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'liti l nltt; Ìonc di Costantino Marmo.

La soluzione di Boezio rispondeva comune di tutti gli esseri provvisti di ragione che Dio è eterno.
•Il• ·lt 11Jliltll Il· di J>orfìrio, ma lasciava intendere cb e qualcosa potesse esse- Consideriamo dunque che cosa sia l'eternità; questa infatti ci di-
" 11lu ~~~·N!Jo rcmpo sin~oJare e universale, aprendo cosìla via a paradossi
svelerà nello stesso tempo e la natura e la scienza divina. L'eter-
• t.. n,•ntllt;tllsrno e realismo avrebbero fatto propri ·o confutato soprattut-
" • • 1•.111 i n· d1tl x:nsecolo. nità, dunque, è il possesso sim ultaneo e perfetto della vita senza
termine, cosa che apparirà più chiara da un confronto coh le
l1· P•tttint: che seguono sono tratte da: Severino Boezio, l. De consola- realtà temporali. Tutto ciò che vive nel tempo procede nel presen-
/Oli• /lh~lo.rophiae, V 6, tr. it. di L. Obertello, Rusconi, Milano 1996, pp. te dal passato verso il futuro, e non v'è nulla, di quel che è colloca-
'h 1'\1; 2. De hebdomadibus, tr. it. di L. Obertello, in Consolazione della to nel tempo, che possa abbracciare tutto insieme lo spazio della
/1101n}i11 c Opuscoli teologici, Rusconi, a cura di L. Obertello e A. Ribet, Mi- propria vita; mentre non riesce ancora ad ~ff~rrare quel che ~v'­
l mo ll)7'), PP· 381-3 91; 3. ~n Isagogen Porphyrii commenta, Editto secunda, verrà domani, ha già perso quel che è stato 1en; e anche nella VIta
l Il , a t'lira d t S. Brandt, Vmdobonae-Lipsiae, Tempsky-Freitag 1906, pp.
,,) fllOc 164-L66 (tUt. di C. Marmo). dell'oggi vivete soltanto nell'attimo mobile e fuggente. Pe~tanto,
tutto ciò che è condizionato dal tempo, anche se, come ntenne
Pt•r llj.>p~ofondire: L. Obertello, Severino Boezio, 2 voli., Accademia Li- Aristotele a proposito del mondo, non abbia mai iniziato a essere
IJUre di Scienze ~Lettere, Genova 1974; H. Chadwick (1981), Boezio. La e mai finisca, e la durata della sua vita coincida con l'infinità del
t'rJ//{~Jiat.iom: della musica, della logica, delta teologia e della filosofia, t r. i t. il tempo, tuttavia non è ancora tale da poter esser~ a ~uon diritto
Muhno, Bolt:>gpa 1~86; L. Obertello (a cura di), Atti del Congresso Interna-
1./r.JIIQ/e dt'Studi.Boeziam; Pavia, 5-8 ottobre 1980, Herder, Roma 1981; G.
giudicato eterno . Esso, infatti, non comprende ~ s~ e no~ a~­
O'Onqfv~o, Fans scientiae. La dialettica neti'Ocetdente tardo-antico, Liguo- braccia nella sua totalità simultaneamente lo spazto d1 una vtta s~a
rl, NapolJ 198<1;}. Magee, Boethizts on Signification and Mind Brill Leiden pure infinita, in quanto non possiede ancora le realtà future, e
1988; C. Micaelli, Studi sui trattati teologici di Boezio, D' Àuria,' Napoli non possiede più quelle già trascorse. Quell'ess.ere dunque eh~
1988; L. Obertello, Boezio e dintorni. Ricerche sulla cultura altomedievale racchiude e possiede in sé sinmltaneamente la p1enezza totale eli
Nnrdini, Firenze 1989; C. MicaeUi, Dio nel pensiero di Boezio D'Auria ' una vita senza fine, e al quale non manca nulla del futuro, nulla
Nap~li 199&; A. de Libera (1996), Il problema degli universali Platon; da del passato è sfuggito, quello solo a ragione vien g~u~ic~to essere
tllla /me del medioevo, tr. it. La Nuova ItaLa, Firenze 1999; Id., I.: art cles eterno ed è necessario che, pienamente padrone dt se, s1a sempre
IJ.~iitlrt~lité~: théories de l'abstraction, Aubier, Paris 1999, pp. 159-280; F.
(,RtttalJelh,Boezio, Edizioni liturgiche, Roma 1997; M.].F.M. Hoenen, L. presen~e e per così dire accanto a se stesso, e abbia a sé presente
Nt&Uiu (a cuça di), Boethius in the Middle Ages: Latin tmd Vemacular Tracli- l'infinito scorrere del tempo.
llillll' ofthe Consolatio Philosophwe, Brill, Leiden 1997; A. Galonnier (a cu- Errano dunque coloro che, venendo a conoscenza dell'opi-
ru di) , 8Qècq ou la chaine des savoirs. Actes du colloque international de la nione di Platone che questo mondo non ha avuto un inizio di tem-
"(mrltlh'ç,n Sir~ger-Po!t'gnac, Peeters, Louvain 2003; R. Pinzani, La logica di po, e non avrà fine, ritengono per que~t? cbe.~ mo~do cre.ato di-
1Jut'l i(J1 f\' çanco Angeli, Milano 2003. venga coeterno al suo Creatore. Altro e infatu d vemr tr~tu.lungo
l'arco di una vita senza termine - cosa che Platone attnbmsce al
mondo -, altro l'accogliere in sé la presenza totale e simultane~ ~i
~ (.o\I!So&-+t oK.t t'-~ .R.o .~.p~L,,· ~ Y 6 una vita senza fine, il che evidentemente è proprio alla mente divi-
na. Né Dio deve sembrare più antico delle cose create per quan-
Il . J>re.rc.ùnza divina e libertà umana] tità di tempo, ma piuttosto per prerogativa della sua semplice na-
l'uk•hé dunque, come poc'anzi si è dimostrato, tutto quel che tura. Il moto infinito delle cose temporali imita appunto quello
lu1111 l~ l' l' v1en conosciuto non in virtù della prop da natura, ma stato presenziale dell'immobile vita divina, e, non poten~lolo ri-
da l ltr.l'lln di col?ro che lo comprendono, vediamo ora, per quel produrre o eguagliare, dall'immobilità d?.cad~ nel mo~tmento,
Jlt l le' 1'01\lienl'tto, quale sia la condizione dell'essenza divina, co- dalla semplicità della presenza scema nell i.nfìnlta estenstone del
''" J'llll'l' tlnt!he riconoscere quale sia la sua scienza. È giudizio futuro e del passato. Pur non essendo in grado di possedere con-

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IIIIIJll)l'lmc.amcntc la pienezza totale della propria vita, ciò un111 dtt' sorge in cielo, distinguete l' una ~ali'altr~ cosa, p er
111 1
l IO, per il fatto stesso che in q u alche modo non cessa mtti ~~~, lr w diate insieme, e giudicate volo~tana !a prJma, ncces~
"HW, s.cmbra vole~ emulare in certa qual misura quel che noltf 8t'('onda. Cosl dunque l'intuito divmo, dtscernendo ogn~
1 stravolge per nulla la qu~~tà delle cose che sono a l.w
• ••tt:t.glJa.rc ed esprunere pienamente, awincendosi a quellttiHI
SflL'l'IC dl ~rcs;nza che è propria di questo breve e fuggcvolt• 11 mentre rispetto alla conclizwne del temp_o sono future.
11~t•n to. P~1d1e ~a tal presenza reca in sé così a dire un'immu~-1 1 1cnza, quando Dio conosce che accadra q_ ualc,he ~~sa
dt q~cll~ ~pentura, fornisce una p arvenza d 'esistenza a q\tl j !Hl priva del1a necessità di esister~~ questa non e un opmto-
ess~.:.l'l cu1 sta toccata in sorte; ma poiché non poté restare immnh Uilll conoscenza fondata sulla ven ta. .
~e, s1rese padron_a d'un infinito itinerario di tempo, prolunga 111 tu a questo punto dicessi che quel che_Dto vede nel futuro
m tal ~odo nel divenire quella vita che non poté abbracciare 11 lltt può non accadere, e che quel che non puo non accadere acca-
sua ~lenezza. stando immobile. Pertanto, se volessimo dare ullt' necessità, e mi mettessi alle strette su questo tema della ne-
cose ill?ro gtusto nome, diremmo, seguendo Platone, che Dio t ti manifesterò una realtà assolutamente vera, ma tale che a
crcrn~, il _mondo invece perpetuo. 11t.111,,..r'" vi potrebbe arrivare chi non sia ben addentro nella con-
Po~ffie, dunque, ogni facoltà di giudizio comprende secondo ]11 a~ione di Dio. Ti risponderò dunque che lo. stesso fu_turo, se
pro!?rta natura le cose che sono a lei sussunte, e Dio si trova sem considera in relazione alla conoscenza che D t? ne ha, e ~eces­
pr·c 1n un o.stato di eterna presen za, anche la sua scienza, travali quando lo si esamina invece nella sua p~ofpn~ ndatura e ~ssod~
cand~ ogru mutam ento temporale, rinlane nella semplicità dello illt~an1ertte libero e privo di vincoli. Vi sono m a tu ue specre 1
propna ptes~nza, e abbracciando tutti gli spazi infìniti del passato l'una semplice, come ad esempio che n ecessanamente
c del futuro li ~ontempla nel proprio semplice atto di'conoscenza, tutti gli domini sono mortali, l'altra ~ondizion.ale, co~e. ch~_se tu
C?me se awemsser? proprio in quel momento. Sicché, se vuoi giu llill· ch e un tale cammina , è necessano che egh cammtm. , Cto. che
d1~a~~ b~e la previdenza, con cui Egli discerne tutte le cose, ritcr- uno conosce non può essere diversamente da com_e e conoscmt~;
nu p1u gt~stame.nte che sia non prescienza, per così dire, del futu- ma questa necessità condizio~~e non.p.orta con se q~ella se~ph~
ro,. rn.a sctenz~ di una presenza ch e non viene mai meno; ragion p er cc. Non dà origine alla necessita condizwnale la n atma pro'?r,•a d1
ctu Vlen r_neglt? dett~ prowidenza che previdenza, p erché, posta una cosa, m a l'agg 1'unta eli una condizione; nessuna . necessita
. co-
ben lungJ dagli essen più bassi, vede dinanzi a sé l'universo tutto · infa tti a camminare colui che cammma
st rmge .
volontanamente,
li · · Al
come. dalla vetta più eccelsa delle cose. Perché dunque pretendi per quanto sia necessario che, mentr~ cammina, eg camm1m. ·
che dtvengan necessarie le cose che sono investite dalla luce divi- lo stesso modo , dunqu e • se la provviden za vede qualche cosa bb' 1
co-
na, quando n.emmeno gli uomini 1·endon necessarie quelle che ve- me presente, è necessario che essa si~ , per quan to .no? ne a , ta ~ ·
clono? Fo~se il tuo sguardo aggiunge una qualche necessità alle co- cuna necessità eli natura. O rbene, Dto vede come msteme. a se ~re~
se che~edi a te presenti? Per nulla! Ebbene, se è lecito un confron- . g1 · accadimenti futuri che provengono dalla liberta dt
to ln~ il presente divino e quello umano, come voi vedete alcune sent·1 ·que . ·1 quali dunque quando stan . ruentl
:c · · Il' ' · ·
a mtu1z1one d' ·
d eastone, 1 • d' ·tvt-
~.·nsc 111 questo vostro presente temporale, così Egli le penetra tutte . on necessari p er la condizione della conoscenza tv1na;
rwl suo presente eterno. La presdenza divina, quindi, non cambia na, d1veng d l' 1 l'b ' 1 Il
considerati invece in se stessi, non per ono asso uta t .erta c e a
l. t tHllma e le proprietà delle cose, e le vede dinanzi a sé presenti propna · na tur·a. Awerranno dunque senza alcun dubbto 1 tutte d' le
~·~~~n~ ~vverrat:no un giorno nel tempo. E non confonde insieme i cose ch e Dl0 . conosce in anticipo che avverranno, .m a a cune
. 1 es-
gnu ll~1 p01t att sulle cose, ma con un solo intuito delia sua mente se scaturiscono dal libero arbitrio, e, per quanto s1comptano, •: on
111
1tO~t·c ftpo in fondo tanto quel che avverrà necessariamente, per questo perdono la propria natura, in virtù ~eli~ qu~l~, pnma
qtulltlf\ quello che avverrà non necessariamente, come voi, quan- che si compissero, avrebbero potuto ancb.e non realizza.t st.
d,, \t'dl'l 1.: contemporaneamente un uomo che cammina sulla terra Ma che imporla - mi dirai - che non s1ano necessane, dal mo-

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,,,n,,o ctH.:, a causa della condiz ione della scienza divina, ne risul
. . . , - la ualità futura delle noslre azioni,
llT<t comunque un 'equivalente necessità ? Questo importa, cioC:.-, della sua Vlstone co.nv.c~ge c~n ( h. ai malvagi. Non invano son
dll' dc i fa tti cilati poco fa, il sole che sorge c l'uo mo c he cammin;~ dispensando. premt m uonl : cals. ~~ l Ile (fuando son rette, non
. . D S)Jer·lnze c P' eg 1te i c, c ' ""~ . . .
(dut: eventi c he, mentre avvengono, non possono non avvenire), l'l poste tn IO < • • 1 e dai v1z1 pratt-
Possono non avere e lCC . ·ffi tcia Allontanatevi c unqu - '
l'uno, ancor prima che accadesse, doveva necessariamente csistt: . · • .. -e indirizzate al cie-
l' OlmO H giUSLC SpCI clll Z '
ca te le vtnu , mna zat~ a b
. • . j
re, l'a ltro no; così pure, quelle realtà che Dio ha a sé presenti senza olcte fingere di non saper-
·1· l . . V'mcom e se non v .
alt:~ m dubbio esistono, ma di esse alcune scatu riscono dalla ncces lo umt l preg 1ICJe .. , ,. . . . , t t" )Joiché le vostre azioni SI com-
s ità naturale, altre d alla volontà di coloro che le compio no. Non a lo U na gran necessita c l essere re ': . .
'
piono dinan zi agli occh.' cl.'un g .tucl' cc c he vede oon"' J cosa.
to rto dunque dicemmo che queste cose, se si considcntno nella lo-
ro relazio ne alla conoscen za divina, son necessarie, se si conside-
rano in se stesse son libe re d ai vincoli della necessità, così come
D o.. ~ ~ b .ol0 1\,U o...oLbu .r
lntto quello che i sensi percepiscono è unive rsa le se lo s i rife risce
alla ragione, partico lare se lo si riferisce a se stesso. [ / ' .. .. , •"ciòcbeè"l · l ·
2. A'.I.IlU c l , ·uolc
.
'ICCatle re ne Il a n1·tl
' em·ttic·t
' , c anche 111 a li c
C
Ma se è in mio pote re- dirai - di cambiare proposito, vanil-ì- ome c unquc ~ ' . l fi ·. . i c ·ti cune nonne secon-
disciplinc, ho premesso alcun e c e nJzton '
chc rò la provvidenza, quando per caso cambierò i miei intendi-
menti, che essa conosce in preceden za. Ti risponderò che puoi ben do cui sviluppcr~ quel che scg~cll· ncntc è una e nun ciazione che
cambiare il tuo proposito. ma non puoi sottra rti alla presciel17.a di - l. Una conccZI011C con: un,e ve eli SC)nO di due specie: l'una è in
)pcn·J h st oc e c ne. .
vina, poich é la presente ve rità della provvidenza vede che puoi far- si accclla no n Hl J;.
ri-1 di Lutti gli uomini , come se S I
lo , e se lo fai, c a che cosa ti volgi, come non porresti sfuggire allo
' '.
tal modo com.unc, da ess~.'c l
.
0
t d:
lue nume ri eguali , quelli che
dice: "Se togli due ~:!meu egua l a cprendcndolo, pot rcbbc ne-
sguardo di un occh io c he ti stia addosso, per quanto con liberavo-
lontà tu ti volga alle azioni più svariate. Ma ~d!ora, chiede rai, la
, cgualt · nessuno, com . . l 1·
restano •sono .. l d . d tti per quanto dcnvJ t a ta '
l l 1 -.. nopna so tanto e1 o •
scienza divina si mute rà a seconda della mia disposizione, così che ga r o. ·,a tra c l · ; dell'ammo. come.. "Quel che è incorporeo,
quando io voglia o r questo or quello anch 'essa sembri alrcrnare il comuni con cczi·Ot··
1
. ,.
non è nello spazio . c via c I C~n o, .c
d.
ioè proposizioni che non sono
modo di conoscere? Niente affatto. L'intuizione divina precorre
ogni evento futuro, c Io ritrae e lo richiama alla presenza della pro- comprovale dal :?lgo, ?1<1 dal dd?ltl: .·. l'essere stesso, in faLLi, non è
l . . . ·c c CIO che e sono IVCJsJ. . . .
pria conoscenza; e non s'alterna, come tu credi, nel prevedere ora I l. ,essei ., . . . .· · vuta la fo rma de ll'essere, è c sussiste.. ,
(jiiCSlo ora quello, ma in un solo semplice sgwu·do, restando im- ancont. ma CIO che C,I JCe . l he cos·r ma l'essere In se
( '"'·l 'è )HiÒ partectpa re aquac ·'• . . . [ .
mota, pre viene c abbraccia i tuoi cambiame nti. l ~ questa poleiJZa 111. ,IO(lc l 11 L·~partecipazioncsi 11HJ n .at-
di comprendere c di vedere tutte le cose Dio non l'ha dall 'esito del- non partccipn in alcun m~~c.o a nu a.lcl1e cosa è quando abbia ac-
le rcalt;l fulure, ma dalla propria scmplici t~l. Viene in tal mo do ri li. C)Uéll1l l<) <.J tJ ·tlc·l·l'
' . ....' cosa "'a c; ma qua
. ,... ' '
sol la <lnche la questione pos ta poco fa , cioè che sa rebbe indegna colto in sé l'essere.. l . · l ·he cos·l ·tl di fuori di quel che
msa il dire che Je OOStrc azioni (uturc sian C<HISll della scienz<t divi- IV. Ciò c he è puo possc~ c Jc_ qu,t cl l tr~ 'a sé unito tranne se
. . c,
esso stesso -.. ,,,.1
' l' "sscrc
..... · 111 se IlO n la a . '
Il .!. l '" forza dcJla scien za divina. infaui , abbracciando turte le cose
con 1:! s 11a conoscenza presenziale, ha fissato a ogni cosa il proprio stesso:
limil l',L' nulla deve a quelle che avverranno in seg ui to. \' l: d i\'crso l.esser so lt an l o qu,t. lcht: cosa . cd essere qualche co-
.. .', -.. 1: .·. 'ndc l'accidente, qu i la sost:mza.
<:io posi o, resta intatta agli uomini la libertà della scelta, c non s·tlll CIOChcc, dS III1IC ..• j • .. ))"J. CSS"I·c J>H r-
·' . · • JJ CIOC 1CCCSSC' IC, '- "'" '
lllglll sl:llliL'Illt: le leggi stabiliscono pene c premi. poiché le loro \'1. Tut lo quel che pallCCipl,tlc, ... ,. J>c rciò quel che è parte-
. l l l cr essere qua c 1<.: cos,t. 1, l l
' nln111 a o.;o 11 libe re da qualsiasi necessità; e resta che Dio 1ullo co- teclpa
. tro ' ,.~ essere
,.Ht··~ ·a cl1' .. J1CJ. essei
, .. . .c.,..
ccl c'· ))Cr J1<trLcciparc :Il a tro,
c1pa t 1 c o '" .... · •
""''' 111 .1111 inpo, g11ardando dall 'alto. L'eternità sempre presen te
q uale che sia.
-IO
-Il
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VII. ?gni r: altàsemplice possiede come una unità il proprio CII bl loro sarebbe d iverso l'essere e l 'essere b uone. Se poi non fosse-
sere e cto che e. 1ah ro che buone- e non p esan ti né colo rate né estese nello spa-
VIII. In ogni realtà comp osita altro è l'essere, altro l"'è" in 5, hl , c non vi fosse in esse alcuna qualità se non soltanto l'essere
stesso. buone, non parrebbero essere cose, ma il principio delle cose; e
. IX. Ogni diversità è discorde, mentre la somiglianza deve essere que non parrebbero, ma parrebbe. ~i è infatti un~ so~a realtà
ncerc~ta; c quel che desidera qualch e cosa, si dimostra esser tale, tu l genere, che sia soltanto bene e null altro. Ma potcbe queste
quale e q uello che desidera. cose non sono semplici, non avrebbero potuto neppure essere, se
~on? suf-fìd en ti le nozioni premesse. Il pruden te esegeta del lo· l'unico bene non avesse voluto che fossero. Per questo sono dette
ro st~nifi~ato annetterà ogni principio agli argomenti che gli sono buone, perché il loro essere è scaturito dalia volontà del bene. In-
pcrtmentt. fatti jJ primo bene, poiché è, è buono in ~iò che è; ma ~ be~e se-
L,a q~e_stione è di q uesta natura. Le realtà che sono, sono buo- co ndo anch'esso è buono, poiché è scatunto da quello, tl cu1stes-
ne; l optmone comune dei dotti ritiene infatti che tutto q uel che è so essere è buono. Ma lo stesso essere di ogni realtà è scaturito dal
tende al bene. M a tutto tende al proprio simile; du nq ue le realtà primo bene, e da quel bene che .è tale che giustamet~te si dice~­
a!
che tendono bene sono beni esse stesse. Ma in q ual mod o son sete bene in ciò che è . D unq ue il loro stesso essere e buono; e m
buone- dobbta~o ci:iederci -, p er partecipazione o per sostan- effetti non sarebbero b uone in ciò che sono, se non fossero scatu-
za? Se P~~- part~ctpazwn~, ~on sono in alcun modo buone di per rite dal primo bene. . . .
se st~sse, infatti q uel che e btanco per partecipazione non è bian- Con ciò il problema è risolto. Per quanto mfatu le cose stano
co d~ ~er se stesso in ciò che è. E si può dire lo stess~ delle altre buone in ciò che sono, non sono tuttavia simili al primo bene, poi-
qualtta. Se d~que son buone per p artecipazione, di per sé n on ché il loro essere non è buono sotto tutti gli aspetti. Ma poiché
sono buo ne m alcun modo; non ten dono perciò al bene. Ma si è l'essere stesso deUe cose non può essere, se non sia scaturito dal
c?nce~so ch e vi tendono; non sono dunque buone per partecipa- primo essere, ossia dal bene, perciò _l' esse.r~ stesso~ bu.~no e ?oo è
ZiOne, ~a ?.er sostanza. Le realtà la cui sostanza è b uona, sono simile a quello da cui proviene, che infatti e buono m cto che e so t-
buone m CJO che [son o]; ma ciò ch e sono l'hann o da ciò che è es- to tutti gli aspetti; non è infatti altro che bene. Ma questo bene, ~e
sere. TI loro essere è dunque buono; e d unque l'essere stesso di non derivasse da quello, forse potrebbe essere buono; e tuttavia
tu tte le cose è buono. Ma se l'essere è buono le real tà che sono non potrebbe essere buono in ciò che è.
sono buon e in ciò che sono, ed è in lo ro identi~o l 'essere e l 'esser~ Potrebbe forse in tal caso partecipare al bene; ma quello stesso
buone; e : ono pert~nto beni sostan ziali, poiché non pa rtecipan o essere che non riceverebbero dal bene, non potrebbero riceverlo
alla b?n ta. M a se l essere stesso in esse è b uo no, n on vi è alc un b uono. Pertanto, se si toglie loro il primo bene con un'astrazione
dubbt~, che, essendo beni sostanziali, siano simiU al primo bene, men.tale, queste realtà per q uanto siano buone, tuttavia non po-
e p ereto s~ranno q uesto stesso bene; nulla infatti è simile a lui trebbero essere buone in ciò che sono; e poiché non sarebbero
tranne egli stesso. Ne segu~ ch e tutte le realtà che sono sian o Dio potute esistere in atto se no n le avesse tratte all'essere q_uello c?e .è
C?_S~ che è empia a dirsi. Non sono dunq ue beni sostanziali, e per~ il vero bene, per q uesto il loro essere è buono; e tuttavta non e SI·
c~? m esse non vi è un essere b uon o; non sono dunq ue b uone in m ile al bene sostanziale ciò che da lui è scaturito. Se non ne fosse-
CIO che s_on o. ~a neppure partecipano d ella bontà; non ten de- ro scaturite, per quanto fossero buone, tuttavia non avreb?er?
rebbero mfattt rn alcun modo al bene, e dunque non sono in al- potuto essere buone in ciò che sono, poi~hé sarebbero state mdi-
CliO modo buone. pendenti dal bene c non sarebbero derivate d~] ben~, dato che
r... J quello stesso primo bene è J'essere in se_ stesso e il bene m se stesso
s~ d_unq ue fossero in qualche modo, non deriverebbero dal e l'esser buono in se stesso.
l >l'Ili.! Ile sarebbero buone, e non sarebbero identiche al bene, ma

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VII. ~gni r:altà semplice possiede come una unità il proprio <:Il Imo sarebbe diverso l'essere e l'essere buone. Se poi non fosse-
sere e cto che e. tr·o che buone- e non pesanti né colorate né estese nello spa-
vrn. In ogni realtà composita altro è l'essere, altro l"'è" in lW e non vi fosse in esse alcuna qualità se non solt~mto l'essere
stesso. ' , non parrebbero essere cose, ma il principio delle cose; e
. IX. Ogni diversità è discorde, mentre la somiglianza deve essere non parrebbero, ma parrebbe. Vi è infatti una sola realtà
ncerc~ta; e quel che desidera qualche cosa, si dimostra esser tale, tnl genere, che sia soltanto bene e null' altro. Ma poiché queste
quale e quello che desidera. c.:ose non sono semplici, non avrebbero potuto neppure essere, se
~on? sufficienti le nozioni premesse. Il prudente esegeta dello· l'unk0 bene non avesse voluto che fossero. Per questo sono dette
ro st~nifì~ato annetterà ogni principio agli argomenti che gli sono buon~, perché i! loro essere è scaturito dalla volontà del bene. In-
pertmentt. fatti il primo bene, poiché è, è buono in ~iò che è; ma i~ be?e se-
L,a q~e.stione è di questa natura. Le realtà che sono, sono buo- condo anch'esso è buono, poiché è scatunto da quello, il cutstes-
ne; l Oplntone comune dei dotti ritiene infatti che tutto quel che è so èssere è buono. Ma lo stesso essere di ogni realtà è scaturito dal
tende al bene. Ma tutto tende al proprio simile; dunque Je realtà ~rimo bene, e da quel bene che .è tale che giustamet:te si dice e~­
che tendono~ ben e s~no beni esse stesse. Ma in qual modo son sere bene in ciò che è. Dunque il loro stesso essere e buono; e m
buone- dobbta~o c?tederci -,per partecipazione o per sostan- effetti non sarebbero buone in ciò che sono, se non fossero scatu-
za? Se P~~- part~c1paz10n<:, ~on sono in alcun modo buone di per rite dal primo bene. . . .
se st~sse, mfattl quel che e btanco per partecipazione, non è bian- Con ciò il problema è risolto. Per quanto mfatttle cose stano
co~ ~erse stesso in ciò che è. E si può dire lo stesso delle altre buone in ciò che sono, non sono tuttavia simili al primo bene, poi-
qualita. Se d.unque son buone per partecipazione, di per sé non ché il loro essere non è buono sotto tutti gli aspetti. Ma poiché
sono buone 111 alcun modo; non tendono perciò al bene. Ma si è l'essere stesso delle cose non può essere, se non sia scaturito dal
c?ncesso che vi tendono; n on sono dunque buone per partecipa- primo essere, ossia d.al bet~e, perciò .l' esse.r~ stesso~ bu.~no e ~on è
zwne, ~a ~er sostanza. Le realtà la cui sostanza è buona, sono simile a quello da cu1 provtene, che mfattt e buono m cJo che e sot-
buone m CIO che [sono]; ma ciò che sono l' hanno da ciò che è es- to tutti gli aspetti; non è infatti altro che b ene. Ma questo bene, ~e
n
sere. loro essere è dunque buono; e dunque l'essere stesso di non derivasse da quello, forse potrebbe essere buono; e tuttavia
tutte le cose è buono. Ma se l'essere è buono, le realtà che sono non potrebbe essere buono in ciò che è.
sono buone in ciò che sono, ed è in loro identico l'esseree l'esser~ Potrebbe forse in tal caso partecipare al bene; ma quello stesso
buone; e ~ono pertanto beni sostanziali, poiché non partecipano essere che non riceverebbero dal bene, non potrebbero riceverlo
alla b?nta. Ma se l'essere stesso in esse è buono, non vi è alcun buono. Pertanto, se si toglie loro il primo bene con un'astrazione
dubbt~,che, essendo beni sostanziali, siano simili al primo bene, mentale, queste realtà per quanto siano buone, tuttavia non po-
e perc10 s~ranno questo stesso bene; nuJJa infatti è simile a lui trebbero essere buone in ciò che sono; e poiché non sarebbero
tranne egh stesso. Ne seguç:: che tutte le realtà che sono siano Dio potute esistere in atto se non le avesse tratte all'essere q.uello c~ e .è
c?,s~ che è empia a dirsi. Non sono dunque beni sostanziali, e per~ il vero bene, per questo il loro essere è buono; e tuttavta non e si-
c~? m esse non vi è un essere buono; non sono dunque buone in mile al bene sostanziale ciò che da lui è scaturito. Se non ne fosse-
ClO che s.ono . !'-'!a neppure partecipano delia bontà; non tende- ro scaturite, per quanto fossero buone, tuttavia non avreb?er?
rebbero tnfatttm alcun modo al bene, e dunque non sono in al- potuto essere buone in ciò che sono, poi~hé sarebbero state mdi-
C~lll modo buone. pendenti dal b~ne e non, s~rebbet:o denvate d~l ben~, dato che
[ ... ] quello stesso prm1o bene e l essere m se. stesso e il bene m se stesso
Se d_unque fossero in qualche modo, non deriverebbero dal e l'esser buono in se stesso.
hl't:tC ne sarebbero buone, e non sarebbero identiche al bene, ma

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