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PRATICHE

INTERIORI

La via che propone il Sovrano Ordine Gnostico Martinista,


all’uomo contemporaneo, si regge su tre pilastri.
Il primo è rappresentato dallo studio di testi storici, filosofici e
tradizionali. E’ questo il sentiero della sapienza, atto a fornire al
fratello i giusti elementi conoscitivi per districarsi dalle tante
menzogne, dalle innumerevoli suggestioni e dalla miriade di
illusioni che il teatrino dell’occultismo e della falsa iniziazione
offre costantemente agli sprovveduti.
Il secondo è rappresentato dal ferreo lavoro rituale. E’
attraverso il lavoro rituale che il Culto Divino prende forma e al
contempo che l’energia eggregorica sovrasta e raccoglie i
fratelli tutti. Tale opera si struttura, in forza delle
caratteristiche dei fratelli, nei tre gradi del Nostro Ordine in
una ritualità individuale e collettiva che si compone di pratiche
teurgiche, terapeutiche, apotropaiche e sacerdotali.
Il terzo pilastro è il lavoro interiore individuale. Esso è
fondamentale e precede, segue e completa gli altri due. Possiamo
consideralo come “conditio sine qua non” in assenza della quale
tutto rimane su di un nebuloso piano, animato dalle ombre
dell’ego. Infatti è solamente la conoscenza intima che permette
di comprendere i motivi reali del nostro pensare e del nostro
agire; è solamente la conoscenza intima che ci permette di
comprendere quanto è foriero di rovina spirituale; è solamente la
conoscenza intima che ci conduce a liberarci del giogo dei
prevaricatori.
Ogni pratica, fratelli ed amici, nasce dall’uomo e nell’uomo trova
punto di emersione e fulcro nel cuore. Il cuore è l’estrema
sintesi dell’intelletto e del vitale; e la sua rettificazione è oggi
urgente ed indispensabile. L’errore di tanti “iniziati” e cercatori
è quello di ritenere che la via sia loro dovuto, che la via si
estrinsechi in un egoico percorso di perfezionamento, o, peggio
ancora, di acquisizioni di futili ed illusori poteri. Purtroppo il
lamento dell’impotente non è canto gradito alla Dea Conoscenza.
Come potrebbe la magia, che è atto di assoluta potenza, trarre
mossa da uno stato di bisogno? Non può. Ecco quindi la prima
raccomandazione. Imparate a praticare per servire un’idea
superiore e non il vostro ego. Chiedete nella misura dell’utile, in
quanto è nella morigeratezza che il saggio riconosce il buono e
l’utile. Sappiate indagare sui vostri agiti, sulle vostre necessità e
smascherate quei pensieri e quelle azioni di forma nobile, ma che
nascondo una delle sette teste del dragone chiamato ego.
Inoltre, amici miei, un’ultima raccomandazione. Il luogo dove
praticare è essenziale. Esso deve essere un luogo scevro da
cattivi odori, da disordine, da commistioni e da quanto a livello
quaternario possa esaltare agenti inerziali ed opponenti alla
ricerca della Conoscenza. Questo luogo deve essere raccolto, ma
non angusto, deve essere santificato dalla vostra costante
presenza operativa e dal vostro pensiero teso alla ricerca di un
Sacro che si manifesta nell’uomo, ma che è posto oltre l’uomo e
la caduca manifestazione. Quindi individuate tale luogo,
purificatelo con l’incenso o il suono di una campanella, o una
preghiera o un rito a voi congeniale e date cadenza regolare alla
vostra pratica. Inoltre, e qui concludo, ricordatevi che TUTTO
E’ ENERGIA. Noi traiamo sostentamento da alimenti, ma noi
siamo alimento per altro. L’uomo inconsapevole si nutre
inconsapevolmente, e l’uomo inconsapevole è nutrimento per enti
consapevoli. Impariamo a ridurre il dispendio di energia,
rimuovendo il nostro eccesso nel parlare, nell’agire e
nell’organizzare il nostro pensiero. MODO INDICATIVO E
TEMPO PRESENTE, non cerchiamo altro e tutto troveremo
Ecco quindi alcuni utili esercizi con cui cimentarti nella tua
pratica quotidiana, e che ti offrono un seppur esiguo spaccato
del tipo di lavoro che noi suggeriamo.

AUTOSSERVAZIONE

L’autosservazione, nelle sue articolazioni introspezione e


retrospezione, è la capacità di ognuno di noi di determinare
quale parte della struttura psicologica, in che modo, in quale
tempo, e in quale luogo, sta agendo.
Fuggendo dalle ardite metafore, semplicemente possiamo
affermare che l'autosservazione è quel requisito operativo
necessario ed indispensabile, al fine di poter proseguire lungo la
via della nostra conoscenza intima.
Non è possibile procedere lungo il cammino interiore, senza
interrogarsi costantemente in merito al nostro stato
dell'essere. L'assenza di tale cognizione è paragonabile al
procedere lungo una strada avendo come mezzo di trasporto una
macchina di cui non conosciamo il funzionamento, e l'autonomia.
Purtroppo in genere assistiamo proprio a ciò: una moltitudine
esprime pensieri sofisticatissimi su Dio, il motivo della vita,
l'umanità, senza avere la minima cognizione di causa di se stessa,
infrangendo così l'antico monito: UOMO CONOSCI TE
STESSO.
Può ciò che è indeterminato e cieco rispetto a se stesso,
determinare e vedere ciò che per sua natura è posto oltre?
Sicuramente no.
Ovviamente ognuno di noi ha una capacità di autosservarsi in
base al proprio livello dell'essere. È necessario affermare che
sussistono i seguenti stati dell'essere:
Illico: una persona completamente avviluppata dalle cose di
questo mondo, preda di istinti, desideri e bisogni. Tale persona è
impedita, dalla propria struttura psicologica, ad intraprendere
qualsiasi percorso di autoconsapevolezza.
Psichico: una persona che è sottoposta sia alla pressione del
mondo esterno, sia alla spinta verso la conoscenza da parte
d’istanze interiori non completamente sviluppate, ma comunque
presenti e capaci di influenzare l'agire e la prospettiva.
Pneumatico: una persona che è completamente rivolta alla
conoscenza interiore, in grado di disporre in modo funzionale
della propria struttura psicologica, e rimanere così impermeabile
alle pressioni esterne.
È perfettamente ovvio che tali stati non sono dati ed
immodificabili, ma che ognuno di noi può transitare dal basso
verso l'alto, o dall'alto verso il basso.
Il primo esercizio utile per sviluppare l'autosservazione è la
chiave "SOLO".
Tale chiave è un acronimo composto dalle Soggetto - Oggetto -
Luogo - Ora.
Di ogni nostra azione, comportamento, pensiero, DOBBIAMO
essere in grado di rispondere alle seguenti domande:
Chi sta agendo?
Su cosa sta agendo?
In che luogo sta agendo?
In che tempo sta agendo?
Ogni tanto ci risvegliamo dal nostro sonno ipnotico, dalla
cantilena interiore, e ci chiediamo come abbiamo fatto a finire in
un dato luogo o in una data situazione. Il nostro sonnambulismo
determina che singole parti della nostra struttura psicologica
assumano, in modo transitorio e caduco, il comando del nostro
composito modo di essere umani. Spesso con risultati disastrosi,
spesso con esiti non voluti e disfunzionali. Tutto questo ci
impedisce di liberarci, di percorrere il percorso dell’Unione
Spirituale.
Esercizio
Questo primo esercizio consiste nel predisporre un allarme al
proprio orologio o cellulare, che si ripeta per cicli costanti (tre
ore, quattro ore, due ore, ecc.…). Ogni volta che la suoneria ci
riporta ad un sussulto di presenza chiedersi:
Chi ha compiuto l'azione precedente al suono della sveglia?
Cosa realmente si voleva ottenere con tale azione o tale
pensiero?
Dove mi trovo realmente, oppure tale azione o pensiero dove
stavano sviluppando la loro azione?
In che tempo gli effetti di questa azione andavano a maturare?
Esercizio
Un secondo esercizio è quello legato all'indagine attorno gli
accadimenti maggiormente significativi della nostra giornata.
Quando accade qualcosa che ritieni essere psicologicamente,
fisicamente o emotivamente rilevante prendi nota del luogo, del
modo, e del tempo in cui questo si è verificato. Successivamente
quando sei in un luogo adatto, rilassati e cerca di rivivere tutto
l'accadimento come in un film dove sei lo spettatore. Manda
avanti e indietro il filmato fino quando non ne avrai compreso la
meccanica, ogni singolo frame, ogni interazione. Poi riassumi in
una singola immagine. Ponila al centro della tua meditazione,
cerca di convogliare su di essa tutta la presenza, l’attenzione, il
pensiero e l’energia. Agisci come se tale immagine fosse il centro
di un vortice, e le varie onde la tua azione concentrica tesa a
comprenderla intimamente.
Entra dentro il fulcro di questa immagine, deflorala, ed osserva
cosa realmente c’è dietro: chi veramente l’anima e le imprime
forma e sostanza. Quanto apparirà è l'agente, la parte
psicologica, che ha ispirato l'accadimento di cui l'immagine è la
sintesi.

VISUALIZZAZIONE DELLA PIETRA E DEL LAGO

Fase I- Durante la giornata, raccogliete una pietra, cercando


di tenerla con voi il più a lungo possibile: manipolatela
lungamente, osservandone ed assorbendone in voi ogni aspetto,
sfumatura di colore, forma, peso, qualità. Studiatela
accuratamente.
Fase II- Assumete una posizione in cui il vostro corpo si possa
rilassare completamente. Eliminate ogni fonte di disturbo
attorno a voi, ed immergete la stanza nel buio e nel silenzio.
Se lo trovate piacevole, potete bruciare dell'incenso puro da
"chiesa", che ha la proprietà di liberare la stanza da eventuali
residui energetici negativi, e di distendere la mente.
Inspirate ed espirate profondamente, trattenendo per un breve
istante il respiro (va benissimo la respirazione armonica del
capitolo 1, praticata per qualche minuto prima di iniziare la
visualizzazione). Ricordate che rallentare il respiro porta a
modulare il battito cardiaco, ed aiuta a porre in silenzio la
mente. Vi deve essere quiete dentro di voi, in modo che possiate
porre in essere nei modi e nei tempi opportuni la visualizzazione.
La fantasia deve morire, l'Immaginazione deve nascere.
Il silenzio ed il buio vi aiuteranno ad immaginare di non essere
nella stanza, a dimenticare il luogo dove vi trovate, persino la
vostra identità nel mondo e la forma del vostro corpo.
Fase III- Immaginate di essere una roccia. La roccia è posta
al centro di un enorme lago, e solamente in lontananza si riesce a
scorgere la riva. Una riva molto, molto lontana, quasi indistinta…
La roccia è possente, imperiosa, dominante.
È immersa nel lago, ma è cosa diversa dal lago.
Immaginate adesso, che dalla base della roccia tanti anelli si
espandano lungo la superficie del lago. Questi sono anelli
concentrici e rappresentano la vostra energia che defluisce
attorno a voi: formando il vostro campo vitale, la vostra sfera di
percezione...
Ricordate: la fantasia è morta, l'Immaginazione è viva...
Non imponete le immagini alla mente, ma osservate. Osservate i
cerchi che si allontanano nell’acqua, la loro forma, l’ampiezza.
Prendete coscienza di ciò che vedete restandone distaccati
emotivamente. Restate qualche minuto in silenzio ed immobili.
Quando vi sentite pronti e percepite che la pratica è conclusa,
cioè che ha trasmesso il suo messaggio, sciogliete lentamente la
posizione e tornate gradualmente ad essere consapevoli del
vostro corpo.
Fase IV- Riflettete su quanto avete “veduto”.
Erano cerchi regolari?
Erano cerchi ampi?
La corrente o il vento li rimandavano indietro?
Come detto sopra, i cerchi rappresentano la nostra energia ed il
modo in cui essa si irradia da noi e prende contatto con il mondo
esterno. A seconda della loro forma ed ampiezza, della presenza
o meno di ostacoli (la corrente, ad esempio, che li fa tornare
indietro), possiamo dedurre la qualità e forza della nostra
energia ed il modo in cui ci relazioniamo agli altri, agli
avvenimenti, alle situazioni. L’intuizione ci deve guidare
nell’interpretazione di queste immagini in chiave simbolica. Non
esistono corrispondenze prefissate, il subconscio produce il tipo
di visualizzazione, la nostra parte più profonda è in grado di
comprenderla, interpretarla, operare alcuni cambiamenti in noi
senza rivolgerci ad altri che “leggano” per noi il significato di
ogni immagine.
VISUALIZZAZIONE DELLA PIETRA E DEL LAGO

Fase I- Durante la giornata, raccogliete una pietra, cercando


di tenerla con voi il più a lungo possibile: manipolatela
lungamente, osservandone ed assorbendone in voi ogni aspetto,
sfumatura di colore, forma, peso, qualità. Studiatela
accuratamente.
Fase II- Assumete una posizione in cui il vostro corpo si possa
rilassare completamente. Eliminate ogni fonte di disturbo
attorno a voi, ed immergete la stanza nel buio e nel silenzio.
Se lo trovate piacevole, potete bruciare dell'incenso puro da
"chiesa", che ha la proprietà di liberare la stanza da eventuali
residui energetici negativi, e di distendere la mente.
Inspirate ed espirate profondamente, trattenendo per un breve
istante il respiro (va benissimo la respirazione armonica del
capitolo 1, praticata per qualche minuto prima di iniziare la
visualizzazione). Ricordate che rallentare il respiro porta a
modulare il battito cardiaco, ed aiuta a porre in silenzio la
mente. Vi deve essere quiete dentro di voi, in modo che possiate
porre in essere nei modi e nei tempi opportuni la visualizzazione.
La fantasia deve morire, l'Immaginazione deve nascere.
Il silenzio ed il buio vi aiuteranno ad immaginare di non essere
nella stanza, a dimenticare il luogo dove vi trovate, persino la
vostra identità nel mondo e la forma del vostro corpo.
Fase III- Immaginate di essere una roccia. La roccia è posta
al centro di un enorme lago, e solamente in lontananza si riesce a
scorgere la riva. Una riva molto, molto lontana, quasi indistinta…
La roccia è possente, imperiosa, dominante.
È immersa nel lago, ma è cosa diversa dal lago.
Immaginate adesso, che dalla base della roccia tanti anelli si
espandano lungo la superficie del lago. Questi sono anelli
concentrici e rappresentano la vostra energia che defluisce
attorno a voi: formando il vostro campo vitale, la vostra sfera di
percezione...
Ricordate: la fantasia è morta, l'Immaginazione è viva...
Non imponete le immagini alla mente, ma osservate. Osservate i
cerchi che si allontanano nell’acqua, la loro forma, l’ampiezza.
Prendete coscienza di ciò che vedete restandone distaccati
emotivamente. Restate qualche minuto in silenzio ed immobili.
Quando vi sentite pronti e percepite che la pratica è conclusa,
cioè che ha trasmesso il suo messaggio, sciogliete lentamente la
posizione e tornate gradualmente ad essere consapevoli del
vostro corpo.
Fase IV- Riflettete su quanto avete “veduto”.
Erano cerchi regolari?
Erano cerchi ampi?
La corrente o il vento li rimandavano indietro?
Come detto sopra, i cerchi rappresentano la nostra energia ed il
modo in cui essa si irradia da noi e prende contatto con il mondo
esterno. A seconda della loro forma ed ampiezza, della presenza
o meno di ostacoli (la corrente, ad esempio, che li fa tornare
indietro), possiamo dedurre la qualità e forza della nostra
energia ed il modo in cui ci relazioniamo agli altri, agli
avvenimenti, alle situazioni. L’intuizione ci deve guidare
nell’interpretazione di queste immagini in chiave simbolica. Non
esistono corrispondenze prefissate, il subconscio produce il tipo
di visualizzazione, la nostra parte più profonda è in grado di
comprenderla, interpretarla, operare alcuni cambiamenti in noi
senza rivolgerci ad altri che “leggano” per noi il significato di
ogni immagine.
MEDITAZIONE RESPIRO

Per questa meditazione si consiglia di assumere una posizione


seduta, su di una sedia o sul pavimento, mantenendo la colonna
vertebrale e la testa dritte e allineate fra loro. Una volta deciso
per una data posizione, è necessario cercare di non muovere
nessun muscolo del corpo per tutta la durata dell’esercizio. Il
movimento, infatti, seppur lieve o involontario, disturba lo stato
di concentrazione indispensabile alla buona riuscita della pratica
e distrae la mente.
Resta con gli occhi chiusi, il più possibile rilassati. Può essere
utile, prima di entrare nel vivo dell’esercizio, concentrarsi
brevemente su ogni singola parte del corpo ed immaginare di
allentare qualunque tensione solo mediante la forza di volontà:
osservare ogni arto o muscolo che si abbandona ad una posizione
naturale e sciolta, mentre ogni tensione e contrazione non
necessaria dei muscoli ci abbandona.
Cerca di dimenticare temporaneamente tutte le tue
preoccupazioni, gli impegni, gli eventi della giornata, i progetti.
Una volta che il corpo è sistemato al punto da non recare più
disturbo, puoi iniziare a fissare l'attenzione sui rumori che
giungono da lontano, dall'esterno della stanza. Non avere fretta
di terminare le varie fasi dell’esercizio: ricorda che, quando si
pratica, il tempo non dovrebbe esistere nel nostro spazio di
coscienza risveglia. Capirai da solo quando avrai raggiunto lo
stato interiore desiderato e potrai quindi passare oltre in modo
naturale. Darsi un tempo prestabilito per la meditazione oppure
guardare l’orologio è un modo sicuro per inficiarne la buona
riuscita.
In seguito, restringi il campo di percezione alla dimensione della
stanza. Percepisci le pareti, il soffitto, il pavimento, gli eventuali
oggetti presenti vicini a te. Non si tratta di guardare con gli
occhi fisici, ma di prendere coscienza di questi spazi e questi
oggetti. Aiutati con l’immaginazione a ricostruire le immagini
nelle loro dimensioni reali, così come la ricordate.
Infine, percepisci te stesso seduto in meditazione, nella
posizione in cui ti trovi: vedi corpo, avverti la presenza fisica.
Lasciati pervadere dalla calma e dalla serenità.
Noterai che il respiro si farà più lento ma anche più evidente:
con dolcezza, lentamente, convogliate tutta la vostra attenzione
su di esso. Ogni altro pensiero di sorta deve essere ignorato,
dovrai essere completamente concentrati sul respiro, ognuno dei
sensi dovrà essere intento a percepirlo (tranne ovviamente la
vista, poiché gli occhi sono chiusi).
Raggiunto questo stato, in questa fase sarai certo di essere con
la tua consapevolezza nel presente. Nel qui e ora.
Quello che stai sperimentando é uno stato di coscienza diverso
dall’ordinario, un nuovo stato dell'essere. Avrai preso dimora
nella vostra coscienza e vi rimarrai con naturalezza e piacere fin
che ti sarà possibile.
Allenati al distacco rispetto all’attività emotiva della mente.
Devitalizza i pensieri semplicemente spogliandoli del loro
aspetto emotivo. In questo modo rimarranno utili nella vostra
memoria solo come un’esperienza, ma non ti disturberanno più.
Quando deciderai di terminare dovrai farlo gradualmente,
compiendo mentalmente il percorso a ritroso rispetto all'inizio
della pratica, muovendo con calma la concentrazione dal centro
del vostro essere alla periferia fino a che non riprenderai
coscienza del corpo fisico, della stanza, e alla fine dei rumori
che giungono dall'esterno.
Sciogli la posizione lentamente.
ELI ELI LAMA SABACTANI

All’interno dell’esoterismo occidentale occupa un posto centrale


la parola di potere:

Intere generazioni di esoteristi, di varie scuole, estrazione ed


epoche, si sono cimentate con questa formula, che si riferisce
alle ultime parole del Cristo Morente. La tradizione religiosa
riporta come quest’ultimo chiese al Padre il motivo per cui era
stato abbandonato, senza ricevere alcuna risposta. Invece di
disperarsi, di maledire gli uomini o imprecare Dio per tale sorte,
Gesù accetta il supplizio e si abbandona completamente alla
volontà del Padre. Esso trova quindi l’ultima iniziazione sulla
Croce. Questa iniziazione è il definitivo distacco dalle cose di
questo mondo, è il non chiedersi una ragione degli accadimenti, e
rivolgere il proprio essere ad un mondo superiore. Personaggi
fondamentali della tradizione esoterica occidentale (Krummer
Heller, Samael Aun Weor, Ambelain ecc..) hanno speso fiumi di
inchiostro e cesellato pratiche mistiche, tantriche e teurgiche
sulla centralità di Eli Eli Lama Sabactani.
Il mistero associato a queste parole (sulla cui grafia anche
Martin Lutero tende un prudenziale dubbio riportandole sia con
la Samech, sia con la Schin), è connaturato alla strutturazione
della stessa lingua ebraica biblica. La quale non prevede vocali,
ma solamente un flusso consonantico. L’assenza di vocali presta,
ogni parola, ad una molteplicità di risultati, interpretazioni,
camuffamenti e disvelamenti. Tale versatilità è stata ad ben
impiegata da cabbalisti quali Abulafia[1] attraverso le famose
permutazioni, le quali altro non sono che una forma cabalistica
dei mantra o delle parole sacre. Egli ricercava la parola occulta
nella parola e il suono nascosto nel suono. Attraverso questa
feconda opera simbolica e sonora distaccava la mente
dall’attaccamento dalle cose di questo mondo, riportandola
all’interno di un contesto più elevato.
Nella nostra particolare prospettiva, che ricordo essere quella
di uno gnostico, quindi essendo individuale non vincolante, il
significato occulto di questa sacra frase è:
”Padre Padre mi nutro dell’Antico Io. Padre Padre mi nutro
dell’Antico Niente.”
Forte è l’impatto emotivo. Forte è l’implicazione simbolica ed
immaginifica di queste parole occultate all’interno di un versetto
biblico. Tutto ciò ci deve portare a riflettere sull’inutilità della
scissione fra la nostra pratica e il patrimonio culturale e
religioso su cui affondano le nostre radici. In quanto corriamo il
rischio di privarci di utili strumenti ed elementi per la nostra
crescita spirituale.
Esercizio:
Troviamo una posizione comoda, diamo vita ad una respirazione
armonica dove ogni tempo (inspirazione, trattenuta ed
espirazione) è ben bilanciato. Travata, l’armonia respiratoria,
ripetiamo incessantemente questa formula.
Associare a tale pratica una visualizzazione, che vede noi stessi
centro dello spazio, dove progressivamente immaginiamo che
tutti gli elementi posti attorno a noi si dissolvano. Prima gli
oggetti lontani, e poi, a poco a poco, quelli sempre più vicini.
Quando nella nostra immaginazione percepiremo uno spazio
vuoto, iniziamo a dissolvere anche noi stessi, partendo dalle zone
maggiormente periferiche, fino a quando non saremo altro che la
formula stessa che stiamo mantralizzando.
Questa pratica porta notevoli benefici anche per calmare stati
di ansia, per liberarci dall’oppressione dei sentimenti, e per
sgombrare la nostra mente dalla massa tumorale e cacofonica
dei pensieri.
Il periodo migliore della giornata in cui procedere è sicuramente
la sera prima di addormentarsi, ne guadagneremo in lucidità
onirica e nella qualità stessa del sonno.

[1] Abramo Abulafia, nome italianizzato di Abraham ben Samuel


Abulafia (in ebraico: ‫ ;אברהם בן שמואל אבולעפיה‬Saragozza,
1240 – Comino, 1291), è stato un filosofo e mistico spagnolo di
origini e cultura ebraiche. È considerato uno dei maggiori
studiosi della Qabbalah dell'epoca medioevale. Uno degli aspetti
pratici del suo sistema prevedeva le cosidette “permutazioni”
delle lettere che compongono i nomi divini. Attraverso la
scomposizione e ricomposizione delle medesime, il loro studio e
“canto” riteneva che si potesse giungere a stati di coscienza
superiori e comprendere il significato occulto della Torah.

TERAPEUT
ICA

Nessun uomo è un'isola! Grande è questa verità, che ricorda -


con poche lapidarie parole - l'interconnessione esistente fra
tutti gli esseri umani. Una connessione che se vissuta
inconsapevolmente può condurre a grandi rovine, ma se compresa
nei suoi aspetti sottili può permettere ad ognuno di noi di
protendersi verso il cielo. Crediamo fermamente in ciò e al
contempo siamo consapevoli delle gravi limitazioni fisiche di
questi strani tempi e del loro corrosivo agire sull'articolata
composizione dell'uomo. In considerazione di ciò abbiamo deciso
di creare dei canali operativi-rituali per permettere a tutti
coloro che lo desiderano di poter intraprendere un percorso di
silenziosa ed individuale Opera Interiore. Oltre ad aver previsto
un percorso da "uditore" (uomini e donne che ancora non hanno
ricevuto la nostra iniziazione, ma che giornalmente operano
ritualmente), l'Ordine pone a disposizione alcune porte di
pratica strutturata. Una è quelle che segue:
All'Interno del Nostro Ordine sono operative “catene” atte a
garantire l’integrità e il benessere dei fratelli. Queste “catene”
sono composte da fratelli qualificati, che hanno saputo
dimostrare nel corso degli anni una particolare attitudine nei
confronti dei particolari compiti ad essi riservati. Costanti
purificazioni, meditazioni e pratiche rituali hanno permesso loro
di affinare quelle qualità ed abilità sottili che sono così adesso
poste al servizio della comunità tutta. Il loro lavoro silenzioso si
svolge in precisi giorni e date ore – per meglio sfruttare
determinate “coincidenze” energetiche - attraverso la
ripetizione di salmi accuratamente scelti e recitati in quelle
forme atte a svilupparne consapevolmente la millenaria energia
in essi raccolta. Sarà poi colui che regge la catena ad indirizzare
al meglio questo energie in forza delle esigenze del singolo o
della fratellanza. Purtroppo quello che a molti sfugge è la
comprensione del duro viatico necessario per lavorare realmente
e proficuamente in questo modo. Il lavoro rituale “in catena” non
è un premio e neppure un qualcosa di dovuto, ma il punto
terminale di una dura preparazione. Per questo amiamo ricordare
che la nostra via non è un orpello per l’ego dolorante, ma un vero
e proprio cimento all’interno di quel combattimento spirituale da
sempre in essere.
Uno di questo momenti operativi è rappresentato dalla “catena
terapeutica”. Alla sera del mercoledì, sotto gli auspici di
Raphael, i fratelli si accingono al collegamento eggregorico
attraverso i tempi, le cadenze, i gesti e gli strumenti che
compongono questo rito collettivo da cui si irradia una benefica
energia.
Fortemente crediamo che l’essere umano disponga non solamente
di un sistema immunitario “naturale”, ma anche – e soprattutto –
di un sistema immunitario dell’anima. Ovviamente essi sono cosa
unica nella loro azione protesa alla tutela e alla difesa di quel
composito mosaico che è l’uomo: l’uno agisce contro i patogeni
che aggrediscono il nostro corpo e l’altro contro l’azione degli
agenti – larve, eggregore malefiche, prevaricatori ecc. – che
insidiano la nostra anima.
Un’anima infestata da pensieri nocivi, da ossessioni e possessioni
– è questa la triplice azione mortifera perpetrata da questi
aggressori psichici – non tarderà ad indebolire il fisico,
determinandone la consunzione prematura e l’incapacità di
rinnovarsi. Ovviamente è nostro dovere agire per mantenere sani
i nostri sistemi immunitari, i quali sono il riflesso l’uno dell’altro.
Quindi come un’adeguata alimentazione, una sana attività fisica
ed elementari pratiche di profilassi innalzano le nostre difese
contro gli invisibili corruttori del corpo, altrettanto dovrebbe
essere posto in essere per la nostra salute animica. Tenersi
lontani dalla promiscuità psichica della folle, immergersi in
tempranti letture, porsi in ascolto di quei suono capaci di elevare
l’animo e allontanare quanto di pernicioso per il nostro equilibrio
mentale. Trattasi, riassumendo, di una corretta alimentazione
delle impressioni.
«Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola
che esce dalla bocca di Dio”»
Ecco quindi che possiamo vedere la nostra terapeutica sia come
una corretta alimentazione sottile, quel cibo supersostanziale di
cui necessità l’uomo, ma anche come quell’intervento mirato onde
sciogliere indebite pressioni e perniciose attenzioni.
Dopo ponderata riflessione, tenuto conto dei particolari e
funesti tempi in cui viviamo, abbiamo deciso di permettere a
tutti i viandanti lungo le vie della conoscenza di partecipare e di
beneficiare – nei limiti del loro impegno – alla nostra catena
terapeutica del mercoledì.
Nel caso vi sia una richiesta particolare inviaci una mail a
eremitadaisettenodi@gmail.com descrivendo l’afflizione –
premetto che la persona dovrà non solo essere informata della
terapeutica, ma aver espresso la sua volontà di riceverla – e
motivando tale necessità.
Qualora si intenda partecipare a supporto della terapeutica e
raccoglierne i frutti e le benemerenze spirituali, si segua questo
semplice rituale in un’ora compresa fra il tramonto e la
mezzanotte:

LA PRATICA
Si stampi e si ripassi a mano il particolare simbolo di cui
all’indirizzo, esso è il tramite grafico che ti permetterà di avere
un collegamento e un supporto con la catena terapeutica
altrimenti ermeticametne chiusa. Disponi il simbolo sotto un
lume, che accenderai con un fiammifero. Il luogo dove
eserciterai questo breve ma intenso rituale deve essere
appartato, adeguatamente arieggiato e precedentemente
purificato tramite incenso, preghiera o suono di campanella.
1. Fare 3 volte il segno della Croce.
2. Porre il simbolo sotto il lume.
3. Accendere il lume e fissa fortemente la fiamma.
4. Recitare con le braccia conserte sul petto quanto segue: “In
princípio erat Verbum, et Verbum erat apud Deum, et Deus erat
Verbum. Hoc erat in princípio apud Deum. Ómnia per ipsum facta
sunt: et sine ipso factum est nihil, quod factum est: in ipso vita
erat, et vita erat lux hóminum: et lux in ténebris lucet, et
ténebræ eam non comprehendérunt.”
5. Stendere le braccia tese innanzi a te, con i palmi delle mani
rivolti all’esterno.
5.a se c’è una persona sofferente visualizzarla.
5.b se non c’è una persona sofferente rivolgere la
consapevolezza verso il dolore che investe ogni forma di vita.
6. Tracciare mentalmente o su di un foglio la chiave angelica di
Raphael:

7. Recitare il SALMO 40
2 Beatus qui intelligit super egenum, et pauperem: Dominus in
die mala liberavit eum.
3 Dominus conservet eum, et vivificet eum, et beatum faciat
eum: et emundet de terra animam ejus; et non tradat eum in
manus inimici ejus.
4 Dominus opem ferat illi supra lectum doloris ejus: universum
stratum ejus versasti in infirmitatem ejus.
5 Ego dixi: Dominus miserere mei: sana animam meam, quoniam
peccavi tibi.
6 Inimici mei dixerunt mihi mala: Quando morietur, et periet
nomen ejus?
7 Et ingrediebantur ut viderent; vane locutum est cor eorum,
congregaverunt iniquitatem sibi. Egrediebantur foras, et
loquebantur
8 simul in unum. Susurrabant omnes inimici mei adversum me:
cogitabant mala mihi.
9 Verbum iniquum mandaverunt adversum me: Nunquid qui
dormit non adjiciet ut resurgat?
10 Etenim homo pacis meae, in quem speravi: qui edebat panes
meos, ampliavit adversum me subplantationem.
11 Tu autem Domine miserere mihi, et resuscita me: et
retribuam illis.
12 In hoc cognovi quoniam voluisti me: quoniam non gaudebit
inimicus meus super me.
13 Propter innocentiam autem meam suscepisti me: et
confirmasti me in conspectu tuo in aeternum.
14 Benedictus Dominus Deus Israel a saeculo, et in saeculum:
fiat, fiat.
8. Concludere con una preghiera a cui si è particolarmente legati
e che sia complementare a questo particolare lavoro.
9. Spegnere il cero.
10. Fare 4 volte il segno della Croce.

(ovviamente questa pratica potrà essere svolta in ogni momento


in cui si avverta la necessità di un’infusione di energia benefica e
ristoratrice)
RICAPITOLA
ZIONE

A. Ricapitolazione della giornata


Ogni sera, prima di addormentarvi, rivedete lo svolgimento della
giornata in modo retroattivo, cioè partendo dall'istante
presente fino all'istante preciso dove avete avuto
consapevolezza di svegliarvi. Rivivete alla rovescia il film della
vostra giornata in tutti i suoi dettagli. Rivivete al contrario la
concatenazione degli avvenimenti, dei pensieri, delle sensazioni.
Siate totalmente presenti alla sensazione di quello che è stato
percepito, vissuto, istante per istante.
All'inizio della pratica è molto probabile che vi addormentiate
prima di arrivare all'istante in cui vi siete svegliati al mattino.
Perseverate.
Praticate questo esercizio per almeno un mese, ogni sera.

B. Ricapitolazione di tutta la vita


Pur continuando il vostro studio e le vostre pratiche abituali,
dedicatevi nel modo più continuo possibile alla seguente pratica,
che può durare parecchie settimane o alcuni mesi.
Fase 1: Ricordarsi
Ogni giorno, prendete un tempo per catalogare gli avvenimenti
della vostra vita.
Su uno quaderno nuovo fate tre colonne:
- Nella prima, scrivete cronologicamente gli avvenimenti
importanti della vostra vita in modo obiettivo e senza commento,
semplicemente i fatti.
- Nella seconda, notate le impressioni (piacevoli, sgradevoli,
neutre) che sono associate a tutti questi avvenimenti.
- Nella terza, annotate in che cosa questi avvenimenti sono
ancora vivi nella vostra vita attuale. Notate minuziosamente
ciascuno dei questi avvenimenti, negli aspetti positivi e negativi.
Traetene le conclusioni e guardate la vostra vita in modo
diverso.
Fase 2: Ricapitolazione energetica
- Dopo avere riletto per intero la storia della vostra vita,
prendete ciascuna delle situazioni chiave di questa e procedete
così:
- Ricapitolate solamente una situazione per seduta.
- Sistematevi comodamente. Procedete al rituale personale che
vi metterà nelle condizioni favorevoli.
- Rivivete mentalmente una situazione dove eravate totalmente
presenti a voi stessi, nel pieno possesso delle vostre facoltà.
- Poi, rivivete la situazione passata che è stata oggetto della
ricapitolazione della seduta.
Lasciate le emozioni ad essa collegate: evidenziare, darsene la
spiegazione, disperdere.
- Ritornate alla situazione piacevole di riferimento, trasponete
questo stato nella situazione-problema, rivivete di nuovo la
situazione-problema ma con la sensazione della situazione
piacevole di riferimento.
- Lasciate le cose svolgersi senza interferire.
Fase 3: Liberazione
Quando avete ricapitolato così tutti gli avvenimenti della vostra
vita, piacevoli o sgradevoli, procedete così:
- Azione psicomagica: Decidete di un azione "psicomagica" che va
a ristabilire l'armonia nella "vostra" storia, nel "vostro" mondo e
liberarvi del passato.
Scegliete un numero di elementi poco importanti ma significativi,
essenziali, vitali per voi. Con questi elementi elaborate un
"rituale" che va ad agire al tempo stesso sulla realtà concreta e
sulla realtà simbolica. Fissate in tutti i dettagli, il luogo, i gesti,
le parole, la durata…. Fate ciò che corrisponde alla risoluzione
della situazione: gesti simbolici ma concreti nei confronti di
certe persone, di certi avvenimenti.
Il giorno previsto, procedete esattamente come convenuto. Non
parlate a nessuno di quello che fate, non date nessuna
spiegazione ad altri, fate, dite ciò che dovete a fare, dite senza
spiegazioni.
Una volta fatto questo, redigete una lettera che riferisca lo
svolgimento di questa operazione e speditevi questa lettera per
posta.
- Rituale di liberazione: una volta che avete proceduto così alla
ricapitolazione storica, energetica e psicomagica di tutta la
vostra vita, liberatevi di voi stessi procedendo ad un rituale
personale dove andate a bruciare il "libro dei vostri
condizionamenti".
VISUALIZZAZIONE L'ALBERO SULLA COLLINA

Fase I- Preparazione
Trovate una posizione grazie alla quale il vostro corpo si possa
rilassare completamente.
Eliminate ogni fonte di disturbo attorno a voi, immergete la
stanza nel buio e nel silenzio.
Scivolate ora lentamente nel silenzio interiore.
Se lo trovate piacevole, bruciate dell'incenso puro, in modo da
liberare la stanza da residui energetici negativi. Inoltre, l'odore
dell'incenso aiuta a distendere la mente.
Cominciate una respirazione lenta ed armonica, con una breve
fase di trattenuta. Rallentate il respiro mediante la vostra
volontà, e di conseguenza rallenterà il battito cardiaco; lo stato
così raggiunto favorirà il silenzio della mente. È importante che
vi sia quiete dentro di voi, allo scopo di porre in essere nei modi
e nei tempi opportuni la visualizzazione.
La fantasia deve morire, l'Immaginazione deve nascere. Adesso
siete in silenzio, è tutto nero attorno a voi. Immaginate di non
essere nella stanza, immaginate che il vostro corpo non abbia
alcuna forma.
Fase II- Visualizzazione
State camminando lentamente lungo un sentiero che si snoda in
una pianura brulla, circondata da colline che impediscono di
vedere l’orizzonte. Cercate di “vedere” realmente queste
immagini, di essere immedesimati nella scena ma allo stesso
tempo di lasciare che si crei spontaneamente sullo schermo della
vostra mente. Quanti più particolari della scena riuscirete a
visualizzare (forme, colori, sensazioni anche tattili), tanto più
profonda risulterà la pratica e migliore la riuscita dell’esercizio.
Approfittate di questo paesaggio in un certo senso monotono,
regolare, per ricapitolare ogni oppressione della vostra mente:
rendetevi conto di quali e quanti pensieri si presentano, dategli
un nome e soffermatevi brevemente su di essi, infine lasciate
che si allontanino e scompaiano restando consapevoli che non
sono parte di voi.
La strada lentamente vi conduce verso una grande collina, posta
in lontananza innanzi a voi, sulla cui vetta si erge un grande
albero ricco di foglie.
Giunti ai piedi della collina, iniziate a salire, avvertendo come la
fatica assale il vostro corpo e, di conseguenza, la vostra mente
vi chiede di rinunciare; con la forza di volontà riuscite ad
allontanare anche queste sensazioni.
Arrivate alla sommità, e vi ponete seduti, a gambe incrociate,
innanzi all’imponente albero.
Osservate: il tronco è possente, nodoso e scuro, e sette rami
contorti si stagliano verso il cielo, impedendovi di vedere il Sole.
Ogni ramo è ricco di foglie, ma esse sono secche, di diverse
tonalità di giallo e marrone, avvizzite e consumate. Osservate
con maggiore attenzione: vedrete un brulichio di vermi ed insetti
che pasteggiano e prosperano su di esse, una moltitudine di
esseri che infestano i rami dell’albero e si nutrono delle foglie,
voracemente.
Associate ad ognuno dei sette rami uno dei grandi problemi o
preoccupazioni che vi opprimono in questo periodo, e che
ritenete dreni la vostra energia vitale; associate ad ognuna delle
foglie un pensiero connesso a questo problema. Immaginate
adesso che la vostra volontà riesca a muovere un alito di vento, e
che le foglie lentamente comincino a cadere al suolo.
Ripetete lo stesso processo per tutti e sette i rami dell’albero,
concentratevi sui punti critici che identificate nella vostra vita,
osservate in ognuna delle singole fasi i pensieri, ed il modo in cui
la vostra volontà riesce a provocare un cambiamento (la caduta
delle foglie).
Al termine, visualizzate la luce del Sole che finalmente riesce a
filtrare, sentitene il calore sulla pelle. Sperimenterete una
sensazione di pace e leggerezza.
Fase III - Implementazione
Come nel caso dell’esercizio precedente, l’utilità pratica
dell’esercizio sarà piena soltanto se saremo capace di trasporre
nella vita di tutti giorni ciò che abbiamo osservato e compreso
grazie a questa pratica: i problemi che identificavamo con i rami
e le foglie, che ci portano via tempo ed energia, ma anche (e
soprattutto) il modo in cui la volontà di cambiamento produce dei
risultati. Una volta identificate le criticità, le situazioni che
desideriamo modificare (siano esse interiori o esteriori), solo
uno sforzo cosciente ci potrà alleggerire e, come nell’esercizio,
permetterci di rivedere “la luce del Sole”.
LA PREGHIERA SUL CUORE

Carissimo viandante lungo le vie della conoscenza, eccoci giunti al


perno della pratica della preghiera consapevole. Fino adesso
abbiamo intravisto molteplici nobili impieghi di questo
formidabile strumento. Nessuno di questi è però in grado di
offrire delle gemme dalla fattura così elevata, quali quelle
donateci dalla Preghiera del Cuore.
Nella tradizione iniziatica il cuore è la sede dell’anima dell’uomo.
E’ il luogo dove il nostro veicolo sottile deve essere costruito
attraverso le pratiche di alchimia interiore; e preservato dalle
deleterie influenze della nostra bassa istintualità e dall’azione
degli agenti di prevaricazione.
La narrazione mitologica egizia ci tramanda il mito della
psicostasia[1]. La rappresentazione più significativa di questa
pregnante narrazione, la ritroviamo nella tomba dell'alto
funzionario di stato Hennefer. Nella parte alta dell'affresco il
defunto invoca e prega i 42[2] Giudici di Maat, di cui sette sono
portatori del simbolo della Vita Eterna[3], affinché siano
clementi innanzi al suo definitivo giudizio. Successivamente il
defunto viene condotto nella sala della dea Maat, dove il suo
cuore, rappresentato dal simbolo del vaso canopi[4], viene posto
su di un piatto della bilancia. Contrappeso del cuore del defunto
è una piuma, che simboleggia la Verità.
Impassibile Il dio della saggezza, Thot, trascrive il risultato
della pesatura. Qualora l'anima del defunto sia meno pesante
della piuma egli è proclamato Maa-Kheru ( "giusto", o
"giustificato"). Qualora il cuore pesi più della piuma, verrà dato
in pasto ad Ammit (colei che ingoia il defunto): una mostruosa
chimera formata in parte da coccodrillo, da leone e da
ippopotamo.
L’importanza del cuore è ben presente anche all’interno della
tradizione cattolica. Riporto a titolo di esempio i seguenti
passi[5] che sono in perfetta sintonia con la tradizione
mitologica egizia[6].
«È il nostro centro nascosto, irraggiungibile dalla nostra
ragione e dagli altri; solo lo Spirito di Dio può scrutarlo o
conoscerlo. È il luogo della decisione, che sta nel più profondo
delle nostre facoltà psichiche. È il luogo della verità, là dove
scegliamo la vita o la morte. È il luogo dell’incontro, poiché, ad
immagine di Dio, viviamo in relazione: è il luogo dell’Alleanza[7]”.

Ovviamente, seppur in una prospettiva devozionale, viene


riconosciuta la centralità divina del cuore. Il quale è deputato a
luogo di incontro e di alleanza fra l’Uomo e Dio. E’ il cuore il luogo
che deve essere occultato e protetto da tutto ciò che è
estraneo e prevaricatore. In quanto è deputato ad essere lo
Spazio Sacro dove ufficiare la sacralità della scintilla divina che
arde in noi.

“La tradizione spirituale della Chiesa insiste anche sul cuore,


nel senso biblico di ‘profondità dell’essere’, dove la persona si
decide o no per Dio».
Ancora viene sottolineata l’importanza del cuore come luogo,
ovviamente non fisico ma spirituale e simbolico, dove l’uomo
compie la sua definitiva scelta. La quale, dico io, è fra il
perseguire una via volta alla conoscenza di se stesso, oppure
concedersi irreparabilmente al mondo della materia.

“Rm 2,14 Quando i pagani, che non hanno la Legge, per natura
agiscono secondo la Legge, essi, pur non avendo Legge, sono
legge a se stessi. Essi dimostrano che quanto la Legge esige è
scritto nei loro cuori, come risulta dalla testimonianza della loro
coscienza e dai loro stessi ragionamenti, che ora li accusano ora
li difendono. “

San Paolo, in questa lettera ai romani, suggerisce come la legge


divina, l’insieme delle norme spirituali e comportamentali per
riconciliarsi l’origine delle origini, è trascritta nel cuore di ogni
uomo. Essa è innata, per colui che ha occhi per vederla, e
bastevole per ristabilire l’unione fra il divino e l’umano.

Ovviamente non va dimenticato che tutto su questo piano è


ambivalente e duplice. Così il cuore, qualora l’uomo coltivi sani
principi e la sua vita è rivolta alla conoscenza, è il luogo della
divina unione. Altrettanto, qualora l’uomo persegua deleterie
inclinazioni ed è succube dell’azione degli arconti e delle
eggregore di questo mondo, è il regno delle emozioni.

La parola emozione deriva dal latino emotiònem, il cui significato


è agitare e smuovere. Ecco quindi che l’emozione è quell’insieme
di dinamismi e stati psicologici e fisici dove l’uomo reagisce
meccanicamente ad uno stimolo esterno o ad un ricordo di
stimolo. L’emozione utilissima qualora sia necessaria una risposta
immediata ad un evento deleterio od improvviso, risulta essere,
per la scarica di sostanze chimiche, un potente agente ipnotico.
Il quale ci condanna, da un lato, ad una vissuto non filtrato dalla
nostra volontà e dall’altro ad una sorta, nei casi gravi, di
assuefazione e necessità di sempre maggiori scariche emotive.

E’ attraverso le emozioni o il ricordo delle medesime, che a


livello biochimico produce eguale risultato, che le porzioni
psicotiche della nostra struttura psicologica ricercano
soddisfazione ed appagamento. L’emozione è il cibo di cui esse si
nutrano.

Ecco perché, come in precedenza evidenziato, è necessaria una


corretta alimentazione delle impressioni. Necessaria per l’uomo
qualunque per affrontare serenamente e coscientemente la vita.
Necessaria, soprattutto, per l’iniziato il quale deve liberarsi da
ogni sostanza ipnotica e dipendenza fisica o psicologica.

La Pratica
Carissimo amico potrai trovare in appendice di questo manuale
una raccolta di metodi legati all’esicasmo[8], mi permetto qui di
illustrarti, nei limiti delle possibilità offerte da questo mezzo
divulgativo, la pratica da me seguita.

Compi delle abluzioni.


Individua un luogo appartato.
Purifica l’ambiente con incenso.
Recita il Padre Nostro per tre volte, mentre fai ciò fai trillare il
suono di una campanella.
Immergiti nella penombra e rischiara lo spazio da te individuato
con la semplice luce di un cero.
Liberati di ogni indumento che ti stringe, costringe e ti cinge. I
tuoi piedi devono essere liberati dalla costrizione delle scarpe.
Poniti in ginocchi, oppure seduto nella posizione del faraone,
oppure sdraiato nella posizione del morto o dell’appeso.
Libera la tua mente da ogni pensiero, utilizzando se lo desideri
una delle pratica in precedenza esposte nel libro.
Dai vita ad una respirazione circolare, inspirando dalle narici,
rallentando costantemente il ritmo della medesima. Fino a
giungere ad un profondo stato di calma e quiete.
Poggia il tuo mento, nel caso che la tua posizione sia sdraiata
sorreggi la tua testa con dei cuscini, sul petto.
Giunto allo stato di calma fisica e psichica desiderata ripeti
costantemente:
“Cristo Re ti dono il mio cuore donami il tuo cuore”[9]

[1] Tale immaginario sacro è presente anche nella tradizione


figurativa cristiana. Ho potuto ammirare la rappresentazione di
un Angelo pesare le anime dei defunti, e un diavolo pronto a
divorare quelle che non superavano la prova. ( Badia di
Montepiano, Provincia di Prato)
[2] È il numero di generazioni intercorrenti tra Abramo e Gesù
Cristo nel Vangelo secondo Matteo. Alle volte il Nome di Dio
viene trascritto con 42 lettere. Nell'Apocalisse biblica, l'impero
"che assomiglia all'Impero Romano" regna sulla Terra per 42
mesi. È il numero dei comandamenti (o regole) della divinità
egiziana Maat. Nell'antico testo cinese Tao Te Ching di Lao Tzu
il capitolo 42 contiene una spiegazione dell'universo.
[3] L'ankh (☥), conosciuto anche come chiave della vita o croce
ansata. Il numero sette rappresenta l’incontro fra il quaternario
e la sacra triade. Il suo sviluppo geometrico dona il pentacolo,
che a sua volta rappresenta l’uomo realizzato.
[4] I Vasi canopi, o canopici erano usati nell'Antico Egitto per
conservare le viscere estratte dal cadavere durante la
mummificazione e rappresentavano una costante caratteristica
funebre egizia. Vasi canopi provenienti dalla tomba di Ty (XIX
dinastia).
[5] Tratti da: “Catechismo della Chiesa Cattolica - La preghiera
nella vita cristiana”
[6] Da studioso dello gnosticismo ritengo che la sapienza
dell’Antico Egitto, tramite la scuola gnostica alessandrina, sia
stata inserita all’interno della narrazione Cristiana.
[7] Significa legare assieme con un patto.
[8] L'esicasmo (parola greca dagli ampi significati: calma, pace,
tranquillita, imperturbabilità) e una pratica ascetica diffusa tra
i monaci cristiani oritali fin dal IV secolo dopo cristo. La pratica
consiste nel riptere « Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi
pietà di me, peccatore! » incensantemente seguendo il ritmo del
respiro.
[9] Nel caso in cui tu decida di dare corpo sonoro a tale
invocazione/preghiera, progressivamente sfuma la pratica in una
ripetizione esclusivamente mentale. Trascrivi comunque, al
termine della pratica, i tuoi stati fisici/psichici/spirituali
cercando di individuare dei cambiamenti in essi.
PRATICA TETRAGRAMMATICA

Molti si avvicinano alla “parola sacra” con eccessivo timore


devozionale. Altri si allontano da essa in quanto la considerano
retaggio della tradizione religiosa. La verità non risiede
nell’afflizione e neppure nell’affidamento, essa trova
collocazione in quella santa sintesi che è la pratica.
Indubbiamente generazioni di devoti e schiere di sacerdoti
hanno caricato le “parole sacre” di energia e sono riusciti a
traghettarle fino a noi. Altrettanto indubbiamente in esse forte
è il potere immaginifico, basta solamente pensare ad esse e la
narrazione mitologia e religiosa trova inizio e sviluppo. L’iniziato,
quello autentico, deve però saper scorgere in esse un utilizzo
maggiormente fecondo dell’affidamento devozionale e della
piatta lettera religiosa. Egli deve intravedere, e
successivamente averne certezza con la pratica, la funzione di
potente “formula” che tali parole detengono. La formula è quel
processo attraverso cui un termine noto, soggetto a operazioni,
determina un termine ignoto. Il quale è mutevole, in quanto
soggetto alla varietà delle operazioni stesse.
Caro amico la “Parola Sacra” è Formula grazie alla pregnanza di
significati e sfumature che ben tratteggiano il pensiero che,
l’argonauta dello spirito, riserva a queste sacre lettere. Per
aiutarti a comprendere pienamente questa “intuizione” ecco
quindi i significati della parola formula applicati al Nome
Tetragrammatico[1]:
1. Essa (la formula) indica gli ingredienti che determinano un
composto. Ebbene questi ingredienti sono le lettere, in quanto, e
lo vedremo, indicano gli elementi formanti la manifestazione.
2. La formula è una frase di rito, che viene pronunciata durante
momenti solenni. Evidentemente ogni vero iniziato sa, o
dovrebbe sapere, che ogni rituale tradizionale è costellato di
queste parole.
3. Al contempo la formula è un insieme di segni e simboli di uso
convenzionale, che tramite l’interpretazione di colui che sa
leggerli forniscono utili informazioni in merito agli elementi, e
alle loro relazioni.
4. Infine la formula è un’espressione simbolica che sottintende
delle operazioni, attraverso le quali è possibile, dati elementi
certi e conosciuti, giungere a dei risultati.
Venendo adesso alla formula tetragrammatica[2] essa risulta
essere formata da quattro lettere, la cui dinamica e progressiva
generazione rappresenta il dispiegamento polare della
manifestazione.

Iod) questo è il seme della creazione. In genere è associata ) ‫י‬


all’elemento fuoco o aria (io prediligo quest’ultima attribuzione in
quanto l’elemento fuoco, su questo piano, necessita della
combinazione dell’elemento terra e dell’elemento aria per potersi
(sprigionare

Forma: un semplice punto. Segreto del "Tzimtzum" (Restrizione).


"Shkorà ani ve naavà"( Cantico dei Cantici 1,5) ("sono scura ma
bella").
Nome: mano, spazio. Capacità di afferrare concetti, intelligenza,
sapienza " kulam be chokhmà assita" (Salmo 104,24) "tutto hai
fatto con sapienza". Capacità di dare : "apre la sua mano e dà ad
ogni vivente" (Salmo 145,16). Oppure: amico, capacità di dare la
mano.
Numero: Dieci. I Dieci detti della creazione . Dieci
Comandamenti. Dieci è il numero del compimento massimo. Le
dieci Sefirot. Dieci diversi gruppi di anime: i capi, i sapienti, i
saggi, coloro pieni di grazia, i forti, coloro che mostrano come
vivere secondo la Torà, i profeti, coloro che hanno visioni, i
giusti, i re.[3]

Hé) questo è lo spazio fisico della creazione. In genere è )‫ﬣ‬


è invece associata ‫ ﬣ‬associata all’elemento terra. La seconda
all’elemento acqua[4], a rappresentare il dinamismo della
.creazione nel suo eterno divenire

Forma: le tre dimensioni dello spazio, simbolo della rivelazione di


ogni idea nascosta. I tre rivestimenti della potenza dell'anima:
Pensiero, Parola, Azione. Immanenza di Dio nella creazione.
Nome: 'Nihieti'= espressione di dolore. Hey è la lettera della
manifestazione della realtà separata, della nascita. Il pianto del
neonato. Hey è anche il grido di sorpresa alla rivelazione della
Divinità insita nella creazione.
Numero: Cinque. I cinque pianeti visibili. I cinque livelli
dell'anima (Nefesh, Ruach, Neshamà, Chayà Yechidà). I cinque
libri della Torà (Pentateuco). Numero dell'auto-espressione.
Vau) rappresenta il fuoco elementare o in altre interpretazioni)‫ﬣ‬
.l’elemento aria

Forma: un pilastro. Una persona eretta. Il 'pilastro centrale'


(amuda de emtzaita ), la linea della verità che attraversa
l'intera realtà. La colonna vertebrale, lungo la quale il seme
discende dal cervello all'organo sessuale.
Nome: 'uncino'= ogni parte della realtà possiede degli 'uncini',
dei 'ganci', che sono la sua connessione potenziale con ogni altra
parte o dettaglio. Capacità dell'anima di connettersi con altre
anime.
Numero: Sei. I sei giorni della creazione. Le sei direzioni dello
spazio. Numero dell'attività lavorativa. Le sei emozioni del cuore
(Amore, Timore, Misericordia, Sicurezza, Semplicità, Verità).

E’ quindi con il verbo (Iod) che si crea lo spazio (la prima Hé) ,
attraverso il fuoco (Vau) si generano gli stadi elementali che
defluiscano (la seconda Hé) in ogni dove.

Esercizio:

Trova una posizione comoda e rilassata, sgombra la tua mente da


ogni pensiero e dai vita ad una respirazione regolare e fluida.

Visualizza l’immagine qui rappresenta, facendola coincidere con il


tuo corpo.

Dai vita ad una progressione ritmica mantralizzando la formula


tetragrammatica.

[1] Quanto detto, ovviamente, vale anche per il successivo nome


pentagrammatico.
[2] La Jewish Encyclopedia riporta: « è possibile determinare
con un buon grado di certezza la pronuncia storica del
Tetragramma, e il risultato è in accordo con l'affermazione
contenuta in Esodo 3:14, nel quale la radice verbale si rivela
come "Io sarò", una frase che è immediatamente preceduta
dall'affermazione completa "Io sarò ciò che sarò", oppure, come
nelle versioni in italiano (o in inglese) "Io sono" e "Io sono ciò
che sono". Il nome deriva dalla radice del verbo essere, ed è
visto come un imperfetto. Questo punto è decisivo per la
pronuncia poiché l'etimologia è basata in questo caso sulla parola
nota. Gli esegeti più antichi, come Onkelos, i Targumin di
Gerusalemme e lo pseudo-Gionata considerano Ehyeh e Ehyeh
Asher Ehyeh come il nome della Divinità, e accettano
l'etimologia di hayah: "essere"[»
[3] Le sezioni forma/nome/numero sono tratte dal sito, di cui
consiglio la lettura, www.cabala.org
[4] In natura l’acqua è la risultante dell’azione del fuoco
sull’elemento aria. L’elemento acqua, come ogni altri elemento,
viene poi raccolto dall’elemento terra.

MEDITAZIONE DEI
28 GIORNI
Nessun uomo è un'isola! Grande è questa verità, che ricorda -
con poche lapidarie parole - l'interconnessione esistente fra
tutti gli esseri umani. Una connessione che se vissuta
inconsapevolmente può condurre a grandi rovine, ma se compresa
nei suoi aspetti sottili può permettere ad ognuno di noi di
protendersi verso il cielo. Crediamo fermamente in ciò e al
contempo siamo consapevoli delle gravi limitazioni fisiche di
questi strani tempi e del loro corrosivo agire sull'articolata
composizione dell'uomo. In considerazione di ciò abbiamo deciso
di creare dei canali operativi-rituali per permettere a tutti
coloro che lo desiderano di poter intraprendere un percorso di
silenziosa ed individuale Opera Interiore. Oltre ad aver previsto
un percorso da "uditore" (uomini e donne che ancora non hanno
ricevuto la nostra iniziazione, ma che giornalmente operano
ritualmente), l'Ordine pone a disposizione alcune porte di
pratica strutturata.

Una di queste pratiche strutturate è la cosiddetta “Meditazione


dei 28 giorni”. La cui finalità è quella di permettere al praticante
di avere un congruo strumento per valutare il proprio livello
dell’essere, guardando senza ipocrisia se il suo quotidiano agire è
sorretto o è congruo con le proprie aspirazioni spirituali. Il
ripetere, nel corso del tempo, questa “meditazione” potrà
fornire un’utile una serie di immagini interiori, da cui trarre
eventuali segnali di progressione o regressione.
Si esegue per 28 giorni consecutivi alla fase di LUNA NUOVA.
Ognuno dei 14 semi pensiero ha validità di due giorni, dovrà
essere letto, compreso in ogni sua singola parola e meditato.
L’attenzione deve essere vigile nell’osservare, controllare e
dominare quanto caratterizza il seme pensiero. Ciò sarà d’aiuto a
conformare le azioni del quotidiano all’intento perseguito.
Durante la giornata appuntare pensieri, considerazioni,
riflessioni, atti e quant’altro si ritenga opportuno. Non è
essenziale eseguire la meditazione ad un’ora prefissata di
ciascun giorno; tuttavia si suggerisce, per mantenere un naturale
ritmo, la costanza del luogo e dell’ora prescelta. La sera, prima
di addormentarsi, è consigliato compiere una retrospezione
sull’andamento della giornata. Consigliamo un luogo appartato,
riservato e silenzioso.
Si stampi e si ripassi a mano il particolare simbolo di cui
all’indirizzo, esso è il tramite grafico che ti permetterà di avere
un collegamento con gli altri viandanti intenti in questa pratica.
Si ponga il simbolo sotto un lume bianco e si proceda ad
accendere il lume.
In seguito dare lettura del seme pensiero corrispondente al
giorno.
Al contempo si consiglia di non leggere i semi pensiero successivi
a quello in vigore, onde evitare “confusione” e “suggestione”.
Contro il desiderio di potenza
(1° e 2° Giorno)

Vi sono due specie di miracoli: quelli naturali e quelli


soprannaturali. L’esoterismo studia, fra gli altri problemi più
importanti, i mezzi per produrre i miracoli naturali. Ma le
sue pratiche - sempre parziali perché umane - provocano
spesso confusione nello “spazio” immateriale e cagionano, a
lunga scadenza, delle reazioni negative.
Tutte le “operazioni” non sono cose infernali, come predicano
molti, ma per comandare alle forze naturali dobbiamo prima
essere padroni di noi stessi: se possediamo un potere
dobbiamo usarlo per il bene, mai per i nostri interessi.
Guardiamo sempre la nostra coscienza, che è il nostro
custode, cioè il riflesso di Dio, e, prima di qualunque azione,
chiediamo a Dio - attraverso la nostra coscienza - il
permesso di farlo.
Contro lo spreco
(5° e 6° Giorno)
Se io ricapitolassi ogni sera quanti gesti ho fatto, quante
parole inutili ho detto, quanti progetti ho gettato, quanti
progetti senza scopo ho rimuginato, quante forze ho
adoperato e distrutto per il mio vano capriccio, tale
ricapitolazione mi servirebbe per convincermi che chi spende
la propria forza e la propria intelligenza senza legittimo
motivo, richiama su dei sé la debolezza e l’imbecillità.
Devo quindi controllarmi, fare ogni cosa a suo tempo e con
cura, perché io sono parte integrante di un “TUTTO”
compatto e nulla si deve perdere delle energie che io
emetto.
Contro la vendetta
(9° e 10° Giorno)
Nessuno subisce l’odio e un insulto altrui senza averlo
meritato.
Se non vedo il motivo di questo odio o di quell’insulto vuol
dire soltanto che sono miope e la logica mi dice di perdonare
perché non si spegne un fuoco soffiandovi sopra e
aggiungendovi altro combustibile.
Solo così, con il mio doloroso perdono al quale obbligo il mio
amor proprio, provocherò quel lampo di luce che si poserà sul
cuore del mio nemico facendovi germogliare il rimorso e il
pentimento. Così agendo sarò veramente superiore,
conserverò, malgrado tutto, la serenità del mio aspetto, del
sentimento, del pensiero.

Contro l’elogio e il biasimo


(13° e 14° Giorno)
Non voglio essere un cacciatore di illusioni, uno di coloro che,
anziché cercare la testimonianza della propria coscienza,
cercano l’approvazione, l’elogio altrui e se ne beano. I
suffragi che si ricevono possono essere sinceri o ipocriti. Ma
i primi, con la loro genuina freschezza, sono più pericolosi
dei secondi. Non cercare l’elogio ed astenersi dal biasimo:
ecco quel che conviene se ci vogliamo giudicare con giustizia.
Anche perché l’affetto dei nostri amici li porta alla parzialità
e l’interesse dei lusingatori tende a sedurci a loro profitto.
Io non voglio che la virtù debba essere goffa e ridicola. Ma
che la dignità interiore trasparisca, che la purezza dei miei
pensieri dia linea al mio vestito, eleganza al mio portamento,
nobiltà ai miei gesti e al mio parlare.
Contro la menzogna
(17° e 18° Giorno)
L’astuzia, l’ipocrisia, non servono che il male; se do la mia
parola con il beneficio d’inventario, creo una scissione tra il
mio pensiero e l’atto, fra un sentimento interno e quello
esterno.
E ciò rappresenta un suicidio morale. Se rispetto la mia
parola, non facendola servire a nulla di inutile, di falso, di
egoistico (cioè dandola soltanto quando essa si presta a
qualcosa di utile e giusto), essa si purificherà e diventerà ciò
che era all’origine: creatrice e taumaturgica.
Sarà, per coloro che l’hanno richiesta, una benedizione attiva
e vivificante. Per questo sarò sincero nei miei pensieri, nelle
mie parole, nelle mie opere.

Contro la menzogna
(17° e 18° Giorno)
L’astuzia, l’ipocrisia, non servono che il male; se do la mia
parola con il beneficio d’inventario, creo una scissione tra il
mio pensiero e l’atto, fra un sentimento interno e quello
esterno.
E ciò rappresenta un suicidio morale. Se rispetto la mia
parola, non facendola servire a nulla di inutile, di falso, di
egoistico (cioè dandola soltanto quando essa si presta a
qualcosa di utile e giusto), essa si purificherà e diventerà ciò
che era all’origine: creatrice e taumaturgica.
Sarà, per coloro che l’hanno richiesta, una benedizione attiva
e vivificante. Per questo sarò sincero nei miei pensieri, nelle
mie parole, nelle mie opere.

Contro la storditezza e l’impazienza


(21° e 22° Giorno)
Imprudenza, imprevidenza, irriflessione, incostanza,
negligenza, dimenticanza sono altrettanti difetti di
attenzione che derivano dall’impazienza e che conducono alla
caduta, allo scoramento, all’esaurimento.
L’impazienza è una perdita di forza: che essa nasca da un
ostacolo esterno o dalla mia goffaggine o presunzione, essa
ritarda il risultato che insegue. Accrescere la potenza di
attenzione è sorgente di pazienza, e la pazienza fonte di
dolcezza, tenacia, oculatezza.
Gli adepti possiedono i metodi per aumentare la potenza di
attenzione, per calmare la fretta, moderare le
effervescenze, liberare il pensiero.
Chi non possiede questi metodi diventa un tiranno che
distrugge e semina disordine.
Io voglio essere un adepto e non un seminatore di discordia.
Contro l’insubordinazione

(25° e 26° Giorno)


Le resistenze, i rifiuti, le discussioni, il broncio, le
impazienze, le rivolte, le mormorazioni sono aspetti diversi
dello stesso spirito di personalismo. L’essere umano, lo
stesso Dio e il verme della terra non nascono quaggiù che per
imparare ad obbedire.
La rivolta conduce alla perdizione.
Se la legge alla quale debbo obbedire mi appare ingiusta, la
mia rivolta non farà che rafforzarla.
Se invece sono così padrone di me da obbedire senza sforzo,
nessuno avrà più il potere di comandarmi.
Contro la pigrizia
(3° e 4° Giorno)

Vi è una pigrizia profonda che impedisce ogni cosa, ma ve n’è


una più comune che spinge ad evitare i lavori noiosi.
La prima è pressoché incurabile, la seconda si può guarire.
Ma io so che qualunque lavoro è profittevole.
Se io giudicassi il mio lavoro indegno di me, non sarebbe
forse perché non ne comprendo il significato?
Lamentarsi è indebolirsi. Farò dunque il mio lavoro anche se
mi costerà qualche sacrificio. E voglio d’ora in poi lottare
contro tutte le inerzie, siano esse in me o fuori di me.
Contro l’egoismo
(7° e 8° Giorno)
La mia intelligenza e le mie energie sono poste in moto solo
dall’impulso che proviene dal centro che muove i miei
desideri.
Dovrò quindi scrutare i movimenti delle mie azioni scartando
tutti quelli che non mi sembreranno indipendenti da una
qualsiasi forma di egoismo. Soltanto allora il mio operato
sarà sano, vivo, armonioso. La regola è dunque quella di
servire l’Essere Supremo.
Contro la cupidigia
(11° e 12° Giorno)
Si può essere avaro e cupido senza essere ricco.
Qualunque passione è cupida: chiunque accaparra felicità,
ricchezza, notorietà o qualsiasi altra cosa per sé stesso
defrauda gli altri.
Non prenderò dunque alcuna altra cosa oltre quello che mi
necessita, ma quando darò imiterò sempre la divina
provvidenza che, ai suoi doni, aggiunge sempre qualcosa di
più.
Aggiungerò anch’io, alle mie rinunce, il superfluo di un sorriso
o di una parola affettuosa perché, non ammassando cose
spiritualmente improduttive, mi sentirò più leggero e più
felice.
Contro la maldicenza
(15° e 16° Giorno)
I vizi ed i difetti del mio prossimo mi turbano, mi urtano,
provocano in me un senso di ripugnanza. Ma non ho anch’io
vizi che ritengo virtù e difetti che penso siano pregi? Con
quale diritto e con quale sicurezza posso io criticare,
disprezzare i difetti altrui? Forse che gli altri non ritengono
anch’essi che i loro vizi e difetti siano pregi o virtù?
Giudicare è comparare con la perfezione, ma io non sono
perfetto e ne consegue che il mio giudizio è difettoso,
quando non è falso. Così, se accuso altri, posso commettere
un’ingiustizia, incatenandomi a quel giudizio errato che si
rivolterà contro di me.
Contro la calunnia
(19° e 20° Giorno)
Calunniare qualcuno è un assassinio morale.
D’altra parte la vittima di una calunnia non dovrebbe
adontarsene. Chi mi può infatti attaccare se il mio destino
non lo autorizza a farlo? E se io stesso non gliene do il
diritto? Forse che io posso essere umiliato se non ne ho dato
l’occasione?
Non mi abbandonerò, dunque, ad alcuna delle passioni che
tiranneggiano, che spogliano e le cui esigenze, mai
soddisfatte, vorrebbero ridurre tutti gli uomini in loro
schiavitù.
Chi sa - e forse io potrei saperlo se avessi il coraggio di
guardare dentro di me - quante sofferenze ho fatto subire
agli altri, che avrebbero il diritto di rinfacciarmelo?
Contro la paura
(23° e 24° Giorno)
Che devo temere se nulla può accadere che io non abbia
meritato con il mio comportamento?
Se io mi comporto bene nulla ho da temere: chi può
attaccarmi è solo colui che è spiritualmente più forte di me,
ma, proprio in quanto tale, mi darà il suo aiuto.
L’inquietudine, il timore fanno impazzire l’intelligenza,
accecano l’intuizione, provocano la disgrazia.
Neppure il presentimento di una catastrofe deve turbare il
saggio quando il dovere lo chiama, perché Giustizia e
Misericordia stanno nelle mani di Dio.
Chi potrà turbarmi se il Maestro cammina con me?

Contro la disperazione
(27° e 28° Giorno)
Ciò che appesantisce le mie catene è che io non le credo
giuste: e più mi arrovello per liberarmene più esse mi
diventano pesanti.
Qualunque piccola contrarietà è sufficiente per scoraggiare
l’uomo che non ha la forza della rassegnazione e quella, più
potente, della Fede e della Speranza.
Se mi dispero è perché non ho saputo volere quando ciò era
necessario e non ho trovato la forza di farlo per mancanza
di Fede e di Speranza.
Devo quindi volere e sperare.

VISUALIZZAZIONE PENTALFA

“Ogni intuizione superiore alla conoscenza sensibile deve sempre


venir fissata dallo spirito in un simbolo, vale a dire in
un'immagine sensibile che la renda afferrabile e che sintetizzi
in sé le condizioni atte a rievocare, ove occorra,
l'intuizione originaria; così il simbolo trasforma quest'ultima in
un possesso stabile dello spirito, rievocabile e trasmissibile.”
(Piero Martinetti)

La Pentalfa o Stella a cinque punte, detta anche Pentagramma,


Pentagono, Pentacolo ed in numerosi altri modi, è un simbolo
antichissimo e potente dai molteplici significati. Tracciata con
una punta rivolta verso l'alto e circondata da un cerchio, è intesa
in molti ambiti esoterici come rappresentazione del Bene,
dell'ordine, dell'unità, della Volontà e potenza dell’azione, della
Luce Solare. Come nel celebre disegno di Leonardo Da Vinci, può
essere sovrapposta ed allo stesso tempo rappresentare una
figura umana, la cui testa corrisponde alla punta superiore,
mentre le altre quattro punte sono i suoi arti (come mostrato
nell’immagine). Esprime la perfetta proporzione e la volontà
dell’uomo che apprende come dirigere in modo armonico i
pensieri, le emozioni e le azioni. La Pentalfa è, in questo senso,
simbolo dell’uomo come microcosmo, potenzialmente in grado di
risvegliare le proprie energie e poteri allo scopo di reintegrarsi
nel Macrocosmo. È inoltre un potente simbolo di protezione, per
la sua essenzialità, semplicità e ricchezza di significato, utile ed
adatta per la meditazione tramite visualizzazione. Seguiranno
due differenti esercizi di visualizzazione della Pentalfa. È bene
eseguire il primo (più semplice) diverse volte, familiarizzare con
il simbolo ed acquisire dimestichezza prima di passare alla fase
successiva. Al termine di questo volume, la stella a cinque punte
verrà utilizzata per un terzo esercizio, stavolta in associazione
con dei mantra o parole di potere legate agli elementi.

Primo esercizio Procedi alla scelta di una


posizione adatta alla meditazione, al
completo rilassamento del corpo e della
mente. Crea uno spazio interiore di quiete, il
più possibile scevro di pensieri, in cui
operare. Si tratta di visualizzare tramite
l’immaginazione attiva la Pentalfa, tracciandola mentalmente
come se la voleste disegnare, cercando di “vedere” ogni sua linea
mentre si forma (consigliamo di immaginare il disegno come un
raggio di luce bianca, o di fuoco). Nella sua costruzione, dovrai
iniziare in modo alternato da ognuno dei cinque vertici. Ripeti
l’operazione cinque volte per vertice. Procedi sia in senso orario,
come in senso antiorario, e valuta eventuali difficoltà e
resistenze. Osserva i cambiamenti che produce nella vostra
psiche, eventuali emozioni, stati d’animo; osservate ed
allontanate i pensieri che tentano di distogliere la vostra
attenzione.

Secondo esercizio Questo secondo esercizio consiste


nell’assumere una congrua posizione tramite il nostro corpo, a
simboleggiare la stella a cinque punte. E meditare in questa
posizione, visualizzando un flusso energetico che si dipana da
ogni nostro vertice e procede verso il centro. Un esercizio
alternativo è visualizzare dalla nostra zona genitale, o dal cuore,
o dal terzo occhio, un punto energetico (bindu, nella tradizione
indù) che a poco a poco riempirà tutta la stella a cinque punte.
Terzo esercizio Questo esercizio consiste nel tracciare
mentalmente il simbolo della pentalfa. Prima Settimana.
Inizialmente si procederà da un solo vertice (quello dello
Spirito) in senso antiorario, a costruire la pentalfa, per una serie
di ripetizioni non inferiore ad 11. Seconda Settimana. Si
procedere ad alternare il senso orario ed il senso antiorario
nella costruzione della pentalfa. Sempre partendo dallo Spirito
Terza Settimana. Si procederà a costruire la pentalfa
alternando l'inizio della costruzione da ognuno dei vertici, per un
totale di 25 volte (cinque per ogni vertice). In senso antiorario
Quarta Settimana. Si procederà a costruire la pentalfa
alternando il senso orario ed il senso antiorario. Quarto
esercizio Nei momenti di oppressione, quando ti senti
soverchiato dalle cose della vita esteriore ed interiore, quando
la folla si accalca attorno a te, quando percepisci che qualcosa
sta per inquinarti a livello sottile, immagina di porti al centro
della pentalfa e con il tuo pensiero costruiscila incessantemente
attorno a te.

INRI

La tradizione religiosa vuole che l'acronimo tetragrammatico


posto sulla Croce si traduca con Gesù Nazareno Re dei Giudei. E’
sulla passione, morte e resurrezione di Gesù che la tradizione
religiosa fonda il credo che unisce sacerdoti e fedeli.

Questo tetragramma, nel corso dei secoli, è divenuto patrimonio


diffuso, e non esclusivo, di molteplici comunità, fratellanze, e
ordini iniziatici e magici. Essendo impossibile determinarne la
reale interpretazione, l'autentico sviluppo di queste quattro (il
quaternario) lettere, in virtù dell'impiego strumentale a cui sono
soggette, è forse utile spendere alcune riflessioni sulle stesse.
In tutte le epoche ermetisti cristiani, alchimisti, rosacrociani,
liberi muratori e tutto ciò che si richiama al cristianesimo
esoterico, si è profuso in molteplici interpretazioni: Igne Natura
Renovatur Integra (Azoth = A + Alpha e Aleph, e poi Zeta +
Omega e Thau) - Igne Nitrum Roris Invenitur - Insignia Naturae
Ratio Illustrat - Jamaim, Nor, Ruach, Jabashah (estrazione
cabalistica) - Justitia Nunc Reget Imperia - Ineffabile Nomen
Rerum Initium - Intra Nobis Regnum Jehovah - Indefesso Nisu
Repellamus Ignorantiam - Infinitas Natura Ratioque
Immortalitas - Justum Necare Reges Impios - Ignatii Nationum
Regumque Inimici, (con cui i Liberi Muratori "attaccano" i
Gesuiti di S. Ignazio)

Come possiamo notare l'enorme varietà delle "letture esoteriche


e occulte" di INRI non agevola il ricercatore, se non nei limiti
dell'appagamento della propria particolare inflessione operativa.
Inflessione particolare che porta a considerare INRI come
"parola sacra", "parola di potere", o "mantra"; e quindi da
utilizzarla durante pratiche invocative o evocative, oppure
considerare INRI un acronimo legato ad operatività alchemica
ed infine come depositario di una "verità" alternativa a quella
religiosa. Molto dipende se si decide di contestualizzare INRI al
periodo storico del primo secolo cristiano, o traslarla durante il
rinascimento (periodo più consono all'alchimia), oppure in epoca
moderna e contemporanea ove le quattro lettere sono associate
a pratiche di mantralizzazione (anche connesse all'operatività
sessuale, su cui non mi dilungherò in questa sede) Ad aumentare
la varianza delle interpretazioni, è fatto però osservare che
nella sintassi latina, tuttavia, si vorrebbe che il genitivo "dei
giudei" preceda e non segua il nominativo "re". A quanto sopra
detto, inoltre andrebbe considerato che non in tutte le croci
questo acronimo è riportato per in modo lineare. In alcune si
trova all'interno di un quadrato o rettangolo, sviluppato nel
seguente modo: IN RI oppure IRNI

E' inoltre lecito e doveroso considerare come le fonti


evangeliche non sono concordi attorno alla dicitura posta sulla
sommità della croce ( e ciò potrebbe in qualche modo spiegare la
questione di sintassi latina ) Vediamole: Matteo 27:37 Al di
sopra del suo capo, posero la motivazione scritta della sua
condanna: «Questi è Gesù, il re dei Giudei». Marco 15:26 E
l'iscrizione con il motivo della condanna diceva: Il re dei Giudei.
Luca 23:38 C'era anche una scritta, sopra il suo capo: Questi è il
re dei Giudei. Giovanni 19:19 Pilato compose anche l'iscrizione e
la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re
dei Giudei». Da cui deduciamo quanto segue:
1. La frase più prossima all'acronimo è quella Giovannita.
2. L'acronimo è una libera riduzione della frase Giovannita.

Passando adesso ad un secondo livello di approfondimento, legato


proprio al Vangelo di Giovanni troviamo alcuni informazioni di
notevole interesse, che se non danno determinazione autentica
all'acronimo, possono però aiutarci a mettere a fuoco il quadro
ove questo è inserito. Il Vangelo di Giovanni pare trovi "nascita"
nella comunità di Efeso (Provincia romana, odierna Turchia),
attorno al 100 d.c., ed è quindi improbabile che sia stato redatto
dallo stesso Giovanni. Del resto è scartata anche la possibilità
che sia stato Luca, il discepolo di Paolo. Potrebbe quindi essere
espressione autonoma ed originale di una comunità la cui lingua
era il greco, e la cui formazione spirituale era la filosofia gentile
(platonica, ermetica, gnostica, pitagorica oppure una miscela di
esse). Faccio inoltre notare che il Vangelo di Giovanni non è
corpo autonomo, ma è raccolto nelle LETTERE DI GIOVANNI,
fra cui l'Apocalisse. Lasciando per un attimo l'Apocalisse e il
Vangelo di Giovanni, è interessante appuntare come gli Atti degli
Apostoli, scritti anch'essi da un ellenista, trattano la città di
Efeso: Atti 18:24 Arrivò a Efeso un Giudeo, chiamato Apollo,
nativo di Alessandria, uomo colto, versato nelle Scritture. Atti
18:25 Questi era stato ammaestrato nella via del Signore e
pieno di fervore parlava e insegnava esattamente ciò che si
riferiva a Gesù, sebbene conoscesse soltanto il battesimo di
Giovanni. La "nuova novella" non sarebbe stata portata ad Efeso
da un ebreo, e neppure da persona iniziata nella cerchia degli
apostoli (escludendo così il retaggio ebraico), ma da un certo
Apollo ( Espressione Solare, del Sole in Movimento ), nativo di
Alessandria ( la culla dello Gnosticismo di Valentino, che da
sempre sostenne l'alternatività fra l'antico e il nuovo
testamento, e le due nature fra Cristo e Gesù ), iniziato da
Giovanni ( Giovanni: fulcro ed espressione simbolica
dell'esoterismo cristiano). Tutto ciò è indubbiamente
interessante, in quanto fornisce ancora una volta
un'interessante traccia attorno alle diverse nature, e radici che
hanno animato e ancora oggi animano il messaggio cristico:
fornendo invariabilmente diverse chiavi di lettura allo stesso.
Continuando su questa analisi, tesa a suggerire prossimi filoni di
interrogazione e di ricerca, è giusto indicare che il testo più
antico pervenutici dell'opera di Giovanni, è datato 125 d.c. ed è
chiamato "P52", ovvero Papiro 52. Le misure del frammento
pervenuteci sono di cm. 8, 9 x 6 è conosciuto anche come Papiro
Rylands 457, sicuramente uno dei più vecchi frammenti di
riguardante il Nuovo Testamento. Ovviamente è stato ritrovato
in Egitto ed è in forma di codice, e contiene Giovanni 18,31-33 e
18,37-38. Il Vangelo di Giovanni è inserito anche nel Papiro 66,
datato circa il 200 d.c., conosciuto come papiro Bodmer II, e nei
Papiri 45 e 75 del 250, e infine nel Codex Sinaiticus del 350.
Come possiamo vedere torna sempre prepotente la culla
culturale egizia, e l'iniziazione fuori dal gruppo dei dodici quando
parliamo del Vangelo di Giovanni. E' ancora interessante notare
come il primo commentatore del Vangelo di Giovanni è stato uno
gnostico, tale Eracleone, il quale era discepolo di Valentino, che
ovviamente non starò a dire che era nativo di Alessandria
d'Egitto, come Apollo che portò la buona novella ad Efeso. E'
ancora interessante notare come Eracletone praticava
un'estrema unzione per i suoi discepoli, utilizzando una miscela
di olio, acqua e balsamo.. e al termine un'invocazione in lingua
sacra.... Osserviamo l'Apocalisse di Giovanni attorno ad Efeso:
Apocalisse 1:11 Quello che vedi, scrivilo in un libro e mandalo alle
sette Chiese: a Efeso, a Smirne, a Pèrgamo, a Tiàtira, a Sardi, a
Filadèlfia e a Laodicèa. Apocalisse 2:1 All'angelo della Chiesa di
Efeso scrivi: Così parla Colui che tiene le sette stelle nella sua
destra e cammina in mezzo ai sette candelabri d'oro: Pare che
tutto ha inizio da Efeso, in qesta triplice preponderanza del
sette (sette le Chiese, sette le stelle, e sette i candelabri),
numero della regola, dell'incontro fra divino e umano, la cui
ricomposizione geometrica dona il cinque (l'uomo iniziato,
completo, l'adepto al mistero della conoscenza).

Ovviaemnte, mio carissimo amico, come avrai compreso io


“prendo tutto” e “tutto utilizzo” nella mia visione funzionale e
pragmatica della ricerca spirituale. Ecco quindi che quanto sopra
esposto in merito ad I.N.R.I [1], ci permette di riflettere come
questa parola di potere sia stata caricata da schiere di fedeli ed
iniziati. Poco ci interessa per quale motivo o per quale
interpretazione. Quanto a noi interessa è il potere sottile in
essa racchiuso e la possibilità che essa divenga una chiave per la
nostra pratica intima.
Esercizio:
Poniti in un luogo confortevole (può essere la tua camera).
Procurati una candela di colore, se possibile, bianco o giallo.
Accendi questa candela e inizia a pregare, supplicando il Cristo
Intimo di aiutarti in questa pratica esoterica.
Desidera che il Fuoco cristico incessantemente Rinnovi la tua
natura interna. Chiedi che il Cristo guarisca il tuo corpo, illumini
la tua mente e reintegri la tua anima.
Poi vocalizza, dando vita ad un’armonica interiora, il mantra
INRI.
Estendere ogni lettera, sentendo la potenza di questo mantra
entro la propria anima, purificante, rinfrescante e illuminando il
vostro percorso verso l'illuminazione.

[1] Parola sacra che ritroviamo anche nei primordiali rituali di


Loggia Martinisti.

PRATICA
PENTAGRAMMATICA

“Se il centro della croce è considerato come il punto di partenza


delle quattro braccia, esso rappresenta l’Unità primordiale; se
invece lo si considera come il loro punto di intersezione, non
rappresenta che l’equilibrio, riflesso di questa Unità. In questo
secondo significato, è designato cabalisticamente mediante la
lettera Schin, la quale posta al centro del tetragramma ‫הוהי‬, le
cui quattro lettere figurano sulle quattro braccia della croce,
forma il nome pentagrammatico ‫הושהי‬, sul significato del quale
non insisteremo qui, non avendo voluto che segnalare questo dato
di sfuggita. Le cinque lettere del Pentagramma si pongono alle
cinque punte della Stella Fiammeggiante, figurazione del
Quinario, che simboleggia più particolarmente il Microcosmo o
l’uomo individuale. La ragione di questo è la seguente: se si
considera il Quaternario come l’Emanazione o la manifestazione
totale del Verbo, ogni essere emanato, sottomultiplo di questa
emanazione, sarà ugualmente caratterizzato dal numero quattro;
esso diventerà un essere individuale nella misura in cui si
distinguerà dall’Unità o dal centro emanatore, e abbiamo appena
visto che questa distinzione del Quaternario dall’Unità è
precisamente l’origine del Quinario. “
(Guénon Osservazioni sulla Produzione dei Numeri. . Pubblicato
in La Gnose, giugno-luglio-agosto 1910 con lo pseudonimo
Palingenius, inserito nella raccolta postuma René
Guénon, Melanges (Gallimard, 1976). Pubblicato in italiano
sulla Rivista di Studi Tradizionali n° 34, Gennaio-Giugno 1971 e
presente nella raccolta René Guénon, Il Demiurgo, Adelphi,
2007. )
Carissimo e paziente lettore seppur non desidero qui attardarmi
attorno ad una trattazione filosofica della formula
pentagrammatica, in quanto su di essa ho già scritto[1], ritengo
utile fornire qualche delucidazioni attorno alla sua natura per
meglio progredire lungo la via della pratica.
Abbiamo visto in precedenza come la formula tetragrammatica
rappresenti il dispiegamento polare della manifestazione, in
funzione non dissimile dal riverbero che dal mantra om conduce
ai bija mantra dei cinque elementi: Una lettera un elemento e
una lettera un parte del nostro corpo. Operando ciclicamente è
possibile riattivare un ciclo energetico virtuoso e catalizzare
quelle influenze naturali che in numero e potenza sono presenti
anche in noi.

Il passaggio dalla formula tetragrammatica a quella


pentagrammatica non è lineare, non rappresenta un docile
sviluppo della prima verso la seconda. Esso, bensì, si concretizza
attraverso una rottura, un frazionamento evidente e potente. La
Schin irrompe nella formula tetragrammatica ponendosi al
centro della medesima. Qualcosa, amico mio, a livello operativo
vorrà pur rappresentare.

all’interno del nome tetragrammatico, in ‫ ש‬L’irruzione della


genere rappresentata con un vivo rosso, non simboleggia il fuoco
trasmutativo o se preferiamo il quinto elemento che cala nella
ferrea manifestazione[2]. Attraverso questo fuoco divino gli
elementi grossolani trovano prima purificazione e
successivamente sono innalzati ad un livello vibrazionale
superiore. Nel martinismo è detto che prima della
reintegrazione nel divino è necessaria la reintegrazione
individuale. Ecco quindi che solamente il “fuoco” può operare
congiuntamente un’azione di purificazione e saldatura: rendendo
ciò che è diviso nuovamente unito. Solamente attraverso la viva
fiamma possiamo rendere plasmabile e modellabile, ciò che è in
apparenza duro ed inutilizzabile. Certo è necessaria perizia.
Certo è indispensabile avere di cosa alimentare il fuoco (le
energie a cui sempre aneliamo). Certo è necessario possedere un
modello di riferimento (le immagini archetipali trasmesse
dall’arte sacra e dal simbolo). Qualora siano presenti tutte
queste necessità è possibile operare sapientemente, in assenza
.di una sola di esse siamo condannati alla rovina
come quel ‫ ש‬Ecco quindi che possiamo vedere la catabasi della
movimento salvifico e redentore che investendo la
manifestazione permette la sua reintegrazione con il mondo
divino da cui è separata. Questa, amico mio, è una cristallina
prospettiva gnostica, l’unica in grado di unificare, attraverso la
laboriosa pratica, ogni scibile filosofico e tradizione sapienziale.
In quanto la gnosi nasce dalla comprensione delle leggi e delle
misure di questo mondo e dal lavoro che viene intrapreso per
.elevarci oltre tali costrizioni

La semplice osservazione, la madre di ogni fruttuosa conoscenza,


ci permette di apprendere come su questo piano la presenza o
l’assenza di calore genera un cambiamento di stato. L’acqua
sottoposta all’azione del fuoco si trasforma in vapore (legato
quindi all’elemento aria). L’assenza di calore determina il
passaggio dell’acqua allo stato solido (elemento terra) del
ghiaccio. Così come l’assenza di calore determina il passaggio del
vapore in acqua e così continuando. Se la legge del quaternario
inferiore risponde a questa legge della fisica, allora in forza del
precetto ermetico di come in basso così in alto e come in alto
così in basso, è attraverso il fuoco spirituale che gli elementi
quaternari trovano la loro sublimazione.

Ecco quindi, mio carissimo amico, che la semplice pratica che ti


andrò a proporre altro non sarà che volta alla rettificazione
degli elementi nostro microcosmo.

Esercizio:
Stenditi nella posizione del morto oppure siedi nella posizione
del faraone.

1. Disloca la tua attenzione sulla zona intracigliare e fai vibrare


la Schin e a seguire la Iod. Immagina una forte luce rossa
pulsante che brilla nel tuo cranio, dissipando ogni tumorale
pensiero che infesta la tua mente.
2. Disloca la tua attenzione sulla forma del tuo corpo e fai
vibrare la Schin e a seguire la Hé. Immagina una forte luce rossa
pulsante che investe il tuo corpo, donandogli energia e risanando
le sue ferite.
3. Disloca la tua attenzione sui tuoi polmoni e sul tuo cuore e fai
vibrare la Schin e a seguire la Vau. Immagina una forte luce
rossa pulsante che brilla in questi organi, donando loro forza e
nutrimento.
2. Disloca la tua attenzione sui fluidi del tuo corpo e fai vibrare
la Schin e a seguire la Hé. Immagina una forte luce rossa
pulsante che si irradia nella corrente del tuo sangue in ogni
anfratto del tuo corpo, donando fluidità e purezza.

Ripeti più volte questo ciclo di mantralizzazione, indugiando


laddove avverti resistenza o necessità.

Comprenderai, mio buon amico, adesso la necessità di


apprendere i rudimenti del mito, della filosofia e della religione.
Tutto ciò per fornirti quell’indispensabile substrato concettuale
e simbolico che possa esserti di utilità e di leva moltiplicativa
durante la pratica.
[1] “Martinismo e Via Martinista” edizioni Lulu. Oppure si
consulti www.martinismo.net
[2] Gli gnostici correttamente vi leggono la discesa dell’Eone
Cristo all’interno della creazione demiurgica. Eone Cristo che ha
funzione di portare il messaggio che redime e libera.

LA PREGHIERA SUL
CUORE
Nessun uomo è un'isola! Grande è questa verità, che ricorda -
con poche lapidarie parole - l'interconnessione esistente fra
tutti gli esseri umani. Una connessione che se vissuta
inconsapevolmente può condurre a grandi rovine, ma se compresa
nei suoi aspetti sottili può permettere ad ognuno di noi di
protendersi verso il cielo. Crediamo fermamente in ciò e al
contempo siamo consapevoli delle gravi limitazioni fisiche di
questi strani tempi e del loro corrosivo agire sull'articolata
composizione dell'uomo. In considerazione di ciò abbiamo deciso
di creare dei canali operativi-rituali per permettere a tutti
coloro che lo desiderano di poter intraprendere un percorso di
silenziosa ed individuale Opera Interiore. Oltre ad aver previsto
un percorso da "uditore" (uomini e donne che ancora non hanno
ricevuto la nostra iniziazione, ma che giornalmente operano
ritualmente), l'Ordine pone a disposizione alcune porte di
pratica strutturata.

Una di queste pratiche strutturate è la cosiddetta “Preghiera


sul cuore.
Questa pratica, fortemente intima, potrà essere posta in essere
in ogni momento del giorno. Il Nostro Venerabile Ordine si
raccoglie in preghiera ogni sera – dopo le 22.00 – della domenica.
Sarà quindi possibile per tutti i viandanti trovare – in tale
momento – raccoglimento con la nostra catena e godere così di
una maggiore intensità della pratica.
La pratica non prevede un tempo prefissato di svolgimento, ma
consigliamo di dilatarne progressivamente la durata e di trovare
nella costanza e nella cadenza la giusta misura del nostro sforzo
spirituale.
1. Si scelga quale preghiera porre in essere (si veda a seguire LA
PREGHIERA COMPOSTA O LA PREGHIERA CON UNA SOLA
PAROLA).
2. Individuare un luogo appartato e silenzioso per la pratica.
3. Si stampi e si ripassi a mano il particolare simbolo di cui
all’indirizzo, esso è il tramite grafico che ti permetterà di avere
un collegamento con gli altri viandanti impegnati lungo questo
percorso.
4. Si ponga il simbolo sotto un lume bianco.
5. Si accenda il lume bianco.
6. Si proceda con a rilassare il corpo ed acquietare la mente.
7. Si dia inizio alla pratica
1. LA PREGHIERA COMPOSTA
"SIGNORE CRISTO RE TI DONO IL MIO CUORE, DONAMI IL
TUO CUORE."
1. Porre l’attenzione sul plesso cardiaco.
2. Dare vita ad una respirazione armonica (inspirazione,
trattenuta ed espirazioni di eguale ampiezza)
3. Ripetere silenziosamente la preghiera.
"Durante la preghiera sii presente a te stesso, cioè raccogli la
tua mente e uniscila alla tua anima. All'inizio, per uno o due
giorni o anche più, fà questa preghiera con la sola mente,
staccando le parole e fissando la tua attenzione su ciascuna di
esse in particolare. Quando il Signore riscalderà il tuo cuore con
il calore della sua grazia e unificherà il tuo essere in un solo
spirito, questa preghiera si metterà a sgorgare in te
incessantemente: essa sarà sempre con te e ti porterà gioia e
nutrimento". È proprio questo il senso delle parole pronunciate
dal profeta Isaia: 'La rugiada che è con te è guarigione per loro'
(Is 26.19). [...] Taci, custodisci costantemente il silenzio,
ricordati sempre della presenza di Dio e del suo Nome. [...]
Quando sei seduto a tavola [...] sii attento a te stesso e nutri la
tua anima con la preghiera". (Serafim di Sarov)
2. LA PREGHIERA CON UNA SOLA PAROLA
La preghiera potrà essere composta anche da una sola parola,
ripetuta con ritmo e sovrapposizione alla respirazione armonica.
Questa particolare forma di preghiera è detta monologica, e
consta fondamentalmente di tecniche:
A. SEMPLICE (con o senza trattenuto): si tratta di abbinare
semplicemente il ritmo respiratorio nelle sue varie fasi con il
Nome di Gesù. Possibile sequenza:
INSPIRAZIONE <> CRISTO
(TRATTENIMENTO DEL RESPIRO <> CRISTO) - facoltativo
ESPIRAZIONE <> CRISTO
B. MEDIATA: in questo secondo caso la precedente sequenza
viene preceduta e favorita dalla "discesa della mente nel cuore"
attraverso la fase di inalazione che favorisce un maggiore
raccoglimento e permette di approfondire il contatto della
mente con il cuore. L'invocazione/grido interiore del Nome
Cristo, Cristo, Cristo viene emessa solo dopo aver stabilito
questo contatto.
C. SINCRONIZZATA. Essa richiede un impegno e una capacità
superiore alla prima. È necessario trovare una posizione comoda
e successivamente porre in essere una respirazione regolare e
profonda suddivisa in tre tempi (inspirazione, trattenimento ed
espirazione). Modula il tuo respiro sul tuo battito cardiaco, fino
a quando essi, in quiete, saranno cosa unica. Successivamente
potrai operare sia attraverso il suono della tua voce, sia per
mezzo del silenzio. Nel primo caso ripeti la parola o il brano
scelto a seguire di ogni fase (inspira/recita; trattieni/recita;
espira/recita), nel secondo poni in essere una circolarizzazione
interna dove la ripetizione è coincidente con le fasi della
respirazione. È consigliabile anche una postura fisica raccolta, in
modo da favorire la totale unificazione del nostro essere.
Ovviamente sarà possibile, quando la pratica diverrà robusta,
creare una catena formata da singole estrapolazioni dai vari
Salmi, in modo tale da dare vita ad un percorso di crescita
spirituale, ad una serie di richieste consone, ad un’intercessione
composta attorno allo stato fisico o mentale nostro o altrui. La
flessibilità dello strumento sicuramente lo permette.
Coloro che lo desiderano potranno sostituire la parola Cristo con
IOD HE SHIN VAU HE

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