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Per i Ragazzi, affinché comprendano che bastano sette granelli di sabbia nei posti

giusti per bloccare una macchina o invertire il corso degli eventi e di come il
pettegolezzo ed il chiacchiericcio siano sempre strumenti usati per raggiungere un
fine o una utilità e mai un semplice “parlare”. Siate sette granelli di sabbia e
guardatevi dal pettegolezzo e da chi lo fa perché esso è un’arma di battaglia.

LE SETTE API E LA RADURA DELLE ROSE CANINE

A metà del crinale della valle del grande fiume, vicino ad uno dei suoi affluenti vi è
un bosco molto fitto dove, al suo interno, si apre una magnifica radura rivolta
verso levante.
In questa radura in primavera fioriva un enorme roseto selvatico che era la gioia di
tutti e sette gli alveari della valle.
La valle è un luogo ricco per le api, tanto che vi sono ben sette alveari che
competono per architettura e complessità tra loro, ma di fiori il bosco è molto
generoso, dunque, tra di loro non c’è nessuna rivalità, se non quella per l’alveare
più bello.
Vi sono i due alveari sui grandi alberi, quello sul grande platano e quello sull’alto
frassino, vi è quello nel canneto alla foce del grande fiume, vi sono i due vicini ai
crinali delle grotte, quello nella stretta gola del torrente e quello nel querceto dei
funghi, da sempre impegnato a combattere con gli orsi che spesso lo danneggiano
per rubare un po’ di miele.
Le api dei sette alveari non temevano la distanza e volavano con entusiasmo verso
la radura delle rose canine, perché il polline secreto da quei magnifici fiori era
quanto di meglio potesse auspicarsi per il loro incessante lavoro.
La radura era un luogo magnifico, offriva con opulenza moltissimi fiori, ma
purtroppo, da qualche tempo, prendere nettare lì era diventato impossibile e le api
tendevano a starvi lontano, rinunciando al prezioso nutrimento che la radura
poteva offrire.
Lupi, cinghiali e tassi avevano iniziato a contendersi la radura. Ognuno voleva
signoreggiare su essa, e ne nascevano aspre lotte che non solo rendevano poco
consigliabile avvicinarvisi per il rischio di rimanere schiacciate durante le contese,
ma soprattutto perché distruggevano le piante di rosa che vi nascevano, infatti,
durante le continue lotte ed inseguimenti, tanto i lupi, quanto i cinghiali ed i tassi,
finivano irrimediabilmente per calpestare i fiori e le piante, rovinando tutto e
distruggendo anche i germogli delle nascenti rose canine.
Il cinghiali volevano la radura per indolenza, perché non avevano voglia di
impegnarsi troppo a trovar cibo altrove senza dividerne i frutti con gli altri animali
del bosco, i lupi invece per superbia, da lì tutti avrebbero visto i lupi dominare la
valle e, dunque, acquisita quella posizione, avrebbero dominato il bosco, i tassi
semplicemente per invidia, non volevano ammettere di esser da meno di nessuno.
Un giorno una giovane ape operaia dell’alveare del grande platano si trovò a
passare per la radura e ne vide la devastazione, decine di germogli di rosa a terra
recisi dalla furia delle contese.
Comprese che bisognava fare qualcosa per quei fiori caduti, non si poteva
consentire non sbocciassero più.
Volò allora presso l’alveare dell’alto frassino dove aveva una amica e gli raccontò
tutto.
Anche l’ape del frassino concordò e così decisero di dividersi e cercare aiuto
presso le api degli altri alveari.
Dopo pochi giorni si trovarono in sette, sette api operaie di sette diversi alveari,
decise a salvare la radura delle rose canine dai bassi appetiti che la minacciavano.
Non riuscivano a capire come fare, il confronto fisico era impensabile, ma
dovevano trovare un modo: andarono così da un vecchio gufo che da qualche
tempo viveva nel cavo del frassino e chiesero a lui.
Il gufo, edotto della situazione disse «il male non si combatte col medesimo
strumento, ma con l’astuzia».
Le api compresero subito la bontà del consiglio, ma non come riuscirci.
Altrettanto capirono che non potevano da sole in sette portare a termine il piano e
si decisero ad attuarlo con l’aiuto, più o meno consapevole, ognuna del proprio
alveare.
Trovarono l’idea, se non potevano sopraffare i lupi, i tassi ed i cinghiali con la
forza, allora lo avrebbero fatto con un arma da battaglia molto più forte e difficile
da fermare.
Tre di loro raccontarono al consiglio degli anziani del proprio alveare che lupi
avrebbero dato appuntamento al branco di cinghiali sul crinale della gola per
definire la situazione con un confronto finale, le altre due avrebbero invece
raccontato al proprio alveare che erano i cinghiali ad aver sfidato i tassi, le ultime
due che i tassi avevano sfidato i lupi.
Sciami interi di api iniziarono a far volare per il bosco sulle ali del chiacchiericcio e
del pettegolezzo la notizia che tassi, cinghiali e lupi si sarebbero sfidati all’alba del
prossimo plenilunio sull’alta gola del torrente per contendersi una volta per tutte la
radura.
Il pettegolezzo e la notizia non vera, così come l’esagerazione ha una potenza
esponenziale, tende ad ingrandirsi in modo inarrestabile, soprattutto nelle menti
poco capienti, e dunque dall’iniziale notizia del solo confronto tra i contendenti, si
aggiunsero altre circostanze sempre non vere che accrebbero l’acredine tra i gruppi
rivali.
Al semplice pettegolezzo si aggiunge come sempre la maldicenza, l’esagerazione,
lo scherno, la denigrazione, che volando sulle ali delle tante api che si diffuse
inconsapevolmente per tutto il bosco, tanto che i gruppi in contesa ormai erano
colmi di odio l’uno verso l’altro.
I tre branchi si ritrovarono faccia a faccia così sullo spiazzo antistante la gola,
mentre le sette api, coperte dalle ombre, uniche a conoscenza della verità, se ne
stavano sugli alberi vicini, al sicuro dall’imminente battaglia.
Bastò pochissimo che la fiamma della collera si accese ed in tre branchi iniziarono
a combattere in modo efferato e violento sfogando l’odio che le tante bugie ed i
molteplici pettegolezzi avevano fatto vegetare rigogliosamente, esattamente come
ogni volta che si spettegola.
I lupi ed i tassi cadevano sotto le possenti cariche dei cinghiali, i cinghiali invece
sotto i terribili morsi dei lupi e dei tassi.
Nessuno dei branchi intendeva cedere all’altro, la tanta cattiveria seminata e
fermentata nei cuori dei contendenti grazie alle calunnie ed alle maldicenze era
inesauribile.
Lo scontro fu violentissimo. Come spesso accade, quando ad animare i
contendenti non vi è nulla di elevato, non è facile placarsi, l’insistenza compulsiva
infatti è spesso segno di cattiva inclinazione nell’anima e di malvagità del fine
perseguito, chi è animato da qualcosa di nobile è facilmente incline a fermarsi
quando i toni degenerano.
Ormai in piedi erano rimasti un lupo e un cinghiale e due tassi stremati, e di questi
nessuno era più in condizioni di prevalere, tutti presentavano i segni della dura
battaglia, quello era il momento perfetto.
Le sette api decisero che dovevano muoversi, si alzarono tutte in volo e si
avventarono a pungiglione spianato sui malcapitati come un’onda si lancia sugli
scogli.
Con i loro piccoli pungiglioni iniziarono a spingere i pochi superstiti uno alla volta
verso la gola e li fecero cadere tutti giù.
Malgrado il misero e minuscolo pungiglione di un’ape sia ben poca cosa infatti a
confronto delle zanne del cinghiale, dei denti dei lupi o delle unghie dei tassi, aver
atteso il momento giusto ed averli messi gli uni contro gli altri, aveva fatto sì che il
rapporto di forze in campo fosse a loro favore e che la radura finalmente fosse
salva dalle contese di lupi, tassi e cinghiali.
La primavera successiva i roseti selvatici della radura tornarono a germogliare e
fiorire, le molte foglie cadute nell’autunno e le grandi nevi dell’inverno avevano
nutrito il terreno e reso migliore le piante.
Le api tornarono da tutti e sette gli alveari a nutrirsi del polline delle rose canine
nella radura che era tornata rigogliosa come un tempo, tuttavia, il problema era
solo rimandato, infatti la radura e le sue generose ricchezze facevano gola a molti
altri animali del bosco, per questo le api avrebbero dovuto continuare a vigliare la
situazione per sempre, guardandosi soprattutto per il futuro dalla minaccia più
pericolosa che si mostrava all’orizzonte, la perdita della concordia tra i sette alveari
ed il sorgere di gelosie e rivalità, mentre il grande fiume continuava a scorrere
incessantemente placido e tranquillo.

Christian LENZINI

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