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CAPITOLO 17

Uscito dall'osteria di Gorgonzola, in gran pena per ciò che ha udito dire dal
mercante milanese, e cioè che egli è ricercato, Renzo continua il suo viaggio
scegliendo con cura le stradette fuori mano. Cerca di consolarsi pensando
che "i birri che lo conoscevano eran due soli, e che il nome non lo portava
scritto in fronte".
Dopo aver attraversato paesi e villaggi, senza chiedere nulla e senza fermarsi
in osterie, pur essendo stanco e infreddolito, a notte, quando era ormai sul
punto di cedere e tornare sui suoi passi, sente il fruscio dell'Adda e si ferma
a passare la notte in una capanna abbandonata, poco lontana dal fiume.
All'alba "il cielo prometteva una bella giornata", ma Renzo non ha occhi per
"quel cielo di Lombardia così bello quand'è bello, così splendido, così in
pace". Egli bada solo "alla sua strada" e cammina a passi lunghi, per
riscaldarsi e per arrivar presto. Arrivato alla riva dell'Adda, vede
un pescatore che su una barchetta risaliva il corso del fiume, lo chiama, salta
nella piccola imbarcazione e viene silenziosamente trasportato all'altra riva.
Dal suo traghettatore apprende con gioia che si trova vicino Bergamo, in
terra di San Marco. Ringraziato Dio col cuore e il pescatore con la bocca e
con una berlinga, Renzo si ferma una momentino sulla sponda dell'Adda "a
contemplar la riva opposta, quella terra che poco prima scottava tanto sotto i
suoi piedi". Si incammina poi verso il paese del cugino Bortolo e per la
strada incontra molti mendicanti e molti segni della carestia. Finalmente
giunto in casa del parente, viene accolto con grande affetto; egli narra
distesamente la sua odissea e non solo trova generosa ospitalità, ma anche
lavoro: infatti, per mezzo di Bortolo, viene assunto nello stesso suo opificio.

CAPITOLO 18

Lo stesso giorno in cui Renzo arriva dal cugino Bortolo, al podestà di Lecco viene
recapitata un dispaccio dal capitano di giustizia di Milano con l’ordine di fare più ricerche
possibili su Lorenzo Tramaglino allo scopo di catturarlo. Subito la notizia si sparge: padre
Cristo, per saperne di più, invia una lettera a padre Bonaventura; in paese invece corre la
voce che sia un piano di don Rodrigo per rovinare il giovane.
Infatti il signorotto non può che compiacersi degli avvenimenti. Attilio, quando si è calmato
il tumulto di San Martino, si reca a Milano dal conte zio per aiutare il cugino a sbarazzarsi
di fra Cristoforo. Intanto torna da Monza il Griso con la notizia che Lucia e sua madre sono
ricoverate nel convento della Signora. Questa circostanza mette il diavolo addosso a don
Rodrigo che, quando tutto sembrava favorirlo, vede nel monastero un ostacolo
insuperabile. Così progetta di chiedere aiuto ad un uomo abituato ad imprese rischiose,
che però comporta molti rischi. Ma due novità gli fanno superare le esitazioni: la partenza
di padre Cristoforo da Pescarenico e il ritorno in paese di Agnese. A questo punto il
narratore spiega i due avvenimenti modificando il corso cronologico della narrazione.
Agnese e Lucia, sistemate da poco al convento, vengono informate dalla fattoressa del
tumulto a Milano e spiega loro che uno dei capi insurrezionali, che risulta essere scappato,
risulta essere Renzo. Le due donne vivono giorni d’angoscia, finché un giovedì un
pescaiolo di Pescarenico, mandato da padre Cristoforo, le informa che Renzo si è messo
in salvo nel Bergamasco.
Agnese, dopo qualche settimana, non avendo più notizie, decide di ritornare al paese: al
convento di Pescarenico fra Galdino le riferisce che padre Cristoforo è partito per Rimini e
non si sa quando e se tornerà. Il narratore, più informato che fra Galdino, spiega come
andarono veramente le cose presentando il colloquio tra il onte Attilio e il conte zio. Attilio
racconta che un cappuccino è venuto in contrasto con don Rodrigo per via di una
contadina che vuol proteggere possessivamente; inoltre dice che fra Cristoforo prova
gusto a mettersi contro i potenti, essendo un plebeo che si è fatto frate per scansar la
forca. Il frate voleva far maritare la contadina con Lorenzo Tramaglino, ben conosciuto alla
polizia di Milano; perciò don Rodrigo, stufo delle villanie subite dal religioso, vuole farsi
giustizia da sé. Pertanto, per il buon nome della famiglia, è opportuno – suggerisce Attilio
– che il conte zio intervenga per far spostare fra Cristoforo dal convento di Pescarenico.
Così il conte zio, pur preso dai suoi pressanti affari di stato, lascia intendere che darà una
mano per risolvere la faccenda

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