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Nell'anniversario della ben nota alluvione che colpì

Taranto nel 1883, ricordiamo, come ogni anno, un


interessante aneddoto, a favore soprattutto dei nuovi
membri:
Effemeridi tarantine.
15 settembre 1883
Fu in questo giorno che crollò il Ponte di Porta Napoli
(ponte di pietra) a seguito di una spaventosa alluvione. E
poiché le condutture dell’acqua proveniente dalla
Sorgente del Triglio (Statte) attraversavano il ponte di
pietra per alimentare la fontana pubblica di Piazza
Grande (piazza Fontana), alla quale attingevano
praticamente tutti gli abitanti del vecchio borgo, la città
finì per rimanere a lungo senz’acqua. Ricordiamo che il
ponte di pietra e l’acquedotto del Triglio erano stati
entrambi fatti costruire dai Romani, dopo l’occupazione
di Annibale.
Dal giornale “La Voce del Popolo” del19 luglio 1930,
leggiamo la testimonianza (non sempre coerente) di un
tale R. Grippa:
“Il ponte crollò all’alba del 15 settembre 1883 insieme
ad una parte della Torre Raimondello. Nel pieno della
burrasca c’ero io e dopo 47 anni serbo vivo nella
memoria il ricordo di quel terribile frangente. Un
uragano e copiose piogge cadute nella notte produssero
un innalzamento di diversi metri del livello delle acque
del Mar Piccolo, le quali acque, scaricandosi in Mar
Grande, produssero un’impetuosissima corrente. Il ponte
della parte di Napoli si ruppe in tre punti. Il quartiere
basso di Taranto (via Garibaldi) fu inondato. Vi furono
diversi annegati e molte piccole barche andarono
perdute. Dalle 10 pomeridiane alle 3.30, quando partii
con la “Messaggera” Taranto-Lecce (carrozza postale),
una pioggia torrenziale si rovesciò su Taranto. Per tre ore
ci avanzammo a passo di lumaca rischiarando la strada
alla luce di una candela accesa nell’interno della
carrozza. Ad un certo punto l’acqua che allagava la
pianura penetrò nella carrozza. I cavalli nuotavano. Il
sangue mi si agghiacciava nelle vene. Percorsa una breve
curva intravedemmo con orrore, al chiaro dell’alba, che
il torrente della “spallata di Faggiano” trascinava enormi
massi anche sopra il ponte che avremmo dovuto
attraversare per arrivare a San Giorgio. Dopo sei ore la
piena non superava più il ponte ma ne aveva indebolito i
piloni per cui la messaggera in quel punto fu sommersa e
vi trovarono la morte il conduttore, signor Michele
Salvati di Lecce e il postiglione, tale signor Donato di
Monteparano. I cavalli della messaggera sommersa, di
proprietà dell’assuntore del pubblico servizio, il
Marchese di Monteparano, si salvarono a nuoto mentre
conduttore e postiglione vi perdettero la vita perché era
sabato. Ed ecco come. Sulla via provinciale Taranto –
Lecce, alle porte di San Giorgio, il farmacista don Ciccio
Calò gestiva anche un piccolo caffè, quasi notturno, per
comodità dei viandanti. Quando nell’infuriare della
tempesta il Salvati e Donato vi entrarono per sorbire una
tazza di caffè, il Calò insistentemente pregò il Salvati di
non avventurarsi al prosieguo. <<Non posso>> disse
l’infelice Salvati, << è sabato; porto le giuocate del lotto
di tutti i comuni attraversati che devono partire per Bari
col primo treno, altrimenti sono dichiarate nulle ed io
sarò severamente punito, tanto più che settimane
addietro, per un altro involontario ritardo, ebbi 50 lire di
multa. Ho famiglia!>> E per l’adempimento del dovere i
due infelici si avviarono alla morte.

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