Sei sulla pagina 1di 11

Terzo tipo in psicosintesi: dal narcisismo al Karma Yoga di Raffaella DiSavoia

Nell'ottica psicosintetica, la personalit narcisistica-paranoide corrisponde alla patologia del Terzo Tipo, il cosiddetto tipo Attivo-Pratico. L'aspetto paranoide non rientra direttamente in questo studio; mi focalizzer quindi sugli aspetti relativi al narcisismo. Il tipo Attivo-Pratico, dunque: ovvero una personalit totalmente estrovertita, abile, materialistica, che tiene in poco o nessun conto le sfumature psicologiche, l'osservazione di s, i movimenti dell'animo. In questo senso, l'Attivo-Pratico completamente nel mondo. E proprio questo suo non essere in contatto con s una delle chiavi che, come vedremo, gli permetter di trascendere. Quali sono le caratteristiche del Terzo Tipo? La qualit fondamentale di questa tipologia l'intelligenza. Essa parte integrante della creazione, ogni forma vivente permeata di una "intelligenza inconscia", a partire dai singoli atomi. Nell'essere umano, questa qualit si esprime in tutta la sua grandezza e mostra le sue infinite potenzialit. Naturalmente, l'intelligenza non appannaggio esclusivo di questo tipo di personalit. Tuttavia, qui assume una particolare rilevanza, in quanto la polarizzazione energetica quasi esclusivamente mentale: "anche negli altri tipi vi pu essere l'uso della mente e un'intelligenza sviluppata, ma non vi la polarit mentale, perch le energie non sono accentrate nell'intelletto, ma nell'aspetto volitivo dell'Io o nella natura emozionale" (A.M. La Sala Bat). L'uso intelligente del pensiero la modalit con cui questa tipologia si rapporta al mondo, e tramite cui cerca di raggiungere i suoi scopi. un pensiero flessibile e sfaccettato, che si adatta alla realt esterna, e da questa trae continui stimoli. Tramite la funzione immaginativa, che preminente per questa tipologia, gli elementi esterni vengono per cos dire riassemblati, dando vita a nuove forme. Il Terzo Tipo riesce a scorgere possibilit ed opportunit che gli altri non vedono. Abbiamo quindi un pensiero inventivo, che crea la propria realt. Inoltre, un pensiero non offuscato da emozioni: permette quindi una lucida analisi degli eventi, ed alimenta la capacit di ricavare il meglio da ogni situazione. Vorrei fare qui una breve digressione per approfondire qual a livello spirituale l'origine e lo scopo di questa tipologia. Evidentemente, l'origine e il fine ultimo di ogni tipologia sono assai lontane dalle manifestazioni reali, che riproducono soltanto una traccia distorta della funzione originaria. Tuttavia, la genesi e le caratteristiche spirituali permettono di scorgere le modalit e gli scopi superiori di una personalit, quindi di allargare lo sguardo inserendo le caratteristiche in un contesto pi ampio, che va ben oltre le manifestazioni patologiche. Secondo la teoria esoterica dei sette Raggi, questa tipologia denominata "Intelligenza Attiva". Si tratta, come abbiamo visto, di un tipo polarizzato sul piano mentale. una intelligenza che causa attivit: cio un pensiero che si esprime nel mondo. l'uomo che "concepisce un'idea, usa mente e cervello per manifestarla, e le mani per perfezionarla" (A Bailey). l'espressione sul piano fisico, materiale, del mondo dell' intelletto. Secondo la Bailey, il Terzo Raggio esoterico, da cui deriva il Terzo Tipo psicosintetico, nasce dalla sintesi fra Primo e Secondo Raggio: il Primo Raggio, di Volont e Potere, la manifestazione del potere divino, quindi lo spirito che agisce attraverso la volizione, il Logos, il Padre che vuole soddisfare il proprio desiderio; il Secondo Raggio, di Amore e Saggezza, incarna il principio d'attrazione, quindi Eros, la Madre, la materia che soddisfa il desiderio. Dall'unione di questa polarit universale nasce il Terzo Raggio, appunto di Intelligenza Attiva, il Figlio che "dal padre eredita l'impulso a desiderare, e dalla madre la tendenza alla creazione attiva delle forme". A livello superiore, quindi, il Terzo Raggio racchiude in s sia "l'impulso motivante all'inizio della creazione" che l'esperienza nella materia. la sintesi di Eros e Logos rivelata sul piano fisico. Consiste quindi nell'uso dell'intelligenza per costruire forme sul piano materiale, l'espressione

del Pensiero Creatore di Dio: in ultimo, il potere di manifestare forme che rivelino il proposito divino. Il Terzo Tipo possiede qualit assai importanti, che naturalmente si esprimono diversamente a seconda del livello evolutivo dell'individuo. L'uso della mente la caratteristica fondamentale, quindi l'utilizzo del ragionamento in ogni circostanza: e se alcuni appartenenti a questa tipologia hanno un pensiero pulito, aperto ed elastico, altri sono invece ingarbugliati in flussi di pensiero caotici e confusi. In base al livello evolutivo, troviamo in questo tipo un'intelligenza lucida e duttile, ampiezza di vedute, la capacit di aprire la mente a idee nuove, diplomazia, disinteresse per le cose di poco conto; a livelli inferiori, questo tipo spesso pecca di freddezza, pigrizia, isolamento, trascuratezza, egoismo, criticismo, mancanza di concretezza, tendenza all'intrigo e all'opportunismo. " il pensatore astratto (), sognatore e teorico, per l'ampiezza delle vedute spesso vede tutti i lati di un problema, e ci talvolta ne paralizza l'azione. () la sua immaginazione altamente sviluppata; ha i requisiti di un abile uomo d'affari, come soldato sa risolvere i problemi tattici a tavolino, ma raramente grande sul campo; ama la musica ma incapace di produrne; qualcuno giunge ad essere anticonvenzionale al massimo, trasandato, impreciso, pigro, incurante delle apparenze" (A. Bailey). Questa tipologia incarna l'Intelligenza Attiva: intelligenza che deve trovare una espressione nel mondo. Tuttavia, i principi superiori vengono normalmente distorti. Da un lato abbiamo, quindi, persone con una mente estremamente fervida che per non riescono a calarsi su un piano di realt; dall'altro, troviamo persone freneticamente attive nel mondo, le cui azioni mancano di armonia, ed il risultato una sterile iperattivit; oppure, persone che utilizzano l'intelligenza per sfruttare e raggirare gli altri, come "quei commercianti, uomini d'affari o avvocati che hanno una mente vivace, un'intelligenza pronta, ma moventi egoistici e interessati" (A.M. La Sala Bat). Questo tipo estremamente utilitaristico: egli incarna una delle grandi leggi universali, la legge di economia, ovvero la capacit di integrare e coordinare le energie, agendo in modo intelligente, quindi ottenendo il massimo risultato con il minimo sforzo. Questa abilit nasce dalla sua capacit di adattamento, cio dal riuscire ad adeguarsi alla situazione vedendola in tutta la sua ampiezza, e traendone il massimo beneficio possibile. Egli sempre estremamente lucido e disincantato, e riesce a volgere gli eventi a proprio vantaggio. Questa capacit, naturalmente, nasconde anche un lato ombra, e diventa spesso opportunismo, astuzia, insincerit e abilit nel raggirare l'altro, in nome di un proprio guadagno. Il concetto di guadagno assai importante per questa tipologia: qualunque sia l'azione intrapresa, ci deve essere sempre un tornaconto, che sia monetario, o di prestigio sociale. In nome di questo guadagno egli passa sopra ad ogni questione ideologica o morale, e non si fa scrupoli di nessun genere pur di perseguire il proprio obiettivo. Per questa tipologia la funzione immaginativa riveste una importanza fondamentale: l'immagine il motore di ogni azione. Questo anche evidenziato dalla prima legge psicologica di Assagioli, secondo cui "le immagini tendono a produrre gli atti esterni corrispondenti", quindi l'immagine un'azione allo stato potenziale. A livello del narcisismo patologico l'immagine pi importante, da cui origina tutto il resto, l'immagine ideale di s, ed il mantenimento di questa falsa immagine ci che motiva ogni comportamento. In questo caso, l'aderenza ad un'immagine diventa un blocco al cambiamento, in quanto la stessa immagine di s una struttura rigida e immodificabile a cui fare riferimento. L'estrema flessibilit tipica di questa tipologia strettamente legata alla capacit di cambiare le immagini ed adattarle alla realt. Se questa capacit manca, il mondo viene inserito in una struttura fatta di schemi fissi, di regole invariabili, ed abbiamo quindi persone irrigidite e bloccate su un immagine immutabile. Ad altri livelli, la capacit immaginativa diventa capacit di concretizzare l'immagine nel mondo reale. Il Terzo Tipo fondamentalmente un materialista. Egli si trova pienamente a suo agio nel mondo concreto della materia, totalmente estroverso e rifugge dalle sfumature della vita interiore. La sua intelligenza mobile, non offuscata dalle emozioni, in grado di creare collegamenti, di ideare nuove realt, e quindi di trasportare l'immagine sul piano della materia.

Da qui la capacit di agire concretamente che caratterizza questa tipologia: appartengono a questo tipo artigiani, commercianti, imprenditori, economisti, quindi coloro che manipolano il mondo materiale, che si tratti di legno, ferro, o denaro. Questo tipo estremamente abile ed efficace nel mondo esteriore, per contro ha pochissima o nessuna familiarit con i propri movimenti interiori. Evidentemente, a livelli evolutivi inferiori la capacit di agire nella materia si esprime come uno sterile materialismo, una sopravvalutazione del successo esteriore, del denaro, del possesso, e questa visione esclusivamente materialistica , secondo Assagioli, il difetto di base di questa categoria. Essendo cos polarizzato sul piano mentale, il Terzo Tipo manca di empatia, della capacit di sentire l'altro, ed ha quindi forti difficolt sul piano relazionale. La sua abilit di lucida analisi lo rende estremamente critico e giudicante. molto separativo, nel senso che possiede la capacit di analisi ma non riesce a percepire cose o persone nella loro globalit, quindi le seziona creando una dicotomia buono-cattivo, in cui il cattivo necessariamente fuori da s; in questa modalit difensiva sono evidenti i tratti paranoici che caratterizzano questa tipologia. In altre parole, questa tipologia si difende dal dolore razionalizzando, e proiettando "il male" all'esterno. Evidentemente, queste caratteristiche unite ad un esasperato egocentrismo fanno si che il mondo delle relazioni sia per lui estremamente difficoltoso. Caratterialmente, queste persone sono spesso estroverse, precipitose ed inquiete. Ogni moto interiore si traduce immediatamente in azione; sono quindi focosi ed impazienti, incapaci di attendere; mancano di autorevolezza e di armonia; hanno una notevole capacit affabulatoria e sono assai convincenti; tendono a sdrammatizzare, con una modalit giocosa e spesso superficiale. La prima parola chiave per comprendere questa tipologia , come abbiamo visto, Intelligenza. La seconda Azione. Il Terzo Tipo deve esprimere s stesso nel fare, nell'agire concretamente nel mondo. A livelli inferiori questa caratteristica diventa iperattivit, inquietudine, agitazione, un continuo affaccendarsi privo di scopo. In questo agire compulsivo troviamo un aspetto di superficialit, tutto annoia presto, si assaggia un po' di tutto ma non ci si ferma in nessun posto, in un atteggiamento verso la vita ludico e un po' facilone. Abbiamo quindi un tipo impulsivo, incapace di applicarsi con continuit ad un azione; si tratta di persone che non stanno ferme un momento, sempre in attivit, e continuamente attratte da qualcos'altro, quindi assai incostanti. Il mondo delle idee molto pi flessibile del mondo reale, ed offre infinite possibilit rispetto a quest'ultimo, quindi al primo momento di difficolt queste persone mollano, si dedicano ad altro, con l'entusiasmo della novit, almeno finch non dovranno scontrarsi ancora una volta con i limiti meschini della vita reale. Ci che possiamo produrre con l'immaginazione molto pi gratificante di ci che riusciamo a produrre concretamente, nel mondo. Di conseguenza, questa tipologia pu avere difficolt a collegare pensiero e azione: il mondo immaginario rimane tale, e non riesce a tradursi in azione efficace. Il problema, qui, sta nella difficolt di concretizzare un'idea, e di applicarsi con costanza all'azione che ne deriva. Ecco quindi un punto di passaggio importante per alcuni appartenenti a questa tipologia: riuscire ad evadere dal fertile mondo immaginativo e calarsi su un piano di realt con impegno e continuit. Jung ad un suo paziente consigli: "Prenda il primo pezzetto di terra che trova. Lo ari e ci pianti qualcosa. Non ha importanza se si impegna negli affari, nell'insegnamento o in qualcos'altro. Si dedichi una volta tanto completamente al pezzetto di terra che le sta davanti" (citato da M-L von Franz). L'importante che qualcosa venga fatto. Non importa cosa, importa come. La prima barriera che questa tipologia deve superare proprio il dedicarsi completamente a un'azione, ad un lavoro, l'essere presente in quello che si fa, lottando contro l'impulso di chiudere i problemi in una scatola con impazienza e di rivolgersi ad altro. Un primo concetto chiave, quindi, presenza: essere concentrati e presenti in ogni azione. Essere totalmente in quello che si fa, essere nel qui e ora. Evidentemente questo un obiettivo che riguarda tutti. Ma per questa tipologia assume un'importanza particolare: proprio perch essi si esprimono nell'azione, fondamentale che l'azione sia "perfetta". E azione perfetta significa, innanzitutto, essere interamente presenti in quello che si fa, senza farsi trascinare da possibilit future, da impulsi che distraggono, o dalla frustrazione legata alle limitazioni della

realt. Ogni azione pu essere perfetta, non importa quale essa sia. Legate al concetto di presenza, sono anche altre qualit che questa tipologia deve integrare, cio accuratezza e costanza. Accuratezza come stretto derivato della presenza, ovvero il superare l'approssimazione, la trascuratezza, l'imprecisione, la noncuranza, quindi l'abbandonare il concetto di fare tanto per fare, e cercare innanzitutto di fare bene, con cura. Costanza, nel senso di non dispersione, di superare il richiamo del mondo fantastico e delle mille altre possibilit, quindi la capacit di perseverare, di rimanere nell'azione, di concentrare le proprie energie in quello che si sta facendo. Azione perfetta significa, innanzitutto, esserci. E questo il primo punto di svolta che questa tipologia dovr affrontare nel percorso evolutivo. Il concetto di azione perfetta richiama alla mente molte discipline orientali, ed i numerosi maestri che hanno portato questo concetto alla sua essenza. Diventare tutt'uno con ci che stiamo facendo, qualunque cosa sia. Non farsi distrarre. Superare la separazione fra io-cheagisco, azione e obiettivo. E pi siamo in grado di essere totalmente dentro l'azione, pi ci avviciniamo allo Spirito: riusciamo a percepire l'unit del tutto anche nell'operazione pi umile. Lo Spirito non chiss dove, chiss quando. qui, ora. Ho scritto che non importa quale sia l'azione, importa come la si svolge. Questo per un concetto che deve essere approfondito, soprattutto perch riguarda molto da vicino la tipologia che sto trattando. Devo quindi affrontare un argomento assai complesso: etica e morale. Affermare che importa solo il "come si agisce", non il "cosa si fa", sembra giustificare qualunque tipo di azione, anche la pi dannosa o patologica, legittimando ogni tipo di comportamento. Ma le cose non sono cos semplici. Ben pochi esseri illuminati possono porsi effettivamente "al di sopra del bene e del male". Per costoro, ogni azione intrinsecamente giusta, essi sono al di l della realt comunemente intesa e trascendono quindi i concetti di giusto o sbagliato. Nella realt spirituale questa dicotomia non esiste. Tutti noi che, invece, viviamo in questa realt duale, siamo costretti a fare i conti con questi concetti. Si pone quindi il problema di definire cosa giusto e cosa sbagliato. Quale azione bene, quale male. Sul nostro piano, non vero che ogni azione uguale all'altra. Su altri piani, anche azioni apparentemente estreme hanno un loro senso, uno scopo superiore che noi non riusciamo ad intravedere, hanno ragione di essere, quindi sono "giuste". Per, sul nostro piano limitato e duale, occorre cercare di capire che cosa rende una nostra azione giusta, e che cosa la rende sbagliata. Gli uomini hanno cercato nei secoli di codificare i concetti di giusto e sbagliato. Leggi, regolamenti, comandamenti religiosi sono tutti modi per mettere limiti a ci che possiamo e non possiamo fare. Ogni popolo, ogni cultura, ha cercato di dare una struttura teorica ai propri valori. Appare evidente, tuttavia, che non esiste un giusto-sbagliato in senso assoluto. La stessa azione che condannata da un popolo invece indifferente per altri, o addirittura auspicabile da altri ancora. Non solo, ma anche il fattore tempo ha la sua importanza: le leggi ed i valori sociali cambiano non solo da un paese all'altro, ma anche da un epoca all'altra. Nemmeno sul valore ultimo, il rispetto per la vita altrui, troviamo un accordo. Non uccidere sembrerebbe un comandamento inattaccabile: eppure, i guerrieri valorosi sono da sempre simboli eroici in ogni civilt. E se relativamente facile ritenere "colpevole" un serial killer, molto pi difficile accusare una madre che uccide per difendere il proprio figlio. Insomma, se cerchiamo di capire dove stanno il giusto e lo sbagliato volgendo lo sguardo alle leggi, alla storia, alle religioni, non giungiamo a nessun tipo di certezza, di regola assoluta. Quindi, le cose si complicano parecchio. Se non esiste un principio certo e univoco a cui fare riferimento, come possiamo sapere cosa giusto e cosa sbagliato? Come districarci nel groviglio di possibilit, idee, desideri e obiettivi che quotidianamente ci si presentano? Ci viene in aiuto un celeberrimo episodio della Bhagavad-Gita, epico poema indiano: la battaglia di Kuruksetra. Arjuna, valoroso guerriero e discepolo di Krishna, si rifiuta di entrare in battaglia contro il cugino per riconquistare il proprio regno, perch nell'esercito avversario vi sono parenti e amici ed egli aborre l'idea di doverli uccidere: "Non vedo gloria nell'uccisione della mia stirpe. Come posso desiderare un'eventuale vittoria, il regno o la felicit? E' grave colpa quella che ci apprestiamo ora a commettere spinti dal desiderio dei piaceri della sovranit. Preferirei morire, disarmato e senza opporre resistenza, piuttosto che lottare contro

di loro. Meglio vivere mendicando che vivere al prezzo della vita di coloro che sono i miei maestri." Dopo aver cos parlato sul campo di battaglia, Arjuna lascia cadere l'arco e le frecce e si siede sul carro con la mente sconvolta da dolore". Ecco che Krishna interviene: "Come hai potuto lasciarti prendere da una tale debolezza? Non affatto degna di un guerriero. Lascia questa meschina debolezza di cuore e alzati, o vincitore dei nemici." Arjuna, stupefatto per la dura risposta del suo Signore, risponde "Non so se pi giusto vincerli o esserne vinti. Sono confuso, non so pi qual il mio dovere". Davanti al dubbio paralizzante di Arjuna, Krishna gli parla cos: "La morte certa per chi nasce, e certa la nascita per chi muore. Nel compiere il tuo dovere, non dovresti rattristarti di ci che inevitabile. Tu conosci i tuoi doveri di guerriero, perci dovresti sapere che non c' destino migliore che un legittimo combattimento. Se rifiuti di combattere questa giusta battaglia, certamente peccherai per avere mancato al tuo dovere. Alzati dunque, e combatti con determinazione. Combatti per dovere, senza considerare gioia o dolore, perdita o guadagno, vittoria o sconfitta; cos non incorrerai mai nell'errore. Tu hai il diritto di compiere i tuoi doveri prescritti, ma non di godere dei frutti dell'azione. Compi il tuo dovere con fermezza, o Arjuna, senza attaccamento al successo o al fallimento". Arjuna davanti ad una scelta terribile: e Krishna gli ricorda che egli un guerriero, quindi il suo dovere combattere: se non lo facesse commetterebbe peccato. Quello che importa, per, che l'azione venga svolta per s stessa, semplicemente perch ci che c' da fare in quel momento, senza essere attaccati al risultato. Occorre fare il proprio dovere senza tentennamenti, per quanto sbagliato ci possa sembrare, liberarsi dal desiderio di vittoria o dalla paura della sconfitta, dalle speculazioni mentali, dai dubbi e dalle illusioni. Krishna aggiunge: "Non semplicemente astenendosi dall'agire che ci si pu liberare dalle conseguenze dell'azione. Tutti gli uomini sono inevitabilmente costretti ad agire sotto le influenze della natura materiale. Nessuno pu astenersi dall'agire. Compi il tuo dovere, perch l'azione migliore dell' inazione. L'uomo che non offre il suo contributo all'esistenza vive invano. Ma l'attivit deve essere compiuta come un atto di devozione, altrimenti lega il suo autore a questo mondo materiale. Si deve agire per dovere, ed essere distaccati dai frutti dell'azione, perch agendo senza attaccamento si raggiunge il Supremo. Colui che sviato dal senso dell'io crede di essere l'autore delle proprie azioni. Sappi che l'azione nasce dall'essere, e l'Essere dall'assoluto. Dedicando a me tutte le attivit, combatti, o Arjuna, libero da ogni motivazione personale e dall'egoismo. Io sono la causa di tutte le cause. Colui che non motivato dall'ego e la cui intelligenza non condizionata, anche se uccidesse in questo mondo, non uccide". Questo estratto offre infiniti spunti di riflessione. Innanzitutto, l'inevitabilit dell'azione. Gli esseri umani, per propria natura, sono costretti ad agire. Lo stesso respirare un'azione. Nessuno di noi quindi si pu sottrarre alla necessit di agire nel mondo. Anzi, agire un dovere, ci che pi strettamente appartiene alla nostra natura umana, e non sottraendosi all'azione che si raggiunge lo spirito. Aggiungo qui, brevemente, che nel testo viene descritta anche un'altra via, la via della conoscenza, che riguarda meno direttamente il concetto di azione nel mondo, e che non approfondir in quanto non attinente a questo argomento. Ci che vorrei segnalare, che diverse sono le vie per giungere allo Spirito, in base alle proprie attitudini o alla propria tipologia: e la via dell'azione, o karma yoga, quella che riguarda in modo specifico la tipologia che sto trattando. Quindi, agire insieme un diritto e un dovere. L'azione ci lega indissolubilmente gli uni agli altri, e ci lega al nostro passato come al nostro futuro. Ogni azione ha un effetto in chi agisce e nel mondo stesso, e provoca a sua volta reazioni, o azioni successive, in una catena infinita che ci tiene legati al mondo materiale. Questo il Karma, dal sanscrito kri, che significa fare: ogni azione karma, e in senso pi ampio la legge universale di causa ed effetto a cui tutti siamo soggetti, e che ci costringe ad interminabili reincarnazioni. Raggiungere lo spirito significa liberarsi da questo laccio. Ma poich nel mondo non si pu non agire, ed ogni azione provoca karma, la catena delle rinascite sembra destinata a non spezzarsi mai. Krishna d la risposta: la soluzione non nell'inazione, che peraltro non ci possibile. La soluzione nel compiere il proprio dovere con distacco, cio disinteresse per il risultato, e devozione: ovvero,

tutte le azioni devono essere rimesse a Dio. Krishna esprime un altro concetto fondamentale: illusorio credere di essere noi stessi la causa delle nostre azioni. In realt, noi siamo solo aspetti della stessa manifestazione divina, che si serve di noi per raggiungere il suo scopo. In questo senso, noi non agiamo: il nostro ego che ci fa credere di essere l'origine delle nostre azioni, ma la vera origine, la causa ultima, ben al di sopra di noi. L'azione nasce da Dio stesso, e a lui deve essere dedicata. Quindi, con estrema umilt, fare ci che ci viene chiesto in ogni momento, sapendo che noi siamo solo strumenti nelle mani divine, e con piena fiducia affidare le proprie azioni alla volont superiore, senza voler a tutti i costi raggiungere i risultati che il nostro ego ci chiede, e senza farci deviare da paure o desideri. Significa agire senza aspettative. In questo modo, la nostra azione diventa una manifestazione della volont divina, e noi ci liberiamo dal karma, in quanto l'azione disinteressata, priva di moventi personali, non appartiene pi a noi. Uguale pu essere l'azione, ben diverso il motivo. Ecco un punto chiave per comprendere questa via: essere solamente strumenti perch si possa compiere il piano divino. ormai evidente che non esistono un giusto o uno sbagliato in senso assoluto. La morale ordinaria non ci pu dare risposte. Occorre quindi creare una propria visione etica. Alcuni individui "non hanno alcun senso di giusto e ingiusto; tutto ci che hanno invece del senso morale l'idea di piacevole e spiacevole, utile e svantaggioso" (P.D. Ouspenski). Il Terzo Tipo, nel suo narcisismo, rientra perfettamente in questa definizione: giusto e sbagliato sono filtrati dalle lenti del vantaggio egocentrico, del piacere personale. Ci che spesso manca allAttivoPratico la capacit d'inserire le proprie azioni in un contesto pi ampio. Egli non in grado di vedersi come parte di un tutto, non vi ne rispetto ne considerazione per l'altro; nel suo esasperato egocentrismo il solo punto di riferimento s stesso, ed in nome del soddisfacimento del proprio bisogno egli disposto a tutto. Mancano, quindi, i valori morali ed etici. Il Terzo Tipo deve cambiare prospettiva, acquisire una consapevolezza diversa. Di nuovo, quello che importa non il cosa, ma il come: ed ecco che questa affermazione acquisisce un altro elemento importante. Un azione non mai giusta o sbagliata in s: ci che conta sono le motivazioni. E perch un'azione sia giusta, cio conforme alla volont divina, occorre che sia scevra da motivazioni egoistiche. "La sola definizione che si pu dare della moralit la seguente: ci che egoistico immorale, ci che altruistico morale" (S. Vivekananda). Agire per ottenere un proprio tornaconto, di qualunque tipo, inquina ogni azione, anche quella apparentemente pi nobile. Al contrario, ogni azione che sia svolta per s stessa, con animo sgombro da calcoli utilitaristici, o in nome di un beneficio altrui, conduce chi la compie sulla via della perfezione. Naturalmente, distacco dal risultato non significa agire in modo approssimativo, al contrario: occorre operare al meglio, mettendo nell'azione il massimo impegno, ma non curarsi dell'esito. Quindi, estremo coinvolgimento nell'azione, e massimo disinteresse verso il risultato. Dimenticare il proprio egocentrismo, le proprie motivazioni personali: "fate che i fini e i mezzi siano una cosa sola. Qualunque sia il lavoro che state facendo, non pensate ad altro. Eseguitelo come offrireste un culto, il pi alto dei culti, e consacrate ad esso la vita, almeno per il momento" (S. Vivekananda). Il compito, qui, l'adesione alla Retta Azione, che significa mettersi a disposizione del piano divino, diventare il mezzo con cui il proposito superiore si rivela sulla terra; in altre parole, diventare le mani di Dio. Chi appartiene a questa tipologia agisce spesso in modo impulsivo, scaltro, innovativo, ed estremamente egocentrico. Spesso, usa l'intelligenza per motivazioni errate, cio esclusivamente egoistiche. L'intensa energia mentale che possiede asservita al proprio desiderio. Il Terzo Tipo manipola le energie e le persone per raggiungere il proprio fine che, nel modo caratteristico di questa tipologia, legato al conseguimento di ricchezza, gloria, o comunque obiettivi materiali. Inoltre, egli spesso assai incline a vivere in una realt fantastica, il che lo rende facile preda di illusioni. In effetti, il Terzo Tipo " incline a sprecare molta energia nel perpetuare le forme illusorie di cui senza posa si circonda. Come pu raggiungere la meta se corre incessantemente qua e l, tessendo, manipolando, progettando e adattando? Si agita e non viene a capo di nulla. Sempre teso ad uno scopo lontano, che si

potr realizzare in un vago e remoto avvenire, non riesce mai a raggiungere l'obiettivo immediato" (A. Bailey). Questo tipo incarna la legge di economia, ma allo stesso tempo spesso un "esempio di spreco di energia"(A. Bailey). Anche qui, la risposta nei livelli evolutivi: l'energia pu essere incanalata ed utilizzata in modo intelligente, economico, senza dispersioni, oppure pu dissolversi in mille rivoli inconcludenti. Ho gi riportato la capacit manipolatoria di questo tipo di personalit, e l'approccio utilitaristico che ne riveste tutte le azioni. Vorrei approfondire brevemente questo concetto: manipolare significa agire in modo macchinoso per ottenere qualcosa, occultando le proprie vere intenzioni. Gli appartenenti a questa tipologia sono fortemente manipolativi: la loro modalit per ottenere ci che vogliono non di chiederlo apertamente, in quanto spesso lo stesso bisogno negato, bens di usare mezzi pi ambigui. Essi lusingano, blandiscono, vendono fumo, accusano o ordiscono trame per ottenere il soddisfacimento. Inoltre, hanno una modalit utilitaristica, ovvero sfruttano cose e persone per i propri fini. Mi preme qui segnalare come anche queste caratteristiche, cos evidentemente negative, siano il riflesso di qualit superiori. Secondo la Bailey, l'utilizzo dell'energia, e quindi la modalit di raggiungimento del proprio scopo, diversa a seconda delle tipologie. Il Primo Raggio, cio il Tipo Volont, prende, ovvero "afferra senza discriminare ci di cui abbisogna", e questo afferrare indiscriminato richiede poi di dover eliminare ci che non serve; il Secondo Raggio, il Tipo Amore, attrae e "magneticamente impone al materiale la qualit desiderata", cio conduce a s e modifica il materiale ricevuto; il Terzo Raggio, ovvero il nostro Terzo Tipo, ha una modalit di manipolazione selettiva: afferra ci che gli serve, ma discriminando: "il materiale richiesto scelto qua e l, ed ha gi la qualit desiderata". Su altri piani, quindi, la capacit manipolatoria strettamente collegata alla legge di economia: in altre parole, questa tipologia in grado di cogliere sempre esattamente ci di cui ha bisogno, senza sprechi n successive modifiche, quindi con la massima ottimizzazione delle risorse, nel pieno rispetto dell'economia del tutto. Il problema, come sempre, sta nel modo distorto con cui le qualit superiori vengono recepite sul nostro piano. Evidentemente, finch l'unico movente per le proprie azioni il beneficio individuale, non possibile una vera crescita. Anzi, viene perpetuata l'illusione, assai caratteristica di questa tipologia, di poter raggiungere l'appagamento attraverso possedimenti terreni e successi mondani. Occorre invece un importante salto di coscienza: ovvero, il rendersi conto che noi non possediamo nulla, che possiamo solo gestire ci che ci viene dato, ma saremo comunque costretti a lasciarlo. In questo modo, la materia diventa sacra: non si tratta pi di possedere beni per mostrare la nostra grandezza, bens di utilizzarli con responsabilit, intelligentemente, in cooperazione con il tutto. Questo non vuol dire necessariamente donare tutti i propri averi e vivere in povert: vuol dire, invece, agire sapendo che siamo parte di un tutto, e quindi perfezionare le nostre azioni in modo che siano coerenti e armoniche con il bene globale. Proprio perch questo tipo radicato nella materia, egli deve imparare a distaccarsene. Deve imparare ad agire nel mondo concreto con la consapevolezza che nulla gli appartiene, che egli solo un tramite. Uno dei suoi compiti spirituali di comprendere la sacralit della materia, ovvero la gestione dei beni in base ai valori etici, al servizio della collettivit, mettendo da parte il puro profitto personale ed amministrando saggiamente ci che possiede. Egli deve acquisire la consapevolezza che un giorno gli verr tolto quello che ha. Ci che gli richiesto di amministrare responsabilmente i beni, tenendo presente che la materia, i possedimenti, il denaro, sono manifestazioni dell'energia divina, sono mezzi tramite cui l'energia creatrice si esprime sul nostro piano, ed egli solo uno strumento nel piano divino. "Avvolto da una moltitudine di fili, sepolto sotto cumuli di tessuti, sta il Tessitore. La Luce non penetra ove egli siede. Vede al fioco lume di una piccola candela che regge sul sommo della testa. A manciate raccoglie fili su fili, per tessere il tappeto dei suoi pensieri e sogni, desideri e mire. I suoi piedi si muovono di continuo; le mani lavorano alacri; la voce, senza posa, canta "Intesso il disegno che cerco e amo. Ordito e trama sono disposti dal mio desiderio. Qui metto un filo e qui un colore. Ne aggiungo un altro. Mischio i colori e intreccio i fili. Ancora non vedo il disegno, ma sar come lo voglio." Altre voci si odono, all'esterno della camera tenebrosa dove siede il Tessitore; crescono di volume e potenza. Si spalanca una finestra, e mentre il tessitore

grida accecato dalla luce improvvisa, il sole risplende sul tappeto intessuto. Se ne vede la brutturaUna voce proclama: "Affacciati alla finestra, o Tessitore, e guarda il modello che in cielo, il disegno del Piano, il colore e la bellezza del tutto. Distruggi ci che hai intessuto per epoche intere. Non quel che ti occorreRicomincia, o Tessitore. Ma alla luce del giorno. Tessi guardando il Piano""(A. Bailey). Questo estratto, assai evocativo, esprime molto bene il punto di svolta richiesto agli appartenenti a questa tipologia. La via dell'Azione consiste nell'abbandonare le proprie mire personali, il proprio desiderio egoistico, per agire in accordo con il Piano. A pochi dato di conoscere il Piano divino, tuttavia a molti concesso di comprendere che facciamo parte di una sola umanit, ed a tutti data la possibilit di aprire gli occhi sull'altro, di vederlo e di riconoscergli un valore. Ci che ci porta ad agire per il benessere altrui, travalicando il nostro senso di onnipotenza e la nostra illusione di separatezza, sicuramente coerente con il Piano superiore. Questo il punto di passaggio fondamentale che il Terzo Tipo narcisista deve affrontare: superare l'egocentrismo, togliersi dal centro del mondo, e semplicemente riconoscere l'esistenza ed il valore intrinseco dell'altro. In questo modo le proprie motivazioni personali vengono accantonate, i valori umani acquistano una posizione preminente, e le azioni sono purificate, guidate non pi da un tornaconto individuale, ma da un senso etico del benessere collettivo. In questo senso diventano essenziali i valori etici: che non sono sudditanza a qualche tipo di diktat morale o religioso, bens il semplice riconoscimento dell'altro come essere che ha un valore per il solo fatto che esiste. Questo riconoscimento implica necessariamente il mettersi da parte, il sospendere l'impulso ad agire seguendo i propri fini egoistici, ed il dirigere le proprie azioni verso un obiettivo pi ampio. Il dimenticarsi di s, e quindi trascendere il nostro piccolo io, il punto di arrivo in tutte le vie evolutive. Chi appartiene a questa tipologia ha lo sguardo rivolto all'esterno, ed questo che gli pu permettere di evolvere: la sua attrazione per il mondo esteriore si trasforma nell'apertura degli occhi sull'altro; quindi, nell'agire non pi per s, ma per un bene pi ampio. L'azione rimane centrale, ma cambia la modalit: non si tratta pi di produrre opportunit per il proprio beneficio individuale, bens di cogliere le opportunit che la vita ci presenta, applicandosi a far fronte a necessit pi vaste. Quindi, un profondo cambio di prospettiva: invece di manipolare cose e persone per il proprio tornaconto, occorre saper vedere ci che la vita ci chiede, in ogni momento, e rispondere in modo appropriato nell'ottica di un benessere collettivo. evidente che passare dal concetto di "il mondo al mio servizio", tipico della personalit narcisistica, a quello di "io sono al servizio del mondo" non affatto un compito semplice. Aprire gli occhi e vedere l'altro, attribuendogli un valore, porta ad amarlo. Riconoscere l'altro come essere umano, significa amarlo: non si pu conoscere senza amare. Ecco come questa tipologia, tramite l'integrazione dei valori etici, impara ad amare. Gli aspetti del femminile, che sono assai carenti in questa tipologia, vengono sviluppati tramite il riconoscimento del valore intrinseco di un altro essere umano. Una volta integrato, l'Amore assume in questo tipo una colorazione particolare, privo di sentimentalismo e possessivit: diventa un limpido riconoscimento ed un estremo rispetto ed accettazione per l'altro in quanto nostro simile. Un appartenente a questa tipologia che giunga a percepire l'esistenza degli altri, si trover forse a percorrere la via dell'azione, o Karma yoga: ovvero, agire nel mondo per migliorarlo. Non la via del monaco devoto, n quella della ricerca interiore. una via strettamente legata alla realt materiale. la via di chi vede quello di cui c' bisogno, e lo fa, semplicemente. Aprire gli occhi sul mondo, e sulle sue necessit, un operazione assai dolorosa: rendersi conto di quanto c' da fare, in questa realt, pu fare sentire impotenti, o al contrario, scatenare fanatismi e fantasie da salvatore dell'umanit. In questa via, il concetto di servizio fondamentale: ovvero, il mettersi a disposizione del mondo, l'agire per il beneficio altrui. Occorre per aggiungere una precisazione importante: il mondo non ha bisogno di noi, esso gi perfetto in s, in un completo bilanciamento fra bene e male: tanta la luce, tanto il buio, e nessuno di noi pu cambiare questa realt. L'idea stessa di vita include i concetti di morte e dolore, la felicit permanente non di questa terra. quindi presuntuoso e irrealistico pensare di "salvare l'umanit", o anche solo di poter ridurre il dolore nel mondo. "Noi non

possiamo aumentare la felicit nel mondo, e cos non possiamo aumentarne l'infelicit. La somma di piacere e dolore sulla terra sar sempre identica" (S. Vivekananda). Quindi, in senso assoluto, nessuno pu fare del bene. Il mondo "non vi richiede nessun aiuto. un'assurdit pensare di essere nati per aiutare il mondo. pura vanit, egoismo che si maschera per virt" (S. Vivekananda). Questo concetto, che appare abbastanza brutale, non deve per sfociare nel nichilismo, nella rinuncia ad agire, al contrario: la consapevolezza da cui partire per poi adoperarsi, abbandonando ogni presunzione ed idea salvifica, rinunciando al sentimento di superiorit che ci pervade nel momento in cui "facciamo del bene". In senso assoluto, noi non possiamo "fare del bene". In senso relativo, si. Occorre per tener sempre presente che siamo soltanto tessere di un mosaico che concorrono allo stesso fine, che facciamo parte di un progetto pi ampio, su cui non abbiamo controllo, e di cui non possiamo attribuirci il merito. L'adoperarsi per l'altro non una nostra azione lodevole, non ce ne deriva alcun premio personale: al contrario, dobbiamo essere riconoscenti per l'opportunit che ci viene data, dobbiamo ringraziare colui che accetta il nostro aiuto in quanto ci regala la possibilit di dare. Non siamo noi che diamo, la divinit che agisce attraverso di noi, e in questo essere strumenti non c' spazio per i sentimenti di gloria personale, n per l'idea di un tornaconto. Il fare per ottenere qualcosa in cambio, il dare per ricevere, sono solo pallide ombre della vera luce che illumina questa via. Riconoscere che la realt gi perfetta in s allontana anche ogni tentazione di fanatismo, ogni smania di voler a tutti i costi cambiare il mondo. Non si tratta qui di fare crociate. Non c' in questa via l'esaltazione del mistico, n la volont solitaria dell'eroe, n lo slancio creativo dell'artista. A parte i rari casi di industriali "illuminati", come Henry Ford, che hanno lasciato un segno con le loro capacit imprenditoriali volte a migliorare la vita quotidiana, qui siamo lontani dalle grandi gesta che rischiarano la storia. In questa via siamo a contatto con la vita normale, con la quotidianit pi semplice. Siamo nel mondo delle cose umili, dei piccoli gesti quotidiani, del fare e rifare, senza stancarsi, senza gesti eroici ma con una pienezza di significato che pervade ogni atto pi banale. Questa la via dell'uomo comune, che raramente passa alla storia, ma che nel suo viaggio illumina ci che lo circonda. Forse per questo, i pochi rappresentanti illustri di questa via ci colpiscono cos profondamente. Da Madre Teresa di Calcutta a Albert Schweitzer a Florence Nightingale: la storia di questi esseri umani, che hanno devoluto la propria vita agli altri, con semplicit e concretezza, risuona fortemente in ognuno di noi. Perch questa una via che da un certo punto di vista alla portata di tutti, non richiede atti eroici clamorosi n menti geniali superiori. Possiamo ammirare intensamente un grande scienziato o un grande artista, ma nell'intimo sentiamo che il dono speciale che essi hanno non per tutti. Invece, davanti ad un eroe della quotidianit, che fa qualcosa che tutti potremmo fare, davanti a chi s'immerge dove c' la necessit, e semplicemente fa ci che serve, dedicando la propria vita ai bisogni degli altri, ci sentiamo coinvolti nell'intimo. Tutti riconosciamo che mettersi al servizio dell'altro il gesto pi profondamente umano che possiamo fare. Tutti vediamo la bellezza ed il miracolo della vita e dell'amore in questi gesti concreti, che parlano da soli, ancora pi delle grandi opere d'arte o della grandi scoperte. Al di l delle caratteristiche individuali di ognuno, tutti potremmo percorrere questo sentiero, perch non richiede doti particolari o capacit speciali. per questo che ci sentiamo cos piccoli davanti a queste figure: perch ci mettono davanti, inesorabilmente, al nostro fondamentale egoismo; non ci lasciano vie di fuga, non ci permettono di nasconderci dietro a nessun alibi. Semplicemente, essi lo fanno, noi no. Queste grandi anime rifulgono in tutta la loro splendida umanit, e noi possiamo solo inchinarci davanti a loro. Ai livelli pi elevati, servizio significa dedicare la propria esistenza agli altri, con compassione e disciplina. Significa compiere il proprio dovere senza farsi domande; dedicarsi anima e corpo al compito che ci spetta. Significa riconoscere la Vita in ogni piccolo gesto, in ogni respiro, in ogni oggetto che ci circonda, ed inchinarsi davanti ad essa. Estrema umilt, quindi. Riconoscere che noi non possiamo fare, bens il Fare che agisce attraverso di noi. Agire ubbidendo alla necessit, senza cercare di controllare il fine e senza attribuirsi il merito. In questa concezione appare un elemento importante: se a certi livelli l'azione nasce da un impulso egoistico ad

agire per soddisfare un proprio bisogno, a livelli evolutivi superiori l'uomo diventa solo un tramite per un azione che non nasce in lui, bens ha un suo centro ed una sua ragione di essere nelle realt spirituali. Invece di manipolare cose e persone per il proprio fine, si tratta di osservare cosa il mondo ci presenta, cosa necessario fare, e farlo, semplicemente. In questo modo, non siamo pi noi ad agire, bens l'azione che agisce tramite noi. Quello che c' da fare viene fatto tramite noi. In questo senso, l'azione agisce da sola, il fare senza fare dei maestri orientali, cio il fare in accordo con quello che ci viene richiesto, in sintonia con le forze spirituali che chiedono di manifestarsi sulla terra: in questo agire, "il S che si scopre non toccato dall'azione (); il nostro S pi vero, sempre uguale nell'azione e nell'inazione, nella sconfitta e nella vittoria, nella gioia e nel dolore. Al di l dell'agire, scopriamo l'Essere" (P. Ferrucci). Lavorando con estrema umilt, facendo tacere la nostra volont personale, i nostri umani desideri, contattiamo lo spirito, e diventiamo strumenti per l'azione divina. Chi percorre questa via si mette al servizio dell'umanit, e in questo rinunciare a s stesso in favore dell'altro trascende i limiti della propria personalit e scopre il divino, arrivando a comprendere che la scissione fra Io e il mondo un'illusione, che quello che faccio ad un altro lo faccio a me. Attraverso la materia, il lavoro, l'azione concreta nel mondo, giunge ad identificarsi con l'Essere Infinito.

Che l'Anima realizzi l'Uno nei Molti, e risuoni in perfetta comprensione la parola "Io sono l'Operaio e l'Opera, l'Uno che " (A. Bailey) Riferimenti bibliografici: R. Assagioli I tipi umani Istituto di Psicosintesi P. Ferrucci Esperienze delle vette Astrolabio M-L. von Franz L'Eterno Fanciullo Red A.M. La Sala Bat I sette temperamenti umani Nuova Era A. Bailey Il trattato dei sette raggi Nuova Era S. Vivekananda Yoga pratici Astrolabio P.D. Ouspensky La Quarta Via Astrolabio // Bhagavad-Gita Astrolabio

Potrebbero piacerti anche