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Sibilla Aleramo

VITA
Nasce ad Alessandria il 14 agosto del 1876, figlia di Ambrogio Faccio un professore di scienze e di
Ernestina Cottino, una casalinga; il matrimonio di questi due era infelice soprattutto per Ernestina
che era sottomessa dal marito, e tenta il suicido fallendo e venendo rinchiusa successivamente in un
manicomio per infermità mentale.
Durante l’infanzia Sibilla si trasferisce a Milano dove completa la sua formazione.
I primi anni della vita trascorrono però a Civitanova Marche, dove Rina, maggiore di quattro figli,
vive nell’assenza della madre e vicinissima al padre Ambrogio che le trasmette il suo ateismo e che
resterà un modello di riferimento, fin quando la figlia non scoprirà il suo segreto: una relazione
extraconiugale che la deluderà e la spingerà ad allontanarsi.
La malattia della mamma porta poi Rina a farsi carico della gestione della casa e a lavorare molto
presto: dirige una vetreria per sostenere le finanze familiari.
Dopo che un impiegato della fabbrica del padre, Ulderico Pierangeli, la stuprò, fu costretta a sposare
il suo carnefice obbedendo alle leggi e alla morale dell’epoca, ciò la spingerà più tardi a un tentativo
di suicidio.
Nonostante il peso di essere incastrata in una vita che non le apparteneva, decide di dedicarsi
interamente alla scrittura che diventa la sua ancora di salvezza in un’esistenza infelice.
Si dedica alla lettura di capisaldi della letteratura italiana ed europea, incontra artisti e intellettuali
di spicco Questo, insieme all’imposizione del marito di lasciare Milano, dove Rina dirige il
settimanale L’Italia femminile firmandosi Favilla, dopo aver scritto su Vita internazionale e Vita
moderna, la spinge a rompere il matrimonio e a lasciare, dolorosamente, e contro la sua volontà, il
figlio, per cui nutre un amore profondo e sincero; e questa decisione non passò inosservata in
un’epoca in cui era vista come qualcosa di scandalosa.
L’autrice quindi si trasferisce a Roma, capitale della cultura in cui era aperto il dibattito
sull’emancipazione femminile, e qui conosce Giovanni Cena con il quale ha una relazione e che la
motiva per la scrittura di Una donna.
Durante la prima guerra mondiale conobbe Dino Campana.
Il poeta non era al fronte, ufficialmente in cura a causa di una nefrite, ma in realtà perché già era
stata diagnosticata la sua malattia mentale quando era stato in cura nell'ospedale di Marradi
nell'estate del 1915.
I due erano molto diversi: lei estremamente mondana e frequentatrice di salotti, lui schivo e
appartato. Per Campana, poi, la relazione era essenzialmente di tipo fisico. Il rapporto fu quindi
estremamente tormentato.
La Aleramo lo portò anche da un noto psichiatra dell'epoca, visita che segnerà la fine del rapporto.
Al termine della seconda guerra mondiale si iscrisse al PCI, impegnandosi intensamente in campo
politico e sociale e collaborando con l'Unità. Morì a Roma nel 1960, dopo una lunga malattia.
Aveva 83 anni.

UNA DONNA: IL SUCCESSO


Il romanzo, di spiccato impianto autobiografico, segna una svolta nel dibattito italiano sulla
questione femminile, coinvolgendo intellettuali come Pirandello che vede nel libro un esempio di
nobiltà e schiettezza, capace di restituire, nella sua semplicità, un dramma grave e profondo e, più in
generale, il circolo di scrittori che orbita intorno alla Voce.
RIASSUNTO
Il romanzo di Sibilla Aleramo 'Una donna' inizia col ricordo della fanciullezza della protagonista,
che fu libera e spensierata, infatti ella rivede la bambina che era, e le sembra quasi un sogno tanto
era bello quel periodo.
Per parecchio tempo, nell’epoca buia della sua vita , rivivendo quei momenti le viene da pensare alla
vera felicità. In seguito però capì che già da bambina non dovette mai credersi interamente felice,
ma neanche sfortunata; era la maggiore di quattro fratelli, la preferita dai genitori.
All’età di dodici anni si trasferì con la famiglia da Milano in una cittadina del Mezzogiorno perché il
padre aveva ottenuto la direzione di un’industria chimica.
Dopo pochi anni che si trovava nel nuovo paese, la protagonista interruppe gli studi e venne
impiegata regolarmente nella fabbrica diretta dal padre e da qui inizia il suo periodo di solitudine;
non aveva amiche perché restava tutto il giorno a lavorare, le donne del paese riferivano cose
orrende sul suo conto perché non badava alle faccende di casa, non sapeva cucire, ricamare,
insomma occupava un ruolo che al tempo era riservato ad un uomo; però lei era la figlia del
direttore.
Inoltre, non aveva più accanto a sé la mamma, che la trascurava parecchio perché non condivideva
le scelte della figlia.
Il paese dove viveva la famiglia non offriva svaghi, la madre della protagonista si era piano piano
chiusa in se stessa, dato che non aveva amiche e stava tutto il giorno in casa a leggere; un giorno
però presa dalla depressione, si gettò dal balcone e miracolosamente si salvò.
Quando le cose sembravano essersi sistemate nella famiglia della protagonista, proprio
quest’ultima venne a sapere dei continui tradimenti del padre verso la madre.
Ma come poteva essere possibile che il tanto adorato padre tradisse la madre con una ragazza poco
più grande della figlia? Il mondo improvvisamente le cadde addosso ed ella perse la fiducia che
aveva nell’uomo e mai più riuscì a riacquistarla.
A risistemare un po’ le cose per la giovane arrivò l’amore, un ragazzo di venticinque anni, suo
collega d’ufficio. Le chiacchiere in paese si diffusero subito, in quanto lei aveva solo sedici anni, lui
invece venticinque, ma col passare del tempo si placarono.
Il tempo passava e la protagonista trovò nel fidanzato un uomo geloso e incolto che lei però voleva
amare ugualmente. Arrivò così il matrimonio che fu infelice da subito; la ragazza rimase incinta, ma
perse subito il bambino, ricadde in depressione, e pensava che se aveva perso il bambino era perché
Dio capì che il bimbo non avrebbe vissuto in una famiglia felice come invece era stata la sua.
Gli anni passano e la protagonista riuscì di nuovo ad avere un figlio, era felicissima, ma dopo poco
tempo dovette darlo nelle mani di una nutrice perché non aveva più latte per nutrirlo.
Per un malinteso, la protagonista fu giudicata male da tutto il paese e per la vergogna, anche se non
aveva commesso niente decise di togliersi la vita bevendo del veleno, ma per fortuna il suo gesto fu
interrotto dall’arrivo del marito, giunto appena in tempo per salvarla.
Da quel giorno la giovane donna decise di cambiare completamente vita, iniziando a migliorare il
rapporto col marito. Seguì poi un periodo intenso nel quale ella visse solo di letture, meditazioni e
dell’amore del figlio.
In seguito partecipò ad un movimento femminista che si sviluppò nel capoluogo della sua provincia
che sosteneva era stata, fino a quel momento, trattata come una schiava ed ignorata.
Iniziò un nuovo lavoro in una casa editrice di Roma, la città in cui si era trasferita da poco con la
famiglia.
Era entusiasta di questa nuova vita, aveva persino iniziato a frequentare i teatri, i musei ed aveva un
gruppo di amiche. Sembrava veramente rinata.
Divenne ben presto amica e consigliera del suo principale, una donna che all’apparenza sembrava
avere tutto: soldi, carriera, famiglia, ma che in realtà soffriva tremendamente, e alla protagonista
sembrava di rivedere se stessa qualche anno prima.
Il bello però terminò alla fine dell’inverno quando il figlioletto, di appena cinque anni si ammalò
gravemente.
La malattia del bimbo durò alcuni mesi, alla fine dei quali la famiglia si concesse una vacanza in
montagna per permettere al piccolo di ristabilirsi.
Quando tornarono il marito si trasferì nuovamente nel paese d’origine, nella casa che in precedenza
era stata del suocero, a dirigere la fabbrica di quest’ultimo; lei restò a Roma col figlio e una
domestica.
In quei giorni di assenza del marito, la protagonista capì di non averlo mai amato, e di averlo
sposato perché ormai le chiacchiere in paese erano troppe e se lei non avesse compiuto quel passo,
sarebbe stata definita una ragazza facile e una poco di buono.
Dopo pochi giorni il marito tornò e la donna le propose una separazione amichevole, pensando che
lui accettasse.
La sua reazione invece fu tremenda, la gettò in terra ed iniziò a percuoterla mentre ella si dibatteva,
allora lei si rassegnò e chiese perdono dicendogli che aveva pensato alla separazione in un momento
di depressione, ma che era stata una pessima idea.
Chiarite le cose il marito ritornò al paese e la protagonista continuò a soffrire in silenzio e a piangere
per non essere riuscita a mettere fine alla storia una volta per tutte.
Dopo poco tempo raggiunse il marito, trovò l’uomo cambiato, affettuoso, non più rude come era
stato per anni.
Nel paese non c’era più nessuno della sua famiglia, i genitori e due fratelli erano tornati a Milano e
la sorella si era sposata ed era andata a vivere nel Veneto.
Era sola, suo figlio era l’unico compagno.
In quei giorni le passò davanti tutta la sua gioventù: le corse in giardino, alla fabbrica, le ore passate
con la mamma e sempre in quei giorni trovò nella soffitta delle vecchie lettere che la madre scrisse
al proprio padre dicendogli che soffriva a causa del marito, ma che non l’avrebbe lasciato per amore
dei figli; la protagonista capì allora che doveva continuare a stare col marito, anche soffrendo, per
amore del piccolo. Le liti col marito intanto continuavano, ma la giovane teneva duro per cercare di
far crescere il figlio in una famiglia unita.
Dalle liti però si passò alle botti e la ragazza stremata decise di partire, ma quando lo comunicò al
marito, lui disse che avrebbe acconsentito purché il piccolo fosse rimasto con lui.
La donna partì e tornò a Milano con la speranza che nel giro di pochi giorni avrebbe fatto in modo
che suo figlio la raggiungesse.
I giorni passarono e pure i mesi e gli anni, ma il suo piccolo a Milano non venne.
Le lettere che la madre gli scriveva non ebbero mai una risposta, la protagonista allora, soffrendo in
silenzio, scrisse un libro di modo che le parole contenute in esso lo raggiungessero.

STRUTTURA
1. (9 cap): l’infanzia, l'adolescenza fino allo stupro, poi la gravidanza e la depressione. Il momento
del naufragio delle illusioni
2. (10 cap): nuova vita, costruzione della coscienza della donna, sia individuale che collettiva
3. (3 cap): Al momento della presa di coscienza dell'indipendenza. si chiude con il messaggio al
figlio, l'intero romanzo viene messo in discussione e assume la forma di un processo

STILE
Si tratta di un’autobiografia e tutti i personaggi citati sono realmente esistiti, i fatti sono realmente
accaduti, nulla è lasciato al caso o inventato, l’autrice narra semplicemente narra quella che è stata
la sua vita dall’infanzia fino alla sua completa maturità.

NARRATORE
le vicende sono narrate in prima persona direttamente dalla protagonista, quindi il narratore è
interno di 1° grado, è un narratore protagonista, la narrazione è soggettiva.
Il punto di vista è interno.
TEMI
➢ divario Nord/Sud e quello tra una campagna arretrata e la città più acculturata
➢ diritto della donna alla sua autonomia e parificazione tra i due sessi
➢ la liberazione della donna che corrisponde alla liberazione dell’uomo

PERSONAGGI
Si focalizza sulla psicologia dei personaggi e non sulla loro caratterizzazione fisica perché
semplificando l’identificazione del lettore vuole sottolineare come ogni donna possa ritrovarsi nella
protagonista
➢ Protagonista: alter ego dell’autrice, è un personaggio sicuramente dinamico, poiché
cambia, nel corso della storia, molte delle sue idee a proposito dell’emancipazione e, in
particolar modo, della maternità; è una donna di ferree ideologie e d’aspetto abbastanza
piacevole, anche se all’inizio del romanzo l’autrice ricorda il periodo della propria infanzia,
descrivendosi quasi come un “maschiaccio” con i capelli corti, sempre indaffarata ad aiutare
il padre a portare avanti la sua grande fabbrica
➢ Il marito: è un uomo che la donna, superficialmente vedeva all’inizio come dolce,
comprensivo e di piacente aspetto. Al contrario è lui il vero antagonista, quell’uomo violento
e possessivo che costringe la propria donna ad una vita di stenti e di continue paure.
➢ La madre della donna stessa è un altro personaggio che può essere considerato una spalla
dell’antagonista, anche se da un solo punto di vista ideologico.
Inizialmente la madre è descritta come una donna molto bella e fragile, dagli occhi grandi e
la carnagione chiara; poi, dal momento in cui la sua pazzia aumenta e deve essere rinchiusa
in un manicomio, il suo viso perde l’espressività di prima e la donna acquista delle
caratteristiche infantili non soltanto da un punto di vista fisionomico, ma anche nel modo di
parlare e di esprimersi.
➢ Il lio affianca la protagonista e la aiuta fortemente a rendere più stabili le sue idee di
emancipazione. Questi è particolarmente attaccato a sua madre.
Cresciuto si renderà perfettamente conto di quanto lei possa soffrire accanto ad un marito
che lui stesso non ama; è però l’unica ragione di vita per sua madre e per questo ha potuto
evitare un ulteriore tentato suicidio da parte sua.
➢ Il padre è un uomo al quale lei stessa è sempre stata molto vicina; inizialmente lo vede
quasi come un esempio da seguire soprattutto in campo lavorativo, poi come un appoggio
morale sul quale può fare sempre affidamento. Si sente molto legata alla cura di quell’uomo
colto, severo e potente, anche se nella sua adolescenza si è sentita tradita pure da lui nel
periodo in scopre l’esistenza di una sua amante

LUOGHI
Le vicende hanno luogo in tre posti:
- Milano= simbolo della libertà e dell’ingenuità delle bambine che non comprendono la complessità
del mondo femminile
- paesino del Mezzogiorno= simbolo dell’ottusità, ambiente antagonista che stimola la voglia di
indipendenza
- Roma= rispecchia la solitudine delle donne e la loro frustrazione per una vita ingiusta TEMPO Il
tempo del racconto corrisponde a quello in cui l’autrice scrive, ovvero i primi anni del ‘900, gli anni
in cui insorgono i primi movimenti femministi.

STILE
La storia è un lungo flash-back percorso dalla protagonista, parlando della sua giovinezza si serve
dell’imperfetto, trattandosi di un ricordo bello ed idealizzato, scrivendo il racconto attraverso un
linguaggio articolato e fluido per indicare la spensieratezza di quel periodo

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