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CHIRURGIA D’URGENZA

vittorio.bresadola@uniud.it
13.11.18
Chirurgia d’urgenza
 Si opera in regime d’urgenza o emergenza
 Area d’emergenza ma anche reparto
 Flussi diagnostici abbreviati
 Atto terapeutico chirurgico anche diagnostico
Urgenza = situazione che necessita di un trattamento rapido ma anche demandabile a qualche ora, trattamento
chirurgico nel minor tempo possibile. Es. occlusione intestinale
Emergenza = situazione in cui c’è rischio di vita per il paziente. Rottura di un aneurisma ad esempio, il pz va
direttamente in SO, tutto ciò che è un trauma (parenchima, danno al fegato.

Quando si parla di “chirurgia d’urgenza” si intende sia una situazione da Pronto Soccorso, ma anche un caso di
elezione che successivamente assume le caratteristiche di urgenza/emergenza per rapido deterioramento del
quadro clinico in questione. In quest’ultimo contesto la difficoltà gestionale/organizzativa del personale
infermieristico è accresciuta dalla concomitanza di una situazione di elezione e di urgenza. L’urgenza abbisogna di
flussi diagnostici abbreviati. Si tratta di situazioni simili all’elezione che vengono però gestiti in tempi ristretti. Ad
esempio non si esegue la colonscopia in urgenza. Spesso in regime di urgenza si eseguono esami più sofisticati
come la TAC. In regime di elezione il paziente va in sala operatoria solo con la diagnosi seguendo un progetto
terapeutico; altresì il paziente che arriva in sala in regime di urgenza avrà la diagnosi durante l’intervento
(diagnosi e terapia si sovrappongono in regime di urgenza in sala operatoria).

Trauma
La gestione del trauma possiede molteplici variabili, ad esempio logistiche: infatti Udine avrà una gestione
differente da Sassari. Questo perché la rete dell’emergenza non è uniforme a livello nazionale. Altre differenze nel
percorso assistenziale possono riguardare tempi, modi e caratteristiche dell’intervento.

Il punto di vista del chirurgo:


 La gestione del trauma: considerazione sulla rete d’emergenza
 Caratteristiche generali del percorso assistenziale
 Il trauma addominale
Fonti (esistono pochi documenti al riguardo):
 Ministero della sanità. Piano Sanitario 2003-2005.
 G.U. 114. 17 maggio 1996. Approvazione linee guida sul sistema di emergenza sanitaria.
 Piano sanitario FVG 2002 – 2004
 ATLS manuale del corso 2005
 Atti Congresso Trauma Center – Udine 20081

Il trauma rappresenta la terza causa di morte, la prima nella popolazione sotto i 40 anni. Gli incidenti
automobilistici causano il 70% delle lesioni e dei decessi per trauma (39 paesi monitorizzati). I decessi da arma da
fuoco rappresentano un problema per un numero ridotto di paesi (Stati Uniti, Norvegia, Israele, Francia). Le
variabili che entrano in giuoco nella gestione del trauma sono:
 Organizzazione della rete di assistenza sul territorio
 Organizzazione dell’unità di Area d’Emergenza
 Tipologia di ospedale (per differenze strutturali, di caratteristiche e di organizzazione): avere o meno
l’elisoccorso fa la differenza.

Piano sanitario nazionale 2003 – 2005 (si tratta degli ultimi obiettivi riscontrabili in letteratura)
Obiettivo 2.7 – Potenziamento dei servizi d’urgenza ed emergenza:
 Riorganizzazione strutturale del PS e DEA2
 Integrazione del territorio con l’ospedale
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 Integrazione della rete delle alte specialità nell’ambito dell’emergenza per la gestione del malato critico e
politraumatizzato
Il sistema emergenza – urgenza in Italia fa riferimento alla seguente letteratura:
 Linee guida (DPR 1996): indicazione sui requisiti organizzativi e funzionali della rete dell’emergenza.
Il sistema sanitario per l’emergenza – urgenza è costituto da:
 Un sistema di allarme sanitario, dotato di numero telefonico di accesso breve e universale in
collegamento con le centrali operative (118, numero valido a livello nazionale)
 Un sistema territoriale di soccorso
 Una rete di servizi e presidi ospedalieri, funzionalmente differenziati e gerarchicamente organizzati

Le modalità di risposta del sistema si articolano su quattro livelli di operatività:


Punti di primo intervento (funzioni minori, ad esempio la guardia medica); Pronto soccorso ospedalieri
(accettazione di urgenze differibili o indifferibili per la fase di stabilizzazione); Dipartimenti di emergenza, urgenza
ed accettazione – DEA – di primo livello (deve garantire interventi diagnostici – terapeutici in ambito medico, di
chirurgia generale, ortopedia, traumatologia, cardiologia);

Generalità
Quando si muore di trauma? Le punte più alte di mortalità per trauma avvengono con tre picchi distinti (Trunkey
1980) che vanno dalle prime ore a distanza di giorni per sepsi. Spesso capita sotto osservazione del personale
sanitario. La correttezza del trattamento è quindi determinante per ridurre le complicanze tardive. Vediamo i tre
punti di andamento della mortalità in un trauma nella tabella che segue che indaga anche le cause della morte e i
punti di criticità.

PICCO DI MORTALITÀ CAUSE CRITICITÀ

Nel
secondo e nel terzo caso si può intervenire per migliorare la qualità dell’assistenza. Il terzo picco di mortalità, in
particolare, è un indicatore della non elevata qualità di un trattamento.

Il paziente traumatizzato
La gestione del paziente traumatizzato passa attraverso due momenti conseguenti:
1. Valutazione e rianimazione extraospedaliera
2. Gestione intraospedaliera nel dipartimento di Urgenza

Trauma system, cioè centralizzazione del trauma significa avere a disposizione:


 Trauma center
 Trauma team (personale addestrato)
 Trauma registry (sarebbe bene averlo per indagini statistiche sulla qualità dell’assistenza erogata)

In Friuli Venezia Giulia il trauma system prevede che la


gestione pre – ospedaliera del trauma ruoti attraverso il
sistema funzionale 118 (ambulanze/elisoccorso). Il 118
definisce la complessità dell’evento, attiva e governa
l’intervento, gestisce la centralizzazione del paziente
(appena il paziente è centralizzato è importante che tutto il
team sia già pronto ad attenderlo). La tabella a destra indica
che l’organizzazione appena descritta ha funzionato bene,
visto che i corretti pazienti sono stati centralizzati alle
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corrette strutture tenendo conto di quanto detto finora. Il divario Udine – Trieste riscontrabile dai dati è
giustificato dal fatto che a Trieste ci sono problemi di bora che impediscono l’utilizzo dell’elisoccorso in diverse
situazioni.

Trauma: gestione extra – ospedaliera


Il team extra – ospedaliero presente sulla scena del trauma si occupa dei punti seguenti:
 Controllo della scena
 Osservazione clinica primaria
 Osservazione clinica secondaria (eventuale, si può fare in ospedale)
 Trasporto del traumatizzato
 Allertamento del Trauma Team intra – ospedaliero
 Consegna del paziente al Trauma Team intra – ospedaliero

Il primo soccorso al politraumatizzato si esplica secondo i due punti seguenti:


Fase di sorveglianza primaria: si limita alla localizzazione delle ecchimosi, abrasioni e ferite penetranti con le loro
caratteristiche, andiamo a fare un esame obbiettivo generale del pz il solito ABC fondamentali più DE.
Fase di sorveglianza secondaria: (concluse le manovre salva vita) è un esame obiettivo accurato.
La valutazione obiettiva del paziente deve seguire questo ordine rigoroso (ABCDE) e assolutamente non casuale:
1. Airway
2. Breathing
3. Circulation
4. Disability
5. Exposure

Il tipo di assistenza è correlato alle abilità degli operatori (BLS < ALS). In Friuli c’è il team medicalizzato (c’è la
presenza di un rianimatore), in altre regioni non è detto.

Pervietà vie aeree (Airway) e protezione della colonna


Si tratta del primo step in caso di trauma. Le cause di un’ostruzione possono essere:
Alterazione del livello di coscienza con caduta della lingua, traumi oro – facciali con inalazione di sangue, lesione o
frattura della faringe, ostruzione da corpi estranei, edema della glottide.
Ciò che il personale addetto alla fase di rianimazione può mettere in atto in questi casi è:
Aspirazione secreti e rimozione corpi estranei, intubazione endotracheale, accesso alle vie respiratorie superiori
(cannule orotracheali o rinotracheali).

Attività respiratoria (Breathing)


È il II livello. Si tratta di lesioni traumatiche della parete toracica con grave compromissione della ventilazione,
degli scambi gassosi alveolari, le cui cause possono essere:
 Pneumotorace iperteso: si distende il polmone abbiamo un ridotto ritorno di sangue e una ridotta gittata
cardiaca
 Pneumotorace aperto
 Lembo toracico
 Emotorace
Tutto ciò può sfociare in insufficienza respiratoria acuta e/o insufficienza cardiocircolatoria.

Circolo (Circulation)
Ipoperfusione da riduzione del volume circolante o da difetto di pompa cardiaca che può portare rapidamente ad
uno stato di shock. Bisogna valutare i punti seguenti:
 Entità
 Sede/i

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 Sanguinamento attivo?
Sangue visibile: riferito, indumenti, medicazione. Tipo di lesione sospettata: frattura femore (1 – 2 L), frattura
costale (125 ML), fratture pelviche. Nei traumi chiusi c’è il rischio di sottostimare la perdita. La frattura femorale è
una situazione grave in cui può esserci una copiosa emorragia. L’emoperitoneo è una situazione difficile da
individuare perché ad esempio il paziente non manifesta ipotensione.

Rivalutazione completa
In caso di stabilizzazione del pz si può procedere ad una valutazione diagnostica più specifica, prima di fare una
analisi radiografica.

Tipologia del trauma


1. Trauma chiuso: non vi è evidenza di penetrazioni o soluzioni di continuo sulla cute. Il trauma chiuso accade nel
70% dei casi.
2. Trauma aperto: è evidente la lesione cutanea con sospetta o accertata comunicazione con la cavità
addominale/toracica. È il caso più raro.
Ciò che accade nel trauma chiuso si può sintetizzare in due azioni: Azione diretta, l’onda d’urto viene trasmessa
direttamente sull’organo provocandone la lesione. Da contraccolpo: l’onda d’urto sposta il viscere facendolo
urtare contro le strutture rigide che provocano la lesione delle strutture di ancoraggio. È il caso tipico del veicolo
incidentato, che colpisce ad esempio il fegato o la trachea con conseguente rottura dei legamenti di sostegno.
Una rottura del mesentere, che contiene molti vasi, può aggravarsi con un sanguinamento. I tipi di agenti nel
trauma aperto sono:
 A bassa velocità (è più facile ipotizzare il danno) o coltelli – lame, è facile evidenziare il tragitto
dell’agente e le lesioni provocate o danni meno gravi e prevedibili
 Ad alta velocità (è più difficile ipotizzare l’entità del danno), proiettili – schegge o tragitto variabile per
postura ed urto con strutture rigide (ad esempio ossa) o danni gravi ed imprevedibili

Ad un accoltellato è meglio non togliere l’arma bianca. Nei proiettili non sempre c’è il foro di uscita perché il
proiettile può colpire strutture ossee nel corpo e cambiare successivamente direzione. Chi arriva sul posto del
trauma (team extra ospedaliero) raccoglie dei dati utilizzando alcuni score dei molti esistenti. Si cerca di capire la
dinamica dell’incidente per capire se il trauma è di tipo maggiore o minore. Esemplificativi sono i parametri
considerati nei due tipi di score analizzati qui sotto.

Spesso si usa solo il Glasgow Coma Scale (di


tipo rianimatorio). Esiste anche il codice
colore per definire la gravità della
condizione, lo vediamo a destra.

Dipartimenti di emergenza, urgenza ed accettazione – DEA (Dipartimento di Emergenza e Accettazione. Il DEA


deve essere ben integrato con il territorio per consentire un trattamento tempestivo) – di secondo livello (alta
qualificazione da intendere come presenza di unità di cardiochirurgia, neurochirurgia, TI neonatale, chirurgia
vascolare, toracica, radiologia interventistica, centro trapianti). Per quanto riguarda i traumi maggiori, l’incidenza
probabilistica è di 500 casi/anno per milione di persone. Per una corretta gestione si necessita di almeno un DEA
2° livello e due DEA di 1° livello. La chirurgia facente riferimento ad un DEA di II livello diventa “chirurgia

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specialistica”, dotata eventualmente anche di un centro trapianti. Il DEA di II livello può essere organizzato in due
modi:
Modello inclusivo (di fronte al problema si costituisce il trauma team; è la situazione presente ad esempio ad
Udine). Modello esclusivo (esiste una struttura organizzata per i traumi, che in America si chiama trauma center,
che è completamente attrezzata all’arrivo del paziente per ogni tipo di urgenza – emergenza con sale, strutture
dedicate, diagnostica, ecc… 24 ore su 24; questo sarebbe il modello a cui tendere). Ovviamente il modello
esclusivo dà una risposta migliore, soprattutto nel trauma maggiore. Un accreditamento all’eccellenza dovrebbe
essere fatto anche al settore dell’emergenza. Piano Sanitario FVG. Per quanto riguarda il Piano Sanitario in FVG, le
criticità del sistema dell’emergenza sono:

Assistenza non uniforme sul territorio e nelle 24 ore (in FVG si è notata una differenza nell’assistenza durante
l’arco delle 24 ore; ad esempio di notte l’elicottero non può decollare). Carenza di “sistema”; Necessità di
accreditamento del sistema su standard europei
Gli obiettivi del Piano sono:
Uniformità di erogazione del livello assistenziale; Perseguire maggiore strutturazione ed integrazione del sistema
a livello regionale.
La riqualificazione dell’assistenza prevede:
Riorganizzazione della rete regionale; Formazione continua del personale dedicato (DEA); Stesura di protocolli e
linee guida a standard internazionale. Da uno studio risulta che il rischio di morte è significativamente più basso
quando l’assistenza è erogata in un trauma center rispetto ad un non – trauma center.

Consegna tra i due team (extra ed intra ospedalieri)


Condizioni del paziente attuali e alla prima osservazione (anche durante il transfert)
 Parametri vitali
 Stato di coscienza
 Dinamica dell’incidente

In ospedale deve esserci un rianimatore più altro personale ad attendere il paziente traumatizzato. Il team intra –
ospedaliero è composto dalle figure seguenti (in viola le figure indispensabili):
 Rianimatore = medico (trauma leader) più infermiere
 Chirurgo d’urgenza (in USA è lui il trauma leader)
 Radiologo
 Biochimico (laboratorio allertato)
 Ortopedico
 Neurochirurgo
 Altri

Questo trauma team è presente nel Friuli Venezia Giulia, ma è una condizione nazionale. In situazioni di urgenza –
emergenza c’è una sequenza di priorità a cui attenersi:
Stabilizzare il paziente (o mantenerlo stabile); Fare una diagnosi; Decidere la priorità terapeutica
Questo si può fare utilizzando specifici protocolli al riguardo o linee guida preparate per l’argomento urgenza –
emergenza. Questo aspetto è fondamentale per garantire una maggiore agilità nel processo ottenendo un miglior
outcome per il paziente. Nel politrauma la diagnosi discrimina la priorità di interventi.

Paziente “stabile”
Il paziente “stabile” deve essere sempre monitorato in maniera continua, in particolare fino a che non si sia fatta
una diagnosi certa. Questo è maggiormente vero in caso di pazienti provenienti da incidenti gravi (trauma
maggiore). La monitorizzazione deve essere fatta per scongiurare le situazioni seguenti: Attivazione difesa
(compenso) cardiocircolatoria (vasocostrizione periferica), rottura in due tempi di organi parenchimatosi,
ematoma “emostatico” (o pseudoaneurisma), emostasi vascolare temporanea.

Il paziente giovane possiede ottime capacità di compenso cardiocircolatorio grazie ad una più pronta
vasocostrizione periferica in caso di perdita ematica. Per questo motivo un emoperitoneo rifornito da frattura

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splenica in soggetti giovani può passare temporaneamente inosservata grazie a questo compenso efficace; il
problema è che la persona può improvvisamente andare incontro a shock quando l’ipovolemia si scompensa.
La rottura in due tempi del parenchima è un altro aspetto da non sottovalutare. Ad esempio la milza può rompersi
e sanguinare, ma questo può non accadere contestualmente alla capsula che la contiene. A questo punto
l’emorragia forma un ematoma che ristagna all’interno della capsula splenica, finché non si rompe di colpo anche
quest’ultima. A questo punto il paziente comincerà a perdere copiosamente sangue all’interno della cavità
addominale. Un ricovero di 4 – 5 giorni dopo un trauma grosso serve a mantenere monitorato il paziente per
evitare che questo fatto accada senza che una precoce assistenza sanitaria possa essere messa in atto.

L’ematoma “emostatico” può verificarsi ad esempio con traumi vascolari a livello degli arti inferiori. Sia le vene
che le arterie possono fare autoemostasi grazie ad una raccolta di sangue che viene a crearsi attorno alla
soluzione di continuo del vaso insultato che ne provoca una compressione emostatica. Questa raccolta ematica
prende anche il nome di pseudo aneurisma, che non è niente altro che una sacca di sangue formatasi attorno ad
un vaso con il meccanismo e con le funzioni appena viste. La rottura di questi pseudo aneurismi, che può avvenire
anche dopo qualche giorno, porterà il paziente ad avere un declino molto rapido delle proprie condizioni fino ad
arrivare ad una situazione di shock.

Con un paziente traumatizzato quindi, per questi motivi ed in mancanza di una diagnosi precisa, non bisogna mai
considerare un trauma come coinvolgente un unico distretto se non dopo aver accuratamente escluso il
coinvolgimento di altri distretti. Questo paziente verrà sempre definito in questi casi politraumatizzato. Il paziente
è stabile in quel momento ma, come visto, può rapidamente diventare instabile. Un paziente non deve mai
andare in sala operatoria instabile!

Metodo ATLS: gestione “per la prima ora” del trauma (golden hour)
Il metodo ATLS (Advanced Trauma Life Support) nasce nel 1976 (Styner, Nebraska) presentato e inserito nel
programma dell’American College of Surgeons nel 1978 (adottato adesso anche in Italia). Si tratta di un modo di
agire in situazioni di emergenza ed è il sistema principe utilizzato negli USA. Originariamente nasce per la fase
extraospedaliera ma, vista la sua efficacia, va bene anche nell’intraospedaliera.

I principi dell’ATLS sono i seguenti:


1. Occorre riconoscere e trattare immediatamente le lesioni che pongono a rischio di vita il paziente
indipendentemente dalla diagnosi definitiva.
2. Esiste un ordine gerarchico di priorità tra le situazioni che pongono il paziente in immediato pericolo di vita.
3. Bisogna evitare di perdere tempo, processi devono essere molto rapidi.

SORVEGLIANZA PRIMARIA: per identificare e trattare le lesioni che pongono il paziente in pericolo di vita. Si tratta
di un esame clinico e attivazioni di manovre salva vita. L’ordine gerarchico di priorità delle azioni della
sorveglianza primaria sono:
Airway: vie aeree e rachide; Breathing: ventilazione; Circulation: circolo e controllo dell’emorragia; Disability:
stato neurologico (Glasgow scale); Exposure: esposizione e controllo della temperatura.
Ovviamente la rottura di un femore davanti a complicanze di tipo respiratorio passa in II piano.

SORVEGLIANZA SECONDARIA: raggiunta la stabilizzazione (quindi dopo la sorveglianza primaria) del paziente si
procede alla diagnosi di tutte le lesioni potenzialmente pericolose per lui e di quelle minori mediante esame
clinico accurato, anamnesi, valutazione della dinamica dell’incidente ed esami strumentali.
 Symptoms/signs
 Allergy
 Medicazions (farmaci TAO, beta-bloccanti non mi danno un cambio della FC se il pz si sta anemizzando,
anti-ipertensivi)
 Past illness
 Last meal5
 Events

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L’ATLS va bene anche per una situazione in cui siano contemporaneamente presenti più politraumi. Il sistema ABC
viene utilizzato in questi contesti per valutare la gravità dei singoli soggetti e stabilire le priorità di chi deve essere
mosso per primo in base ai concetti appena visti.

Richieste radiologiche
Nel politrauma la diagnostica è semplice:
Diagnostica strumentale di I livello (ECO, Rx torace, Rx addome); Diagnostica strumentale di II livello (TAC,
angiografia). Questi aspetti diagnostici servono a verificare la presenza di versamenti, fratture di organi
parenchimatosi e/o lesioni vascolari.

Priorità terapeutiche nel trattamento chirurgico


In urgenza viene considerato l’aspetto clinico e le indagini radiologiche, successivamente le 4 sale chirurgiche che
possono essere attivate sono:
Chirurgia generale; Neurochirurgia; Chirurgia ricostruttiva; Ortopedica
Un paziente stabile va tenuto in osservazione ed eventualmente operato dopo. Il paziente non stabile va
stabilizzato e operato più rapidamente. Nel caso di un’emorragia è bene considerare l’aspetto clinico, radiologico
e di laboratorio prima di intervenire chirurgicamente.

Nel trauma addominale è d’uopo eseguire un’Rx diretta addome, come nel caso di un addome acuto. Nel caso di
utilizzo di mezzo di contrasto per procedure diagnostiche è d’obbligo in questi casi utilizzare il gastrographin
(spesso in traumi esofagei); l’uso di bario può provocare al paziente una pericolosa mediastinite che risulta molto
difficile da trattare. La laparotomia è tipica della sala operatoria. A livello esplorativo può essere utilizzata anche la
laparoscopia.

Alcune procedure da assistere sono:


 Intubazione endotracheale
 Monitoraggio ECG
 Saturimetria
 Monitoraggio frequenza respiratoria
 Posizionamento catetere vescicale (controllo diuresi, controllo se ci sono lesioni a livello vescica, uretra)
 Posizionamento SNG (protezione vie aeree)
 Posizionamento drenaggio toracico (toracostomia)

Paziente politraumatizzato grave emodinamicamente instabile: modalità operative


Attivazione della procedura extraospedaliera (118) o intraospedaliera da parte del medico di PS. L’infermiere
componente del trauma team (TT) attiva la preparazione della sala d’emergenza. Il medico di PS attiva i
componenti del TT: rianimatore, chirurgo, radiologo, Centro Immunotrasfusionale ed eventuali altri specialisti.
Il medico di PS stabilisce e comunica l’ora di incontro del TT.

TRAUMA ADDOMINALE

Mai considerare un trauma come coinvolgente un unico distretto se non dopo aver accuratamente escluso il
coinvolgimento di altri distretti lo definiremo sempre: “politrauma”
Fase di sorveglianza primaria: si limita alla localizzazione delle ecchimosi, abrasioni e ferite penetranti con le loro
caratteristiche
• Fase di sorveglianza secondaria: (concluse le manovre salva vita) esame obiettivo accurato
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Potrei avere un quadro di emoperitonismo dato dall’emorragia a livello addominale. Gli organi che più vengono
compromessi sono:
 Milza
 Fegato
 Piccolo intestino
 Reni
Nel caso di lesione aperta: Esplorazione locale della ferita: visualizzazione del tramite da cute a fascia, non
disinfettare ma IRRIGARE CON FISIOLOGICA, non escludere la penetrazione in cavità addominale fino ad aver
raggiunto l’apice della penetrazione, non rimuovere lame o schegge se non quando si è attrezzati e pronti per
eventuali emorragie. Se si parla di arma bianca non rimuoverla (potrebbe essere l’elemento che fa da tampone ad
un vaso).

Problematiche dell’eviscerazione: Ampiezza della lesione della parete muscolare, perdita di sostanza, contrattura
muscolare, lesione delle anse, sofferenza ischemica delle anse, perdita di temperatura, sono le viscere ad uscire
non fare niente, coprire tutto per rischio di perdita di calore.
Nell’ laparocele c’è un cedimento della fascia (è la conseguenza di una ferita chirurgica),
Cosa fare nell’eviscerazione (poche cose a livello manuale): valutare le lesioni delle anse erniate, inutile tentare di
ridurre (sarebbe impossibile fino alla decontrattura della muscolatura), ridurre le perdite di liquidi e temperatura,
riparare le anse da ulteriori traumi e contaminazioni e contenerle per evitare penzolamenti che sottoporrebbero
le anse stesse a sofferenza neuro – vascolare.

Nel pz stabile prima cosa che posso fare è la TAC toraco – addominale. Nei pz instabili ho procedure diagnostiche
più precise ECO FAST (trauma addominale) andiamo ad esplorare degli spazi precisi (spazio di Morrison, nel danno
epatico si raccoglie il sangue in quel punto), raccolta di sangue intorno alla milza

Paracentesi: Presenza di liquido endoaddominale (ascite si può anche infettare), esame del liquido. In assenza di
liquido si esegue il DPL (Lavaggio Peritoneale Diagnostico). Trattamento (due situazioni diverse):
1. Paziente instabile o con segni di peritonismo  INTERVENTO (dopo la stabilizzazione)

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2. Paziente stabile senza segni di peritonismo  Possibilità di terapia conservativa

Indicazioni alla laparotomia: Trauma addominale chiuso con ipotensione e segni di emoperitoneo, ipotensione in
presenza di lesione addominale penetrante, ferita da arma da fuoco trapassante la cavità addominale,
eviscerazione, quadro peritonitico, presenza di area libera in addome, TC positiva per lesione parenchimale o di
organo cavo.

Trauma epatico
1. Grado 1: Lesione capsulare
2. Grado 2: Lesione parenchimale < 1 cm di profondità, ematoma sub – capsulare
3. Grado 3: Ematoma con sanguinamento attivo, lacerazione sanguinante, frattura parenchimale sub –
segmentaria
4. Grado 4: Distruzione parenchimale
5. Grado 5: Distruzione parenchimale bilobare, lesione venosa (vena cava retroepatica, vene sovraepatiche, vena
porta).

Il quadro clinico dipende dal tipo di lesione come risulta dalla tabella seguente:

Oltre all’emoperitoneo ci può essere biloperitoneo o coleperitoneo. Le lesioni “bare area” sono traumi che
interessano strutture che stanno dietro al fegato.
Il trauma epatico deve essere sospettato quando:
1. ANAMNESI:
Trauma diretto ai quadranti addominali di destra (ipocondrio destro), emitorace destro; politrauma; trauma
addominale in paziente con anamnesi di epatomegalia
2. ESAME FISICO:
Dolore ipocondrio destro; reazione di difesa all’ipocondrio destro; distensione addominale con segni clinici di
emorragia (pallore, ipotensione, tachicardia); segni clinici di peritonite; lesione penetrante/ferita d’arma da fuoco
nei quadranti superiori/ipocondrio destro; fratture costali (7 – 12) a destra.
Angiomi del fegato possono andare incontro a rottura attraverso un trauma.

Tomografia computerizzata
La TAC permette l’esplorazione di cranio, torace, cavità addominale, retroperitoneo, area “nuda” retroepatica.
Inoltre la TAC consente la stadiazione della lesione epatica ed è utile nel follow – up dei pazienti in osservazione.
Gli svantaggi sono:
 esperienza del radiologo
 tempi di offerta
 logistica (più grosso problema della TAC)

Ecografia
Dimostra un versamento libero (ma può non individuare la lesione). L’ecografia
mi permette la paracentesi esplorativa mirata dopo aver visto il versamento. Può dimostrare la lesione d’organo
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(fegato, milza, rene, ecc.), è ripetibile. Svantaggi:
 il meteorismo intestinale può schermare l’ilo epatico, il coledoco e il pancreas
 enfisema sottocutaneo
 esperienza operatore
 costituzione paziente

Trattamento conservativo
Se non c’è emoperitoneo si fa terapia conservativa. Il trattamento
conservativo va abbandonato quando:
Necessità di > 4 unità di emazie concentrate; l’ematocrito non
migliora con le infusioni; compare un deterioramento dei segni vitali;
compare peritonismo o distensione intestinale; vari tipi di
trattamento chirurgico:
Tamponamento (packing); emostasi diretta (coagulazione con argon,
punti di sutura, collanti); drenaggio e sutura (raffia), legatura arteria
epatica; resezione epatica (se c’è area necrotica); resezione epatica
combinata a suture vascolari, ricostruzione vascolare, drenaggio
della via iliare, ecc. Trapianto (se la lesione becca la parte centrale
del fegato ho tutti i vasi, quindi la resezione porta a morte epatica). I
traumi epatici possono coinvolgere anche il rene e il surrene (organi
retroperitoneali). Se accade un trauma importante questo blocca
quasi tutto l’afflusso di sangue al fegato isolando il peduncolo
epatico che contiene la vena porta, l’arteria epatica e il coledoco. In
questo caso prendo manualmente il peduncolo e lo clampo
bloccando il flusso ematico porto – arterioso (manovra di
Pringle). Questa è una situazione temporanea che deve durare
massimo 1 ora per rischio necrosi epatica! Il packing del fegato prima di ripartire sanguina molto, si chiude solo la
cute e si garza il fegato per provocare emostasi. Le arterie del fegato vanno ad ossigenare l’albero biliare
(attenzione ischemia dell’albero biliare).

Traumi della milza

Il trauma splenico deve essere sospettato quando (condizioni simili a quelle epatiche ma a sinistra):
1. ANAMNESI:
Trauma diretto ai quadranti addominali di sinistra, emitorace sinistro; politrauma; trauma addominale in paziente
con anamnesi di splenomegalia
2. ESAME FISICO:
Dolore ipocondrio sinistro; reazione di difesa all’ipocondrio
sinistro, distensione addominale con segni clinici di emorragia
(pallore, ipotensione, tachicardia), segni clinici di peritonite,
lesione penetrante/ferita d’arma da fuoco nei quadranti
superiori/ipocondrio sinistro, fratture costali (7 – 12) a sinistra
Trattamento conservativo
Emodinamica stabile; non segni di peritonismo; controlli seriati
monitoraggio ematocrito
Embolizzazione selettiva
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Tipi di trattamento chirurgico:
Splenectomia (intervento tradizionale e storicamente accettato come trattamento di principio), splenoraffia o
Cuffiaggio (per le lesioni superficiali), resezioni parziali, apposizione laparotomica o laparoscopica di maglia
compressiva in Prolene® o Vicryl®, in caso di splenectomia si può procedere ad autoinnesti di milza integra
sull’omento. Considerare la rottura in due tempi (monitorare il paziente stabile per uno o due giorni)! Con la
splenectomia devo fare terapia anti-aggregante per la quantità di GR e piastrine, avrò anemie.

Trauma del pancreas

Un trauma a livello del pancreas può attivarmi una pancreatite acuta (dolore ad intensità maggiore), dolore che si
irradia da dietro tipo a cintura, può essere confusa con la rottura dell’aneurisma dell’aorta addominale.
Analisi: amilasi, lipasi.

Trattamento conservativo (stabili):


Grado I – III Lesione duttale isolata _ stent
Trattamento chirurgico nei traumi pancreatici:
Grado I – II: drenaggio ed emostasi
Grado II – III: pancreasectomia intermedia o distale, sfinterotomia
Grado IV: pancreasectomia intermedia, anastomosi su ansa alla Roux, esclusione pilorica, sfinterotomia
Grado V: come sopra o raramente duodeno – cefalo – pancreasectomia

Traumi del piccolo intestino


Eventualità infrequente, è una lesione associata e scoperta incidentalmente. La TC ha almeno il 15% di falsi
negativi; la gestione del 50% dei traumi degli organi parenchimatosi in modo conservativo ritarda la diagnosi; il
ritardo della diagnosi aumenta considerevolmente la morbilità e la mortalità; fino ad 8 ore sepsi ed infezioni
accettabili; oltre le 24 ore aumento significativo di sepsi ed infezioni con mortalità fino a 4 volte superiore
La perforazione deve essere sospettata quando:
Presenza di segno della cintura; segni clinici di peritonite; presenza di pneumoperitoneo (non patognomonico ma
induce alla laparotomia esplorativa), la presenza dei sintomi e del sospetto deve indurre ad effettuare un DPL
(lavaggio peritoneale diagnostico) che dirimerà il dubbio.

ROTTURA DEL DIAFRAMMA


Lesioni del diaframma conseguono a traumi chiusi (incidenti stradali, cadute) o a ferite toraciche o toraco –
addominali. Più frequente è la rottura a sinistra (60 – 80%) stante la protezione che il fegato oppone a destra. La
lesione diaframmatica espone alla erniazione intratoracica dei visceri addominali (addome = pressione positiva;
torace = pressione negativa). Se l’erniazione non è contemporanea al trauma la diagnosi può anche venire
omessa.

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Insufficienza respiratoria acuta con dolore toracico. Dolore epigastrico crampiforme per fenomeni occlusivi a
carico dei visceri. Posso avere sintomatologia algica da stiramento dei peduncoli vascolari.

Spesso lo stomaco, erniando, si porta dietro la milza a cui è collegato attraverso il legamento gastro – splenico.
Questo legamento è ricco di vasi brevi che, nell’erniazione, possono andare in sofferenza. Il lobo sinistro del
fegato ernia più raramente perché è collegato al diaframma in maniera robusta attraverso il legamento
triangolare.

Come già accennato, queste migrazioni d’organo possono portare a sofferenza vascolare.
Quadro clinico: può essere presente stato di shock (emorragico/traumatico), dispnea, tosse, tachicardia, cianosi,
eruttazioni, disfagia, vomito. Il dolore è riferito alla base dell’emitorace, in regione retrosternale o alla spalla
omolaterale.
Il dolore può essere addominale ma anche toracico, che diventa più importante in caso di sofferenza vascolare. Ci
possono essere sintomi di compressione polmonare, sintomi
digestivi (emesi da erniazione gastrica). Se c’è anche una
lesione pleurica ci può stare un PNX. In alcuni casi nessun
organo ernia subito nella breccia. L’erniazione può accadere
anche a distanza di mesi, rendendo la diagnosi difficile (non
immediatamente collegabile al precedente episodio
traumatico).

TRAUMI TORACI
Il trauma toracico è un’importante causa di mortalità, per la precisione rappresenta il 25 % delle morti per
trauma. Meno del 10% dei traumi chiusi del torace e circa il 15 – 30% delle lesioni penetranti richiedono una
toracotomia. La maggior parte dei traumi toracici necessita di un trattamento conservativo.

Fisiopatologia del trauma toracico


Insufficienza respiratoria:
 Alterazione della meccanica respiratoria
 Alterazione del rapporto
ventilazione/perfusione
 Insufficienza cardiovascolare: Shock
emorragico/ Shock cardiogeno

Tessuti molli: cute e muscoli


Lacerazioni, contusioni e ustioni possono lasciare residui come escoriazioni, ecchimosi, ematomi, perdite di
sostanza. Raramente emorragie sottoperiostee o muscolari. Sicuramente sarà presente dolore con riduzione
dell’escursione respiratoria, si va a creare inizialmente atelettasia e poi polmonite.
Trattamento: Detersione della ferita con fisiologica, disinfettante e medicazione. Terapia antalgica.
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Piano scheletrico
Traumi a questo livello possono portare alle seguenti conseguenze:
 Fratture costali semplici
 Frattura delle prime coste
 Fratture delle ultime coste
 Frattura di coste multiple senza e con respiro paradosso (lembo toracico)

Fratture costali semplici


È il tipo di lesione traumatica toracica più frequente, conseguente ad incidenti della strada, a cadute, a traumi da
aggressione, ecc. Vediamo cosa possono comportare queste fratture:
Tessuti molli sede della frattura: possibile contusione o lacerazione; lesione dei vasi intercostali: possibile raccolta
ematica superficiale e/o emotorace; lesione della pleura parietale e/o viscerale: possibile pneumotorace (PNX),
emotorace.
Quadro clinico:
Dolore; spontaneo, esacerbato dall’inspirazione, dolore; aumenta alla pressione sulla sede della frattura; respiro
frequente e superficiale; mobilità preternaturale dei capi ossei; ematoma e/o ecchimosi dei tessuti molli della
parete toracica, enfisema sottocutaneo; dispnea in caso di PNX o versamento.
Trattamento (protocollo delle fratture costali, tre aspetti):
Non va fatta la cerottazione del torace per ridurre il dolore. È meglio la somministrazione di analgesici (eventuale
blocco estesiologico dei nervi intercostali). Antibioticoterapia, Ossigenoterapia. Un’ipoventilazione può portare
atelettasia e il tutto può infine evolvere in polmonite. In caso di
frattura delle prime tre coste, specie se associate a frattura della
clavicola e/o scapola (espressione di trauma particolarmente
violento) controllare sempre per eventuali lesioni associate del
fascio vascolo – nervoso brachio – cefalico (ma anche dell’asse
tracheo – bronchiale). Per fare ciò è necessario valutare eventuali
alterazioni di:
 Polsi arteriosi
 Termotatto
 Colorito della cute
 Sensibilità
In caso di fratture delle ultime coste occorre escludere eventuali lesioni della milza e del fegato. In questo caso è
fondamentale valutare:
 Dolore a livello degli ipocondri.
 Contrattura muscolare in queste sedi.
 Dolore alla spalla omolaterale.
 Segni di ipovolemia: polso frequente e piccolo, riduzione pressione arteriosa, sudorazione, collasso.

Frattura sterno
Si tratta di una frattura meno frequente delle precedenti ed è generalmente dovuta ad urto violento sul volante,
per decelerazione, negli incidenti stradali (è la tipica frattura da cintura di sicurezza) o a meccanismo contusivo
diretto da altre cause (incidenti sul lavoro, aggressione con corpi contundenti, ecc.). La frattura può essere
trasversale, o longitudinale, completa o incompleta. Infine può verificarsi il distacco tra manubrio e corpo sternale
o il distacco fra quest’ultimo ed il processo xifoideo nelle fratture trasversali. Generalmente l’osteosintesi è
spontanea. Urti e fratture piuttosto violente comportano il rischio di lesioni al cuore. L’ECG (o ECO transesofageo)
è d’uopo in questi casi e serve ad evidenziare in maniera indiretta un tamponamento cardiaco. Posso avere sia
tamponamento cardiaco che rottura del cuore.

Precauzioni: eseguire sempre un elettrocardiogramma (ECG) all’ingresso per escludere alterazioni elettriche
dovute ad una contusione cardiaca. La chirurgia si rende necessaria qualora la frattura modifichi la meccanica
respiratoria.
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Lembo toracico
Non è una situazione molto frequente. Consiste nella frattura di tre o più coste contigue, in almeno due punti.
Quindi una parte della gabbia toracica è completamente disarticolata dal resto. Può comportare:
 Instabilità toracica
 Contusione polmonare
Quadro clinico (l’entità del quale dipende dal numero di coste implicate nella volet costale e dalla posizione
dell’insulto):
 Movimento paradosso del lembo mobile (respiro paradosso laterale), dolore toracico, dispnea, cianosi
cutanea.
Due importanti complicanze possono essere un emotorace o un pneumotorace. Ci può essere anche una
contusione polmonare.

Il respiro paradosso laterale, oltre ad essere un


elemento visibile diagnostico, altera in maniera più o
meno importante la capacità respiratoria del paziente
(scambio V/Q ridotto). Inoltre, siccome durante
l’espirazione la compressione del polmone sano unita
alla mancata resistenza di quello traumatizzato
controlaterale favoriscono l’ingresso di aria espirata
nel polmone ferito, c’è distress respiratorio. Il lembo
toracico può essere anteriore o posteriore.
Quest’ultimo caso favorisce una qualche specie di
contenzione all’espansione del lembo in fase di
espirazione da parte di strutture muscolari toraciche
posteriori robuste, cosa che non avviene a livello anteriore. Se il lembo è anteriore, quindi, il respiro paradosso
laterale è maggiormente visibile ed evidente. Questo segno è causato dallo spostamento mediastinico che
comporta una angolatura delle due vene cave. Questo fatto provoca una difficoltà nel ritorno venoso al cuore il
quale, a causa di ciò, vede ridotta la sua gittata cardiaca.

Trattamento: Il lembo toracico può essere ben tollerato ed in questo caso necessita di un trattamento
conservativo come per le fratture costali semplici (il cui protocollo terapeutico è stato già analizzato in
precedenza). Più spesso determina un distress respiratorio per cui è necessaria una immediata stabilizzazione
esterna della parete mediante un bendaggio elastico con imbottitura o il posizionamento del soggetto sul lato
della volet costale (con il lembo toracico a contatto con il pavimento). Tre passaggi sono comunque utili in questo
tipo di trauma:
Terapia antalgica.
Ossigenoterapia e aspirazione tracheale.
Può rendersi necessaria l’intubazione tracheale e la ventilazione meccanica assistita con pressione respiratoria
positiva.

Pneumotorace (PNX)
Per pneumotorace si intende la presenza di aria nel cavo pleurico conseguente alla fuga d’aria nel cavo pleurico
attraverso lesioni tracheo – bronchiali, del parenchima polmonare o della parete toracica. Può essere causato da
una frattura costale o da un lembo toracico. Può anche essere iatrogeno (involontario da posizionamento di CVC o
IAP, ma può anche essere provocato volontariamente nel caso di una toracoscopia per permettere una migliore
esplorazione visiva e bioptica del cavo pleurico).
Classificazione del pneumotorace:
PNX chiuso (il torace non manifesta soluzioni di continuo della cute)
PNX aperto (comunicazione con l’esterno del cavo pleurico attraverso una lesione cutanea)
PNX iperteso (a valvola). Può essere sia chiuso che aperto.
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I più frequenti sono i PNX chiusi, i meno frequenti gli aperti. Il PNX iperteso è la situazione più grave che necessita
di un intervento molto rapido (rischio di vita del paziente). L’immagine a destra illustra un polmone sinistro
completamente collassato all’ilo a seguito di un PNX (situazione molto grave).

Pneumotorace (PNX) chiuso


Si tratta di una lesione della pleura viscerale che consente il passaggio di aria dal parenchima polmonare al cavo
pleurico. Questo tipo di PNX fa precipitare la pressione negativa sempre presente nel cavo pleurico integro.
Questo fatto può far collassare il polmone in maniera più o meno grave a seconda dell’estensione del PNX stesso.
L’inserzione di un CVC nella vena succlavia comporta proprio questo tipo di rischio. A seconda della grandezza del
PNX, ovviamente, anche la difficoltà respiratoria sarà più o meno grave. Inoltre una piccola falda di PNX è
difficilmente visibile all’Rx torace.
Il quadro clinico generale del PNX chiuso è caratterizzato da:
 Dolore
 Dispnea
 Tosse
Enfisema sottocutaneo (se è lesa anche la pleura parietale), cianosi nei casi severi con insufficienza respiratoria
ridotta motilità dell’emitorace, riduzione o assenza delle murmure vescicolari10 (più o meno evidente a seconda
della gravità del PNX), ipertimpanismo.

Trattamento: Un PNX “minimo” (10 – 15%, la lastra evidenzia 1 – 2 cm di falda di PNX) del volume pleurico, senza
ripercussioni sulla ventilazione (valutate con la clinica e con l’emogas – analisi) può essere semplicemente seguito
con radiogrammi seriati e tende a riassorbirsi rapidamente e spontaneamente (monitoraggio e basta). Negli altri
casi (o quando la guarigione di un PNX minimo non si verifica entro 4 – 6 giorni) è necessario posizionare un tubo
toracico collegato ad una valvola ad acqua (Pleur – evac®). In presenza di un quadro clinico stabile _
ossigenoterapia. In caso di segni di insufficienza respiratoria posizionare un drenaggio toracico collegato ad una
valvola ad acqua a livello del 2° spazio intercostale sulla linea emiclaveare. Anche in caso di presenza di un PNX
minimo ma con paziente sintomatico, si procede al drenaggio toracico.
Vediamo alcuni dati in più riguardanti il posizionamento del drenaggio toracico:
II spazio intercostale (emiclaveare) _ per la rimozione di aria nel cavo pleurico. V o VII spazio intercostale (tra
ascellare media e anteriore) _ per la rimozione di liquidi.

Questa distinzione non vale per tutti i medici. Alcuni, infatti, posizionano il drenaggio toracico anche al livello più
basso per togliere aria, facendo scorrere il tubo verso l’alto all’interno del cavo pleurico. Il drenaggio toracico
viene posizionato in anestesia locale e con procedura sterile dal pneumologo, dal chirurgo, dall’anestesista con
una procedura che può essere eseguita.
preferibilmente in sala operatoria, ma anche a livello ambulatoriale. Si incide un po’ la cute e si inserisce un trocar
per rilasciare il tubo all’interno del cavo pleurico. Una volta inserito il drenaggio questo va fissato con dei punti “a
borsa di tabacco” (sistema utile in fase di estrazione del tubo per chiudere la cute rapidamente, con un
movimento unico, al fine di evitare che il PNX appena rimosso si riformi attraverso la soluzione di continuo che
prima era sede del drenaggio; un operatore fa inspirare il paziente e gli fa trattenere l’aria per diminuire al
minimo la distanza tra i due foglietti della sierosa pleurica, mobilizza il tubo e lo rimuove in sincronia con il
secondo operatore che stringe i due capi del filo di sutura della “borsa di tabacco”, la quale si chiude
istantaneamente). Durante la rimozione del drenaggio il paziente potrebbe avvertire dolore, sicuramente fastidio.
Il paziente resta in apnea durante l’estrazione del drenaggio e riprende a respirare non appena la borsa di tabacco
viene chiusa (cioè subito).

Pneumotorace (PNX) spontaneo


Si tratta di un PNX di origine ignota, non correlato ad eventi esterni o a patologie specifiche. Solitamente questi
fastidi trovano la loro causa nella presenza di bolla e/o bolle aeree (enfisematose) congenite presenti sotto la
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pleura viscerale che vanno incontro a rottura (spesso dopo un colpo di tosse che è seguito da un po’ di emoftoe,
mentre per il resto è asintomatico). È un problema caratteristico dell’età giovanile 20 – 30 anni, spesso recidivo,
che può essere silente o essere accompagnato da sintomi quali: il dolore improvviso toracico, la dispnea, cianosi e
riduzione del fremito vocale tattile e del murmure vescicolare. Utile in questo caso l’Rx torace. La terapia consiste
in:
 Osservazione
 Drenaggio
 Terapia chirurgica: consiste in una toracoscopia durante la quale si cercano tutte le bolle enfisematose e
si procede alla loro rimozione. Trattandosi di un problema congenito, la rimozione di tutte le bolle
dovrebbe togliere il disturbo completamente evitando così problemi di recidive (le bolle enfisematose
non si riformano).

Pneumotorace (PNX) spontaneo secondario


Generalmente coinvolge adulti con età compresa tra 45 – 65 anni. Può essere considerata una complicanza di una
patologia polmonare preesistente, come:
Enfisema. Ascessi polmonari, micosi, idatidosi, empiemi, polmoniti, tubercolosi.
Patologie neoplastiche polmonari periferiche (l’esordio tardivo di queste neoplasie può essere proprio il PNX).
Per quanto riguarda il quadro clinico si può sottolineare il fatto che il sintomo principale è la dispnea. Potrà esserci
dolore e può essere presente I.R. (insufficienza respiratoria) importante, con mortalità del 16%. La diagnosi deve
tenere conto dei due fattori: PNX e patologia primitiva.

Pneumotorace (PNX) aperto


Questa condizione è più grave della
precedente, è conseguente ad una ferita
penetrante del torace e determina un
riequilibrio delle pressioni intrapleuriche con
quelle dell’aria ambiente. Ne consegue un
collasso polmonare ed un movimento
pendolare del mediastino ad ogni atto
respiratorio. Fondamentale in questo caso è il
fatto che l’aria può sia entrare che uscire dalla
soluzione di continuo. Le conseguenze
immediate di un PNX aperto sono:
Importante ipoventilazione (da collasso
polmonare). Spostamento mediastinico con
schiacciamento del polmone sano controlaterale. Riduzione dell’output cardiaco (per angolazione delle vene cave
e riduzione del ritorno
venoso) con rischio immediato di vita in assenza di trattamento (per shock da ridotto ritorno venoso al cuore).
Durante l’espirazione del paziente tutti gli organi ritornano in sede (tranne ovviamente il polmone collassato).

Quadro clinico (solitamente non sono necessarie altre indagini diagnostiche):


Evidenza clinica (facile da diagnosticare) di una ferita toracica che aspira aria ad ogni atto inspiratorio (aria che
entra e che esce).
Segni del PNX (dispnea, dolore, cianosi, rischio di arresto cardiorespiratorio).
Trattamento:
Subito praticare con mezzi di fortuna una chiusura della breccia: medicazione sterile chiusa su tre lati (crea un
sistema a valvola che permette all’aria solo di uscire dal cavo pleurico, non di entrarvi).
Posizionamento di drenaggio toracico, detersione e chiusura della ferita. In alcuni casi si rende necessaria
l’intubazione e la respirazione assistita prima dei procedimenti chirurgici.

Pneumotorace (PNX) iperteso


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Questa condizione risulta essere conseguente ad una ferita che, con meccanismo “a valvola”, permette la
continua entrata d’aria nel cavo pleurico senza consentirne la fuoriuscita. Ne possono essere causa ferite
penetranti della parete toracica e lacerazioni tracheo – bronchiali. Ad ogni atto respiratorio la quantità di aria nel
cavo pleurico aumenta e conseguentemente aumenta la pressione intrapleurica (lo spostamento del mediastino
in direzione controlaterale aumenta e si mantiene drammaticamente ad ogni atto respiratorio). In una situazione
del genere troveremo la seguente catena di eventi, uno conseguenza del precedente:
Collasso polmonare; deviazione controlaterale del mediastino, riduzione della ventilazione nel polmone
controlaterale, riduzione del ritorno venoso al cuore. Se il PNX iperteso non viene rapidamente riconosciuto c’è
rischio di vita per il paziente. Il PNX iperteso può essere sia aperto che chiuso. L’aria infatti può entrare nel cavo
pleurico attraverso una breccia causata da una lesione esterna che però, grazie alla presenza di un lembo interno,
ad ogni espirazione si chiude con un meccanismo a valvola contrario a quello visto per la medicazione a tre lati da
eseguire nel caso del PNX aperto. Allo stesso modo l’aria può entrare nel cavo pleurico da una lesione alveolare
(senza comunicazione con l’esterno) mimando un PNX chiuso, nella quale un piccolo lembo impedisce all’aria
entrata nel cavo pleurico di ritornare all’alveolo durante
l’espirazione del paziente. Il quadro clinico del PNX iperteso è caratterizzato da:
 Tachipnea
 Dolore toracico
 Emitorace iperdisteso e immobile
 Assenza del murmure vescicolare, iperfonia percussoria
 Enfisema sottocutaneo
 Turgore delle giugulari
 Deviazione tracheale (palpazione della trachea al giugulo)
 Cianosi

Trattamento del PNX iperteso:


Posizionare un tubo di drenaggio nel cavo pleurico. Non avendo questo a disposizione: aspirare in siringa
soluzione sterile, inserire l’ago profondamente in uno spazio intercostale ed estrarre lo stantuffo della siringa: il
vivace gorgoglio d’aria conferma il sospetto diagnostico. A questo punto inserire uno o più aghi in cavo pleurico e
trasformare il PNX iperteso in PNX aperto. Ossigenoterapia. Intubazione tracheale (sempre dopo posizionamento
di drenaggio toracico).
11/12/2018
EMOTORACE1
L’emotorace è un’emorragia nel cavo pleurico, più comunemente monolaterale. Le fonti più frequenti di
sanguinamento sono le arterie intercostali e nelle ferite penetranti i vasi polmonari
e le arterie mammarie interne. Anche strutture vasali più profonde possono causare
l’emotorace, come la succlavia, l’ascellare e le vene cave. Comunque, il
sanguinamento può derivare da qualunque struttura intratoracica compresi il cuore
e l’aorta. Anche sanguinamenti addominali (tipo una lesione della cupola epatica)
possono evolvere in emotorace a causa delle lacune diaframmatiche
fisiologicamente esistenti. L’emorragia può essere minima o massiva e clinicamente
può manifestarsi con i segni del versamento pleurico e dell’anemia acuta. L’emotorace può essere associato ad
una frattura costale, ad un PNX. Ci può essere un unico quadro clinico di fondo che accomuna tutti questi eventi.
L’emotorace può essere di diverse entità:
- Piccolo (magari a seguito del posizionamento di un drenaggio toracico).
- Moderato.
- Massivo (a seconda della lesione).

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Può essere declinato in base alla quantità si sangue che si raccoglie. Posso avere quantità minime che tratto in modo conservativo o casi in
cui posiziono un drenaggio, mentre in altri casi devo fare un intervento chirurgico. Le cause possono essere una lesione dei vasi intercostali, i
vasi possono andare a lacerarsi quando ho una rottura della costola, più fratture multiple ho maggiore è il rischio. Ho anche l’arteria
mammaria interna che in caso di lesione della gabbia toracica può dare un emotorace.
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Quadro clinico
SEGNI DI ANEMIZZAZIONE ACUTA: pallore, sudorazione, senso di sete, agitazione, aumento della frequenza
cardiaca, possibile riduzione della pressione arteriosa, stato di agitazione e/o confusione. Questi segni di anemia
acuta possono arrivare fino allo shock (emorragico/ipovolemico). SEGNI DI VERSAMENTO PLEURICO: dispnea,
tosse, emottisi, riduzione del M.V. (murmure vescicolare), assenza del F.V.T. (fremito vocale tattile), ottusità
percussoria.

Trattamento
pressione arteriosa, stato di agitazione e/o confusione. Questi segni di anemia acuta possono arrivare fino allo
shock (emorragico/ipovolemico). Il trattamento dell’emotorace consiste in:
- Incannulare una vena periferica per fluido – terapia per reintegro volemico (con ringer o emotrasfusione).
→ per reintegrare i liquidi persi
- Posizionamento di tubo di drenaggio pleurico (30 French) in 6° – 7° spazio intercostale sulla medio –
ascellare?
- Toracentesi? Mi permette di pungere il torce e di andare a fare un prelievo, prendiamo del sangue e
facciamo una diagnosi; strumento per iniziare ad evacuare il cavo pelvico

DRENAGGIO: SI O NO?
Gli elementi su cui mi baso è la quantità di sangue, il grado di
anemizzazione, la clinica (sull’aspetto respiratorio)
Il discorso del drenaggio vale per ogni emotorace? Come ci si
comporta a seconda dell’entità̀ dell’emotorace (piccolo, moderato o
massivo)? Ci sono 3 diverse opzioni, non necessariamente collegate ad
ogni gravità di emotorace:
- No drenaggio
- Sì drenaggio
- Sala operatoria
La scelta di un intervento piuttosto che di un altro dipende da quanto
grande è la raccolta ematica, dipende dall’emocromo e da quanto si vede all’Rx torace. Vediamo i tre casi alla luce
di queste nuove osservazioni.
1. Minimo (paziente stabile, emocromo normale): trattamento conservativo (come accessi venosi per il
reintegro idrico, no drenaggio, monitorizzare, Rx torace ogni 6 ore, TAC se il quadro clinico si complica,
emocromi sequenziali.
2. Moderato (episodi ipovolemici stabilizzabili): drenaggio (utile per vedere quanto sangue esce e se il
sanguinamento è attivo; serve ovviamente anche per evacuare il versamento).
3. Massivo (paziente instabile, necessità di trasfusione): la sorgente di sanguinamento è più̀ importante. Il
drenaggio toglie il sangue e con esso la funzione che aveva anche di contenimento nei confronti di
ulteriore emorragia. Tolto il tampone ematico con il drenaggio il successivo sanguinamento può diventare
veramente importante. Se ciò̀ accade è fondamentale chiudere velocemente il drenaggio e trasfondere
(tipo emagel).
CONSIDERAZIONE PRATICA: dal drenaggio esce sangue, pz stabile/instabile, se vediamo uscire molto sangue dal
drenaggio la prima cosa da fare è chiedere sangue, chiamare il medico. Non alzare troppo la PA perché più alzo la
pressione più dalla fonte di sanguinamento avrò perdite di sangue. Non devo riempire troppo il pz (se ha 90 di
massima mi va bene), se esce troppo sangue clampo.

EMOTORACE MASSIVO
È definito un emotorace massivo l’accumulo di più di 1500 ml di sangue in cavità pleurica (vedo che dal
drenaggio esce più di 1500ml). In questo caso l’obiettivo dell’intervento è il ripristino del volume ematico e la
decompressione della cavità pleurica. Quando, in questo caso, è meglio la sala operatoria? Vediamo assieme.
Toracotomia quando:
- Drenaggio immediato di più di 1500 ml (limite massimo da tenere sotto controllo).
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- 200 ml/ora per 2 – 4 ore. → ho un continuo sanguinamento, devo portare il pz in sala operatoria
- Necessità di trasfusioni. → dopo le 3-4 trasfusioni si porta il pz in sala operatoria
- Condizioni generali del paziente (tendenza allo shock).

ALTRE LESIONI
ROTTURA TRAUMATICA DI AORTA
Parliamo di arco aortico, lacerazione completa difficilmente faccio qualcosa, faccio qualcosa se ho lesioni parziali o
incompleta (si è rotta la media o la intima e si mantiene l’avventizia), rottura che viene tamponato dal tessuto che
circonda l’arco aortico, il pz diventa ipoteso, stabilizzazione della perdita di sangue che permette un trattamento.
Se ho una perdita importante non riesco a fare un trattamento terapeutico.
La diagnosi la facciamo con la TAC, la radiografia mi fa vedere un problema aortico, ma perdo il profilo dell’arco
aortico e del mediastino, allargamento del mediastino tra le cause è un problema a livello aortico. Porto il pz in SO
o il radiologo interventista può mettere delle protesi.

CONTUSIONE POLMONARE
- Trauma chiuso
- Fratture costali/lembo toracico
- Quadro clinico: insufficienza respiratoria progressiva. In presenza di ipossia significativa PaO2 > 65 mm
può essere necessario intubare il pz.
Spesso vediamo traumi chiusi, inizialmente è asintomatica, non da problemi ma nel proseguo può diventare
l’elemento più pericoloso per il pz. Ci porta a fare una TAC per andare a valutare il grado di questa contusione
polmonare, si lega a un’IR che possiamo monitorare con SpO2, possiamo gestirla dell’O2 ma può necessitare di
una ventilazione meccanica invasiva. Il pz avrà l’antibiotico terapia

LESIONI TRACHEO-BRONCHIALI
Lesioni della trachea e dei bronchi. Li dobbiamo sospettare quando abbiamo emottisi, enfisema, pneumotorace
che può essere anche iperteso. Quello che dobbiamo fare è il drenaggio e in seconda battuta posso intubare un
bronco e metterlo in ventilazione meccanica
- Evento infrequente
- Speso letale
- Difficile da riconoscere
- Quadro clinico: emottisi, enfisema sottocutanea, PNX iperteso.
- Drenaggio toracico/intubazione

TRAUMA DELL’ESOFAGO
Il trauma che può dare una rottura dell’esofago. Non differisce molto dalla perforazione dell’esofago [le cause di
perforazione sono da corpo estraneo, diverticolo, neoplasia…]. Sospetto a causa del dolore che il pz riferisce,
posso avere un enfisema cervicale (in particolare nelle lesioni alte), ematemesi, disfagia.
Soluzioni che possiamo dare al paziente? Se la lacerazione non è grande posso fare dei punti, se è importante con
perdita di materialo o se la scoperta è tardiva (dopo 12 o 24h) l’atteggiamento è diverso, la zona è andata in
necrosi e ho un processo infiammatorio. Le soluzioni possono essere: resezione dell’esofago, oppure fare
un’esofagostomia (escludo esofago lacerato e abbocco l’esofago cervicale, metto a riposo la parte lacerata). Le
soluzioni dipendono dal danno, dal tipo di rottura e dalle tempistiche con cui faccio diagnosi

TRAUMI VASCOLARI
Parliamo di arterie e di vene. La componente vascolare, o da sola o con altri traumi, è poco frequente, 4% di
traumi vascolari nel complesso della traumatologia. Più frequentemente i vasi interessati sono prevalentemente
traumi a livello dei vasi degli arti a livello inferiore e superiore. I traumi vascolari sono un’alterazione dell’integrità
di un vaso ad opera di un’agente fisico. L’evento traumatico vascolare acuto appartiene ancora all’ambito
chirurgico, più che del radiologo interventista. Il vaso lesionato può essere sia un’arteria che una vena.

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Vediamo una schematica CLASSIFICAZIONE2 di traumi vascolari:
- DIRETTO
o Aperto
 Ferite punta/taglio
 Arma da fuoco o Chiuso
 Contusioni
 Compressione
 Da fratture scheletriche
- ARTERIOSP ASMO (indiretto)
- IA TROGENO (procedure angiografiche, inserimento CVC)
Una lesione del bacino, come già visto, provocherà un trauma vascolare diretto chiuso (emorragia
retroperitoneale). L’arteriospasmo è un effetto di vasocostrizione che mima una lesione (dando ischemia a valle).
TIPI DI LESIONI
Lacerazioni: ci immaginiamo il tubo (l’arteria) in cui ho un danno parziale della parete; Transazione: dove c’è la
sezione completa del vaso; Contusione: compressione del vaso, danno a livello della parete vascolare; Spasmo:
muscolare si contrare, si crea una situazione simile alla transazione perché non permette il passaggio di sangue
Fistola artero-venosa: trauma va a creare delle comunicazioni tra la struttura arteriosa danneggiata e la struttura
venosa vicina. A riguardo c’è un capitolo delle fistole che non sono a base traumatica, spesso abbiamo quelle
congenite [patologie malformative con patologie venose, comunicazione vene con arterie; pz con una fistola
artero venosa congenita a livello dell’arto inferiore: malformazione dell’arto dovuta al fatto che arriva meno
ossigeno, ischemia la possiamo avere nel trauma, ma nelle malformazioni congenite possiamo avere una
malformazione perché il sangue arriva a livello arterioso e viene shuntato in quello venoso, in periferia arriva
meno ossigeno e quindi in fase di crescita l’allungamento dell’arto viene ridotto, ho un’asimmetria tra l’arto
fisiologico e patologico; ho una semeiotica osculativa, posso avere un’ipertrofia del cuore]. Nel trauma: posso
avere un trauma a livello arterioso ma posso avere anche un danno venoso. Il danno può essere da transazione
del vaso e la formazione di un ematoma. Se ho una lesione del ritorno venoso, il sangue ristagna, aumento della
pressione, esce liquido e ho un edema caratteristico di un trauma venoso]. Il trauma arterioso è da ischemia.
Posso avere lesioni parziali o complete, danno delle intima o della media che può essere causa di una trombosi.

QUADRO CLINICO
Il quadro clinico può essere variabile. Esso dipende fondamentalmente da 3 punti:
- Tipo di trauma
- Dimensioni del vaso
Tipo di vaso (ovviamente tra vene e arterie la situazione è differente)
L’ischemia, oltre ad essere un problema di origine arteriosa, può̀ essere causata anche da una ostruzione venosa
prolungata (la stasi venosa si riflette sul microcircolo per poi dare anche un interessamento di tipo arteriolare; gli
scambi con i tessuti continuano ma il sangue non arriva più̀ , quindi dopo un po’ quello che ristagna nel
microcircolo si esaurisce e non riesce più̀ a nutrire i tessuti → ischemia). Vediamo meglio la differenza tra una
situazione di tipo arterioso e una di tipo venoso:
- Danno arterioso → tende ad andare verso un quadro di sindrome ischemica: (Dolore improvviso,
Parestesie, Sensazione di freddo , Impotenza funzionale, Non sento i polsi)
- Danno venoso → stasi venosa, perdo meno sangue (Edema, Cianosi, Presenza di polsi periferici)
Come detto il danno venoso prolungato può, a lungo andare, portare i sintomi della sindrome ischemica.
Entrambe le lesioni, comunque, si associano alla sindrome emorragica (vedi capitolo precedente: “emotorace”).

SEGNI CLINICI
Per quanto riguarda i segni clinici possiamo suddividere il discorso in tre argomenti:
- Segni clinici in generale
In rapporto all’entità̀ del sanguinamento: ipotensione, shock emorragico.
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Posso avere traumi diretti o indiretti, possono essere aperti da ferita da punta/taglio o arma da fuoco, oppure chiusi come
contusioni compressioni o relati a fratture scheletriche. Posso avere dei traumi legati a delle procedure terapeutiche
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A livello locale: Presenza di ematoma: pulsatile ed a rapida espansione con associati segni di ischemia distale nel
caso di trauma arterioso; a minore velocità di accrescimento, meno teso, con segni di stasi venosa nel caso di
ematomi venosi. È altresì ̀ vero che anche un ematoma venoso può̀ essere pulsatile (in maniera senza dubbio
inferiore a quanto accade in un quadro clinico arterioso), questo è spiegato dal fatto che molto spesso le vene
decorrono a fianco delle arterie (che sono pulsatili). Che accade? Intuitivo. La raccolta ematica ritmicamente
compressa dall’arteria che decorre in prossimità̀ della vena lesionata, rende evidente in superficie un ematoma
pulsatile.
Le 5 classiche P
- Polsi assenti
- Pallore
- Dolore (pain)
- Parestesie
- Paralisi
- Ipotermia (poikilothermy)
Sintomi riferiti
- Dolore ingravescente, perdita della sensibilità (parestesie, anestesia fredda),
impotenza funzionale.

TRAUMI VASCOLARI ARTERIOSI


(A)Se siamo a livello arterioso possiamo avere una reazione secondaria a una lacerazione in
una situazione di transizione: il condotto rimane aperto e il sangue continua a uscire. (B) Se
ho un taglio netto succede che l’arteria fa un effetto turnike (lacci che si mettono attorno a
una struttura vascolare che sta sanguinando) perché la parte vascolare si contrae, chiude il
vaso e questo porta a una minor perdita di sangue. (C) Altra situazione è l’effetto di un
evento contusivi, non ho la lacerazione dell’intima ma della media con la formazione di un
ematoma intramurale (dentro la parete del vaso), questo può creare un ridotto flusso di sangue, viene facilitata la
trombosi (pz ha un ridotto flusso ematico e di contro può chiudersi per la subentrante formazione di un trombo).
Lesione dell’intima: può formarsi un trombo
- Arteria completamente sezionata (fig. B)
- Arteria parzialmente sezionata (fig. A)
- Contusione arteriosa senza soluzione di continuo (fig. C)

EVOLUZIONE DEL TRAUMA VASCOLARE


Pseudoaneurismi (o ematomi pulsanti) → fa anche da tampone, se arterioso non vado a incidere, andare
sull’ematoma significa essere in una situazione sicura e dei turnike. L’ematoma è sangue che esce e si raccoglie in
periferia al trauma. Le strutture fanno una capsula che nel tempo. Ho una dilatazione [nell’aneurisma vero riesco
a riconoscere gli strati dell’arteria], se la vado a vedere non trovo tutti gli strati. La terapia: evacuo e do un punto
Fistole artero – venose: comunicazione tra arteria e vena. Aneurisma post – traumatico: si ho una dilatazione, ma

se ho avuto un danno della parete ma non ho avuta una lacerazione, se seziono trovo tutti gli strati tipici della
parete.

L’esame più semplice è l’ecodoppler: ultrasuoni mi permettono di vedere la morfologia dei vasi, vedere se ho un
problema della parete. Gli esami di secondo livello sono l’angiotac (TAC con mezzo di contrasto) o l’angiografia
(inserisco un catetere nel vaso, metto del mezzo di contrasto e poi facciamo l’esame). Le possibili terapie. Di
fronte a un trauma vascolare possiamo fare una sutura diretta, posso mettere un patch che copre la lesione o
posso fare una sostituzione vascolare (tratto di vaso danneggiato lo asporto e vado a posizionare un ponte di
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protesi). Con dei cateteri posso portare via la zona trombotica, funziona se ho una lesione intimale e poi metto
una protesi per non creare turbolenze di flusso

SINDROME COMPARTIMENTALE
Aumento della pressione all’interno di una loggia muscolare che determina ischemia e conseguente necrosi
muscolare. Cause portano l’aumentato volume nel comparto o una compressione eccessiva esterna
CAUSE
- Gravi lesioni vascolari da schiacciamento
- Riperfusione vascolare arto ischemico per aumento della permeabilità capillare
- Compressione esterna prolungata
- Ustioni
SEGNI E SINTOMI
- Dolore ingravescente
- Tensione palpabile della loggia muscolare
- Asimmetria
- Sensibilità alterata
- Danno neuromuscolare
- Misurazione della pressione compartimentale: > 30-45mmHg
TRATTAMENTO
- Fasciotomia: incisioni a segmenti che aprono la cute e i tessuti molli, devo incidere le fasce, lascio aperte
finché l’edema si risolve e poi faccio la sintesi [nell’addome apro e lascio parto

ANEURISMA
ANEURISMA DELL’AORTA ADDOMINALE
Aneurisma Dilatazione permanente di un’arteria dovuta ad alterazioni della parete con interruzione parziale della
componente elastica e muscolare. Aneurisma falso o pseudoaneurisma Cavità contente sangue in comunicazione
con il lume dell’arteria; nella parete sono assenti elementi elastici o muscolari
Gli aneurismi dell’aorta addominale sottorenale sono i più frequenti.
- Incidenza: 5-7% dei soggetti ultrasessantenni
- Rottura: emergenza chirurgica con tasso di mortalità operatoria pari a 50%
- Rottura per diametro inferiore a 5,4 cm: 1%
- Rottura per diametro superiore a 7 cm: 32,5 %

CLASSIFICAZIONE
- VERI: riesco a vedere tutte le strutture della parete
- FALSI: quelli già visti, ho un ematoma
Configurazione: come si presentano
- SACCIFORMI vs FUSIFORMI
- Centrali
- Viscerali
- Periferici
Quando la sacca si forma posteriormente nella fase di rottura posteriormente trovo una resistenza che permette
di intervenire (ho la colonna vertebrale dietro), sono più portunato rispetto a una rottura che avviene
anteriormente (davanti aneurisma si rompe, rompe peritoneo, rottura ed emorragia in un unico tempo)

PATOGENESI
Congenita vs acquisiti
A parte le forme secondarie che sono quelle acquisite, le cause più frequenti sono forme degenerative che si
legano a un quadro arterosclerotico, posso avere degli aneurismi infiammatori, casi luteici (da treponema),
micotici

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CLINICA
Asintomatici: la diagnosi è occasionale, es. massa pulsante, oppure compressione delle strutture vicine. Possibile
ischemia acuta arti inferiori per trombo-embolia dell’aneurisma. Fissurati: tendenza a rapida espansione
volumetrica avvertibile palpatoriamente, dolore. Rotti: dolore a comparsa improvvisa, cianosi, ematoma, massa
pulsante palpabile

DIAGNOSI
- Ecografia con color-doppler
- TC/ANGIO-TC (gold standard) o RM
- Angiografia

STORIA NATURALE
Terapia conservativa: correzione di ciò che facilita accrescimento o d fattori che portino alla rottura (statine,
cessazione del fumo, controllo pressorio e follow-up)
- Cessazione del fumo: fattore di rischio per formazione, accrescimento e rottura dell’aneurisma
- Terapia della dislipidemia (statine)
- Controllo pressorio: beta bloccante
- Follow-up: US, TC e RMN
Chirurgia tradizionale
- Indicazioni
Urgenza: aneurisma in fissazione o rottura. Elezione: aneurismi asintomatici o sintomatici di diametro >5cm
Crescita superiore a 0,5cm in 6 mesi. Trattamento endovascolare:
- Esclusione dell’aneurisma dal flusso ematico ad alta pressione mediante la canalizzazione della
circolazione ottenuta con il posizionamento di una endoprotesi.

CHIRURGIA TRADIZIONALE3
La chirurgia è quella sostitutiva, cioè vado a sostituire la sacca neurismatica che si trovava nella sede, metto una
protesi nell’aorta a monte, poi attacco o sull’iliaca.
Complicanze
- Emorragia
- Ipotensione da declampaggio
- Insufficienza renale acuta → aneurisma necessita a chi opera di clampare i vasi renali
- Danno ureterale
- Ischemia degli arti inferiori
- Ileo paralitico
- Colite ischemica: elevata mortalità
- Paraplegia: più frequente negli aneurismi toraco-addominali
- Infezione protesica (necessita di rimuovere la protesi e confezionare un bypass extranatomico)
- Complicanze tardive: pseudoaneurisma anastomotico, fistola aorto-emterica, occlusione protesica,
infezione protesica

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urgenza: aneurisma in fissurazione o rottura; elezione: aneurismi asintomatici e sintomatici di diametro superiore a 5 cm,
Crescita superiore a 0,5 cm in 6 mesi, Eziologia luetica o traumatica. Sostituzione chirurgica diretta di un aneurisma dell’aorta
sottorenale con accesso transperitoneale o retroperitoneale mediante protesi sintetica. Di sicuro si fa in urgenza. Metodica
invasiva con buoni risultati a lungo termine , Tassi di mortalità e morbilità bassi in elezione.
Complicanze: Emorragia, ipotensione da clampaggio, Insufficienza renale acuta, lesione uretere: la vedo con ematuria (uretere
sx passa sopra la AA), Ischemia degli arti inferiori, Colite ischemica: elevata mortalità, Paraplegia: più frequente negli
aneurismi toraco-addominali per ipoafflusso al midollo, soprattutto in emergenza, infezione protesica (6%): necessita di
rimozione della protesi e creare un by-pass.. spesso difficili e quindi amputazione. ileo paralitico (perché è un intervento
chirurgico e perché la mesenterica inferiore può portare ad un ipoafflusso di sangue al sigma e al retto, in parte al colon
discendente, che può determinare una sofferenza che può trasformarsi in ileo paralitico), colite ischemica (elevata mortalità).
Complicanze tardive: pseudoaneurisma anastomotico, fistola aorto-enterica, occlusione protesica, infezione protesica.
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TRATTAMENTO ENDOVASCOLARE
Esclusione dell’aneurisma dal flusso ematico ad alta pressione mediante la “canalizzazione” della circolazione
ottenuta con il posizionamento di una endoprotesi. Metodica mininvasiva, eseguita sotto guida radiologica, sia in
AG o ALR.
Vantaggio
- Necessità di un accurato studio radiologico per confezionare una protesi su misura
- Bassa invasività: no laparotomia, perdite ematiche contenute, degenza ridotta
- Possibilità dell’anestesia loco-regionale: trattamento di pazienti ad elevato rischio anestesiologico
- No clampaggio aortico diretto
Complicanze protesi
- Riperfusione dell’aneurisma
- Rottura aneurismatica
- Trombosi branche protesiche
- Infezioni
- Tasso di conversione 3-10%
Open Radiologia
Invasività Mini invasività
Applicabilità universale Limitazione anatomiche
Degenza media 6-7gg Degenza media 2-4gg

LESIONI DA CAUSTICI
Analizzeremo in questo
ultimo paragrafo le
lesioni da caustici che
interessano l’esofago e
lo stomaco. Ambito di
queste lesioni è più che
altro la medicina
(terapia medica), ma
rientra anche nel
settore della chirurgia
d’urgenza. Le lesioni di
questo tipo sono
causate dall’ingestione
di sostanze caustiche che hanno un pH compreso tra 0 – 2 e 11 – 12. Vediamo di che si tratta:
- Alcali: soda caustica, potassa caustica, etc
- Acidi: solforico, cloridrico, muriatico, etc
L’ingestione di queste sostanze porta a coagulazione proteica e disidratazione. Vediamo un’altra differenza che
riguarda queste due classi di sostanze:
- Acidi forti: danni maggiori a livello gastrico.
- Alcali forti: danni maggiori a livello esofageo.
Lo stomaco risente di più di un agente acido perché possiede già di suo un pH basso. A livello peptico, invece, una
sostanza alcalina subisce il tampone dell’acidità gastrica e il danno è più lieve.
Tutte queste sostanze agiscono per contatto diretto. I soggetti più predisposti sono i bambini e gli anziani per un
errore di assunzione. Una terza categoria raccoglie gli adulti con scopo suicida. Vediamo qualche dato al riguardo:
- 52% accidentale
- 48% a scopo suicida
Alterazioni anatomiche
- Eritema e edema
- Trombosi dei vasi
- Necrosi superficiale, ulcerazioni
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- Necrosi profonde
- Perforazione
Alcuni parametri riguardanti la gravità del danno a rrecato, la quale è direttamente proporzionale a:
- Quantità di caustico ingerito
- Sua concentrazione
- Durata della sua permanenza sulla mucosa
- Posizione del tronco
- Alcali fanno un danno necrotico colliquativo maggiore rispetto agli acidi
Il danno può portare a perforazione, tessuto infiammatorio, sclerosi, stenosi
Evoluzione delle lesioni da caustici
Queste lesioni evolvono secondo tre stadi:
1. STATO INFIAMMATORIO: primi 4 – 7 giorni con un picco nelle prime 48 ore.
2. GRANULAZIONE: dalla 4^ alla 7^ giornata, in questa fase è massimo il rischio di perforazione.
3. CICATRIZZAZIONE: dalla 3^ settimana ad alcuni anni, con esito di fibrosi – stenosi.
Sintomatologia
- Dolore urente retrosternale – epigastrico
- Scialorrea
- Ematemesi
- Segni di mediastinite e/o peritonite
- Crisi asfittiche da spasmo della glottide
- Stato di shock
- Disfagia
Diagnosi
- Rx torace e Rx diretta addome
- TAC
- EGDS (EsofagoGastroDuodenoScopia)/Rx con gastrographin

Piano assistenziale
- Lavanda gastrica
- Utilizzo di sostanze tampone o antidoti
- Antisecretivo
- NPT
- Antibiotico
- Chirurgia demolitiva in caso di perforazione
- Dopo 15gg cortisone?
- Sentito centro anti-veleni
Complicanze tardive
- Disfagia da stenosi: difficile la dilatazione endoscopica, quindi il trattamento sarà chirurgico
- Cancerizzazione
Si può intervenire rimuovendo esofago e stomaco e ricostruire con il colon.
Si può togliere parte di esofago e ricostruzione con stomaco: spesso difficile perché anche lo stomaco è rovinato

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LE EMORRAGIE DIGESTIVE
Con questo termine vengono compresi tutti i sanguinamenti che originano dall’apparato digerente
indipendentemente dalla sede, causa, entità e modalità d’insorgenza dell’emorragia.
Epidemiologia:
- Ricoveri: 100 – 150 casi per 100.000 abitanti all’a nno
- 80% emorragie alte
- Mortalità in caso di emorragia alta: 10%
Classificazione in:
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- Emorragie digestive alte
- Emorragie digestive basse

EMORRAGIE DIGESTIVE ALTE


Le emorragie digestive alte comprendono i sanguinamenti la cui
fonte emorragica è localizzata prima del legamento di Treitz (che
segna il punto di passaggio tra il duodeno e il digiuno).
Cause
- Emorragie digestive alte
o Erosioni gastriche
o Ulcera duodenale
o Ulcera gastrica
o Varici esofagee
o S. di Mallory
Le cause sono molte, di seguito verranno analizzate le più comuni.

EMORRAGIE ESOFAGEE
Rottura di varici esofagee: evento drammatico, caratteristico di un
quadro di ipertensione portale in un soggetto cirrotico. L’emorragia
prende origine dalla rottura dei plessi venosi sottomucosi, risulta
essere ad alto regime pressorio. Ricordiamo inoltre che il paziente
cirrotico è solitamente deficitario sotto l’aspetto emocoagulativo. I
sintomi più evidenti sono l’ ematemesi, a volte associata a melena, che può portare a morte i l paziente in
maniera precoce. L’exitus, purtroppo, capita di frequente.
Vediamo le due soluzioni possibili:
- Legatura o cauterizzazione delle varici. Questa è la soluzione più attuale. Si lega il gavocciolo e questo
cadrà nel giro di alcuni giorni che non dovrebbe dare conseguenze, stessa cosa che si fa per le emorroidi
- Inserimento del sondino di Blackmore: la sonda di Blackmore è una vecchia soluzione per le varici
esofagee. Come si può vedere dall’immagine sottostante ci sono due palloncini di cui il distale dovrebbe
andare a livello gastrico, mentre il salsicciotto prossimale dovrebbe arrivare nella parte caudale
dell’esofago. Si dice “dovrebbe” perché il posizionamento viene fatto alla cieca attraverso il SNG. Può
essere utilizzato in pazienti che sanguinano e che l’endoscopista non riesce a salvare
- Ma anche shunt porto cavale: attacco la porta alla cava
- TIPSS: inserzione di by-pass tra cava e porta per via giugulare . La complicanza, quasi sempre presente in
questi ultimi due interventi, è l’encefalopatia epatica
- Trapianto di fegato
Esofagite peptica: Può essere presente una concomitante ernia iatale . Solitamente non si tratta di un evento
acuto ma di uno stillicidio cronico.

EMORRAGIE GASTRODUODENALI: rappresentano i sanguinamenti digestivi più frequenti.


Ulcera gastroduodenale: il 60 – 80 % dei pazienti con ulcera sviluppa in corso della vita una complicanza
emorragica. L’emorragia si verifica per erosione di un vaso vicino all’ulcera o nel fondo del cratere ulceroso. Una
complicanza di questo quadro clinico è la perforazione, che va trattata chirurgicamente.
Lesioni acute erosive: da farmaci per alterazione della barriera protettiva gastrica.

EMORRAGIE DIGESTIVE BASSE


Comprendono i sanguinamenti la cui fonte emorragica è localizzata dopo il legamento di Treitz: dal digiuno al
canale anale.
EMORRAGIE DEL TENUE MESENTERIALE: sono relativamente poco frequenti. Ricordiamo due patologie localizzate
a livello di ileo terminale: Morbo di Crohn e diverticolo di Meckel, ma anche angiodisplasie. Questo sito
anatomico, come risaputo, è di difficile accesso per quanto riguarda procedure diagnostiche.
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EMORRAGIE COLO – RETTALI: un sanguinamento da questa sede deve fare sempre sospettare la presenza di una
lesione neoplastica. Ricordiamo inoltre altre cause: RCU, diverticoli, angiodisplasie. In acuzie la colonscopia è di
difficile esecuzione a causa del colon che non è stato pulito.
EMORRAGIE DEL CANALE ANALE: a differenza degli altri distretti, questo è facilmente obiettivabile. La causa più
frequente è la presenza di emorroidi, ragadi [bisogna chiedere quanto sanguina, perché le emorroidi sanguinano
di più ed è dopo la defecazione l’utente ci dice che ha visto del sangue rosso nel water oppure dice che dopo aver
defecato ha delle perdite di sangue. La ragade è un’ulcera in realtà sanguina pochissimo, quando pulisco c’è un
graffio, uno striscio e dà dolore]
Le angiodisplasie sono grovigli di vasi che si formano in maniera anomala a livello sottomucoso. Tendono
facilmente a sanguinare e, a livello del tenue, sono di difficile individuazione perché il sangue fuoriuscito segue la
via peristaltica ma anche quella antiperistaltica. Per quanto riguarda i sanguinamenti anali, invece, derivano
spesso da emorroidi (la ragade sanguina meno ma è caratterizzata da un forte dolore correlato alla contrazione
sfinterica, che invece non è presente in maniera così importante nelle emorroidi).

QUADRO CLINICO
Sanguinamento “occulto”: stillicidio emorragico cronico solitamente di origine neoplastica. La perdita ematica è
sospettata sulla base di segni riflessi: astenia, pallore, dispnea, palpitazione, ipotensione, ecc. Il paziente è
anemico. → paziente con uno o più polipi che stanno sanguinando, ma in questo caso ho sangue quindi posso
avere un’emorragia gastrica
Sanguinamento massivo: impossibilità di perseguire in tempi rapidi una diagnosi e una terapia. È il caso di lesioni
di grossi vasi (fisto la aorto – esofagea, fistola aorto – digiunale) 4. Morte del paziente.
Sanguinamento clinicamente evidente: sono presenti i segni generali di anemizzazione acuta e il segno obiettivo
di sangue raccolto nel lume intestinale.

LA SINTOMATOLOGIA
L’emissione di sangue raccolto nel lume intestinale può avvenire per via orale e/o per via anale. Per via orale:
Rigurgito ematico: emesso a bocca piena di colorito rosso scuro (venoso), non collegato a vomito. Ha origine
esofagea ed è caratteristico della rottura delle varici esofagee. È differente (anche se la distinzione è meramente
scolastica) dall’ematemesi.
Ematemesi: emesso con il meccanismo del vomito di colore nerastro, coagulato per l’azione dei succhi gastrici. Ha
origine prevalentemente gastrica. (diagnosi differenziale con emoftoe, dove il sangue proviene dalle vie aeree ed
è roseo e schiumoso)
Per via anale:
- Melena: emissione di feci liquide miste a sangue digerito, nerastro e fetido per via della prolungata azione
batterica. È un segn o di sanguinamento a livello alto. Può essere o meno associata all’em atemesi.
- Enterorragia: sangue mescolato alle feci, digerito e no. Origina a livello entero – colico.
- Rettorragia: il sangue, di colore rosso vivo, vernicia le feci già formate. Il sanguinamento “goccia a
goccia” a fine defecazio ne è caratteristico delle emorroidi.
Organo Ematemesi/rigurgito Malena/enterroragia Rettorragia
Esofago
Stomaco e duodeno
Intestino tenue
Colon
Retto e canale anale

DIAGNOSI
La diagnostica segue il percorso seguente in ordine temporale:
1. Posizionamento SNG ed aspirazione del contenuto gastrico (se il sanguinamento è alto).
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La causa di una fistola aorto – digiunale può esse re, ad esempio, il cedimento dell’anastomosi superiore di una protesi
aortica; l’alta pressione del sangue che esce dalla deiscenza anastomotica lacera la parete digiunale e vi penetra, provocando
l’emorragia. La causa di una fistola aorto – esofagea può essere ad esempio una neoformazione.
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2. Esplorazione rettale (ogni volta che sospetto un sanguinamento). Se trovo melena il sanguinamento è
alto, se trovo sangue rosso vivo il sanguinamento è basso.
3. Esofagogastroduodenoscopia (EGDS).
4. Anorettoscopia
5. Rettosigmoidoscopia.
6. Colonscopia.
7. Angiografia. [angioTAC mi permette di vedere il sanguinamento e dove, il pz trova come trattamento
un’angiografia]
8. Clisma del tenue (no in urgenza).
9. Scintigrafia con emazie marcate (no in urgenza).
Le prime due procedure diagnostiche vanno fatte per prime, successivamente si esegue la diagnostica. In
sanguinamenti alti e in situazioni di urgenza si può eseguire una gastroscopia, nelle situazioni di urgenza in
sanguinamenti bassi la procedura è la rettoscopia (bene per le emorroidi, no per i diverticoli che sono localizzati
ad un livello più alto); in quest’ultimo caso, se devo effettuare il trattamento, il paziente va preparato come per
eseguire la colonscopia. Attraverso l’esofagoscopia posso sia osservare che trattare il sanguinamento (procedura
diagnostico – terapeutica). L’angiografia va bene in urgenza per capire la sede di sanguinamento (specialmente a
livello del tenue). Anche l’angiografia è una procedura diagnostico – terapeutica, che mi consente sia di localizzare
che di trattare le angiodisplasie. La scintigrafia non va fatta in urgenza, inoltre non fornisce immagini ad alta
definizione, quindi risulta essere di poco aiuto. Nel sanguinamento intestinale cronico si può, infine, far ingoiare al
paziente la video capsula, che scatterà delle fotografie mentre percorre il tratto gastrointestinale. Questa
metodica può permettere di vedere la lesione, se si è fortunati, ma non dà assolutamente la certezza sull’esatta
posizione.

TRATTAMENTO
Per quanto riguarda il trattamento esistono 4 possibilità, come illustrato dalla tabella seguente.

Procoagulanti (vitamina K) o plasma fresco si possono utilizzare in pazienti con varici esofagee sanguinanti
(pazienti epatopatici). La somatostatina è un vasocostrittore splancnico.
PRINCIPI DI TRATTAMENTO D’EMERGENZA
Obiettivo 1: valutazione dell’entità e attività dell’emorragia (anemizzazione importante).
- Anamnesi ed esame obiettivo
- Pressione arteriosa (< 90 mmHg)
- Frequenza cardiaca (> 100)
- Segni clinici: cute fredda, pallida, sudorazione, tachipnea
- Riserva cardiocircolatoria riferita all’età
- Emocromo con tipizzazione dell’emogruppo
- Prove emogeniche, elettroliti, creatinemia
Obiettivo 2: stabilizzazione cardiovascolare.
- Posizione di Trendelemburg
- Via periferica per una rapida riespansione del volume circolante
- Trasfusione di emazie guidata dall’entità stimata dell’emorragia, ma anche dalla presenza di patologie
concomitanti (cardiache o cerebrali)
Obiettivo 3: diagnosi di sede.
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- Anamnesi
- Esame obiettivo
- Sondaggio gastrico
- Diagnosi differenziale tra emorragie alte o basse
- Condizioni del paziente
- Endoscopia
- Terapia medica
La prima cosa da fare è prendere un accesso venoso. Come già visto in precedenza, la sonda di Blackmore è una
vecchia soluzione per le varici esofagee. Come si può vedere dall’immagine sottostante ci sono due palloncini di
cui il distale dovrebbe andare a livello gastrico, mentre il salsicciotto prossimale dovrebbe arrivare nella parte
caudale dell’esofago. Si dice “dovrebbe” perché il posizionamento viene fatto alla cieca attraverso il SNG. Può
essere utilizzato in pazienti che sanguinano e che l’endoscopista non riesce a salvare. La foto in basso al centro
illustra la procedura della TIPSS, mentre la foto a destra è una specie di TIPSS che veniva eseguita negli anni ’80 in
urgenza. La complicanza, quasi sempre presente in questi ultimi due interventi, è l’encefalopatia epatica

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