Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Quando ero piccolo mi piaceva molto un giocatore della Juventus che era
Arturo Vidal. Mi piaceva come giocava, perché in campo metteva sempre
tanta grinta e si metteva a disposizione della squadra. Quando poi sono
cresciuto nel mio cuore è entrato un altro grande campione che è Paulo
Dybala. È stato acquistato dal Palermo ed è arrivato alla Juventus per 32
milioni di euro nell’estate del 2015. Appena l’ho visto giocare mi è subito
piaciuto ed è tuttora il mio giocatore preferito. Quando gioca è una gioia
per gli occhi, è un giocatore dal talento cristallino e pieno di classe. Le sue
prime 3 stagioni sono state le migliori alla Juventus, poi con l’arrivo di
Ronaldo non ha trovato molto spazio e ha avuto molta difficoltà a
imporsi. La scorsa stagione sembrava fosse tornato quello di una volta,
ma poi quest’anno ha subito un brutto infortunio che l’ha costretto a
stare fermo 3 mesi. La squadra quest’anno non sta andando troppo bene
e neanche Dybala. Il motivo di tutto questo è Cristiano Ronaldo. Giocatore
fenomenale che però “costringe” la squadra a giocare per lui e non per la
squadra. Campioni come Dybala o Ronaldo sono giocatori che spesso
entrano nel cuore dei tifosi. Diventano il simbolo della squadra per vari
motivi che possono essere: il loro attaccamento alla maglia, le giocate, i
gol che solo loro sono in grado di fare.
Per ogni squadra c’è un giocatore simbolo, per esempio Insigne al Napoli,
Immobile alla Lazio, Ibrahimović al Milan o per citare tempi meno recenti
Totti alla Roma, Del Piero, Pirlo e Buffon alla Juventus, Cavani al Napoli e
molti altri.
Di seguito espongo la storia del calcio, dai primi giochi che ricordano
vagamente questo tipo di sport, fino ad arrivare ai giorni nostri.
Racconterò l’evoluzione del gioco del calcio negli anni, descrivendo
marginalmente il periodo storico degli avvenimenti.
Rinascimento
Tra il XIV e il XVI nacque in Italia una nuova forma di cultura che in pochi
anni si diffuse in tutta Europa: il Rinascimento. Il Rinascimento nacque a
Firenze, poi si sviluppò in Toscana e nelle più ricche città italiane che in
pochi decenni si abbellirono di opere d’arte meravigliose.
In questo periodo si colloca la nascita del Calcio Fiorentino.
Le partite venivano organizzate solitamente nel periodo del Carnevale ma
non solo. La più famosa è sicuramente quella giocata il 17 febbraio 1530,
cui si ispira la moderna rievocazione, quando i fiorentini assediati dalle
truppe imperiali, di Carlo V (Carlo V d'Asburgo è stato imperatore del
Sacro Romano Impero Germanico e arciduca d'Austria dal 1519, re di
Spagna dal 1516, e principe dei Paesi Bassi come duca di Borgogna dal
1506), diedero sfoggio di noncuranza mettendosi a giocare alla palla in
piazza Santa Croce. Questo gioco, come tutti i giochi con la palla europei,
derivava dagli antichi giochi Greci. Il calcio fiorentino dava luogo a incontri
ufficiali nelle grandi ricorrenze tra i partiti (squadre) dei verdi e dei
bianchi, rispettivamente della riva sinistra e destra dell'Arno. Il campo di
gioco era Piazza Santa Croce ed il partito che vinceva si appropriava delle
insegne avversarie. Ogni partito era formato da 27 giocatori: 15 divisi in
tre gruppi di 5, che formavano la linea degli innanzi ed avevano compiti di
attacco; 5 chiamati sconciatori, formavano la seconda linea e avevano il
compito d'intralciare le manovre avversarie; 4 componevano la terza linea
ed erano i datori innanzi, cioè rilanciavano la palla verso gli innanzi; 3
infine, formavano l'estrema linea dei datori indietro, che impedivano agli
innanzi avversari di raggiungere con la palla il fondo del campo e
conquistare una caccia e quindi fare punto.
Età moderna
Calcio contemporaneo
Notevoli e rapidi progressi si ebbero poi anche nei materiali usati per
costruire il pallone. Tutti i giochi con la palla infatti fino al XIX secolo
furono condizionati dai limiti tecnici della loro oggettistica: l'insicura
elasticità delle vesciche di animali, la scarsa sensibilità delle sfere di tela
riempite di turaccioli, la difficoltà di reperire sostanze espansive. La
rivoluzione merceologica fu compiuta dall'avvento del caucciù, che gli
inglesi trapiantarono dalle foreste sudamericane nei loro possedimenti
dell'Oceano Indiano. L'invenzione della camera d'aria rese poi possibile un
notevole progresso nel controllo e nella mobilità della sfera. Nel 1880 si
aggiunge un'altra federazione alle tre già esistenti: quella irlandese. Sei
anni dopo, nel 1886, viene fondato l'International Football Association
Board (IFAB), organo costituito dalle quattro federazioni britanniche di
Inghilterra, Scozia, Irlanda e Galles, con il compito di far rispettare le
regole del gioco e se necessario, di apportarvi modifiche. Tale organo è
tuttora in vigore ed è l'unico, a livello mondiale, a decidere in tema di
regolamento del gioco. Sempre nel 1886 viene ufficialmente riconosciuto
il professionismo sportivo: i calciatori sono cioè equiparati alle altre
categorie di lavoratori e devono conseguentemente percepire un
compenso per l'opera prestata. Una decisione che provoca dure reazioni
da parte di alcuni ambienti che, nel 1907, daranno vita ad un'altra
associazione.
La prima partita ufficiale tra nazionali, fuori dai confini inglesi fu disputata
tra la nazionale di calcio dell'Austria e la nazionale di calcio dell'Ungheria
il 12 ottobre 1902 e vide la vittoria dei primi per 5-0.
IL CALCIO IN ITALIA
Gli equipaggi delle navi di sua maestà britannica avevano fatto conoscere
il calcio ai giovani di Genova, Livorno e Palermo. Gli impiegati delle varie
filiali delle ditte inglesi avevano poi organizzato le prime società sportive.
Ma non meno importanti per la nascita e lo sviluppo del calcio in Italia
furono i contatti col football francese, che riuscì a organizzare il suo primo
campionato nel 1894.
Il gioco del calcio nella sua formula più moderna viene così introdotto in
Italia dal capriccio di pochi e annoiati ospiti stranieri, ed è quasi naturale
pertanto che, per affinità culturale e di modi di vita, la regione destinata a
fare da culla a questa nuova moda sportiva fosse il Piemonte, cioè quella
più disponibile e aperta nei confronti di tutto ciò che apparteneva ai
costumi d’Oltralpe. Il Piemonte, nonostante avesse politicamente
condotto a buon fine il Risorgimento, era tra le regioni del nuovo regno
forse quella che aveva meno tradizioni di Italianità, con il suo territorio a
cavallo delle Alpi, una larga fetta del quale era di lingua francese.
Lo stesso Cavour stentava a tenere, in Parlamento, interi discorsi in lingua
italiana. Come Mazzini e come Garibaldi, l’artefice politico dell’unità
d’Italia era nato suddito francese, e una sorella di Napoleone era stata
addirittura sua madrina di battesimo. In quanto alla borghesia, solo dopo
molte resistenze e per ragioni squisitamente pratiche, la lingua italiana
venne accettata dalla buona società torinese.
Oltre a questo, se passiamo all’esame delle ragioni concrete dello
sviluppo del calcio lungo l’arco alpino Occidentale, va sottolineata la
superiorità economica del Piemonte e della Lombardia che erano già due
regioni all’avanguardia rispetto al resto d’Italia.
I primi campionati sono stati disputati tra poche squadre, andando via via
ad aumentare di numero con gli anni, e coinvolgendo anche squadre
dell’Italia Centrale e Meridionale.
Nel 1905 la federazione si iscrisse alla FIFA.
In quegli anni la corrente ostile al tesseramento di giocatori stranieri era
molto forte, mentre già si ventilava l’esigenza di una sistemazione
economica dei giocatori.
Si continuava a giocare comunque in maniera empirica col solo scopo di
mandare avanti la palla. Negli stessi anni in Gran Bretagna, si
contrapponevano già due scuole: quella inglese, tutto gioco alto, con
passaggi forti e lunghi, e quella scozzese che preferiva gli schemi
rasoterra, con passaggi brevi, resi possibili dalla rapidità di smarcamento
dei suoi giocatori. Fu la scuola scozzese a fare proseliti in Europa,
influenzando notevolmente il calcio danubiano e anche quello italiano. In
piena battaglia polemica circa l’utilizzazione o meno di giocatori stranieri
la Pro Vercelli trionfò su tutti con una squadra di soli italiani.
Il 23 maggio 1915 un giorno prima della dichiarazione di guerra
all’Austria-Ungheria un comunicato della Federazione sospese il torneo
all’ultima giornata. Negli anni successivi il campionato rimase sospeso,
per riprendere nel 1920. Durante la Grande Guerra (1915-1918) molti
giocatori di calcio caddero sul campo di battaglia. Tra essi Virgilio Fossati,
capitano dell’Inter e della Nazionale e Felice Milano quattro volte
campione d’Italia con la Pro Vercelli.
Fu quello, senza alcun dubbio l’inizio del periodo più felice del calcio
italiano. Il successo conseguito dalla squadra azzurra non fu occasionale.
Ne diedero conferma il Bologna, vincendo la prima Mitropa Cup, poi il
torneo dell’Esposizione a Parigi e la nazionale olimpica, guadagnando la
medaglia d’oro a Berlino, con una squadra di giovani, tutti studenti.
Suggellò questa superiorità la conquista della Coppa del Mondo del 1938,
con una formazione che Pozzo aveva saputo rinnovare per nove
undicesimi. Dei campioni del ’34 rimanevano soltanto Meazza e Ferrari.
L’esordio a Marsiglia fu catastrofico, ma fu proprio quella brutta figura
iniziale, come sarebbe accaduto 44 anni dopo in Spagna, che saldò
moralmente la squadra che batté Brasile, Francia e Ungheria in un
ambiente ostile, con una superiorità tecnica indiscussa. La nazionale
italiana portò la tecnica di gioco talmente tanto in alto da non poter
svilupparla più di quanto lo era già. Dopo i due successi mondiali, gli
Azzurri esaurirono le risorse tecniche e tattiche. Meazza e Ferrari, che fino
a quel momento avevano rappresentato il centro motore della squadra,
stavano vivendo il tramonto della loro carriera calcistica. Al loro posto
Pozzo reclutò due giovani del Venezia: Mazzola e Loik. I due non
convincevano il pubblico, ma Pozzo continuò per la sua strada e il 19
aprile del 1942 i due giovani, riuscirono a conquistare il pubblico di San
Siro, giocando un’ottima partita contro la Spagna, che fu battuta per 5-0.
Pozzo era convinto che con questa squadra l’Italia avrebbe potuto vincere
il terzo titolo mondiale. Questo però non accadde perché a causa della
seconda guerra non furono disputati i due seguenti campionati del
mondo.
Mazzola e Loik continuarono a giocare, come amavano poi ricordare, “per
un chilo di burro” mentre si consumava la grande tragedia del Paese tra
stragi e rovine, sotto l’incubo dei bombardamenti e della disfatta.
Negli anni ’60 ancor prima dell’Inter il Milan riuscì ad avere successi
internazionali come la Coppa dei Campioni del 1963. Ma per la nazionale
gli anni ’60 furono disastrosi. Nel 1962 nelle fasi finali della Coppa del
Mondo in Cile, avevamo una rosa fortissima, con giocatori come Sivori,
Altafini, Maschi, Sormani, e i giovani Bulgarelli e Rivera. Ma proprio
l’inclusione di tanti oriundi ci procurò tante antipatie che si trasformarono
in una furibonda campagna anti italiana da parte dei mezzi di
comunicazione cileni. Perfino gli arbitri si misero contro gli Azzurri,
facendoci uscire con un arbitraggio parzialissimo. Il culmine della
delusione fu ai successivi mondiali inglesi del ’66. La squadra italiana pur
avendo buoni giocatori fu battuta dalla Corea per 1-0 facendoci uscire dal
mondiale. Gli Azzurri furono accolti al rientro in Italia con lanci di
pomodori.
Successivamente a questo episodio, pensando che i troppi stranieri nel
nostro campionato non favorissero l’affermarsi di giovani calciatori
italiani, fu deciso il blocco totale degli stranieri nel nostro campionato,
salvo che per i già presenti nel nostro Paese. Il blocco durò fino alla
stagione ’80-’81.
Nel 1968 Artemio Franchi, che stava raccogliendo largo seguito in Europa
come dirigente capace e preparato, ottenne per l’Italia l’organizzazione
del campionato europeo. In semifinale gli Azzurri riuscirono a prevalere
sui sovietici solo per sorteggio, la finale, contro la Iugoslavia, finì in parità
e venne ripetuta due giorni dopo, vincendo nettamente con i gol di Riva e
Anastasi. Il titolo europeo ruppe una lunghissima crisi e premiò una
generazione di giocatori che solo due anni prima era stata bocciata dai
pomodori coreani, portò infine alla ribalta un campione straordinario
come Riva.
Riva detto “Rombo di Tuono”, con i suoi gol contribuì a portare l’unico
scudetto della storia a Cagliari nel 1970. Nella stessa estate si tennero i
campionati del mondo in Messico. La nazionale italiana era formata da
buoni giocatori tra i quali si possono citare Riva, Rivera e Mazzola. Fu
mitica la semifinale contro la Germania Ovest vinta per 4-3. La finale ci
vide sconfitti contro il favoritissimo Brasile nel quale giocava ancora Pelè
che vinse il suo terzo mondiale.
Gli anni ’70 videro nel campionato italiano l’egemonia quasi incontrastata
della Juventus. La stessa Juventus nel ’77 riuscì a vincere la sua prima
coppa internazionale, la Coppa Uefa (quella che poi è diventata l’Europa
League). È da ricordare che questa è stata l’unica squadra italiana a
vincere un trofeo internazionale con soli giocatori italiani. Molti di questi
parteciparono ai mondiali in Argentina dell’anno successivo. La nostra
nazionale, guidata dal C.T. Enzo Bearzot, fece una buonissima figura
piazzandosi al quarto posto grazie a giocatori dal carisma di Bettega e
grandi scoperte come Cabrini e Rossi. Bearzot guidò la nazionale anche
nei quattro anni successivi che portavano al mondiale di Spagna 1982. Nel
frattempo c’è da ricordare lo scandalo del calcio scommesse del 1980 che
coinvolse molte società e alcuni giocatori anche molto noti come
Giordano e Paolo Rossi. Quest’ultimo finì di scontare la squalifica due
mesi prima del mondiale spagnolo ciò nonostante Bearzot credette in lui
e lo aggregò al gruppo.
Il 1980 fu anche l’anno del ritorno degli stranieri, fu possibile per ogni
società di Serie A tesserare un solo giocatore estero. Arrivarono super
campioni, attratti da ottimi contratti. Nei primi anni arrivarono
dall’Argentina Bertoni e Passarella, dal Brasile Junior, Falcao e Cerezo. C’è
da spendere una parola in più per l’acquisto della Juventus di “Le roi”
Michelle Platini, che deliziò il calcio italiano con la sua classe unica. Zico,
clamorosamente acquistato dall’Udinese. E “El pibe de oro” Diego
Armando Maradona che sconvolse letteralmente la città di Napoli per
diversi anni.
IL MONDIALE 1982
Partiamo per il mondiale di Spagna con una squadra forte. Bearzot aveva
mantenuto molti dei giocatori del mondiale precedente, con rinforzi
importanti come Bruno Conti che poi sarà definito da Pelè come migliore
giocatore del mondiale. La formazione tipo di quel mondiale è la
seguente:
Zoff, Gentile, Cabrini; Oriali, Collovati, Scirea; Conti, Tardelli, Rossi;
Antognoni, Graziani
La partenza non è delle migliori, la squadra è contestata da tifosi e
giornalisti. Bearzot viene bersagliato per la scelta id lasciare Paolo Rossi in
campo che non è al meglio della condizione. Dopo i primi tre deludenti
pareggi passiamo al secondo turno con il morale sotto i tacchetti ma nel
girone successivo con orgoglio riusciamo a battere l’Argentina di
Maradona e il Brasile di Falcao, Zico e Socrates che erano le squadre
favorite per il titolo. Rossi comincia a segnare, il morale è alle stelle, così
battiamo facilmente la Polonia in semifinale e la Germania in finale per
3-1. Rossi aveva ripagato la fiducia di Bearzot vincendo la classifica
marcatori con 6 reti e vincendo il pallone d’oro.
Di quel mondiale ricordiamo alcuni eventi memorabili che sono rimasti
nella storia:
la tripletta di Rossi contro il Brasile, il rigore sbagliato di Cabrini in finale,
l’urlo di Tardelli dopo aver segnato il secondo gol nella stessa partita,
Pertini che esulta in tribuna e la partita a scopa tra Pertini, Bearzot, Zoff e
Causio durante il viaggio di ritorno nell’aereo presidenziale.
Questi sono stati gli anni del cosiddetto “edonismo reaganiano”, di Papa
Giovanni Paolo II, del dialogo Reagan-Gorbaciov che porta alla fine della
guerra fredda nel 1989 con la caduta del muro di Berlino.
Il campionato italiano era definito il campionato più bello e difficile del
mondo grazie a grandi giocatori italiani e stranieri e al tatticismo
esasperato degli allenatori. Nel 1985 la Juventus conquista la Coppa dei
Campioni, giocata contro il Liverpool allo stadio Heysel di Bruxelles, in un
clima surreale, mentre nelle tribune si consumava una delle più grandi
tragedie del calcio. Morirono 39 persone, a seguito delle intemperanze
degli hooligans inglesi e a causa della struttura dello stadio fatiscente.
La seconda metà degli anni ’80 fu caratterizzata dal Milan del nuovo
presidente Silvio Berlusconi. Scommise su un allenatore sconosciuto al
grande calcio, Arrigo Sacchi l’omino di Fusignano. Sacchi portò una
ventata nuova nel calcio italiano puntando sul gioco a zona, fuorigioco e
pressing. Il suo calcio fu rivoluzionario e funzionò anche grazie a giocatori
come Baresi, Maldini e i 3 olandesi Gullit, Van Basten e Rijkaard. Vinsero
un campionato e 2 coppe dei campioni. Il ciclo vittorioso del Milan
continuò anche dopo Sacchi con il suo vice Capello. In quegli anni il
principale contendente era il Napoli di Maradona. Che dire di Maradona…
genio e sregolatezza, classe sublime, droga, collusione con ambienti
camorristici, ma forse il miglior giocatore di sempre che è riuscito a
portare gli unici 2 scudetti a Napoli ed è riuscito a vincere “da solo” il
mondiale del 1986. Da ricordare i due gol con l’Inghilterra:
il primo di mano e il secondo segnato dopo una fantastica azione
personale partita da centrocampo finno alla porta avversaria.
Nell’estate del 1990 si sono tenuti i mondiali in Italia, sulle note di “Notti
magiche”. Il giocatore simbolo del mondiale è Totò Schillaci che ne era fu
il capocannoniere con 6 reti. L’Italia arrivò al terzo posto battuta
dall’Argentina di Maradona e Caniggia in semifinale, che poi perderà la
finalissima con la Germania Ovest.
A livello di club nel 1991 cambia la formula della Coppa Dei Campioni
diventando Champions League. Le squadre italiane sono competitive
vincendo una coppa ciascuno Milan e Juventus, rispettivamente nel ’94 e
nel ’96.
Nel ’93 vennero introdotti i numeri dall’1 al 99. Fino a questo momento le
squadre si schieravano in campo con i numeri dall’1 all’11, mentre a
livello di campionati europei e mondiali i numeri erano fissi dall’1 al 22.
LA SENTENZA BOSMAN
Nel 1995 il calciatore belga Jean-Marc Bosman era in forza al RFC Liegi
malgrado un contratto scaduto nel 1990. La sua volontà di passare al club
francese del Dunkerque fu però vanificata, in quanto questo non offrì,
com'era al tempo in uso nel calciomercato europeo, all'altra squadra una
sufficiente contropartita in denaro. Posto intanto fuori rosa, Bosman si
rivolse alla Corte che, in base all'articolo 39 dei trattati di Roma, dichiarò
restrittivo il sistema dell'epoca. Il 15 dicembre fu approvata una nuova
norma, in base alla quale i calciatori dell'Unione europea potevano
trasferirsi gratuitamente, alla scadenza del contratto, a un altro club
purché facente parte di uno Stato dell'UE.
La sentenza impedì alle varie leghe continentali di porre un tetto al
numero di stranieri, qualora ciò risultasse discriminatorio verso atleti
dell'Unione. L'UEFA, tra l'altro, consentiva di convocare un massimo di 3
stranieri per le sue competizioni.
In tal senso, fu possibile imporre limitazioni soltanto ai calciatori
extracomunitari ovvero di Stati non facenti parte dell'UE. Ciò ebbe
ripercussioni anche sui vivai, in quanto le società manifestarono la
tendenza a preferire l'acquisto di stranieri rispetto alla crescita dei
nazionali.
Nel 2006 poco prima del mondiale scoppia per il calcio italiano una nuova
bomba: Calciopoli.
Vengono revocati due scudetti alla Juventus che viene anche spedita in
Serie B con una penalizzazione di -9 punti. Anche il Milan ed altre squadre
pagano con penalizzazioni pur restando in Serie A.
Arriviamo alla vigilia del mondiale in un clima rovente con molti giocatori
freschi di trasferimento e con la vergogna di calciopoli addosso.
Come se non bastasse all’inizio del mondiale, Gianluca Pessotto, ex
calciatore e neo dirigente della Juventus tentò il suicidio buttandosi dalla
palazzina della sede. Gli ex compagni juventini lasciarono il ritiro per un
giorno per andarlo a trovare. Forse anche questo episodio, nella sua
drammaticità, ha rafforzato il legame dei giocatori dando un’ulteriore
spinta alla squadra.
Gli Azzurri, allenati da Marcello Lippi, partono bene battendo subito per
2-0 il Ghana con gol di Andrea Pirlo e Vincenzo Iaquinta, poi pareggio
contro gli USA con gol di Gilardino. Con la partita successiva si conclude il
girone vincendo per 2-0 contro la Repubblica Cieca di Nedved, grazie ai
gol di Materazzi e Inzaghi. Gli ottavi di finale non iniziano al meglio e la
partita contro l’Australia rimane fissata sullo 0-0 fino al 95’, quando
Grosso dopo una bellissima azione nella parte sinistra del campo viene
steso in area di rigore. È il momento di Francesco Totti che con freddezza
segna un gol importantissimo. I quarti vengono giocati contro l’Ucraina di
Shevchenko, la partita si mette subito nei giusti binari con un grande gol
di Zambrotta da fuori area al 6’ minuto. Nella ripresa Toni con 2 gol fissa il
risultato sul 3-0. È il momento dell’attesissima semifinale contro la
favorita squadra tedesca. Il risultato è quello dello 0-0 per molti minuti,
dopo un gol di Toni in fuorigioco e una grande azione personale di
Gilardino con tiro che si stampa sul palo. La partita si sblocca al 119’ con
gol di Grosso su assist di Pirlo. La Germania tenta il pareggio che però non
avviene e dopo una grande azione dell’Italia in contropiede Alex Del Piero
segna il 2-0 che chiude definitivamente la gara.
È il 9 luglio 2006 e si gioca la finale tra Italia-Francia. La partita si mette
nel migliore dei modi per i francesi che al 7’ minuto passano in vantaggio
su rigore di Zidane. Al 19’ pareggia Materazzi di testa su una pennellata di
Pirlo da calcio d’angolo.
L’episodio simbolo di questo mondiale è la testata di Zidane nei confronti
di Materazzi al 110’ che ne provoca l’espulsione e macchia l’ultima partita
di un grande giocatore. Finita in parità la partita si decide ai calci di rigore,
per i francesi sbaglia Trezeguet mentre i nostri vanno tutti a segno:
Pirlo, Materazzi, De Rossi, Del Piero e infine un inaspettato Fabio Grosso
che regala la vittoria agli Azzurri e quindi il quarto titolo mondiale.
A questo punto aspettiamo un’altra gioia dalla Nazionale che spero possa
arrivare agli Europei di quest’estate o al mondiale del Qatar del 2022.
Una citazione se la meritano Ronaldo e Messi, due giocatori che dal 2010
hanno vinto tutto con le rispettive squadre, Real Madrid e Barcellona e si
sono susseguiti anno dopo anno nella conquista del Pallone d’Oro.
Ronaldo è approdato nel nostro campionato nel 2018 acquistato per la
cifra record per il campionato italiano di 100 milioni, e con un ingaggio
sempre record di 30 milioni all’anno. Da citare anche il trasferimento più
oneroso della storia del calcio che è avvenuto nel 2017. Si tratta di
Neymar che lascia il Barcellona per unirsi al PSG per 222 milioni di euro.
Anche per questo motivo il 18 aprile 2021, dopo mesi di colloqui segreti,
la stampa francese parla della nascita di una nuova lega europea: la Super
League.
La comunicazione ufficiale della nascita di questa nuova lega arriva alle
00:15 del 19 aprile 2021 ma dopo solo 48 ore i maggiori club inglesi si
chiamano fuori, seguiti a ruota da tutti gli altri.
il cosiddetto flop super lega è spiegato dal fatto che i club scissionisti non
si aspettavano una reazione così contraria dei tifosi e dei politici di tutta
Europa.
Ora le tre squadre che credono ancora nel progetto sono Juventus, Real
Madrid e Barcellona, e rischiano di non poter partecipare alle
competizioni UEFA anche in caso di qualificazione.
Qual è l’avvenimento più caratteristico del gioco del calcio?
IL GOAL, per questo mi piace riportare la poesia a esso dedicata.
GOAL
FAIR PLAY
Fair play is a code of conduct for sportsmen and fans. It encourages
respect and solidarity both in the stadium and in society. Sport can help
to stop injustice around the world such as discrimination, racism and child
labor and can promote better health and equal education opportunities
for boys and girls and the integration of handicapped people in society.
For this reason, FIFA co-operates with important international human
rights organizations, such as UNICEF.