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Rigoletto

1. Opera Introduzione
Rigoletto è un'opera in tre atti di Giuseppe Verdi su libretto di Francesco Maria
Piave, tratta dal dramma di Victor Hugo Le Roi s'amuse ("Il re si diverte").Con Il
trovatore (1853) e La traviata (1853) forma la cosiddetta "trilogia popolare" di Verdi.

Centrato sulla drammatica e originale figura di un buffone di corte, Rigoletto fu


inizialmente oggetto della censura austriaca. La stessa sorte era toccata nel 1832 al
dramma originario Le Roi s'amuse, bloccato dalla censura e riproposto solo 50 anni
dopo la prima. Nel dramma di Hugo, che non piacque né al pubblico né alla critica,
erano infatti descritte senza mezzi termini le dissolutezze della corte francese, con al
centro il libertinaggio di Francesco I, re di Francia. Nell'opera si arrivò al
compromesso di far svolgere l'azione alla corte di Mantova, a quel tempo non più
esistente, trasformando il re di Francia nel duca di Mantova.

Il 3 giugno 1850 Verdi scriveva a Piave: «In quanto al titolo quando non si possa
tenere Le roi s'amuse, che sarebbe bello… il titolo deve essere necessariamente La
maledizione di Vallier, ossia per essere più corto La maledizione. Tutto il soggetto è in
quella maledizione che diventa anche morale. Un infelice padre che piange l'onore
tolto alla sua figlia, deriso da un buffone di corte che il padre maledice, e questa
maledizione coglie in una maniera spaventosa il buffone, mi sembra morale e grande,
al sommo grande». La decisone finale sul titolo cadde sul nome del protagonista,
cambiandolo da Triboletto, traduzione "letterale" dell'originale Triboulet, a Rigoletto
(dal francese rigoler, che significa scherzare).

Intenso dramma di passione, tradimento, amore filiale e vendetta, Rigoletto non


solo offre una combinazione di ricchezza melodica e potenza drammatica, ma pone
lucidamente in evidenza le tensioni sociali e la subalterna condizione femminile in
una realtà nella quale il pubblico ottocentesco poteva facilmente rispecchiarsi. Dal
punto di vista musicale abbiamo, fin dal preludio, il ripetersi costante del tema della
maledizione, tramite la ripetizione della nota Do in ritmo puntato.

2. Giuseppe Verdi

Giuseppe Fortunino Francesco Verdi (Le Roncole, 10 ottobre 1813 – Milano, 27


gennaio 1901) è stato un compositore italiano, considerato uno dei massimi operisti
della storia, autore di melodrammi che fanno parte del repertorio dei teatri di tutto il
mondo.

Verdi dominò la scena lirica dopo i grandi protagonisti del primo Ottocento,
Gioachino Rossini, Gaetano Donizetti e Vincenzo Bellini, proseguendo la tradizione
del teatro musicale italiano ed elaborando un linguaggio compositivo caratteristico e
personale. Sviluppò l'opera romantica in forme molto differenti da quelle del suo
contemporaneo Richard Wagner.

Verdi simpatizzò con il movimento risorgimentale che perseguiva l'Unità d'Italia;


per un breve periodo partecipò anche alla vita politica, assumendo una carica elettiva
presso il proprio comune di residenza. Questi ideali si riflessero in parte nelle sue
opere, come il Nabucco (1842), che contiene il celebre coro Va, pensiero, e altri cori
simili delle opere successive, che manifestavano molti caratteri propri dello spirito del
movimento di unificazione.

Da persona molto riservata com'era, Verdi tuttavia non cercò di ingraziarsi i


movimenti popolari e, una volta raggiunto il successo, ridusse notevolmente il suo
lavoro dedicandosi per un certo periodo all'attività di proprietario terriero nella sua
regione natale. Sorprese il mondo musicale con il suo ritorno sulle scene grazie al
successo dell'opera Aida (1871) e ai suoi tre capolavori finali: la Messa da Requiem
(1874), l'Otello (1887) e Falstaff (1893).

L'influenza musicale di Verdi nei suoi successori è stata limitata. Le sue opere
rimangono ancora oggi tra le più popolari, in particolare le tre famose del suo
"periodo di mezzo": Rigoletto, Il trovatore e La traviata. Il bicentenario della sua
nascita, nel 2013, è stato celebrato con numerosi eventi in molte parti del mondo.

3. Libretto
Il re si diverte (in originale Le Roi s'amuse) è un dramma storico in cinque atti in
versi rappresentato per la prima volta il 22 novembre 1832 alla Comédie-Française.
Esso racconta la storia del buffone Triboulet, ma subì anch'esso la censura per via
delle critiche mosse alla monarchia e alla nobiltà, come denuncia l'autore nel prologo.
Il dramma fu d'altronde un fallimento sulla scena (si racconta che il pubblico si
annoiò mortalmente al primo atto: nella scena in cui Triboulet chiede a Blanche E
l'ami? e lei risponde Sì tutto il teatro scoppiò a ridere), mentre riscosse un grande
successo quando fu stampato.
Giuseppe Verdi ne ha tratto la famosa opera lirica intitolata Rigoletto, rappresentata
l'11 marzo 1851 al Teatro La Fenice di Venezia, e che a sua volta dovette subire la
censura.

4. Personaggi principali

Personaggio Registro vocale


Il Duca di Mantova tenore
Rigoletto(suo buffone di Corte) baritono
Gilda(La figlia di Rigoletto) soprano
Sparafucile(sicario) basso
Maddalena(La sorella di Sparafucile) contralto
Giovanna(custode di Gilda) mezzosoprano
Conte di Monterone baritono
Marullo(cavaliere) baritono
Il Conte di Ceprano basso
Contessa di Ceprano mezzosoprano
Matteo Borsa(cortigiano) tenore
Usciere tenore
Paggio mezzosoprano
Cavalieri, dame, paggi, alabardieri coro

5. Prima esecuzione
La prima ebbe luogo con successo l'11 marzo 1851 al Teatro La Fenice di Venezia.
Questi gli artisti impegnati:
Personaggio Interprete Registro vocale

Il Duca di Mantova Raffaele Mirate tenore

Rigoletto(suo buffone di Corte) Felice Varesi baritono

Gilda(La figlia di Rigoletto) Teresa Brambilla soprano

Sparafucile(sicario) Paolo Damini basso

Maddalena(La sorella di Annetta Casaloni contralto


Sparafucile)
Giovanna(custode di Gilda) Laura Saini mezzosoprano

Conte di Monterone Feliciano Ponz baritono

Marullo(cavaliere) Francesco De Kunnerth baritono

Il Conte di Ceprano Andrea Bellini basso

Contessa di Ceprano Luigia Morselli mezzosoprano

Matteo Borsa(cortigiano) Angelo Zuliani tenore

Usciere Giovanni Rizzi tenore

Paggio Annetta Modes Lovati mezzosoprano

Cavalieri, dame, paggi, coro


alabardieri
Scene Giuseppe Bertoja
Direttore di scena Francesco Maria Piave
Maestro del coro Luigi Carcano
Maestro al cembalo Giuseppe Verdi (per tre
recite)
Primo violino e direttore Gaetano Mares
d'orchestra

6. Trama
La scena è ambientata a Mantova e dintorni nel XVI secolo.

Atto I
Al Palazzo Ducale, durante una festa, il Duca, che ha l'abitudine di confondersi tra il
popolo in incognito, confida al fido Borsa di voler portare a compimento la conquista
di una fanciulla (Gilda) che vede sempre all'uscita della chiesa. Borsa gli fa notare le
beltà delle dame presenti, e il Duca, dopo aver dichiarato il suo spirito libertino
(Questa o quella per me pari sono), corteggia la Contessa di Ceprano provocando la
rabbia del marito, che viene schernito dal buffone di corte Rigoletto. Intanto, in
disparte, Marullo racconta agli altri cortigiani che Rigoletto, sebbene gobbo e
deforme, avrebbe un'amante; la notizia è lo spunto per i cortigiani e per il conte di
Ceprano per vendicarsi dell'ironia offensiva del buffone con il rapimento della donna.
In realtà la giovane che Rigoletto tiene ben nascosta in casa non è altri che la figlia
Gilda.

Palazzo Ducale di Mantova.


Improvvisamente irrompe il Conte di Monterone, vecchio nemico del Duca, che lo
accusa pubblicamente di avergli sedotto la figlia. Rigoletto lo irride e Monterone
maledice lui e il Duca, che ordina di arrestarlo, mentre Rigoletto, spaventato dalle sue
parole, fugge.

Profondamente turbato dalla maledizione di Monterone (Quel vecchio maledivami),


mentre è sulla strada di casa il buffone viene avvicinato da Sparafucile, un sicario
prezzolato, che gli offre i suoi servigi. Rigoletto lo allontana, paragonandosi poi in
qualche modo a lui (Pari siamo), meditando sulla sua vita infelice e cercando di
distogliere la mente dal pensiero ricorrente della maledizione.

Giunto a casa, riabbraccia Gilda, all'oscuro del lavoro di buffone di corte del padre, e
raccomanda alla domestica Giovanna di vegliare su di lei, ossessionato dalla paura
che la fanciulla possa essere insidiata (Veglia, o donna, questo fiore). Il Duca si è però
già introdotto nella casa e osserva di nascosto la scena. Andatosene Rigoletto, egli
avvicina la giovane e si dichiara innamorato (È il sol dell'anima) spacciandosi per uno
studente povero, Gualtier Maldè, ma è costretto a desistere dalla sua opera di
seduzione data la presenza di qualcuno nei pressi della casa. Gilda, rimasta sola,
esprime il suo amore per il giovane (Gualtier Maldé... Caro nome...).

Nei dintorni si aggirano in effetti i cortigiani, con l'intenzione di attuare il rapimento


di quella che è creduta l'amante del buffone. Essi coinvolgono lo stesso Rigoletto, che,
colto da un presentimento, è tornato sui suoi passi e al quale fanno credere con un
inganno che stiano tramando il rapimento della contessa di Ceprano. Sollevato dai
propri timori, Rigoletto accetta di unirsi all'impresa. Con la scusa di fargli indossare
come tutti una maschera, gli viene impedita la vista già scarsa per il buio notturno,
mentre i cortigiani rapiscono Gilda (Zitti zitti, moviamo a vendetta). Solo quando tutti
sono partiti, egli capisce la verità e ripensa alla maledizione ricevuta (Ah, la
maledizione).

Atto II
Rientrato a palazzo, il Duca, che era tornato a cercare Gilda poco dopo il loro
incontro, si dispera per il rapimento della giovane, avvenuto nel breve tempo della sua
assenza (Ella mi fu rapita). Quando però i cortigiani lo informano di aver rapito
l'amante di Rigoletto, e appreso che questa si trova nel Palazzo, capisce che la sorte lo
ha in realtà favorito.

Entra Rigoletto che, fingendo indifferenza (La rà, la rà), cerca la figlia, deriso dal
crocchio di cortigiani. Quando capisce che Gilda si trova nella camera del Duca, sfoga
la sua ira imprecando contro i nobili, che apprendono con sorpresa che la giovane
rapita è in realtà sua figlia, ma gli impediscono di raggiungerla (Cortigiani, vil razza
dannata). Esce Gilda, che rivela al padre di essere stata disonorata e, dopo che sono
rimasti soli, gli racconta come ha conosciuto il giovane di cui ignorava la vera identità
(Tutte le feste al tempio), mentre Rigoletto cerca di consolarla (Piangi, fanciulla).

Passa frattanto Monterone, che sta per essere condotto in carcere. Il vecchio nobile si
ferma e osserva il Duca ritratto in un quadro, constatando amaramente che la sua
maledizione è stata vana. Udite le sue parole, Rigoletto replica che la vendetta
arriverà invece per opera sua (No vecchio t'inganni, sì vendetta...): egli ha già deciso
di rivolgersi al sicario Sparafucile per chiedergli di uccidere il Duca.

Atto III
Rigoletto ha deciso di far toccare con mano alla figlia chi sia veramente l'uomo che
ella, nonostante tutto, continua ad amare. La conduce perciò alla locanda di
Sparafucile sulle rive del fiume Mincio, dove si trova il Duca in incognito, adescato
dalla sorella del sicario Maddalena. Gilda ha così modo di vedere di nascosto l'amato
dichiarare la propria irrisione verso le donne e gli uomini che se ne innamorano (La
donna è mobile) e poi corteggiare Maddalena, come già aveva fatto con lei (Bella
figlia dell'amore).

Rigoletto dà ordine alla figlia di tornare a casa e partire immediatamente alla volta di
Verona, travestita da uomo per la sua incolumità; dopo aver preso accordi con
Sparafucile, si allontana anch'egli dalla locanda. Mentre si avvicina un temporale,
Gilda, già in abiti maschili, in preda ancora a un'attrazione irrefrenabile, torna presso
la locanda e ascolta il drammatico dialogo che vi si svolge: Maddalena, invaghitasi
anch'essa del Duca, supplica il fratello affinché lo risparmi e uccida al suo posto
Rigoletto non appena giungerà con il denaro. Sparafucile, vantando una sorta di
"rigore" professionale, non ne vuole sapere, ma alla fine accetta un compromesso:
aspetterà fino a mezzanotte e, se arriverà, ucciderà il primo uomo che entrerà
nell'osteria (Se pria che abbia il mezzo la notte toccato). Gilda decide
immediatamente di sacrificarsi per il Duca: fingendosi un mendicante, bussa alla porta
della locanda e viene pugnalata a sangue freddo dal sicario.

A mezzanotte, come convenuto, Rigoletto ritorna alla locanda e Sparafucile gli


consegna il corpo in un sacco. Il buffone, illudendosi con grande soddisfazione di
aver portato a compimento la sua vendetta, si appresta a gettarlo nel fiume quando, in
lontananza, ode la voce del Duca. Raggelato, si chiede di chi sia allora il corpo nel
sacco, e quando lo apre scopre con orrore Gilda in fin di vita, che in un ultimo anelito
gli chiede perdono e muore tra le sue braccia (V'ho ingannato....Lassù in cielo).
Rigoletto, disperato, si rende conto che la maledizione di Monterone si è avverata
(Ah, la maledizione!).

7. Personaggo principalo - Il Duca di Mantova


Il Duca di Mantova è un tenore lirico.Opera Rigoletto, ci sono tre aria. <Questa o
quella per me pari sono>< Ella mi fu rapita!... Parmi veder le lagrime ><La donna è
mobile>. Questi tre aria descrive il carattere della duca. Nel quest’opera, ha due
caratteri. Il primo carattere nella Atto I scena I, Atto II e Atto III. Lui è un duca, è
ricco, lussuoso. Gli piace tenere grandi raduni,e lui è lascivo e dissoluta , aveva una
moglie, ma anche la tentazione di altre ragazze, non è mai soddisfatto. Il secondo
carattere nel atto I scena II. Casa vicino a Gilda,il duca è un gentiluomo, ha detto che
era un povero student e ama lei per Gilda.

8. Aria < La donna è mobile >


1)Libretto
La/ don/na è/ mo/bi/le 6(sdrucciolo)
Qual/ piu/ma al/ ven/to, 5(piano)
Mu/ta/ d'a/ccen/to// e/ di/ pen/sie/ro. 5(piano)+5(piano)
Sem/pre u/n a/ma/bi/le, 6(sdrucciolo)
Le/ggia/dro/ vi/so, 5(piano)
In/ pian/to o in/ ri/so, è/ men/zo/gne/ro. 5(piano) + 5(piano)

È/ sem/pre/ mi/se/ro 6(sdrucciolo)


Chi a/ lei/ s'a/ffi/da, 5(piano)
Chi/ le/ con/fi/da// mal/ cau/to il/ co/re! 5(piano)+5(piano)
Pur/ mai/ non/ sen/te/si 6(sdrucciolo)
Fe/li/ce a/ppie/no 5(piano)
Chi/ su/ quell/ se/no// non/ li/ba a/mo/re! 5(piano)+5(piano)

I versi di Francesco Maria Piave sono divisi in due strofe. Ogni strofa si articola in
due terzine formate da due quinari e un quinario doppio: un'irregolarità che costituisce
un vezzo metrico sotto il quale si nasconde una più semplice struttura in quattro doppi
quinari.
2) Le tre presentazioni
In realtà La donna è mobile è musica da ascoltare nel suo contesto drammaturgico. Il
suo carattere triviale riflette il luogo, i bassifondi della città di Mantova, e la
situazione. Con superficiale leggerezza, perfettamente incarnata dalla musica, il duca
riflette sulla personale visione di vacuità e imperscrutabilità femminile, ove la donna è
vista come piuma al vento, suscettibile di cambiamenti tanto nei pensieri quanto nelle
parole al primo mutare dell'umore e del corso degli eventi. Di fatto egli si prepara
all'incontro con una donna di strada: Maddalena, sorella di Sparafucile, il sicario in
caricato da Rigoletto di ucciderlo.

Dopo la prima esposizione, in forma completa in due strofe, il senso dell'aria si


rivela compiutamente nei due successivi ritorni. Il primo avviene mentre il Duca sale
le scale della casa di Sparafucile per andare a sonnecchiare nel granaio, in attesa che
Maddalena lo raggiunga. Il brano viene solo canticchiato, rivelandosi realmente per
quello che è, cioè una canzonetta che il Duca si diverte ad intonare (ossia quella che i
musicologi definiscono musica di scena). I frammenti di melodia che il Duca omette
qua e là sono intonati dal clarinetto, che in questo modo ci dà la chiave d'accesso al
suo pensiero, dato che naturalmente il personaggio continua a pensare la melodia
anche quando non la intona. Ancora più interessante è l'ultima occorrenza, dopo che
Sparafucile, su insistente richiesta di Maddalena, ha ucciso un viandante (di fatto la
figlia di Rigoletto, in abiti maschili) in luogo del Duca. Né questi né Rigoletto sanno
nulla di quanto è accaduto. Anzi, Rigoletto crede che il corpo che il sicario gli ha
consegnato in un sacco sia quello del suo padrone e signore e si appresta trionfante a
gettarlo nel fiume Mincio. È proprio a questo punto che il protagonista sente la voce
del Duca che, di lontano, intona la solita canzone, e La donna è mobile si rivela per
quello che è: un capolavoro di ironia tragica, giacché solo il carattere triviale della
musica le consente di stridere con tanta forza nel contesto drammaturgico.

Si noti che solo in quest'ultima occasione Verdi prescrive l'acuto finale ma piano,
"perdendosi poco a poco in lontano", a rimarcare l'effetto della beffa.

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