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Racconto Sara Vigano

Sinossi: introduzione su primi avvistamenti di lei, del fratello, poi rapporto spinto di lei e il
fratello, fugace vista di lei in mutande -natiche burrose che si allontanavano- poi lunga e forte
vista di lei, per poco tempo nuda, poi viene subito nascosta dal fratello, poi vista di rapporto
incestuoso fra loro due – lei che lo prende in mano (lui ha un pene lungo e sottile) – poi si chiude
la finestra e non si vede più cosa succede. Più tardi lei vede lui (osservatore) e si articola un
rapporto di sguardi e spogliamenti. Infine, ne scopre il nome, la rintraccia e la porta in casa sua.
Qui hanno un rapporto che per lei è chiaramente diverso e appagante che i giochi infantili col
fratello.

Uscì dalla stanza imbronciato e incerto su come sentirsi dopo quelle due ore di studio poco
convincente. Come sempre, quando sembrava mancare ancora molto ad un esame, si prendeva
le giornate con molta, troppa calma. Allo stesso tempo, l’incertezza sul risultato del suo
impegno e la coscienza del dovere che stava sviando lo lasciavano dubbioso e irritabile. Sapere
che era ora di mangiare non faceva che ricordargli del tempo che passava, e come sempre si
avviò verso la cucina svogliato e poco collaborativo. Avrebbe provveduto a sfogare la sua
frustrazione sui commensali in qualche minuto. E tuttavia, la luce e il caldo intensi del primo
pomeriggio di maggio contribuivano e fornire un senso di spensieratezza e serenità tipico
dell’estate. Da sempre non sapeva bene come sentirsi nei confronti delle piante lussureggianti
e delle serate fresche e luminose che accompagnavano la sessione estiva. Lo scorrere delle
giornate si accompagnava a una leggera inquietudine, un senso di piacevole tensione che
sentiva distintamente quando, col vento nei capelli, batteva le strade assolate e gremite di
passanti, tentando di sbirciare una ragazza più piacente. E dopo le ventose giornate di aprile,
la facilità con la quale ormai si scorgevano gambe e colli scoperti non faceva che incrementare
quel piacevole senso di ignoto. Fu con questa disposizione che entrando nella cucina dove suo
padre terminava di cucinare, dalle finestre spalancate ebbe modo di vederla ancora una volta.
Il balconcino della cucina era infatti facilmente accessibile dalle grandi porte finestre, e spesso
vi si rifugiava per cogliere brevemente una lingua di calda luce solare dopo mangiato. Il
balconcino stava sospeso in alto sul grande cortile interno che raccoglieva i palazzi dell’isolato,
che ad altezze differenti si raccoglievano, vicini e tuttavia estranei l’uno all’altro, affacciandosi
sulla piazzetta centrale. Il caso aveva voluto che da qualche anno si fosse accorto che dalla
finestra antistante alla sua vecchia camera, molto più in basso, si avesse una vista propizia
delle attività che Matilda svolgeva quando i genitori non erano presenti. E allo stesso tempo si
era ormai rassegnato all’idea che quegli avvistamenti fossero ormai decisamente rari,
considerando che l’appartamento dove soggiornava si era rimpicciolito e la finestra di lei non
era più a un angolo favorevole. Piuttosto, uscendo brevemente sul balconcino della cucina per
dare un veloce sguardo al basilico, ebbe modo di notare la finestra dell’appartamento di
fronte. Era questa finestra molto più vicina al livello del suo piano, forse di un metro o anche
meno più abbassata, ma arditamente vicina alla linea di vista di chi vi si affacciasse. E forse per
quel leggero brivido di sfida nell’essere notato, come altre volte prima aveva sbirciato
insistentemente nella camera che affacciava davanti a lui. Poteva vedere al suo interno una
camera da pavimento in parchè, forse di qualità di non particolarmente buona, con una lunga
scrivania su un lato della camera, di cui dalle ante aperte di poteva vedere tutta la lunghezza.
Al fianco della scrivania una stretta libreria, con titoli che la distanza cancellava alla vista. Di
fronte alla scrivania si poteva scorgere il bordo di un letto colorate, rivolto verso il cortile
interno ma quasi del tutto nascosto dalla prospettiva. E subito dietro alla testata del letto e
all’incirca di fronte alla libreria poteva scorgere agitarsi, forse conversando al telefono o
cercando qualcosa in uno scaffale, la ragazza. Era di figura slanciata ma piena, sebbene da
quella distanza non la si potesse indovinare, la pelle leggermente ambrata e i capelli scuri e
lisci, raccolti in una coda di cavallo che le conferiva un aspetto giovanile e scolaresco. Portava
occhiali dalla montatura squadrata e scura, sgraziati e contrastanti col viso piccolo e gli occhi
castani. Forse quelli più di ogni altra cosa rinforzavano su di lei l’immagine della studentessa
ingenua e petulante. Sebbene avesse indugiato brevemente con lo sguardo, scorgendo le
lunghe gambe ambrate incorniciate dai calzoncini di felpa, quello che ogni volta lo spingeva ad
arrischiarsi a una sbirciata più lunga era comprendere le fattezze del suo viso. Era questo
evidentemente ben proporzionato e snello, ma la distanza non faceva che confonderne i tratti,
salvo per le squadrate e infantili finestrelle degli occhiali, così che sebbene già più volte avesse
fatto caso alla presenza di lei, mai era riuscito a immortalare nella memoria i suoi tratti, in
modo da avere la speranza di poterla riconoscere se mai l’avesse vista più da vicino. Così
invariabilmente, sebbene l’avesse ormai distinta come figura familiare e ricorrente, ella
restava un’identità sconosciuta ed eterea che tornava periodicamente a solleticare la sua
memoria quando si affacciava dalla cucina, specie in quei mesi caldi in cui la vista di lei non
era mai nascosta dalle tende della finestra. Se il carattere al tempo stesso familiare e sfuggente
di lei era ormai per lui fonte di un piacevole brivido di curiosità e indagine ogni volta che ne
avvertiva la presenza, il tutto era radicalmente accentuato da quello che lei sembrava
manifestare come un carattere spavaldo e indifferente. Tendeva infatti a indugiare
ripetutamente in quella stanza, ostentando la sua incuranza nell’essere vista e ancor di più
guardata, ma più di ogni altra cosa, serbava inflessibile un qualsiasi sguardo per la finestra di
lui, ignorando la frequenza con la quale egli godeva della di lei presenza, attardandosi invece
in conversazioni al telefono in pose sgraziate ben abbinate con il suo vestire casalingo e
impacciato, pur se rivelatore.
In quella stessa occasione niente di svolse diversamente dal solito, ed egli ebbe appena il
tempo di guardare fugacemente nella camera di lei, prima di venire richiamato verso la cucina,
timoroso che il suo comportamento venisse notato. Ebbe appena il tempo di scorgere un'altra
figura, decisamente più alta e meno aggraziata, mascolina, che passeggiava noncurante
intorno a lei.
Le prime volte che aveva notato il ragazzo, forse più vecchio di due o tre anni, alto, magro, la
testa squadrata e anch’egli miope e visibilmente poco attraente, aveva sospetto, non senza
delusione, avesse un coinvolgimento amoroso con lei. Erano bastate poche occasioni per
osservare come egli fosse invariabilmente presente alla sera, e soprattutto intrattenesse un
rapporto visibilmente familiare con i genitori – lei una signora alta e poco interessante che
sembrava indossare solo vestaglie, lui un omino esile e dall’addome sporgente – per
comprendere che egli non poteva che essere il fratello grande di lei.
Come nelle altre occasioni, lo vide sostare brevemente di fianco alla sorella che ancora
rovistava in uno scaffale, forse scambiando una breve conversazione. Poi, vedendolo sostare in
piedi, la figura alta con la testa che scompariva a causa della prospettiva, accennò brevemente
uno sguardo più insistente. Vide lui chinarsi vicino alla sorella, sorridere mettendo in mostra i
denti e assestarlo un leggero pizzicotto, fra il dorso del pollice e l’indice, sul fianco di lei, ora
leggermente scoperto per la posizione. Lei che prima quasi sembrava ignorarlo, si scostò
divertita. Non si trattava della prima volta che aveva assistito a questi scambi di intimità , e a
dire il vero le prime volte li aveva scambiati per pungoli fra amanti. Se non che la persistente
figura di lui aveva infine smentito questa sua ipotesi, ma già altre volte l’aveva notato prestare
un atteggiamento liberale e quasi disinibito nei confronti della sorella. Per quanto estranei
quei comportamenti gli fossero, li aveva ascritti a un rapporto solido e disinibito. E tuttavia
non poteva fare a meno di notare come le spinte a questi contatti fossero sempre iniziativa del
fratello maggiore.
Ad ogni modo la figura del fratello non sembrava avere influenza sulla frequenza con cui
poteva apprezzare la ragazza. Egli sembrava più che altro presentarsi verso sera, sostando poi
brevemente in camera per spogliarsi e indossare una tuta. Era in queste occasioni che più di
frequente osservava il rapporto di gioco fra i due. Allo stesso tempo si rese conto di quanto il
fratello si mostrasse disinteressato al proprio pudore. Già più di una volta lo aveva notato
girare in mutande, spesso con sgraziati calzini bianchi, il torace magro e teso, le gambe sottili,
un accenno di rigonfiamento nella parte coperta, che il più delle volte egli ignorava senza
pensarci. Anche se non del tutto opposti a quelli del fratello, i comportamenti di lei
sembravano indubbiamente più pudici. In particolare, non ricordava alcuna occasione in cui si
fosse scoperta più che in maglietta e calzoncini. Piuttosto, le poche volte che aveva intuito lei si
stava per cambiare, egli la vedeva raggruppare i vestiti e cambiare stanza. Alla sera poi, poco
dopo che il letto di lei venisse preparato, le tapparelle venivano abbassate e la vista di lui
preclusa a qualsiasi evento più rivelatorio. Solo, aveva egli notato, in più di un’occasione lei
girava per casa indossando una leggera canottiera o una maglietta, senza al di sotto di questa
avere alcun intimo. Se da un lato questo non era di per sé una stranezza, egli si era infine reso
conto come su di lei qualsiasi reggiseno sarebbe stato superfluo, le prominenze sul petto
appena accennate e leggerissime. In questo, egli a volte pensava, la ragazza si distaccava
completamente da Matilda.

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