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LA VITA AL DI LÀ DEL VELO

I REAMI ALTI DEL CIELO


VOLUME SECONDO

MESSAGGI DEGLI SPIRITI RICEVUTI


E SCRITTI DAL
REVERENDO GEORGE VALE OWEN
(1860 - 1931)

Titolo originale: "The Life Beyond The Veil, The Highlands of Heaven"
Copyright © 2014
Pubblicato sul sito http://aldiladelvelo.wordpress.com/
in data 03/01/2014
Traduzione di: Eva Siviero e Michelangelo Costa
I N D IC E
Un apprezzamento di Lord Northcliffe………………………………4

Prefazione …………………………………………………………... 5

Note generali…………………………………………………………8

“Amore Angelico”…………………………………………………... 11
*****

CAPITOLO 1
Introduzione…………………………………………………………. 12
L’Amore Divino – Cecità umana – Bene e Male – Evoluzione – Unità nella
diversità.

CAPITOLO 2
Uomini e Angeli……………………………………………………... 19
I gradi di luce delle sfere – Astronomia geometrica – L’orbita della vita
umana – Gli Angeli visitano la Terra – La lotta di Giacobbe – Il potere di
un nome – Il coraggio di pensare – La Divinità del Cristo – L’amore e il
suo opposto – “Ora vediamo attraverso un vetro appannato” – La Dimora
Celeste di Zabdiel.

CAPITOLO 3
Mondano e Divino…………………………………………………... 29
I ritorni periodici della scienza – Fiabe e racconti di magia – La scomparsa
del materialismo – Le interazioni fra le Sfere – Purificarsi con la sofferenza
– Le origini delle specie – Il posto dell’uomo nell’Universo.

CAPITOLO 4
La Terra è il Vestibolo del Cielo……………………………………. 36
Ispirazione – Il simile attira il simile – Il possidente terriero e sua moglie –
Il nostro stato spirituale – L’uomo che credeva di sapere – La punizione per
la cecità spirituale.

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CAPITOLO 5
La Scienza dei Cieli……………………………………..................... 44
Trasmissione del potere spirituale – La relazione fra Spirito e materia –
Esamina dei Cieli – La rete di luce – La realtà spirituale – La realtà del
Cielo – La Città presso il lago – Un incontro con vecchi compagni – Il
Tempio e il suo Santuario.

CAPITOLO 6
La Terra d’Estate di Dio……………………………………………..53
“Insegnami a seguire la tua via” – La radura della statua – La flora della
Decima Sfera – Il Santuario delle Feste – Un panorama celestiale –
L’incontro nella Valle delle Vette – L’incontro con Harolen – Alla Porta
del Mare – Laus Deo – L’altare sulla zattera – “Un solo Dio, una sola
Fede” – Una trasfigurazione celeste – Il Figlio dell’Uomo.

CAPITOLO 7
I Reami Alti del Cielo…………………………………...................... 66
La visita d’ispezione di Zabdiel – Nella Casa dei Bambini – Una lezione
sulla fede creativa – Nel villaggio di Bepel – Gioia e dolore degli Angeli –
Nei Reami Alti – La Torre di Guardia dell’Alto Reame – Come vengono
ricevuti i messaggi nella Torre – Un orizzonte di Gloria – Pareti di luce –
Esaltazione della Maternità – La Gloria rosso cremisi del Cristo – Una
colonia con un problema.

CAPITOLO 8
Venite, Benedetti, e ricevete l’eredità……………..............................77
La missione di Zabdiel nella Quinta Sfera – La Città capitale della Quinta
Sfera – Zabdiel mette alla prova le donne devote – La costituzione della
Quinta Sfera – Nella Sesta Sfera – L’Iniziazione nel Santuario – Il ritorno
alla Decima Sfera – Il Tempio della Montagna Sacra – Il Re dei re – Il
Potere e la Gloria – Il saluto d’addio di Zabdiel.

3
UN APPREZZAMENTO DI LORD NORTHCLIFFE
Non ho avuto l’opportunità di leggere interamente La Vita al di là del Velo, ma tra i brani che
ho studiato più attentamente ve ne sono molti di grande bellezza. Mi sembra di poter dire che la
personalità del Reverendo G. Vale Owen è un elemento di grande importanza e degno di
considerazione in relazione a questi straordinari documenti. Durante la breve intervista che mi
rilasciò, ebbi l’impressione di trovarmi in presenza di un uomo sincero e convinto. Non avanzò
alcuna pretesa di possedere particolari doti psichiche. Espresse il desiderio di ricevere la minima
pubblicità possibile, e rifiutò gli ingenti proventi che poteva facilmente ottenere grazie all’enorme
interesse riscosso dai suoi scritti nel pubblico di tutto il mondo.
Lord Northcliffe.

***

Tratto dalle “Lettere di Helena Roerich” – Vol. 2:


“È davvero difficile immaginare la marea di libri che trattano della vita nel Mondo Sottile, e
inondano le librerie in Inghilterra e in America. In Inghilterra erano molto popolari i libri su questo
argomento scritti dal pastore G. Vale Owen, che furono dettati da alcuni spiriti. Io possiedo due o
tre volumi della serie di comunicazioni intitolata “La Vita al di là del Velo”, e devo dire che
meritano attenzione. Non c’è dubbio che furono impartiti sotto la supervisione della Fratellanza
Bianca. I Grandi Maestri usano molti metodi per risvegliare la coscienza dell’umanità. Ogni gruppo
riceve, secondo la sua coscienza, ciò che può assimilare e che gli è più vicino.”
Lettera n. 34 del 3 dicembre, 1937. – [N.d.T.]

4
PREFAZIONE

Questo volume contiene la seconda di una serie di comunicazioni provenienti dall’altra parte del
Velo, che furono ricevute e registrate dal Reverendo G. Vale Owen, Vicario di Orford, nella contea
di Lancashire.
I messaggi di questo volume sono completi in se stessi e sono stati tutti trasmessi da uno spirito
che si fa chiamare Zabdiel, il quale nel suo messaggio introduttivo si descrive come la guida del
Rev. Vale Owen.
Successivamente alle comunicazioni che il Sig. V. Owen ricevette da sua madre *, e che
terminarono il 30 ottobre 1913 in maniera piuttosto brusca e inaspettata, la sera del 3 novembre il
Rev. Owen si sedette di nuovo nella sagrestia parrocchiale della Chiesa di Orford, e mediante
scrittura automatica registrò le seguenti parole: “Sono Zabdiel, la tua guida”. Da quel momento,
fino alla sera del 3 gennaio 1914, una serie di comunicazioni totalizzanti quasi 60.000 parole,
distribuite all’incirca in 37 sedute, furono trasmesse da questo comunicatore.
I messaggi contengono temi di portata più ampia rispetto a quelli che il Vicario ricevette dalla
madre. La relazione fra questa vita e quella ultraterrena è spiegata in maniera più esaustiva sia nella
narrazione che nel proposito; e nell’ultimo messaggio si tocca la nota suprema del rapimento
spirituale.
In questa prefazione non è mia intenzione giudicare o illustrare i messaggi di Zabdiel. La marea
di informazioni che contengono, la luce inedita gettata sulla vita oltre il velo, e la conoscenza
dischiusa sulle cause spirituali che influenzano la nostra vita quaggiù, devono essere lasciate alla
comprensione individuale dei lettori di questo libro.
Che tali comunicazioni provengano da una fonte esterna alla personalità del Rev. V. Owen,
risulterà ben chiaro a tutti coloro che leggeranno con grande attenzione. Sulla questione dell’origine
di questi scritti rammento una lettera che il Rev. V. Owen mi scrisse riguardo a una parte dei
messaggi pubblicati nel The Weekly Dispatch, nella seconda metà di febbraio del 1920 – “Non
appena terminai di leggere l’ultima mezza colonna posai la rivista con le lacrime agli occhi.
Riprovai più tardi – stesso risultato. Ciò è dovuto a qualcuno che sa come far breccia nei miei punti
deboli. Questo conferma quanto ti dissi: ‘Mi stai spiegando lo scritto per la prima volta’”.

La personalità del Reverendo Vale Owen


In una recensione del primo volume de La Vita al di là del Velo, pubblicata nel London Evening
News, il 16 luglio 1920, Sir William Barrett, membro della Royal Society, riferendosi al Sig. Vale
Owen scrisse quanto segue:
“Abbiamo fra noi un sacerdote benamato e rispettato, la cui vita devota e religiosa è nota a tutti i
suoi parrocchiani. Egli, appartandosi nella sagrestia della sua chiesa, nel solenne silenzio di quel
luogo, sente la sua mano guidata da qualche forza invisibile, mentre sera dopo sera trascrive
prontamente la vicenda del cammino di un pellegrino nel mondo spirituale. E questa registrazione è
del tutto indipendente da qualsiasi suo comando cosciente e volontario. Solo in due occasioni il
Rev. Owen ebbe una qualche idea dell’argomento che doveva essere trattato, ma spesso quando si
aspettava di dover sviluppare un certo tema la scrittura prendeva una direzione di pensiero
completamente diversa.
“Riluttante all’inizio ad affidarsi a questa guida involontaria, dubbioso della sua legittimità e
scettico dei risultati, si convinse alla fine che i messaggi erano saggi e validi, che non originavano
dalla sua mente, ma sembravano essere impressi su di lui da qualche spirito esterno.
“Convinto che questi messaggi offrissero speranza e consolazione a molti cuori affranti, l’autore
acconsentì alla loro pubblicazione ma, come ci spiega Lord Northcliffe, egli non accettò neppure un
penny degli ingenti proventi che avrebbe potuto ottenere. Mi domando quanti dei critici e detrattori

*
Questi messaggi sono pubblicati nel Primo Volume de “La Vita al di là del Velo – I Reami Bassi del Cielo”.
5
del Rev. Owen – con una famiglia da mantenere, come so essere il caso in questione – avrebbero
agito in maniera tanto nobile e assolutamente disinteressata!”.
****
Lord Northcliffe ha inoltre rivolto particolare attenzione alla questione della personalità del Sig.
Vale Owen. E benché l’irruente luce della ribalta sia penetrata nella quiete della pacifica Canonica
di Orford, il Rev. Owen è l’ultimo uomo sulla terra a cui questo farebbe la minima differenza
materiale. Egli ha sempre insistito molto, nelle sue lettere e con le persone con cui è entrato in
contatto, sul fatto che ad essere di capitale importanza sono i messaggi e non l’uomo. Ma su questo
punto è impossibile concordare completamente con i suoi desideri.
Giovedì 15 giugno 1920, il Vicario di Orford, dopo una notevole opera di insistenza, fu
convinto dall’On. Reverendo James Adderley a tenere un sermone nella chiesa di St. Paul, a Convet
Garden, a Londra. Le scene che ebbero luogo in quell’antica e famosa chiesa londinese furono
descritte nel Daily Mail la mattina successiva, come segue:
“Ha partecipato gente di ogni tipo e di ogni ceto sociale – sacerdoti, ufficiali dell’esercito,
cittadini, impiegate, facchini di Covent Garden, operaie, dame di compagnia, vedove vestite a lutto,
manovali in abito da lavoro. Queste e altre categorie di umanità si sono tutte raccolte là. Appena
uscito dalla chiesa, il Sig. Vale Owen fu accerchiato da una folla di uomini e donne che volevano
toccarlo. Gli uomini si tolsero il cappello e molte donne piansero. Quando il Rev. Owen riuscì a
svincolarsi, si fermò sui gradini e facendo tacere l’adunata rivolse loro poche e semplici parole.
Come discese i gradini centinaia di persone corsero di nuovo a salutarlo. Fu con grandissima
difficoltà che i suoi amici, laici e clericali, riuscirono a scortarlo fino alla casa parrocchiale
dall’altra parte della strada. In migliaia hanno scritto al Sig. Owen congratulandosi con lui per i suoi
scritti.
“Molte delle persone arrivate ieri per ascoltare il suo discorso venivano soprattutto dal nord
dell’Inghilterra, e in particolare da Manchester e Leeds”.
L’avvento del Rev. Owen a Londra in questa occasione, ha mostrato all’istante e in modo
straordinario il valore della sua personalità. Il Rev. James Adderley, prima di pronunciare la
benedizione finale dall’altare della chiesa di St. Paul, a Covent Garden, si rivolse alla numerosa
congregazione presente con queste parole:
“Riguardo al nostro predicatore di oggi, siamo assolutamente certi che non esiste in lui frode o
desiderio di auto-promozione, e nessun ripudio del Cristianesimo. Ma ciò vorrebbe dire presentarlo
solo con argomenti negativi, senza dire nulla delle cose positive che potremmo affermare. Se prima
avevamo qualche dubbio in proposito, oggi non ne abbiamo più; venendo in questa chiesa gremita
di gente, con centinaia di persone che non riescono a entrare, il nostro predicatore non avrebbe
avuto occasione migliore per farsi pubblicità e imbrogliare il pubblico. Se egli fosse stato in cerca di
promozione personale, com’era possibile da un punto di vista psicologico che predicasse un
sermone come quello che ha tenuto oggi? Tutti sanno che non poteva e, consapevole di questo,
chiesi al Sig. Vale Owen di venire a predicare qui perché credevo avrebbe fatto realmente bene a
ogni genere di persona – scettici e convinti credenti – avere l’opportunità di vedere un umile pastore
cristiano dai modi semplici che crede in questi esperimenti e ha avuto le più straordinarie esperienze
psichiche; e di accertare che tipo di uomo sia ascoltando quello che ha da dire. Se non altro, almeno,
può indurre le persone a riflettere di più, a far sì che si chiedano se un nuovo movimento spirituale
non stia prendendo piede nel mondo, e se una persona religiosa possa permettersi di rimanerne
completamente fuori, o non sia invece obbligata a conoscerlo più da vicino almeno per imparare
qualcosa, per discuterne e porre domande. E se esiste un senso nella religione, allora vuol dire che
queste cose sono così reali che chiunque crede in Dio e in Gesù Cristo non può ignorarle”.

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La vastissima corrispondenza del Rev. Vale Owen
Come naturale conseguenza della notorietà e dell’interesse mondiale riscosso da questi scritti,
dopo la loro pubblicazione nel The Weekly Dispatch e in altri giornali d’oltreoceano, il Sig. Owen
ha ricevuto un’enorme quantità di lettere da ogni parte del mondo. Nella stragrande maggioranza
esse esprimono gratitudine o cercano risposte urgenti; molte furono tali da commuovere il
reverendo nel profondo del cuore e farlo sentire piccolo, portandolo a realizzare l’immensa mole di
benevolenza suscitata. Non posso evitare di citare una lettera che egli mi scrisse in riferimento a
certi suoi corrispondenti, al fine di gettare luce su un particolare aspetto del suo carattere. Me la
spedì in risposta a una mia lettera in cui affermavo che non potevo fare a meno di esprimere
indignazione per l’atteggiamento di certa gente verso i suoi scritti e persino verso di lui. Nel
rimproverarmi teneramente, mi rispose:
“Dobbiamo trattare i nostri anonimi corrispondenti e gli altri detrattori con gentilezza e
pazienza. Essi seguono, in modo non molto nobile a dire il vero, la strada che ritengono giusta, e
molti sarebbero pronti a sacrificarsi per la loro causa – sebbene alcuni non siano pronti a farlo fino
al punto di sostenere le loro opinioni e convinzioni uscendo allo scoperto con il loro nome. Ma
nell’osservare l’intera questione da una prospettiva generale non posso far altro che realizzare quale
gioia sarà un giorno, da qualche parte, poterli prendere per mano come fratelli e sorelle e dirgli che
non eravamo tanto risentiti con loro quando, con crudeli parole, ci esprimevano le loro errate
opinioni e ci attribuivano falsi moventi, perché sapevamo che non facevano altro che calcare la
strada che noi stessi avevamo calcato. Almeno nel mio caso è così. Rivedo me stesso riflesso nel
loro attuale atteggiamento, e spero che serva a mantenermi umile e amichevole verso di loro. E per
questa ragione, in effetti, gli sono debitore non di risentimento ma di gratitudine. Non mi riferisco
all’ostilità che manifestano, ma alla loro mancanza di illuminazione”.
Questa lettera è tipica delle molte che ricevetti dal Rev. Owen, e rende superfluo per me
insistere su ciò che mi arrischio a definire la natura simile al Cristo di G.V.O., come lo chiamano
con affettuosa tenerezza i suoi parrocchiani, che sono anche suoi amici, compagni e seguaci. Della
sua energia pratica, della lungimiranza nelle faccende della parrocchia, della frizzante allegria e
instancabile operosità, ho già parlato nella mia prefazione al Primo Volume.
In generale, nonostante l’attenzione di chi legge sia rivolta alla vita qui descritta, alle sue prove
e vicissitudini, e ne sia affascinato ad ogni livello secondo la sua personalità, devo chiedere al
lettore di questo volume di rispettare per quanto possibile i desideri del Sig. Vale Owen e di
concentrare l’attenzione sulle comunicazioni di Zabdiel, e non su chi fungeva da strumento per
trasmetterle al mondo.
H.W. ENGHOLM.
Londra, settembre 1920.

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NOTE GENERALI

Come sono pervenuti i messaggi


Nelle copie dattiloscritte del testo originale, il Sig. Owen ha descritto in che modo è diventato
l’amanuense di sua madre e degli spiriti che, a turno, la sostituirono per conversare con lui nella
sagrestia della chiesa di Orford.
Egli disse: “Circola l’opinione che i preti siano dei creduloni. Ma il nostro addestramento
nell’esercizio della facoltà critica ci pone fra le persone più dure da convincere quando si parla di
accettare una nuova verità. Mi ci volle un quarto di secolo per convincermi: dieci anni per
riconoscere che le comunicazioni con gli spiriti erano una realtà, e quindici per ammettere che erano
qualcosa di buono e legittimo.
“Dal momento che raggiunsi questa convinzione, la risposta cominciò ad arrivare. Fu mia
moglie che per prima sviluppò la capacità della scrittura automatica. Poi tramite lei mi fu chiesto di
sedermi quietamente, con la penna in mano, per annotare ogni pensiero che sembrava entrare nella
mia mente proiettato da qualche personalità esterna, e non in conseguenza di un mio moto mentale.
La riluttanza durò a lungo, ma alla fine sentii la vicinanza di quegli amici che desideravano
seriamente parlare con me. In nessun modo si sono sovrapposti alla mia volontà, né vi è stata alcuna
costrizione da parte loro – cosa che avrebbe posto fine alla questione in un batter d’occhio, nella
misura in cui ne ero coinvolto – ma i loro desideri si facevano sempre più espliciti.
“In fondo sentivo che dovevo dar loro una possibilità, perché avevo l’impressione che si
trattasse di un’influenza positiva, e alla fine, pur con molti dubbi, decisi di sedermi in abito talare
nella sagrestia dopo le preghiere serali.
“I primi quattro o cinque messaggi passavano da un argomento all’altro senza un ordine preciso.
Ma gradualmente le frasi cominciarono a prendere una forma consecutiva, e in ultimo mi fu
trasmesso qualcosa di comprensibile. Da quel momento, il progresso andò di pari passo con la
pratica. Quando l’intera serie di messaggi fu conclusa, calcolai che la velocità media della scrittura
era stata di ventiquattro parole al minuto. In sole due occasioni ebbi una qualche idea
dell’argomento che doveva essere trattato, e fu quando il messaggio era stato chiaramente lasciato
incompleto. Altre volte mi aspettavo di dover sviluppare un determinato tema, ma appena afferravo
la matita il flusso del pensiero deviava in una direzione completamente differente”.
G.V.O.

Prima di cominciare a scrivere, il Sig. Vale Owen numerava una certa quantità di fogli bianchi,
che riponeva davanti a lui sul tavolo della sagrestia. Poi era solito schermare la luce della candela
per illuminare il foglio di carta, e con la penna in mano aspettava fin quando si sentiva influenzato a
scrivere. Una volta che l’influsso era cominciato veniva mantenuto senza interruzioni, finchè il
comunicatore riteneva di aver concluso il suo messaggio serale. Le parole del messaggio
giungevano in un flusso perfettamente costante, ed erano giustapposte una dopo l’altra come se lo
scrittore cercasse di andare di pari passo con il discorso che veniva impresso nella sua mente.
H.W.E.

Riguardo a Zabdiel, il comunicatore


Nel corso di queste comunicazioni Zabdiel non lasciò trapelare mai nulla di se stesso, né chi era
stato durante la vita terrena né in quale periodo storico era vissuto. Si rivolse sempre al Sig. Owen
come amico e custode, e la sua presenza spirituale è una realtà comprovata per il Vicario di Orford.
Ho il privilegio di poter trasmettere per la prima volta in queste note la vicenda integrale di
un’esperienza vissuta da una giovane donna durante la messa serale nella chiesa della parrocchia di
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Orford, la Domenica delle Palme del 1917, che sembra indicare nettamente la presenza di Zabdiel
in quell’occasione. Io stesso ho interrogato a lungo la ragazza, Mary A., e il suo racconto, assieme
all’appello che il Rev. Owen rivolse a Zabdiel la stessa sera, dimostrano chiaramente che fu proprio
Zabdiel ad essere visto dalla ragazza, e quindi a venire in soccorso al Sig. Owen in risposta alla sua
preghiera. Ho tratto la storia dagli appunti scritti all’epoca dallo stesso Owen, e cito esattamente le
sue parole:
“Dopo la preghiera serale della Domenica delle Palme, nel 1917, una ragazza di circa 18-19
anni venne da me in sagrestia. Senza tanti preliminari mi pose la seguente domanda: ‘Reverendo
Owen, è forse possibile vedere gli angeli?’.
‘Certamente’, replicai; ‘perché me lo chiedi?’.
‘Perché ne ho visto uno’.
‘Quando?’.
‘Questa sera, in chiesa’.
“Quindi, rispondendo a ulteriori domande, la ragazza mi spiegò che appena entrai nel pulpito
vide un angelo accanto allo ‘Stemma’ sorvolare le teste dei devoti riuniti. Nel suo passaggio si voltò
e sorrise – un sorriso dolce e meraviglioso – e parve dirigersi verso di me nel pulpito, e là
scomparve. Era la prima volta che faceva un’esperienza del genere, e ne fu scossa al punto che non
riuscì a riprendersi dallo shock per il resto della funzione. Anche mentre mi parlava era visibilmente
scossa. Le dissi che se non avesse ceduto allo sgomento probabilmente lo avrebbe visto accanto a
me nel pulpito.
“Riguardo al suo riferimento allo ‘Stemma’, è bene spiegare che ci sono sei stemmi su entrambi
i lati della navata centrale della chiesa, fissati ai modiglioni. Quelli sul lato sud sono miniati con
insegne religiose; quelli a nord con i blasoni delle famiglie locali. Il terzo, a partire dalla volta del
presbiterio sul lato sud, si trova proprio a metà della navata, e il pulpito rimane fuori dal presbiterio
sul lato nord. L’evento che la ragazza mi ha riferito, accaduto in questa particolare serata,
m’interessa per il seguente motivo: a causa del lavoro straordinario dovuto alla guerra, ero stato
molto indisposto fisicamente nelle settimane precedenti. La Domenica delle Palme è un giorno di
grande attività nella maggioranza delle parrocchie, e quella sera mi sentivo esausto. Mentre si
avvicinava il momento di dire il sermone, cominciai a temere l’ardua prova e mi chiedevo cosa
sarebbe accaduto. Dopo aver pronunciato la mia consueta preghiera prima di andare nel pulpito, feci
un appello alla mia guida, Zabdiel. Gli dissi che avevo veramente bisogno del suo aiuto perché non
mi sentivo all’altezza di predicare un sermone senza appunti, ed ero in forte pena. Così gli chiesi di
concedermi per quella sera un aiuto speciale.
“Ciò che la ragazza mi disse confermò che la mia richiesta non era stata vana, mostrandomi chi
mi aveva recato l’aiuto che ero già consapevole di aver ricevuto. Infatti, entrando sul pulpito il mio
patimento cessò immediatamente e la predica fluì senza fatica. La mia preoccupazione avrebbe
potuto giustificare tale buon esito se l’effetto non fosse stato così marcato e istantaneo. Prima che
Mary A. mi parlasse avevo già capito che l’effetto era troppo grande per quella causa, e avevo
ringraziato Zabdiel per aver accolto la mia richiesta”.
Commento di H.W.E.
Quando interrogai Mary A. a proposito dell’esperienza sopra citata, fui molto impressionato
dall’indubbia onestà della ragazza. È una tipica giovinetta del Lancashire che appartiene alla classe
operaia e si guadagna da vivere lavorando in una fabbrica di manifattura del metallo. Mi disse che
la vista “dell’angelo” la spaventò al punto che abbassò la testa e afferrò forte l’amica seduta accanto
a lei, non osando alzarsi dalla panca fino a quando la cerimonia non fu terminata. Dal modo in cui
raccontò la sua esperienza, mi fu chiaro che non l’avrebbe mai più dimenticata.

Un messaggio di Zabdiel
La sera di sabato 31 gennaio 1920, la moglie del Sig. Owen ricevette un messaggio attraverso la
sua tavoletta triangolare, uno strumento che adoperava in varie occasioni e tramite cui furono
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trasmessi di tanto in tanto numerosi messaggi che si dimostrarono utili e istruttivi al Sig. Owen
quando riceveva le diverse comunicazioni ora pubblicate. Questo episodio avvenne alla vigilia della
pubblicazione della prima serie di scritti nel The Weekly Dispatch. Il messaggio venne compitato
dal puntatore triangolare, correndo da una lettera all’altra dell’alfabeto, e composto sulla tavola su
cui lo strumento si muoveva. Lo ripeto esattamente come fu registrato:
“Sono Zabdiel. Figlio mio, il tuo manoscritto sarà una benedizione per il mondo. Zabdiel ti
benedice. Figlio mio, ultimamente abbiamo fatto un buon lavoro nel trasmetterti quanto possiamo e
lavorando tranquillamente con te. Allorché ti diedi i primi scritti predisponemmo con largo anticipo
cosa si doveva fare quando sarebbe venuto il momento di pubblicarli. Mi hai dedicato molte ore di
lavoro. Pensi proprio che dovrei lasciarti combattere da solo la grande battaglia?”.
“C’è altro che Zabdiel vuole dire?”.
“Non c’è altro per ora. Che Dio vi benedica. Le benedizioni di Dio veglino su di voi mentre vi
impegnate a trasmettere al mondo la verità”.

La realtà di Zabdiel
Durante la prima settimana dalla pubblicazione del manoscritto nel The Weekly Dispatch,
migliaia di persone rivolsero i loro pensieri a Orford. Questo villaggio, alquanto sconosciuto, era
diventato famoso in un solo giorno ed era destinato a essere conosciuto in tutto il mondo. Durante
quell’importante settimana nessuno comprese meglio del Rev. Owen che egli aveva voltato le spalle
al vecchio ordine una volta per tutte, e che la sua visione della vita non poteva più essere la stessa.
La controversia sugli scritti stava ormai cominciando a montare in tutta la nazione, e i sacchi della
posta indirizzata alla casa parrocchiale erano stracarichi come mai si era visto in quel pacifico
villaggio del Lancashire. Nel mezzo di questa nuova situazione ricevetti una lettera dal Vicario
Owen. Un documento scritto direttamente dall’anima di un uomo che realizza la natura dell’alto
compito che ha davanti e della sua enorme importanza per il mondo. La pubblico perché sento che
può essere utile a molti di coloro che si accingono a leggere i messaggi di Zabdiel per la prima
volta.

Estratto di una lettera di G.V. Owen indirizzata a H. W. Engholm, datata 11 febbraio, 1920.
“Ho impiegato alcuni anni a riflettere sulla questione. Ora ho concluso e ho preso la mia
decisione. Sono andato in fondo alla Valle della Scelta e ho combattuto con la massima
determinazione. Era molto buio a volte laggiù. Ma ora sono emerso dalla Valle, e oggi mi trovo in
cima alla collina nell’abbagliante luce del giorno. Alla fine ho consacrato totalmente me stesso alla
Grande Causa, e ogni sentimento personale non conta più niente per me. Così non esitare mai a
dirmi cosa fare, e io lo farò volentieri. Quando stamattina sono entrato nella nostra piccola chiesa,
era completamente buio. Dopo essermi inginocchiato nel mio cantuccio, fui investito da una tale
intensa ondata di forze spirituali che dovetti rialzarmi e camminare su e giù per la chiesa finchè non
mi venne l’affanno. Infine andai a riposarmi nel presbiterio, ed ecco cosa realizzai in modo
perfettamente chiaro e reale.
“Il mondo spirituale vicino alla terra era tutto in subbuglio. Era immenso, come le onde
dell’oceano che si abbattono sugli scogli. In alto vidi Nostro Signore, il Cristo. Austero e
impassibile guardava in basso dalla nostra parte e con Lui c’era una vasta schiera di combattenti,
tutti pronti alla battaglia, alcuni dei quali già in lotta col nemico. Tra Lui e me c’era Zabdiel. Se ne
stava là, in piedi: era alto – più alto e imponente di quanto mi fossi mai reso conto prima. Teneva le
mani abbassate lungo i fianchi, serrate e risolute, mentre riversava su di me una poderosa corrente
di forza e determinazione che a sua volta sembrava fluire in basso da quelli sopra di lui. Il tutto
avveniva mentre le forze scorrevano e fluttuavano attorno a noi, ma egli era perfettamente calmo e,
come il Cristo, imperturbabile. Rimasi fermo lì, ancora ansimante, poiché l’energia era davvero
travolgente – poi egli scese lentamente ponendosi alla mia destra. Torreggiava su di me, mentre
stavamo l’uno accanto all’altro come compagni”.
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Sono certo che per il Reverendo Owen l’esistenza futura è una realtà vivente. Egli sente che ora
sta compiendo il suo umile dovere per quei buoni amici angelici, la cui continua presenza lo
rafforza e lo sostiene giorno e notte, e continuerà a farlo finchè sarà chiamato al cospetto del Cristo
per il quale lotta ogni giorno allo scopo di servirlo quale fedele e amorevole servitore.
H.W.E.

AMORE ANGELICO
I
Apritemi il vostro mondo,
miei buoni amici angelici,
il vostro mondo di pace, bellezza e letizia,
di esseri rivestiti di luce e adornati
sulla fronte, sul petto e sulla spalla, con la gemma
dell’Ordine e Grado del Ministero che viene loro assegnato
nelle vaste distese dell’Eternità, o quaggiù in terra.
Apritemi il vostro mondo,
ma fate sì che il raggio della Shekinah non sia troppo fulgido, mentre scende sulla mia vista ancora
debole,
affinché il contrasto non mi avvilisca, affinché non frema
di tralasciare il mio dovere ora, prima che il tema
della mia vita quaggiù sia completato,
ma fate sì che quel raggio sia sufficiente
a guidare il mio passo
finché questa vita non si unirà
alla Vita Suprema,
miei buoni amici angelici.
II
Apritemi i vostri cuori,
miei buoni amici angelici;
concedetemi il vostro generoso, instancabile amore,
e lasciate ch’io veda com’è placido il vostro incedere
fra le meraviglie dell’Universo,
dove il volere è un atto compiuto; dove ogni cuore
si leva ardente e sollecito a esaudire la ricerca
di comunione degli spiriti affini.
Datemi il vostro amore – ma lo saprete voi,
i vostri limpidi occhi lo vedranno,
quando è bene dare e quando trattenere –
affinché non sia oltremodo impudente a pretendere per la terra il privilegio della vostra maggiore
libertà;
ma degnatemi almeno di un bagliore, e non cercate di occultarmi quanto benedetti siano gli amori
dove l’amore è puro; quanto il nostro amore sia teso verso l’amore futuro,
miei buoni amici angelici.

Nota. – In seguito alla ricezione di una parte dello scritto contenuto in questo volume, ricevetti i
versi sopra riportati. Mi fu fatto capire, a quel tempo, che lo scopo per cui veniva trasmesso questo
inno era perché doveva essere considerato come la nota fondamentale della serie di messaggi qui
presentata.
G.V.O.
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CAPITOLO 1

Introduzione

L’Amore Divino – Cecità umana – Bene e Male – Evoluzione – Unità nella diversità.

Lunedì 3 novembre, 1913.


Sono Zabdiel, la tua guida, e vorrei parlare con te.
Sarò felice se sarai così benevolo da volerlo fare.*
Oggi per la prima volta, amico mio, posso partecipare alla trasmissione dei messaggi che tua
madre e i suoi amici hanno comunicato ai tuoi simili tramite te. Ora è venuto il momento in cui
posso continuare a sviluppare, col tuo aiuto, gli insegnamenti che hai ricevuto, sempre che tu abbia
il desiderio di proseguire.
Ti ringrazio molto, signore. Ti prego di dirmi qual è la tua volontà in questo momento.
Desidero che tu ti sieda a scrivere i miei messaggi, qui e ora, come hai fatto nelle scorse
settimane con tua madre e i suoi amici.
Dunque mia madre smetterà di parlare e tu prenderai il suo posto?
Sì, questo è il suo desiderio. Comunque di tanto in tanto avrai sue notizie, e sentirai lei e altri del
vostro circolo di amici.
E quale genere di argomenti ti sei proposto di affrontare nel tuo corso d’insegnamento?
Lo sviluppo del bene e del male, e il piano attuale e futuro che Dio ha in serbo per la Chiesa del
Cristo e per l’umanità in generale. Sta a te, amico mio e protetto, dire se vorrai procedere o
concludere qui e non andare oltre. Ti avverto che benché seguirò la regola da noi osservata, che
consiglia di condurre avanti gradualmente piuttosto che rivelare generando turbamenti, ciò
nonostante molto di quello che avrò da dirti sarà di natura sconvolgente per te, fin quando non lo
avrai assimilato e non arriverai a capire la sequenza logica dell’insegnamento che ti impartirò.
Che ne è dei messaggi che ho ricevuto da mia madre e dai suoi amici? ** Devono essere
interrotti? Li trovo incompleti – manca loro un’adeguata conclusione.
Sì; i messaggi che ti sono stati trasmessi serviranno molto bene allo scopo. Ricorda che non era
loro intenzione impartirli in forma di storia o novella completa. Sono frammentari, ma non privi di
utilità per coloro che sapranno leggerli col giusto atteggiamento.
Confesso che sono piuttosto deluso da questo finale. È così brusco e inaspettato. Recentemente
si è parlato della loro pubblicazione. Desideri che il racconto sia pubblicato così com’è?
Questo lo lasciamo al tuo giudizio. Personalmente non vedo perché non debba esserlo. Posso
dirti comunque che lo scritto da poco concluso, come tutti i precedenti messaggi che hai ricevuto da
noi, è introduttivo a un ulteriore svolgimento che ora ho intenzione di esporti.
Quando vorresti cominciare?
Subito; e puoi continuare in base alle tue possibilità giorno dopo giorno, come hai fatto finora.
Conosco la tua attività e i tuoi impegni, e regolerò i miei di conseguenza per svolgere il mio lavoro
con te.
D’accordo, farò del mio meglio. Ma confesso, molto onestamente, che ho paura del compito.
Intendo dire che non mi sento abbastanza progredito, perché da quello che dici, signore, si profila
un lavoro mentale piuttosto arduo.
Con la forza di nostro Signore il Cristo, la mia buona volontà sarà sufficiente a colmare le
lacune, com’è stato finora.
Bene. Potresti allora cominciare a dirmi qualcos’altro di te stesso?

*
Tutte le domande e le osservazioni del Rev. Owen sono scritte in corsivo.
**
Si riferisce ai messaggi trasmessi dalla madre del Rev. Owen, che fanno parte del primo volume della serie “La Vita
al di là del Velo”, intitolato “I Reami Bassi del Cielo”. – H.W.E.
12
Non è su di me che vorrei fissare la tua attenzione, amico, ma sui messaggi che, attraverso te,
trasmetto ai tuoi fratelli cristiani che si fanno strada nelle nebbie della discordia, del dubbio e del
fervore mal diretto. Voglio aiutare loro e te, mio allievo; e a quelli che hanno, sarà dato, ed essi lo
daranno ad altri. Ma la decisione spetta a te.
Ho già deciso. Dico di sì. Se sarai bravo abbastanza, Zabdiel, da usare un misero strumento
come me, questo è affare tuo, non mio. Io farò del mio meglio: è tutto quello che posso promettere.
Ora, cosa mi dici di te?
La mia missione è più importante della mia personalità, che vedrai meglio delineata attraverso i
pensieri che riuscirò a trasmetterti. Gli uomini sospettano di colui che rivendica più di quanto essi
possono comprendere. Quando leggono, “Io sono Gabriele e sono al cospetto di Dio”, ci credono
perché è stato detto molto tempo fa. Ma se ti dicessi: “Io sono Zabdiel, e vengo da Luoghi Altissimi
per recarti un messaggio da parte di Coloro che nei Reami Celesti sono ritenuti Santi e Signori
d’Amore e di Luce” – ebbene, mio caro amico e protetto, tu sai quale smorfia apparirebbe sulle
labbra degli uomini. E così ti prego di lasciarmi parlare, e di giudicarmi assieme ai miei compagni
in base al messaggio che sono incaricato di recare – se esso sia vero, elevato oppure no – e questo
basterà a entrambi. Un giorno, caro amico, mi vedrai e mi conoscerai meglio, e quel giorno sarai
felice.
Molto bene, signore, mi rimetto a te. Tu conosci i miei limiti. Io non sono chiaroveggente né
chiarudente e neppure un sensitivo in senso stretto, suppongo. Ma ammetto che quanto è stato
scritto finora mi ha convinto che proviene dall’esterno di me – e penso di esserne profondamente
convinto. Se dunque così vorrai, io vorrò. Non posso dire altro, anche se so che non è molto.
È sufficiente, e ciò che ti manca cercherò di compensarlo con la mia stessa forza. Non dirò altro
per oggi. So che devi andare, hai molto lavoro da sbrigare.
Dio sia con te, mio protetto, nel Cristo nostro Signore, Amen. † *

Martedì 4 novembre, 1913.


Possano la grazia e la pace essere con te, amico mio, assieme alla calma della mente. Non
voglio che quanto ho da dire sia frainteso, perciò comincio con il confessarti che in questi reami non
ci soffermiamo troppo sulle cose prive d’importanza immediata, ma ci dedichiamo alle questioni
che riguardano soprattutto il nostro prossimo passo sulla via, cerchiamo di conoscerle a fondo, e
così avanziamo un gradino dopo l’altro su un terreno solido e sicuro. In verità, le cose relative
all’infinito non sono del tutto assenti nella nostra mente – la natura e la presenza dell’Altissimo e
Supremo Uno, e le condizioni che Lo circondano, non vengono lasciate completamente in disparte.
Ma siamo disposti a considerarle come questioni ancora incomprese, perché sappiamo che il nostro
giudizio si basa sull’esperienza che viviamo in questi reami più bassi rispetto ai regni superiori che
devono riservarci benedizioni ben maggiori delle attuali. E così procediamo in perfetta fiducia e
sicurezza, felici di avanzare, e comunque non impazienti del futuro verso il quale sicuramente ci
muoviamo. Di conseguenza quando ti parlo del bene e del male prenderò in maggiore
considerazione le questioni che siamo capaci di chiarirti, che altro non saranno se non una goccia di
rugiada in confronto all’arcobaleno, e anche meno a dire il vero.
Certuni dicono che il male non esiste. Sono in errore. Se il male è il negativo del bene positivo,
allora esso è reale quanto il bene. E affermarlo sarebbe irragionevole, sarebbe come dire che la notte
non esiste, ma che è solo l’aspetto negativo della luce e del giorno; come dire che il male non esiste,
ma il bene esiste. Entrambi sono condizioni del comportamento assunto dai singoli individui nei
confronti di Colui Che È. E come ogni comportamento è un mezzo qualificante mediante cui si
manifesta un determinato effetto, così la condizione di ribellione (derivata da una certa condotta)
causa a sua volta il turbamento e la rovina del ribelle.

*
Zabdiel conclude sempre le sue comunicazioni con il segno della Croce. – H.W.E.
13
L’AMORE DIVINO. *
L’intensità stessa dell’Amore di Dio diventa terrificante quando incontra un ostacolo che vi si
oppone. Più impetuosa è la corrente del fiume, più forte sarà l’impatto dell’onda che si abbatte sugli
scogli. Maggiore è il calore del fuoco, più completa sarà la dissoluzione del materiale bruciato, e di
cui il fuoco si alimenta. E se a certuni queste parole possono sembrare crudeli, sta di fatto che è
proprio l’intensità dell’Amore a causare il dolore maggiore quando, scorrendo attraverso la
creazione del Padre e infondendo energia, incontra resistenza e opposizione.
È una verità che puoi sperimentare e verificare persino nella vita terrena. E vedrai che i rimorsi
e i pentimenti più dolorosi avvengono quando ci sentiamo toccati dall’amore che proviene da chi
abbiamo trattato ingiustamente. È solo questo il fuoco dell’inferno, e nient’altro. E se ciò non rende
l’inferno una realtà, cosa potrebbe farlo? Noi sappiamo, e possiamo testimoniare, che le acute
sofferenze dell’inferno discendono sul peccatore – fino a raggiungere il loro culmine – solo quando
egli perviene al pentimento e diventa consapevole che ogni azione di Dio è un atto d’amore.
CECITÀ UMANA.
Ma se è così, se il male è reale, anche gli esseri malvagi sono reali. La cecità è l’incapacità di
vedere. E se esiste una condizione come la cecità, esistono anche le persone cieche. La cecità inoltre
è una condizione negativa, cioè una mancanza. È la condizione di chi possiede quattro sensi invece
di cinque. Nondimeno è reale. Ma solo quando il nato cieco viene a sapere del senso della vista,
comincia a riconoscerne la mancanza, e più realizza il suo difetto più questo si fa sentire. Lo stesso
vale per il peccato. Qui è normale definire coloro che vivono nelle tenebre “immaturi”. E non ha
un’accezione negativa, come sarebbe se dicessimo “regrediti”. Così per entrambi i casi io non dico
“perdita”, ma “mancanza”. Chi è nato cieco non ha perso una facoltà, ma ne è carente. E anche il
peccatore, piuttosto che aver perso, manca della capacità di apprendere il bene. La sua condizione è
quella del cieco dalla nascita, più che del cieco divenuto tale per malasorte.
In questo sta la spiegazione delle parole di S. Giovanni, quando dice che coloro che sono stati
portati a conoscenza della verità non possono peccare – non in senso teorico, ma praticamente. È
difficile infatti capire come mai chi ha goduto della luce, e di tutta la bellezza che rivela, dovrebbe
poi chiudere gli occhi diventando cieco.
Perciò, chi commette peccato lo fa per mancanza di conoscenza e per l’incapacità di riconoscere
il bene e il bello, e come il cieco incorre in una sciagura se non viene aiutato a scansare i pericoli da
coloro che possono vedere – che siano guide incarnate o disincarnate – allo stesso modo va incontro
alla rovina chi è spiritualmente cieco.
Tuttavia potresti replicare che le persone regrediscono e perdono la grazia di Dio. Ma tali
persone sono già parzialmente cieche o hanno la vista difettosa – sono daltoniche a uno o più colori.
Non hanno mai avuto una vista perfetta, e il loro difetto gli è sconosciuto finchè non si presenta
l’occasione, e allora l’imperfezione gli si palesa. Infatti la persona daltonica ha una vista difettosa in
misura più o meno marcata. Ma è solo esercitando la sua facoltà visiva che mantiene la vista che
possiede, e se trascura di farlo regredisce. Così è per il peccatore.
Ciononostante potresti essere perplesso e dire che molti di quelli che sembrano vivere con bontà
e onestà sulla terra, si trovano da questa parte fra le persone non sviluppate. Ed è vero. Essi hanno
trascorso la vita senza curarsi di sviluppare la maggior parte delle loro facoltà spirituali superiori, e
quando passano nel mondo dove tutto è spirituale, la loro mancanza viene riconosciuta, e solo
gradualmente pervengono a comprendere cos’hanno trascurato a loro insaputa per tanto tempo –
allo stesso modo molte persone affette da daltonismo vivono la loro esistenza e trapassano senza
mai rendersi conto della loro imperfetta condizione visiva; che fra l’altro è ignorata anche dai loro
simili.
Suppongo che tu abbia un esempio da farmi a scopo di chiarimento.

*
I sottotitoli usati da qui in avanti non sono, come è ovvio, presenti nel manoscritto originale, ma servono a suddividere
l’opera in paragrafi per facilitarne la consultazione.
14
Chi insegna la verità solo parzialmente, deve imparare a insegnarla per intero qui. Un numero
assai vasto di persone accetta il fatto dell’ispirazione, ma nega che sia un mezzo ordinario e perenne
della grazia riversata da Dio sugli uomini. Quando vengono qui, essi diventano a loro volta
ispiratori, se hanno i requisiti necessari, e allora capiscono quanto sia grande il debito maturato nel
loro percorso terreno nei confronti di coloro che usavano questo metodo a loro sconosciuto. Devono
prima acquisire la conoscenza che gli manca e allora possono progredire, ma non prima.
Ora, il male è l’antitesi del bene, ma come sai sono entrambi presenti in una persona. È solo
l’esercizio del libero arbitrio che rende quella persona responsabile del bene e del male presente nel
suo cuore. Del libero arbitrio, della sua natura e impiego, dovrò parlarti un’altra volta.
Dio sia con te, amico, serbati nella Sua Grazia. Amen. †

Sabato 8 novembre, 1913.


BENE E MALE.
Se ora mi presti attenzione riprenderò il discorso sul problema del male e della sua relazione col
bene. Questi in realtà sono concetti relativi e per nulla assoluti, se considerati dal punto di vista di
un uomo sulla terra. È impossibile infatti che una persona, in cui convivono entrambi gli aspetti, sia
in grado di distinguerli alla perfezione, ma può riconoscerli solo, o soprattutto, quando l’effetto di
ciascuno viene visto operare.
Bisogna inoltre ricordare che ciò che un uomo vede come bene o male, non appare
necessariamente tale agli occhi di un altro. Questo è sopratutto vero per coloro che appartengono a
religioni diverse e hanno abitudini di pensiero e stili di vita sociale differenti. Per riuscire a
distinguere i due concetti bisogna afferrare con chiarezza i principi generali e fondamentali che
sottostanno a entrambi, e affidare al futuro la comprensione delle loro sfumature secondarie, quando
saranno poco a poco meglio riconoscibili.
Ora, il male consiste nel ribellarsi alle leggi di Dio che si manifestano nel Suo operato. L’uomo
saggio deve sforzarsi di camminare nella medesima direzione verso cui scorrono le leggi divine.
Chi per ostinazione o ignoranza si oppone a quella corrente, trova subito un ostacolo davanti a sé, e
se persiste nella sua opposizione finirà con l’andare incontro alla rovina.
La Vita del Supremo, che opera attraverso la creazione e la vitalizza, è di una tale forza che se
contrastata genera distruzione. E se un uomo fosse abbastanza potente da sostenere una simile
opposizione impedendo il passaggio di quella forza tremenda, arrestandone il flusso anche per un
solo istante, sarebbe destinato all’annientamento allorché l’energia repressa tornasse di nuovo a
erompere contro di lui. Ma nessun uomo è in grado di mettersi contro Dio fino a questo punto;
perciò la nostra debolezza è la garanzia contro un tale annientamento.
Talvolta per periodi più o meno lunghi, e sovente per qualche migliaia d’anni, per come
misurate il tempo sulla terra, un uomo può perdurare nella sua ostinazione. Ma nessun uomo è stato
creato per essere in grado di mantenere una condotta ostinata in eterno. È un limite caritatevole che
nostro Padre, il Creatore, ha posto in noi per non rischiare di perderci, né che qualcuno dei Suoi
figli si allontani da Lui senza fare ritorno.
Perciò, dopo aver considerato la fase di aberrante deviazione dal cammino naturale dell’uomo
con Dio, dirigiamo ora l’attenzione sull’altro aspetto verso cui tende ogni cosa. In verità il male è
solo una fase transitoria e, sia che scompaia interamente o no dal Suo ordinamento, molto
probabilmente svanirà da ogni individuo quando la sua forza ostile si sarà esaurita e sarà lasciato
libero di seguire la gloriosa schiera di coloro che risplendono avanzando di gloria in gloria verso
una luce maggiore.
Per questo motivo anche il Regno di Cristo un giorno sarà completamente purgato dal male,
perché gli individui rinnoveranno la Sua Chiesa e quando l’ultimo pellegrino verrà accolto, allora
quel Regno brillerà di gloria perfetta e sarà pronto a servire probabilmente, come molti qui pensano,
gli altri mondi bisognosi di aiuto e soccorso come lo è il vostro oggi.

15
EVOLUZIONE.
Mentre siamo sul piano terreno, dove ora mi trovo, e gettiamo, attraverso il Velo, uno sguardo
sulla differenza fra la nostra e la vostra condizione, sovente vediamo nel contempo molte persone,
ma talora solo poche. La luminosità di queste persone differisce in base al grado di spiritualità
presente in loro; cioè in base alla misura in cui ciascuno è capace di riflettere la sublime luce
spirituale che scende su di noi, ci attraversa e arriva fino a voi. Alcuni appaiono molto spenti, e
quando trapassano andranno nelle regioni fosche e meno luminose secondo il loro grado di
offuscamento.
In tal modo ciascuno apparirà agli altri, e gli altri appariranno a lui, come connaturato al
particolare ambiente e all’atmosfera dove il suo destino lo ha condotto. Quello sarà “il suo giusto
posto”. Lascia che te lo illustri in modo ancora più semplice. Se una scintilla elettrica viene fatta
scoccare nella più densa oscurità, il contrasto che ne deriva sarà eccessivo e apparirà inadeguato.
Diremo che quella scintilla si trovava fuori dal proprio elemento, e ha creato una perturbazione in
seno alle tenebre da provocare per un attimo una battuta d’arresto di ciò che vi dimora. Gli uomini
che procedono a tentoni su un viottolo buio di campagna, vedendo quella scintilla si fermano e si
stropicciano gli occhi finché la vista non gli consente di riprendere di nuovo il cammino. Anche gli
animali notturni per un istante sussultano e restano immobili.
Ma se una scintilla viene emessa nell’atmosfera della luce di mezzogiorno, il disturbo sarà
minore; se poi fosse fatta scoccare contro il sole, non ci sarebbe contrasto e si confonderebbe col
fulgore dell’astro.
Così, chi è dotato di grande splendore entra in quelle sfere la cui luminosità corrisponde alla
sua; e ciascuno va nella sfera conforme alla sua luce – poca o tanta che sia. Ma chi possiede un
corpo spirituale di natura grossolana, e non irradia molta luce ma è pallido e spento, entra in quelle
sfere buie dove lui solo può trovarsi a proprio agio, tanto da poter operare la sua salvezza da quel
posto. A dire il vero non si trova a suo agio in ogni senso, ma lo sarebbe ancor meno in una sfera
più luminosa rispetto alle regioni tetre in cui si trova, almeno fin quando non sarà cresciuto in
splendore.
Tutti quelli che arrivano qui dalla terra sono avviluppati da una certa oscurità, come da una
densa coltre di nebbia. Ma molti hanno già indotto la loro volontà a salire oltre quella nebbia fino ai
reami più splendenti: e qui essi compiono con rapidità ciò che volentieri avrebbero compiuto laggiù.
Ora volgiamo lo sguardo in alto, dove si dispiega la Via Regale, la Strada Maestra che conduce
alla Città Santa del Sovrano e al Palazzo della Sua Sovranità. Lungo quella strada procediamo passo
dopo passo, e ad ogni passo vediamo che in lontananza la luce aumenta sempre, e assieme ai nostri
compagni cresciamo in splendore e bellezza man mano che ci spingiamo avanti. E non è una
piccola gioia averci consentito, in periodi diversi e secondo le tue esigenze terrene, di tornare
indietro sui nostri passi per aiutarti a percorrere la via che sappiamo essere tanto radiosa e colma di
Bellezza della Sua Presenza.
È questo, amico mio e pupillo, che tenteremo di fare, se mantieni ancora la disposizione mentale
che hai adesso. Io credo che sarai capace di perseverare. Ma sappi che molti partono con buone
intenzioni e poi, diffidando della luce che abbaglia i loro occhi non abituati, tornano indietro su
sentieri più scuri dove la loro vista soffre meno. E così noi li guardiamo mentre si allontanano e,
sospirando, ci voltiamo a cercare altri nell’eventualità che sappiano dimostrarsi più forti per
sopportare la nostra luce meglio di quelli indietreggiati, il cui ritorno dobbiamo attendere nei nostri
luoghi, fin quando giungerà il loro momento e noi saremo pronti ad accoglierli.
Che Dio protegga i tuoi piedi da qualunque passo falso, e aiuti i tuoi occhi a non indebolirsi. E
anche se non riuscirai a trascrivere con parole adeguate quanto verrai a conoscere, faremo in modo
che tu scriva lo stesso affinché altri siano spinti a chiedere ciò che possono ottenere; così che
cercando, troveranno, e (se dimostreranno eroico coraggio, afferrando questi due regni) oseranno
bussare e, bussando, quella Porta sarà aperta e la luce e la gloria interiore rivelate. †

16
Lunedì 10 novembre, 1913.
Stando sul piano terreno sono molto lontano dalle sfere che ho visitato e dalla Decima di cui
sono membro. Queste sfere non corrispondono esattamente alle località della terra, sono piuttosto
differenti stati di vita e potere, in base allo sviluppo dell’individuo. Hai già ricevuto alcune
istruzioni sulla varietà di queste sfere di potere, e non è mia intenzione portare avanti il discorso.
Vorrei piuttosto elevare la tua mente ai reami di luce e attività attraverso un’altra via, che ora
comincerò a esporti.
Tutto ciò che è bene è efficace per realizzare imprese in due direzioni. Col potere interiore, un
uomo retto e virtuoso, sia egli incarnato o disincarnato, può e sa elevare l’inferiore e richiamare in
basso il superiore, e non solo con la preghiera ma, grazie alla sua rettitudine, anche con la volontà.
Ciò dipende dalla sua capacità di sintonizzarsi con la Volontà Divina: quanto più è in armonia
con la sua sfera divina, tanto più sarà capace di lavorare tramite quell’ambiente; in altre parole saprà
animare e realizzare i suoi progetti. Le opere che allora si possono compiere sono molteplici persino
per colui che si è innalzato solo di poche sfere; e tali opere, quando proiettate attraverso il Velo
nella vita terrena, sono considerate meravigliose.
Ad esempio, qui si trovano coloro a cui sono affidati gli elementi che condizionano la terra e
quanto vi cresce sopra. Esaminiamo un caso che servirà a chiarire gli altri, e parliamo di quelli
responsabili della vita vegetale. Essi si trovano sotto il comando di un Potente Signore, e sono divisi
in dipartimenti e sotto-dipartimenti, tutti disposti in perfetto ordine. Alle loro dipendenze ci sono
altri di livello inferiore che eseguono il lavoro sotto la direzione, e in conformità a certe leggi
immutabili stabilite nelle sfere superiori. Questi ultimi li conosci come spiriti elementali, e sono
tantissimi e di varie forme. Le leggi di cui ti parlo si fanno più complesse man mano che ci
allontaniamo dalla loro sfera d’origine; ma se potessimo risalirne il corso e arrivare alla sorgente
scopriremmo, credo, che esse sono poche e semplici; e alla sorgente stessa della loro origine
vedremmo l’unità. A tal riguardo, io che ho percorso solo poca strada, non posso fare altro che
ragionare su quanto ho osservato lungo il mio sentiero di elevazione; e ciò mi ha condotto ad
azzardare l’ipotesi che l’unica legge, o principio, da cui tutte le leggi e principi minori discendono
può essere meglio descritta con la parola Amore.
E una volta intese le cose come le intendiamo noi, Amore e Unità sono concetti poco dissimili,
se non addirittura identici. Finora abbiamo scoperto che il processo per cui l’intero si divide, dando
origine a tutte le regioni e condizioni presenti sul nostro livello e sulle sfere più basse fino a quella
terrena, è in qualche modo un atto di sacrificio dell’Amore nel suo più autentico e profondo
significato.
UNITÀ NELLA DIVERSITÀ.
È un problema molto difficile da discutere con te adesso; sarebbe complicato spiegarti come la
diversità che ti circonda sia dovuta, per come la vediamo noi, a quello stesso processo di divisione,
che nonostante tutto appare così mirabilmente splendido e saggio. Inoltre, se sostituisci il concetto
di negazione con l’idea di Unità meno una parte, poi di Unità meno due parti e così via, avrai forse
qualche barlume di quale sia la nostra filosofia sul tema dell’Unità che si disperde nella diversità
delle funzioni.
Anche se l’attività degli ordini inferiori è regolata interamente dalla legge, esiste comunque un
ampio spazio di libertà entro i suoi confini. E questo per noi è un tema di grande fascino perché,
come riconoscerai, c’è molta bellezza nella diversità e nell’inventiva dimostrata da coloro che
infondono energia nel regno vegetale.
Alcune delle leggi che governano gli elementali e i loro superiori mi sono ancora ignote. Altre
le ho comprese, ma non riesco a dartene una descrizione. Posso dirti poco e tu, coi tuoi tempi,
imparerai di più mentre progredirai in queste dimore celestiali.
Sembrerebbe allora che l’unica regola che devono osservare nel loro lavoro, sia quella di
procedere secondo lo schema di sviluppo già pianificato per ciascuna famiglia di piante, seguendo
tale schema nei suoi elementi principali ed essenziali fino al suo naturale compimento. Tutti i loro
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eserciti di subordinati sono mantenuti entro i limiti di quella immutabile legge evolutiva. Se è stata
pianificata la creazione di una famiglia di querce, deve rimanere una famiglia di querce. Si possono
sviluppare suddivisioni, pur che restino sottospecie della quercia. Non è permesso dividersi
nettamente dando origine, ad esempio, a famiglie di felci o di alga marina. Queste si evolveranno
lungo la loro linea prestabilita.
Un’altra legge stabilisce che nessun dipartimento di lavoratori spirituali può opporsi alle attività
di un altro dipartimento. Possono operare in modo non conforme, e spesso accade, ma i loro
interventi devono avvenire lungo linee di modificazione e non di assoluta negazione, che vorrebbe
dire distruzione. Così vediamo che se il seme di due piante della stessa famiglia viene incrociato, il
risultato sarà una pianta ibrida, una variante. Ma se il seme di una certa famiglia viene incrociato
con quello di una famiglia differente, il risultato sarà nullo. E in nessun caso l’effetto implica
l’annientamento.
Un parassita può intaccare un albero. Allora ne segue una lotta. Alla fine l’albero ha solitamente
la peggio e paga il prezzo della sconfitta. Ma non si arrende facilmente. La battaglia prosegue e in
effetti a volte l’albero ne esce vincitore. Tuttavia in tal caso riconosciamo che i creatori e artefici
dell’idea parassitaria hanno vinto nel complesso la battaglia delle forze. Così la guerra continua, e
quando la osservi da questo lato è di gran lunga interessante.
Ora ti parlerò di qualcosa, di cui già ti accennai, che potresti trovare difficile da accettare. Tutte
le leggi fondamentali, persino quando si differenziano nell’azione, sono pianificate in sfere superiori
alla mia da eccelsi e potenti Signori che prestano servizio agli ordini di Esseri Elevati, i quali a loro
volta operano sotto il comando di altri ancora più in alto.
Preferisco dire “si differenziano” piuttosto che “si contrappongono”, perché fra quelle Alte
Entità non si manifesta antagonismo, ma una pluralità di diverse qualità saggiamente combinate.
Ciò da origine alla meravigliosa biodiversità presente in natura, che si dispiega nel suo procedere
dai Cieli Superiori verso l’esterno, attraverso le sfere inferiori, fino a quella della materia che puoi
vedere sulla terra.
L’antagonismo inizia nei mondi dove la saggezza emanata si è indebolita a causa del suo
viaggio verso l’esterno, in ogni direzione, passando per le sfere di innumerevoli esseri dotati di
libero arbitrio, dove si è diluita e suddivisa nel suo passaggio.
Quando contempli le stelle di diverse dimensioni e costellazioni, e le acque del mare che sono
naturalmente ferme, ma col moto della terra e la forza di gravità esercitata dai corpi celesti, sono
destinate a non avere riposo; oltre al fatto che l’atmosfera, più rarefatta, risponde alle trazioni e alle
spinte delle forze che colpiscono la terra, e spinge al moto il liquido che è più pesante. Quando
consideri la diversità delle forme e dei colori di prati e piante, alberi e fiori, di insetti e della vita più
evoluta degli uccelli e degli altri animali, del continuo movimento attorno a loro, il modo in cui gli è
permesso di predare un’altra specie senza distruggerla completamente, ma ogni specie destinata a
far evolvere la sua razza prima di estinguersi – ebbene in tutto questo e in altro ancora, non
riconosci, amico mio, quanto sia meraviglioso Dio nel Suo modo di operare, e come tale meraviglia
giustifichi appieno i provvedimenti che Egli ha consentito ai Suoi altissimi servitori di adottare e
usare, e anche la maniera del loro utilizzo?
Nel Sacro Nome di Dio hai la mia benedizione, amico – la pace sia con te. †

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CAPITOLO 2

Uomini e Angeli

I gradi di luce delle sfere – Astronomia geometrica – L’orbita della vita umana – Gli Angeli
visitano la Terra – La lotta di Giacobbe – Il potere di un nome – Il coraggio di pensare –
La Divinità del Cristo – L’amore e il suo opposto – “Ora vediamo attraverso un vetro
appannato” – La Dimora Celeste di Zabdiel.

Mercoledì 12 novembre, 1913.


Amico mio, se fosse possibile essere così intimamente uniti da osservare le cose da un unico
punto di vista e in una condizione di vantaggio, allora gli argomenti che stiamo trattando sarebbero
di gran lunga più semplici da spiegare. Purtroppo tu guardi da una posizione lontana da me, da un
lato del Velo che separa il mondo degli effetti da quello delle loro cause, mentre io guardo dall’altro
lato. Ecco perché le nostre vedute sono di norma opposte, e quando cerco di renderti le cose
semplici sono obbligato a volgermi indietro e guardare nell’altro modo e, per quanto mi è possibile,
con i tuoi occhi piuttosto che coi miei.
Perciò, così facendo per quanto posso, ti invito a fissare con me lo sguardo ai cieli superiori
della creazione, in senso contrario al loro corso naturale che procede dai Grandi Signori verso le
sfere esterne, dove ciò che è materiale comincia ad assumere e richiedere un posto.
Mentre c’innalziamo vediamo che le cose conosciute come appartenenti al nostro ambiente
cominciano, già nelle prime sfere, ad assumere altri aspetti: sono trasformate alla visione, e
transustanziate al senso di percezione interiore, e tuttavia restano collegate alle cose presenti nella
sfera materiale o a quelle poco sopra, così come il sole è collegato alla luce del tramonto sulla terra.
I GRADI DI LUCE DELLE SFERE.
Consideriamo innanzitutto la questione della luce. La luce è conosciuta sulla terra in ragione del
suo contrasto con l’oscurità, che è semplicemente uno stato di assenza di luce, privo di qualunque
contenuto o valore intrinseco. E quando parliamo di oscurità, intendiamo la mancanza di certe
vibrazioni che consentono alla retina dell’occhio di registrare la presenza degli oggetti esteriori.
Ora, anche nelle regioni di oscurità spirituale, da questa parte del Velo, esiste una condizione
simile. Infatti coloro che vivono nelle tenebre sono persone il cui senso della vista manca di
registrare le vibrazioni provenienti dall’esterno, che consentono di essere consapevoli degli oggetti
presenti al di fuori di sé. È una condizione derivante dall’incapacità di ricevere quel tipo di
vibrazione, e quando le loro facoltà spirituali avranno subito certi cambiamenti riusciranno a vedere
con maggiore chiarezza.
Inoltre, in quelle regioni, le vibrazioni che consentono di vedere e conoscere le cose, sono di
qualità più grossolana rispetto alle vibrazioni presenti nei piani di benessere spirituale. E se nelle
lande buie si addentrano spiriti belli, dalla vista più perfetta, l’oscurità è percepita in misura
notevole anche da loro, e la luce con cui vedono è debole. Capirai quindi che esiste un’influenza
reciproca fra lo spirito e il suo ambiente, e quell’influenza è così precisa, continua e prolungata da
costituire uno stato di vita permanente.
Mentre saliamo nei mondi superiori, l’effetto reciproco fra lo spirito e il suo ambiente continua
a perdurare, e procedendo verso l’alto la luce esterna, per così dire, diventa sempre più viva e
perfetta. Tant’è che gli abitanti, ad esempio, della Quarta Sfera possono entrare nella Quinta e
rimanervi, solo quando si sono sviluppati al punto da sostenere senza fatica il grado d’intensità della
luce che vi prevale. Una volta conseguito il livello adatto alla Quinta Sfera si abituano rapidamente
alla sua luce. E se ritornano nella Quarta, come avviene di tanto in tanto, la sua luce gli appare più
offuscata, anche se riescono ancora a vedere con relativa facilità. Ma se scendessero direttamente
alla Seconda o Prima Sfera, solo con grande sforzo si adatterebbero alle sue più lente vibrazioni di
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luce, e per farlo dovrebbero esercitare la loro vista in quella sfera che in un altro tempo era la loro
dimora abituale.
Quando scendiamo nel mondo terreno riusciamo a vedere grazie alla luce spirituale che gli
uomini portano in sé. E le persone di livello spirituale superiore le vediamo molto più chiaramente.
Se non fosse per le altre facoltà che possediamo oltre alla vista, avremmo, suppongo, dei seri
problemi a trovare la nostra strada e le persone da cui desideriamo andare. Ma disponendo di altre
facoltà riusciamo a svolgere il nostro servizio con voi.
Ora potrai comprendere la pura verità delle parole: “Egli dimora nella luce che nessun uomo
può avvicinare”. Pochi nella vita terrena sono capaci di innalzarsi di molte sfere; e la luce che
fluisce dall’alto è abbagliante persino per gli individui molto progrediti.
Pensa quale bellezza implica questa luce sempre più perfetta. Avete colori sulla terra che
incantano gli occhi mortali. Ma appena oltre il confine, sul nostro lato, ci sono colori ancora più
sgargianti e variopinti. E quanto grande deve essere la bellezza anche solo nell’aspetto del colore,
mentre avanziamo nella luce maggiore! Persino nella mia esperienza, pur avendo fatto solo poca
strada, ho visto più di quanto posso esprimere nel linguaggio terreno, che oggi è come una lingua
straniera per me, limitato come sono a usare la provvista di parole che possiedi.
Ma coloro che amano la bellezza ne troveranno una riserva inesauribile, con loro grande gioia.
La luce e la santità vanno mano nella mano, e mentre si progredisce in una si godrà in misura
maggiore anche dell’altra. Questa è la Bellezza della Santità e supera ogni immaginazione
dell’uomo mortale. Ma merita di essere considerata, e se la terrai presente allora le cose belle sulla
terra ti suggeriranno in modo più autentico le maggiori bellezze dei Reami Celesti, dove la gioia
della vita è tutto quello che si può desiderare. E un giorno sarà tua, buon amico, se continuerai a
seguire la giusta via che mena avanti. †

Sabato 15 novembre, 1913.


ASTRONOMIA GEOMETRICA.
E ora, amico mio e diletto, vorrei farti capire un’altra questione dal mio punto di osservazione.
Riguarda la vera relazione fra il potere, o energia spirituale, e il fenomeno dello sviluppo dei corpi
celesti, così come gli scienziati l’hanno osservato e classificato, e dopo aver messo assieme le loro
idee hanno tratto deduzioni, e da queste formulato, con una certa profondità e saggezza, le leggi che
spiegano come avviene il fenomeno.
La definizione di “corpo celeste” ha un duplice significato e sarà interpretato in base alla
capacità e qualità della mente individuale. Secondo alcuni queste sfere sono creature della materia
celeste, mentre per altri non sono che manifestazioni e risultati dell’energia trasmessa dalla vita
spirituale. Ma la maniera di operare di questa vita spirituale non è compresa da tutti allo stesso
modo; e alcuni usano il termine con molta vaghezza. Quando si dice che Dio ha creato tutte le cose,
si afferma in poche parole un fatto importante. Ma il significato della verità che esse incorporano è
qualcosa di immenso; e tranne per chi è capace di salire a una luce più chiara di quella che pervade i
luoghi cupi del piano terreno, per tutti gli altri sarebbe più esatto dire che in quelle parole la verità
non è tanto incorporata quanto sepolta. Dalla saggezza più semplice sono derivate le cose più
grandi; dalla più elementare delle figure geometriche sono nate le più mirabili combinazioni del
moto perpetuo. Solo le cose semplici e pure sono idonee ad essere usate con facilità e senza
complicazioni. E questa sola circostanza assicura la perennità sia sulla terra che nelle vaste distese
spaziali attraverso cui si muovono mondi e sistemi, eternamente, perché perfettamente ordinati nel
loro moto.
Ora, non è esagerato dire che le rotte assegnate a tutti i corpi dei sistemi celesti vengono
tracciate in base a due principi: la linea retta e la curva. È persino più vero ed esatto dire che le loro
orbite possono essere descritte con una sola e unica forma, la linea retta. Tutti procedono spinti
lungo una traiettoria dritta e rettilinea, eppure non ve n’é uno tra quelli che conosciamo che non
viaggi seguendo una curva. Gli astronomi vi spiegheranno il perché, tuttavia farò un esempio per
illustrare la questione.
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Supponiamo che la terra dia inizio al suo viaggio. Essa si sposta in linea retta a partire da un
punto. Quello è il suo movimento inerente. Ma ben presto abbandona quel punto e comincia a
deviare verso il sole, e dopo qualche tempo vediamo che il suo moto descrive un’ellissi. In questa
forma non ci sono linee rette, ma una serie di curve che compongono una figura, che rappresenta
appunto l’orbita della terra.
E anche la trazione del sole non viene esercitata lungo una curva, ma in linea retta e
direttamente. È la combinazione di queste due linee rette di energia – la spinta della terra e la forza
di gravità del sole – che perennemente esercitate curvano l’orbita della terra portandola da rettilinea
a una figura ellittica, dove molti elementi della curva partecipano alla sua completa formazione.
Tralascio le altre influenze che modificano la traiettoria perché voglio concentrare la tua attenzione
su quest’unico grande principio, che esprimo nella seguente formula: due linee rette di energia
agendo l’una sull’altra producono una curva chiusa.
Noterai che sono perfettamente ordinate nella loro interazione; sono splendide e di mirabile
potenza. E il fatto stesso che un corpo di materia si muove dovrebbe sembrare meraviglioso, ed è
proprio così. Tuttavia ciascuno influisce sull’altro, e il maggiore domina il minore senza privarlo
del suo essenziale potere e della libertà di movimento. E la loro azione congiunta – esercitata e
diretta in apparente opposizione – produce una figura di bellezza superiore rispetto alle due linee
rette, che sono come i genitori per il figlio.
Ora, poiché queste forze sono viste esercitarsi l’una contro l’altra, presumo non diresti che
questo schema o piano è cattivo e origina dal male. Ma vedendo i due corpi celesti seguire senza
sosta il loro tragitto attraverso lo spazio anno dopo anno, secolo dopo secolo, giungi a pensarci con
timore reverenziale e profondo rispetto, piuttosto che lanciare contumelie. Esso mostra una
Saggezza che è magnifica nel suo operare e potente nell’azione; e lodi Dio la cui mente ha
concepito tutto questo poiché, in verità, immense devono essere la Sua saggezza e la Sua grandezza.
E fai bene.
L’ORBITA DELLA VITA UMANA.
Quando però contemplate altre Sue opere, senza comprenderle bene come queste, voi uomini
siete a volte troppo propensi a dubitare di Lui e del Suo modo di agire. Quando osservate la
medesima opposizione di forze nell’ambito della vita umana, affermate che il Suo piano è
imperfetto sulla terra. Pensate che avrebbe potuto fare meglio; e molti dubitano della Sua saggezza
e del Suo amore, perché vedendo solo una minuta sezione della curva della grande orbita
dell’esistenza, non possono far altro che concludere che tutto sta rovinando e precipita verso la
catastrofe; oppure pensano che una linea dritta e rettilinea sarebbe un percorso migliore rispetto a
queste combinazioni che curvano la spinta della vita umana facendola deviare dalla sua dritta
traiettoria evolutiva in avanti, che non causerebbe disastri né dolore.
Mio caro amico e allievo, queste cose potrebbero anche essere diverse da come sono, ma allora
non sarebbero così mirabili e complete nella loro orbita come lo saranno seguendo il percorso sul
quale sono state poste da Colui Che tutto ha creato e Che vede il compimento di tutto. Le forze che
opponendosi producono tensione, travaglio e pena, sono le stesse che fanno dell’orbita della terra
quella che è; e Colui che contempla la forma ideale l’ha vista funzionare bene in questo modo, e
con pazienza vigila sul compimento del Suo piano perfetto.
Da qui non vediamo tutta la strada che abbiamo davanti, ma solo un breve tratto; però vediamo
molto più di voi, e questo ci consente di essere contenti e di spingerci avanti, aiutando altri lungo il
cammino, gioiosi e fiduciosi che tutto sarà bello mentre avanziamo per quanto lontano andiamo.
Ora noi non dobbiamo andare a tentoni confidando sulla strada che percorriamo avvolti nelle nebbie
terrene che ci impediscono la visione, ma osserviamo il sentiero nell’atmosfera chiara e solare di
questi reami celesti; e ti dico che l’orbita della vita umana, per come si sviluppa verso la sua
completezza, è anch’essa magnifica: così bella e mirabile che spesso siamo costretti ad arrestarci in
sorprendente timore reverenziale davanti alla Maestà del Suo Amore e Saggezza uniti, a cui
c’inchiniamo in umile adorazione che non posso esprimere a parole, ma solo con l’afflato del mio
cuore.
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Amen; la mia benedizione sia con te, amico. Alza lo sguardo, sii coraggioso e, credimi, tutto è
bene e bello sulla via che avanza. †

Lunedì 17 novembre, 1913.


“Ciò che vedrai scrivilo in un libro”. Queste parole furono pronunciate da un Angelo a
Giovanni, esiliato a Patmos, il quale eseguì l’ordine per le sue capacità. Scrisse la propria
testimonianza e la divulgò ai suoi fratelli; e da allora gli uomini cercano con grande fatica di
afferrare il significato di quel racconto. Ci hanno provato in tutti i modi, e ammettono la loro
perplessità. Eppure, amico mio, sono loro stessi a creare la difficoltà; se avessero letto come
leggono i bambini, sarebbero stati in grado di girare la chiave giusta aprendo la porta che dà accesso
al Regno dei Cieli, e contemplare le bellezze che attendono chi è capace di afferrare con semplicità
le parole semplici di un uomo puro, e di credergli. Ma gli uomini hanno sempre amato la
complessità, e cercano in essa occasione di conquistare ampiezza di visione e profonda saggezza.
Tuttavia falliscono nell’intento, perché guardando la superficie dello specchio vengono abbagliati e
accecati dalla luce riflessa, mentre avrebbero dovuto guardarvi attraverso, spingendo lo sguardo
oltre, a cogliere le glorie che sono colà rivelate.
Così gli uomini aggiungono dubbi su dubbi, e la chiamano conoscenza. Ma in nessun modo la
conoscenza corrisponde al dubbio, quanto piuttosto alla sua mancanza. Perciò quando cerco di
spiegarti qualcosa, e tramite te ad altri, non soffermarti troppo sulla superficie delle cose e sul
metodo preciso con cui avvengono; e non cominciare a mettere in dubbio le parole e le frasi che ti
sono familiari pensando che siano tue, poiché non sono altro che il materiale con cui costruisco la
mia casa, e posso usare solo quello che trovo depositato nella tua mente.
Inoltre, durante tutti gli anni passati sei stato osservato e preparato, in parte proprio per questo
scopo, affinché potessimo servirci di te; e là dove abbiamo bisogno, per avere ulteriori contatti con
la vostra sfera materiale, tu stesso dovresti venire in nostro aiuto. Possiamo mostrarti delle cose – e
tu le devi annotare. Così ciò che vedrai scrivilo in un libro, e diffondilo tra gli uomini in modo che
ciascuno lo recepisca secondo le proprie capacità e sia stimolato alla percezione delle cose spirituali
in base alle sue facoltà. Questo è sufficiente. Seguici, e noi ti diremo per quanto ne siamo capaci.
Tu dici “noi”. Ci sono altri con te?
GLI ANGELI VISITANO LA TERRA.
Noi lavoriamo in gruppo, caro amico. Alcuni sono qui con me di persona, altri si trovano nelle
loro sfere e possono mandarci aiuto senza allontanarsi da quei reami. Fra l’altro, solo in tal modo
può essere dato un certo tipo di aiuto. Capirai infatti che, come il palombaro sul fondo del mare
deve essere continuamente rifornito d’aria dai suoi compagni in superficie, anche noi riceviamo lo
stesso genere di assistenza quando, a nostra volta, prestiamo servizio. In tal modo siamo messi in
condizione di parlare alla tua mente con maggiore chiarezza delle verità superiori, mentre ci
troviamo su questo piano basso, fosco e grossolano, proprio come sul letto dell’oceano dove l’aria
naturale scarseggia e la luce balugina sopra di noi, lontana. Pensaci in questo modo e riuscirai a
comprendere parte del nostro lavoro.
Alcuni si chiedono perché al giorno d’oggi gli angeli non vengono numerosi come nei tempi
andati. Già queste poche parole contengono molti errori, e due in particolare.
Per prima cosa gli angeli di grado elevato non vengono mai numerosi sul piano terreno, ma solo
ogni tanto nel corso dei secoli, e furono considerati degni di un posto d’onore negli annali dei
grandi eventi. Gli angeli quindi non scendono sulla terra in gran numero e non si fanno vedere,
tranne in qualche rarissimo caso per compiere una missione speciale. In tal caso un’altra fatica si
aggiunge al nostro difficile compito: prima il palombaro scende nelle acque buie e profonde, poi
deve adattarsi per diventare visibile alle creature quasi cieche che vivono sul fondale marino.
No; noi soccorriamo gli uomini e stiamo accanto a loro, ma in modi diversi da questo, e secondo
la legge e il diverso metodo che ciascun compito richiede. Ecco il secondo errore che si compie:
diversamente da quanto si pensa, noi siamo presenti e veniamo sulla terra continuamente. Tuttavia
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quando dico che “veniamo sulla terra” intendo più di quanto posso rivelare. Persino da questo lato,
nelle sfere che ci separano da voi, ci sono persone che ancora non comprendono appieno i nostri
poteri né come li usiamo, ma solo parzialmente in base a quanto apprendono nel corso del loro
progresso. Ma ora passiamo oltre, voglio parlarti di un altro argomento interessante.
LA LOTTA DI GIACOBBE.
Nel capitolo della Genesi si narra dell’incontro che Giacobbe ebbe con l’Angelo, quando lottò
con lui e prevalse. Cosa pensi di quella lotta? E per quale motivo l’Angelo rifiutò di dire il suo
nome?
Penso che fu una lotta fisica; e che a Giacobbe fu consentito di prevalere per mostrargli che
lottare contro la sua stessa indole, durante il soggiorno a Padan Aram, non era stato inutile – e ne
era uscito vincitore. Credo che l’Angelo rifiutò di dire il suo nome perchè non era legittimo
riferirlo a un uomo ancora in carne e ossa.
Ebbene, mio caro, la prima risposta è meglio della seconda, che non esprime un gran ché. Se
l’Angelo non pronunciò il suo nome perché non era legittimo dirlo, sai dirmi perché non era
legittimo?
La lotta invece fu vera ed effettiva, ma non venne combattuta corpo a corpo come fanno
solitamente gli uomini. L’Angelo non poteva essere toccato impunemente da mani mortali. Si era
manifestato in forma visibile ed era persino tangibile, ma non poteva essere trattato rudemente. Il
potere dell’Angelo era tale che gli bastò toccare il femore di Giacobbe per produrgli una lussazione.
Allora come poté Giacobbe prendere l’Angelo nelle sue braccia?
L’Angelo era trattenuto dalla volontà di Giacobbe: non perché la volontà di Giacobbe fosse più
forte, ma a causa della benevolenza e condiscendenza dell’Angelo. L’Angelo chiese gentilmente il
permesso di andare, ma Giacobbe desiderava che rimanesse. Ti meravigli di questa grande
indulgenza? Se pensi al Cristo nostro Signore e alla Sua umiliazione in mezzo agli uomini, non ti
stupirai più. La benevolenza è una delle manifestazioni esteriori dell’amore, e non può essere
trascurata nel lungo percorso di addestramento che ci porta a diventare ciò che siamo. Quindi
l’Angelo fu trattenuto perché accordò benevolenza in gran misura. Ma Giacobbe non ebbe vittoria
piena. In lui, il temperamento e la forza di volontà appena realizzata prevalsero per un momento sui
suoi sentimenti migliori, e pretese di essere benedetto. Quindi ottenne la benedizione, ma non il
nome dell’Angelo.
IL POTERE DI UN NOME.
Non è del tutto esatto affermare che non era lecito dirlo, perchè talvolta i nomi sono comunicati.
Ma non in tal caso, e per il seguente motivo: esiste un grande potere nell’uso di un nome. Sappilo e
tienilo a mente; molte sciagure derivano dall’abusare continuamente dei nomi sacri; la disgrazia
provoca sconcerto e stupore, e di solito è sentita come immeritata. A Giacobbe fu negato quel nome
per il suo stesso bene. Aveva dimostrato prontezza nel chiedere una benedizione, ma il nome gli fu
negato per non metterlo in condizione di pretendere troppo. Era entrato in strettissimo contatto con
una grande forza, e bisognava ridurre la sua capacità di attingere a quel potere, altrimenti non
sarebbe uscito vincitore dalla lotta che stava ancora combattendo.
Vedo nella tua mente che ti chiedi come mai sia possibile farci richieste inopportune e ottenerle.
Le cose sono regolate in modo che non solo questo è possibile, ma avviene di continuo. Per quanto
strano ti possa sembrare, spesso la richiesta di aiuto rivolta alle sfere celesti è avanzata in modo tale
che deve essere esaudita, ma il più delle volte era meglio se il richiedente avesse fatto ricorso alle
proprie risorse, perché avrebbe ottenuto maggiore forza rispetto all’altra maniera. Se un nome viene
pronunciato con veemenza da chi è sulla terra, il possessore di quel nome non può non venirne a
conoscenza. Egli interviene e agisce per quanto è possibile e opportuno.
Sono convinto che Giacobbe fece maggiori progressi nella sua disputa con Esaù, con i suoi figli,
nell’affrontare la carestia e le numerose prove che dovette superare, proprio attingendo alla forza
della sua persona, piuttosto che se avesse potuto invocare continuamente il suo Angelo-guida per
compiere ciò che lui stesso era in grado fare da solo. In tal caso l’aiuto gli sarebbe stato sovente
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negato ed egli, incapace di comprendere, sarebbe stato indebolito nella fede e assalito dai dubbi.
Talvolta invece l’aiuto gli sarebbe stato concesso, ma in modo così palese da esigere una minima
aspirazione per comprenderlo e, quindi, un minimo avanzamento.
Non intendo dilungarmi sull’argomento. Nel menzionare l’esempio di Giacobbe avevo
l’obiettivo di mostrarti che, anche se non puoi vederci né sentire le nostre voci, non sei molto
lontano da noi, né noi da te. Quando parliamo tu senti, ma con la parte più profonda di te, non con
le orecchie esteriori. Puoi vedere, ma è una visione rivolta all’interno, diversa dalla facoltà visiva
esteriore. Dunque devi essere soddisfatto, perché noi lo siamo e continueremo a servirci di te.
Rimani nella quiete dello spirito e continua a pregare l’Altissimo attraverso Suo Figlio, perché di
Lui siamo servitori e veniamo nel Suo NOME.

Martedì 18 novembre, 1913.


Quando tutte le cose visibili furono create l’unica che venne lasciata incompleta, essendo
l’ultima e la maggiore di tutte, fu l’uomo. Gli fu concesso di completare da sé il proprio sviluppo e,
in virtù di questo grande potere accordato, gli venne mostrata la via lungo la quale procedere e fu
lasciato libero di seguirla. Ma non venne abbandonato. Tutta la gerarchia dei reami celesti rimase a
vegliare su di lui per osservare come avrebbe usato i doni che gli erano stati concessi.
Questa volta non parlo espressamente di evoluzione come intesa dagli scienziati, né di caduta e
risalita, come insegnato da chi professa il sapere teologico, ma di un aspetto più ampio che
scorgiamo contemplando le aspirazioni dell’uomo e i loro frutti. Guardando avanti, possiamo
valutare anche il suo futuro, e vedere un breve tratto della via che conduce alle sfere lontane e ai
vasti reami che attendono tutti noi.
IL CORAGGIO DI PENSARE.
In tal modo non resto confinato nei limiti della dottrina teologica per come tu la conosci. Essa è
così opprimente e ristretta che un uomo vissuto a lungo in un locale spazioso avrebbe timore a
stirarsi per non slogarsi i gomiti contro le pareti di quell’angusto alveo; ed esiterebbe a muovere un
solo passo avanti, nonostante sia disposto a camminare, temendo di peggiorare il suo attuale
destino.
No, amico mio, per quanto sia scioccante e sbalorditivo per coloro la cui ortodossia è come
l’aria che respirano, noi ci rattristiamo ancor più nel vederli così timorosi di usare la ragione e il
libero arbitrio di cui sono dotati per paura di smarrirsi, mentre confondono la rigida osservanza al
codice e alle Tavole della legge con la lealtà verso Colui la cui Verità non può essere confinata.
Riflettici per un momento. Che razza di Amico-Maestro sarebbe per coloro che tremano davanti
al Suo scontento? Sta forse Egli in vigile attesa, con ghigno maligno, pronto ad afferrare nella Sua
rete coloro che osano pensare e pensano in modo sbagliato, ma sincero? O non è questo che disse:
“Ma poiché sei tiepido, cioè né caldo né freddo, sto per vomitarti dalla mia bocca”. Agisci, vivi, e
usa con devozione e rispetto i poteri che ti sono stati concessi, e allora se ti capiterà di sbagliare non
sarà per ostinazione e rigidezza, ma per buona intenzione. Spara con braccio fermo e piede stabile e
ben sicuro, e se manchi il bersaglio per una o due volte, mantieni fermo il tuo piede, e anche se le
parole “Ben fatto!” saranno inappropriate per te, tuttavia hai agito come Suo leale servitore, e
quanto sei stato capace di fare, lo hai fatto. Non temere, allora. Non sono quelli che colpiscono e
sparano, e talvolta mancano il bersaglio, che Egli rigetta, ma i codardi che hanno sempre paura di
combattere per Lui. Lo dico con fermezza perchè so per esperienza che è così, avendo visto le
conseguenze di entrambi i comportamenti quando gli uomini che li hanno adottati giungono fra noi,
e cercano il posto che gli si addice e la soglia da cui passare per proseguire il sentiero.
E ora, mio pupillo e compagno che servi nell’Esercito del Signore, presta ancora un po’ di
attenzione alle mie parole, e anche se sono poco familiari al tuo modo di pensare, vorrei che le
annotassi con precisione.

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LA DIVINITÀ DEL CRISTO.
Sono molti fra voi che non considerano il Cristo come un Dio. E su questo tema si fanno tante
chiacchiere inutili da entrambi i lati del Velo. Sappi che non solo voi sulla terra, ma anche noi
dobbiamo andare alla ricerca della conoscenza, e non siamo toccati dai miracoli della rivelazione;
né la nostra libertà di ragionare viene impedita da qualche potere superiore al nostro. Veniamo
guidati come te, ma non siamo costretti a credere a l’una o l’altra cosa con uno dei tanti metodi che
potrebbero indurci a farlo. Perciò anche qui sono molti a sostenere che Cristo non è Dio, e in tal
modo pensano di aver posto fine alla questione.
Non è mia intenzione dimostrarti adesso il contrario né quale sia la verità, e neppure affermare
quella verità in modo perentorio. Vorrei invece cercare di mostrare a te e agli altri la natura di
questo argomento e perché non si arriva a comprenderlo, anche per quel poco che ci è permesso di
parlarne, senza prima definire i termini del problema.
In primo luogo, dunque, cosa si intende con Dio? Quando si pensa al Padre lo si intende forse
come una personalità circoscritta a un luogo – una persona come lo è un uomo? Se è così è ovvio
che Cristo non è Costui, altrimenti si creerebbe una doppia persona, due personalità in una, e
distinguerle sarebbe impossibile. Non è in quel modo che va cercata l’Unione di cui Egli parla. Due
Persone uguali, unite assieme, è una condizione impensabile che la ragione respinge senza indugio.
Oppure si vuole dire che Egli è il Padre manifestato come Uomo? In tal modo tu e io siamo i
Suoi servitori. Perché il Padre è in ognuno di noi.
O in Lui era presente la pienezza del Padre, indivisa? Allora il Padre dimora anche in noi due,
poiché non è possibile dividerLo. Ma qualora si affermasse che l’Interezza del Padre vive in Lui e
non in noi, risponderei che è solo un’opinione e pure illogica; poiché se il Padre dimora intero nel
Cristo, allora, o il Cristo è il Padre senza alcuna distinzione, e nessun altro, oppure il Padre
dimorando interamente nel Cristo deve cessare di dimorare in Se Stesso. Ma anche questo è
illogico.
Così, prima è necessario capire che “Padre” è il Nome dell’aspetto più elevato di Dio che
riusciamo a pensare. E neppure questo capiamo, anzi confessiamo francamente che Egli è al di là
della nostra comprensione.
Non riesco a farti una Sua descrizione, non avendo mai visto Colui che non è pienamente
visibile a tutti tranne che a Se Stesso. Ho visto una Sua Manifestazione in Forma-Presenza, ed è il
massimo che ho ottenuto finora.
Quindi il Cristo, nella Sua Unità col Padre, va oltre il nostro intendimento, così come il Cristo
Stesso è oltre e sopra di noi. Egli ci rivela quel tanto che siamo capaci di ponderare, ma non è molto
ciò che afferriamo. Egli ha manifestato il Padre e le qualità dell’Altissimo che fu in grado di
svelarci durante l’incarnazione. Sappiamo poco altro, ma la conoscenza cresce man mano che
cresciamo in umiltà e devoto amore.
Dato che Egli è Uno col Padre, noi siamo Uno con Lui. E dimoriamo nel Padre perché viviamo
in Colui che ha riunito in Sé Umano e Divino. Il Padre è più grande di Lui, come Egli stesso disse
una volta. Ma quanto più grande non lo disse, e se lo avesse detto non avremmo potuto capirlo.
A questo punto il lettore potrebbe dire che ho rimosso l’impalcatura senza lasciare dentro alcuna
costruzione. Come ho enunciato all’inizio, amico, il mio proposito non è di erigere un edificio, ma
di mostrare che la prima cosa da fare è gettare fondamenta solide. Ogni struttura eretta su
fondamenta instabili prima o poi crollerà e molto lavoro andrà perduto. Proprio così hanno fatto gli
uomini e più di quanto si rendano conto; ecco perchè sono tanto annebbiati quando invece
potrebbero avere una visione limpida. Non del tutto naturalmente, ma chiara abbastanza da
illuminare la strada molto più di quanto è stato finora.
Non parlo tanto per impartire istruzioni in questo messaggio, quanto per indurre gli uomini a
fare una pausa. Il raziocinio può essere una qualità affascinante per certe menti, ma non è il
nutrimento del soldato. Esso lusinga con la sua logica perfetta e le argomentazioni equilibrate, ma
non resiste a lungo al logoramento provocato dai vasti elementi delle sfere. Non è sempre saggio
esprimere affermazioni perentorie, è meglio invece dire, “Non lo so, per il momento”. L’orgoglio
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rende spesso ciechi alla bellezza di una mente umile; e non è vero che colui che sa rispondere con
disinvoltura a una questione complicata sia un pozzo di saggezza; talvolta la sicurezza somiglia
molto all’arroganza, e l’arroganza non è mai giusta né piacevole.
Tu e io, amico mio e pupillo, siamo Uno in Colui la cui Vita è per noi garanzia di Vita eterna. In
Lui ci incontriamo, ci benediciamo, come io ora benedico te e ti ringrazio per gli amorevoli pensieri
che mi mandi. †

Mercoledì 19 novembre, 1913.


L’AMORE E IL SUO OPPOSTO.
Dunque, amico mio e protetto, le parole che ti rivolgo sono tali che molti non le approveranno;
ma sappi che numerosi verranno da oriente e da occidente a partecipare alla Festa del Cristo, i quali,
pur senza riconoscerNe la Natura Divina, lo amano per il Suo amore e la Sua dolcezza di uomo,
perché almeno queste possono essere comprese da tutti. Ma nessuno può comprendere appieno il
significato del Suo aspetto divino.
Passiamo ora ad altri argomenti, e per primo la relazione che gli uomini incarnati dovrebbero
instaurare con Lui, se vogliono progredire lungo la via che Egli ha indicato.
Prima di tutto devono amare. Questo è il comandamento supremo e più importante. Gli uomini
hanno sempre faticato a seguirlo. Tutti concordano che amarsi l’un l’altro è cosa buona; ma quando
provano a tradurre in pratica quel sentimento, come falliscono miseramente! Eppure senza amore
niente durerebbe nell’universo, ogni cosa andrebbe in rovina e in disfacimento. È l’amore di Dio
che infonde energia a tutta l’esistenza; possiamo vedere ovunque quell’amore, se lo cerchiamo. Il
modo migliore per capire molti concetti è metterli a confronto con il loro opposto. Il contrario
dell’amore è la disgregazione, che riesce a bloccare lo sforzo di amare. Anche l’odio è un suo
opposto, ma non nell’essenza; tanto è vero che l’odio per una persona è di frequente un metodo
sbagliato di esprimere amore per un’altra.
Quanto si è detto delle persone vale anche per le dottrine e i progetti. Molti esprimono la loro
devozione a un’ideologia provando odio per un’altra. È un atteggiamento sciocco e sbagliato, ma
non interamente malvagio. Tuttavia, quando un uomo detesta un altro uomo è probabile che poco a
poco smetta di amare, finchè gli diventa faticoso amare qualunque cosa.
Tale condizione è una di quelle che rende difficile vivere nelle sfere celesti. Fintanto che un
uomo non ha imparato ad amare tutti senza nutrire il minimo odio, non riuscirà a fare progressi nei
reami dove amore significa luce. Coloro che non amano sono destinati a finire nei luoghi tenebrosi
dove smarriscono la via, e spesso diventano così ottusi di mente e insensibili di cuore che la loro
percezione della verità è confusa quanto la capacità di vedere gli oggetti esterni.
Da noi invece ci sono palazzi che sprizzano luce da ogni pietra, e irradiano splendore a tutta la
regione circostante fino a grande distanza, per l’elevata purezza dell’amore dei loro residenti.
Mi potresti descrivere una di queste dimore e le persone che vi abitano? Credo mi aiuterà a
capire più che questa descrizione generale.
Non è facile, come imparerai un giorno. Se acconsento alla tua richiesta, vedrai un risultato non
fedele alla realtà, ma alquanto inadeguato. Ciononostante farò come desideri. Quale residenza in
particolare vuoi che ti descriva?
Parlami della tua, te ne prego.
Nella Decima Sfera esistono condizioni impossibili da trovare in quelle di grado inferiore, e
tanto meno nel tuo mondo.
“ORA VEDIAMO ATTRAVERSO UN VETRO APPANNATO”.
Se in questo momento fossi in grado di trasportarti nella mia sfera non riusciresti a vedere
niente, perché la tua condizione non è ancora adatta a quel luogo. Potresti percepire una foschia
luminosa, più o meno intensa, in base alla regione della sfera in cui ti troveresti. Nei mondi più
bassi vedresti meglio ma non tutto, e le cose percepite non saresti in grado di capirle in ogni loro
aspetto.
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Supponi di togliere un pesce dall’acqua, metterlo in una sfera di vetro e portarlo in giro per una
città. Fino a che punto credi che possa vedere, e in secondo luogo capire? Penso che vedrebbe a
pochi millimetri di distanza dal confine del suo habitat – l’acqua, che è il suo ambiente naturale.
Accosta la tua faccia al vetro dove egli ti può vedere, e poi la mano. Cosa capirebbe di queste cose?
Ecco come ti troveresti in queste sfere; e solo con l’esercizio potresti risvegliare e usare le tue
facoltà con profitto e facilità. Inoltre, come faresti, nel linguaggio dei pesci, a descrivergli l’Abbazia
di Westminster, o anche solo la chiesa del tuo villaggio? Se quel pesce ti dicesse che trovava
irragionevole la tua spiegazione quando gli ripetevi che eri ostacolato dalle sue stesse limitazioni; o
se affermasse che non credeva esistesse un posto come la chiesa o l’Abbazia che menzionavi senza
potergli descrivere, come lo convinceresti che era lui ad essere irragionevole e non tu?
LA DIMORA CELESTE DI ZABDIEL.
Ma poiché lo desideri, ti parlerò per quanto mi è possibile del mio ambiente e della mia dimora;
e quando avrò concluso penserai probabilmente che avrei potuto fare di meglio; ma meglio ancora
avrei fatto se mi fossi astenuto del tutto.
La regione dove fu costruita la nostra casa è in contatto con molte sfere abitate da persone la cui
natura irradia molteplici e variegati colori conformi alle loro virtù, che coincidono più intimamente
coi colori delle persone con cui abito. Sono colori per la maggior parte diversi da quelli che conosci,
benché tutti i colori a te noti si trovino qui, in mescolanze e tinte quasi infinite.
A seconda dell’attività in cui siamo mentalmente impegnati in ogni momento, la combinazione
dei colori cambia e l’atmosfera assume quella tinta. Anche la casa vibra e risponde ai pensieri e alle
aspirazioni, sia per la preghiera mandata in alto, sia per l’aiuto richiesto dalle sfere inferiori, in
direzione del piano terreno.
Oltre a ciò una musica si propaga da noi, non sempre dalla bocca, ma più spesso direttamente
dal cuore; e anche questo suscita una risposta dagli edifici che ci circondano, essendo soggetti alla
nostra emanazione di energia. Pure gli alberi e i fiori, e tutta la vita vegetale viene influenzata e
risponde. Così colori e musica non sono affatto inanimati qui, ma ricolmi della nostra vita e vibrano
alla nostra volontà.
La casa è di forma quadrata, anche se le mura esterne non sono solo quattro, e neppure sono
disposte ad angolo l’una con l’altra. Sono fuse assieme, e attraverso loro l’atmosfera esterna e
interna si mescola. Queste pareti non servono da protezione, hanno altri usi, e uno è quello di
raccogliere le nostre vibrazioni e concentrarle per essere trasmesse in regioni lontane dove l’aiuto è
necessario e richiesto.
In tal modo raggiungiamo anche la terra e sappiamo cosa fai, ti trasmettiamo le parole delle
istruzioni, o prestiamo aiuto in altre forme in risposta alle preghiere che ci arrivano.
Anche da noi discendono esseri delle sfere superiori e, per mezzo di queste case e di altri
influssi predisposti, si manifestano in modo che possiamo discutere con loro le questioni che
fatichiamo a comprendere.
Dalla nostra dimora inviamo una simile forza a coloro che, di tanto in tanto, vengono dalle sfere
inferiori per essere affidati a noi e messi in grado, per il periodo del loro soggiorno, di sostenere le
condizioni di questa sfera senza avvertire un disagio eccessivo, in modo da poter conversare con
noi, vedendoci e udendoci, cosa che diversamente non potrebbero fare.
Riguardo all’aspetto della casa vista dall’esterno, ti riporto la descrizione di una persona venuta
a visitarci da una sfera più prossima alla tua. Costui mi disse che quando fu abbastanza vicino da
scorgerla si ricordò delle parole: “Non può restare nascosta la luce di una città collocata sopra un
monte”. Era ancora molto lontano, ma fece una sosta e scese a terra per riposarsi (perché veniva da
lontano e viaggiava nell’aria). A un primo sguardo dovette coprirsi gli occhi, poi poco a poco riuscì
a guardare di nuovo il palazzo distante sulla collina in tutto il suo fulgore.
Vide le grandi torri; ma brillavano di una luce azzurra così intensa che non fu in grado di capire
dove effettivamente terminassero, perché tanto rapidamente quella luce si levava alta nel cielo che
sembrava le facesse continuare all’infinito. Le cupole poi – alcune rosse altre dorate – emanavano
una luce ugualmente troppo abbagliante per consentirgli di vedere dove finivano e che dimensione
27
avevano. Le porte e le mura risplendevano d’argento e blu, rosso e violetto, e la loro sfavillante luce
inondava la collina sottostante e le chiome degli alberi attorno, tanto che si chiedeva come avrebbe
fatto a entrare senza avvampare.
Ma noi lo avvistammo e inviammo messaggeri a sollevarlo dalla difficoltà; alla fine, prima di
partire, quando la sua missione si era conclusa, ci ringraziò dicendo: “Un pensiero mi sorge proprio
ora, al momento della mia partenza. I miei compagni mi chiederanno che genere di luogo ho
visitato. In che modo allora gli parlerò di questa gloria quando sarò di nuovo immerso nella mia
sfera, e riprenderò i suoi poteri più limitati?”.
E noi replicammo: “Figliuolo, d’ora in avanti non sarai più lo stesso di prima. In te rimarrà
qualcosa della luce e dell’impressione di questa sfera. Ma ciò che ricorderai nel tuo cuore sarà
molto più di quanto riuscirai a comunicare ai tuoi compagni. E anche se potessi dirglielo essi non
capirebbero; e per raccontarlo dovresti per forza usare il linguaggio che vige qui da noi. Pertanto dì
loro di tendere la volontà verso uno sviluppo maggiore, e un giorno verranno e vedranno loro stessi
ciò che tu hai visto, ma non riesci a riferire”.
E così se ne andò confortato e pieno di gioia. Questo valga anche per te, amico mio, e le parole
che rivolgemmo a lui le rinnovo adesso per te. †

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CAPITOLO 3

Mondano e Divino

I ritorni periodici della scienza – Fiabe e racconti di magia – La scomparsa del


materialismo – Le interazioni fra le Sfere – Purificarsi con la sofferenza – Le origini delle
specie – Il posto dell’uomo nell’Universo.

Venerdì 21 novembre, 1913.


Le persone indaffarate di solito non leggono in modo accurato, perché quelli che corrono
sempre sono talvolta troppo impazienti per curarsi di cose che non rivestono un’importanza
apparente, e danno valore solo all’apparenza. Così avviene che buona parte di ciò che è scritto in
modo molto elementare non dice nulla a loro, e il significato del messaggio passa inosservato.
La stessa cosa avviene nei confronti dei molteplici segni presenti in quella che gli uomini
chiamano natura; ovvero il fenomeno esteriore creato dal potere spirituale quando infonde energia
nella materia e attraverso essa. E vale anche per il divenire di popoli e nazioni, mentre si sforzano di
compiere il destino secondo la propria particolare indole.
Inoltre si applica, forse in grado minore, alle scoperte della scienza come comunemente intesa.
Consideriamo brevemente quest’ultima e vediamo se contiene qualche messaggio per chi vuole
scavare più a fondo della maggioranza, la quale ha tempo solo per correre e non per studiare.
I RITORNI PERIODICI DELLA SCIENZA.
La scienza, come la storia, si ripete, ma mai in un esatto duplicato. I principi generali che di
volta in volta guidano la ricerca della conoscenza sono soppiantati da altri che a loro volta, dopo
aver servito il loro scopo, arretrano in posizione secondaria affinché nuovi principi possano ricevere
un’attenzione più concentrata e completa da parte dell’umanità. Ma talora, col passare dei secoli,
questi principi ritornano in auge – anche se non nello stesso ordine – per ricevere l’attenzione di una
nuova razza. È così che procede la marcia del progresso umano.
Anche i contenuti della scoperta si perdono e di nuovo si trovano, spesso sotto altre sembianze
rispetto all’originale, con qualche strana caratteristica aggiunta e altre vecchie mancanti. Per rendere
più chiaro il discorso ti farò un esempio preciso.
Ci fu un tempo in cui la parola scienza non aveva il significato attribuitole oggi dagli uomini; un
tempo in cui la scienza aveva un’anima, e la manifestazione esteriore della materia era di interesse
secondario. Fu così per l’alchimia, l’astrologia e persino per l’ingegneria.
Era risaputo, a quell’epoca, che il mondo era governato da molte sfere e assistito da
innumerevoli schiere di servitori che agivano con libera volontà, ma entro certi limiti rigorosi
stabiliti da esseri di potere e autorità superiori. In quei giorni, le ricerche degli uomini erano dirette
a scoprire i diversi gradi e livelli delle schiere spirituali, il loro metodo di servizio nei vari
dipartimenti della natura e della vita umana, e l’ammontare complessivo del potere esercitato da
ciascuna differente classe di spiriti.
Essi scoprirono un considerevole numero di fatti e li classificarono. Ma visto che tali fatti, leggi,
regole e condizioni non riguardavano la sfera terrena ma quella spirituale, furono costretti a
esprimerli in un linguaggio diverso da quello di uso comune. Quando una nuova generazione di
uomini venne avanti, rivolse le sue energie in altre direzioni e, senza tenere in dovuto conto il
genere di sapere contenuto nella scienza dei loro antenati, dissero che si trattava di un linguaggio
allegorico o simbolico; di conseguenza pure loro rivestirono quei fatti di una forma illusoria, finchè
in ultimo rimase ben poco della verità.

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FIABE E RACCONTI DI MAGIA.
Così la conoscenza derivata dallo studio dei poteri spirituali di vari gradi e specie, si diffuse
attraverso le fiabe dell’Europa e i racconti magici dell’Oriente. Questi sono i veri discendenti diretti
e legittimi che sopravvivono dalla scienza del passato, con aggiunte, tagli e stravolgimenti di ogni
tipo. Eppure, se provi a leggere con attenzione queste favole alla luce delle mie parole, vedrai che
quando avrai separato gli elementi essenziali dagli orpelli più moderni, vi troverai incastonati –
come le città egiziane sepolte dalla sabbia dei secoli – solidi fatti scientifici, ovvero la conoscenza
intesa dal punto di vista spirituale.
Potresti, per favore, farmi un esempio specifico per illustrarmi l’argomento?
Prendiamo la storia di “Jack e il fagiolo magico”. Partiamo dal nome del protagonista. Nel
gergo colloquiale Jack (Giannino) è il diminutivo di John (Giovanni), e il Giovanni originario è
colui che scrisse l’Apocalisse. La pianta di fagiolo è un adattamento della Scala di Giacobbe, con la
quale si sale ai mondi superiori o spirituali. Quei mondi, una volta raggiunti, sono visti come luoghi
e paesi reali, con scenari naturali, abitazioni e tesori. Ma talvolta i loro tesori sono custoditi da
guardiani non del tutto amichevoli con la razza umana, che tuttavia per la sua audacia e destrezza
mentale è capace di estorcere quelle ricchezze e portarle con sé sulla terra. Gli uomini sono anche
capaci, per l’innata prontezza di spirito, d’impedire a quei guardiani di rientrare in possesso dei
tesori di saggezza, privando così il genere umano del diritto conquistato con l’impresa più audace.
Si tratta di una storia pittoresca, e la sembianza stravagante e persino comica che gli fecero
assumere deriva dal fatto che è stata tramandata di epoca in epoca da coloro che non compresero il
suo significato più recondito. Se lo avessero inteso, molto probabilmente non avrebbero attribuito
all’originale (Giovanni) il soprannome di Jack (Giannino). Ma come capirai dal suo consueto
abbigliamento, ciò avvenne in un’epoca in cui le verità sante e spirituali erano prese in scarsa
considerazione per l’incapacità degli uomini di rendersi conto della reale presenza in mezzo a loro
di esseri spirituali. Così diedero una foggia anche al demone, che fu dotato di orecchie a punta e di
coda, e per lo stesso motivo fu ritenuto un essere immaginario, tanto da farne un personaggio
mitologico.
La storia che ti ho menzionato è solo una delle tante. “Punch e Judy” (“Pulcinella e Giuditta”)
potrebbero rappresentare la metamorfosi delle due persone che si distinsero come le più indegne,
cioè Pilato e Giuda Iscariota. E per come sono narrati questi episodi gravi e davvero orrendi, risulta
evidente la superficialità dell’epoca riguardo a simili argomenti.
Eppure così è, e così è sempre stato. Ma nell’epoca attuale la spiritualità sta tornando a
reclamare un posto tra gli uomini, e anche se in modo non adeguato alla sua importanza, almeno
viene presa in maggiore considerazione rispetto ai secoli scorsi.
LA SCOMPARSA DEL MATERIALISMO.
Così, esteriormente sotto un’altra veste, ma interiormente più riconoscibile, il principio generale
che guidò gli astrologi egizi, e la saggezza appresa e usata efficacemente da Mosè, sta
ricomparendo oggi per elevare gli uomini a un gradino superiore e per dare un significato a quel
defunto materialismo del passato, che trattando con gli oggetti prodotti dalla vita infusa nella
materia – conchiglie, ossa, fossili – negò al Creatore della Vita il Suo posto nella grande arena
dell’esistenza. Il materialismo ha parlato dell’operare ordinato della legge naturale – ma ha
rinnegato la Fonte Unica di tutto l’ordine e il movimento. Ha parlato della bellezza – ma ha
dimenticato che la bellezza non esiste se non è lo spirito dell’uomo a percepirla, e quello spirito
esiste perché Colui che è Spirito vive eternamente.
Ora stiamo osservando, e vi stiamo guidando secondo le nostre capacità e l’opportunità che ci
viene data. Se gli uomini risponderanno alla nostra sollecitazione, l’era a venire sarà più luminosa e
ricolma di bellezza, d’amore e di vita rispetto all’epoca che sta tramontando. E io credo che
risponderanno, perché la nuova era è meglio della vecchia, e mentre guardiamo verso la terra
sentiamo dietro di noi la spinta incalzante di coloro che possiedono saggezza e potere superiori. E
così veniamo guidati a eseguire il loro proposito e desiderio.
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Noi non abbiamo la capacità di vedere molto lontano nel futuro, trattandosi di uno studio
speciale che non rientra nei doveri spettanti al gruppo di servitori di cui faccio parte. Ma siamo
felici di vedere che i nostri sforzi incontrano pronta risposta in molti cuori, e speriamo di avere più
opportunità, col passare degli anni, di mostrare agli uomini quanto gli siamo vicini, e quanto grande
sia il loro potenziale se solo fossero umili di spirito e mansueti, e lottassero per ottenere santità e
purezza di pensiero e di desiderio, imitando Lui, che è l’Esempio dell’uomo al massimo grado,
cercando di riprodurre in se stessi la bellezza della santità che riescono a intuire persino mentre
vanno di fretta.
Uno sguardo gettato alla bellezza della Sua Vita, dovrebbe estasiare chi porta in sé quella
bellezza e fargli intendere cosa essa sia. Noi Lo amiamo, perciò gli siamo profondamente devoti. La
Sua pace sia con te in ogni cosa, e ti accompagni in tutti i giorni della tua vita, caro amico. Amen. †

Lunedì 24 novembre, 1913.


LE INTERAZIONI FRA LE SFERE.
È buona cosa, amico, e anche utile, ricordare sempre la nostra presenza; sappi infatti che noi ti
siamo vicini in molti e vari modi. Quando ti siamo accanto di persona riusciamo a impressionare la
tua mente con pensieri e intuizioni utili, e in base alle evenienze che affronti puoi essere facilitato e
la tua strada risultare più nitida di quanto altrimenti ti apparirebbe.
Quando siamo nelle nostre sfere disponiamo di strumenti con i quali ci teniamo al corrente non
solo di quanto è accaduto dentro e attorno a te, ma anche di quello che sta per accadere, se la
combinazione delle circostanze segue il suo normale corso. Preservando così il contatto, facciamo
in modo di mantenere e assicurare che la nostra protezione sia continua e incessante, e che la nostra
vigilanza non possa in alcun modo venir meno per il tuo bene. Infatti qui, e nei mondi tra noi e te,
esistono dispositivi tramite i quali l’informazione è inviata a sfere più lontane e, all’occorrenza,
inviamo altri con l’incarico di eseguire una certa missione o, se il caso lo richiede, veniamo noi
stessi sulla terra, come ho fatto io questa volta.
Inoltre, ciascuno di noi è in grado di entrare in contatto col suo diretto assistito in determinate
maniere, e di influenzare gli eventi dal nostro mondo. Capirai quindi che l’intero ordinamento del
Creatore, attraverso le sue molteplici sfere di luce, è unificato nell’azione e correlato. Nessuna parte
rimane esclusa dall’influenza di tutte le altre, e quello che fai sulla terra non solo viene registrato
nei cieli, ma esercita un effetto sulle nostre menti, sui pensieri, e sulla nostra vita.
Vigila dunque con molta cura sulla tua mente e sui moventi. I tuoi pensieri, parole e azioni sono
tutti gesti di grande importanza, non solo per le persone che contatti e vedi attorno a te, ma anche
per quelli che ti circondano pur restando invisibili e intangibili, perché essi ti vedono e comunicano
con te in modo continuo e frequente. Ma oltre a questi restano influenzate anche le anime intente ai
loro affari nelle rispettive sfere. Lo stesso vale per me, e ne sono consapevole in misura tanto
grande che non oso dirlo. E se tu me lo chiedessi, risponderei che quando i tuoi atti sono proiettati
attraverso le sfere di luce vengono moltiplicati per settanta volte sette; e non c’è fine al loro viaggio
nella visione di un uomo o di un angelo. E ho pochi dubbi, e forse nessuno, che essi raggiungano
infine lo stesso Cuore di Dio.
Diventa perfetto allora, come è perfetto il Padre tuo nell’Alto dei Cieli. Nessuna cosa imperfetta
può trovare accoglienza e approvazione per entrare dove Egli dimora nella sua inconcepibile
Bellezza.
Che dire allora dei mondi abitati dalla gente che non ama il bene e la bellezza? Noi siamo in
contatto anche con loro, e l’aiuto è prontamente inviato laggiù come sulla terra, perché quei reami
di oscurità sono solo più lontani, ma non disgiunti da noi. Quelli che vi abitano imparano la loro
lezione come fate voi sulla terra, anche se vivono in un luogo più buio rispetto al vostro – tutto qui.
E dato che sono pur sempre figli e figlie dell’Unico Padre di Tutto, sono anche nostri fratelli e
sorelle. E noi li soccorriamo quando implorano aiuto, proprio come soccorriamo te quando lo

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richiedi. Hai già appreso alcune cose sulle condizioni di vita che esistono laggiù, e a quello che ti
scrisse tua madre aggiungo ora qualche altra parola.*
PURIFICARSI CON LA SOFFERENZA.
Luce e tenebre sono condizioni dello spirito, come sai. Quando chi dimora nelle tenebre implora
la luce, significa che è entrato in dissonanza col suo ambiente. Allora gli inviamo l’aiuto necessario,
e di solito in questo modo trova la propria strada – non verso le regioni di luce, dove si troverebbe
in un stato di patimento e completamente accecato – ma in una sfera meno buia, e permeata con
quel tanto di luce che può tollerare fin quando, superato anche quello stadio, supplicherà con
l’ardente desiderio di avere maggiore luce.
Quando uno spirito si allontana da una regione oscura per andare in un luogo meno fosco,
sperimenta un immediato senso di sollievo e benessere rispetto a prima, essendo il nuovo ambiente
in armonia col suo livello di sviluppo interiore. Ma poiché continua a sviluppare l’aspirazione verso
il bene, diviene poco a poco estraneo all’armonia del suo ambiente, e nella misura del suo progresso
il disagio aumenta fin quasi a divenire un tormento. Allora sentendosi impotente e sull’orlo della
disperazione, avendo raggiunto il punto in cui le risorse personali non gli consentono più di
procedere, invoca l’aiuto di coloro che possono prestarlo in Nome di Dio, ed essi lo mettono in
condizione di raggiungere un livello più alto presso una regione dove regna una parziale oscurità,
invece del buio pesto. Così facendo, col tempo, perviene al luogo dove la luce è chiara; e il suo
cammino d’ora in avanti non è fatto di sofferenza e di angoscia, ma di gioia sempre maggiore, di
gloria ogni volta più grande.
Ma ahimè, quanti lunghi secoli dovranno passare per alcuni prima di arrivare a quella luce;
secoli di patimento e di profonda tristezza; consapevoli per tutto il tempo che non possono
raggiungere gli amici che li attendono fin quando non abbiano colmato le loro lacune e traversato le
vaste lande tenebrose prive d’amore.
Non fraintendere il significato delle mie parole. Non si tratta della vendetta di un Dio collerico,
amico mio e allievo. DIO È NOSTRO PADRE, ED EGLI È AMORE. Tutto questo dolore è
inevitabile, e viene regolato dalle leggi che governano la semina e il raccolto di quanto è stato
seminato. Persino qui, nella mia sfera, dove abbiamo appreso molte cose belle e meravigliose, non
siamo ancora riusciti a sondare e penetrare questo mistero nei suoi risvolti più profondi. Capiamo
bene ora, come mai fummo capaci di farlo nella vita terrena, che queste cose sono governate
dall’amore. Voglio dire che riusciamo a comprendere ciò che in passato pensavamo trattarsi
solamente di una credenza o di fede religiosa. Tuttavia sappiamo poco altro di questo immane
mistero; e siamo contenti di attendere fino al giorno in cui tutto ci apparirà più chiaro. Ma sappiamo
già abbastanza da poter credere che ogni cosa è saggia e buona; così come un giorno sapranno gli
abitanti dei cupi luoghi infernali. La nostra consolazione è che essi saranno spinti ad avanzare e
salire fino a questo immenso e bellissimo universo di luce, e allora ammetteranno non solo che ciò è
giusto, ma che è un atto d’amore e di saggezza, e saranno felici.
Ho conosciuto e conosco gente siffatta, e faccio parte del loro gruppo al servizio del Padre. E mi
pare che le lodi e le benedizioni che rivolgono a Lui non siano affatto carenti d’amore se
confrontate alle nostre, che non hanno dovuto attraversare quegli orridi abissi. Non solo, amico mio,
ma ti confesso che a volte, mentre preghiamo assieme prostrati davanti alla Luce del Trono Celeste,
ho percepito qualcosa nella loro adorazione che manca alla mia; e ho quasi desiderato di poterla
avere anch’io.
Tuttavia questo non sarebbe giusto; e indubbiamente il Padre, nel Suo Amore, prende ciò che
abbiamo da donarGli. Eppure è dolcissimo quel detto del Maestro, e suona vero qui dove l’amore è
visto nella sua nuda bellezza, quando afferma che poiché le sono perdonati i suoi molti peccati, ella
ama molto.
Che Dio ti serbi nel Suo Amore, amico mio e diletto; nient’altro è importante se rispondi alle
Sue dolci carezze e trovi in Lui la pace. Amen. †
*
Si riferisce ai messaggi del Primo Volume de “La Vita al di là del Velo – I Reami Bassi del Cielo”, Capitolo 3.
32
Martedì 25 novembre, 1913.
Se solo l’uomo avesse più fiducia in se stesso capirebbe quanto ho scritto tramite la tua mente e
la tua mano. Purtroppo non sono molti quelli che hanno il dono di intuire la verità delle cose e
riconoscerle come realmente vere. Così è sempre stato lungo i secoli, amico mio, e così sarà ancora
per molto tempo. Questo è quanto ci è dato di vedere, ma noi guardiamo ancora più avanti e
immaginiamo di scorgere un mondo di uomini che si muove e lavora in una luce maggiore di quella
attuale; e quel giorno vedranno e sapranno quanto gli siamo vicini non solo nei libri, ma nella vita
quotidiana. Nel frattempo svolgiamo la nostra parte, sempre vigili, sempre fiduciosi, e se la gioia è
talvolta guastata dalla tristezza non possiamo arrenderci fin quando non cammineremo mano nella
mano con gli uomini. È il nostro desiderio, e d’altronde sappiamo che stiamo arrivando a un’unione
più intima e che tutto andrà bene.
Veniamo ora al nostro compito, mio diletto; mentre è ancora giorno vorrei che lavorassimo
assieme, perché quando calerà la notte troverai un altro Giorno, ma non come ora; scoprirai altre
opportunità di servizio, ma non come queste. Diamoci da fare allora per quanto possiamo intanto
che la situazione è sotto controllo, e svolgeremo un lavoro migliore quando ci saranno rivelate sfere
più grandi – a entrambi.
La scienza, per come la conoscete, non è limitata a ciò che sapete, e noi indaghiamo più a fondo
quei principi fondamentali che sono di origine spirituale; la scienza mondana sta cominciando solo
ora ad ammettere questa verità nei suoi convegni. In tal modo ci avviciniamo gli uni agli altri; o
piuttosto sarebbe meglio dire che si avvicinano a noi quelli tra voi che ricercano il significato dei
fenomeni della vostra sfera, giacché noi li attiriamo in alto a un’indagine superiore e più
approfondita. Ecco perché siamo pieni di gratitudine, e incoraggiati a continuare in questa
direzione. E nella ferma fiducia che gli uomini continueranno a seguire il sentiero sul quale li
conduciamo, siamo attenti a guidarli bene e con saggezza.
LE ORIGINI DELLE SPECIE.
Vorrei parlarti brevemente del significato interiore di ciò che gli uomini chiamano l’origine
delle specie della vita animale. Fin da subito dico che si tratta di un concetto molto ampio; perché le
diverse creazioni della vita animale non hanno origine nel regno della materia, ma nei reami
spirituali. Abbiamo appreso che quando l’Universo dei sistemi procedeva verso la sua attuale forma
e costituzione, quelli incaricati di sorvegliare e di svolgere il lavoro seguirono i consigli provenienti
da esseri di grado superiore, e in base a quei consigli plasmarono la loro stessa saggezza.
A quel tempo si osservò che nelle sfere celesti vi erano molte varietà sia di forme di vita in
manifestazione fisica, che di forme mentali operative. Fu quindi deciso che l’universo doveva
riflettere la personalità e la natura di coloro che erano incaricati di portare a termine il suo sviluppo.
Nel giungere a questa conclusione furono divinamente guidati, e quando il loro piano fu completato
venne concesso loro di sapere, per rivelazione, che l’opera aveva l’approvazione divina nel suo
complesso, anche se non aveva raggiunto la perfezione assoluta. Ciononostante, essa ricevette
l’imprimatur del Padre Eterno che concesse loro la libertà di compiere la Sua Volontà secondo le
peculiari capacità e i poteri di ciascuno.
Così ebbero origine i diversi ordini e specie di vita animale, vegetale e minerale, oltre al genere
umano e al carattere razziale. E dato che queste cose erano nate, la Mente Divina pronunciò
nuovamente la Sua approvazione generale o, come dice la nostra Bibbia, Dio vide che ciò “era
buono”.
Ma per quanto evoluti fossero coloro che dirigevano l’opera di creazione, restavano pur sempre
limitati davanti all’Unico Onnipotente e, poiché l’ordinamento dell’universo era un’impresa
immane e di ampia portata, le imperfezioni del loro lavoro si amplificavano man mano veniva
sviluppato; così che a una mente semplice, a un essere di grado inferiore come l’uomo, quelle
imperfezioni apparivano gravi e rilevanti. Questo perché un essere così piccolo e immaturo non è
capace di distinguere equamente bene e male, ma vede più facilmente il male, e il bene è troppo
elevato e straordinario perché ne possa cogliere il significato e la forza.
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IL POSTO DELL’UOMO NELL’UNIVERSO.
Ma se gli uomini tenessero a mente un fatto, riuscirebbero a capire meglio l’esistenza
dell’imperfezione, mescolata com’è alla ben maggiore saggezza e meraviglia. Il fatto è questo:
l’Universo non è stato creato per l’uomo solamente, non più di quanto il mare fu creato per i soli
animali marini che lo abitano, o l’aria per gli uccelli. L’uomo occupa sia il mare che l’aria e li
considera come suoi regni da conquistare e sfruttare. E ha ragione. Essi non appartengono a pesci e
volatili. Il dominio spetta all’essere superiore, e quell’essere è l’uomo. Egli ne è il signore per
concessione, e governa la terra in cui, e sopra la quale, lo ha posto il suo Fattore.
Ma esistono esseri superiori all’uomo, e così come egli governa sulle creature minori e le usa
per sviluppare le facoltà della sua personalità, quelli governano su di lui e lo usano per lo stesso
fine. Ciò è saggio e giusto, perché Angeli e Arcangeli, Principati e Potestà sono anch’essi servitori
di Dio, e il loro sviluppo e addestramento sono necessari quanto quelli degli uomini. Ma siccome
sono più evoluti di lui, i mezzi e il materiale del loro addestramento devono, di conseguenza, essere
di natura superiore e più sublime rispetto a quelli concessi in uso all’uomo. L’ambiente in cui vive
ogni essere, uomo o angelo che sia, è costituito in conformità al suo potere intrinseco.
Che gli uomini lo ricordino e lo tengano presente, allora apprezzeranno meglio il dono del libero
arbitrio – un dono che nessuno dell’intera gerarchia celeste può portargli via. Ed Essi non lo
farebbero anche se potessero; perché così facendo il materiale che usano sarebbe peggiore e meno
qualificato a sostenere il loro stesso progresso.
Temo che dopo aver letto questo, alcuni penseranno che l’uomo sia allora semplicemente uno
strumento sfruttato da esseri superiori, con cui fanno ciò che vogliono per il loro interesse
personale. Non è così, e il motivo l’ho appena detto – l’uomo è, e deve rimanere per sempre un
essere dotato di libero arbitrio.
Per di più, la sola grande forza che anima coloro che servono il Padre da questo lato, è l’Amore.
Essi non sono despoti e oppressori. Tirannia e oppressione appartengono alla creazione terrena. Qui,
potere significa emanazione di amore, e maggiore è il potere maggiore sarà l’amore propagato.
Aggiungo inoltre che coloro la cui lotta contro il male è feroce e gravosa, ricordino e siano ben
consapevoli del privilegio e dell’alto destino che li attende. Tale lotta è garanzia e segno sicuro che
l’uomo è stato ammesso al Concilio e collabora con esseri di grado elevatissimo, partecipando
assieme a loro al grande compito di salvazione dell’intero universo, secondo direzioni stabilite
molto tempo fa. L’uomo dotato di coraggio affronterà l’impresa col massimo fervore tanto più
quanto capirà che anche angeli e Signori di rango elevato vi partecipano, ed egli combatte
all’unisono con loro al suo livello, e sapendo ciò ne trarrà gioia e vigore.
Vedendo inoltre che il suo lavoro è in armonia col nostro e il nostro col suo, e che miriamo allo
stesso obiettivo, cioè il miglioramento di tutta la vita, saprà che la nostra forza è a sua disposizione,
ma la richiederà con saggezza, con dovuta umiltà e spontanea fiducia. Così noi proviamo gioia ad
aiutare gli uomini, nostri compagni d’armi in questa battaglia e collaboratori nell’unica grande
arena dell’Universo di Dio.
Noi vediamo meglio di voi il duro travaglio che attende chi si allontana da questo servizio, ma
non cediamo alla disperazione, perché abbiamo chiaro il senso e il proposito di tutto ciò. E
sappiamo che un giorno gli uomini gioiranno come noi quando, ciascuno coi propri tempi, saliranno
alle sfere superiori di servizio e, da questa posizione di vantaggio, ognuno continuerà il suo
progresso. Quel giorno anche l’uomo si servirà, per il suo tirocinio, del materiale che noi usiamo
adesso e di cui egli è parte, quando altri prenderanno il suo posto e lui andrà a sostituire coloro che
oggi lo guidano nella sua ascesa.
“Il vittorioso”, disse Cristo, “lo farò sedere con me sul mio trono, come io ho vinto e mi sono
assiso col Padre mio sul Suo trono”. Per i forti è il Regno dei Cieli, mio allievo e diletto, e a colui
che ha, sarà dato.
È abbastanza per oggi, conviene che mi fermi qui. Ma il tema è molto più vasto di quanto sono
riuscito a esporti in questo breve messaggio. Se Dio lo consente ti spiegherò altre cose più avanti.

34
Ora sarà bene che ti congedi. Ricorda che se sarai forte, dalla tua forza sgorgherà dolcezza. È
così in questi reami: coloro che possiedono maggiore forza sono i più dolci e amorevoli. Tienilo
presente, ti chiarirà tanti problemi che confondono molto la mente degli uomini. La luce di Dio sia
con te e ti circondi sempre, allora non metterai il piede in fallo. †

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CAPITOLO 4

La Terra è il Vestibolo del Cielo

Ispirazione – Il simile attira il simile – Il possidente terriero e sua moglie – Il nostro stato
spirituale – L’uomo che credeva di sapere – La punizione per la cecità spirituale.

Mercoledì 26 novembre, 1913.


Sono molte le cose di cui potrei parlarti circa l’organizzazione e l’esercizio del potere per come
noi vediamo la sua influenza ed effetto quando, lungo il suo tragitto, attraversa le nostre sfere e
arriva sulla terra. Alcune di queste cose non sareste in grado di comprenderle, altre forse sì, ma
pochi le riterrebbero credibili qualora fossero capaci d’intenderle. Così mi limito a enunciare i
principi più semplici e il loro modus operandi; uno di questi è il modo in cui avviene il
collegamento tra noi e voi per mezzo dell’ispirazione.
ISPIRAZIONE.
È una parola ricca di significato se intesa correttamente, ma ingannevole se travisata. È vero che
noi ispiriamo nel cuore degli uomini la conoscenza della realtà di Dio, ma è solo una piccola parte
della verità. In misura assai maggiore diamo loro, tra le altre cose, la forza di progredire e attuare la
volontà di Dio, l’amore per realizzare quella volontà con movente nobile, e la saggezza (che è
conoscenza unita all’amore) per compierla nel modo giusto. E se un uomo si dice ispirato, non è un
caso isolato o un’eccezione. Tutti quelli che cercano di vivere con rettitudine, e molti ci riescono in
qualche misura, sono ispirati da noi e quindi aiutati.
Ma l’azione di ispirare non descrive in modo preciso il metodo del nostro lavoro. Meglio
sarebbe considerare l’atto dal punto di vista soggettivo, compiuto dall’individuo cosiddetto ispirato.
Egli inala le nostre onde di energia vibrante mentre le dirigiamo verso di lui. E così come un uomo
inspira e riempie i polmoni del fresco venticello che soffia sul pendio di una collina e ne viene
rigenerato, allo stesso modo egli inspira le rinfrescanti onde di potere che spandiamo verso di lui.
Ma non vorremmo limitare il significato della parola applicandolo solo a coloro che con
espressioni eleganti annunciano al mondo qualche nuova verità divina, o certe vecchie verità
restaurate e rinnovate. La madre che si prende cura del suo bimbo malato, il macchinista che
conduce la locomotiva sulle rotaie, il timoniere che mantiene la rotta della nave – tutti questi, e
anche altri, svolgono il loro lavoro in modo autonomo sfruttando le loro peculiari capacità, ma
quando si presenta l’occasione, o le circostanze lo richiedono, interveniamo noi apportando
modifiche e integrazioni. Ciò accade persino quando chi riceve l’aiuto ignora la nostra presenza;
cosa che si verifica nella maggior parte dei casi. Noi siamo felici di soccorrere quando è possibile;
ma possiamo farlo a condizione che nessuna barriera si levi davanti a noi, eretta da colui che
vorremmo aiutare.
Barriere del genere si possono alzare in molti modi. Se l’individuo è di mente ostinata non
possiamo imporgli con la forza il nostro consiglio, poiché è libero di volere e di agire. Talvolta
vediamo che c’è grande bisogno del nostro aiuto, ma la barriera del peccato s’interpone e non
riusciamo a superarla. Allora i cattivi consiglieri fanno il loro mestiere, e penosa è la condizione dei
loro sorvegliati. Ogni uomo, come ogni donna, sceglie i propri compagni di proposito o a sua
insaputa. Se qualcuno deride l’idea della nostra presenza sulla terra, o che un’influenza possa venire
da chi è invisibile e ignoto a prescindere che abbia buone intenzioni – costui non ci oppone una
chiusura di assoluta negazione. Noi lo aiutiamo volentieri perché riconosciamo la sua onestà, e un
giorno non lontano ammetterà francamente il suo errore. L’unico problema è che gli manca la
sensibilità per intuire il nostro proposito; spesso ci fraintenderà, non riconoscendo cosa abbiamo
impresso nella sua mente.

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Se la turbina idraulica è ben lubrificata, l’acqua la fa girare facilmente sul suo asse; ma se è
arrugginita, bisogna aumentare la massa d’acqua, e in tal caso il logoramento della turbina e del suo
asse sarà maggiore e si muoverà con più difficoltà. Allo stesso modo, i marinai possono ubbidire
con precisione agli ordini del capitano anche senza conoscerlo. Ma se lo conoscessero, sarebbero
più bravi durante la tempesta, nel buio della notte, a cogliere il senso dei comandi che impartisce;
questo perché conoscono il suo modo di pensare e non hanno bisogno di lunghi discorsi, ma bastano
loro poche parole per recepire le sue decisioni. Così, chi impara a conoscerci nell’intimo e con più
spontaneità di altri, è nelle condizioni migliori per ricevere le nostre parole.
L’ispirazione ha quindi un significato ampio e di vasta portata pratica. Gli antichi profeti – e
quelli moderni – ricevettero le nostre istruzioni secondo il risveglio delle loro facoltà. Alcuni furono
capaci di udirci, altri di vederci – entrambi per mezzo del loro corpo spirituale; altri ancora ebbero
impressioni mentali. Noi usiamo questi e altri metodi, tutti per un unico fine: impartire istruzioni
agli uomini, tramite costoro, sul giusto sentiero da seguire, e sul modo di gestire la vita per essere
graditi a Dio, secondo la nostra capacità di intendere la Sua volontà da questo piano superiore. Il
nostro consiglio non pretende di essere perfetto e infallibile, ma non conduce mai fuori strada
coloro che si dedicano alla ricerca con lealtà, fervida devozione e grande amore. Ricercatori come
questi appartengono a Dio, e sono fonte di grande gioia per noi che siamo i loro compagni di
servizio. Non dobbiamo andare molto lontano per trovarli, perché nel mondo c’è più bene che male;
e per come in ciascuno il bene e il male sono ripartiti, in ugual modo siamo in grado di soccorrere e
in ugual modo la nostra capacità risulta limitata.
Dunque, per prima cosa, vigila che la tua luce resti accesa; sii simile a quelli che attendono il
loro Signore, perché in questo caso noi facciamo la Sua volontà e Ne rechiamo la forza. Noi
rispondiamo alle preghiere che ci sono state assegnate, e tramite noi, che Lo serviamo, giunge la
Sua risposta. Così sii vigile e all’erta nell’ora del nostro arrivo, perché noi siamo come quelli che
andarono da Lui nel Deserto e nel Getsemani (benché credo fossero di livello molto superiore al
mio).
In secondo luogo, ricordati di mantenere alto e nobile il tuo movente; non agire per fini
egoistici, ma per il bene altrui. Agevoliamo meglio il progresso di chi cerca il nostro aiuto
nell’interesse dei suoi simili, piuttosto che di se stesso. Mentre diamo riceviamo, e ciò vale anche
per voi. Ma nel movente deve prevalere il dare, e a favore di tutti, come Egli disse, e qui sta la
benedizione maggiore. Ricordati le Sue parole: “Io do la mia vita, ma la do per le Mie pecore”.
Questo fece in verità, e senza moventi nascosti. E quando lasciò la vita ottenne una vita ancora più
gloriosa, perché il Suo sacrificio fu pieno d’amore e privo d’interesse personale. Se agisci allo
stesso modo, scoprirai com’è delizioso il tuo dare e ricevere. È un compito arduo da realizzare in
modo perfetto. Ma è la strada giusta, e deve essere necessariamente percorsa, e Lui ci ha mostrato
come farlo.
I fiori si privano del loro profumo per appagare i sensi dell’uomo, ma solo per essere di nuovo
riempiti, e così facendo giorno per giorno pervengono a una maturità sempre più perfetta. Le parole
gentili vengono ricambiate, e due persone sono rese felici grazie al gesto iniziale di una sola. Le
parole benevoli producono in seguito buone azioni. Così l’amore viene moltiplicato, e con l’amore
anche la pace e la gioia. Chi ama dare, e lo fa unicamente per puro amore, è come un’arciere che
scaglia dardi dorati sulle strade della Città Celeste. Qui vengono raccolti e diligentemente
conservati, fin quando chi li lanciò giunge in questo luogo e rientra in possesso del suo tesoro
incrementato. †

Giovedì 27 novembre, 1913.


IL SIMILE ATTIRA IL SIMILE.
A seguito di quanto ti dissi, posso aggiungere che solo pochissimi realizzano in misura ampia la
grandezza delle forze ambientali che circondano gli uomini mentre sbrigano le loro faccende
quotidiane. Ciononostante, queste forze sono reali e vicinissime. Non solo, ma si legano alle vostre

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stesse azioni, che lo vogliate o no. Non sono tutte forze buone, alcune sono maligne, altre a metà
strada – né del tutto buone né del tutto cattive.
Quando parlo di “forze” e “poteri” ne consegue logicamente che ci siano personalità che ne
fanno uso. È bene saperlo, non per assenso formale, ma riconoscendo nel cuore che non siete soli, e
non potete vivere o agire isolati, ma siete obbligati ad agire, volere e progettare in associazione con
altri, e i vostri compagni li scegliete di proposito o senza volerlo.
Quindi conviene che ciascuno sia molto attento nella scelta, e ciò può essere garantito dalla
devozione e dalla rettitudine di vita. Pensa a Dio con rispetto e deferenza, e ai tuoi compagni con
stima e amore; compi ogni azione sapendo che noi ti osserviamo, e registriamo il tuo movente
interiore con esatta precisione; e così come sei oggi e come diventerai, tale sarai quando ti
risveglierai da questa parte; e le cose che adesso sono per te materiali e concrete, e ti sembrano
davvero reali, faranno parte allora di un’altra sfera; i tuoi occhi si apriranno su nuovi scenari, e
parlerai della terra come dell’altro mondo, e della vita terrena come di un viaggio compiuto e
terminato; e i tuoi averi e le masserizie, gli alberi del tuo giardino, e tutto quello che ora sembri
riconoscere come tuo, non lo avrai più a portata di mano.
Allora ti saranno mostrati luoghi, tesori e amici che ti sei meritato nella scuola di esperienza
terrena appena terminata e lasciata alle spalle per sempre. E ti ritroverai pieno di afflizione e
rimorso, oppure circondato da indescrivibile gioia e splendore, da amore e bellezza tutti a tua
disposizione, e i tuoi amici giunti prima saranno impazienti di mostrati gli scenari e le bellezze della
loro attuale dimora.
Ora prova a pensare cosa farà quell’uomo che sulla terra ha vissuto come in uno
scompartimento stagno, con nessuna finestra aperta sui reami spirituali. Farà come i tanti che vedo
qui. Agirà in base a come ha plasmato il suo cuore. La maggior parte di costoro non sono pronti a
riconoscere i propri errori, perché di solito sono sicuri che le opinioni maturate in un’intera vita, e
dalle quali hanno tratto giovamento, non possono essere tanto gravemente sbagliate. Dovranno fare
molte esperienze prima che la luce rechi beneficio alla loro vista spirituale atrofizzata.
Ma chi ha coltivato la capacità di restare indifferente ai piaceri e alle ricchezze materiali,
scoprirà che il suo grembo non è grande abbastanza per contenere i tesori raccolti dalle sue
amorevoli mani, né gli occhi abbastanza attenti per cogliere tutti i sorrisi di benvenuto e di felicità
provocati dal suo stupore perché, dopotutto, la vera realtà è appena cominciata, e la nuova vita è
molto meglio della passata.
E ora, amico mio e diletto, lascia che ti descriva una scena per chiarirti quanto ho appena detto.
IL POSSIDENTE TERRIERO E SUA MOGLIE.
Sul pendio di una verde e rigogliosa collina, su cui aleggia la fragranza di tanti fiori come
musica accarezzata dal colore, si trova un’antica casa a due spioventi con molte torrette e finestre
simili a quelle che prima, in Inghilterra, erano chiuse col vetro. Ci sono alberi e prati inglesi, e giù a
valle si scorge un grande lago dove giocano allegramente bellissimi uccelli variopinti. Sulla terra
non esiste uno scenario del genere, ma lo trovi solo da questa parte del Velo. Sarebbe di poco
profitto se cercassi di mostrati la saggezza che regola le cose nelle sfere celesti. Ma è così, e che gli
uomini debbano dubitare che ogni cosa buona e bella della terra accresca qui la sua bellezza, e la
grazia si faccia ancora più soave, è motivo di grande stupore per noi.
Sopra una torre c’è una donna. La sua veste ha il colore del suo ordine, un colore sconosciuto
sulla terra; tanto che non riesco a definirlo con un nome. Direi tuttavia che è un porpora-dorato,
anche se temo ti trasmetta ben poco. Il suo sguardo è fisso all’orizzonte dall’altra parte del lago,
dove basse colline sono sfiorate dalla luce che proviene da più lontano. È assorta a scrutare. La sua
figura è più perfetta e avvenente di quella di qualsiasi altra donna sulla terra, e il suo viso è
ammaliante. Gli occhi le brillano d’incantevoli riflessi violetti e sulla fronte splende una stella
d’argento che emana scintille in risposta ai suoi intimi pensieri. È il gioiello del suo ordine. E se una
qualità le fosse mancata per rendere più completa la sua bellezza, è da ricercarsi là in una leggera
punta di malinconico desiderio, che non fa che aggiungersi alla serenità e alla gioia della sua
espressione. È la Dama della Casa, dove abitano un gran numero di ragazze che, sotto la sua guida,
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adempiono le direttive che impartisce ed eseguono le missioni che periodicamente richiede. Perciò
la Casa è molto spaziosa.
Ora se studi il suo volto vedrai subito che vi traspare un senso di attesa; e ben presto una luce si
accende nei suoi occhi che sprizzano quei magnifici raggi violetti, e dalle sue labbra esce un
messaggio; e di ciò te ne avvedi per via del lampo di luce blu, rosa e cremisi che irradia da un punto
sotto le labbra e sembra prendere il volo troppo rapidamente per te, tanto da non riuscire a seguirlo
mentre attraversa il lago.
In quel momento un battello si vede arrivare velocemente da destra, fra gli alberi che crescono
presso le sponde; i remi lampeggiano e scintillano, e attorno alla prua indorata gli spruzzi sembrano
tante piccole sfere di cristallo dorato che si mischiano a smeraldi e rubini man mano che restano
indietro. Il battello raggiunge il punto di approdo, e una moltitudine vivacemente abbigliata balza
solerte sui gradini di marmo che conducono al prato inglese sovrastante. Uno di loro però non va
così spedito. Il suo viso è pervaso di gioia, ma appare anche pieno di sorpresa, i suoi occhi non sono
ancora abituati alla qualità della luce che soffonde ogni cosa in un delicato rilucente splendore.
La Dama della Casa esce dal grande cancello e scende per andare incontro alla comitiva,
fermandosi a breve distanza da loro. Il nuovo arrivato la guarda, e un assoluto sconcerto trapela dal
suo sguardo rapito e penetrante. Allora lei si rivolge all’uomo e, con parole familiari, questa
splendente beata di Dio porge il benvenuto a suo marito: “Bene James, sei venuto da me –
finalmente caro, finalmente”. Lui esita: la voce è quella di sua moglie, ma è diversa. Fra l’altro
quando morì era un’anziana signora dai capelli grigi, e invalida. E ora davanti a lui c’è una donna
incantevole, né giovane né vecchia, ma con la grazia perfetta e la bellezza dell’eterna giovinezza.
“Ti ho osservato, caro, e ti sono stata vicina tutto il tempo. Adesso il passato è passato, e la tua
solitudine è finita per sempre, mio amato. Ora siamo di nuovo insieme, e questa è la Terra d’Estate
di Dio dove non invecchieremo come prima, e dove i nostri ragazzi e Nellie ci raggiungeranno
quando avranno compiuto i loro doveri terreni”.
Parlò in modo tale che lui potesse ricevere delle conferme, e finalmente all’improvviso ne ebbe
la prova. Allora scoppiò a piangere di gioia rendendosi conto che quella era davvero la sua adorata
moglie; e l’amore trionfò sul suo timore. Quindi si fece avanti coprendosi gli occhi con la mano
sinistra, guardando appena ogni tanto, e quando le fu vicino, lei si accostò rapidamente, lo strinse
fra le braccia e lo baciò; poi, gettandogli un braccio attorno al collo, prese la sua mano e lo
condusse sulla scalinata, con calma e garbata dignità, fino alla Casa che aveva preparato per lui.
Sì, quella Casa era la controparte celeste della loro dimora a Dorset, dove avevano vissuto tutta
la loro vita matrimoniale fino a quando ella trapassò, e dove lui era rimasto a rattristarsi per la sua
scomparsa.
Questo, mio diletto, l’ho scritto per sottolineare, con un episodio familiare, che i tesori del cielo
non sono mere parole sentimentali, ma cose serie e reali e, se non forzi il significato della parola,
anche materiali. Case, amici, praterie, e tutte le cose care e belle che hai sulla terra, sono qui. La
differenza è che qui sono di bellezza più sublime, proprio come gli abitanti di questi reami
possiedono una bellezza non terrena.
I due avevano avuto una vita agiata come possidente terriero e consorte, ma vissero entrambi
con semplicità e devozione, e furono benevoli in ugual misura verso il povero e verso il ricco.
Queste sono cose che trovano la loro ricompensa nei mondi celesti; e tale ricompensa assume
spesso una forma inaspettata, come fu per lui.
Io stesso sono stato testimone di questo incontro, perché ero fra coloro che accompagnarono
l’uomo nel suo viaggio fino alla Casa, facendo parte allora della sfera in cui si svolse l’episodio.
Di quale sfera si trattava?
Era la Sesta. E ora, amico mio, devo concludere. Se potessi ti mostrerei adesso alcune delle
bellezze serbate per i cuori semplici che fanno quanto possono con amore, e cercano la rettitudine di
Dio per riuscire graditi a Lui, piuttosto che inseguire posizioni di prestigio tra gli uomini. Essi
splenderanno come stelle e come il sole, e l’ambiente che li circonda si ammanterà di maggiore
bellezza grazie alla loro presenza. È scritto così, ed è la verità. †
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Venerdì 28 novembre, 1913.
Cercheremo ora di riflettere su quel passaggio dove il Cristo, nostro Signore e Salvatore degli
uomini, si rivolge ai Suoi discepoli dicendo loro che sono stati scelti nel mondo. Scelti nel mondo,
ma non appartenenti al mondo. Se dunque non sono del mondo, qual è la loro dimora?
Prima è necessario capire in che senso il nostro Salvatore parla del mondo. Il mondo in questo
caso è il regno in cui la materia riveste un’importanza dominante per la mente, e chi la ritiene tale,
dimora, per quanto riguarda il suo stato spirituale e il suo corpo spirituale, in una sfera diversa da
chi ha l’idea contraria, ovvero che la materia non è altro che la forma di manifestazione adottata e
usata dagli esseri spirituali, e assoggettata a coloro che se ne servono come l’artigiano lavora la
creta o il ferro.
IL NOSTRO STATO SPIRITUALE.
Quelli che sono attaccati al mondo materiale si trovano spiritualmente nella sfera vicina alla
terra, e talora sono chiamati spiriti legati alla terra. Non importa se siano rivestiti di corpi fisici, o ne
siano privi e disincarnati, restano comunque legati e incatenati al mondo, e non possono salire alle
sfere di luce, ma sono in contatto con gli abitanti che frequentano le regioni oscure attorno alla
superficie del pianeta. Pertanto sono posseduti dalla terra, e restano di fatto dentro la circonferenza
della sfera terrestre.
Ma Egli aveva innalzato i Suoi eletti oltre il mondo fisico sino alle sfere di luce e, anche se
ancora incarnati, con i loro corpi spirituali erano comunque presenti in quei mondi superiori. Ciò
spiega il loro stile di vita e la condotta che tennero in seguito. Fu da tali sfere che trassero
l’indomito coraggio, la grande gioia e impavidità con cui riuscirono a considerare il mondo non per
il loro tornaconto, ma semplicemente come il campo dove combattere la propria battaglia e poi
tornare a casa dagli amici che li attendevano. Ciò era vero per loro e vale anche oggi.
È dalle sfere tenebrose che paura e insicurezza giungono così abbondanti, essendo la sorte di
coloro che vi dimorano disincarnati, ma che non sono abbastanza svegli da poter comprendere
l’ambiente spirituale in cui si trovano; in esso si muovono e v’infondono energia, assimilando le
qualità a cui si sono resi idonei a causa del loro modo di vivere e pensare.
Di conseguenza è scientificamente esatto dire che un uomo può essere nel mondo per quanto
riguarda il suo corpo materiale, ma non del mondo rispetto al suo corpo spirituale.
Quando le due specie di uomini arrivano qui procedono ognuno per la propria sfera e molti,
mancando di chiarezza di pensiero e discernimento, restano grandemente sorpresi di ritrovarsi
destinati a un luogo di cui avevano sentito parlare con le orecchie fisiche, ma non ne avevano mai
indagato a fondo la realtà.
Ora, per chiarire ulteriormente l’argomento, che per noi contiene molti elementi di conoscenza,
ti voglio raccontare un episodio relativo alla mia esperienza e conoscenza.
L’UOMO CHE CREDEVA DI SAPERE.
Una volta fui incaricato di accogliere un uomo che bisognava trattare con speciale premura,
essendo un tipo con molte e ben definite convinzioni sui regni celesti, e la sua mente era stata
infarcita di idee su ciò che era giusto e opportuno pensare circa la continuazione della vita
nell’aldilà. Lo incontrai dopo che i suoi spiriti guida lo avevano prelevato dalla terra e
accompagnato al boschetto dove io lo attendevo. Camminava tra loro e sembrava alquanto turbato,
come se cercasse qualcosa che non riusciva a trovare.
Feci cenno alle due guide di lasciarlo solo davanti a me, e loro arretrarono a poca distanza alle
sue spalle. In un primo momento non riuscì a vedermi in modo distinto; ma dopo che ebbi
concentrato la mia volontà su di lui, fu in grado di percepirmi bene.
Allora gli dissi: “Signore, tu cerchi qualcosa che non puoi trovare, e io posso aiutarti. Prima di
tutto dimmi: da quanto tempo sei in questa nostra regione?”.

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“Trovo difficile rispondere alla tua domanda”, replicò. “Di sicuro mi ero organizzato per fare un
viaggio all’estero, e pensavo di essere in Africa. Ma vedo che il posto è completamente diverso da
quello che mi aspettavo”.
“Certamente, questa non è l’Africa, e tu sei molto lontano da quel paese”.
“Qual è il nome di questa terra, allora? E a quale tribù appartiene questa gente? Sono bianchi e
di bell’aspetto, mai però mi è capitato di incontrare gente come loro, persino nei mie letture”.
“Bèh, per essere uno scienziato, qui non sei molto preciso. Tu hai letto di queste persone senza
renderti conto che erano qualcosa di più che marionette senza vita e prive di qualità proprie. Le
persone che vivono qui, nelle tue letture erano descritte come santi e angeli. E tale sono io”.
“Ma…”, riprese lui, poi fece una pausa. Non mi credeva, e temeva di offendermi non sapendo
quali conseguenze ne sarebbero seguite, dato che si trovava in un paese straniero, in mezzo a gente
sconosciuta e senza accompagnatori.
“Ora”, gli dissi, “hai davanti a te la più grande impresa che tu abbia mai dovuto affrontare. In
tutti i tuoi viaggi non hai incontrato barriere così alte e spesse come questa. Perciò sarò molto
esplicito con te e ti dirò la verità, anche se tu non mi crederai. Ma fidati, perché fin quando non mi
crederai e non capirai, non troverai mai pace, né sarai in grado di compiere alcun progresso. La
prima cosa che devi fare è prendere le opinioni maturate durante la vita terrena, rovesciarle e
rivoltarle, e considerare te stesso non più come un erudito e importante scienziato, ma come un vero
e proprio principiante nella conoscenza. Sappi infatti che quasi tutto ciò che hai ritenuto meritevole
di considerazione circa questo posto era indegno per un essere pensante, o completamente sbagliato.
Sono parole dure, è necessario che lo siano. Ma guardami bene e se ci riesci, dimmi: ti sembro
onesto e amichevole, oppure no?”.
Mi fissò a lungo e molto seriamente, infine disse: “Anche se sono sconcertato da quanto dici, e
le tue parole mi sembrano quelle di un fanatico illuso, tuttavia la tua faccia è onesta, e credo che
desideri il mio bene. Ora, qual è la cosa a cui devo credere?”.
“Hai sentito parlare della morte?”, gli chiesi.
“L’ho vista in faccia molte volte!”.
“Come ora guardi in faccia me. Eppure non conosci né quella né me. Come chiameresti quel
genere di conoscenza in cui si osserva una cosa senza sapere cos’è?”.
“Se sarai chiaro e me lo spiegherai in modo che possa capire, forse riuscirò ad afferrare meglio
come funzionano le cose”, rispose.
“Così sia. Prima di tutto tu sei ciò che chiameresti un morto”. Di fronte a questo proruppe in una
schietta risata e disse: “Chi sei tu e cosa stai cercando di fare con me? Se vuoi prendermi in giro,
dimmelo subito che la facciamo finita, e me andrò per la mia strada. Non c’è un villaggio qui vicino
dove posso mangiare e trovare riparo mentre rifletto sulla strada da prendere?”.
“Tu non hai bisogno di mangiare, non sei affamato. Non ti serve un rifugio, perché non sei
stanco fisicamente. E neppure puoi notare i segni della notte”.
Al che fece di nuovo una pausa, e replicò: “Hai perfettamente ragione, non sono affamato. È
strano ma è vero, non ho fame. E questa giornata è stata certamente la più lunga che mi ricordo.
Davvero non capisco”.
E riprese a vaneggiare. Allora gli dissi: “Tu sei ciò che chiameresti un morto, e ti trovi nel regno
dello spirito. Hai lasciato la terra e sei nell’aldilà, dove ora devi vivere e giungere a comprendere.
Finché non afferri questa verità iniziale non posso darti un ulteriore aiuto. Ora ti lascio riflettere, e
quando chiederai di me, se tale sarà il tuo desiderio, verrò. I due gentiluomini che ti hanno condotto
qui sono spiriti guida. Puoi interrogarli e loro ti risponderanno. Ma ricordati solo una cosa: non ti
sarà permesso di mettere in ridicolo quello che dicono, né deridere le loro parole come hai fatto
adesso con le mie. Solo se sarai umile e gentile ti accorderò la loro compagnia. Dentro di te c’è
molto di meritevole; ma come tanti che ho incontrato c’è anche molta presunzione e leggerezza
mentale. Non ti consentirò di essere arrogante con i miei amici. Così in futuro sii saggio e
rammenta. Ora ti trovi nella zona di confine tra la luce e l’ombra, e sta a te essere condotto in una o
andare nell’altra di libera scelta. Possa Dio aiutarti, e così sarà se lo vorrai”.
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Allora feci cenno ai due spiriti di avvicinarsi, ed essi andarono a sedersi accanto a lui; quindi mi
allontani lasciandoli soli.
Cosa accadde in seguito? È riuscito a salire o è sceso?
Non ha più chiesto di me, e io non sono andato da lui per lungo tempo. Era molto curioso di
sapere, e i suoi due compagni lo aiutarono in ogni modo possibile. Ma poco a poco egli trovò che la
luce e l’atmosfera del luogo gli creavano disagio, e fu costretto a ritirarsi in una regione meno
luminosa. Qui si adoperò con strenuo sforzo, e il bene alla fine prevalse in lui. Ma fu una lotta
sofferta e prolungata, piena di amarissima e bruciante umiliazione. Tuttavia si dimostrò un’anima
coraggiosa e ne uscì vincitore. In seguito i due spiriti guida furono riconvocati da coloro che gli
affidarono il suo caso, ed essi lo accompagnarono di nuovo nella regione luminosa.
Fu là che tornai a incontrarlo, in quello stesso punto nel bosco. Era diventato un uomo molto più
serio e riflessivo, più gentile e meno incline a deridere. Così lo osservai in silenzio, egli mi guardò e
mi riconobbe, allora abbassò la testa in segno di vergogna e contrizione. Era molto dispiaciuto di
avere deriso le mie parole. Poi si fece avanti lentamente, s’inginocchiò ai miei piedi, e vidi le sue
spalle contrarsi per i pianti e i singhiozzi, mentre si copriva il viso con le mani. Gli posai la mano
sulla testa, lo benedissi con parole di consolazione, e lo lasciai. Accade spesso così. †

Lunedì 1 dicembre, 1913.


LA PUNIZIONE PER LA CECITÀ SPIRITUALE.
Non molti hanno il dono di scorgere la luce in mezzo alle tenebre, né di comprendere le tenebre
per quello che sono; ma possono riuscirci se si sforzano, perché chiunque laggiù voglia conoscere la
verità riceve un aiuto dalle sfere luminose e gli viene data la giusta opportunità in base alla sua
natura e capacità. Così è sempre stato, e così è oggi. Ricorda che la Natura di Dio è Una, così com’è
Una la Sua Manifestazione fino alle sfere più esterne del Suo Regno.
Quando Dio creò questo universo di materia dotò i Suoi servitori di qualità che li resero capaci
di attuare il Suo proposito, concedendo loro libertà entro certi limiti, come ho spiegato in
precedenza. Una delle leggi che ha governato la loro opera era che, pur con variazioni minori e
provvisorie, e con l’apparente diversità nella gestione dei poteri a loro assegnati, l’unità doveva
essere il principio guida di ogni cosa, e alla fine tutto doveva tendere a quel risultato.
Questo principio di unità e coerenza è stato sempre presente a quegli alti Signori e Gerarchi, e
mai si è allontanato da Loro, né viene trascurato oggi. Ma gli uomini lo dimenticano, e non si
curano di chiedersi: come mai noi ci interessiamo a loro, i nostri fratelli meno maturi, fino al punto
di venire quaggiù, rivolgervi discorsi e guidarvi direttamente col contatto personale della nostra
presenza? Da parte nostra è sorprendente dover constatare che ci sono uomini che esitano lungo il
cammino, e temono che parlare con noi sia sbagliato, rendendosi in tal modo sgraditi a Colui che
venne al mondo per la stessa ragione; per poter mostrare che spirituale e materiale non erano altro
che due aspetti di un solo grande Regno, e che formano un’unità.
Questo è l’unico grande movente che diede in tutto l’insegnamento, ecco perché i Suoi nemici
lo condannarono a morte. Se il Suo Regno fosse stato solo il mondo terreno, Egli non avrebbe
sminuito le aspirazioni mondane degli uomini, né il loro stile di vita in quanto a benessere e
opulenza. Ma Egli mostrò che il Regno dei Cieli era quello dei reami superiori, e che la Chiesa sulla
terra non era altro che il vestibolo alla Sala di Ricevimento Reale. Stando così le cose, la nobiltà
dovrebbe essere valutata in base alle virtù che distinguono le schiere dei piani luminosi, e non in
base alle condizioni confuse presenti nella parte più bassa del Suo Regno, così come interpretato dal
mondo.
Ecco perchè Lo uccisero; e oggi quell’opinione continua a perdurare, come vediamo, sia nella
Chiesa che nel resto del mondo laico. E finchè gli uomini non realizzano la nostra esistenza e il
nostro diritto ad essere considerati, insieme a loro, membri dello stesso Regno del Padre, e non
prima che questo avvenga, non faranno molti progressi nel discernere tra luce e ombra. Guide
cieche ce ne sono fin troppe, amico; e non gradiamo affatto il loro arrogante disprezzo per il lavoro

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e la missione che svolgiamo. “Se avessero saputo non Lo avrebbero ucciso – il Signore di Gloria”.
Sicuramente no, tuttavia Lo uccisero.
Se adesso sapessero che noi, inviati sulla terra a compiere la nostra amorevole impresa, eravamo
angeli, non avrebbero denigrato la nostra opera di comunione, né chi si eleva sopra la massa e al
quale possiamo fare udire i nostri sussurri. No di certo, ma essi offendono noi e i nostri amici e
fratelli. E chiameranno a difesa la propria ignoranza e cecità con lo stesso risultato prodotto da
coloro che uccisero il Maestro, il Cristo.
Zabdiel, non ho alcun dubbio che tutto ciò sia vero e giusto. Ma credo che tu stia parlando con
un certo fervore. E poi non fu San Pietro che giustificò gli Ebrei, e non gli Ebrei che difesero se
stessi, o no?
Sì amico, parlo con fervore, per indignazione. Ma c’è un altro fervore più nobile – quello
dell’amore. È sbagliato pensare che siamo sempre placidi e impassibili. Talvolta ci arrabbiamo; ma
il nostro sdegno è sempre legittimo, altrimenti verremmo immediatamente ripresi dai nostri
superiori che vedono con occhi più limpidi dei nostri. Tuttavia non siamo mai vendicativi –
ricordati di questo e ricordalo bene. Ciononostante, secondo giustizia e per amore dei nostri amici e
collaboratori sul piano terreno, è nostro dovere dispensare punizioni a coloro che li trattano
ingiustamente. Vedo però che in questo non riscuoto la tua approvazione. Mi piegherò dunque al
tuo sentimento, e per ora abbandono l’argomento. Ma le mie parole sono vere dalla prima
all’ultima, e meritano di essere ponderate bene da coloro che si sentiranno chiamati in causa.
Riguardo alla difesa di San Pietro. È vero, fu lui a farla, ma tieni presente anche un’altra cosa: io
ti parlo da questa parte del Velo, e tu mi ascolti dall’altra parte sul lato terreno. Ora, anche noi come
voi abbiamo documenti storici – la storia di questi regni – che conserviamo con grande cura. Dai
nostri documenti sappiamo che qui, quando furono giudicati, i Suoi accusatori fecero appello alla
loro ignoranza come argomento di difesa, ma servì a poco. La luce era tenebra e la tenebra era luce
per loro, poiché loro stessi erano delle tenebre. E per la medesima ragione non riconobbero la Luce
quando Egli andò da loro. Per essere precisi, essi erano ciechi e non sapevano. Ora, in queste sfere
la cecità non deriva dal fatto che viene impedito il passaggio della luce esterna, ma origina da un
causa più profonda. Una causa non esteriore, ma interiore all’essenza della natura di un uomo. E
poiché erano ciechi, furono assegnati al luogo dei non vedenti, nelle regioni dell’oscurità e del
tormento.
Siamo in un’epoca di grande attività nelle sfere di luce. Molta energia viene convogliata sulla
terra in ogni parte. Non c’è chiesa o religione che non sia in fermento. E poiché la luce è proiettata
nelle tenebre, ciò comporta grandissima responsabilità per coloro che ancora lottano sulla terra.
Diano prova di grande audacia e siano curiosi di conoscere e far propria la luce! Questo è il mio
consiglio e lo dico con solennità. Io parlo in base alla lunga esperienza acquisita nella scuola
sovraterrena, dove impariamo molto e più velocemente di quando si usa un cervello fisico.
Lasciamo che gli uomini ricerchino umilmente e scoprano la verità di queste materie.
D’altra parte noi non imploriamo in ginocchio. Anche questo tenetelo a mente. Non offriamo
doni come i sudditi ai sovrani. Ma veniamo e siamo pronti a sostenervi con doni che l’oro della
terra non può comprare; e a coloro che sono umili e buoni, e di mente pura, diamo in dono la
capacità d’intendere la Verità, per come è in Gesù, dell’assoluta certezza della vita nell’aldilà, della
sua gioia, del coraggio di fronte alle avversità in questo e nell’altro mondo, e dell’amicizia e
fratellanza con gli angeli.
Amico, ora ti devo lasciare, ma ti prego di avere pazienza con me se ho detto cose che hai
annotato poco volentieri rispetto ad altre volte. Non è senza proposito che ho impressionato in tal
modo la tua mente. In un’altra occasione mi sforzerò di ricompensarti con messaggi recanti
maggiore luce.
Che la pace e la gioia vivano nel tuo cuore, mio diletto. Amen.

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CAPITOLO 5

La Scienza dei Cieli

Trasmissione di potere spirituale – La relazione fra Spirito e materia – Esamina dei Cieli –
La rete di luce – La realtà spirituale – La realtà del Cielo – La Città presso il lago – Un
incontro con vecchi compagni – Il Tempio e il suo Santuario.

Martedì 2 dicembre, 1913.


Caro amico e allievo, questa sera ti parlerò di certe questioni connesse alla trasmutazione
dell’energia. L’energia, nell’accezione che utilizzo ora, va intesa come quell’intermediario che
mette in relazione l’atto di volontà con l’effetto che si manifesta alla mente degli uomini. Qui siamo
esperti in questo compito e con un atto di volontà trasmettiamo i nostri pensieri, per mezzo di ciò
che possiamo chiamare vibrazione, attraverso le sfere o stati interposti fino al piano materiale. È
questo moto vibratorio che chiamo energia.
Ora devi capire che il linguaggio terreno è un mezzo inadeguato ad esprimere in maniera esatta
e completa la scienza dei reami celesti. Perciò sono costretto a precisare la mia terminologia, e
quando uso la parola vibrazione non intendo solo il moto di oscillazione in avanti e indietro, ma
parlo di movimenti che talvolta sono ellittici, talvolta a spirale, altre volte sono una combinazione di
quelle e altre qualità.
TRASMISSIONE DI POTERE SPIRITUALE.
Da questo punto di vista il sistema atomico di vibrazione, che solo di recente è stato rivelato agli
uomini di scienza, è per noi identico al moto dei pianeti del nostro sistema solare e di altri sistemi
lontani nello spazio. La rivoluzione della terra attorno al sole e il movimento delle particelle
dell’atomo, sono vibrazioni. Non conta con quale scala li misurate, o qual è il diametro della loro
orbita; essi sono dello stesso genere anche se di grado diverso.
Ma la trasmutazione comporta in ciascun sistema un’alterazione del movimento; venendo così
modificata la natura del movimento, viene modificato inevitabilmente anche il risultato. Così,
agendo sempre in perfetta obbedienza alle leggi prescritte da esseri superiori e più saggi di noi,
concentriamo la nostra volontà sul movimento di certe vibrazioni, che vengono deflesse e
trasmutate in vibrazioni di qualità diversa, e di conseguenza si realizza il cambiamento. Di solito
eseguiamo il lavoro in modo lento e graduale per ottenere l’esatta misura di divergenza voluta
rispetto alla qualità originaria della vibrazione, né più né meno.
È con questo metodo che trattiamo le imprese degli uomini e lo sviluppo della natura in tutte le
sue parti. Sono molteplici le classi e le compagnie incaricate di occuparsi dei vari dipartimenti della
creazione – minerale, vegetale, animale, umana, terrestre, solare e stellare. Per giunta, le stelle sono
a loro volta raggruppate assieme e sotto la custodia di gerarchie qualificate a svolgere
quell’imponente lavoro. Con lo stesso metodo di trasmutazione dell’energia i sistemi sono
gradualmente sviluppati in mondi; i mondi vengono forniti di forme, e in seguito messi in
condizioni di generare vita vegetale e animale. Ma stando così le cose, noterai che tutta la vita e la
crescita derivano dall’azione dell’energia spirituale che risponde ai decreti stabiliti dalla volontà di
esseri spirituali. Una volta compreso questo, il concetto di forza cieca scompare per lasciare il posto
all’idea di proposito intenzionale; il proposito di potenti e intelligenti lavoratori spirituali di diversi
gradi, che operano in accordo a certe leggi prefissate pur restando, entro i limiti di tali leggi, liberi e
influenti.
LA RELAZIONE FRA SPIRITO E MATERIA.
La materia stessa è il risultato della trasmutazione di vibrazioni spirituali in vibrazioni di tipo
più grossolano, che oggi gli scienziati studiano, e sono giunti a conoscere che la materia è in verità
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l’effetto di vibrazioni, e che nessuna particella di materia è inerte, ma in uno stato di continuo
movimento. Ciò è esatto, ma non conclusivo, perché la materia non viene indagata fino in fondo.
Per essere più corretti sarebbe meglio dire non che la materia è soggetta a vibrazione, ma che la
materia stessa è vibrazione, ovvero il risultato di una vibrazione di qualità più raffinata che non
origina nei fenomeni degli oggetti materiali, ma in sfere affini alla sua qualità.
E quando verrà per te il momento di abbandonare il corpo fisico, poco importa che resti
disincarnato. Il tuo corpo terreno era un corpo di vibrazioni e niente più. Ti ritroverai allora con un
corpo di vibrazioni più sostanziali e permanenti, perché di qualità superiore, e più prossimo alla
Volontà animante che lo portò in esistenza fisica; così potenziato quel corpo ti sarà utile mentre
soggiorni nelle sfere inferiori, e quando progredirai ulteriormente verrà trasmutato in un corpo
ancora più permanente e di qualità più sublime. Questo processo si ripeterà col passare dei secoli,
mentre procedi di gloria in gloria sempre maggiore nelle infinite sfere di progresso che ti attendono.
Ne consegue inoltre che come gli abitanti delle sfere inferiori del regno spirituale non sono
normalmente visibili nel mondo terreno, così gli abitanti delle sfere superiori non sono
generalmente visibili nelle sfere inferiori; la cosa avviene nel medesimo ordine man mano che
saliamo di sfera in sfera, e continuiamo il nostro cammino su questo glorioso sentiero di luce e di
sublime impegno.
Le cose stanno così, caro amico, e quando un giorno verrai qui sarai in grado di capirle meglio.
E sebbene tu adotti lo stesso metodo di cui ho parlato nella tua vita quotidiana, come fa ogni altro
uomo, tuttavia comprendi poco il suo funzionamento. Se venisse compreso, sarebbe bene per gli
uomini essere in totale accordo con noi, che cerchiamo di usare i nostri poteri per la gloria e la
venerazione di Dio; allora l’uomo si ritroverebbe nelle mani un’arma che, se usata a fin di bene o di
male, supererebbe in forza e potenza ogni sua attuale conoscenza, come questa supera la facoltà
mentale della mosca o della formica.
È bene per noi saper coordinare il progresso fra conoscenza e santità, per farle procedere
assieme. Ed è così che avviene – anche se non perfettamente, comunque entro certi confini ampi ma
sicuri. In caso contrario il mondo non sarebbe quello che è oggi, e di conseguenza nemmeno
l’ordine governerebbe.
Questo in ogni caso è un aspetto del nostro lavoro di soccorso alla razza umana, e cosa riserva il
futuro non so dirlo. Non sono in grado di vedere così avanti da ipotizzare quanto lontano si
spingeranno gli uomini in questa nuova conoscenza, la cui soglia hanno appena varcato. Ma le cose
saranno ben ordinate da coloro che vigilano con zelante premura e immensa saggezza; e tutto andrà
bene finchè sarà così. †

Mercoledì 3 dicembre, 1913.


Può essere utile sviluppare meglio il tema in esame per rendere più esplicito il senso del mio
discorso. Sappi quindi, mio caro amico, che quanto ho detto circa la trasmutazione dell’energia
serviva più a definire il concetto che a fornire una spiegazione dettagliata dello stesso.
ESAMINA DEI CIELI.
Se osservi attentamente lo spettacolo della vita di Dio che si manifesta intorno a te nell’ambiente
naturale della tua sfera, noterai parecchie cose interessanti. In primo luogo non saresti in grado di
usare il senso della vista, che ti aiuta a capire l’operato di Dio, se la luce esterna a te non fosse
riversata sul vostro pianeta. La luce non è altro che vibrazione, e nella sua qualità vibratoria non è
costante dall’inizio alla fine.
Tu osservi che il sole è visibile, ed è la fonte delle vibrazioni luminose. Ma all’esterno
dell’involucro atmosferico della sfera solare, le sue vibrazioni vengono trasmutate dal diverso
ambiente dentro cui sono penetrate. Così il flusso di luce attraversa lo spazio buio e prosegue fino a
raggiungere un’altra fascia atmosferica, come quella che circonda la terra; a questo punto
quell’energia viene di nuovo trasmutata di qualità, e diventa ancora una volta ciò che gli uomini
chiamano luce. Tuttavia il flusso che dal sole arriva alla terra è una sola entità, una corrente di luce
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che prende energia dalla sua sorgente, attraversa una vasta regione oscura e, qualora impatti un
pianeta lungo la sua traiettoria, riemerge un’altra volta, rivelando la sua qualità originaria.
Ricorderai certamente le parole: “La luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non la
comprendono”. Esse esprimono più che una semplice analogia. È il modo di operare adottato da
Dio nel Suo universo materiale e spirituale. Egli è Uno, e il Suo Regno è uno.
È ovvio, quindi, che sono necessarie certe condizioni perché quella luce possa diventare idonea
a rivelare la realtà oggettiva agli uomini. Tali condizioni sono rappresentate dall’ambiente su cui la
luce agisce, e da cui viene influenzata per azione riflessa.
Lo stesso può dirsi per l’ambiente spirituale. È solo quando incontriamo un ambiente congeniale
che noi, ministri spirituali, siamo in grado di rendere efficace il nostro operato. Ecco perché ad
alcuni siamo capaci di rivelare le cose in misura maggiore, e con più facilità, rispetto ad altri, le cui
condizioni non sono altrettanto compatibili. Ciò che rende visibili le cose, siano esse materiali o
spirituali, è sempre la luce.
Ti riporto un’altra similitudine. Così come la luce che viene diretta dal sole al pianeta lontano
deve attraversare l’interposta regione oscura, ugualmente dai mondi superiori la luce è inviata oltre
le sfere che si frappongono, e viene ricevuta nel piano terreno esattamente come la terra riceve la
luce solare.
Esaminiamo un altro ambito. Lontano, oltre le stelle più remote che vedi dalla terra, esiste una
zona di straordinaria bellezza, dove i soli si sono evoluti in sistemi assai più avanzati rispetto a
quelli che osservi. Là si nota che la luce è aumentata in modo direttamente proporzionale alla
diminuzione del calore; ciò indicherebbe il fatto che il calore, con l’evoluzione avvenuta nelle ere,
viene trasmutato nelle vibrazioni che costituiscono la luce. La luna è più fredda della terra e riflette
una luce maggiore in proporzione alla sua massa. Più vecchio è un sistema più freddo diventa, e di
conseguenza più lucente. Questo è quanto pensiamo nella mia sfera; e posso dirti che nessun fatto
osservato fino a questo momento si è dimostrato contrario alla nostra deduzione.
LA RETE DI LUCE.
Una volta mi capitò di osservare un bellissimo caso di trasmutazione dell’energia proprio qui
nella mia regione. Avevamo ospitato dei visitatori di un’altra sfera, e poiché la loro missione si era
conclusa erano in procinto di ripartire. Un gruppo dei nostri, fra cui io, li accompagnò fino al grande
lago dal quale erano giunti. Qui, dopo averci salutato con parole di ringraziamento e di affetto,
s’imbarcarono allegramente sui loro battelli, quando all’improvviso uno dei nostri Principi fu visto
avvicinarsi con una comitiva di assistenti. Venivano attraverso l’aria e volteggiavano sul nostro
gruppo e sui battelli, mentre noi, conoscendo le loro abitudini, anche se non l’attuale proposito di
questa visita, attendevamo di vedere cosa avrebbero fatto – o meglio cosa Lui aveva in mente di
fare. È delizioso in questi reami darsi gioia l’un l’altro, esercitando i poteri che si possiedono e
variandone le combinazioni in modo da produrre effetti molteplici.
In alto nel cielo li vedemmo muoversi lentamente e volare attorno al Principe; poi da lui si
dipartirono, verso i suoi assistenti disposti in circolo, dei fili costituiti da vibrazioni di diverse
qualità, e quindi di diverso colore. Emetteva quei fili con la sua volontà, e i suoi aiutanti li
intessevano formando un magnifico reticolo dall’aspetto assai curioso; nel punto d’incrocio di due
fili, la luce si intensificava e irradiava come una brillante gemma colorata. Questi nodi avevano
differenti colori in base alle varie combinazioni di fili che ne costituivano la struttura.
Quando il reticolo fu completato, il circolo si allargò e i suoi componenti si allontanarono
lasciando il Principe da solo al centro. Egli impugnava la rete nel punto di mezzo, mentre questa
galleggiava attorno a lui come una tela di ragno iridescente. Fu uno spettacolo grandioso.
La rete era una vera e propria struttura formata da innumerevoli qualità di vibrazioni intrecciate
assieme. Poi la rilasciò dalla mano, ed essa cominciò lentamente a sprofondare, mentre lui saliva
passandole attraverso finchè non le fu a pari dei piedi. Quindi alzò le braccia e discese con essa.
Scendendo guardava attraverso la rete le navi in basso, facendo lenti movimenti con le mani nella
loro direzione. Allora i battelli presero a muoversi sull’acqua: sembrava si muovessero da soli
andando a disporsi in cerchio. La rete calò posandosi sopra le imbarcazioni in modo che tutte
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fossero contenute all’interno del suo perimetro; illuminava i vascelli, infine li attraversò andando a
posarsi sul pelo dell’acqua. A quel punto il Principe, stando in piedi sulla rete e sull’acqua, al centro
dei battelli disposti in cerchio, salutò la compagnia con un gesto della mano, la rete si issò
lentamente dall’acqua, sollevando le navi con sé, e si librò in alto nel cielo. Così, in armonia, se ne
andarono assieme sorvolando quello specchio d’acqua, e la comitiva della nostra sfera si strinse
attorno a loro levando un canto di buon viaggio, mentre essi, fluttuando nell’aria, si dirigevano
verso l’orizzonte che si apre sul lago.
Non fu altro che una piccola prova d’amore che ci rallegra mostrare ai nostri fratelli delle altre
sfere di servizio – e niente di più. Il motivo che mi ha spinto a narrarti questo episodio – che fu uno
spettacolo ben più incantevole di quanto sarei capace di descriverti per iscritto – era d’illustrare
l’effetto della volontà di un potente Signore Angelico quando viene concentrata sulle forze
circostanti e ne trasmuta la qualità.
La bellezza non serve solo a somministrare piacere alla vista, è piuttosto una caratteristica di
questi reami. Bellezza e utilità vanno di pari passo qui. Più utile diventa un uomo, tanto maggiore è
la bellezza che emana dalla sua persona. La bellezza della santità è reale ed effettiva, amico mio; e
sarebbe bene che tutti gli uomini accettassero questa verità.†

Giovedì 4 dicembre, 1913.


Dopo aver considerato, piuttosto brevemente, alcuni dei principi che si vedono operare sia nel
tuo mondo terreno che in questi di sostanza più sottile, continuerò seguendo una direzione
leggermente diversa. Benché non sia di tua competenza e neanche proficuo per te parlare in modo
esatto di cose che esistono solo in queste sfere superiori, tuttavia un uomo deve guardare avanti
mentre cammina; e più sarà capace di comprendere il mondo verso il quale è diretto, più sicuro sarà
il suo passo e meno insolito apparirà quel mondo al suo arrivo.
Quindi, tanto per cominciare – dopo avere oltrepassato il velo del corpo fisico fino ai regni più
luminosi della vita spirituale, e avendo in primo luogo reso familiari a noi stessi le condizioni qui
vigenti e averle dominate – uno dei primi compiti che dobbiamo imparare è di trasmettere questa
stessa conoscenza a coloro che vengono dopo di noi.
LA REALTÀ SPIRITUALE.
Una circostanza che causa grande afflizione e sfiducia in molte anime, è il fatto che ogni cosa
che vedono in queste sfere è reale. Ti è già stato detto, ma poiché assume un aspetto così insolito e
contrario ad ogni aspettativa razionale, sarò felice di aggiungere altre spiegazioni alle precedenti. È
di primaria importanza per ognuno realizzare che l’esistenza futura non è un sogno, come direbbero
gli uomini – non certo noi – ma una vita realmente più piena e sviluppata, una vita per cui
l’esistenza terrena rappresenta sia una preparazione che un inizio. È come se gli uomini fossero
convinti che l’alberello sia più forte della quercia, o la sorgente più reale e vigorosa del fiume.
L’alberello e la sorgente sono la vostra attuale vita terrena; la quercia e il fiume rappresentano la
vita nei regni ultraterreni.
Il corpo che ora vi riveste, gli alberi e i fiumi, e le altre sostanze materiali che definite reali, non
sono così permanenti e reali come le loro controparti nei mondi sottili, perché in questi mondi
risiede la sorgente dell’energia che giunge ai vostri apparati. È come la dinamo che genera energia
elettrica e la invia alla singola lampadina a seconda della sua potenza e intensità.
Perciò, quando gli uomini ci pensano come sbuffi di fumo, e si figurano il nostro ambiente
come di ombre alla deriva, devono fermarsi e chiedersi se esiste una valida ragione a sostenere il
loro punto di vista. Io dico che non solo non esiste una ragione valida, ma al contrario è stolto e
disdicevole pensare in tal modo agli esseri nello stato spirituale.
LA REALTÀ DEL CIELO.
Lascia che ti descriva una scena di queste sfere, o regioni, come preferisco chiamarle per fartele
sembrare più naturali. Ti mostrerà a quale sistema e tipo di vita prenderai parte un giorno non
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lontano. E quando trapasserai nella luce solare e ripenserai alla tua vita terrena, essa ti risulterà
sicuramente molto vivida e chiara, e tutte le cose che allora sarai capace di discernere ti
appariranno, almeno in parte, guidate da una ragione che riconoscerai essere saggiamente regolata e
benevola. Ciononostante, la presente vita ti sembrerà durare solo una breve giornata quando intorno
a te si dispiegheranno, una dopo l’altra, immensità senza fine, e l’eternità comincerà a entrare nella
tua vita, quella vita che attualmente scandisci giorno per giorno.
Ti descrivo la scena. Scorgo in lontananza una luce che si leva in cielo e, come un velo tinto di
viola, va a sovrapporsi all’orizzonte che sembra scomparirvi dietro impedendomi di vedere più
lontano. Tra l’orizzonte e l’alto picco di roccia su cui mi trovo a osservare c’è un’ampia distesa
pianeggiante. Ai miei piedi, molto sotto di me, vedo un tempio che a sua volta è situato più in alto
della Città, la quale si estende attorno alla base della montagna.
Vedo cupole, castelli e palazzi circondati da prati smeraldini, con fiori brillanti come gioielli dai
mille colori; poi piazze, statue e fontane; vedo molta gente muoversi in gruppi, e i loro abiti
superano in splendore le aiuole di fiori dalle innumerevoli tinte. Un colore tuttavia domina sugli
altri, è l’oro – il colore principale della Città.
LA CITTÀ PRESSO IL LAGO.
Alte mura a forma di mezzaluna s’innalzano lungo il perimetro esterno e cingono la Città,
mentre le loro estremità si piegano verso la montagna su ciascun lato. Sopra le mura sono appostate
sentinelle – non per avvistare i nemici, ma per dare notizia di ciò che si presenta di tanto in tanto
sulla vasta pianura di fronte, e per dare il benvenuto agli amici che viaggiano fin qui dalle regioni
lontane.
Le mura sono lambite dalle acque di un lago la cui estensione è tale che sulla terra sarebbe
considerato un mare o un oceano. Ma coloro che sono addestrati a osservare possono vedere la
terraferma dall’altra parte del lago, sulla costa più lontana, dove la luce che sta sorgendo bacia le
vele e si riflette sui remi dei velieri che navigano nell’una o nell’altra direzione sulla distesa del
mare appena ingrossato da onde leggere.
Ora discendo e mi fermo sulle mura a osservare ciò che avviene. Ben presto odo un boato, come
un tuono proveniente da quella nube di luce viola. Lo sento crescere d’intensità e ritmo, mutare in
un suono piacevole, fino a diventare un accordo musicale prolungato. Allora dal tempio sopra di me
vedo emergere una gran moltitudine di gente con scintillanti toghe bianche, cinture dorate in vita, e
recanti ciascuno una fascia d’oro sulla testa. Sono fermi sul basamento roccioso davanti al Tempio,
si prendono per mano e guardando verso l’alto, sembrano perdersi in un atto di adorazione. In realtà
stanno concentrando l’energia per rispondere al saluto della comitiva che viaggia verso di noi, a una
certa distanza oltre l’orizzonte.
Da quella moltitudine viene avanti un uomo il cui sguardo è fisso in direzione della nube di luce
violetta. È di corporatura più robusta degli altri e, come loro, indossa una veste bianca e oro, ma il
suo volto è più bello e luminoso, e gli occhi sono come fiamme di luce vibrante.
Subito dopo avere assunto quella posizione, comincia a formarsi attorno a loro una nuvola;
vediamo che s’ingrossa e inizia un movimento rotatorio fino ad assumere la forma di una sfera
dorata, ma piena di luci variopinte. Si allarga tanto da nascondere il Tempio alla vista. Poi avviene
un fatto davvero notevole.
La sfera, roteando e spandendo continui lampi di luce – color oro, cremisi, porpora, blu, verde e
altri – lentamente sale in cielo, e sale ancora finchè non raggiunge il picco più alto della montagna
che sovrasta il Tempio alle sue spalle. Si alza più su, irradiando lontano. Noto allora che il
basamento su cui era fermo il gruppo del Tempio è rimasto vuoto. Sono ascesi tutti con quel globo
infuocato di luce vivente. Ciò è possibile solo per coloro che con l’addestramento hanno sviluppato
la capacità di sostenere l’intenso potere spirituale generato da un simile fenomeno. La sfera sale
ancora, poi si ferma restando sospesa, mentre la luminosità del suo fulgore aumenta.
Allora noto un’ombra uscire lentamente dal centro della sfera, collocarsi e distendersi sulla metà
che guarda la regione sottostante; adesso la superficie rivolta verso la luce viola all’orizzonte è

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libera, e la sua brillantezza è talmente accresciuta che non mi è possibile guardarla, vedo solo i
raggi viaggiare alti sulla pianura in risposta al messaggio proveniente da lontano.
Poi udiamo un ronzio, come quello delle api, provenire dalla sfera di luce; aumenta di volume al
pari dell’altro, come un accordo suonato da grandi orchestre; la sfera si dilata, ora è altissima nel
cielo, e sia la pianura che il mare vengono inondati di luce e musica – poiché queste sono fatte per
andare mano nella mano qui, e unitamente condizionano e agiscono.
I nostri amici sono visti e sentiti da coloro che si dirigono verso di noi da lontano, e le due
correnti di luce poco a poco si avvicinano, e lo stesso vale per le due armoniose melodie, il tutto
fondendosi assieme in uno spettacolo di straordinaria bellezza. Tuttavia non sono ancora vicini e
uniti. Ciò che da voi corrisponde alla distanza, in questi reami è immenso. Per fare un confronto con
queste due, è come se una delle stelle che vedete dalla terra volesse visitare una stella sorella situata
lontana miliardi di miliardi di miglia, e per farsi conoscere le inviasse la sua musica come saluto,
ricevendo in risposta la medesima armonia di luce e suono. Immagina che queste due stelle possano
mollare i loro ormeggi situati alle estremità dello spazio, e cominciare una manovra di
avvicinamento reciproco lungo la via celeste, secolo dopo secolo, viaggiando a tremenda velocità, e
per salutarsi si inviano di tanto in tanto flussi di luce e musica, come a mandare baci strada facendo,
prima del loro incontro – allo stesso modo puoi figurarti l’approccio di due sfere dell’universo
spirituale, anche se non riuscirai mai a stimare troppo la loro bellezza e la potenza del movimento
così dispiegato.
A quel punto mi allontano e proseguo per i fatti miei, mentre per tutto il tempo la luce cresce, e
la gente della Città diffonde la notizia, provando a indovinare chi arriverà questa volta e,
incontrandosi, ciascuno ricorda all’altro chi venne l’ultima volta, e cosa si manifestò allora delle
glorie nuove e mai viste prima in città da quando vi risiedono.
Così ognuno continua il suo lavoro in felice attesa, perché tutti i visitatori recano gioia, e a loro
volta ricevono gioia da chi li ospita, che portano alla loro gente quando ripartono.
Vorrei poterti descrivere l’incontro, ma non sono sicuro di riuscirci, essendo una di quelle cose
impossibili da esprimere nel linguaggio terreno. Persino fin qui mi sono sentito impacciato, e ho
preso atto che potevo descriverti solo quella scena, lasciando fuori tutte le parti più belle per darti
giusto la cornice essenziale su cui esercitare la tua immaginazione.
Se perfino lo splendore della loro separazione fu dieci volte più glorioso di quanto sono stato
capace di esprimere, come troverò le parole per descriverti l’unione di quelle due glorie quando si
incontrarono? Il cielo fu trasformato in una fiamma lucente e pervaso da migliaia di esseri
sfavillanti, giunti con molte specie di animali da trasporto e carri di diversa fattura, vessilli e
stendardi, lampeggianti, radiosi, scintillanti di luci e colori, e dalle voci simili a suoni di strumenti
musicali che scendevano su di noi come fiotti di pioggia dorata mista a diamanti e fiori violetti,
mentre volteggiavano lassù, vorticando nei cieli.
Rapsodia? Sì amico, dedicata a coloro che vorrebbero paragonare i cieli ai monotoni spettacoli
folcloristici della terra con i loro sfarzi e orpelli appariscenti, rappresentati in un’atmosfera che
rispetto a quella della nostra regione è come nebbia in confronto alla luce solare. Ma in mezzo alla
torbida umidità del mondo e della vita terrena, voi stessi non appartenete alla terra, ma siete
potenzialmente parte delle Sfere celesti secondo il vostro destino. Non siate dunque così meschini
da andare a carponi annusando per terra in cerca dell’oro, il quale si aggrega e disgrega, e non ha
qualità durevole. Traete vantaggio dalle cose che avete, e siate contenti che il vostro mondo sia così
saggiamente ordinato e meraviglioso com’è, ma non giudicate il nostro reame in base a ciò che
trovate normale in quella sfera più bassa.
Guarda avanti, amico mio e allievo, e sappi che questo regno è tuo; e tutte le sue bellezze e
delizie le serbiamo con fiducia per te. Allunga la mano fiducioso, e io vi farò scendere sopra una
piccola gemma di questi tesori celestiali. Aprici il tuo cuore, e soffieremo nella tua anima un po’ di
musica e di amore della futura dimora che ti attende.
Sii contento per un istante, e compi ciò che riconosci essere il tuo dovere immediato. Noi
conserviamo sana e salva la tua eredità per quando verrai; esegui il tuo lavoro quanto meglio e
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lealmente possibile, tu e tutti quelli che verranno da noi come Re e Principi di Sangue Reale – quel
Sangue che rappresenta la Sua Vita per tutti coloro che amano la santità come Lui l’amò, e poiché
Egli ne amava la bellezza non si tirò indietro nel compiere la Volontà del Padre Suo – che gli
uomini derisero, e per la quale Lo crocifissero.
Procedi seguendo la Sua via; quella via condusse Lui al Trono, e condurrà là anche te, assieme a
chiunque compia il suo dovere con nobiltà e amore. Di costoro Egli è il Sovrano. †

Lunedì 8 dicembre, 1913.


Questa sera, amico mio e pupillo, intendo riprendere l’argomento che ho cominciato quando
impressionai la tua mente l’ultima volta.
La nuvola viola di gloria e la nuvola della mia sfera si erano unite assieme, e guardando lo
spettacolo lassù vidi, come ti ho detto, un gran movimento di gente al loro interno. Poi la
beatitudine si stabilì sulla nostra Città, e tutti gli edifici, gli alberi, le persone e quant’altro furono
inondate da una pioggia dorata e violetta, e assunsero un aspetto ancora più incantevole a causa di
quel battesimo.
Capirai infatti che quella pioggia scendeva da una sfera superiore alla mia, e dalla quale
provenivano i nostri visitatori; nessuno giunge in questo modo se non per portare e lasciare in dono
una benedizione. Dopo la loro partenza avevamo ricevuto una dote che ci avvicinava al nostro
prossimo stadio di conseguimento, e l’intera città risplendeva di una sublimità mai vista prima.
Ora, si dà il caso che in quel periodo avevo un compito da svolgere nel tempio, e là mi diressi
lungo un sentiero di montagna. Era una salita lunga, ma di solito preferivo andare a piedi per
meditare e tenermi pronto a qualsiasi evenienza avessi dovuto affrontare in occasioni come queste.
UN INCONTRO CON VECCHI COMPAGNI.
Qua e là, disseminati lungo il sentiero che sale, si trovano dei santuari un po’ fuori mano, come
ce ne sono in molti luoghi della terra. Mi fermai davanti a uno, standomene in disparte e
coprendomi gli occhi con le mani: rimasi così per un momento cercando di entrare in comunione
con Colui la cui Vita c’infonde la forza di seguirLo sulla via celeste. Non mi accorsi che qualcuno
si stava avvicinando, finchè non udii dei passi sul sentiero alle mie spalle. Poi si fermarono e io,
avendo terminato le mie offerte, mi girai e vidi due uomini contornati da una luce che mi indicò che
il loro grado non era come il mio, ma di sfere superiori. Allora mi inchinai, e mantenni gli occhi
fissi a terra in attesa che esprimessero la loro volontà e proposito nei miei riguardi.
Rimasi a lungo così, ma non parlarono. Visto il loro silenzio, mi feci coraggio, sollevai gli occhi
e li guardai; prima osservai la cintura delle toghe per capire a quale ordine potevano appartenere.
Compresi che erano messaggeri che scortavano il loro Capo durante i suoi pellegrinaggi. Tu potresti
definirli “aiutanti di campo” del Comandante.
Continuavano a tacere, quindi rivolsi lo sguardo ai loro volti. Erano raggianti e sorridenti; e da
quel sorriso trapelava un certo divertimento. Li fissai con fermezza per vedere se ne riconoscevo i
lineamenti; al principio potevo discernere poco, poiché non fu facile penetrare l’abbagliante
radianza che li attorniava. Ma, intuendo qualcosa del loro potere, come si fa in questi casi, arrivai
finalmente a riconoscerli. Allora compresi. Erano due miei vecchi compagni che al tempo in cui
prestavamo servizio su un piano più vicino alla terra, avevano combattuto in favore di certe anime
e, dopo esserne usciti vincitori, le condussero fuori dalle regioni più oscure alla luce della Presenza.
A quell’epoca io ero loro servitore e compagno.
Quando videro dai miei occhi che cominciavo a identificarli, vennero verso di me, mi presero
per mano, e salimmo assieme in cima alla collina verso l’altopiano del Tempio, non prima però di
avermi baciato sulle guance per infondermi più forza, in modo da poter sostenere la loro presenza e
conversare con loro.
Oh, che beatitudine e immensa gioia fu quella passeggiata! Essi, il cui rango era superiore al
mio, cominciarono a parlare dei vecchi tempi e del servizio svolto assieme e, proseguendo per

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gradi, arrivarono a discorrere del tempo presente in questa mia sfera, e poi del loro più splendente e
glorioso reame, a cui presto, forse, dovrei essere chiamato.
IL TEMPIO E IL SUO SANTUARIO.
Così giungemmo al Tempio, e la strada mi sembrò meno lunga delle altre volte per la bellezza
della loro presenza e l’estasiante discorso che mi fecero sulla maggiore gloria della loro Dimora.
Portavano un messaggio al custode del Tempio, stando al quale il loro Capo e Signore sarebbe
presto venuto, assieme al nostro, a benedire il Tempio e celebrare il culto per il suo gruppo, per se
stesso e per la Città che in quel momento li avrebbe ospitati.
Mi potresti descrivere il Tempio, Zabdiel?
Cercherò di fare il possibile, usando la tua riserva di parole a mia disposizione. Non esistono
mura tra la facciata e l’orlo del precipizio, così che il Tempio viene visto molto distintamente dalla
pianura appena fuori la cerchia muraria della Città. Sorge perpendicolare al basamento roccioso,
un’arcata sovrastante l’altra, crescendo verso l’alto in perfetta armonia, con colori progressivamente
più chiari verso le arcate superiori. Il colore dominante non saprei definirlo perché non esiste sulla
terra. Posso solo dirti che è una combinazione di rosa e grigio, e certo non ti trasmette l’idea esatta
del suo aspetto. Ma ciò basti, e d’altra parte mi riuscirà un po’ meglio descrivere la sua architettura.
Non c’è solo un grande portico d’ingresso, come nella maggioranza delle vostre cattedrali, ma
cinque. Sono di stile e colore diversi, e servono per accogliere la gente che viene qui a pregare. Se
tutti fossero ammessi per una sola entrata, le persone con minore energia subirebbero un
indebolimento che andrebbe a scapito della loro capacità di pregare una volta entrati. Pertanto
queste cinque vie d’ingresso sono fatte per condurli alla navata a loro confacente per essere
fortificati. Qui fanno i loro primi voti e atti di devozione. Poi passano avanti nella grande navata
centrale del Santuario, dove si ritrovano tutti assieme senza provare disagio.
In questo spazio centrale c’è una torre quadrata, aperta alla sommità verso il firmamento. In
alto, sopra la torre, tuona una luminosa nube sempre in movimento, simile alla Shekinah degli
antichi, il Luogo dove, in certi periodi, discende nel Tempio e sui devoti in adorazione un flusso
della Vita Divina e della Sua benedizione.
Sul lato opposto di questo spazio c’è un’altra navata, dove si trattengono gli angeli che vengono
a incontrare le persone là convocate. Essi impartiscono l’insegnamento di quei Misteri che
appartengono ai Reami Superiori, e solo chi ha fatto molti progressi può riceverlo, essendo un
sapere di ordine elevatissimo, relativo ai poteri e alla saggezza delle cose Divine, quindi viene
impartito con parsimonia. E come una falena è distrutta dalla fiamma che cerca con troppo ardore,
non è con impunità che la Saggezza superiore può essere ricevuta e trasmessa. Finora non ho mai
ammirato quel Santuario interno, non è ancora venuto il mio tempo. Ma quando verrà, sarò pronto.
E sarò chiamato in quel luogo solo quando la mia preparazione sarà completa, e non prima. Ma per
avanzare nella prossima sfera devo assimilare il sapere impartito là, e là solamente. Attualmente
tutti i miei sforzi tendono a questo scopo.
Ti ho detto qualcosa di quel potente Santuario, ma con una certa esitazione, essendo troppo
glorioso per descriverlo con le tue parole. A tal proposito, S. Giovanni nell’Apocalisse tentò di
descrivere la visione ai suoi fratelli che erano stati meno favoriti di lui. Ma non riuscì a parlar loro
che di pietre preziose e perle, di luce e cristalli, e niente altro. Ebbene, io mi trovo nella stessa
condizione, fratello mio, e devo fermarmi. Così lascia che abbandoni l’argomento con qualche
rammarico perché più di così non potrei fare, e finirei solo per svilire la gloria che incorona e
soffonde tutto il Tempio eretto su quella Montagna Celeste della Decima Sfera, nelle lunghe
distanze di progressiva conoscenza e saggezza, di potere, forza e benedizione verso Colui Che, di
tutte queste qualità, è la Causa e la Fonte. †
Zabdiel, sento troppa tensione per riuscire a continuare nei prossimi giorni. Mi consenti di
venire a giorni alterni, o preferisci che venga tutti i giorni che posso, come adesso?
Come vuoi tu, amico mio. Ricordati solo di una cosa: il potere che ora è presente potrebbe
interrompersi. Io ti sosterrò per quanto ne sono capace, ma quando quel potere verrà meno a causa
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delle tue limitazioni – non potrò più farlo. Renderò il mio racconto il più completo possibile, mentre
sei in questo stato di ricettività. Ma fai come meglio credi. Se decidi di continuare ogni giorno, non
affaticare la mente con altri scritti più di quanto sia necessario al giusto adempimento dei tuoi
obblighi verso la tua gente e gli amici.
Fai del moto e recupera il vigore all’aria aperta, per quanto senti che ti giova. Io ti darò tutta la
forza e il sostegno che posso. Ma la mia capacità di dare è più grande della tua di ricevere. Così, se
te la senti, vieni tutti i giorni o quasi, per quanto i tuoi doveri lo consentono. Finora non abbiamo
saltato neanche un giorno, e se vuoi puoi riuscire a continuare con questo ritmo.

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CAPITOLO 6

La Terra d’Estate di Dio

“Insegnami a seguire la tua via” – La radura della statua – La flora della Decima Sfera –
Il Santuario delle Feste – Un panorama celestiale – L’incontro nella Valle delle Vette –
L’incontro con Harolen – Alla Porta del Mare – Laus Deo – L’altare sulla zattera – “Un
solo Dio, una sola Fede” – Una trasfigurazione celeste – Il Figlio dell’Uomo.

Martedì 9 dicembre, 1913.


Vieni a me, mio diletto, con lo stesso anelito con cui io sono venuto da te. Penso che troverai i
miei sforzi nient’affatto deboli, perciò credo che questa sera riuscirò a comunicare qualche cosuccia
che aiuterà te e altri. Sono disponibili delle forze che ti agevoleranno la comprensione a tua
insaputa; io uso quelle forze per ordinare i miei pensieri prima di comunicarteli. Non esitare dunque
a causa della sfiducia che nutri nella tua capacità di riprodurli. Quando non sarai più in grado di
farlo te lo dirò, e per quel giorno chiuderemo il libro e dedicheremo le nostre menti ad altre
occupazioni.
Ora prestami la tua attenzione per continuare il mio racconto, perché stasera voglio che tu
sappia altre cose riguardo alle nostre attività nella Decima Sfera. Ricordati sempre però che nella
narrazione sono costretto, di necessità, a modellare la mia descrizione alle condizioni che si trovano
nelle sfere inferiori alla Decima; considera inoltre che queste immagini subiscono un’ulteriore
perdita per l’uso del linguaggio e delle similitudini terrene. Ho detto “di necessità” perché non è
possibile mettere una staiata di grano dentro una pinta, né confinare la luce entro lo spazio oscuro di
uno scrigno di piombo.
“INSEGNAMI A SEGUIRE LA TUA VIA”.
Il tabernacolo del Tempio di cui ti ho parlato non serve solo per la preghiera, ma anche per dare
istruzione a chi è pronto a riceverla. È la Scuola Superiore della sfera, e solo chi ha superato i corsi
elementari può continuare qui l’apprendimento finale. In vari luoghi della regione ci sono diverse
scuole e collegi, ciascuno specializzato in qualche ramo della saggezza, mentre altre scuole, poche,
si dedicano a coordinare assieme alcune di queste branche.
La Città ospita tre collegi di quest’ultimo tipo, dove gli allievi che hanno frequentato ciò che
chiamerò le scuole di provincia, vengono ad apprendere il valore relativo dei vari insegnamenti
ricevuti e a combinarli assieme in una sintesi. È un metodo seguito in molte sfere. Ma ciascuna
sfera è sia la continuazione che un avanzamento rispetto alla sfera inferiore. In tal modo, dai mondi
più bassi ai più alti c’è un graduale sistema di progresso, e ogni gradino in avanti implica una
capacità ulteriore non solo di potere, ma di gioia nell’esercitarlo.
Gli insegnanti hanno solitamente i requisiti per dimorare nel mondo superiore confinante, ma
scelgono di rimanere per insegnare alle persone che, a loro volta, li sostituiranno quand’essi
finalmente si trasferiranno nel loro appropriato luogo di residenza.
Di tanto in tanto i precettori compiono dei viaggi nella sfera superiore, e ritornano per
continuare il loro lavoro, perché possiedono le qualità per sostenere il suo maggiore splendore, al
contrario di altri, di grado minore, che ne sono ancora carenti.
Ogni tanto qualcuno delle sfere più alte visita quelle sottostanti per intrattenere rapporti e
conversazioni amichevoli con i loro compagni che insegnano là; allora sono quasi sempre disposti a
modificare se stessi in conformità all’ambiente più basso, in modo da poter trasmettere amorevoli
parole d’incoraggiamento agli alunni.
Quando uno spirito discende sulla terra da una sfera celeste, deve modificare se stesso in modo
simile e in grado più o meno elevato, se vuole stabilire un contatto con voi che colà dimorate. La

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stessa cosa avviene qui, fra le condizioni superiori e inferiori che esistono in mondi di diversa
qualità e altezza.
A noi risulta più facile comunicare con alcuni di voi che con altri, e ciò dipende dal vostro grado
di avanzamento spirituale. E di nuovo la stessa cosa vale qui, nella terra dello spirito. Nella Terza
Sfera, ad esempio, c’è chi percepisce la presenza di gente della Quarta o Quinta Sfera, o persino di
sfere più alte, ciò avviene perché il loro avanzamento spirituale supera quello dei loro compagni. Se
tali visitatori volessero rendersi visibili e udibili a tutti, dovrebbero modificarsi in maniera ancora
più completa per rendersi adatti a quell’ambiente, ed è proprio così che fanno.
Si tratta di una descrizione schematica, ma ciò che all’inizio sembra complicare la vita da questa
parte, in realtà serve a organizzarla in modo ordinato. I principi guida che governano la comunione
dei santi sulla terra con quelli ascesi più in alto, hanno origine da questa parte e proseguono nelle
sfere superiori in successione ordinata. E se desideri sapere cosa regola la nostra comunione con chi
ci è sopra, ragiona per analogia e ne avrai una conoscenza corretta, per quanto ti è possibile mentre
sei incarnato.
Ti ringrazio molto. Mi potresti descrivere più in dettaglio la Città e il territorio della Decima
Sfera?
Sì. Ma prima, a proposito dell’appellativo “Decima Sfera”, ti dico che la chiamiamo così per
semplificare, perché di fatto ogni sfera è in contatto con le altre. Quella che chiamiamo Decima è la
nota dominante, ma l’armonia delle sfere è unitaria e concorde. Per questo un uomo può aspirare
alla sfera superiore, e s’innalza proprio grazie al contatto con quella zona più alta che compenetra la
sua.
Avendo progredito diciamo fino alla Settima Sfera, egli ha accesso a tutte le sfere inferiori
attraverso le quali è passato. Così come altri scendono fino alla sua, egli può discendere in quelle
inferiori, condizionando se stesso in base alla sfera in cui giunge. Può anche restare nella sua
dimora a trasmettere il suo potere agli abitanti delle sfere inferiori. Noi lo facciamo di continuo,
proiettando la nostra conoscenza e forza di sostegno persino verso la terra, a favore di quelli con cui
abbiamo stabilito un contatto. Non sempre lasciamo la nostra dimora quando vi prestiamo aiuto; ma
solo occasionalmente se la necessità lo impone.
Dove ti trovi ora – nella tua casa, o qui sulla terra?
Sono molto vicino a te in questo momento. Perché, sebbene io abbia poca stima della malta e
dei mattoni [cioè della realtà densa e concreta – N.d.T.], tuttavia, tenendo in debito conto la tua
condizione incarnata e la tua incapacità di elevarti da solo quassù, devo per forza venirti incontro
lungo la strada. Così mi muovo verso di te e resto a portata del tuo orecchio, altrimenti potresti
riprodurre i miei pensieri, ma non nell’ordine e nel modo che io desidero.
Ora rispondo alla tua domanda circa l’ambiente della mia sfera. Te lo descriverò, ma tieni a
mente le parole con cui ho cominciato questa sera.
LA RADURA DELLA STATUA.
La Città si dispiega attorno alla base della montagna. Tra le sue mura e il lago vi sono palazzi
con parchi che si estendono a destra e a sinistra, per lo più rasentando il lago stesso. Ci
imbarchiamo e procediamo sulle acque del lago seguendo una rotta rettilinea; approdiamo sulla riva
opposta dove troviamo un territorio boscoso con alberi appartenenti a una specie presente solo su
questa Sfera. Ci sono diversi sentieri, imbocchiamo quello davanti a noi e cominciamo un lungo
viaggio nell’entroterra, emergendo infine in una radura.
In questo spazio aperto si erge la statua di una donna in piedi che guarda in alto, nei cieli
lontani. Le braccia sono distese lungo i fianchi, indossa un vestito semplice senza ornamenti. Venne
collocata qui molto tempo fa, e perennemente punta lo sguardo verso il cielo da molti secoli.
Ma vedo, fratello mio, che per questa sera sei esausto. Sarà meglio abbandonare l’argomento e
riprenderlo, se è possibile, la prossima volta.
Guarda in alto come fa quella statua, e riceverai sui tuoi occhi un battesimo di luce che ti
permetterà di vedere alcune delle glorie che si trovano lassù. †

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Giovedì 11 dicembre, 1913.
Riprendiamo dalla volta scorsa. La radura in cui si erge la statua è un luogo dove spesso ci
riuniamo per ricevere istruzioni da parte di chi, essendo a noi superiore, ritiene opportuno di tanto in
tanto chiamarci fuori dalla moltitudine dei nostri fratelli per poterci affidare qualche speciale linea
di studio da portare a termine. Qui c’incontriamo, ed essi ci raggiungono in questa splendida radura
dove il loro incanto supera la bellezza del luogo in cui risplendono.
LA FLORA DELLA DECIMA SFERA.
Dalla radura partono diversi sentieri. Ne imbocchiamo uno dal lato opposto che volge a destra.
Mentre camminiamo, notiamo ai bordi del sentiero una gran varietà di fiori: alcune famiglie di
margherite e di viole del pensiero, e altri starsene impettiti quasi se gioissero della bellezza dei loro
petali e colori, come la dalia, la peonia e la rosa. Tutti questi e altri ancora, perché nella nostra sfera
non esistono i fiori tipici delle stagioni, ma tutti fioriscono assieme in un’estate perpetua e mai
tediosa.
Sparsi qua e là ve ne sono di altre specie, alcuni hanno un diametro molto grande, un’autentica
galassia di bellezza, simili a grandi scudi di luce scintillante, tutti con tinte splendide, e tutti
donando delizia all’osservatore. La flora di questa sfera va ben oltre tale descrizione e, come ti ho
già detto, qui esistono colori sconosciuti sulla terra a causa delle sue vibrazioni più grossolane, e
anche perché i sensi del corpo umano non sono abbastanza raffinati per poterli percepire.
Così, volendo fare una piccola digressione, ci sono suoni e colori nel mondo terreno che i vostri
sensi non sono in grado di rilevare. E noi li abbiamo qui, assieme ad altri, e contribuiscono alla
sontuosa manifestazione d’incanto dell’ambiente, mostrandoci almeno un po’ come deve essere la
Bellezza della Santità quando è più vicina alla Beatitudine Centrale, dove il Santissimo dimora nel
Cuore dell’Ineffabile.
IL SANTUARIO DELLE FESTE.
In breve tempo raggiungiamo un corso d’acqua che incrocia il nostro sentiero, quindi giriamo a
sinistra con l’intenzione di visitare una comunità che riscuoterà il tuo interesse. Cosa pensi che
troviamo qui, in prossimità del margine della foresta, nel punto in cui il sentiero devia lontano dal
fiume permettendo di scorgere un’estesa pianura? Niente meno che un Santuario delle Stagioni o
delle Feste.
Voi, nel piano terreno, avete poca percezione della nostra vicinanza e ci credete lontanissimi.
Ma neppure un passero cade dal suo nido senza che il vostro Padre Celeste non lo sappia. Così, tutto
ciò che fate è conosciuto da noi, e viene esaminato con interesse e grande premura nel caso fosse
possibile, di tanto in tanto, introdurre nella vostra adorazione alcune gocce di rugiada celeste che
tingeranno leggermente di pensieri Celesti sia voi che le vostre preghiere.
In questa comunità ci sono ministri scrupolosi che si occupano di esaminare le Feste che
ricorrono sulla terra ogni anno; essi assommano la loro offerta di devozione agli spiriti che
presenziano alla tua cerimonia per rafforzarli nel loro compito di facilitarti ad assumere quella
particolare disposizione mentale adatta a dirigere i tuoi pensieri e aspirazioni verso la più
importante Festività del vostro ciclo.
Non fa parte del mio lavoro specifico, quindi non parlo per esperienza. Ma so che comunità
come queste rinforzano quelle idee di Natale, Pasqua, Epifania e Immacolata, che sono occasione
per voi d’incontrarvi e stare insieme.
Ho saputo inoltre, e credo sia vero, che le comunità devote a Dio Padre secondo canoni diversi
da quello cristiano, sono parimenti assistite nelle loro grandi Celebrazioni dai loro speciali angeli
guida e custodi.
Quindi, durante questi periodi, noterai un accresciuto ardore nei devoti raccolti presso i Santuari
di preghiera, e gran parte del loro fervore, io credo, sia l’effetto delle correnti di forza spirituale
trasmesse da questi collegi, che fluiscono nei cuori delle congregazioni terrene, riunite a celebrare e
glorificare Dio.
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Vorresti sapere qualcosa circa gli edifici della comunità. Ce ne sono molti, per lo più alti e
superbi. Si raccolgono attorno a una struttura dominante che si appoggia su numerose arcate e
s’innalza di piano in piano nello spazio sovrastante. La sua sommità, ornata di festoni sui bordi, si
allarga e si estende sovrastando le abitazioni sottostanti come fosse un giglio sempre aperto, ma mai
completamente sbocciato. L’edifico è di colore blu e verde, e nei suoi recessi assume una sfumatura
marrone intenso, come oro vivo. È incantevole ammirarlo, esprime devozione nel suo protendersi
verso il cielo. È come un fiore il cui profumo sale, mentre il cuore si allarga allo sguardo di quelli in
alto, e al Creatore e Amante Celeste che, pur essendo al di là di tutto, vede, sa e prova gioia nel
respirare la vita del cuore che ritorna a Colui che la diede e la sostiene incessantemente, per sempre.
Lasciamo questo incantevole fiore a librarsi, come un uccello dalle grandi ali protettive, sulla
prole composta da grappoli di abitazioni che si accarezzano a vicenda, e sembrano al sicuro sotto la
protezione, per così dire, della loro madre Santuario e Tabernacolo. Così ci allontaniamo e
continuiamo.
Dopo aver camminato a lungo risalendo il fiume, iniziamo a salire. Arriviamo alla terra
montuosa dove lo sguardo si proietta in lontananza. Siamo sulla zona di confine fra la nostra e la
successiva sfera di progresso. Alcuni di noi riescono a vedere più lontano e con più precisione di
altri che non hanno ancora raggiunto tale sviluppo. Ora ti dirò cosa vedo.
UN PANORAMA CELESTIALE.
Siamo sulla vetta di una montagna, una delle tante. Davanti a noi si trova una piccola valle, poi
si ergono una dopo l’altra imponenti catene montuose con picchi e vette più alte della nostra; la luce
che le inonda si fa più splendente man mano che lo sguardo si spinge lontano. Non è una luce
ferma. Si muove, scintilla, abbaglia e saetta in mezzo a quelle remote montagne, come se fossero
immerse in un oceano di cristallo vibrante o di elettricità. Ecco come si presenta l’ambiente, ma più
di questo non sono in grado di dirti.
In lontananza vedo fiumi e costruzioni. So che fra quelle montagne ci sono pascoli, fiori, alberi
e praterie, giardini e palazzi abitati dai cittadini di quella Sfera, ma sono oltre la mia capacità visiva;
posso solo distinguere gli elementi più prominenti del paesaggio, che fungono da punti di
riferimento.
Nel complesso e dappertutto vedo l’Amore di Dio, la Sua straordinaria bellezza, la Sua grazia
suprema: e il mio cuore ha un sussulto di gioia per il cammino che mi attende. Infatti è là che dovrò
andare; e quando avrò compiuto il lavoro che mi è stato assegnato qui, e non prima di allora, so che
qualche benevolo abitante di quell’affascinante regno mi verrà a chiamare, e io farò un balzo di
gioia e mi affretterò a seguirlo lassù. Non è forse così anche per te, fratello mio? Ciò che quella
sfera superiore suscita nel mio cuore, il tuo prossimo gradino di progresso dovrebbe suscitarlo nel
tuo, e in modo ugualmente esaltante.
Ti ho detto solo pochissimo di questo mondo, ma abbastanza per infonderti l’entusiasmo e il
desiderio di sollecitare la tua marcia.
Ora vorrei tornare alla radura e invitarti a mantenere gli occhi ben fissati in alto. Non
preoccuparti, il tuo piede non inciamperà perché gli occhi non sono rivolti a terra. Coloro che
guardano in alto tengono d’occhio la via che stanno percorrendo; e noi guardiamo in basso per
vigilare che il tuo cammino sia sicuro.
Tutto è bene, mio diletto; sì, tutto è bene, e chi ripone fiducia in noi, che serviamo nostro
Signore, dimora col suo cuore in Lui; e niente e nessuno lo farà cadere.
Così sia, allora. Certe volte, sovente, il mondo è grigio e spossante, ma c’è anche bellezza,
amore e devota aspirazione. Afferrale e gioisci di loro. Offrine generosamente agli altri, e il grigiore
sembrerà meno cupo, e la luce lontana comincerà ad apparire più chiara e splendente, e i figli del
mattino ti condurranno alla loro incantevole Terra d’Estate. †

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Venerdì 12 dicembre, 1913.
L’INCONTRO NELLA VALLE DELLE VETTE.
In piedi su quell’alto picco irradiato dalla luce che lo raggiunge dai reami dietro di me, e
bagnato dalla luce più intensa dei regni di fronte, resto in comunione con gli spiriti di entrambe le
sfere e, tramite loro, con i cieli più lontani. Sono momenti di beatitudine troppo intensi per poterli
esprimere a parole, e aprono gli occhi della comprensione spirituale che consentono di vedere cose
gloriose e potenti, vaste infinità e l’amore che tutto abbraccia.
Un giorno me ne stavo lassù, rivolto alla mia futura dimora con gli occhi chiusi, perché
l’intensità della luce che mi risplendeva davanti superava la mia capacità di sostenerla
incessantemente. Fu là che per la prima volta mi fu concesso di vedere e parlare con la mia guida, il
mio custode.
Egli era sulla cima di fronte alla mia, e la valle ci divideva. Quando aprii gli occhi lo vidi là,
come se all’improvviso avesse assunto una forma visibile in modo che lo potessi vedere il più
distintamente possibile. Mi sorrideva e mi guardava nel mio imbarazzo.
Indossava una tunica scintillante dal tessuto simile alla seta, lunga fino alle ginocchia, e in vita
portava una cintura d’argento. Le braccia e le gambe erano nude, e sembravano ardere e diffondere
la luce della sua santità e purezza di cuore; ma più di tutto risplendeva il suo volto. Portava un
copricapo blu, e i capelli erano come argento prossimo a tramutarsi in oro; nel copricapo brillava il
gioiello del suo ordine. Non ne avevo mai visto uno di quel tipo. Era una pietra bruna che emetteva
una luce bronzea molto bella, e rifulgeva della stessa vita che ci attorniava.
A un certo punto disse: “Vieni da me”. Io però ebbi paura, non perché afferrato da un terrore,
ma per l’imbarazzo dovuto alla soggezione. Per questa ragione ero impaurito, non per altro. Così
risposi: “So che tu sei la mia guida, signore, il cuore me lo dice. È una gioia ammirarti; sono
incantato e affascinato. Molte volte sei stato presente accanto a me lungo il mio cammino celeste,
ma eri sempre quel tanto più avanti che non sono stato capace di raggiungerti. E ora che mi è stato
concesso di ammirarti in forma visibile, sono contento di dirti grazie per tutto l’amore e le
attenzioni che mi hai rivolto. Ma ho paura di venire da te, mio signore e guardiano. Temo che
mentre discenderò a valle, la lucentezza della tua sfera mi abbaglierà e renderà insicuro il mio
passo. E se dovessi salire fino a te, credo che perderei i sensi a causa dell’immenso splendore che ti
avvolge. Persino a questa distanza sento che fatico a sostenere a lungo la tua luce”.
“Va bene,” rispose lui, “per questa volta sosterrò io la tua forza, come ho fatto molte altre volte
in passato, anche se non sempre te ne sei accorto; e talvolta, anche quando sapevi che ti ero accanto,
lo hai realizzato solo parzialmente. Noi due siamo stati molto uniti, per cui adesso sono in grado di
darti più di quanto ho fatto finora. Ma sii forte, vieni avanti con tutto il tuo coraggio, e nessun
danno ricadrà su di te. È per questo che ti ho impressionato a venire fin qui, come io sovente vengo
da te”.
Allora lo vidi restare completamente immobile per qualche tempo, al punto che poteva sembrare
benissimo una statua. Ma presto la sua forma assunse un altro aspetto. Pareva che i muscoli delle
braccia e delle gambe fossero in tensione; e sotto il sottile e finissimo tessuto della veste vedevo che
anche il suo corpo esercitava il massimo sforzo. Le mani erano distese lungo i fianchi e rivolte
leggermente all’esterno, mentre gli occhi erano chiusi. Allora accadde qualcosa di sorprendente.
Da sotto i suoi piedi prese forma una nube di colore blu misto rosa che si allungò verso me, fino
a diventare un ponte gettato fra le due vette sopra la valle sottostante. Il suo spessore era appena
superiore all’altezza di un uomo e in larghezza era leggermente più ampio. La nube venne
lentamente nella mia direzione e mi avviluppò, e quando guardai attraverso quella nuvola potei
vederlo: sembrava vicinissimo.
Allora mi disse: “Vieni da me adesso, amico mio. Cammina con sicurezza fin qui, e nulla potrà
nuocerti”.
Così cominciai a camminare verso di lui su quel fascio nebuloso di luce che mi circondava, e
nonostante sentissi che sotto i piedi era morbido come un velluto molto spesso, non sprofondai nella

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valle da quel pavimento, ma continuai la mia strada incoraggiato e pieno di gioia vedendo il suo
volto sorridente mentre gli andavo incontro.
Benché apparisse vicinissimo faticavo a raggiungerlo, nonostante lui fosse fermo e non
arretrasse rispetto a me. Ma ecco che finalmente allungò la mano e, dopo pochi passi, la tenevo
nella mia, allora mi tirò avanti su un appoggio più solido.
Quindi la scia di luce si dissolse e mi ritrovai sul lato opposto della valle; ora vedevo la mia
sfera dall’altra parte, avendo attraversato un ponte di luce e forza celestiale.
Ci sedemmo e conversammo a lungo. Egli mi parlò delle mie lotte passate, facendomi notare
dove avrei potuto compiere meglio il mio dovere; talvolta mi lodava, talvolta no; mai però ricevetti
rimproveri, ma solo consigli e istruzioni dispensati con amore e gentilezza. Poi mi raccontò
qualcosa della sfera vicina alla zona di confine in cui mi trovavo in quel momento; mi parlò di
alcune delle sue glorie, e del modo migliore di percepire la sua presenza durante il mio lavoro, al
quale ben presto sarei dovuto tornare per portarlo a termine.
Così, mentre lui parlava, mi sentivo in uno stato d’animo eccellente, pieno di vigore e
contentezza, e incoraggiato a proseguire il cammino. In tal modo mi trasmise parte della sua forza
più abbondante e della sua superiore santità, e io compresi meglio di prima la grandezza potenziale
che l’uomo possiede per servire in umiltà Cristo, il Maestro, e attraverso Lui, Dio.
Mi riaccompagnò verso la mia sfera, passando per la valle, tenendomi un braccio sulla spalla
per sostenermi col suo potere. Parlammo lungo tutto il sentiero che scende e attraversa la valle poi,
quando cominciò la salita sulla collina dal lato opposto, ci facemmo man mano più silenziosi.
Invece delle parole eravamo in comunione col pensiero; dopo aver percorso un breve tratto in salita,
lo guardai e mi accorsi che non riuscivo a vederlo distintamente, allora mi rattristai. Egli mi sorrise,
dicendo: “Va tutto bene, fratello mio. Va sempre bene fra te e me. Ricordalo”.
Continuava a farsi sempre più indistinto alla mia vista, tanto che pensai di tornare indietro. Ma
lui mi incitò dolcemente, e mentre salivamo scomparve del tutto alla mia vista. Non l’ho più rivisto
in quel modo. Ora però lo conosco come mai lo conobbi fino a quel momento. Lo sentivo in
contatto con me ogni volta che mi fermavo su quella vetta e volgevo lo sguardo a contemplare lo
splendore della sua sfera attraverso la valle. Ma non l’ho più rivisto dall’altra parte.
Mentre mi voltai per allontanarmi, guardai di nuovo e vidi una figura sfrecciare sopra le cime
montuose più lontane; non aveva una forma solida come prima, era quasi trasparente. Come un
raggio di sole, si allontanò da me in maniera visibile, o quasi; e anche quella visione sfumò piano
piano. Tuttavia sentivo la sua presenza accanto a me, sentivo che mi percepiva, e sapeva ciò che
pensavo e facevo. Allora mi girai e cominciai la discesa pieno di gioia e di forza per continuare il
mio lavoro.
Poiché da quella sfera più lucente mi è stata concessa una tale benedizione, come potrei a mia
volta non trasmetterne un po’ a coloro che ne hanno bisogno altrettanto grandemente quanto me? È
questo che facciamo, mio diletto, mandando aiuto ai cieli sotto il nostro; e persino a voi sulla terra
dove veniamo e serviamo con grande letizia. Sappi che è dolcissimo dare ai nostri fratelli ciò che
con tanta abbondanza viene dato a noi.
Non posso creare un ponte per te, come fece lui per me; la differenza di livello tra la terra e la
mia sfera è, al momento, troppo grande per essere colmata in quel modo. Ma c’è una Via da cui
passare nel tempo stabilito, come Egli disse. E il potere di nostro Signore è di gran lunga maggiore
di quello di colui che creò il sentiero per farmi attraversare la Valle delle Vette. Di Cristo io sono un
umilissimo servitore. E le lacune che possiedo in fatto di santità e saggezza mi impegnerò a
colmarle con l’amore; e se entrambi Lo serviamo secondo le nostre capacità, Egli ci serberà in pace
per essere rimasti con Lui percorrendo le profondità, di gloria in gloria sempre maggiore. †

Lunedì 15 dicembre, 1913.


Mi allontanai incoraggiato a realizzare il lavoro che mi veniva richiesto, prima del momento in
cui sarei stato chiamato a diventare come lui. Oh, la bellezza e la pace sublime di quel luogo e di

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lui, la mia guida. Se la gente di quel cielo superiore avesse solo la metà della sua bellezza e grazia,
sarebbe davvero un popolo benedetto quello verso il quale sono diretto.
Ma ora, fratello mio, spetta a me aiutarti quaggiù nel tuo cammino. E questo vorrei fare, per
poco o tanto che sia, quindi proseguo il mio racconto allo scopo di facilitare te e altri lungo la strada
che io stesso ho percorso un tempo. Allunga la tua mano verso di me, e io, da parte mia, farò quanto
sono capace.
Dicevo che ho lasciato quel luogo rinfrancato, e da quel giorno la mia posizione mi fu ancora
più chiara, avendo osservato da una distanza elevata le questioni irrisolte nella loro corretta
dimensione; di tanto in tanto è così che mi comporto quando un problema più molesto di altri
offusca la mia comprensione. Lo osservo da posti elevati, più vicini alla sfera superiore, e le
questioni si risolvono da sé nel modo migliore, acquisendo maggiore chiarezza.
Fai così anche tu, mio diletto, e allora la vita non ti sembrerà un complicato groviglio, ma i
principi guida assumeranno il loro giusto posto, e l’Amore di nostro Padre sarà visto con più
limpidezza. A tal proposito, ti narro altre vicende sulla sfera dove attualmente svolgo il mio lavoro.
Dopo essere sceso, mi dirigo a destra distanziandomi dal fiume e, imboccando una strada che
gira intorno al bosco a breve distanza da esso, e attraversa una pianura confinante a destra con le
montagne, me ne vado solitario per la mia strada, meditando.
L’INCONTRO CON HAROLEN.
Ben presto incontro una compagnia di gente che vive nella sfera superiore alla mia, e di questi
voglio farti una descrizione. Alcuni sono a piedi, altri a cavallo, altri ancora su carri o cocchi – che
sono veicoli scoperti di legno, ricamati e contornati d’oro, recanti insegne sulla parte anteriore che
indicano il reame e l’ordine a cui appartengono i cavalieri. Portano abiti di tanti colori, ma vi
domina il color malva tendente al porpora. In tutto sono circa trecento uomini, da cui ricevo e porgo
saluti, chiedendo dove sono diretti e quali affari li portano.
L’uomo a cui mi rivolgo esce dalla fila per rispondermi. Dice che è giunta notizia alla sua città
che un gruppo della Nona Sfera è in procinto di ricevere l’iniziazione in questa Decima, avendo
conseguito i requisiti necessari grazie alla loro condotta. Nell’apprendere il fatto, lo supplico di
parlare col suo capo per chiedergli se posso accompagnarli ad assistere all’evento, e unirmi a loro
nel porgere il benvenuto. Al che egli sorride, dicendomi di stare al passo con lui, che garantirà per
la mia ammissione. “Poiché”, aggiunge, “colui che chiami il capo sta camminando al tuo fianco”.
Così mi voltai, e nel guardarlo restai grandemente sorpreso. Indossava una tunica color porpora,
ma priva di ornamenti, anche la fascia intorno alla testa era color porpora tranne che per un gioiello
rosso ivi incastonato, e senza emblemi. Gli altri avevano abiti molto più sontuosi, e in confronto a
lui erano più attraenti e maestosi. Non dissi nulla, ma egli era assai più avanzato di me, come avevo
già cominciato a sospettare, e leggeva i miei pensieri nascosti. Così mi sorrise ancora, dicendo: “I
nuovi arrivati mi vedranno come sono ora. Ho saputo che alcuni di loro non sono ancora pronti a
sostenere una grande manifestazione di splendore. E poiché saranno luminosi quanto me, non
resteranno turbati. Non hai avuto di recente un incontro, fratello mio, che ti è servito a mostrarti che
troppo fulgore può ostacolare invece di aiutare?”.
Ammisi che era vero, e continuò: “Come vedi appartengo alla stessa sfera della tua guida, e
resto qui per portare a termine il mio incarico: dal momento che sono io a decidere di completarlo.
Così modifico me stesso in modo che i nostri fratelli e sorelle, in arrivo, sentano la familiarità di
casa finchè non saranno maturi per lo splendore del Palazzo. Muoviti dunque, fratello mio,
portiamoci davanti a quelli laggiù, prima che raggiungano il fiume”.
Così facemmo e guadammo il fiume assieme, muovendoci tutti nell’acqua, uomini, carri e
cavalli, e raggiungemmo l’altra sponda. Lasciammo la mia città sulla destra, proseguendo fino al
passo fra le montagne dove lo scenario è vastissimo e imponente. Le rocce s’innalzano con grande
magnificenza in ogni direzione, simili a guglie, torri e cupole variopinte. Qua e là spuntano zone
verdeggianti, e tra le spalle di due colline si distende un altopiano sul quale sorge la città principale
di una colonia di gente allegra, che accorse a guardarci dall’alto, a fare gesti di saluto gettandoci
fiori come regali d’amore.
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ALLA PORTA DEL MARE.
Dopo un lungo peregrinare ci ritroviamo in una vallata aperta su entrambi i versanti: qui lo
spettacolo è magnifico. Gruppi di alberi si riuniscono attorno a belle e maestose dimore, altre case
sono di tipo più semplice in legno o pietra; laghi e corsi d’acqua, accompagnati da una suadente
melodia, confluiscono nel fiume che scorre impetuoso dalle montagne, lasciate a distanza dietro di
noi. Qui la valle si chiude ancora, e scorgiamo due colonne giganti di roccia naturale attraverso cui
la strada deve passare fianco a fianco col fiume.
Dopo aver superato questa Porta, chiamata dagli abitanti della valle la “Porta del Mare”, ci
appare davanti l’oceano aperto dentro cui il fiume si getta da grande altezza, ed è magnifico vedere
come precipita lungo il fianco della montagna fino alle acque sottostanti, accompagnato dalle
migliaia di colibrì e martin-pescatori che compiono il loro volo variopinto, sfavillando e
risplendendo.
Dopo essere scesi per il sentiero ci fermiamo sulla spiaggia, mentre qualcuno resta indietro per
osservare dall’alto la compagnia che verrà dal mare. Arriviamo al momento giusto, poiché il nostro
capo possiede i poteri della sfera superiore, e sa usare le forze di questa sfera con maggiore facilità.
Aveva pianificato così bene che, solo dopo pochi minuti aver preso posto sulla spiaggia, un grido si
è levato dalle nostre vedette più a monte: era stata avvistata la compagnia molto al largo, in alto
mare. Intanto, dall’altra parte del fiume, girando attorno all’insenatura della spiaggia, si avvicina un
gruppo di gentildonne che, come venni a sapere, abitavano in quel distretto ed erano solite venire a
salutare la gente che giungeva a quella costa da terre lontane. Grande fu la nostra gioia
nell’accoglierle, e la loro nel ricevere e ricambiare i saluti di benvenuto.
Allora, in alto su una cima rotonda, sotto la quale sorgeva la loro dimora, vedemmo appostata la
loro Madre Superiora. Indossava una toga lunga fino ai piedi di un finissimo tessuto d’argento che
la faceva risplendere come una perla, o come un bellissimo diamante lucente dotato di fresca
vitalità. Fissava attentamente la compagnia sul mare, poi cominciò a muovere le mani come a
intessere qualcosa, e all’istante vedemmo prendere forma tra le sue mani un grande bouquet di fiori.
Con altri movimenti lo fece fluttuare e allungare fino a farne una corda di fiori che procedendo in
alto sull’acqua raggiunse la comitiva in mare aperto fermandosi sopra di loro.
Dopodiché si arrotolò verso l’interno, andando a formare una spirale piatta che roteò per un
attimo sulle loro teste, gli si posò sopra delicatamente, per poi irrompere in una pioggia di rose e
gigli, e altri fiori che caddero ovunque attorno a loro. Mentre li guardavo, vidi le loro facce passare
da un’espressione di curiosa attesa a gaudiosi sorrisi di felicità, per aver compreso il segno ricevuto
e saputo che amore e bellezza li attendevano nella nuova terra verso la quale avevano intrapreso un
lungo viaggio.
Ora fui in grado di scorgere la forma della loro nave. A dire il vero non era affatto una nave, ma
una zattera. Come farò a spiegarmi in modo semplice? Era proprio una zattera, ma non aveva una
struttura spoglia, sopra vi erano divani, soffici giacigli e anche strumenti musicali; fra questi il più
importante era un organo che stava per essere suonato da tre uomini; vi erano anche altre cose
confortevoli. In disparte notai un oggetto che somigliava a un altare per le offerte, ma non riesco a
descriverlo in dettaglio non conoscendo il suo uso specifico.
LAUS DEO.
Così cominciarono a suonare l’organo, e le persone a bordo irruppero in un inno di lode al
Creatore dell’Universo, al Quale ciascuno s’inginocchia in adorazione, perché da Lui solo viene la
Vita e tutti vivono grazie al Suo potere. Il Sole irradia sulla terra la vita del Creatore, e i Cieli sono
come dimore nel Sole, piene di luce e di calore generato dall’amore. A Lui e a tutti gli Dei, che Gli
devono la nascita e la dovuta lealtà, è nostro dovere porgere l’offerta di un cuore puro e l’impegno
di fedeltà.
Ora, queste parole avevano un tono sconosciuto e strano per me. E quando le udii, assieme alla
musica che le portava nell’aria, guardai nuovamente l’Altare pensando di trovarvi una risposta. Ma
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non la trovai. Nessun segno o emblema vi appariva sopra che mi indicasse come poter interpretare
questo punto. Fu solo in seguito che giunsi a comprenderne il significato.
Vedo che per questa sera stai esaurendo le tue energie, mio diletto. Ci fermiamo qui; riprenderò
l’argomento domani, se vorrai. Che Dio ti benedica oggi, come sempre. Quindi, buona notte.
Zabdiel è in comunione con te nel pensiero, sia di giorno che di notte. Ricordalo, e capirai da dove
ti vengono molti pensieri e suggestioni… È tutto per il momento, cominci ad essere stanco.
Zabdiel. †

Mercoledì 17 dicembre, 1913.


Procediamo a raccontare l’arrivo di quella compagnia partita dalla lontana terra oltremare. Il
loro viaggio era stato lungo a causa della preparazione a cui dovettero sottoporsi per poter
soggiornare in questa loro futura dimora.
Erano sbarcati sulla riva, e si erano raccolti tutti ai piedi dell’alto promontorio che si ergeva
come una gigantesca torre di guardia. Il loro comandante guardò in mezzo a noi in cerca del nostro
Capo, infine lo intravide e lo riconobbe, essendosi già incontrati in precedenza. Si diresse verso di
lui e i due si salutarono con reciproche benedizioni e caloroso affetto.
Conversarono assieme, poi il nostro Capo venne avanti e parlò ai nuovi fratelli così: “Amici
miei e fratelli, figli come noi dell’Unico Creatore dell’Universo, adorato da tutti secondo la luce che
ciascuno possiede, vi porgo il benvenuto nella vostra nuova dimora. Siete venuti da lontano per
cercarla, ed essa non vi deluderà quando scoprirete le sue bellezze. Io non sono che un umile
servitore qui, ma siccome è presso la Comunità in cui mi trovo che sarete condotti per iniziare la
vostra vita in questa terra, sono stato mandato a darvi il benvenuto.
L’ALTARE SULLA ZATTERA.
“Come ben sapete, e avete appreso durante il vostro lungo corso di preparazione, la fede che una
volta seguivate non era altro che un singolo raggio dell’intera luce solare diffusa dal grande Amore
di Dio e dalla Sua Benedizione. Durante il vostro percorso di istruzione e di crescita siete giunti a
comprendere questo e altro ancora. Un solo oggetto avete mantenuto del vostro peculiare modo di
esprimere devozione – l’Altare che vedo sulla zattera.
“Ma siccome l’emblema caratteristico è svanito dal suo sostegno, e poichè non ho visto salire
fumo d’incenso mentre vi accostavate alla riva, penso che nell’offrire la preghiera di ringraziamento
e devozione, il vostro Altare, quale simbolo ed elemento distintivo, abbia perso per voi molto o
tutto del suo significato. Sta a voi scegliere se portarvelo appresso, o lasciarlo a bordo e restituirlo
alla terra da cui siete venuti, affinché altri meno progrediti di voi possano usarlo; o altrimenti farlo
scendere e portarlo con voi nella nuova vita che inizierete in questa sfera. Volete, per cortesia,
consultarvi assieme e farmelo sapere?”.
Essi allora si riunirono per discutere, ma non a lungo; infine il loro portavoce disse: “Mio
signore, è esattamente come dici tu. È rimasto poco in noi oggi del suo significato, che una volta ci
aiutava a conoscere e adorare Dio Padre. Ma con il profondo insegnamento ricevuto da altri, e con
la nostra meditazione, siamo giunti a capire che tutti i figli di Dio hanno la stessa discendenza e
appartengono a una sola razza, in quanto figli dell’Unico Padre Supremo. Adesso l’altare non serve
ad altro che a ricordarci tutto ciò che separa, anche se lo facciamo con amore e tolleranza
universale. Pertanto lo rimanderemo indietro, poiché laggiù ci sono persone che forse ricordano
meglio i dettagli di quella religione che ora noi abbiamo superato col nostro progresso.
“Noi, mio signore, ti seguiremo e grazie alla tua bontà e a quella dei nostri fratelli che servono
sotto la tua guida, impareremo quanto più possiamo della Fratellanza di tutto il genere umano,
secondo l’ottica di questa terra più splendente e dei reami che stanno oltre”.
“Ben detto”, replicò il nostro Capo, “e così sarà. Se aveste scelto diversamente, sarei stato
nondimeno contento; ma questa decisione mi allieta ancora di più. E ora, cari fratelli e sorelle,
venite, e io vi condurrò nelle terre che giacciono oltre questa Porta, fino alla vostra Dimora”.

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Così dicendo, si unì a loro baciandoli uno per uno sulla fronte, e io notai che mentre lo faceva il
loro volto assumeva un aspetto più luminoso, simile al nostro; anche le loro vesti si facevano più
radiose. Poi la Madre Superiora scese dalla sua alta postazione e li accolse allo stesso modo. Erano
così felici di conoscerci, e noi di conoscere loro, che non avevamo fretta di partire. Anche il loro
capo venne da noi per stare in compagnia; quindi ci mettemmo in marcia superando la Porta, mentre
la Madre e le sue ancelle cantavano un inno di Gloria all’Altissimo, porgendoci un saluto di
benvenuto e insieme d’addio. Allora c’incamminammo nell’entroterra lungo la strada che attraversa
la valle.
Credo sarai curioso di sapere dell’Altare e del senso del discorso pronunciato dal nostro Capo –
Se mi è permesso interromperti, Zabdiel, potrei sapere perché eviti di dirmi il suo nome?
Ti dirò il nome con cui puoi scriverlo, ma non riesco a trasmetterti la sua vibrazione essenziale,
e per giunta non mi è consentito. Lo chiamerò Harolen. Un nome formato da tre sillabe, proprio
come il suo; e servirà molto bene allo scopo. Dunque procediamo.
Harolen fu molto indaffarato con quella moltitudine fin quando non oltrepassammo la valle e il
fiume, e fummo ben addentro alla regione; è una zona di cui non ti ho ancora parlato, essendo
situata più lontano da dove lo incontrai la prima volta. Quando mi accorsi che era libero, mi
avvicinai e gli chiesi chi erano queste persone e qual era il loro culto, di cui aveva parlato sulla
spiaggia.
Harolen rispose, in sostanza, che nella vita terrena erano stati adoratori del Dio venerato dagli
antichi Persiani, il Cui Nome era avvolto nel Fuoco e nel Sole.
“UN SOLO DIO, UNA SOLA FEDE”.
Ora, a quelle parole voglio aggiungere qualcosa che deriva dalla mia stessa conoscenza. Devi
sapere che quando gli uomini abbandonano la vita terrena e iniziano il primo stadio della loro eterna
vita nell’aldilà, restano gli stessi di quando lasciarono la terra. Di questo sei già informato. Le
persone molto devote a una religione, continuano a praticare il loro culto e ad avere abitudini di vita
e una condotta conformi ai principi guida basilari della loro religione. Ma quando progrediscono
avviene una selezione, e la pula viene soffiata via, una manciata dopo l’altra, man mano che
avanzano di sfera in sfera. Mentre alcuni balzano avanti, la maggioranza indugia e progredisce più
lentamente; e i primi a volte tornano da quelli rimasti indietro per istruirli.
Così procedono di secolo in secolo, di reame in reame, una sfera dopo l’altra, e nel frattempo si
avvicinano sempre più all’idea universale del Padre di Tutti. Continuano a restare assieme come
una confraternita, ma imparano ad accogliere e poi ad amare i fratelli di altre dottrine e credenze
religiose; e anche gli altri fanno lo stesso. In tal modo c’è una costante e crescente interazione fra le
genti di varie fedi.
Ma occorre molto tempo prima che la maggioranza si fonda assieme in perfetta unità. Questi
antichi Persiani conservano ancora molti dei loro peculiari modi di guardare alle cose, e sarà così
per lungo tempo. Né bisogna augurarsi che sia diversamente, poiché ognuno ha le proprie qualità, e
in tal modo aggiunge del suo al bene comune.
Ma quel gruppo aveva fatto un altro passo avanti durante il viaggio in mare. Anzi, direi
piuttosto che durante la traversata furono indotti a realizzare che erano già progrediti a uno stadio
più avanzato. È avvenuto allora che mentre certe espressioni, e il loro modo di celebrare il culto,
trasmettevano alla mia mente un tono e un carattere peculiare, erano tuttavia gesti più formali che
sentiti nell’intimo. E quando furono messi alla prova decisero di lasciarsi alle spalle l’Altare, e
proseguire da soli verso la più vasta Fratellanza della Divina Famiglia Celeste.
È così che facciamo scivolare via, uno dopo l’altro, nella foschia che ci lasciamo alle spalle, i
sostegni minori che sulla terra sembrano assumere un’importanza tanto straordinaria. È così che qui
impariamo realmente il significato dell’Amore e della Fratellanza.
Sei turbato, mio diletto; posso vedere e sentire che la tua mente e il tuo io sono in disaccordo.
Lasciamo andare, fratello. Ma sappi e stai ben certo che qualunque cosa sia reale, buona e vera,
continuerà a perdurare. Solo le cose prive di tali qualità saranno destinate a scomparire. E Colui che
tu servi è davvero la Verità, anche se Egli non rivelò tutta la verità agli uomini; non era possibile
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farlo nei confronti di coloro che sono soggetti alle limitazioni dell’esistenza incarnata. Ma disse che
dovete essere condotti all’intera verità, che si scorge avanzando nelle sfere oltre i confini della terra.
È di questo che sto parlando ora; e una tale istruzione continua nell’eternità dell’esistenza, e
nell’infinita espansione di saggezza, amore e potere sublime, di cui non so nulla.
Ma so questo – io, che come te veneravo e onoravo il Cristo di Dio e di Nazareth, al quale
tuttora offro la mia umile devozione come tu non sei ancora in grado di fare – so questo, dicevo,
mio allievo e compagno di servizio nel Regno Celeste, che Egli ci precede su una distanza molto
molto lunga. La luce che mi accecherebbe è per Lui, nella Sua santità, come il tramonto è per me.
Egli è magnifico, lo so, perché l’ho visto per quanto mi è stato possibile, ma non nella piena maestà
della Sua gloria. Egli è magnifico, sì, e tanto meraviglioso che non trovo le parole per descriverlo.
Io sono Suo servitore e Lo venero con lieta devozione e immensa gioia.
Altrettanto devi fare tu senza temere di smarrire la tua lealtà. Non ti allontanerai da Lui
porgendo rispetto ai nostri fratelli di altre fedi. Sono tutte pecorelle del Suo gregge, anche se non
fanno parte di questo recinto. Egli è, ed è stato, il Figlio dell’Uomo, e quindi Fratello di tutti noi.
Amen.

Giovedì 18 dicembre, 1913.


Il territorio che percorrevamo non era alpino ma collinare, e da ogni parte sorgevano verdi
colline cosparse qua e là di abitazioni. Mentre proseguivamo, Harolen mutò lentamente d’aspetto. Il
volto gli divenne più lucente, e anche la toga assunse un’apparenza più radiosa. Da quando
avevamo superato il bosco, lasciandolo alla nostra sinistra, aveva assunto il suo normale splendore e
si mostrava così. Sulla testa era comparso un segno luminoso, simile a una corona di gioielli rossi e
bruni che scintillavano e sprizzavano i loro raggi, e attorno ai raggi riluceva una radianza
smeraldina. La tunica gli arrivava alle ginocchia, e lasciava scoperte le braccia; alla vita portava una
cintura dorata la cui fibbia era un gioiello di una sostanza simile alla perla, ma di colore verde e blu.
Il suo copricapo aveva lo stesso colore a due tinte, e sugli avambracci c’erano zone ricamate d’oro e
d’argento.
Guidava un cocchio a due ruote molto bello, fatto di legno e metallo, e trainato da due cavalli,
bianchi e marroni. Notai che il marrone sembrava in evidenza ovunque, non tanto come colore
distintivo quanto piuttosto nel fare da sfondo a ogni emblema, così che la sua presenza era
percepita, ma la sua appariscenza risultava attenuata.
In questo regno il simbolismo è tenuto in grande considerazione e ampiamente utilizzato. Dalla
sua combinazione di colori mi sembrava quindi d’intuire che egli appartenesse a un ordine e a un
reame in cui il marrone era il colore distintivo. Ma prestando servizio in una sfera più bassa, pur
continuando a mostrare la sua vera appartenenza, gli altri colori, più consueti fra noi di questa sfera,
avevano preso posto attorno a lui, che aveva deciso di servire qui per un tempo più lungo di quanto
la necessità richiedeva.
Mentre lo osservavo, vestito com’era in modo tanto semplice eppure magnifico nel complesso,
percepii il suo grande potere. Nei suoi occhi risplendeva una limpida santità unita alla dignità del
comando; mentre la fronte, sopra la quale i capelli castani si dividevano e si arricciavano
all’indietro lasciando scoperte le tempie, sembrava tesa a mostrare l’umiltà e la dolcezza di una
sorella amatissima. Eppure era tale che nessuno di grado inferiore avrebbe osato volentieri
contrapporsi, ciononostante nessuno lo temeva, tanto era semplice e amorevole nell’impartire il suo
proposito di bene. Era tale che seguire la sua guida dava gioia, e una fiducia assoluta poteva essere
ben riposta nella sua protezione e nel suo consiglio. Egli era un Principe, con un potere regale,
dotato della saggezza per usarlo sapientemente con gentilezza e amore.
UNA TRASFIGURAZIONE CELESTE.
Proseguimmo il nostro viaggio senza troppo conversare, ma restando assorti nella bellezza di
quel luogo col cuore ricolmo di letizia, circondati da pace e quiete. Arrivammo infine al posto dove
i nuovi venuti dovevano soggiornare per il tempo necessario ad acquisire familiarità col nuovo
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ambiente. In seguito sarebbero andati nelle comunità dell’entroterra, e forse stabilendosi alcuni in
una, alcuni in un’altra, a seconda se erano più adatti a lavorare e servire in taluna o talaltra colonia
di questa sfera celeste.
Arrivando qui, Harolen ordinò a voce alta di fermarsi chiedendo di fare silenzio, avendo un
messaggio da comunicare a loro da parte della sua città principale, che sorgeva lontano, oltre le
crescenti colline e fuori dalla nostra vista.
Allora ci azzittimmo, e poco dopo un grande lampo di luce sfrecciò nel cielo da qualche punto
al di là delle colline. Si abbatté su noi e fummo inondati da un profluvio di splendore; ma nessuno
era turbato o impaurito, perché la luce portava con sé gioia. E se noi ne eravamo ammantati, attorno
al cocchio del Principe accadeva un fenomeno assai più glorioso a vedersi.
Egli era completamente immobile, mentre la luce convergeva e si concentrava attorno a lui; non
aveva più l’aspetto di prima: era come trasparente e interamente infuocato di gloria. Come farò a
trasmetterti anche solo una debole idea di quanto desidero raccontarti? Prova a figurartelo come
fatto di alabastro, ma vivente e ardente, e completamente irradiato dalla bellezza di una luce
celestiale, essa stessa viva e allietante. Ogni gioiello e ornamento ne era soffuso, e la stessa biga
sembrava incandescente, come avvolta da lingue di fuoco. Tutt’intorno a lui era splendore e
magnificenza di vita e di energia. Anche i cavalli, più che assorbire, riflettevano il fulgore. E la
corona che gli cingeva il capo risplendeva di un’intensità sette volte maggiore.
Non levitò nei cieli, come avrebbe potuto fare, tanto traslucente e sublimato era divenuto
nell’aspetto. Ma restò là, con gli occhi stabilmente fissi nella luce come a leggervi un messaggio,
come se vedesse qualcosa a noi invisibile e per giunta non vicino, ma distante, oltre le colline, nel
luogo donde quella luce veniva trasmessa.
Ciò che seguì ci sorprese tutti grandemente. Invece di compiere qualche meraviglia o miracolo
di potere, egli s’inginocchiò quietamente nel suo cocchio, abbassò il viso coprendolo con le mani e
restò immobile e silenzioso. Sentivamo tutti che in lui non c’era timore, ma padronanza di quella
luce, e persino maggiore splendore. Sapevamo che si era inchinato a Uno di potenza e santità
superiori alla sua. Così anche noi c’inginocchiammo e ci chinammo per rendere omaggio a Colui
che egli venerava, consapevoli che un Potere era presente, ma da quale Persona provenisse non lo
sapevamo.
IL FIGLIO DELL’UOMO.
Mentre stava così piegato, udimmo presto una musica e delle voci intonare un bellissimo
cantico, le cui parole nessuno di noi riuscì a interpretare. Restando genuflessi alzammo lo sguardo e
vedemmo che Harolen era sceso dal cocchio, ed era fermo sulla strada davanti alla sua compagnia.
Lungo la strada veniva verso di lui un Uomo vestito di bianco dalla testa ai piedi. Un’aureola di
luce attraversava la Sua fronte e gli cingeva i capelli dietro. Non indossava gioielli, ma sulle spalle
aveva due fasce che s’incrociavano davanti sul petto, tenute strette da una cintura. Sia questa che le
fasce erano color argento misto a rosso. Il suo volto era rilassato e non mostrava segni di grandezza,
ma solo amore e gentilezza; camminava lentamente con passo meditabondo, come se portasse nel
cuore il livido dolorante di qualche grande universo. Capivamo che non era tristezza, ma qualcosa
di molto simile, anche se non riesco a dargli un nome, tanto insondabile era quella pacifica calma
onnicomprensiva che Lo avvolgeva.
Arrivò vicino ad Harolen, che era genuflesso, e gli disse alcune parole in una lingua a noi
sconosciuta; persino la Sua voce era così sommessa che lo sentivamo parlare senza udire
distintamente quello che diceva. Il nostro Principe alzò lo sguardo verso il volto di Costui e sorrise;
era un sorriso incantevole, come incantevole era ogni cosa attorno a lui. Allora l’Altro si chinò, lo
abbracciò, poi lo sollevò, e mettendosi al suo fianco lo prese per mano. Quindi levò in alto la mano
destra e, guardando verso di noi, ci benedisse con parole di conforto e d’incoraggiamento a
procedere nel lavoro che ci attendeva.
Non fu enfatico, le Sue erano piuttosto le parole di una madre che si rivolge ai figli in procinto
di partire per un viaggio. Non più che questo, e le pronunciò con tale sobrietà e semplicità, ma in
modo tale da trasmetterci fiducia e gioia insieme, che tutta la paura si dileguò. Sì, perché in un
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primo momento eravamo parecchio intimoriti da Lui, davanti al quale persino il nostro Principe si
era inginocchiato.
Nel frattempo la luce si era concentrata e Lo avvolgeva, e mentre teneva la mano di Harolen,
l’Uomo diventava sempre più invisibile, poi sparì dalla nostra vista. La luce si dileguò come se
l’avesse assorbita e portata via con Sé. Il nostro Principe era di nuovo genuflesso in mezzo alla
strada, e vi restò per un po’. Poi si rialzò, e in silenzio ci fece cenno di venire avanti. Salì sul
cocchio sempre in silenzio, e noi silenziosi lo seguimmo girando attorno a una collina, finchè
giungemmo in prossimità del luogo dove la nuova comitiva doveva stabilirsi. †

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CAPITOLO 7

I Reami Alti del Cielo


La visita d’ispezione di Zabdiel

Alla Casa dei Bambini – Una lezione sulla fede creativa – Nel villaggio di Bepel – Gioia e
dolore degli Angeli – Nei Reami Alti – La Torre di Guardia dell’Alto Reame – Come
vengono ricevuti i messaggi nella Torre – Un orizzonte di Gloria – Pareti di luce –
Esaltazione della Maternità – La Gloria rosso cremisi del Cristo – Una colonia con un
problema.

Venerdì 19 dicembre, 1913.


“Sia fatto secondo la vostra fede”. Queste parole contengono una promessa di potere per l’epoca
attuale, come quando Egli le pronunciò la prima volta; promessa che può essere ribadita con piena
garanzia di successo. Ma la fede deve essere presente, e allora le possibilità esistenti saranno rese
manifeste, in modi diversi, ma senza incertezza sulla causa e l’effetto che ne segue.
Ora, questo vale per voi ma anche per noi, abitanti delle progressive sfere celesti. I nostri studi
sono rivolti ad acquisire padronanza nell’esercizio della fede e, una volta ottenuta, diventiamo
potenti nell’aiutare il prossimo, traendone gioia noi stessi. Perché delizioso e assai piacevole è il
dare più che il ricevere, come Egli disse.
Ma non dobbiamo travisare la natura della fede quando la usiamo. Nella vita terrena, la fede
assume un significato piuttosto vago per come la maggioranza degli uomini la intende – qualcosa
tra la fiducia e la giusta comprensione della verità. Ma qui, dove studiamo ogni cosa nella sua
essenza, sappiamo che la fede è molto più di questo. È un potere suscettibile d’indagine scientifica,
in misura corrispondente al progresso compiuto da un uomo.
Per mostrarti meglio cosa intendo, ti racconterò un episodio dove il potere della fede si vede
operare.
ALLA CASA DEI BAMBINI.
Su richiesta del mio Superiore, visitavo certe abitazioni per verificare come progredivano i loro
residenti, per aiutarli dando loro i consigli che potevo, e poi riferire una volta tornato. Così,
proseguendo da un paese all’altro, giunsi presso una casetta in una zona boscosa, dove vivevano
parecchi bambini con i loro tutori. Questi erano un uomo e sua moglie, che nell’ultimo periodo del
loro percorso di ascesa avevano progredito assieme. Si prendevano cura dei bambini, sia maschi che
femmine, nati morti, morti alla nascita o subito dopo. Di solito bambini come questi non vengono
condotti nelle Case delle sfere inferiori, ma in dimore superiori per il bene del loro sviluppo. Ciò
avviene perchè nella loro natura c’è poco di terreno da eliminare; inoltre hanno bisogno di cure
speciali rispetto a quei fanciulli che, anche se per breve tempo, sono cresciuti e hanno lottato nel
campo di battaglia del mondo terreno.
I due precettori mi accolsero, e al loro cenno anche i bambini vennero a darmi il benvenuto.
Erano molto timorosi nei miei confronti, e in un primo momento non entrarono facilmente in
dialogo con me. Fanciulli come questi sono portati qui a causa della loro delicata bellezza, e mi fu
molto raccomandato di essere affettuoso con questi agnellini del Padre Celeste e di Suo Figlio. Così
attirai la loro attenzione, e alla fine divennero più disinvolti.
Un bimbo mi venne accanto e cominciò a giocare con la mia cintura, attratto dalla sua
brillantezza e incuriosito dal metallo. Allora mi sedetti su un piccolo tumulo di terra ricoperto
d’erba, lo presi sulle ginocchia, e gli dissi che se avesse scelto una cosa graziosa la cintura gliela
avrebbe portata. Al principio non era sicuro della mia intenzione, e in seguito dubitò della mia
capacità.
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Dopo che ebbi ripetuto l’invito, replicò: “Vorrei una colomba, se ti fa piacere, Signore”. Fu una
richiesta molto educata e glielo dissi, aggiungendo che quando i bambini chiedono le cose in quel
modo, con fiducia e convinzione, i loro desideri si avverano sempre, se sono desideri giudiziosi e
graditi a nostro Padre.
UNA LEZIONE SULLA FEDE CREATIVA.
Allora lo rimisi in piedi davanti a me, e concentrai la mia volontà sull’oggetto che desiderava. In
breve tempo la forma di una colomba fu vista apparire nella placca di metallo che chiude la cintura;
la sua figura diventava sempre più nitida, infine s’ingrandì oltre la placca e la presi. Era una
colomba viva quella che tenevo sulla mano; tubava, guardando me poi il bimbo, come a chiedersi
chi fosse il suo creatore. La porsi al bambino, che la tenne stretta al petto e corse a mostrare ai
compagni cos’era accaduto.
Naturalmente questa era solo un’esca per pescare più pesce. E com’era prevedibile, vennero uno
o due alla volta finchè non fui circondato da una piccola folla di visini entusiasti che mi guardavano
senza osare chiedere, ma desiderando di essere abbastanza coraggiosi per farlo. Attesi senza dire
nulla, sorridendo solo in risposta ai loro sorrisi. Stavo per impartirgli una lezione sul potere della
fede, e la sua assimilazione richiedeva da parte loro una qualche iniziativa.
Fu una piccola fanciulla che per prima ebbe il coraggio di esprimere con risatine i desideri suoi
e dei compagni. Si avvicinò, e con la sua manina paffuta prese l’orlo della mia tunica poi, alzando
gli occhi verso di me, disse con grande timidezza: “Se vuoi, signore –”, quindi s’interruppe e arrossì
per l’imbarazzo. Così la presi in braccio e la invitai a esprimere il suo desiderio.
Voleva un agnello.
Le dissi che le richieste stavano arrivando nel modo giusto, e presto sarebbero cresciute di
numero. Ma un agnello era un animale ben più grande di una colomba. Credeva davvero che fossi
capace di farle un agnello?
La bimba rispose che era stata un’ingenua, poi aggiunse: “Se non ti dispiace, signore, puoi
esaudire le richieste degli altri”. Risi di cuore, e li invitai ad avvicinarsi; loro assentirono dicendo
che se potevo fare una colomba con le piume, avrei potuto creare un agnello ricoperto di lana
(anche se dissero “di pelliccia”).
Allora mi sedetti di nuovo e parlai loro. Gli domandai se amavano nostro Padre, risposero di sì,
moltissimo, perché era il Creatore di tutto questo bel reame, e perché ha insegnato alle persone ad
amarli. Dissi loro che quelli che amano il Padre sono i Suoi veri figli, e se Gli chiedevano
qualunque cosa saggia e buona, credendo fermamente nell’onnipresenza della Sua vita e del Suo
potere, sarebbero stati capaci di realizzare i loro desideri usando quel potere per trasformare in
realtà la cosa voluta. In tal modo non dovevo fare apparire altri animali per loro, perché loro stessi
potevano crearli da soli. Ma essendo questo un caso piuttosto difficile da cui cominciare, li avrei
aiutati.
Perciò dopo il mio invito pensarono tutti all’agnello che desideravano avere, e s’imposero di
farlo apparire. Ma nulla comparve a prima vista; e io trattenni di proposito il mio potere entro certi
limiti. Dopo che ebbero provato ancora dissi loro di fermarsi.
Quindi spiegai che non erano ancora abbastanza potenti, ma una volta diventati più grandi
sarebbero stati capaci di farlo, se avessero continuato a sviluppare la loro fede con la preghiera e
l’amore, e aggiunsi: “Voi avete quel potere, ma per il momento non è abbastanza grande, se non per
creare piccole cose. Ora vi dimostrerò che possedete già un po’ di quel potere per incoraggiarvi a
continuare ad apprendere le lezioni dai vostri buoni tutori. Finora non possedete la forza adeguata
per creare un animale vivente, ma ne avete a sufficienza per influenzarne uno già vivo a venire da
voi. Ci sono degli agnelli in questa tenuta?”.
Risposero che non ce n’erano, tuttavia ne avevano visti alcuni in un paese lontano che avevano
da poco visitato. “E voi”, dissi, “con la fede e il potere che possedete ne avete attirato uno”.
Indicai dietro di loro, e voltandosi videro un agnellino brucare sul sentiero tra gli alberi a poca
distanza. Erano talmente sbalorditi che in un primo momento non riuscirono a far altro che fissarlo.
Ma alcuni dei più grandi, scuotendosi, si allontanarono di corsa con grida di gioia verso l’animaletto
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che, vedendoli, cominciò a saltare allegramente correndogli incontro, e come loro sembrava
contento di aver trovato amici con cui giocare.
“È vivo”, gridarono, e si girarono a chiamare con un cenno chi indugiava; ben presto quel
povero agnello fu ricoperto di coccole e abbracci, come se fosse stato figlio della loro stessa
creazione. Penso avessero per lui grande attaccamento e senso materno.
Ora, questo può sembrare più o meno casuale, secondo la propensione del lettore, ma è
l’essenza che conta. E devi sapere che la graziosa lezioncina così impartita è l’inizio di ciò che
avverrà, forse tra molti secoli, nella creazione di certi cosmi, come quello di cui fa parte il vostro
piccolo pianeta. È così che Principati e Potestà iniziarono a esercitarsi per la creazione delle cose
più imponenti. Ciò che i bambini videro fare da me fu un atto di creazione. Ciò che fecero loro
stessi, con un piccolo aiuto da parte mia, fu l’inizio di un simile sviluppo, che dovrebbe condurli a
realizzare quanto avevo realizzato io, e a progredire, come si fa in queste sfere, di potere in potere
sempre maggiore man mano che aumenta la fede, mentre la usiamo al servizio di Colui che ce la
dona per deliziarci.
Questa è la fede e, invisibile a voi o non chiaramente percepita, la vostra fede è tale che,
santificata dalla devozione e da un movente elevato, porta in sé il suo compimento. Usala, dunque,
ma con cura, cautela e massimo rispetto, essendo uno dei grandi conferimenti che Egli ha affidato a
voi – e in misura maggiore a noi – e non un piccolo segno del Suo grande amore. Che il Suo Nome
sia benedetto per l’abbondante Generosità della Sua elargizione. Così sia, per sempre. †

Lunedì 22 dicembre, 1913.


NEL VILLAGGIO DI BEPEL.
Finora abbiamo parlato della Casa dei bambini e della loro educazione. Ma ora passiamo ad altri
episodi relativi alla mia visita.
Entrai in un villaggio dove sorgevano piccoli gruppi di case, ognuna circondata dal suo pezzetto
di giardino. Qui vivevano diverse micro comunità di persone le cui mansioni differivano solo nei
dettagli, ma nell’insieme si trovavano sulla stessa linea di sviluppo. Il capo del villaggio mi venne
incontro lungo un ponte sotto cui passava un torrente che circondava quasi interamente il paese, lo
superava, e riversava le sue acque nel fiume di cui ti ho parlato in precedenza. Dopo esserci salutati,
traversammo il ponte. Camminando per il paese notai l’ordine e la cura di giardini e abitazioni, e lo
feci notare al mio compagno.
Potresti dirmi il suo nome, per favore?
Puoi scrivere Bepel. Giungemmo presso un’abitazione che però non aveva un aspetto tanto
felice, e anche questo feci notare e ne chiesi il motivo; non capivo quale poteva essere la ragione
che impediva il progresso di qualcuno in questa sfera.
Bepel sorrise e mi rispose: “Devi conoscere l’uomo che vive qui e sua sorella. Sono venuti
assieme dall’Ottava e Nona Sfera molto tempo fa. Qui sono progrediti, e di tanto in tanto fanno
ritorno alla Quarta Sfera dove abitano i loro cari, e in particolare i genitori. Si spingono laggiù per
aiutarli ad avanzare. Ultimamente si trovano meno a loro agio in questo ambiente a causa
dell’amore che nutrono per i parenti più indietro, i quali sembra stiano progredendo molto
lentamente, e passerà tanto tempo prima che raggiungano questo livello.
“I due, perciò, attendono l’arrivo di qualcuno che abbia l’autorità per dargli licenza di partire e
prendere dimora con i famigliari che desiderano aiutare, affinché la loro costante presenza possa
mettere quelle persone in condizione di avanzare”.
“Incontrerò questi due”, replicai, ed entrammo in giardino. Credo ti possa interessare sapere
come un caso del genere viene trattato da noi; quindi procederò a descrivere il seguito più o meno
dettagliatamente.
Incontrai il fratello in un boschetto a fianco della casa, mi avvicinai e chiesi di sua sorella. Era
in casa e andammo a cercarla. La trovammo in profonda meditazione, impegnata nella comunione
con i suoi genitori in quella sfera lontana. Direi piuttosto che stava inviando loro l’aiuto e la forza

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per elevarsi, dato che la “comunione” implica un’azione reciproca, e i suoi cari possedevano poca o
nessuna capacità di ritrasmetterle i loro pensieri.
Così rivolsi a entrambi un breve discorso, e alla fine esposi le mie conclusioni come segue:
“Sembra che l’energia necessaria per incrementare il vostro progresso in questa Sfera sia spesa per
coloro che si trovano in una Sfera parecchio più in basso. Siete rimasti indietro a causa dell’amore
che provate per loro, e state rallentando il vostro sviluppo. Ora, se andrete ad abitare nella Quarta
Sfera, sarete in grado di dare loro solo un minimo aiuto. E quando vi avranno a disposizione, per
quale motivo dovrebbero forzare il loro progresso e superare l’attuale livello in cui si trovano? Non
è bene che andiate là in quel modo. Ma l’amore è più grande di qualunque altra cosa, e visto che
alberga sia in voi che in loro, sarà un potente aiuto sulla via del trionfo, quando gli ostacoli che ora
impediscono saranno stati rimossi. Il mio consiglio è di non rinunciare al vostro rango in questa
Sfera, ma v’invito a venire con me dal nostro Capo, al quale chiederò di assegnarvi un incarico in
modo che il vostro progresso sia assicurato e i vostri cari non vengano ostacolati”.
Quando me ne andai vennero con me e, dopo aver consultato il nostro Sommo Signore, fui
contento di scoprire che lui, in sostanza, approvava il mio pensiero. Così li convocò, ed espresse
parole di approvazione per il loro grande amore, poi gli disse che, se volevano, avrebbero potuto
unirsi a quelli che di tanto in tanto vanno in missione nelle Sfere inferiori, e appaiono là
(modificando se stessi per adattarsi all’ambiente della sfera visitata) per consegnare il messaggio
che Egli vuole comunicare. In tali occasioni avrebbe richiesto che ai loro genitori fosse dato il
permesso di vederli e parlare con loro. Così facendo sarebbero stati invogliati ad avanzare e salire
per unirsi ai due figli nei reami superiori.
Inoltre raccomandò loro di avere grande pazienza, dato che questa situazione non poteva in
alcun modo essere spinta avanti con la forza, ma doveva procedere attraverso uno sviluppo naturale.
A queste parole entrambi assentirono con molta gioia e amorevole gratitudine. Allora il nostro
Signore li benedì in Nome del Maestro, ed essi partirono felici e contenti verso la loro rinnovata
Dimora.
Amico mio e allievo, da questo esempio capirai che nei reami superiori di progresso sorgono
problemi analoghi a quelli delle sfere poco sopra il piano terreno. Giacché anche in quelle, molti
sono trattenuti a causa dell’amore per i loro cari sulla terra, che però non sono così progrediti da
poter entrare in comunione con i loro beneamati e custodi spirituali ascesi molti gradi sopra lo stato
d’indolenza degli incarnati.
Ci sono altri, invece, anch’essi incarnati che attraverso lo sviluppo personale fanno rallentare
poco o nulla i loro spiriti guida, ma avanzano e li seguono con strenuo impegno, umiltà di cuore e
sacra aspirazione, al punto che sono spesso di grande aiuto e niente affatto d’intralcio.
Serba anche questo nella tua memoria assieme alle tante altre cose che hai imparato. È possibile,
anzi è inevitabile che voi sulla terra contribuite a far progredire o rallentare i vostri buoni amici su
questo lato.
GIOIA E DOLORE DEGLI ANGELI.
Sotto questa luce pensa agli Angeli delle Sette Chiese a cui Cristo inviò un messaggio per mano
di Giovanni. Ciascuno di loro, per le virtù e i peccati della Chiesa di cui era responsabile, fu
giudicato personalmente, perché attraverso quella Chiesa doveva rendere conto a Colui che misurò
ciascuna nel suo esatto valore, e assegnò lodi o biasimi all’Angelo-guardiano di ogni Chiesa a
seconda che meritasse le une o gli altri. Così come il Cristo – il Figlio dell’Uomo – riconobbe in Sé
la natura dei figli degli uomini, e si assunse la responsabilità davanti al Padre per la salvezza dei
Suoi fratelli incarnati, allo stesso modo ogni Angelo-guida è responsabile per l’una o l’altra
comunità che è destinato a servire, e s’identifica con essa. Egli gioisce con loro e soffre con loro; si
rallegra per loro, e si amareggia per le loro mancanze. Ricordati cosa disse nostro Signore, perché io
l’ho visto in pratica non una volta, né due o tre volte, ma tante tante volte, “Gli angeli di Dio fanno
grande festa per un solo peccatore che si converte”. E aggiungo, fratello mio, che gli Angeli
risplendenti non sempre ridono – sebbene siano allegri, e di continuo. Ma possono anche versare
lacrime – gemere e soffrire per le afflizioni e i peccati di chi combatte la battaglia laggiù.
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Questo non si accorderà con i pensieri che molti hanno su di noi. Non importa, scrivilo lo
stesso. Poiché mi domando: secondo quale ragionamento, se noi possiamo gioire non dovremmo
anche dolerci? †

Martedì 23 dicembre, 1913.


Nonostante sia chiaramente scritto che uomini e angeli lavorano assieme nell’unico servizio a
Dio, gli uomini trovano difficile credere che ciò sia vero. Il fatto è che pensano troppo alle faccende
terrene, e troppo poco alla causa delle cose materiali. Tale causa non va imputata alle forze che
entrano immediatamente in contatto con la materia per forgiarla e usarla, ma sta oltre, dove si usano
quelle forze come un vasaio usa l’argilla per creare vasi e anfore. Questo, in qualche misura, sei già
stato indotto a scriverlo. Stasera ti dirò qualcosa di quelle forze per come noi le vediamo operare da
questa parte della linea di confine.
Occorre dire, per prima cosa, che non tutti gli abitanti di una sfera sono progrediti in modo
uniforme, ma alcuni sono più avanzati di altri. Le persone di cui ti ho parlato l’ultima volta erano
fra i meno progrediti della Decima Sfera. Ti racconto ora di altri che sono saliti a maggiore vita e
potere.
NEI REAMI ALTI.
Dopo aver lasciato il villaggio dei due fratelli, proseguii il mio giro d’ispezione recandomi in
molte altre comunità.
Una si trovava in mezzo alle montagne verso la zona che segna l’inizio della prossima Sfera
superiore – non è il luogo dove incontrai la mia guida, che rimane parecchio più lontano, ma
l’altitudine è simile. Così presi a salire lungo un sentiero tortuoso che conduce ai reami alti situati
tra le vette della catena montuosa. Quando cominciai la salita, l’erba dei prati era verdissima e
c’erano grandi fiori in abbondanza. Gli uccelli cantavano nei dintorni del sentiero vellutato che si
snodava tra i rigogliosi alberi di quelle recondite foreste, soffuse di luci e ombre porporine. Qui
molti spiriti dei boschi, giocosi e operosi, mi sorridevano raggianti mentre li superavo, porgendo e
ricevendo saluti e benedizioni che aggiungevano gioia alla bellezza del mio cammino.
Poi l’ambiente cominciò a mutare, gli alberi divennero più maestosi e statuari, e la foresta si
fece meno fitta e meno verdeggiante. Se prima vi erano prati fioriti e terre boscose, ora apparivano
imponenti cattedrali erette su pilastri e arcate, così come in precedenza erano formate da alberi dal
fusto dritto e dalle cime piegate. Luci e ombre erano ancora intense e incantevoli, ma somigliavano
più a quelle di un santuario che di un recesso frondoso nel bosco. Mentre procedevo, viali di larghe
dimensioni si allungavano su entrambi i lati del mio sentiero. Qui si percepiva un senso di
meditazione e di maggiore potere rispetto al territorio lasciato in basso. Mi resi conto che gli spiriti
tra i colonnati erano splendidi, di una bellezza più sacra e grandiosa di quelli incontrati accanto ai
primi rilievi montuosi. Man mano che camminavo, incontravo scenari pervasi da sempre maggiore
solennità e suggestione.
A poco a poco mi lasciai alle spalle il territorio boscoso, e notai che attorno ai bagliori bianco,
rosso e oro delle vette rifulgevano luci che indicavano la presenza di esseri discesi dal cielo
superiore per svolgere qualche missione, trattenendosi un po’ tra quelle cime. Così raggiunsi la mia
destinazione, che intendo descriverti come meglio posso.
Trovai un piazzale pianeggiante di forma quadrata, forse un miglio per ogni lato, lastricato con
pietre di alabastro che parevano del colore della fiamma. Era come un pavimento di cristallo
adagiato sopra un mare di fuoco, oltrepassato da raggi ardenti che si proiettavano tutt’intorno,
colorando l’aria per qualche centinaia di metri in alto. Naturalmente non c’era un fuoco del genere,
ma ne aveva l’aspetto.
LA TORRE DI GUARDIA DELL’ALTO REAME.
Sul quel piazzale sorgeva un edificio con dieci lati, ciascuno diverso dagli altri sia nel colore
che nell’architettura. Era costituito da molti piani, e in alto svettava un pinnacolo scintillante la cui
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cima catturava la luce proveniente da oltre i picchi delle montagne, alcune lontane, altre vicine.
Tanto alta era questa torre che pareva starsene là come una sentinella in mezzo alle vette del cielo,
offrendo all’osservatore una veduta spettacolare. La torre occupava pressappoco un ottavo della
piazza, e aveva portici d’ingresso su ogni facciata. Così vi erano dieci portici, uno per ciascuno dei
dieci lati. In effetti era come una sentinella, essendo la Torre di Guardia delle regioni più alte della
Decima sfera. Ma anche molto più di questo.
Ogni facciata era in contatto con ciascuna delle prime dieci sfere; e i suoi custodi si tenevano in
costante comunicazione coi loro principali Signori. Tra i Capi delle diverse sfere c’è un continuo e
intenso passaggio di informazioni, che qui vengono raccolte e coordinate. Se dovessi tradurlo in
termini terreni, direi che è la principale Centrale di Scambio del vasto campo che comprende tutte le
sfere che vanno da quella confinante col piano terreno, attraverso i continenti, gli oceani, le
montagne e le pianure della Seconda sfera, poi della Terza, e così via fino alla Decima.
Coloro che prestano servizio nella torre devono logicamente possedere un elevatissimo
sviluppo e grande saggezza, e ho potuto constatare che è proprio così. Erano diversi dai comuni
abitanti di questa sfera. Pur restando sempre cordiali, pieni d’affetto e gentilezza, amabili e
desiderosi di aiutare e rendere felici i loro fratelli, c’era in loro uno splendore di assoluta calma che
mai cedeva alla minima agitazione qualunque notizia arrivasse loro circa il da farsi, nonostante la
strenua vita che avevano scelto di condurre. Sempre con perfetta calma mentale, ricevevano ogni
sorta di resoconto, informazioni, richieste per la soluzione di certi problemi e per recare aiuto in
altri modi. Quando qualcosa di più straordinario del solito gli piombava addosso, rimanevano
imperturbati e sempre pronti a fronteggiare il loro compito, qualunque fosse, confidando
serenamente nella loro forza e usando la saggezza per non commettere errori.
Mi sedetti nel portico d’ingresso sulla facciata che era in comunione con il Sesto Cielo per
studiare alcuni dei registri che narravano di eventi passati e delle loro imprese. Mentre leggevo, una
voce sommessa sussurrò alle mie spalle: “Se non sei troppo interessato a quel libro, Zabdiel, forse ti
farà piacere vedere cosa facciamo qua dentro”. Mi voltai alzando lo sguardo verso colui che mi
parlava, e incontrando il suo bel sorriso placido, gli feci cenno di assenso.
COME VENGONO RICEVUTI I MESSAGGI NELLA TORRE.
Entrai e mi ritrovai in un’ampia sala di forma triangolare, il cui soffitto era il pavimento della
sala superiore. Andammo verso l’angolo della parete, dove il mio amico mi invitò a fermarmi e
ascoltare. Ben presto udii delle voci e potei discernere le parole pronunciate. Provenivano da una
stanza situata cinque piani sopra di noi, e venivano trasmesse in basso, passando attraverso il
pavimento fino al sottosuolo dove c’erano altre camere. Gli chiesi di spiegarmi come funzionava, e
lui mi disse che tutti i messaggi venivano ricevuti dagli addetti della stazione situata alla sommità
della torre. Questi estraevano le parole necessarie per svolgere la loro parte di lavoro, e il resto lo
lasciavano procedere nella camera sottostante. Qui il messaggio veniva trattato nello stesso modo, e
di nuovo passato in basso. L’operazione si ripeteva più volte finchè il rimanente raggiungeva,
attraverso le pareti, questa stanza al pianoterra per essere nuovamente vagliato, e la parte residua
trasmessa al sottosuolo. Ogni camera accoglieva un gran numero di addetti, tutti impegnati a
svolgere il loro compito senza fretta.
Ora, penserai che sia uno strano modo di lavorare. Ma la realtà era ancora più strana. Poiché,
quando affermo che udivo le parole, dico solo la metà del fatto. Esse, in realtà, erano udibili in
modo visibile. Come potrò farmi capire nella tua lingua? Il meglio che posso fare è questo: se tu
fissavi la parete (ricoperta di diversi metalli e pietre, tutti vitalizzati da quel principio che per voi
corrisponde all’elettricità) vedevi il messaggio nella tua mente piuttosto che attraverso gli occhi e,
quando ne afferravi il contenuto, sentivi la voce diffonderlo da qualche regione distante. In questo
modo eri consapevole, nella tua coscienza interiore, del tono di voce dell’oratore, del suo aspetto e
levatura, del portamento, del suo grado e dipartimento di servizio, e di altri dettagli utili all’esatta
comprensione del messaggio spedito.
L’opera di spedizione e ricezione dei messaggi raggiunge grande perfezione nei reami spirituali,
ma in questa Torre di Vedetta tocca la perfezione più alta che abbia mai incontrato. In quel
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momento non mi riusciva di interpretare ciò che vedevo e sentivo, perché la comunicazione aveva
viaggiato passando le condizioni di tutte le sfere interposte, diventando più complessa di quanto
fossi in grado di decifrare.
Così la mia guida me lo spiegò in modo semplice. Significava, in sostanza, che un gruppo era
stato mandato dalla Sesta alla Terza Sfera per contribuire alla costruzione di certi apparati già in
corso d’opera. I loro progettisti erano assai progrediti, e lo schema del congegno e della struttura
destinata a contenerlo includeva elementi che superavano le possibilità di realizzarlo con la sostanza
di quella sfera. Posso sottoporti il problema nel modo seguente: se tu fossi impegnato a costruire
una macchina per la lavorazione dell’etere e per la sua conversione in materia, non troveresti alcuna
sostanza a tua disposizione sulla terra che sia sufficientemente nobile da immagazzinare l’etere, il
cui potere è maggiore e più terrificante di qualunque altra forza imprigionata dentro ciò che voi
conoscete come materia.
Era un problema abbastanza simile, quello che essi dovevano risolvere adesso, e chiedevano un
consiglio su come meglio procedere affinché il progetto venisse realizzato nel modo più completo
possibile. Si tratta comunque di un problema tra i più semplici che questi elevati spiriti sono
chiamati a risolvere.
Ma continuerò l’argomento un’altra volta. Vedo che sei esausto e non riesco a trovare in te le
parole per continuare il mio racconto. La tua vita e il tuo lavoro hanno la mia benedizione, stanne
certo e procedi con coraggio. †

Vigilia di Natale, 1913.


Ti ho parlato brevemente della scienza praticata in quel Luogo Elevato, e non ti sarebbe di
molto aiuto se continuassi in tale direzione; poiché la conoscenza e le attività svolte colà sono di un
livello tale che potresti comprendere ben poco. Ti confonderebbe, e non troveresti sensate le parole
che potrei dirti. Perciò, aggiungerò poco altro e passeremo a un nuovo argomento.
Salii al piano immediatamente superiore, e trovai che tutto era in febbrile attività, con
moltissimi operatori. Ogni parete di queste ampie sale serve a vagliare i messaggi e ad altre
operazioni simili. Non sono pareti piatte come le vostre, ma brillano di luce variopinta, e presentano
emblemi a volte incisi, a volte in rilievo. Gli emblemi sono strumenti della loro scienza, e tutti
vengono controllati e i loro effetti registrati, esaminati e trasmessi ciascuno alla propria
destinazione, che siano altri membri di questa comunità, o di sfere superiori o inferiori, come
richiede il compito in esecuzione.
UN ORIZZONTE DI GLORIA.
La mia gentile guida mi portò fino in cima alla Torre, dov’ero in grado di ammirare il territorio
distante. Sotto di me vidi le terre boscose attraverso cui ero salito. Ancora più lontano si
distendevano catene dopo catene di altissime montagne, tutte immerse nella luce celestiale
superiore e luccicanti come gioielli dai mille colori. Attorno ad alcune vette dava spettacolo una
scintillante bellezza che giungeva dall’Undicesima Sfera; quelle vette sembravano vive e rispondere
alla presenza di esseri elevati la cui natura era di un grado così raffinato che le loro forme si
trovavano oltre il campo di visibilità di un abitante, come sono io, della Decima Sfera.
Comunque sapevo che là erano presenti esseri venuti da una regione più luminosa a compiere
qualche amorevole opera in questa sfera. Allora provai grande gioia nel rendermi conto che ero
circondato dall’amore e dal potere benefico, e la mia sola espressione fu il silenzio, che fu più
eloquente di qualunque parola potessi proferire.
Infine, dopo aver deliziato lungamente il mio spirito davanti a quella sconfinata bellezza, la mia
guida mi mise gentilmente una mano sulla spalla, e disse: “Questi, mio buon fratello, sono i REAMI
ALTI del nostro CIELO. La solitudine è tale che, nella sua bellezza, ti riempie di profondo rispetto,
soggezione e sacra aspirazione. Ora ti trovi all’apice e al limite del tuo attuale punto di
conseguimento; qui hai trovato un ambiente che, con le tue sole forze, non sei capace di penetrare.
Ma come segno di sacra fiducia, da usare con parsimonia e discrezione, ci è concesso di sollevare il
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velo e guardare ciò che è invisibile alla nostra normale visione. Vorresti che questo ti fosse
accordato per pochi istanti, in modo da osservare le cose attorno a te che ora non vedi?”.
Esitai a rispondere, ero molto intimorito, perché ciò che vedevo era il massimo che potevo
sostenere con le mie forze. Ma riflettendo sulla questione decisi che dove tutto è amore e saggezza
nessun danno poteva colpirmi. Così mi affidai alla sua protezione, e lui disse che era bene.
Allora si allontanò da me e si recò in un Santuario alla sommità della Torre per ritirarsi un
istante a pregare, come mi disse. Poco dopo tornò, ed era notevolmente cambiato: non indossava più
la toga, stava davanti a me spogliato tranne che per un diadema di gemme brillanti sulla fronte.
Com’era bello immerso in quella soffice luce pervadente che s’intensificava attorno a lui,
muovendosi vivacemente, fin quando il suo corpo divenne come cristallo liquido dorato sempre più
risplendente, tanto che dovetti abbassare lo sguardo e proteggermi gli occhi per l’eccessivo fulgore.
PARETI DI LUCE.
Mi disse di restare fermo davanti a lui, mentre lui sarebbe rimasto dietro, usando il suo potere su
di me, ma senza abbagliarmi con la sua radianza. Restammo così, con le sue mani sulle mie spalle,
poi la luce che emanava dal suo corpo avvolse anche me, e uscendo a fiotti lambì i miei fianchi e
s’irradiò lontano unendosi a grande distanza con le altre luci che circondavano le vette. Fu allora
che mi apparve davanti un sentiero stretto, i cui bordi erano delimitati da pareti di luce con lo spazio
in mezzo meno luminoso, ma non buio.
Non riuscivo a penetrare con la mia vista quelle pareti, che correvano velocemente
attraversando gli abissi e le altitudini delle cime montuose, e si aprivano nel loro procedere in modo
tale che stando, per così dire, nell’angolo formatosi appena dietro di me dalla convergenza delle due
pareti di fiamma vivente, davanti a me si allargava fra loro uno spazio di grande ampiezza, in cui
potevo vederle in lontananza.
Allora parlò nuovamente dicendomi di guardare in quello spazio. Così feci, e vidi apparire
davanti ai miei occhi una visione di grande magnificenza; niente di così incantevole mi era mai
capitato di osservare pur avendo ammirato tante bellezze e prodigi.
I due raggi colpirono ciascuno un fianco di una cima montuosa che si stagliava nel cielo, una
guglia appuntita circondata in basso da creste minori. Mentre la osservavo cominciò a mutare, e mi
accorsi che un grande Tempio emergeva alla mia vista, circondato da una schiera di angeli sublimi
vestiti di luce, che si muovevano in ogni direzione. Vidi un prominente portico d’ingresso sul quale
era fermo un grande Angelo che teneva sollevata una croce, come se mostrasse quel simbolo a
qualche congregazione in una sfera lontana. In piedi sui due bracci della croce c’era un fanciullo:
uno vestito di rosa tenue, l’altro di verde e bruno. Intonavano un canto che non fui capace di
comprendere, e nel concludere portarono entrambi le mani al petto e chinarono il capo in
adorazione.
ESALTAZIONE DELLA MATERNITÀ.
La mia giuda mi fece ruotare verso destra e un altro spettacolo mi apparve alla vista. Sul pendio
di una collina lontana riconobbi un Trono. Era un misto di luce e fuoco, vi era seduta una donna che
scrutava immota e nel silenzio le remote distanze. La sua veste di tessuto finissimo brillava come
argento e lasciava trasparire lo splendore del suo corpo; in testa portava un velo luminoso di colore
viola che le scendeva dietro le spalle, incorniciando la sua bellezza in un modo che mi ricordava
una perla sospesa su una tela di velluto.
Attorno a lei, ma sotto il Trono, c’erano i suoi assistenti, sia uomini che donne. Se ne stavano
fermi davanti e di lato al Trono, in silente attesa. Erano tutti assai più luminosi di me, ma nessuno
era più splendente di colei che sedeva là in serena calma e assoluta grazia. Osservai il suo volto. Era
pieno di quella premura che nasce dall’amore e dalla compassione, e nella profondità dei suoi occhi
scuri si percepiva grande saggezza e potere. Aveva le braccia appoggiate sui braccioli del Trono, e
notai che i suoi arti esprimevano forza: una forza combinata alla tenerezza della maternità.
Poi all’improvviso si mosse, indicò con la mano qui, chiamò con un cenno là e fece un segnale
ad altri, impartendo i suoi comandi senza frenesia, ma con rapidità e decisione.
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D’un tratto l’intera moltitudine si mise in movimento. Vidi un gruppo levarsi in volo e partire
come una saetta nello spazio lontano. Un secondo gruppo sfrecciò in un’altra direzione. Osservai
altre schiere creare dei cavalli, montarli e galoppare nello spazio. Alcuni indossavano vesti morbide,
altri erano cinti da quella che sembrava un’armatura corazzata. Certi gruppi erano composti di
uomini, altri di donne, altri ancora erano misti. In un attimo, per così dire, il cielo fu costellato di
diamanti, rubini e smeraldi, perché tali essi apparivano sfavillando sulla loro via celestiale; il colore
dominante del gruppo si riverberava su di me, mentre li guardavo in silenzio pieno di timore
reverenziale.
Così il sentiero di luce veniva spostato da un punto all’altro dell’intero orizzonte intorno, e ad
ogni sosta osservavo qualcosa di nuovo. Ogni scenario era di natura diversa, ma di pari bellezza agli
altri. In tal modo vidi taluni che superavano in grado tutti quelli che avevo visto finora impegnati
nel servizio del Padre. E quando mi accorsi, a causa del mutamento di luce, che il mio amico si era
ritirato di nuovo nel Santuario alle mie spalle, sospirai per la beatitudine troppo grande, e mi sentii
mancare sopraffatto dalla gloria del servizio di Dio che avevo visto all’opera fra coloro che ci
sorvegliavano, mentre anche noi adempiamo il nostro servizio e ci curiamo dei nostri doveri.
Fu così che giunsi a comprendere, come mai prima, in che modo tutte le sfere inferiori sono
contenute nelle superiori e non sono nettamente delimitate, né ciascuna è separata dalle sue
compagne. Questa Decima Sfera include tutte quelle sotto, ed è a sua volta inclusa, assieme a quelle
inferiori, nelle sfere che stanno sopra. Ciò è ben chiaro qui, fino al nostro livello. Ma mentre
progrediamo, tale inclusione di sfere diventa più complessa e mirabile, e ci sono cose da
comprendere che vengono rivelate poco a poco. Ecco quanto giunsi a capire, e sono sbalordito per
l’avanzamento che mi attende quando sarò pronto.
Oh, quanta meraviglia, quanta bellezza e saggezza possiede il Padreterno! Ma se penso a quanto
poco conosco del Suo progetto d’amore, chissà come deve apparire il progetto intero! E quanto
straordinario dev’essere!
Persino le glorie minori dei Regni Celesti sono celate agli occhi mortali che si sforzano di
vederle. Fratello, sii contento di procedere lentamente in queste cose. Tali manifestazioni sono
velate per amore e misericordia. Se potessero mostrarsi improvvisamente a te nella loro interezza, la
tua mente crollerebbe davanti a una simile rivelazione, e tu per lunghissimi secoli avresti paura di
procedere per non rischiare che ti accada di peggio. Ora lo comprendo assai meglio di un tempo. È
un principio saggio e buono – tutto è saggio e buono, in fin dei conti. Egli è Amore, in verità. †

Sabato 27 dicembre, 1913.


LA GLORIA ROSSO CREMISI DEL CRISTO.
Fu davvero meraviglioso che mi fosse stato concesso di vedere i portenti di sfere che superano il
mio livello. Pensandoci in seguito, mi accorsi che potevo comprendere qualcosa del proposito e del
significato principale di quanto avevo visto; ma molte altre cose non riuscii in alcun modo a
penetrarle da solo. Una di queste fu la seguente apparizione.
L’intero cielo fra le estremità più lontane dei due raggi luminosi, formanti ciascuno un muro su
entrambi i lati della mia prospettiva, era permeato di rosso cremisi. Profonda, estremamente
profonda era la regione di luce cremisi che contemplavo. Sembrava vi fosse un terremoto vulcanico
gigantesco: nubi irradianti una luminescenza rosso vivo si sollevavano accavallandosi l’una
sull’altra, si levavano in alto formando grossi cumuli che si estendevano da una parte all’altra
dell’orizzonte, poi sprofondavano incontrando altri banchi di nubi in ascesa.
Tutto era in tumulto come divorato dalle fiamme di una furia catastrofica. Tanto impressionante
pareva quel turbine rosso per la mia anima che ebbi un fortissimo tremito di paura.
“Allontana da me questa visione. Mi appello al tuo amore, signore, volgiti su altre scene meno
sconvolgenti. Questa mi appare di un mistero troppo terrificante per rimanere saldo davanti alla sua
travolgente magnificenza”.
Così implorai il mio amico, che replicò: “Resisti ancora un po’, fratello mio, e vedrai che non
sarà più così terrificante. Ora stai guardando verso sfere superiori, dall’Undicesima in avanti. In che
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sfera brilli quella luce non so dirtelo, a meno che non riveda in seguito la sua registrazione, che
comunque non viene raccolta in questo Collegio, ma in un altro a poca distanza da qui. Va oltre i
nostri compiti fare una trattazione su ciò che stai osservando. Potrebbe essere la Tredicesima, o
persino la Quindicesima Sfera, quella che ora guardi con tanto terrore. Non saprei. Ma so che il
Cristo passa da quelle parti, e la Gloria Rosso Cremisi che vedi è l’aura della comunione fra Lui e i
Suoi amati là in adorazione. Fissa risolutamente lo sguardo sulla visione, perché capita raramente di
poterne osservare così bene una del genere, e io cercherò di farti scorgere alcuni dettagli”.
Sentivo che intensificava la sua energia su di me, e io cercavo di elevarmi per andare incontro ai
suoi sforzi. La cosa tuttavia non riuscì, perché ciò andava oltre le mie capacità, come ben presto mi
accorsi. Tutto ciò che fui capace di vedere, oltre a quanto ti ho detto, fu qualche vaga sagoma di
bellezza muoversi in mezzo all’infuocato splendore cremisi, e niente altro. Allora lo supplicai
un’altra volta, temo alquanto pietosamente, di consentirmi di allontanare lo sguardo. E così fece.
Non ne potevo più. Il mio cuore era arrivato al limite della sopportazione. Adesso tutto mi sembrava
sbiadito rispetto a quanto avevo visto; il mio cuore restò per qualche tempo molto sofferente al
punto da non potermi muovere; ero come quelli che patiscono per la troppa bellezza e ciononostante
gioiscono di vivere. Ben presto mi ripresi, e quando lui uscì nuovamente dal Santuario, questa volta
nel suo aspetto normale e col solito abito, potei esprimergli parole di ringraziamento per aver
concesso tanto generosamente a uno come me di vivere quell’esperienza.
Ora, che altro posso dirti di ciò che avvenne su quell’alta torre? Rammenta che puoi
comprendere solo una piccola parte della nostra vita e delle attività che svolgiamo, e solo
parzialmente. Così devo scegliere con molta attenzione gli episodi da mostrarti, e sono quelli che in
qualche misura posso riprodurre nella tua mente e nel linguaggio terreno. Credo quindi che potrò
cimentarmi con un altro.
UNA COLONIA CON UN PROBLEMA.
Quando le visioni maggiori terminarono, restammo ancora un po’ lassù a contemplare il
territorio attorno. Notai, a una certa distanza verso la Nona Sfera, un grande lago confinante con la
foresta e, sparse qua e là, delle isole con edifici che spuntavano dagli alberi o vi erano annidati.
Anche in mezzo alla foresta si vedevano ogni tanto delle torrette. Chiesi alla mia guida che tipo di
colonia era; perchè di una colonia sembrava trattarsi, tanto era coesa da apparire come una sola
comunità.
Egli mi disse che molto tempo fa sorse un problema nell’accogliere quelli che, arrivati in questa
sfera da altre regioni, non erano progrediti in tutti gli aspetti della scienza celeste, ma solo in alcune
branche. No, non sono soddisfatto di come te l’ho presentato: cercherò di esprimerlo con maggiore
chiarezza.
Alcuni progrediscono in modo uniforme ogni facoltà che possiedono; mentre altri non
sviluppano tutte le loro facoltà in misura uguale durante il loro sentiero di progresso. Essi sono,
nondimeno, spiriti altamente evoluti, e giungeranno alla Decima Sfera a tempo debito. Ma se
avessero sviluppato i loro poteri negletti nella stessa proporzione degli altri, sarebbero arrivati qui
molto tempo prima.
Una volta giunti nella Decima, si trovano a un livello tale che quanto è servito nelle sfere
inferiori non gli servirà più in futuro. Da qui in avanti devono bilanciare meglio le loro capacità,
portandole verso un maggiore equilibrio.
Il problema che portò alla formazione di quella comunità non fu altro che questo. Essi dimorano
là e svolgono un lavoro di aiuto agli altri e di auto-addestramento. Ti potresti chiedere in cosa
consiste la loro difficoltà. Se sei curioso di saperlo, ti dico che è dovuta all’assai più complessa
perfezione delle condizioni che prevalgono qui rispetto alla tua situazione sulla terra.
Essa sorge dal fatto che queste persone appartengono realmente alla Decima Sfera in alcune
parti del loro carattere, e forse anche all’Undicesima o Dodicesima in altre parti. La difficoltà è che
alcune capacità e aspetti della loro personalità sono troppo sviluppati per il loro attuale ambiente,
ciononostante non possono procedere nella sfera successiva perché i loro lati meno sviluppati

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subirebbero un danno, al quale seguirebbe un tale disastro che quasi certamente li getterebbe
indietro di molte sfere, dove si troverebbero a disagio come non mai.
Adesso ti ho chiarito meglio il loro caso? Se togli un pesce dall’acqua, che è più densa, e gli fai
respirare l’aria che è più rarefatta, sarà un disastro per lui. Se prendi un mammifero dalla foresta e
lo immergi nell’acqua, anche lui morirà a causa dell’elemento più denso. Un anfibio necessita per
sopravvivere sia di acqua che di terra asciutta. Ma se lo abbandoni completamente sulla terra arida,
s’indebolirà. Se lo lasci sempre in acqua, diventerà lo stesso più debole.
Ora, le persone di cui ti ho parlato non corrispondono a nessuno degli esempi suddetti, tuttavia
l’analogia è adeguata a farti comprendere il loro caso. Qui sono come uccelli in gabbia. Ma
addentrarsi nelle sfere superiori sarebbe per loro come subire il fato di una falena che vola nella
fiamma.
E come viene trattato il loro caso?
Loro stessi sono là per occuparsene. Credo che la loro ricerca della soluzione migliore per
risolvere il problema sia ancora in fase di elaborazione. Quando saranno riusciti a risolverlo,
avranno reso un servizio a questa sfera che sarà attentamente registrato per un uso futuro. Avviene
continuamente nelle varie branche di studio. Penso che finora siano stati capaci di classificare se
stessi secondo i loro tratti principali, e stiano lavorando a un tipo di sistema basato sullo scambio
reciproco. Ogni classe si sforza di promuovere nelle altre la virtù e il potere che possiede e che agli
altri manca. Ciascuna classe agisce in questo modo, e ne è sorto un complicatissimo sistema di
mutua educazione, che è troppo intricato da analizzare persino per coloro che dimorano nei Reami
Alti. Ma quando finalmente diventerà maturo per essere divulgato, darà vita a qualcosa che
aumenterà il potere e l’influenza di questa regione, e io credo in misura molto rilevante.
Ecco come viene prestato il mutuo servizio; e la delizia regale del progresso consiste
nell’aiutare gli altri a procedere sulla via, mentre anche noi avanziamo. Non è così, amico mio e
diletto?
Hai la mia benedizione. Buona notte. †

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CAPITOLO 8

Venite, Benedetti, e ricevete l’eredità

La missione di Zabdiel nella Quinta Sfera – La Città Capitale della Quinta Sfera – Zabdiel
mette alla prova le donne devote – La costituzione della Quinta Sfera – Nella Sesta Sfera –
L’Iniziazione nel Santuario – Il ritorno alla Decima Sfera – Il Tempio della Montagna
Sacra – Il Re dei re – Il Potere e la Gloria – Il saluto d’addio di Zabdiel.

Lunedì 29 dicembre, 1913.


Oggi non parlerò delle altre cose che vidi in quel luogo. Nel linguaggio terreno è più facile
descrivere le scene, la gente e le attività delle sfere vicine al piano fisico. Ma più in alto si va più
crescono le difficoltà, e la mia sfera è relativamente piuttosto elevata; e quel poco che ho scritto
appartiene ai suoi Reami Alti. Così, come già ti dissi, non posso far altro che offrirti uno scorcio
assai ridotto e inadeguato di questo regno e delle sue glorie. Di conseguenza passo a questioni che
sono d’importanza più immediata per te, ma non meno utili.
LA MISSIONE DI ZABDIEL NELLA QUINTA SFERA.
Racconterò di quella volta che fui incaricato dal Sommo Signore Angelico della Decima Sfera
di compiere un viaggio nella Quinta per una missione speciale, che ora dirò.
Mi fu assegnato di recarmi nella Città Capitale di quella sfera e, nel presentarmi al cospetto del
mio Capo, gli chiesi per quale motivo dovevo andare laggiù. Me lo disse dopo aver ricevuto la
garanzia che ci sarei andato. Ma non andavo solo, venivano con me tre fratelli a tenermi compagnia.
Quando arrivammo a destinazione trovai facilmente la Città, avendola già conosciuta nel
periodo in cui avevo soggiornato in questa sfera. Come mi appariva diversa ora, dopo tutto quel
tempo e le tante esperienze vissute! Riflettici, amico. Era la prima volta che vi tornavo da quando
ero progredito dalla Quinta alla Sesta Sfera, e dopo avere superato anche la Sesta e le successive ero
riuscito, con un duro lavoro, a procedere lungo il mio sentiero fino a raggiungere la Decima sfera.
Perciò, dopo aver percorso tutti questi stadi, ciascuno con la sua vita affaccendata e le molteplici
esperienze che mi fecero cambiare e crescere, ritornavo in una sfera dove, fra l’altro, non ero
rimasto così a lungo come in ciascuna delle altre. Era strana, ma molto familiare, persino nei
dettagli. La stranezza consisteva nel fatto che quando per la prima volta vi giunsi dalla Quarta Sfera,
il suo splendore mi pareva troppo grande per la mia capacità di comprensione. Mi abbagliava. Ma
adesso i miei occhi dovevano faticare per adattarsi alla sua oscurità e carenza di luce.
Mentre passavamo attraverso le sfere interposte, adattavamo noi stessi a ciascuna procedendo
rapidamente. Quando invece giungemmo ai confini della Quinta, discendemmo e proseguimmo a
piedi lentamente, dalle regioni alte alle più basse, in modo da poterci conformare alle sue condizioni
poco a poco. Dovevamo probabilmente restare lì per qualche tempo, di conseguenza sarebbe stato
meglio essere in grado di resistere in quell’ambiente e svolgere il lavoro che era nostro dovere
compiere.
Era interessante da sperimentare quella discesa dalle zone montuose alle pianure. Procedendo in
discesa l’oscurità cresceva in modo costante, perciò inducevamo continuamente i nostri occhi e i
nostri corpi ad abituarsi alle sue condizioni. La sensazione era strana ma non spiacevole; e per me
era un’assoluta novità a quel tempo. Mi mostrava la mirabile saggezza presente ovunque e in ogni
essenziale dettaglio di questi reami, la mutua regolazione fra i diversi gradi di luminosità, mentre ci
spostavamo da un luogo all’altro.
Se intendi il senso della mia narrazione, prova anche a immaginare cosa significhi per noi
superare i reami meno illuminati e venire nel tuo a parlare con te come faccio adesso. Perciò non ti
sorprenderai, credo, se a volte incontriamo notevoli difficoltà a entrare in contatto con voi, e spesso

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non ci riusciamo affatto. Se potessi vedere le cose da questo lato del Velo non ti stupiresti – la
meraviglia viaggia nell’altra direzione.
Ora ti racconto della Città.
LA CITTÀ CAPITALE DELLA QUINTA SFERA.
Essa sorge sulla pianura al centro della regione su cui un Angelico Signore esercita il suo
governo. Non è cinta da mura, come la maggior parte delle città di questo tipo; ma ha la solita serie
di Torri di Guardia, alcune situate sulla pianura fuori dalle mura in posizione isolata, altre collocate
qua e là dentro la Città, in punti accuratamente scelti. Il Palazzo del Principe si trova del tutto a
margine della Città, e ha un ampio portone d’ingresso, che ora ti descriverò, non come appariva a
noi che venivamo da una sfera superiore, ma come si presenta agli occhi di coloro che vivono
normalmente in quell’ambiente, cioè gli abitanti della Quinta Sfera.
Il Grande Portale d’ingresso del Palazzo è fatto di pietra liquida. E ciò va inteso alla lettera. I
mattoni non sono solidi, ma fluidi; i suoi colori mutano di attimo in attimo sotto l’influsso di ciò che
proviene da dentro il Palazzo e da ciò che si aggira sulla pianura di fronte. È influenzato anche dalle
Torri di Guardia sulla pianura; ma solo da quelle situate su questo lato della Città, non dalle altre
torri posizionate dalla parte opposta, che sono in contatto con le stazioni presenti sugli altri lati del
Palazzo. È incantevole da ammirare quel portale, massiccio su entrambi i fianchi e incastonato nel
muro della struttura principale, solido sopra la volta quadrata, e di bellezza cangiante ogni volta che
mutano i colori. Una sola parte rimane costante, la grande chiave di volta posta in alto al centro, che
splende sempre e invariabilmente di rosso, d’amore.
Entrammo, e adiacenti l’ingresso trovammo molte sale spaziose, nelle quali vi erano operatori
incaricati di leggere i messaggi e registrare gli influssi che giungevano al Portale, smistandoli
secondo il gruppo di appartenenza e spedendoli ciascuno alla propria destinazione. Erano in attesa
del nostro arrivo, e sul viale oltre il Portone ci accolsero due giovani per condurci dal Signore
Angelico. Percorremmo una grande strada, incontrando gente dall’aria felice, come lo sono sempre
le persone da queste parti. Lo scrivo solo per voi che sovente non sorridete di contentezza interiore.
Ma per noi è normale, quanto l’azzurro del cielo d’Egitto nella stagione estiva.
Poi arrivammo all’edificio più importante dentro le mura del Palazzo, dove si trovavano gli
alloggi del Principe.
Salimmo i gradini di fronte passando sotto il loggiato che correva lungo la sua facciata e,
attraverso una porta, entrammo nella Sala Centrale. Era anch’essa quadrata, formata da alte colonne
di pietra liquida, come il Portone; anche queste mutavano continuamente colore, ma non tutte
assumevano la medesima tinta nello stesso momento, come faceva il Portale d’ingresso. Erano
diverse. C’erano ventidue colonne e ciascuna differiva dall’altra. Raramente due di loro
presentavano al contempo lo stesso colore, e questo dava alla sala un aspetto particolarmente
attraente. Inoltre erano fatte per armonizzare le loro bellezze con la sovrastante grande cupola di
cristallo, che offriva una visione ancora più incantevole, e tu devi provare a immaginarla perché va
oltre la mia capacità di descrizione.
Fummo invitati a rimanere nella sala, e ad accomodarci sui divani accanto alle pareti per
osservare il gioco dei colori. Mentre guardavamo, il suo effetto sembrava penetrarci dandoci un tale
senso di pace e benessere che alla fine ci sentimmo completamente a nostro agio in questo ambiente
nuovo, eppure di vecchia data.
Dopo poco vedemmo brillare una luce da uno dei corridoi che davano sulla Sala, e comparve il
Principe; venne verso di noi, s’inchinò e mi strinse la mano salutandomi molto cordialmente. Era
della Settima Sfera, e aveva modificato se stesso per adattarsi alla Quinta, com’era necessario fare
per governarla. Era molto gentile, e fece il possibile per facilitarci in ogni modo con grande amore;
quindi entrammo nella Sala della Presenza dove si trovava il suo Trono di Reggente, sul quale mi
fece sedere, con lui accanto e contornato dai miei compagni.
La notizia del nostro arrivo era stata divulgata, e una comitiva di donne si presentò nella Sala
salutandoci cortesemente. Allora il Principe espose la natura della mia visita a me e ai miei
compagni. Le donne che stavano davanti a noi erano vestite con graziosi abiti bianchi e blu, ma non
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indossavano i loro gioielli. Erano tuttavia molto aggraziate in quell’abbigliamento semplice, che
inoltre si addiceva al contegno decoroso che dovevano mostrare in nostra compagnia, essendo noi
di alcune sfere superiori alla loro.
Ciò mi divertiva molto, e domandai al Principe che mi concedesse qualche minuto prima di
continuare la sua esposizione. Così discesi dal seggio e andai a benedirle una per una, posando la
mano sulla testa di ciascuna, e aggiungendo parole benevoli. A quel punto la loro timidezza svanì,
alzarono lo sguardo e ci sorrisero, sentendosi completamente a loro agio.
Ora, dell’udienza che seguì te ne parlerò la prossima volta. Sono stato dettagliato nel raccontarti
quanto mi ero proposto di dire, perché tu possa comprendere le condizioni e le usanze di queste
parti. Ma per adesso non parliamone più. Le benedissi con parole e con un tocco; e loro benedissero
me con allegri sorrisi. Entrambi fummo benedetti l’uno dall’altro. Ecco come si fa da noi. E lo
stesso possa valere per voi sulla terra. È meglio così che diversamente.
Quindi, mio diletto, per questa volta prendo congedo da te con la stessa benedizione e ti esonero
dal rendermi grazie per essa. Sappi che quando noi benediciamo è nostro Padre che benedice
tramite noi, e la Sua benedizione, passandoci attraverso, ci lascia qualcosa della sua grazia.
Ricordati anche questo, e stai certo che chi benedice suo fratello è benedetto lui stesso
nell’invocarla. †

Martedì 30 dicembre, 1913.


Riprendiamo dalla volta scorsa. Le donne erano davanti a me e io cercavo di capire per quale
motivo ero stato mandato fin qua, ma senza riuscirci. Poi mi rivolsi all’Angelico Signore per avere
lumi su questa faccenda, ed egli mi rispose chiaramente:
“Queste nostre sorelle, giunte qui assieme, hanno lavorato in gruppo all’unisono nelle tre sfere
precedenti. Nessuna di loro è andata avanti lasciando indietro le altre; ma se una progrediva più
velocemente rimaneva ad aiutare quelle leggermente in ritardo, e assieme sono avanzate di grado
finchè questo luogo non fu reso loro accessibile. Ora sono progredite al punto da meritarsi di
avanzare ulteriormente, se tu dovessi giudicarle idonee a tale passo. A tal fine esse attendono il tuo
saggio giudizio, perché sono venute a sapere che se accedessero troppo prematuramente al prossimo
cielo superiore, il loro progresso sarebbe ancora più rallentato”.
Dopo questa illuminante esposizione dei fatti, presi atto che anch’io venivo messo alla prova.
Questa circostanza mi era stata taciuta dal mio stesso Sovrano in modo che, senza alcun preavviso,
mi fossi trovato faccia a faccia col problema, e costretto a cimentare la mia intelligenza nella
soluzione del caso. Questo aumentò la mia gioia, perché è così che si usa fare in questi reami; e
quanto più difficile è il compito tanto più grande è il piacere, sapendo la fiducia che la nostra Guida
ripone in ciò che siamo capaci di fare, se lo vogliamo.
ZABDIEL METTE ALLA PROVA LE DONNE DEVOTE.
Così mi presi un po’ di tempo e pensai rapidamente, ed ecco come affrontai il caso. Erano in
tutto quindici, queste devote e amorevoli anime che avevano percorso la loro lunga strada assieme.
Perciò le divisi in tre gruppi, e le mandai in gruppi di cinque in zone diverse della Città. Ordinai di
portarmi un bambino, uno per ogni gruppo di cinque – e il fanciullo doveva ripetermi
l’insegnamento che loro erano tenute a impartirgli, sulla base di ciò che ritenevano più necessario
dovesse sapere.
Dopo poco tempo rientrarono, e con loro c’erano tre vivaci bambini, due maschietti e una
fanciulla. Va detto che rientrarono quasi assieme, ma non nello stesso momento. In base a questo
sapevo che non si erano incontrate lungo la strada, altrimenti si sarebbero coalizzate senza più
separarsi, dato che il loro amore reciproco era molto forte.
Così le invitai a portare i fanciulli davanti a me, e al primo bimbo chiesi: “Ora, piccolo, quale
insegnamento hai appreso da queste dame gentili?”. A ciò egli rispose molto educatamente: “Se lo
vuoi sapere, luminoso signore, sono arrivato qui senza conoscere la sfera terrena, creata da Dio,
perché mia madre abbandonò il mio spirito nel regno celeste prima di affidare il mio corpo alla
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terra. Queste sorelle gentildonne, incontrate lungo la strada, mi hanno istruito affinché io sappia che
la terra è la culla di queste sfere più splendenti. Sulla terra i fanciulli sono allevati attraverso un
continuo dondolio avanti e indietro, e non conoscono la pace come noi la conosciamo qui, fin
quando non lasciano la terra. Tuttavia anche la sfera terrena fa parte del Regno d’Amore di nostro
Padre, e noi dobbiamo pregare per i bambini che vengono dondolati senza premure, e anche per
coloro che li scuotono troppo duramente”.
E poi aggiunse, mostrandosi perplesso nel ricevere quest’ultimo precetto: “Però, mio signore,
questo noi lo facciamo sempre, perché fa parte delle lezioni pratiche che apprendiamo a scuola”.
Gli dissi che era certamente una lezione validissima, e avrebbe conferito autorità ad altre labbra
che non fossero quelle dei suoi insegnanti; e che era un bravo bambino per aver formulato così bene
la sua risposta.
Allora chiamai l’altro piccolo, che si avvicinò ai miei piedi, li toccò con la sua morbida manina
e alzando gli occhi mi guardò con grande dolcezza, dicendo: “Possa tu gradire di sapere, signore
dall’aspetto benevolo – ”. Ma a questo punto non fui capace di trattenermi. Mi abbassai, lo presi in
braccio e lo baciai versando lacrime di affettuosa gioia, mentre lui mi fissava con uno sguardo di
umile meraviglia e divertimento. Allora gli dissi di andare avanti, ma rispose che non avrebbe
potuto farlo in modo perfetto se non avessi acconsentito di rimetterlo sui gradini. Così feci,
restandone meravigliato, ed egli continuò.
Posò di nuovo la sua manina sul mio piede scoperto sotto la toga, e disse con molta solennità,
riprendendo esattamente il discorso da dove lo avevo interrotto bruscamente, “ – che i piedi di un
angelo sono splendidi alla vista e al tatto – alla vista, perché l’angelo è buono non solo nella mente
e nel cuore, ma anche nel modo in cui compie il servizio di nostro Padre; al tatto, perché egli
cammina sempre con passo leggero – leggero quando gli uomini sentono il peso del rimprovero per
le loro malefatte, leggero quando prende nelle sue braccia gli afflitti, per portarli in questi luminosi
reami di gioia e conforto. Noi saremo angeli un giorno, non più bambini, ma adulti forti e luminosi,
e pieni di saggezza. E allora dobbiamo ricordarci di questo, perché quel giorno qualcuno di grado
superiore manderà anche noi sulla terra a imparare e a insegnare; poiché là ci sono molti che
avranno bisogno del nostro aiuto, come non è stato per noi che siamo partiti troppo presto. Ecco
cosa mi hanno insegnato queste gentildonne, signor angelo, e io so che le loro parole sono vere da
quando ti ho visto qui”.
Ora, l’amore dei fanciulli è sempre dolcissimo per me e in un certo senso mi disarma, così
ammetto che abbassai la testa per un attimo, guardando nelle pieghe del mio abito, mentre il mio
cuore si elevava rapito da un’estasi quasi dolorosa. Allora li chiamai tutti e tre, ed essi vennero – e
molto volentieri dall’espressione dei volti, ma cautamente come traspariva dal loro passo – si
inginocchiarono di fianco alle mie gambe e la bambina davanti alle mie ginocchia. Li benedissi con
grande solennità e amore, baciai le loro delicate e ricciolute testoline piegate, poi feci sedere i
maschietti sui gradini accanto a me, e presi la bimba in grembo invitandola a raccontarmi la sua
storia.
“Possa–tu–gradire–di–sapere–signore”, iniziò, e scandì ogni parola separandola così
attentamente dalle altre, che risi di gusto; sapevo che aveva tralasciato di dire “gentile” o
“dall’aspetto gentile”, o altri aggettivi di riguardo, e temendo ulteriori disastri, presa dal suo pudore
infantile, voleva evitare d’incorrere in altre simili conseguenze.
“Giovane madamigella”, le dissi, “dimostri di essere più saggia rispetto ai tuoi anni e alla tua
statura, e a quanto pare un giorno diventerai una donna molto capace, e saprai governare bene in
qualunque posto sarai destinata”.
Ella mi guardò dubbiosa, poi si girò verso la comitiva dei presenti, che erano tutti divertiti da
questo dialogo insolito. Così, parlando dolcemente, la invitai a continuare. E anch’essa, come aveva
fatto l’ultimo bimbo, riprese da dove aveva lasciato, “che le ragazze sono madri divine che nutrono
gli agnelli del Signore con il loro cuore, ma non prima di essere cresciute in amore e saggezza, man
mano che i loro corpi crescono in statura e bellezza. Così dobbiamo ricordare sempre l’aspetto
materno che è in noi, perché il Padreterno lo ha infuso mentre dormivamo nel grembo di nostra
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madre, prima che il nostro angelo ci venisse a svegliare, portandoci in queste Dimore benedette. La
nostra maternità è sacrosanta per molte ragioni, ma la più importante di tutte è questa: il Salvatore,
Cristo nostro Signore (e nel dirlo si fece il segno della croce sul petto con le sue soffici manine e
con le dita intrecciate, s’inchinò molto rispettosamente, e subito continuò dicendo), era nato da una
donna che Egli amava e da lei era amato. Quando diventerò una donna verrò a sapere di quei bimbi
che pur avendo madri, anche se diverse da quelle che abbiamo noi qui, non conoscono il tenero
amore di mamme come le nostre. E allora mi sarà chiesto se desidero fare da mamma ad alcuni di
quei bimbi non nati da me, ma come me estremamente bisognosi di una madre. Quindi dovrò
mostrarmi sicura e forte, e rispondere: ‘Mandatemi lontano da questi cieli luminosi, nei luoghi più
bui, perché sono desiderosa di patire con loro, se casomai possa essere d’aiuto e sostegno a quei
poveri piccoli. Essi sono agnelli del nostro buon Pastore che li ama, e io li amerò per amor Suo e
per il loro bene”.
Ero molto commosso per queste tre risposte. E molto prima che i bambini avessero concluso,
avevo colto diversi punti che mi indicavano che queste donne dovevano procedere assieme nei cieli
superiori, dal momento che si erano mostrate meritevoli. Così alla fine diedi loro la seguente
risposta:
“Sorelle mie, avete fatto un buon lavoro; i vostri allievi si sono comportati bene grazie a voi.
Vedo inoltre che avete imparato la lezione che in tal caso doveva essere appresa, la quale vi servirà
nella prossima sfera di progresso. Mi sono anche reso conto che sarà bene per voi procedere
assieme come avete fatto finora perché, sebbene abbiate istruito ognuno di questi piccoli filosofi
separatamente dagli altri, la direzione delle loro risposte è la medesima – ovvero l’amore per coloro
che sono nella vita terrena, e il loro dovere verso gli abitanti della terra. Vedo che avete una tale
armonia di proposito che il vostro servizio sarà di maggiore utilità se resterete unite piuttosto che
divise”.
Allora le benedissi e le misi al corrente che dovevano venire con noi quando sarebbe stato il
momento di partire, entro breve tempo.
In quell’occasione non feci notare altri punti su cui istruirle, ma li trattenni per il viaggio di
ritorno che avremmo fatto assieme, allorché potevo esporli senza fretta. Uno dei punti era il
seguente: tanto perfetta era l’unione di queste quindici amorevoli anime che, nelle loro diverse
istruzioni ai bambini, si erano fissate su una sola fase del dovere e del servizio. Questi tre fanciulli
e, implicitamente, tutti quelli giunti qui perché nati morti, dovevano essere inviati ad aiutare i
bambini della terra, a prendersi cura di loro e proteggerli. Avevano completamente perso di vista
tutti gli altri molteplici doveri che vengono assegnati nei reami celesti; trascurando anche il fatto
che, tranne una piccola parte, i bambini arrivati qui nelle stesse condizioni di questi tre non vengono
mai mandati a svolgere una missione operativa sulla terra, perché la grande delicatezza della loro
natura li rende adatti a compiere meglio altre attività.
Ma non mi dilungherò oltre. Possa l’Amore e la benedizione di Dio giungere a te, ai tuoi agnelli
e ai loro cari. Credimi, fratello mio e allievo, chi vive nel Regno di Dio guarda con occhi benevoli
coloro che svolgono i loro sacri doveri con amore, perché così facendo si rendono ancora più idonei
a questo Reame di grande amore, allorché vi pervengono. Tenetelo a mente e siate felici che sia
così, e così agisca ogni padre e madre in mezzo a voi, nei limiti delle sue capacità. †

Mercoledì 31 dicembre, 1913.


LA COSTITUZIONE DELLA QUINTA SFERA.
Prima di procedere descriverò la Città in cui avvennero questi fatti, sapendo che la Quinta Sfera
si distingue per certe caratteristiche. La maggioranza delle sfere, se non tutte, ha una sola Città
Capitale, ma la Quinta ne possiede tre; e tre sono i Sommi Signori incaricati di governarle.
Il motivo della sua triplice sovranità sta nel fatto che la Sfera si trova a un’altezza tale che, una
volta raggiunta, deve essere compiuta una scelta rispetto allo specifico sentiero che è necessario
seguire da quel momento in poi. È una sorta di camera di smistamento, per così dire, in cui gli

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abitanti, nel corso del loro soggiorno, sono suddivisi e assegnati al gruppo più conforme a loro, e
vanno avanti nella speciale branca di servizio per la quale sono più adatti.
Ognuna delle tre Città confina con un vastissimo continente pianeggiante, e se una linea fosse
tracciata tra di loro formerebbe un triangolo equilatero. Di conseguenza, le grandi strade di ciascuna
Città si diramano come un ventaglio a partire dalla piazza principale, dov’è situato il Palazzo,
percorrono la Città e proseguono in linea retta attraverso la pianura. Queste strade fungono da
collegamento con le altre due Città Capitali e con le colonie sulla pianura. Al centro del triangolo
c’è un Tempio per il Culto e le Offerte, situato in un’ampia radura circolare in mezzo a una foresta.
Il Tempio è il punto in cui le strade trasversali mettono in comunicazione tutte le altre, e qui, in certi
periodi e stagioni, arrivano alcuni delegati delle tre Città e delle loro colonie, per celebrare assieme
il culto al Padreterno.
In decine di migliaia giungono da ogni parte della sfera, ed è uno spettacolo meraviglioso da
osservare. Arrivano in gruppi e si riuniscono nella radura, che è un’ampia prateria pianeggiante. Là
si mescolano assieme, e tutti i diversi colori di quella sfera, mischiandosi, creano uno scenario
splendido.
Più incantevole ancora è il senso di unità nella diversità. Certuni iniziano a progredire in una
direzione, taluni in un’altra; ma sopra e in mezzo a quella vasta adunata pulsa una sola nota vibrante
di profondo amore; e tutti sanno che questa resterà costante e, qualunque sia la loro futura
destinazione, può consentir loro di raggiungersi in qualsiasi parte si trovino nel grande dominio di
Dio, e per sempre. In tal modo non c’è alcuna sensazione di imminente separazione. Noi non
conosciamo niente del genere qui. Dove regna l’amore non trova posto ciò che voi sentite come
separazione, e il suo conseguente dolore. Persino sulla terra sarebbe così adesso, se l’umanità non
avesse commesso peccato deviando dal retto sentiero di sviluppo. Sarà difficile per gli uomini
riprendere quel sentiero in breve tempo; ma è possibile, perché la capacità di farlo permane, anche
se, tranne che in pochissimi, è assopita e latente.
NELLA SESTA SFERA.
Ora procediamo a raccontare la prossima tappa del mio viaggio, quando dovetti partire con la
mia compagnia allargata per raggiungere la Sesta Sfera, e là consegnare le donne al Capo di quel
regno.
Avevo spedito il messaggio del nostro arrivo dagli altopiani situati presso il confine della
Quinta Sfera, perciò, una volta giunti, ci venne incontro da una via della Città Capitale una comitiva
di benvenuto. Si avvicinarono e fra loro c’erano alcuni che conoscevano già queste donne, e
l’amicizia fu rinsaldata con immensa gioia e tante benedizioni.
Quando arrivammo nella città che sarebbe diventata per qualche tempo la loro dimora,
comparve un gruppo di cittadini in abiti luminosi, sia uomini che donne e qualche bambino.
Vennero verso di noi lungo il viottolo che stavamo percorrendo in quel momento.
Gli alberi che crescevano su entrambi i lati della strada formavano ogni tanto un pergolato, e
scegliendo uno di questi punti, la comitiva si fermò e attese il nostro arrivo. La scena era molto
simile a quelle che si vedono all’interno di certe cattedrali, con volte frondose costellate di gemme
luminose; e le persone sembravano il coro e la comunità dei fedeli.
Portavano ghirlande di fiori e fronde, e magnifici abiti e gioielli per le loro nuove sorelle. Con
questi furono abbigliate, e i loro abiti meno splendenti si dissolsero e svanirono di fronte alle nuove
vesti adatte alla Sfera in cui erano pervenute ora. Ognuna era circondata dai suoi amici, tutti felici di
accogliere ed essere accolte come a casa. Poi la comitiva si girò e cominciò a suonare una dolce
melodia a ritmo di marcia con strumenti a fiato, accompagnandola con un canto, mentre
c’incamminavamo verso la città. Gli abitanti della città affollavano le mura, le torri e le porte
d’ingresso, gridando saluti di benvenuto che aggiungevano gioia alla gioia già grande.
È così che vengono accolti gli iniziati, e quando si sono superate due o tre sfere, nessuno teme
più che la stranezza dei nuovi ambienti e delle facce possa nuocere al suo progresso; perché tutto è
amore, come anch’esse ben presto impareranno.

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L’INIZIAZIONE NEL SANTUARIO.
Superammo il cancello d’ingresso entrando in città e raggiungemmo il Santuario. Era un grande
edificio ovale dalle esatte proporzioni architettoniche. Il progetto del complesso rappresentava due
cerchi uniti. Uno simboleggiava l’amore, l’altro la conoscenza; e il loro fondersi sotto il torrione
centrale all’interno era molto gradevole e abilmente congegnato. Qui la luce non era mai ferma, ma
sempre mutevole, come nella Sala dei Pilastri che ho recentemente descritto. Solo che qui c’erano
due colori dominanti, il rosso-rosa e il viola con sfumature verdi e blu.
Le donne furono condotte dentro, dov’era riunita una fitta congregazione. Vennero quindi
accompagnate su una piattaforma rialzata al centro del Santuario, e vi rimasero per un po’. Allora i
custodi, assieme al loro capo, resero offerte di lode e, dopo che anche i devoti si erano uniti a questi
ultimi, una nube di foschia luminosa si addensò intorno a loro e alle donne iniziate, che in tal modo
vennero immerse nelle condizioni della loro nuova sfera. Infine la nube si allontanò e si librò in
alto, formando come una volta protettiva, ed esse si abbandonarono a un’estasi profonda e
silenziosa, contemplando la bellissima nube che s’innalzava e si allargava fino a coprire
completamente lo spazio sovrastante. Giunse poi un suono melodioso, come da lontano, eppure
all’interno dell’edificio. Era così dolce e delicato, ma anche pieno di potenza, che tutti sentimmo di
essere al cospetto della Presenza, e ci chinammo in adorazione sapendo che Egli è sempre vicino.
Pur dileguandosi quella musica rimase con noi, sembrava divenuta parte della nuvola di luce
sovrastante. E, in un modo che non sei ancora in grado di capire, questa è la realtà dei fatti.
Dopodiché quella nube di colore e melodioso amore discese lentamente su di noi, e fu assorbita dai
nostri corpi facendoci sentire un tutt’uno nella beatitudine dell’amore divino.
Non ci furono altre Manifestazioni che essi potessero vedere in quel momento. Ma io, in virtù
delle mie facoltà più allenate, vidi cose che andavano oltre le loro capacità, ed ero consapevole
degli Angeli che presenziavano non visti da loro; sapevo inoltre donde proveniva la voce e il tipo di
potere trasmesso nella benedizione. Tutti se ne andarono assieme felici e contenti, e le quindici
donne non meno degli altri.
Cosa hai fatto per tutto quel tempo, Zabdiel? Suppongo tu fossi il più alto in grado laggiù, non
è vero?
Non sarebbe bene parlare di me stesso, se non per dire che svolsi una felicissima opera di
servizio. L’interesse principale era rivolto al gruppo delle quindici donne. Della nostra sfera
eravamo io e i miei tre compagni, e non c’era nessun altro di una sfera superiore alla nostra. Con
noi furono tutti amichevoli, gentili e pieni di affetto; per questo provammo tantissima gioia.
Prima di consentire ai loro amici di condurle alle dimore cui erano destinate, quelle quindici
care donne sentivano il dovere di attardarsi ancora per tornare da noi a ringraziarci, esprimendoci
amorevoli parole di gratitudine. Noi le ricambiammo, promettendo che saremmo tornati entro breve
tempo per verificare il loro progresso, e dare forse qualche consiglio. Questo era il loro stesso
desiderio, in cui diedero anche prova di vera e propria saggezza. Infatti sono certo che sarà utile per
loro; e invero è un aiuto raramente concesso, poiché raramente viene richiesto.
Ecco la regola che vige da noi come da voi: “Chiedete e vi sarà dato”, Egli disse. Ti lascio con
queste parole, caro amico e fratello, riflettici sopra. Hai il mio amore e una buona parola di
benedizione.

Venerdì 2 gennaio, 1913.


IL RITORNO ALLA DECIMA SFERA.
Ora desidero che torni con la mente alla mia Sfera, perché ci sono fatti di cui vorrei parlarti.
Quanto più progrediamo nella conoscenza di Dio e dei modi con cui esprimere la Sua saggezza,
tanto più arriviamo a capire quanto semplici, e tuttavia complesse, siano le forze all’opera. È un
paradosso, ma è vero. La semplicità si riconosce nell’unità delle forze e nel principio in base al
quale vengono usate.

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Per esempio, ogni corrente di potere che ci giunge dal Padre Supremo per essere usata al Suo
servizio, viene rafforzata dall’amore, mentre un amore insufficiente indebolisce la corrente in
proporzione alla sua carenza. Coloro che sono giunti fino a questa sfera sono in grado di scorgere il
divenire delle cose, in virtù della saggezza che hanno acquisito e assimilato nella loro personalità.
Noi vediamo, mentre ci muoviamo verso l’Incomparabile Luce, che tutte le cose tendono a un solo
principio fondamentale, che è l’Amore. Vediamo come l’Amore sia all’origine di ogni cosa.
La complessità appare quando ci allontaniamo dalla Fonte centrale e procediamo verso
l’esterno. L’amore continua a scorrere, ma subisce un adattamento a causa della minore saggezza
presente nelle personalità che svolgono il servizio divino; ecco perchè non viene percepito così
chiaramente. Quando le vibrazioni di attività spirituale, emesse da innumerevoli agenti nell’ambito
dell’unico grande Piano, raggiungono gli universi di materia, il livello di complessità
dell’adattamento e della coordinazione si accresce notevolmente. Se allora persino sulla terra il Suo
Amore può essere percepito da quelli che a loro volta amano, quanto maggiore sarà il grado in cui
esso si manifesta a noi.
Tuttavia la saggezza che dobbiamo raggiungere, anche se più semplice in un certo senso, è per
altri versi molto più complicata, a causa delle regioni ben più vaste che dobbiamo contemplare.
Mentre procedi da una sfera all’altra, incontri individui la cui responsabilità concerne sistemi
sempre più ampi di pianeti, soli e costellazioni. È costoro che devi consultare, e da loro devi
apprendere in modo sempre più profondo ciò che riguarda la costituzione dei vastissimi reami del
Padre, i figli di quei reami, e i rapporti reciproci tra Lui e loro.
Capirai allora che facciamo bene ad essere prudenti nel nostro cammino di crescita, così da
ottenere una comprensione accurata, gradino dopo gradino, perché i doveri che ci vengono
assegnati conducono a effetti ogni volta più vasti, e le conseguenze delle nostre azioni e decisioni
sono più serie e rilevanti, essendo noi responsabili di sempre maggiori estensioni di spazio e dei
loro abitanti.
Tuttavia nei messaggi che ti ho impartito mi occupo solo del vostro pianeta, dato che il tempo
non è ancora maturo per comunicare una conoscenza profonda come quella. Ora, io e i miei
compagni ci occupiamo di aiutare le persone della terra a conseguire una saggezza superiore nel
loro dovere di amarsi l’un l’altro e di amare tutti Dio. Fa parte della nostra missione sostenere
coloro che, con amore e umiltà, sono disposti a lavorare con noi – che siamo da questo lato del Velo
– e con te sulla terra, che rappresenti le nostre mani, i nostri occhi e orecchi, e provvedi le parole
che la nostra bocca pronuncia, con l’aiuto che noi ti forniamo, affinché gli uomini possano
conoscere se stessi come Dio li ha fatti, potenzialmente gloriosi e, per la stagione del loro soggiorno
terreno, costretti a faticare in un mondo dove la luce è stata offuscata.
Ora, a proposito di quanto ho detto, lascia che ti racconti alcune cose.
IL TEMPIO DELLA MONTAGNA SACRA.
Sopra un’ampia pianura della Decima Sfera si erge un’altissima montagna che svetta
perpendicolare alla prateria e domina gli altri monti, come un sovrano sul trono circondato dai suoi
cortigiani. Osservando dalla pianura il ripido sentiero che porta in cima, si scorgono ogni tanto degli
edifici. Alcuni sono templi aperti su ogni lato; altri santuari per le offerte di culto, e sulla vetta si
trova il Tempio che sovrasta tutto, e amministra e guida ogni cosa. Da questo Tempio, in certe
occasioni, sono offerte Manifestazioni della Presenza alle moltitudini raccolte nella pianura
sottostante.
È lo stesso Tempio di cui mi hai parlato prima?
No. Quello era il Tempio della Città Capitale. Questo è il Tempio della Montagna Sacra. È di
livello superiore e il suo ufficio è diverso. È collocato qui non tanto per celebrare riti all’interno, ma
per innalzare, rafforzare e istruire i devoti che si radunano sulla pianura. Ci sono guardiani e
officianti che prestano culto nel Tempio, ma sono di rango molto elevato, e pochi si uniscono a loro
e non prima di essere progrediti di qualche sfera superiore, per poi tornare a compiere una certa
missione nella Decima.

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È una Colonia di Potenti che sono avanzati individualmente oltre la Decima, ma di tanto in tanto
vengono a visitare questo Alto Luogo per missioni di soccorso e per esprimere giudizi di merito.
Alcuni di loro sono sempre presenti nel Tempio, che non viene mai lasciato senza personale. Io
comunque non sono ancora stato al suo interno, né lo farò fin quando non avrò raggiunto il potere e
la sublimità più elevata delle sfere successive.
Un giorno sulla pianura si era raccolto un grandissimo numero di persone, convocate da tutte le
parti di questa vasta Sfera. Da circa mezzo miglio – come diresti tu – dalla base della montagna
avevano occupato l’intero territorio fino a grande distanza, un gruppo dopo l’altro, tanto da
somigliare a un mare di fiori in lieve movimento, e i gioielli del loro Ordine brillavano a ogni
mossa, e i loro abiti di svariate tinte luccicavano costantemente passando da una combinazione di
colori all’altra. In alto sulla Montagna Sacra si ergeva il Tempio e ogni tanto tutti gli rivolgevano lo
sguardo con sentimento di aspettativa.
Ben presto sulla volta del Tempio apparve una compagnia di uomini, e dallo splendore dei loro
abiti capimmo che erano di rango elevato. Erano fermi sul Colonnato, sopra il Portale principale,
quando uno di loro sollevò le mani e benedì la moltitudine in basso. Ogni parola che pronunciava
squillava ed era chiaramente udita anche dai gruppi lontani. I più distanti udirono e videro con la
stessa facilità delle comitive più vicine. Allora egli rivelò lo scopo del loro raduno. Era dovuto al
fatto che certuni potevano essere condotti al loro cospetto, e ben presto sarebbe stato possibile farli
avanzare nell’Undicesima Sfera, visto che il loro progresso era stato giudicato valido a farli
procedere sicuri su quella via superiore.
Ora, nessuno di noi sapeva chi erano i nuovi iniziati – se egli stesso o il suo vicino. Questo non
fu detto. Così, in una sorta di silenzio, attendemmo di vedere il seguito che doveva accadere. Intanto
la compagnia sul Tempio restava silenziosa.
IL RE DEI RE.
Poi dal Portale del Tempio si fece avanti un Uomo, con una semplice veste bianca, ma radiosa e
di grande incanto. Sulla testa portava un diadema d’oro, e dorati erano i sandali che calzava ai piedi.
Attorno alla vita aveva una fascia rossa che brillava e spandeva raggi cremisi mentre avanzava.
Nella mano destra reggeva un calice d’oro. La mano sinistra era appoggiata sulla fascia vicino al
cuore. Lo riconoscemmo all’istante, il Figlio dell’Uomo, perché nessuno è come Lui che, in
qualunque Forma o Manifestazione appaia, combina sempre perfettamente due forze in Se Stesso:
Amore e Regalità. C’è sempre semplicità nella Sua grandezza, e regalità nella Sua semplicità.
Queste forze le senti venire dentro di te e unirsi alla tua stessa vita ogni volta che Egli si manifesta,
come ora. E quando la Manifestazione è finita, la benedizione ricevuta non si allontana, ma rimane
parte di te per sempre.
Egli se ne stava là pieno di bellezza e dolcezza che mi mancano le parole per descriverle –
dolcezza e grazia, con una sfumatura di compassione pronta al sacrificio, che si aggiungeva alla
gioiosa solennità del Suo volto. Quel volto sembrava sorridere, anche se in realtà Egli non rideva. E
in quel sorriso scendevano lacrime, non di dolore ma di gioia: gioia di donare Se Stesso agli altri,
con amore. L’insieme del Suo aspetto, e ciò che la Sua figura esprimeva, era una combinazione così
molteplice di poteri e grazia da renderLo Unico rispetto agli altri presenti lassù, e Lo innalzavano al
di sopra di tutti come un Re.
Aveva lo sguardo fisso, non verso di noi ma più lontano, verso un reame dove non potevamo
seguirlo. Mentre era così assorto, uscì dal Tempio una numerosa compagnia di servitori, sia uomini
che donne, la cui sublimità traspariva dalla delicatezza dei loro volti e delle forme.
Notai una cosa, che ti dirò come meglio posso. Ognuno di quegli spiriti benedetti aveva una
natura potente e ben definita impressa nel suo contegno, nell’andatura e nei gesti. Ma neppure due
avevano le stesse virtù in parti uguali e nella medesima combinazione. Erano tutti Angeli di ordine
e autorità elevatissimi, ma ognuno con una propria distinta personalità, e non ce n’erano due che si
somigliassero.
Intanto che Egli era fermo là, alcuni di loro si disposero ai Suoi fianchi, altri sotto la sporgenza
davanti a Lui. Quindi notai che nel volto e nella forma di Lui erano riunite, in un delicato e
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armonioso connubio, le bellezze, le qualità e i poteri di tutti gli altri. In Lui potevi osservare ogni
loro distinta qualità, ma tutte mescolate assieme. Sì, Egli era davvero Impareggiabile, e tale Unicità
conferiva ulteriore magnificenza al Suo aspetto.
Ora pensa a questa scena, e se domani trovi la possibilità di stare in mia compagnia, continuerò
a parlartene. Benedizione, gloria e bellezza sono dove Egli è, caro amico e allievo, come ho potuto
constatare non una o due volte, ma nel corso d’innumerevoli occasioni da quando ho lasciato la vita
terrena. Benedizione Egli reca e lascia ai Suoi fratelli. Gloria Lo circonda e Lo unisce al Trono nei
Luoghi Alti dei Cieli divini. Bellezza Lo ammanta come una veste di luce.
Egli è con voi come è con noi. E scende, non in senso simbolico ma di fatto, fino al semioscuro
piano terreno, portandovi Benedizione, Gloria e Bellezza. Ma esse passano inosservate laggiù,
tranne che in misura limitata e da parte di pochi – e non vengono viste sia per l’oscura nube di male
che vediamo avvolgere il mondo, sia per la mancanza di fede e convinzione nel cercarle. Ma
ciononostante Egli è con voi. ApriteGli il vostro cuore e, come noi, riceverete ciò che vi porta in
dono. †

Sabato 3 gennaio, 1914.


IL POTERE E LA GLORIA.
Rimase ancora un po’ assorto in silenzio, immobile e avvolto da un’assoluta bellezza, a
contemplare. Nel frattempo la folla dei luminosi che Lo circondavano cominciò a muoversi.
Lentamente, senza alcuna fretta, si levarono nell’aria e presero a delinearsi fino ad assumere la
forma di un ovale di luce attorno a Lui. Quelli dietro erano più in alto della Sua testa, quelli di
fronte più in basso dei Suoi piedi. Così fu creata una cornice e, appena prese forma, la loro
lucentezza aumentò al punto che solo debolmente riuscimmo a discernere le figure a causa del
glorioso fulgore che emanavano. Splendevano di luce dorata attorno a Lui, ma Egli sfolgorava e
irradiava più di tutti. Poco dopo si disposero al Suo fianco, e davanti ai Suoi piedi non c’era un arco
di luce: si era prodotta una breccia e l’ovale non era più intero, ma aperto nella parte inferiore.
Allora si mosse. Allungò il braccio sinistro e distese la mano verso di noi a benedirci. Con la
mano destra inclinò il calice nella nostra direzione, e dal suo interno fuoriuscì un sottile flusso di
luce iridescente che si riversò sulla roccia davanti a Lui, e fluì in basso lungo il fronte della
montagna che dava sulla pianura. Man mano che scorreva aumentava il suo volume, finchè
cominciò a ricoprire la pianura venendo verso di noi, in continua espansione. Fummo raggiunti da
un immenso fiume di luce, in cui si vedevano tutte le sfumature dei colori, dal viola scuro al lilla
pallido, dal rosso intenso al rosa tenue, dal bruno-arancione all’oro, e di tanto in tanto si
mescolavano dando vita a ruscelli di tinta verde o altri colori composti.
Quel flusso si muoveva in mezzo a noi, che eravamo pieni di meraviglia davanti a quel prodigio
e alla sua bellezza. Continuò a propagarsi finchè non ebbe ricoperto l’intero territorio su cui era
ferma quella vasta moltitudine. Eppure le persone non erano immerse in un lago liquido: esso non
superava i loro piedi, ma formò un mare sotto di loro, e loro vi erano sopra. L’occhio non poteva
penetrarlo e vedere la prateria sopra cui riposava come su un fondale marino. Il suolo erboso
sembrava nascosto in gran profondità sotto quel mare di cristallo liquido dai colori dell’arcobaleno,
e su quel mare eravamo fermi come sopra un terreno solido. Ma tutto era in movimento, con piccole
onde fluenti qua e là: rivoletti di colore rosso, blu e di altri colori, scorrevano in ogni dove sotto i
nostri piedi, creando un effetto molto curioso e piacevolissimo da osservare.
Ben presto si notò che il mare colorato non si comportava con ciascuno allo stesso modo. Uno
qui, un altro là a poca distanza, e ciò verificandosi ovunque nella moltitudine, divennero coscienti di
un cambiamento in loro, che li indusse a farsi silenziosi e a raccogliersi in profonda meditazione.
Tale cambiamento diventò presto evidente anche ai loro compagni più vicini. Ecco quanto videro
questi ultimi: il flusso di luce attorno a colui che subiva il cambiamento mutò rapidamente in giallo-
oro, ricoprendolo prima fino alle caviglie, poi, salendo come un pilastro di cristallo liquido
interamente radioso, bagnò le sue ginocchia risalendo ancora fino a quando fu circondato da una
colonna di luce e avvolto da uno splendore dorato. Allora sulla testa, al posto del gioiello o
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diadema, o qualunque altra cosa fosse, apparvero undici stelle. Anch’esse erano d’oro, ma
brillavano più intensamente del flusso che lo attorniava, come se questo si fosse condensato in
undici soli diventati gioielli per incoronare l’eletto. Quella fascia di stelle si posò sul loro capo
appena sopra la fronte, abbracciando la testa e passando dietro le orecchie. Così indossata
risplendeva donando maggiore bellezza a chi la portava, per via della luce che sembrava invadere il
suo viso e tutto il corpo, elevandolo al di sopra dei suoi compagni.
Allora il Figlio dell’Uomo raddrizzò il calice, e il flusso cessò di scendere. La roccia diventò
un’altra volta visibile, dove prima era nascosta dal fiume di luce in caduta. Ben presto anche l’erba
della pianura cominciò a vedersi nuovamente, l’intero mare di colori si disperse, e ci ritrovammo
sulla pianura esattamente come prima dell’evento.
Rimasero là anche quelli avvolti di luce, che ora non lo erano più. Tuttavia erano cambiati per
sempre, e non sarebbero stati mai più come prima. I loro volti avevano assunto un aspetto più
etereo, e lo stesso valeva per i corpi; gli abiti apparivano più luminosi rispetto a quelli dei
compagni, e avevano cambiato colore. Anche le undici stelle rimasero a coronarli di luce. Ma la
colonna radiosa era sparita.
Poi un altro uomo uscì dal Tempio della Montagna Sacra e, con voce possente ma piena di
dolcezza, gridò a coloro che portavano le stelle di uscire dalla folla e di fermarsi dinanzi al Monte
della Benedizione. Così essi si fecero avanti, e io ero fra loro – essendo uno dei chiamati. Sostammo
ai piedi della Montagna, al cospetto di Colui che era in alto davanti al Tempio.
Da lassù Egli ci rivolse queste parole: “Vi siete comportati bene, figli miei amatissimi, nel
compiere i doveri che vi sono stati assegnati. Non avete servito il Padre e Me alla perfezione, ma
avete svolto il lavoro al massimo delle vostre capacità. Io non vi chiedo altro che continuare in
questo modo nella sfera di servizio più vasta a cui ora vi chiamo. Venite da Me, Miei amati, e Io vi
mostrerò il sentiero verso quel cielo superiore dove vi attendono le vostre dimore pronte ad
accogliervi, e dove troverete molti amici a darvi il benvenuto. Venite da Me”.
Allora davanti a noi si sollevò un’ampia scalinata la cui estremità inferiore poggiava sulla
pianura appena di fronte a noi, e la parte superiore arrivava fino ai Suoi piedi, sulla vetta della
Montagna. Così salimmo quella lunga fila di gradini, ed eravamo molte migliaia. Quando fummo
abbastanza alti sulla pianura mi voltai indietro, e con un gesto della mano rivolsi un affettuoso
saluto d’addio al mio gruppo di compagni rimasti a guardarci in mezzo alla moltitudine laggiù, che
non sembrava affatto diminuita rispetto alla folla venuta all’incontro, tanto grande era
quell’adunata.
Quando raggiungemmo il basamento davanti al Tempio, Egli rivolse benevoli parole
d’incoraggiamento e benedizione alla gente sulla pianura. E se alcuni erano dispiaciuti per non
essere stati chiamati, sui loro volti non appariva alcun segno di delusione allorché li guardai. In
presenza di nostro Signore e Salvatore nessuno poteva rammaricarsi, ma solo gioire per il Suo
grande amore e la benedizione della Sua Presenza.
Poi, dalla sommità della gradinata dove ora eravamo, discesero alcuni angeli quasi fino alla sua
metà. E assieme levarono un inno di Ringraziamento, lodando la Gloria di Dio nell’Alto dei Cieli.
Sulla pianura la moltitudine rispose alternandosi ai coristi sui gradini. Infine questi scesero più giù e
conclusero la lode, quindi risalirono e ci raggiunsero. Ora la lunga scalinata era svanita – come non
lo so. Non si vedeva più. Egli alzò le mani e li benedisse, e loro rimasero in silenzio con le teste
abbassate. Poi si voltò indietro entrando nel Tempio, e noi Lo seguimmo.
IL SALUTO D’ADDIO DI ZABDIEL.
E ora, caro amico e fratello, ti dico addio, ma non è un distacco definitivo perché io sarò sempre
con te per darti aiuto, ascolto e consiglio, mio diletto. Pensami sempre al tuo fianco, e benché la mia
vera casa sia lontana, per come gli uomini misurano il vicino e il lontano, tuttavia, in un modo che
noi sappiamo fare, io resto sempre accanto a te, in contatto con te, coi tuoi pensieri, con ciò che
desideri e ciò che fai. Poiché di queste cose, di tanto in tanto, devo riferire per il tuo bene.
Perciò, se in qualche modo sono stato per te un amico e un aiuto, ricordami in questo, affinché
riesaminando il mio operato possa gioire di te, come tu, se sei fedele, gioirai di te stesso. Ricorda gli
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Angeli delle Sette Chiese, e comportati bene con me, mio caro allievo. Rammenta inoltre che un
giorno anche tu, come io adesso, avrai un alunno da badare, da guidare, sorvegliare e aiutare, e sarai
responsabile della sua vita e di come la impiega.
E ora la mia benedizione. Può darsi che troverò i mezzi e avrò il permesso di parlarti ancora
come ho fatto in questi messaggi. Forse nello stesso modo, forse in altri modi persino più semplici.
Non so dirlo. Molto dipende da te. Ma qualunque cosa accada, sii forte e paziente, amorevole e
semplice, e serba l’umiltà e la devozione.
Dio ti benedica, mio amato allievo. Non vorrei finisse qui. Ma così dev’essere.
Ricorda che io sono sempre con te, nel Servizio e nel Nome del Maestro. Amen. †

ZABDIEL.

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