socializzazione ver-
so i minori salentini e verso tutta la popolazione (Verardo 1998, 47-48). Quella
che coinvolge Genova invece la seconda ondata migratoria giunta tra il 97 e il
98, i cui caratteri vengono delineati con maggiore asprezza. In particolare mi rife-
risco ai resoconti e agli articoli pubblicati in quel periodo sulla rivista Minori e
Giustizia da alcuni magistrati salentini. I ragazzi albanesi vengono infatti descritti
con caratteristiche ben diverse. Ragazzi ormai cresciuti in un clima completamen-
te diverso dal passato. Alla esperienza della povert dei mezzi materiali si era per
molti sostituita o aggiunta lesperienza di una societ violenta, conflittuale, con
forti aspirazioni al consumismo sfrenato. Cosicch i giovani di cui noi giudici mi-
norili abbiamo continuato a occuparci gi nel 1997 manifestavano una notevole ca-
rica di aggressivit e di violenza: erano quasi tutti diciassettenni divisi in bande ri-
vali, avvezzi a compiere atti di vandalismo anche nelle strutture di accoglienza, po-
co inclini a socializzare e talvolta ribelli anche con educatori e responsabili degli
enti e delle istituzioni (ivi, 48). Insomma, diversi erano i ragazzi e diverso era
il clima che si andava creando intorno a loro.
6 Naturalmente, lufficio stranieri nasce con una competenza specifica anche sugli
adulti (privi di residenza); tuttavia nel corso dellintera trattazione far unicamente
riferimento agli aspetti riguardanti i minori.
7 Questo distretto storicamente il primo e il pi densamente popolato da stranieri,
soprattutto minorenni.
8 Ovviamente la condizione dei ragazzi non era priva di precariet e per questo po-
teva precipitare in ogni momento. Infatti lintervistato continua: Questo permes-
so di soggiorno aveva di norma la durata di sei mesi, perch la legge non d indica-
zioni sulla durata. Questa scelta arriva da lontano, una scelta del precedente que-
store, pi che altro per tenere sotto controllo la situazione, mettiamola su questo
piano. Anche perch spesso e volentieri questi ragazzi hanno bisogno di essere
controllati. Mi spiego meglio: preferibile che sappiano che sono controllati dal-
lautorit di polizia, devono sapere che c un minimo di controllo. Perch gli assi-
stenti sociali svolgono solo il loro compito di assistenza. Questo permesso proro-
gabile fino alla maggiore et; dopo il compimento del diciottesimo anno si dovr
decidere se regolarizzare questo ragazzo. La legge ci d questa opportunit. Il rin-
novo di sei mesi non era automatico, ma di solito era subordinato alle relazioni che
ricevevamo. In linea di massima, le relazioni erano sempre positive e noi abbiamo
sempre rinnovato. Di fatto, se andiamo a vedere, il minore inespellibile, a mag-
gior ragione se c un provvedimento del tribunale. Quindi noi lo facevamo so-
prattutto per tenere il controllo sul ragazzo. Nessuno infatti ci proibiva di dare un
permesso di soggiorno pi lungo, addirittura fino alla maggiore et, per non
escluso che il provvedimento venga revocato, gi successo.
9 Il numero dei minori di cui si occupata lUnit operativa cittadini senza territorio
(almeno fino al momento della ricerca di campo) raggiunge il suo picco massimo
tra il gennaio del 2000 e il dicembre del 2001: in tutto 115 casi. Di questi, la mag-
gioranza sono maschi (precisamente 100). Lutenza del servizio connotata dallal-
ta percentuale di ragazzi albanesi: si tratta, infatti, di 70 su 115, cio di oltre il 58
per cento, cui seguono i minori non accompagnati provenienti da Marocco (34),
Romania (4), Bosnia (2), Serbia (2), Cina, Tunisia e Pakistan con un solo minore.
Dei 76 minori in carico, molti hanno il permesso di soggiorno per affidamento
(circa 53) e i restanti il permesso per minore et. La maggioranza dei permessi di
242 IL MALE MINORE
soggiorno per affidamento stata rilasciata prima della Circolare dellaprile 2001.
I dati sono tratti dalla relazione prodotta dagli stessi operatori dellunit operativa,
reperibili sul sito del Comune di Genova.
10 Al momento della ricerca sul campo, essendo il numero dei minori diminuito note-
volmente, non vengono pi previsti collocamenti in albergo e sono state chiuse
due convenzioni con strutture di emergenza.
11 Quelli promossi appunto dal sistema Schengen e sempre pi sollecitati anche negli
ultimi sviluppi legislativi in materia di immigrazione (l. 48/98 e 189/02) per la
riammissione dei migranti, cfr. Capitilo primo.
12 Soprattutto nel nord Italia e in particolare a Torino e Milano. Sullesperienza del
Comune di Torino possibile consultare la ricerca di Rozzi (2002a) pubblicata
parzialmente sul sito: www.savethechildren.it.
13 Come afferma un funzionario della questura intervistato, le generalit e let degli
espellendi non sempre erano verificate.
14 Dallintervista al medesimo funzionario: Va considerato anche che lItalia riusci-
ta a stringere anche rapporti bilaterali con altri paesi che hanno consentito di met-
tere in atto determinati istituti come quello del rimpatrio che prima era impossibi-
le senza accordi. Ad esempio i rapporti con lAlbania sono cambiati, ora per gli al-
banesi anche privi di documenti possibile il rimpatrio. LAlbania li riprende an-
che se non hanno un documento rilasciato dalla loro autorit. Noi facevamo, ora
non so, mi sono assentata per un po e sono appena tornata, una sorta di foglio che
riportava le generalit della persona con la fotografia e questo valeva come docu-
mento. Una sorta di lasciapassare che indicava che quella persona era stata censita,
non identificata, perch con quelle modalit non si pu parlare di identificazione,
non ci sono termini di paragone. Per i marocchini questa cosa qui tuttora impos-
sibile, per il rimpatrio del marocchino, ammesso e non concesso, che si riesca biso-
gna andare al consolato per fare il lasciapassare, o il passaporto provvisorio. Mi ri-
ferisco soprattutto ai marocchini, perch il gran numero di stranieri con cui venia-
mo a contatto noi sono soprattutto marocchini e poi albanesi; mi riferisco ai non
accompagnati, perch poi di accompagnati c ne di tante altre nazionalit, per
esempio ci sono tanti equadoregni.
15 Cfr. capitolo secondo.
16 Come in molte altre realt, la magistratura non si manifesta del tutto uniforme:
Per ora mi sento abbastanza in soggezione, non posso non fare quello che mi vie-
ne richiesto, se lo prevede la legge. Io di solito cerco di affidare il pi possibile i
minori a una figura di riferimento, sia pur non mettendo le bandiere dalla finestra,
ogni minore che arriva io preparo un affidamento perch non pu rimanere sguar-
nito in attesa delle decisioni del comitato. [Quale affidamento stabilisce?] Io chie-
do, e questo non vuol dire che poi ottengo, sempre una richiesta di affidamento
del minore al comune con mantenimento in una struttura e la richiesta di affida-
mento non temporanea ma a tutti gli effetti. Poi la pratica va avanti e quando il co-
mitato decide la sua decisione deve tornare qui perch, quando c una pratica di
affidamento aperta, il nulla osta al rimpatrio deve stabilirlo il tribunale per i mino-
renni. Se poi il Comune per prima cosa invia la notizia della presenza di un minore
non accompagnato al comitato e a noi la invia solo per conoscenza... (pubblico
ministero del Tm).
17 Cfr. nota 8.
18 In realt, secondo la normativa a cui le istituzioni genovesi affermano di unifor-
marsi, la presenza di parenti e affini non sarebbe comunque sufficiente a dichiara-
re il minore come accompagnato.
19 Rieff 2003.
20 Per ulteriori informazioni sulle funzioni svolte dal settore stranieri dellUnit ope-
NOTE 243
rativa cittadini senza territorio cfr. il sito del Comune di Genova: www.comunedi-
genova.it.
21 Centro daccoglienza per persone senza fissa dimora.
22 Nellestate 2002, al momento della ricerca di campo che lha riguardata.
23 Dalla relazione sullattivit dellunit operativa in merito ai minori stranieri non ac-
compagnati. Reperibile allUrl: www.comunegenova.it.
24 Una particolarit genovese risiede nel fatto che il giudice tutelare non viene pres-
soch mai interpellato, diversamente da ci che accade altrove. Per esempio, a To-
rino e a Roma tale figura riveste un ruolo centrale.
25 Dalla relazione sullattivit dellunit operativa cit., 12.
26 Anche se i recenti sviluppi interpretativi della Corte Costituzionale reputano que-
sta procedura comunque valida, cfr. Capitolo secondo, nota 24.
27 I meccanismi su cui si fonda il colloquio sono piuttosto aderenti a quelli rilevati da
Fabio Quassoli nella sua ricerca sulle pratiche dinterazione allinterno dei servizi;
cfr. Quassoli 2002b e 2003.
28 Nel corso del periodo di osservazione mi capitato di assistere a colloqui con ra-
gazzi provenienti dalle stesse strutture. Si trattava di storie praticamente uguali,
ma con tempi di arrivo differenti: ad alcuni di questi era garantita la palestra, agli
altri era intimata la buona condotta scolastica, con il ricatto della valutazione sulla
loro permanenza, ancora in fase di esame da parte del Comitato per i minori stra-
nieri. La presentazione di una realt distorta e la continua minaccia dellinforma-
zione al comitato sono gli strumenti frequentemente utilizzati dallunit operativa
per tenere in scacco ragazzi, che del resto sono ben coscienti della difformit di
trattamento.
29 Quindi i ragazzi affidati dal tribunale per i minorenni al comune prima della circo-
lare dellaprile 2001, oppure quelli che ora, in base alle nuove disposizioni intro-
dotte dal comitato, possono essere affidati ai servizi territoriali su raccomandazio-
ne dello stesso.
30 doveroso precisare che Genova non rappresenta un caso isolato, in quanto in
molti altri comuni stata fatta una scelta simile. Tra questi il primato negativo va a
Lecce, dove i minori sono accolti in un centro di permanenza temporanea. Sul
punto cfr. Iprs 2001, 103 ss.
31 Iprs 2001, 58.
32 In questultimo caso mi riferisco agli incontri promossi dallIcs in molti centri che si
occupano di minori non accompagnati per sensibilizzare i minori e soprattutto gli
operatori al rimpatrio. Gli incontri prevedevano la visione di un documentario sul-
lAlbania, sulle prospettive, sul futuro della nazione e sulle rinnovate possibilit
per i giovani (una sorta di clip promozionale, tra laltro prodotto dal Comitato per
i minori stranieri), con relativo dibattito. Inutile riferire le reazioni dei ragazzi e an-
che di alcuni operatori a unoperazione del genere.
33 Questa viene attribuita agli unici servizi assistenziali che il comune aveva consoli-
dato e diramato sul territorio: i Centri di aiuto domiciliare (Cad). Precedentemen-
te, in base alla riforma sanitaria istituita con la legge 833/78 queste competenze
erano gestite dalle Usl in quanto strutture operative del Comune. Dagli anni Ot-
tanta il comune aveva, infatti, delegato i servizi socio-assistenziali ai consultori, che
gi gestivano lerogazione dei servizi sanitari a livello territoriale. Con lamplia-
mento delle funzioni, i Cad cambiano denominazione in distretto.
34 Ad esempio gli enti gestori delle comunit e degli istituti convenzionati, le famiglie
affidatarie e le cooperative e le associazioni organizzate allinterno dellAgenzia
territoriale (di zona) che svolge in appalto il servizio di accompagnamento educati-
vo. Dal 1999, infatti, la convenzione con il Terzo Settore per la gestione di progetti
di accompagnamento educativo territoriale organizzata in agenzie territoriali di-
244 IL MALE MINORE
stribuite nelle zone circoscrizionali, che prevedono un ente capofila per ciascuna
con funzioni operative.
35 Dai dati forniti sulla distribuzione circoscrizionale dei minori stranieri, si rileva che
circa un quinto risiede nella zona di Pr-Molo-Maddalena, dove la loro presenza
percentualmente superiore alla media cittadina. Fonte Osservatorio del Comune
di Genova; dati disponibili allUrl: www.comunegenova.it.
36 Questa motivazione mi stata fornita in pi occasioni dagli attori intervistati.
37 D.p.c.m. 535/99.
38 del giugno 2002 lultimo incontro/seminario sul centro storico genovese svolto
in occasione della prima uscita pubblica del neo senatore Nando dalla Chiesa: Il
centro storico di Genova. Sicurezza sistema sociale e mutamento urbano. Inoltre,
la nuova amministrazione ha previsto una delega sulla sicurezza allex vice questo-
re di Genova, attualmente eletta nelle liste dei Ds.
39 Iprs 2001, 20.
40 Intendo una patologizzazione di tutte le questioni relative al minore che si espli-
ca spesso in pratiche mirate fondamentalmente al controllo.
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*+,-./0.-12130.42/2
1 Determinante a questo proposito, ma lo vedremo meglio nel prossimo capitolo,
lo studio di Giovanna Procacci (1998) sulle pratiche istituzionali di governo della
povert e delle fasce marginali, da cui trae ispirazione il titolo di questo capitolo.
Il governo delle fasce marginali, inoltre, sovente connesso ai meccanismi di
produzione istituzionale da cui i minori stranieri in quanto nuovi marginali non
vanno esenti. Per orientarmi in questi temi far pi volte riferimento al lavoro di
Ota De Leonardis (1990), in quanto comunemente riconosciuto come una delle
analisi pi interessanti, oggi attuale pi che mai, sulla produzione istituzionale
aggiornato successivamente (1998) da quello critico sulle non sempre felici intera-
zioni tra welfare e terzo settore.
2 Cos definisce le fonti di finanziamento che alimentano il terzo settore il presiden-
te di unassociazione genovese.
3 Palidda 2000c.
4 Evidentemente il progetto della rete 501 solo apparentemente successivo, in
quanto rappresenta una formalizzazione con finanziamento locale di un ventaglio
di risorse che gi da tempo lavoravano sul territorio con lutenza marocchina gra-
zie a finanziamenti pubblici.
5 Fazzi 1999.
6 Forse pi semplicemente questo tipo di accordo d conto delle reali possibilit in
cui gli operatori si sono venuti a trovare impegnati, con un monte ore e un finan-
ziamento da distribuire su pi temi. Questo soprattutto se si considera che lintero
lavoro con lunit operativa svolto da una quipe composta da un operatore a 38
ore, quattro, a 34 e due, a tempo parziale, nonch da una persona a 30 ore che
svolge un lavoro di segretariato in una struttura gestita dalla cooperativa, e due
collaborazioni coordinate e continuative con un impegno rispettivamente di 20 ore
e di 10 ore.
7 Trattoria genovese assai nota per i prezzi bassi e leterogeneit dei suoi frequenta-
tori, che spesso viene utilizzata anche come mensa.
8 Sottolineo che, nel periodo di osservazione presso lufficio, per assurdo, ho potuto
partecipare ai colloqui con i ragazzi (nonostante la delicatezza dei contenuti), oltre
che fare le interviste agli operatori, mentre non mi stato possibile partecipare al-
NOTE 245
le riunioni di riflessione e di indirizzo realizzate con la strutture di riferimento. Le
notizie che ho sono tratte dagli incontri con gli operatori. La partecipazione non
mi stata negata esplicitamente, ma hanno sempre evitato di rispondere alle mie
richieste.
9 In realt i video fatti dallIcs sono due. Uno si chiama Ka drita (reperibile presso la
sede romana dellIcs) ed stato realizzato direttamente dallIcs, si tratta di una
biografia di alcuni giovani che per scelta o per caso sono rimasti in Albania, e non
nientaltro che un documentario. Laltro probabilmente quello specifico sui mi-
nori non accompagnati e non ancora reperibile. Entrambi sono stati commissio-
nati dallo stesso Comitato per i minori stranieri.
10 In realt non stato fatto un vero e proprio ricorso, ma stato contattato il Comi-
tato per cercare di trovare una soluzione. appena il caso di precisare che non sa-
rebbe stato necessario neanche il ricorso per bloccare il rimpatrio. Ci perch nel
caso risulti instaurato nei confronti dello stesso minore un procedimento giurisdi-
zionale, lautorit giudiziaria rilascia il nulla osta, salvo che sussistano inderogabili
esigenze processuali (art. 5 comma 2bis del D.l. 113/99). In questo caso, se va be-
ne, il nulla osta stato richiesto e concesso: ma non se ne capirebbe il perch
prima di arrivare a una decisione (magari negativa), soprattutto considerato che le
esigenze non appaiono derogabili; se va male non stato nemmeno richiesto.
11 Si veda la sentenza 21-07-03, pubblicata sulla rivista Diritto, immigrazione e citta-
dinanza, 200/1.
12 Dal Progetto della rete 501.
13 Ricostruzione tratta dal testo del Progetto della Rete 501.
14 Ivi.
15 Attualmente il progetto stato rifinanziato, tuttavia sono cambiati parzialmente i
contenuti e gli enti che vi partecipano.
16 Di questo secondo finanziamento non sono disponibili n un progetto, n la ripar-
tizione dei benefici economici: sembra trattarsi per lo pi di una mera estensione
dei finanziamenti, volta a supportare le attivit istituzionali di questi enti, piuttosto
che a progettare sui minori stranieri non accompagnati.
17 Ecco cosa dice uno degli operatori dellente citato nel corso dellintervista: Il no-
stro primo compito stato quello di ricucire il rapporto con il territorio, questo
perch via Pr in particolare ha una situazione educativa un po cos, non molto re-
golare. stata colonizzata un po di anni fa direi prima dalle famiglie napoletane
abbastanza malfamate, poi dopo di loro c stata larrivo massiccio di extra comuni-
tari , quindi la situazione abbastanza malfamata. Per anche le famiglie, diciamo,
a posto hanno una difficolt a rapportarsi con le istituzioni, hanno paura di andare
a fare una richiesta e a lasciare il proprio nome, ci sono quelli che non si vogliono
assolutamente far riconoscere e quelli che hanno paura. Cera il rischio che forzan-
dole ad avere un rapporto con le istituzioni i bambini non si vedessero pi. Proba-
bilmente, io non cero prima, nella passata amministrazione si taciuto, non si
spinto sulla necessit di avere rapporto con le istituzioni, per la paura di non vede-
re neanche i bambini e di non poter fare neanche qualcosa per loro, questa situa-
zione si trascinata fino al nostro intervento. Mentre noi lavoriamo da tanto con le
istituzioni con la scuola e con i distretti, abbiamo unaltra impostazione perch cre-
diamo che sia una ricchezza e una risorsa per la zona. I distretti sono a braccia
aperte, ma il cordone ombelicale con le assistenti era stato un po tagliato. In so-
stanza i servizi sociali non entravano in via Pr. Lo stesso distretto quando ha sapu-
to che ci occupavamo della staffetta ci ha detto: cerchiamo di costruire qualcosa.
18 A questo punto vediamo brevemente quali sono in concreto i servizi promossi dal
progetto iniziale, lunico documentabile. La rete 501 dispone di un servizio di
Club e formazione informatica al cui interno sono compresi un circolo ricreativo
246 IL MALE MINORE
e una palestra; di un Centro sociale che svolge assistenza scolastica e attivit educa-
tive e per il tempo libero a favore di adolescenti; di un Centro daccoglienza not-
turna e diurna per preadolescenti e adolescenti, immigrati e non, a rischio di de-
vianza; di un Centro con attivit di accoglienza a bassa soglia che svolge attivit di
formazione e dinserimento lavorativo, nonch attivit sportive e ricreative per il
tempo libero; infine di un servizio di accompagnamento educativo volto allinseri-
mento in percorsi di autonomia, opportunit lavorative e formative di adolescenti
e giovani-adulti stranieri. Questultimo, poich svincolato dalla gestione di una
struttura in senso stretto, acquisisce una valenza particolare in quanto, insieme al-
lattivit di accoglienza a bassa soglia, rappresenta lo strumento specificamente
orientato alla realizzazione concreta dei progetti di presa in carico.
19 Ci soprattutto se si considera che nella seconda tranche di interventi finanziati so-
no rientrate strutture davvero eterogenee rispetto alla mission: un esempio il ser-
vizio di nido. difficile pensare a minori non accompagnati cos piccoli.
20 Devo queste riflessioni a Cristina Bigi, direttore della casa circondariale della La
Spezia.
21 Cfr. De Leonardis 1998, 49 ss.
22 Cfr. ivi. 88.
23 Cfr. Tubaro 1999.
24 Fazzi 1999, 48.
25 Sulle potenzialit del terzo settore nelle politiche attive del lavoro cfr. Ambrosini
2000. Le potenzialit di questo settore nella produzione di impiego tuttavia na-
scondono, secondo altri, numerose inside, prima tra tutte quella di trasformarlo in
un parcheggio a basso costo per molti ragazzi in un mondo in cui ormai gli unici
rapporti informali sono quelli con i dipendenti (Tubaro 1999, 64).
26 Anche il sito di un certo interesse: www.civitas.it.
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'+,-./0+1233+32.-4,52,6-,41404-7.,896::4-74
1 Per il meccanismo di interazione cumulativa riferito al processo di costruzione
dello straniero cfr. Dal Lago 1999.
2 Palidda 2002.
3 Mi riferisco evidentemente al concetto maussiano di fatto sociale.
4 Un orientamento pi vicino alle posizioni istituzionali (descritte nel paragrafo sul
distretto) nei confronti del lavoro minorile (la cosiddetta vendita dei fiori), prende
piede anche tra gli operatori delle associazioni antirazziste.
5 Cfr. Chevalier 1976.
6 Cfr. Fravega, Queirolo Palmas 2003.
7 Il termine utilizzato in realt ouvrier spcialis (OS) che corrisponde alla qualifica
di operaio generico (si veda Sayad 2002, 67 nota 17 e 219).
8 Molti studi condotti in questo evidenziano questa potenzialit; tra i primi a rilevar-
ne limportanza, ad esempio, si veda Demetrio 1993, 151-71.
9 Donzelot 1977, 28.
10 Aris 1976; cfr. anche Becchi 1979.
11 Goffman 2001, 29.
12 Intesa non solo come preclusione da uno spazio pubblico, ma anche come una
gestione privata dei bisogni e non una affermazione, pubblica, dei diritti.
13 Il dirigente dell ufficio immigrazione della questura intervistato, peraltro, non ha
confermato nel corso dellintervista questo loro coinvolgimento, soprattutto sul
piano formale.
NOTE 247
14 Il progetto davvero interessante soprattutto perch cerca di superare la dipen-
denza dalle indicazioni della amministrazione pubblica, esso, infatti, finanziato
interamente con fondi privati; non possibile qui riportarlo nella sua interezza,
tuttavia disponibile presso la sede del Cras.
15 Sayad 2002, 375-376.
16 Pratiche educative non tanto diverse si possono trovare nelle esperienze dellin-
fanzia criminale raccontata da Genet (1993) e nelle biografie dei giovani Doinel
(Truffaut 1959) o Trless (Musil 1974), che popolano la vasta produzione cultura-
le fondata sulla esperienza adolescenziale.
17 Per una completa analisi della nuova pedagogia introdotta dalla istituzione dei cot-
tage plan, cfr. Platt 1975.
18 Procacci 1998, 197 ss.
19 Questa disattenzione ai giovani albanesi costata davvero cara, cfr. p. 163.
20 Cfr. Mauss 1965.
21 Sul dono e sulla difficolt di conciliare i molteplici interessi individuali e collettivi
legati alla solidariet cfr. anche Bayertz, Baurman 2002.
22 Procacci 1998, 184.
23 Gillis 1974, 199.
24 Cfr. Musgrove 1965.
25 De Leonardis 1998, 91.
26 Si veda luso che Emler, Reicher (2002) fanno del concetto goffmaniano di reputa-
zione.
27 Melossi, Giovannetti 2002.
28 In realt gli ultimi sviluppi della disciplina, lho gi detto, allargano la possibilit di
regolarizzazione; tuttavia nel farlo la subordinano in fondo agli umori degli attori
del terzo settore cui affidato il loro progetto educativo.
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1 doveroso precisare che lintervista stata rielaborata per renderla pi leggibile,
senza tuttavia alterare il senso originario.
2 Lassistente sociale si riferisce a un caso di cronaca accaduto qualche tempo prima
in un vicolo del centro storico. Quello di una giovane, forse coinvolta in questioni
di droga, trovata morta dagli operatori della nettezza urbana in uno scatolone but-
tato nellimmondizia.
+,-+./!0,-0
01'2%3#$4'3411&'$4"4
1 Quando questo volume era gi in bozze, le indicazioni della Consulta sono state
tradotte in un decreto legislativo emesso il 15 settembre che dovr essere converti-
to in legge nei prossimi due mesi. Non possibile riportare i contenuti del decreto,
ma sufficiente rilevare che i contenuti di questo decreto non hanno avuto il plau-
so dellassociazione magistrati italiani e sono oggetto di un vivace dibattito sui
quotidiani nazionali.
2 Cortzar 1969, 180.
3 Carbonier 1989.
4 Sayad 2000.
5 Sul punto cfr. Rahola 2003.
6 Devo la ricostruzione di questo processo a Fabio Quassoli, in particolare alle sue
248 IL MALE MINORE
ricerche sui saperi dei magistrati; cfr. Quassoli 1999; 2002a.
7 Beck 2000.
8 Moro 1974, 386.
9 De Leonardis 1998, 73.
10 Foucault 1994.
11 Small 1978, cit. in Hester, Eglin 1999.
12 Beck 2000.
13 Bauman 2002c.
NOTE 249
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260 IL MALE MINORE
Gabriella Petti
Il male minore
Il minore straniero assume oggi un doppio ruolo sociale:
come "minore" il soggetto di un tradizionale discorso
pedagogico, come "straniero" un pericolo per lordine
pubblico. A ben vedere, i minori stranieri si configurano
come un problema di confine, in cui inclusione ed
esclusione, tutela e repressione sono facce della stessa
medaglia. Anche se raramente bersagli di clamorose
manifestazioni di razzismo, i minori subiscono unostilit
pi strategica, che si consuma attraverso i meccanismi
della tutela e delle norme adottate per "regolare" la loro
condizione.
Questo processo, tuttavia, pu essere compreso solo nel
contesto pi ampio della "privatizzazione" del sistema di
welfare, promossa dal riconoscimento del privato sociale
come partner degli apparati pubblici e politici nella
produzione e nellerogazione di servizi - oltre che nella
gestione dellinsicurezza determinata dalle migrazioni,
allinterno e allesterno dei confini nazionali. La scarsa
attenzione per questo tipo dintervento ha creato unaura
di sacralit intorno allattivit degli eredi dei patologi
sociali dellOttocento, contribuendo a consolidare lidea
che qualunque intervento nei confronti dei minori sia
effettuato nel loro superiore interesse. Il volume mostra
come in realt questo intervento, che agisce in base a un
mandato politico-sociale chiaro, sebbene non sempre
esplicito, e comunque volto alla difesa dei confini e delle
supposte identit nazionali, non faccia altro che ridefinire
come superflui o trascurabili la voce e il destino sociale dei
minori stranieri.
Gabriella Petti ricercatrice presso lUniversit di Genova e
insegna Sociologia devianza e del controllo sociale nelle Facolt di
Scienze della formazione e Scienze della comunicazione. Ha
pubblicato saggi e ricerche sulla devianza, le migrazioni e il
controllo sociale dei giovani.
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