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Operette morali/Dialogo di un fisico e di un metafisico

Operette morali/Dialogo di un fisico e di un metafisico


Giacomo Leopardi - Operette morali (1827)

Dialogo di un fisico e di un metafisico


La scommessa di Prometeo Dialogo di Torquato Tasso e del suo Genio familiare

Fisico Eureca, eureca.[1] Metafisico Che ? che hai trovato? Fisico Larte di vivere lungamente.[2] Metafisico E cotesto libro che porti? Fisico Qui la dichiaro: e per questa invenzione, se gli altri vivranno lungo tempo, io vivr per lo meno in eterno; voglio dire che ne acquister gloria immortale. Metafisico Fa una cosa a mio modo. Trova una cassettina di piombo, chiudivi cotesto libro, sotterrala, e prima di morire ricordati di lasciar detto il luogo, acciocch vi si possa andare, e cavare il libro, quando sar trovata larte di vivere felicemente. Fisico E in questo mezzo? Metafisico In questo mezzo non sar buono da nulla. Pi lo stimerei se contenesse larte di viver poco. Fisico Cotesta gi saputa da un pezzo; e non fu difficile a trovarla. Metafisico In ogni modo la stimo pi della tua. Fisico Perch? Metafisico Perch se la vita non felice, che fino a ora non stata, meglio ci torna averla breve che lunga. Fisico Oh cotesto no: perch la vita bene da se medesima, e ciascuno la desidera e lama naturalmente. Metafisico Cos credono gli uomini; ma singannano: come il volgo singanna pensando che i colori sieno qualit degli oggetti; quando non sono degli oggetti, ma della luce. Dico che luomo non desidera e non ama se non la felicit propria. Per non ama la vita, se non in quanto la reputa instrumento o subbietto di essa felicit. In

Operette morali/Dialogo di un fisico e di un metafisico modo che propriamente viene ad amare questa e non quella, ancorch spessissimo attribuisca alluna lamore che porta allaltra. Vero che questo inganno e quello dei colori sono tutti e due naturali. Ma che lamore della vita negli uomini non sia naturale, o vogliamo dire non sia necessario, vedi che moltissimi ai tempi antichi elessero di morire potendo vivere, e moltissimi ai tempi nostri desiderano la morte in diversi casi, e alcuni si uccidono di propria mano. Cose che non potrebbero essere se lamore della vita per se medesimo fosse natura delluomo. Come essendo natura di ogni vivente lamore della propria felicit, prima cadrebbe il mondo, che alcuno di loro lasciasse di amarla e di procurarla a suo modo. Che poi la vita sia bene per se medesima, aspetto che tu me lo provi, con ragioni o fisiche o metafisiche o di qualunque disciplina. Per me, dico che la vita felice, saria bene senza fallo; ma come felice, non come vita. La vita infelice, in quanto allessere infelice, male; e atteso che la natura, almeno quella degli uomini, porta che vita e infelicit non si possono scompagnare, discorri tu medesimo quello che ne segua. Fisico Di grazia, lasciamo cotesta materia, che troppo malinconica; e senza tante sottigliezze, rispondimi sinceramente: se luomo vivesse e potesse vivere in eterno; dico senza morire, e non dopo morto; credi tu che non gli piacesse? Metafisico A un presupposto favoloso risponder con qualche favola: tanto pi che non sono mai vissuto in eterno, sicch non posso rispondere per esperienza; n anche ho parlato con alcuno che fosse immortale; e fuori che nelle favole, non trovo notizia di persone di tal sorta. Se fosse qui presente il Cagliostro, forse ci potrebbe dare un poco di lume; essendo vissuto parecchi secoli: se bene, perch poi mor come gli altri, non pare che fosse immortale. Dir dunque che il saggio Chirone, che era dio, collandar del tempo si annoi della vita, pigli licenza da Giove di poter morire, e mor.[3] Or pensa, se limmortalit rincresce agli Dei, che farebbe agli uomini. GlIperborei, popolo incognito, ma famoso; ai quali non si pu penetrare, n per terra n per acqua; ricchi di ogni bene; e specialmente di bellissimi asini, dei quali sogliono fare ecatombe; potendo, se io non minganno, essere immortali; perch non hanno infermit n fatiche n guerre n discordie n carestie n vizi n colpe; contuttoci muoiono tutti: perch, in capo a mille anni di vita o circa, sazi della terra, saltano spontaneamente da una certa rupe in mare, e vi si annegano.[4] Aggiungi questaltra favola. Bitone e Cleobi fratelli, un giorno di festa, che non erano in pronto le mule, essendo sottentrati al carro della madre, sacerdotessa di Giunone, e condottala al tempio; quella supplic la dea che rimunerasse la piet de figliuoli col maggior bene che possa cadere negli uomini. Giunone, in vece di farli immortali, come avrebbe potuto; e allora si costumava; fece che luno e laltro pian piano se ne morirono in quella medesima ora. Il simile tocc ad Agamede e a Trofonio. Finito il tempio di Delfo, fecero instanza ad Apollo che li pagasse: il quale rispose volerli soddisfare fra sette giorni; in questo mezzo attendessero a far gozzoviglia a loro spese. La settima notte, mand loro un dolce sonno, dal quale ancora shanno a svegliare; e avuta questa, non dimandarono altra paga. Ma poich siamo in sulle favole, eccotene unaltra, intorno alla quale ti vo proporre una questione. Io so che oggi i vostri pari tengono per sentenza certa, che la vita umana, in qualunque paese abitato, e sotto qualunque cielo, dura naturalmente, eccetto piccole differenze, una medesima quantit di tempo, considerando ciascun popolo in grosso. Ma qualche buono antico[5] racconta che gli uomini di alcune parti dellIndia e dellEtiopia non campano oltre a quarantanni; chi muore in questa et, muor vecchissimo; e le fanciulle di sette anni sono di et da marito. Il quale ultimo capo sappiamo che, appresso a poco, si verifica nella Guinea, nel Decan e in altri luoghi sottoposti alla zona torrida. Dunque, presupponendo per vero che si trovi una o pi nazioni, gli uomini delle quali regolarmente non passino i quarantanni di vita; e ci sia per natura, non, come si creduto degli Ottentotti, per altre cagioni; domando se in rispetto a questo, ti pare che i detti popoli debbano essere pi miseri o pi felici degli altri? Fisico Pi miseri senza fallo, venendo a morte pi presto.

Operette morali/Dialogo di un fisico e di un metafisico Metafisico Io credo il contrario anche per cotesta ragione. Ma qui non consiste il punto. Fa un poco di avvertenza. Io negava che la pura vita, cio a dire il semplice sentimento dellesser proprio, fosse cosa amabile e desiderabile per natura. Ma quello che forse pi degnamente ha nome altres di vita, voglio dire lefficacia e la copia delle sensazioni, naturalmente amato e desiderato da tutti gli uomini: perch qualunque azione o passione viva e forte, purch non ci sia rincrescevole o dolorosa, col solo essere viva e forte, ci riesce grata, eziandio mancando di ogni altra qualit dilettevole. Ora in quella specie duomini, la vita dei quali si consumasse naturalmente in ispazio di quarantanni, cio nella met del tempo destinato dalla natura agli altri uomini; essa vita in ciascheduna sua parte, sarebbe pi viva il doppio di questa nostra: perch, dovendo coloro crescere, e giungere a perfezione, e similmente appassire e mancare, nella met del tempo; le operazioni vitali della loro natura, proporzionatamente a questa celerit, sarebbero in ciascuno istante doppie di forza per rispetto a quello che accade negli altri; ed anche le azioni volontarie di questi tali, la mobilit e la vivacit estrinseca, corrisponderebbero a questa maggiore efficacia. Di modo che essi avrebbero in minore spazio di tempo la stessa quantit di vita che abbiamo noi. La quale distribuendosi in minor numero danni basterebbe a riempierli, o vi lascerebbe piccoli vani; laddove ella non basta a uno spazio doppio: e gli atti e le sensazioni di coloro, essendo pi forti, e raccolte in un giro pi stretto, sarebbero quasi bastanti a occupare e a vivificare tutta la loro et; dove che nella nostra, molto pi lunga, restano spessissimi e grandi intervalli, vti di ogni azione e affezione viva. E poich non il semplice essere, ma il solo essere felice, desiderabile; e la buona o cattiva sorte di chicchessia non si misura dal numero dei giorni; io conchiudo che la vita di quelle nazioni, che quanto pi breve, tanto sarebbe men povera di piacere, o di quello che chiamato con questo nome, si vorrebbe anteporre alla vita nostra, ed anche a quella dei primi re dellAssiria, dellEgitto, della Cina, dellIndia, e daltri paesi; che vissero, per tornare alle favole, migliaia danni. Perci, non solo io non mi curo dellimmortalit, e sono contento di lasciarla a pesci; ai quali la dona il Leeuwenhoek, purch non sieno mangiati dagli uomini o dalle balene; ma, in cambio di ritardare o interrompere la vegetazione del nostro corpo per allungare la vita, come propone il Maupertuis,[6] io vorrei che la potessimo accelerare in modo, che la vita nostra si riducesse alla misura di quella di alcuni insetti, chiamati efimeri, dei quali si dice che i pi vecchi non passano let di un giorno, e contuttoci muoiono bisavoli e trisavoli. Nel qual caso, io stimo che non ci rimarrebbe luogo alla noia. Che pensi di questo ragionamento? Fisico Penso che non mi persuade; e che se tu ami la metafisica, io mattengo alla fisica: voglio dire che se tu guardi pel sottile, io guardo alla grossa, e me ne contento. Per senza metter mano al microscopio, giudico che la vita sia pi bella della morte, e do il pomo a quella, guardandole tutte due vestite. Metafisico Cos giudico anchio. Ma quando mi torna a mente il costume di quei barbari, che per ciascun giorno infelice della loro vita, gittavano in un turcasso una pietruzza nera, e per ogni d felice, una bianca;[7] penso quanto poco numero delle bianche verisimile che fosse trovato in quelle faretre alla morte di ciascheduno, e quanto gran moltitudine delle nere. E desidero vedermi davanti tutte le pietruzze dei giorni che mi rimangono; e, sceverandole, aver facolt di gittar via tutte le nere, e detrarle dalla mia vita; riserbandomi solo le bianche: quantunque io sappia bene che non farebbero gran cumulo, e sarebbero di un bianco torbido. Fisico Molti, per lo contrario, quando anche tutti i sassolini fossero neri, e pi neri del paragone; vorrebbero potervene aggiungere, bench dello stesso colore: perch tengono per fermo che niun sassolino sia cos nero come lultimo. E questi tali, del cui numero sono anchio, potranno aggiungere in effetto molti sassolini alla loro vita, usando larte che si mostra in questo mio libro. Metafisico

Operette morali/Dialogo di un fisico e di un metafisico Ciascuno pensi ed operi a suo talento: e anche la morte non mancher di fare a suo modo. Ma se tu vuoi, prolungando la vita, giovare agli uomini veramente; trova unarte per la quale sieno moltiplicate di numero e di gagliardia le sensazioni e le azioni loro. Nel qual modo, accrescerai propriamente la vita umana, ed empiendo quegli smisurati intervalli di tempo nei quali il nostro essere piuttosto durare che vivere, ti potrai dar vanto di prolungarla. E ci senza andare in cerca dellimpossibile, o usar violenza alla natura, anzi secondandola. Non pare a te che gli antichi vivessero pi di noi, dato ancora che, per li pericoli gravi e continui che solevano correre, morissero comunemente pi presto? E farai grandissimo beneficio agli uomini: la cui vita fu sempre, non dir felice, ma tanto meno infelice, quanto pi fortemente agitata, e in maggior parte occupata, senza dolore n disagio. Ma piena dozio e di tedio, che quanto dire vacua, d luogo a creder vera quella sentenza di Pirrone, che dalla vita alla morte non e divario. Il che se io credessi, ti giuro che la morte mi spaventerebbe non poco. Ma in fine, la vita debbesser viva, cio vera vita; o la morte la supera incomparabilmente di pregio. Note
[1] Famose voci di Archimede, quando egli ebbe trovato la via di conoscere il furto fatto dallertefice nel fabbricare la corona votiva del re Gerone. [2] I desiderosi di questarte potranno in effetto, non so se apprenderla, ma studiarla certamente in diversi libri, non meno moderni che antichi: come, per modo di esempio, nelle Lezioni dellarte di prolungare la vita umana scritta ai nostri tempi in tedesco dal signor Hufeland, state anco volgarizzate e stampate in Italia. Nuova maniera di adulazione fu quella di un Tommaso Giannotti medico da Ravenna, detto per soprannome il filologo, e stato famoso a suoi tempi; il quale nellanno 1550 scrisse a Giulio terzo, assunto in quello stesso anno al pontificato, un libro de vita hominis ultra CXX annos protrahenda, molto a proposito dei Papi, come quelli che quando incominciano a regnare, sogliono essere di et grande. Sarebbe libro da ridere, se non fosse oscurissimo. Dice il medico, averlo scritto a fine principalmente di prolungare la vita al nuovo Pontefice, necessaria al mondo; confortato anche a scriverlo da due Cardinali, desiderosi oltremodo dello stesso effetto. Nella dedicatoria, vives igitur, dice, beatissime pater, ni fallor, diutissime. E nel corpo dellopera, avendo cercato in un capitolo intero cur Pontificum supremorum nullus ad Petri annos pervenerit, ne intitola un altro in questo modo: Iulius III papa videbit annos Petri et ultra; huius libri, pro longaeva hominis vita et christianae religionis commodo, immensa utilitate. Ma il Papa mor cinque anni appresso, in et di sessantasette. Quanto a s, il medico prova che se egli per caso non passer o non toccher il centoventesimo anno dellet sua, non sar sua colpa, e i suoi precetti non si dovranno disprezzare per questo. Si conchiude il libro con una ricetta intitolata, Iulius III vitae longaevae ac sempre sane consilium. [3] Vedi Luciano, Dial. Menip. et Chiron. opp. tom. 1, p. 514. [4] Pindaro, Pyth. od. 10, v. 146 et seqq. Strabone, lib. 15, p. 710 et seqq. Mela, lib 3, cap. 5. Plinio, lib. 4, cap. 12 in fine. [5] Plinio, lib. 6, cap. 30; lib. 7, cap. 2. Arriano, Indic., cap. 9. [6] Lettres philosophiques, lett. 11. [7] Suida, voc. .

Fonti e autori delle voci

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Operette morali/Dialogo di un fisico e di un metafisico Fonte: http://it.wikisource.org/w/index.php?oldid=1225344 Autori: Xavier121

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