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Prosopografie cortesi per i Da Varano, nel castello di Beldiletto

Andrea De Marchi, Matteo Mazzalupi

1. Recensendo il libro di Giovanni Paccagnini sul riscoperto ciclo deva mai che fra dui asperimi monti la natura havesse insito loco
cavalleresco del Pisanello a Mantova, nel 1975, Michael Baxandall, tanto ameno. Disinai lì et gli stetti tutto el giorno cum gran pia-
in contestazione della data tarda proposta dal Paccagnini, sostene- cere”. Giulio Cesare aveva ereditato questo sistema di dimore, ma
va che il marchese Ludovico Gonzaga avrebbe magari tenuto i ro- contribuì ad arricchirlo. In ben cinque – ad Esanatoglia,
manzi arturiani come livres de chevet, ma mai avrebbe dedicato al- Lanciano, Mergnano, Rocca d’Ajello e Beldiletto – si conservano
la materia bretone la pittura di un grandioso salone del suo palaz- resti di decorazioni tecnicamente e stilisticamente del tutto ana-
zo1. Nel passaggio dalla generazione di Giovanfrancesco Gonzaga loghe, tanto da far supporre l’esistenza di un’unica bottega opero-
a quella di Ludovico, come tra Niccolò III d’Este e suo figlio sa in questo genere, negli ultimi anni della signoria di Giulio
Lionello, educato alla ca’ Zoiosa di Vittorino da Feltre al pari di Cesare. La pittura a calce su scialbo, messa in luce nelle sue pecu-
Ludovico, si era consumato un decisivo salto di gusto e di menta- liarità da Vincenzo Gheroldi6, permetteva esecuzioni rapide, ma
lità. Nel variegato sistema delle corti italiane non mancarono però anche effetti semplificati ed icastici, tendenzialmente bidimensio-
fenomeni anche vistosi di persistenza della cultura cavalleresca. A nali, nella definizione di silhouettes di cavalieri, arbusti ed animali,
Camerino, nei lunghissimi anni della signoria di Giulio Cesare da delineati a tratti spessi e veloci a base monocroma nera, campiti
Varano, estesa dal 1444 al 1502, ma di fatto consolidata ed esclu- con larghe pennellate di terra cinabro e verde, stagliati contro il
siva solo con la morte del fratello Rodolfo nel 1464, possiamo ve- fondo bianco dello scialbo. Nonostante l’aderenza alla moda e al-
rificare un singolare doppio registro che riguarda le stesse com- le armature contemporanee e nonostante l’occasionale inserto di
missioni del signore, a seconda dei diversi ambiti di destinazione, temi decorativi rinascimentali non c’è comunicazione apparente
più urbano o periferico, pubblico o privato2. fra queste figurazioni e il mondo dei maggiori pittori operosi nel
La vocazione all’antica, prefigurata dagli scenari padovani nelle camerte nella seconda metà del Quattrocento, da Giovanni Angelo
pitture più impegnate di Giovanni Angelo d’Antonio, fin dal sesto d’Antonio a Giovanni Boccati, da Niccolò di Liberatore a Carlo
decennio, permeò di sé la riedificazione e l’abbellimento dei luo- Crivelli. L’anacronismo figurativo corrisponde a quello tematico,
ghi più prestigiosi e visibili del potere, in un’esplicita imitazione la fluenza calligrafica e la semplificazione bidimensionale era con-
dell’operazione condotta da Federico da Montefeltro ad Urbino. geniale alla proiezione nostalgica degli ideali mai morti di vita ca-
Venne così ristrutturata, con la fronte timpanata di un tempio valleresca, in una dimensione squisitamente privata e quasi nasco-
classico conclusa nel 1480, la facciata trecentesca del santuario ur- sta che fa il fascino di queste figurazioni pur obiettivamente som-
bano di San Venanzio, protettore cittadino; prese così forma, con marie. Il minimalismo pittorico era in realtà programmatico, esal-
Baccio Pontelli, la corte del palazzo che ora si chiama ducale, che tato dal risalto dei contorni spessi e decisi sopra la stesura bianca
una lapide del 1498 celebrava col termine umanistico di “atrium” dello scialbo di base, con effetto paragonabile a quello delle maio-
e le cui pareti vennero decorate con figure mitologiche (Venere e liche quattrocentesche, come mi suggerisce Giulia Orofino. In al-
le Grazie, Mercurio, Minerva, Apollo e le Muse) ed allegoriche cune residenze non sopravvivono che resti esigui di decorazioni
(l’Aurora, la Fortuna) delineate a graffito3. Accanto, in una grande puramente araldiche ed aniconiche. Nel palazzo di Esanatoglia si
sala al piano terreno, nel 1985 sono stati scoperti sotto scialbo i re- conserva la parte superiore di una cavalcata di condottieri impet-
sti superiori di un ciclo profano, dipinto da Giovanni Angelo titi su palafreni bardati da parata, cui si combinavano in un’altra
d’Antonio poco dopo il 1464; la volta ribassata con gli stemmi di camera scene di torneo e giovani col falcone, elementi tipici del-
Giulio Cesare e della consorte Giovanna Malatesta era cinta dalla l’imagerie tardogotica, diffusa specie nelle corti padane.
raffigurazione alternata di sovrani illustri dell’antichità, sotto padi- Il ciclo più impressionante, anche per la vastità e complessità
glioni, e gruppi triadici di personaggi contemporanei, fra cui si ri- delle sopravvivenze, è però in assoluto quello nel castello di
conosce lo stesso Federico da Montefeltro, intenti a dialogare ani- Beldiletto (fig. 1), salvato da un abbandono che pareva definiti-
matamente fra loro, affacciati ad una loggia rinascimentale4. vo solo negli ultimissimi anni e in cui i lavori di restauro, seguiti
Un altro mondo era quello delle residenze di piacere nel conta- all’acquisto nel 2001 da parte della Società Beni Culturali di
do. L’importanza di questo sistema diffuso di “delizie”, anche co- Franco Sensi, il defunto patron della Roma oriundo di Visso,
me luoghi di rappresentanza, è testimoniata da Isabella d’Este, che hanno rimesso in luce nel 2003 le pitture del tutto ignote di due
lunedì 7 aprile 1494 aveva reso una visita di cortesia a Giulio stanze al piano nobile, che attendono ancora di essere commen-
Cesare, sulla via di ritorno da un pellegrinaggio ad Assisi, prima di tate adeguatamente. Il cantiere non è peraltro chiuso e sulla fu-
raggiungere a Gubbio la cognata Elisabetta Gonzaga Montefeltro5. tura destinazione d’uso di questo complesso, che si auspica aperta
Era stata ospite nella residenza di Pioraco, sorta di città industria- alla pubblica fruibilità e consona al suo rilievo storico, grava più
le di Camerino, ove si concentravano le gualcherie e le cartiere per di un interrogativo.
l’abbondanza d’acqua del fiume Potenza. Scrivendo al marito Il castello sorge a sud di Camerino, nella pianura del fiume
Francesco Gonzaga riferì deliziata di quel giorno: “El lune me con- Chienti presso la confluenza con il torrente Fornace, non lontano
dusse al Piorico, loco tanto ameno quanto la natura havesse potu- dall’antico Ponte della Trave e dall’omonimo convento francesca-
to fare, per havere prima, presso a due milia, uno parchetto pieno no di origine duecentesca. È probabile che sin dall’inizio il castel-
di salvatichi animali [era la riserva di caccia attorno al castello di lo abbia avuto la doppia funzione di baluardo difensivo e di deli-
Lanciano]; poi, fra due altissimi monti, due laghetti separati et una zia rustica. Le poche notizie tramandate dalle cronache ricordano
pischera cum due isolette in mezzo de tanta recreacione ogni cosa da una parte tentativi di conquista da parte dei nemici, dall’altra
che più non se poteva immaginare, et chi non li vedesse non cre- visite di ospiti illustri. All’aspetto esterno, spoglio e tetragono co-

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1.Pievebovigliana, castello 2. Pievebovigliana, castello 3. Pievebovigliana, castello
di Beldiletto, veduta da sud di Beldiletto, angolo sud-occidentale di Beldiletto, braccio occidentale
del cortile (fotografia del 1900 circa) del cortile al piano terreno (fotografia
del 2007)

me quello di un grande podere fortificato da quattro torrioni an-


golari, due dei quali demoliti, corrisponde una grandiosa ed inat- piccola: sostituire
con file base 9 cm a
300 dpi
tesa corte interna (figg. 2-3), eretta verso il 1380 su modello dei
castelli viscontei, aperta da un portico ad archi ogivali profilati da
eleganti ghiere a clipei e specchiature, su poderosi pilastri a sezio-
ne ottagonale, sormontato da loggia coperta a travature, di cui so-
pravvivono solo i due lati occidentale e meridionale. La decorazio-
ne pittorica è però molto più tarda, come vedremo, e risale agli ul-
timissimi anni della signoria di Giulio Cesare. Nonostante le per-
dite è ora possibile farsi un’idea complessiva della varietà della de-
corazione degli ambienti, in cui si distinguono in sostanza tre di-
versi registri. Al piano terra (fig. 4) in due camere sopravvivono i
resti di vaste immagini di vita silvo-pastorale, dal pascolo delle
greggi di pecore (figg. 5-6) e delle mandrie di buoi alla raccolta
della frutta, che svolgevano lo stesso ruolo di intrattenimento pia-
cevole delle scene di boscaioli in voga negli arazzi della corte bor-
gognona, adattato al contesto di una corte appenninica. Al piano
nobile (fig. 7) in un vasto salone di udienza si svolgeva a trecento-
sessanta gradi, su due livelli, una cavalcata continua, intervallata da
alberi e volatili, di cavalieri con scettro e corona (figg. 8-19): la pit-
tura, sul fondo bianco, gira anche sugli angoli (un volatile, ad
esempio, è dipinto sulle due pareti contigue: fig. 15) con la stessa
idea di continuum avvolgente che caratterizzava la sala arturiana di
Pisanello nel palazzo mantovano. I tituli metrici in volgare per-
mettono di riconoscervi alcuni sovrani normanni e gli estremi di
una prosopografia cortese di tono sostenuto. Altre camere (fig.
22), più basse, come le due ora recuperate, che costituivano vero-
similmente gli appartamenti veri e propri, presentano intrecci aral-
dici, entro una serie di rotae (figg. 23-30), ovvero una sequenza di
condottieri della dinastia dei Visconti, racchiusi entro riquadri
(figg. 31-40). In entrambi i casi la sezione inferiore della parete è
impegnata da festoni carpofori, con vistoso anacoluto non solo per
le loro dimensioni spropositate ma pure per l’abbassamento a mo’
di zoccolo di motivi tipici dei fregi sommitali. Il tema decorativo

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4. Pievebovigliana, castello 5. Pievebovigliana, castello di 6. Pievebovigliana, castello di 7. Pievebovigliana, castello
di Beldiletto, pianta del piano Beldiletto, Stanza delle Pecore, pittore Beldiletto, Stanza delle Pecore, pittore di Beldiletto, pianta del piano nobile,
terreno, anno 1830 (Camerino, camerinese del 1497 circa, Pecore camerinese del 1497 circa, Pecore anno 1830 (Camerino, Biblioteca
Biblioteca Valentiniana, ms. 555, condotte al pascolo condotte al pascolo Valentiniana, ms. 555, con
con modifiche) modifiche)

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è in questo caso affatto rinascimentale, ma manipolato con gioco- le della sala la porta è in rottura, come prova l’interruzione della
sa disinvoltura. Nella camera dei Visconti vi è appollaiato un enor- pittura di un cavaliere, e anche la porta architravata nell’angolo
me uccellaccio dagli artigli e dal collo sinuoso (fig. 31), in quella contiguo della parete orientale, verso lo scalone, sembra posticcia
contigua sono abitati da un cervo in corsa (fig. 28), una scim- (fig. 8). Sulla stessa parete si aprono invece tre porte ad arco, sot-
mietta (fig. 30), un’aquila (fig. 29) o altri volatili, animali intenti tolineate da festoni dipinti (fig. 9), di accesso a tre distinti am-
a mordere o giocare con le pere, motivo onnipresente, forse in ci- bienti, uno dei quali era probabilmente la cappella. La sola porta
frato omaggio ad una favorita di Giulio Cesare, come vorrebbe d’ingresso alla “sala grande” descritta nell’inventario la pone ac-
una tradizione che risale allo storiografo seicentesco di Camerino canto ad una “stantia del Paradiso” e va identificata con la porta
Camillo Lilii7. I festoni, in questa seconda stanza, sono appesi ai nell’angolo nord-orientale, che comunica con un salone dell’ala
fusti di colonne che proseguono idealmente al di sotto della deco- settentrionale, in cui è dipinto un enorme albero di pero e un tral-
razione araldica, come se questa fosse una stoffa ad rotas appesa da- cio vegetale includente nelle sue spire gli emblemi di Giulio Cesare
vanti (figg. 23-25). e della moglie Giovanna Malatesta (fig. 20). È poi probabile che le
Un inventario redatto dagli emissari borgiani nell’agosto-set- due stanze in cui sono state scoperte delle pitture vadano ravvisa-
tembre del 1502 (sono nella “roccha del Beldilecto” il 26 agosto)8, te nella “camera depenta ad armi” con una finestra (quella con le
nel momento della presa di possesso della signoria dei Da Varano, imprese araldiche: figg. 23-30) e nell’adiacente “salocto [...] con
non permette purtroppo una sicura identificazione di ogni am- multi cavalli in ordine ma non magnano” (quella con i cavalieri vi-
biente, sia per la distruzione dell’ala orientale, sia per la sequenza scontei: figg. 31-40), con due finestre.
non sempre lineare della descrizione. Al piano terreno (fig. 4) è
menzionata la “stantia depicta tucta de vacche et pecora”, ancora 2. La tradizione attribuisce la fondazione del castello di Beldiletto
identificabile (figg. 5-6), a fianco del magazzino con le botti di vi- al signore di Camerino Giovanni di Berardo da Varano († 1385),
no, il “cellaro”, ingombrata da tavole, “una bocte”, “sechi doi da che sicuramente possedeva questo luogo fin dall’ultimo quarto del
mongere da pecorari”. Al piano nobile (fig. 7) si può identificare Trecento9. Nessun documento ci è pervenuto sulla costruzione del
con certezza la “sala grande” (figg. 8-9), che presentava come tut- castello e sulla sua decorazione: quest’ultima in particolare è stata
tora sei finestre, cinque “fornite de ligname, una ferrata”, e presso oggetto di ipotesi diverse, relative alle date e agli autori delle pit-
la quale era una cappella, una “ecclesiola”. Nella parete meridiona- ture su scialbo che ornano alcune stanze. A questo riguardo pos-

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8. Pievebovigliana, castello 9. Pievebovigliana, castello 10. Pievebovigliana, castello
di Beldiletto, Sala Grande, veduta di Beldiletto, Sala Grande, veduta di Beldiletto, Sala Grande, parete
della parete meridionale della parete occidentale orientale, pittore camerinese
del 1497 circa, Cavaliere

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11. Pievebovigliana, castello 12. Pievebovigliana, castello 13. Pievebovigliana, castello 1497 circa, Roberto il Guiscardo,
di Beldiletto, Sala Grande, parete di Beldiletto, Sala Grande, parete di Beldiletto, Sala Grande, parete particolare dell’iscrizione
orientale, pittore camerinese meridionale, pittore camerinese meridionale, pittore camerinese 15. Pievebovigliana, castello di
del 1497 circa, Cavalieri del 1497 circa, Cavaliere del 1497 circa, Roberto il Guiscardo Beldiletto, Sala Grande, parete
14. Pievebovigliana, castello di meridionale, pittore camerinese del
Beldiletto, Sala Grande, parete 1497 circa, Ruggero Borsa
meridionale, pittore camerinese del

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siamo chiarire due punti importanti: l’omogeneità della decora- murali di Beldiletto vanno datati verso la fine della signoria di
zione, pur con alcuni scarti di qualità, induce ad escludere l’ipote- Giulio Cesare († 1502), mentre le carte d’archivio su Antonio da
si di più campagne, magari scalate tra il tardo XIV secolo e gli ini- Sant’Anatolia non si spingono più avanti del 147713.
zi del XVI10, e a riconoscere in sostanza un unico intervento, da Al piano nobile (figg. 7, 22) sono quattro le stanze ancora de-
collocare al tempo di Giulio Cesare da Varano, il cui stemma cam- corate da pitture, che costituiscono l’oggetto precipuo di questo
peggia in molti luoghi delle pitture11; che l’autore di tale decora- studio. Procedendo da nord verso sud e da ovest verso est, il pri-
zione sia il pittore ohne Werken Antonio di Giovanni da mo ambiente dipinto che s’incontra è la lunga sala che allo stato
Sant’Anatolia (oggi Esanatoglia), come si è creduto sulla sugge- attuale occupa l’intera ala settentrionale e che è stata identificata
stione della sua provenienza da un altro luogo di residenza subur- con la “stantia del Paradiso” dell’inventario del 150214. La termi-
bana dei signori, ove si conservano pitture assai simili12, non è at- nazione orizzontale della decorazione rivela che l’ambiente era co-
testato in alcun modo ed è anzi probabilmente sbagliato, poiché i perto in origine da un soffitto piano. La pittura si conserva solo su

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16. Pievebovigliana, castello 17. Pievebovigliana, castello
di Beldiletto, Sala Grande, parete di Beldiletto, Sala Grande, parete
occidentale, pittore camerinese occidentale, pittore camerinese
del 1497 circa, Cavalieri del 1497 circa, Guglielmo II,
Tancredi II e altri cavalieri

18. Pievebovigliana, castello 19. Pievebovigliana, castello


di Beldiletto, Sala Grande, parete di Beldiletto, Sala Grande, parete
settentrionale, pittore camerinese meridionale, pittore camerinese
del 1497 circa, Cavaliere del 1497 circa, Cavaliere

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20. Pievebovigliana, castello
di Beldiletto, Stanza del Paradiso,
pittore camerinese del 1497 circa,
Albero di pero
21. Pievebovigliana, castello
di Beldiletto, Stanza del Paradiso,
pittore camerinese del 1497 circa,
Tralci con stemmi inscritti
22. Pievebovigliana, castello
di Beldiletto, pianta del piano nobile,
anno 1830 (Camerino, Biblioteca
Valentiniana, ms. 555, con
modifiche)

una piccola porzione della parete meridionale, nella sua zona più minata, talora ritenuta un membro della famiglia Perozzi16, ma la
occidentale, ed è costituita da due raffigurazioni affiancate: a de- similitudine con vicende di altre residenze e di altri signori inna-
stra un enorme pero (fig. 20), a sinistra uno spesso tralcio – carat- morati – come Pier Maria de’ Rossi e la sua “bianca pellegrina” sul-
terizzato anch’esso dalla presenza di pere – che nei cerchi formati le volte del castello di Torrechiara affrescate da Benedetto Bembo
dai suoi viluppi ospita monogrammi di Giulio Cesare da Varano – ci induce a dare qualche credito alla tradizione.
(ICV, le iniziali del suo nome in latino), la rosa malatestiana allu- Dalla porticina originale aperta nel mezzo di questa decorazio-
siva a sua moglie Giovanna Malatesta (sposata nel 1451) e il nodo ne si accede al salone che occupa circa metà dell’ala occidentale e
d’amore. Le pere, che vedremo ricomparire con regolarità nella de- che dovrebbe corrispondere alla “sala grande” dell’inventario bor-
corazione del castello e che dominano anche l’apparato pittorico gesco17. Le pareti sono ricoperte da una teoria di cavalieri, disposti
di altre dimore varanesche, sono considerate, sulla scorta del Lilii, su due ordini, dei quali l’inferiore in gran parte perduto. Il fregio
un’allusione al nome e al cognome di una nobildonna camerte per superiore in finto bronzo, che corre lungo tutti i lati (figg. 8-11,
la quale Giulio Cesare avrebbe nutrito un amore appassionato ma 15-17), dimostra che anche questa stanza, oggi coperta da un tet-
non corrisposto15. Ci mancano altre notizie su questa donna inno- to a spioventi, aveva in origine un soffitto piano. Le figure erano

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23. Pievebovigliana, castello
di Beldiletto, Camera delle Armi,
veduta delle pareti settentrionale
e orientale
24-25. Pievebovigliana, castello
di Beldiletto, Camera delle Armi,
parete orientale, pittore camerinese
del 1497 circa, Stemmi
e monogrammi
26. Pievebovigliana, castello
di Beldiletto, Camera delle Armi,
parete orientale, schema ricostruttivo
della disposizione degli stemmi
e dei monogrammi
27. Pievebovigliana, castello di
Beldiletto, Camera delle Armi,
tabella degli stemmi e dei
monogrammi
28. Pievebovigliana, castello di
Beldiletto, Camera delle Armi, parete
settentrionale, pittore camerinese del
1497 circa, Cervo in corsa

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29. Pievebovigliana, castello 30. Pievebovigliana, castello
di Beldiletto, Camera delle Armi, di Beldiletto, Camera delle Armi,
parete orientale, pittore camerinese parete orientale, pittore camerinese
del 1497 circa, Aquila ad ali del 1497 circa, Scimmia che gioca
spiegate con un uccello

non sessanta, come si dice18, ma un numero compreso tra qua- Quarto cavaliere da sinistra (fig. 15):
rantotto e cinquanta: le due pareti brevi, a nord e sud, ospitava- “Rogerio re de Napol: fu conquiso
no rispettivamente sette e otto cavalieri; sulla parete lunga orien- re Roberto mio padre da ria morte
tale, originariamente aperta solo da tre porticine centinate tutto- che di far maior cose avea diviso”.
ra esistenti (fig. 9), si trovavano diciannove cavalieri (quattro dei L’iscrizione è del tutto perduta a causa di una caduta dell’into-
quali raffigurati di scorcio su due paraste: fig. 10), mentre sul mu- naco, ma fu trascritta da Bernardino Feliciangeli, che ricorda an-
ro opposto la presenza di sei finestre lascia spazio per un numero che l’ubicazione del personaggio “accanto” al precedente21: poiché
minore di personaggi, compreso tra quattordici e sedici. Le figu- alla sinistra di Roberto rimane, come si dirà, un frammento di ver-
re incedono in parte da destra a sinistra, in parte nel senso con- so estraneo a questa terzina, Ruggero doveva essere la figura che se-
trario: i due cortei si separano in un punto della parete occiden- gue il Guiscardo. I dati contenuti nell’iscrizione rimandano al fi-
tale molto spostato verso sud e si ricongiungevano verosimilmen- glio di Roberto, Ruggero Borsa: suo padre fu in effetti colto da “ria
te al centro della parete settentrionale. Tutte le figure oggi visibi- morte” a Cefalonia, dove si trovava essendo partito per la seconda
li hanno il capo coronato e lo scettro, indossano l’armatura ed volta alla conquista dell’impero bizantino. Peraltro Ruggero, così
avanzano su di un prato contro uno sfondo punteggiato di albe- come Roberto, non fu mai “re de Napol” (cioè re di Sicilia), men-
relli – dai quali spuntano ancora pere – e di uccelli. In questa pa- tre lo fu – e per primo – il suo omonimo Ruggero II, che del
rata di uomini spicca, nello stato presente, un’unica figura fem- Guiscardo era nipote, in quanto figlio del fratello Ruggero, Gran
minile, la terza da destra sul muro orientale, anch’essa a cavallo e Conte di Sicilia22: la forzatura sarà stata indotta forse dalla volon-
con lo scettro (fig. 11)19. Le figure dell’ordine inferiore erano af- tà di allineare ad ogni costo un catalogo di sovrani coronati. Si no-
fiancate da scudi da torneo, ornati con lemnischi svolazzanti ti che queste prime due terzine erano a rima incatenata. Vedremo
(figg. 18, 19): su di essi non erano dipinti veri e propri stemmi, che questo sistema ritorna in un’altra coppia di cavalieri, così da
ma, a giudicare dalle poche tracce visibili, solo scarni segni stiliz- far supporre che esso coinvolgesse in origine l’intero ciclo.
zati, con stelle e lettere, simili piuttosto ai marchi di fondaco.
Ciascun personaggio era accompagnato da una terzina di endeca- Parete occidentale, registro superiore
sillabi in volgare, in rima alternata, vergata in eleganti lettere ca-
pitali, che ne svelava l’identità e ne commemorava le maggiori Terzo cavaliere da sinistra (fig. 17):
imprese. Ecco i pochi versi che si sono conservati o che si posso- “[… Gugliel]MO EL BO(n): MA TU NO(n) PUOI
no ricostruire: […]ORE[…] MA P(er) DUI A(n)NI
[…] FARE […] SOI”.
Parete meridionale, registro superiore I frammenti del verso 1 di questa inedita terzina permettono di
riconoscere Guglielmo II detto il Buono, re di Sicilia dal 1166 al
Terzo cavaliere da sinistra (fig. 13): 1189. Il personaggio si rivolge in discorso diretto – “Ma tu non
“RE RUBERTO VISCARDO: FEI RACOLTA puoi …” – a colui che gli sta davanti e che purtroppo ha perduto
DEL BEL NAPOLITA(n) REGNO DIVISO la sua terzina (forse Guglielmo I, a sua volta preceduto da Ruggero
E TUCTO ALA MIA CORONA EL FEI DAR VOLTA” (fig. 14)20. II?). Le figure erano dunque legate tra loro non solo dalla rima, ma
Si tratta dell’iniziatore della dinastia normanna in Italia, anche dal contenuto dei versi.
Roberto il Guiscardo († 1085), che peraltro non ebbe mai il tito-
lo regale. Quarto cavaliere da sinistra (fig. 17):
“Tancredo: per dui lustri io colsi affanni

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31. Pievebovigliana, castello di 32. Pievebovigliana, castello di 33. Pievebovigliana, castello di 34. Pievebovigliana, castello di
Beldiletto, Salotto dei Visconti, parete Beldiletto, Salotto dei Visconti, Beldiletto, Salotto dei Visconti, parete Beldiletto, Salotto dei Visconti, parete
occidentale, pittore camerinese del veduta della parete occidentale occidentale, pittore camerinese del occidentale, pittore camerinese del
1497 circa, Uccello dal collo lungo 1497 circa, Cavaliere 1497 circa, Ottone Visconti

del bel sceptro regal et poi tra’l spino Parete orientale, registro superiore
senza alcun fior(e) restai per mei gran danni”.
Di questa terzina, quasi del tutto svanita, rimangono visibili Secondo cavaliere da destra (fig. 11):
poche lettere, sufficienti comunque per riconoscerla. Il testo anco- “GRECIA […]S[…]AGU[…] ASEGIO
ra integro fu pubblicato nel 1927 da Maria Loreti in un volumet- E CUME IN Q(ue)[l] PARTIR DA NUI FU(n)DATA
to sulla vita privata dei Da Varano23, ma la trascrizione dovrebbe FATO (?) AD PARTENOPE SOL (?) CERCIO EGREGIO”.
risalire al Feliciangeli24. I versi sono in rima incatenata con quelli Il personaggio si trova subito dietro la figura muliebre. Nel ver-
di Guglielmo il Buono. L’effigiato è Tancredi II, morto nel 1194 so 1 si accenna ad un assedio (“asegio”). La menzione di Cuma
dopo aver regnato sulla Sicilia per appena quattro anni. I suoi “af- (“Cume”, verso 2) e Partenope (verso 3) può richiamare la fonda-
fanni” nacquero dalle insidie dello zio Guglielmo I, che sospettava zione di Napoli, l’antica Partenope, ad opera dei Cumani. Il nome
in lui un possibile pretendente alla corona, malgrado la sua illegit- del personaggio raffigurato dovrebbe essere però il “Cercio” del-
timità, e lo perseguitò inducendolo a rifugiarsi nel 1154 a l’ultimo rigo, definito “egregio”26. La mitologia greca ricorda un
Costantinopoli e a far ritorno in Italia dodici anni più tardi, cioè Cercio (Kerkios) spartano, auriga dei Dioscuri e fondatore di
poco più di “dui lustri”25. Dioscuria insieme ad Anfito27, e un re Cercione (Kerkyon), figlio

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35. Pievebovigliana, castello 36. Pievebovigliana, castello 37. Pievebovigliana, castello 38. Pievebovigliana, castello
di Beldiletto, Salotto dei Visconti, di Beldiletto, Salotto dei Visconti, di Beldiletto, Salotto dei Visconti, di Beldiletto, Salotto dei Visconti,
parete occidentale, pittore camerinese parete occidentale, pittore camerinese parete occidentale, pittore camerinese parete occidentale, pittore camerinese
del 1497 circa, Ottone Visconti, del 1497 circa, Cavaliere del 1497 circa, Giovan Francesco del 1497 circa, Giovan Francesco
particolare dell’iscrizione Gonzaga Gonzaga, particolare dell’iscrizione

secondo alcuni di Poseidone, che costringeva gli stranieri a com-


battere contro di lui e fu infine ucciso da Teseo28. Il quesito del-
l’identità di questo cavaliere deve per ora restare aperto. Ci trovia-
mo in ogni caso di fronte a un eroe dell’antichità, estraneo al grup-
po medievale e specificatamente normanno che abbiamo appena
visto, ma forse anch’esso legato all’Italia meridionale. Al di sopra
di questa terzina s’intravvedono frammenti di altre lettere, dai qua-
li non si riesce a trarre un senso.

Qualche altro lacerto di iscrizione compare qua e là, sulla pare-


te occidentale (registro superiore, primo cavaliere da destra: “[…]
QUAL C[…] A […] / […] TRIST[…] / […]”) e su quella meridio-
nale (il cavaliere a sinistra di Roberto il Guiscardo, cui già si è ac-
cennato, che conserva solo un “SA(n)GUINEA MANO” nell’ultimo
verso29). Da così miseri resti, meno di un decimo delle didascalie
originali, è impossibile ricostruire nel suo complesso il programma
iconografico, ma vale la pena di ricordare che, secondo Camillo
Lilii, i Da Varano potevano vantare proprio un’origine normanna.
Lo dimostrerebbero, secondo le fantasie dello storiografo seicente-
sco, il loro stemma vaiato, giacché la pelliccia di vaio sarebbe una
divisa tipica dell’araldica normanna; l’esistenza di una famiglia
omonima in Inghilterra; i nomi “normanni” Rodolfo, Gentile,
Berardo, ricorrenti nella famiglia; i rapporti dei primi signori di
Camerino coi re d’Inghilterra, poiché si credeva che Gentile I da
Varano († 1284) fosse stato capitano generale dell’esercito di
Edoardo I e che suo figlio Rodolfo († 1316) avesse avuto una mo-
glie inglese, Galatea30. Questa tradizione raccolta dal Lilii era forse
molto più antica e poteva rientrare in una più estesa genealogia
fantastica, analoga a quelle di altre famiglie signorili.
Nell’ala meridionale del castello si trovano due stanze dipinte
contigue (fig. 22). Quella occidentale conserva la decorazione sul-
la parete orientale e su porzioni adiacenti delle pareti settentriona-
le e meridionale (fig. 23). Al di sopra di uno zoccolo con ghirlan-
de carpofore, in cui dominano ossessivamente le pere (figg. 28-
30), si distende un parato dove scudi con stemmi e monogrammi
s’inscrivono entro rotae definite dall’intreccio di una fettuccia con-
tinua, che negli interstizi ospita ancora gli onnipresenti frutti (figg.
24, 25). Questa decorazione a prima vista caotica, che comprende
in altezza otto file di rotae31, disposti su diciannove colonne nella
parete più integra, quella orientale32, segue invece uno schema pre-
ciso e riconoscibile, che obbedisce a tre diverse sequenze ritmiche:
un ritmo ternario per gli sfondi delle rotae, che alternano i colori
giallo, rosso e celeste (quest’ultimo in molti casi è svanito in bian-
co); un ritmo binario per le pere, che in una colonna appaiono ap-
pese e nella successiva ammucchiate; un ritmo di otto, infine, per
gli stemmi e i monogrammi. A differenza dei frutti, i gruppi di
sfondi colorati e quelli di stemmi e monogrammi si sfalsano di una
posizione ad ogni riga, cosicché, seguendo le diagonali della com-
posizione, si ritrovano linee di rotae identiche (fig. 26)33. Gli otto
stemmi e monogrammi – ai quali assoceremo le prime otto lettere
dell’alfabeto – sono i seguenti (fig. 27):

A. Scudo inquartato, con fasce cuneate di rosso e d’argento nel


secondo e nel terzo. È la divisa personale di Giulio Cesare da
Varano, che di solito presenta negli altri due quarti il monogram-

63
39. Pievebovigliana, castello 40. Pievebovigliana, castello
di Beldiletto, Salotto dei Visconti, di Beldiletto, Salotto dei Visconti,
parete occidentale, pittore camerinese parete occidentale, pittore camerinese
del 1497 circa, Galeazzo I (?) del 1497 circa, Galeazzo I (?)
Visconti Visconti, particolare dell’iscrizione

mezzo, si costituisce uno schema chiastico che allude alle nozze tra
i due (Da Varano – Venanzio – matrimonio – Maria – della
Rovere). I tre scudi rimanenti vanno idealmente collocati al prin-
cipio della serie, in allusione ai genitori dello sposo: Giulio Cesare
da Varano (A-B) e Giovanna Malatesta (C). Venanzio, il sospirato
figlio maschio legittimo della coppia signorile, nacque nel 1476 e
fu ucciso nell’ottobre del 1502 a Cattolica, dove era stato impri-
gionato per ordine di Cesare Borgia dopo la conquista di
Camerino35. Il suo matrimonio con Maria, figlia di Giovanni del-
la Rovere duca di Arce e Sora e signore di Senigallia, fu fissato fin
dal 9 luglio 148536, quando gli sposi erano bambini, ma celebrato
soltanto nel 149737: è forse quest’ultima data il terminus ad quem
per la decorazione della sala, approntata verosimilmente in vista
delle nozze. Un ante quem, molto ravvicinato, è il 1502, l’anno
dell’assassinio di Venanzio e di suo padre. Dopo la morte di
Venanzio la rocca di Beldiletto rimase in appannaggio proprio al-
la sua vedova Maria della Rovere, cui il dominio fu confermato da
due cardinali nel 152438; ancora nel 1547 un atto notarile cameri-
nese menziona Maria come “domina arcis Beldilecti”39.
La decorazione della stanza attigua presenta uno zoccolo simi-
le a quello della sala appena descritta, seppur in proporzioni ingi-
gantite (fig. 31), ma un tema cavalleresco che la apparenta alla Sala
dei Sovrani. Le pareti sono qui suddivise in riquadri, incorniciati
da larghe bande gialle e disposti su un solo ordine anziché su due,
e i protagonisti, che incedono sulle cavalcature da sinistra verso de-
stra, non sono caratterizzati come regnanti, bensì come condottie-
ri, con berretti e bastoni del comando. Di questo ciclo si sono sal-
vate poche figure: le quattro della parete occidentale (fig. 32), par-
te dell’ultima della parete meridionale e un lacerto dell’iscrizione
che accompagnava la seconda figura della parete settentrionale. I
condottieri erano accompagnati da due serie di iscrizioni: una fa-
scia bianca, inserita nella cornice tra le figure e lo zoccolo, conte-
ma del signore, qui apparentemente assente. neva terzine in volgare (figg. 31, 35, 38, 40) analoghe a quelle dei
B. Monogramma IC, di “Iulius Caesar”, con le due lettere in- sovrani; sulla banda gialla sottostante erano invece tracciate, con
trecciate. grafia più corsiva ma probabilmente coeva, singole lettere dell’al-
C. Scudo alla rosa di rosso. È uno degli emblemi dei Malatesta, fabeto. Dalla posizione delle lettere residue (D, F [fig. 38], G, I) si
signori di Rimini, e rinvia a Giovanna, moglie di Giulio Cesare. capisce che la serie seguiva l’ordine alfabetico, iniziando sulla pa-
D. Monogramma VE, con la seconda lettera coricata in oriz- rete meridionale, e con ogni probabilità era completa, visto che per
zontale e intrecciata alla prima, di colore rosso. l’intero ciclo si può ricostruire una consistenza originaria di una
E. Scudo vaiato in punta d’azzurro e d’argento. È lo stemma ventina di personaggi. Le iscrizioni esistenti sono le seguenti:
dei Da Varano.
F. Nodo d’amore. Parete meridionale
G. Ghianda con due foglie di quercia. Allude evidentemente al-
la famiglia della Rovere34. Ultimo condottiero a destra (fig. 33):
H. Monogramma MA, con le due lettere unite in nesso, di co- “[…]NTI
lore rosso. […]VI A(n)NI
[…]TI”.
Decisivi per l’interpretazione di questa decorazione e la sua da- Il verso 1 o il verso 3 conteneva probabilmente una menzione
tazione sono i due monogrammi che abbiamo chiamato D e H: dei Visconti.
sciogliendo il primo in “VE(nantius)” e il secondo in “MA(ria)”, è
possibile collegarli rispettivamente a Venanzio da Varano, figlio di Parete occidentale
Giulio Cesare e Giovanna, e a sua moglie Maria della Rovere. Tale
identificazione è confermata dall’accostamento, lungo le linee Primo condottiero, contrassegnato dalla lettera D (fig. 34):
orizzontali, tra questi due monogrammi e quelli delle rispettive fa- “OTHONE: GLI VESCONTI FVOR T[…]
miglie (E e G): con l’aggiunta del nodo d’amore (F) che vi sta in TVTI RISCVOSSI E PVOSI I(n) T[…]SSO

64
41. Pievebovigliana, castello
di Beldiletto, andito in cima allo
scalone d’onore, pittore camerinese
del 1497 circa, Atlante

E LI TVRIANI CV(m) MEI SACRI […]” (fig. 35).


È Ottone Visconti (1207-1295), l’arcivescovo di Milano che
cacciò dalla città i Della Torre e instaurò di fatto la signoria della
sua famiglia40.

Terzo condottiero, contrassegnato dalla lettera F (fig. 37):


“[G]IOVAN FR[…]
[…]CO(n)TI PER COGN[…]NO
[…]NO ET GRA(n) FAMA […]” (fig. 38).
Probabilmente Giovan Francesco Gonzaga (1395-1444), pri-
mo marchese di Mantova. Il primo frammento del verso 2 fa so-
spettare che anche qui fossero menzionati i Visconti, forse nella
persona di Filippo Maria (1392-1447). Giovan Francesco s’impa-
rentò coi signori di Camerino sposando Paola Malatesta, figlia di
Malatesta IV e di Elisabetta di Rodolfo II da Varano.

Quarto condottiero, contrassegnato dalla lettera G (fig. 39):


“GALEAZO VESCO(n)TE: SENZA […]
REXI MILANO FIGLIO AL G[…]
CHI S’ACOSTA A VIRTÙ FA G[ran guadag]NO” (fig. 40)41.
Potrebbe trattarsi di Galeazzo I (1277-1328)42 o di suo figlio
Galeazzo II (+ 1378). Se, come pare, il verso 2 si chiudeva con l’ag-
gettivo “G[ran]” seguito dal nome del padre del personaggio, è da
preferire Galeazzo I, per il quale la metrica consentirebbe un “fi-
glio al g[ran Matteo]”. A Galeazzo II, patrono degli studia huma-
nitatis, amico e protettore del Petrarca, ben si attaglierebbe la men-
zione della “virtù” al verso 3, ma nel verso 2 manca lo spazio per
il nome di suo padre Stefano. La stessa “virtù” può evocare il no-
me di una terza figura, Gian Galeazzo (1351-1402), figlio di
Galeazzo II e appunto conte di Virtù; tuttavia l’onomastica porta
a escludere questa eventualità.

Parete settentrionale 3. Una sola decorazione sembra del tutto indipendente dalla bot-
tega cui si debbono le pitture profane su scialbo, ed è quella che
Secondo condottiero da sinistra, contrassegnato dalla lettera I: impegnava le pareti della loggia. I resti sono esigui, ma permetto-
“[…]ESC[…]E[…] ARCEVESCHOVO: I MO[…] no di riconoscervi tutt’altro esecutore, forse un petit maître dell’ul-
[…]O FRATE A[…] timo Quattrocento autore di una grandiosa Crocefissione nella
[…] MILA(n) NO[…] VOTI”. chiesa di Sentino45, diversamente aggiornato sulla situazione figu-
Il probabile frammento di un “[V]esc[ont]e” al verso 1, le cita- rativa del momento. Nel brano più leggibile si vede un’arcata in-
zioni di un “arceveschovo” nello stesso verso e della città di quadrata da pennacchi con bestie mostruose su fondo rosso, scor-
“Mila(n)” al verso 3 suggeriscono il nome di Giovanni Visconti ciata di lato e spalancata contro un vasto paesaggio, abitato da due
(1290-1354), signore della città e titolare dal 1339 della cattedra figure in rigida coppia, forse uomini illustri dell’antichità (uno
ambrosiana. porta un abito moderno, ma l’altro presenta una clamide affibbia-
ta sulla spalla); la terretta?? verde, con forti risalti di biacca, vuole
Ignoriamo se anche il resto della decorazione della sala riguar- fingere la luce laterale su dei bassorilievi. Degna di nota, anche se
dasse i Visconti. Certo colpisce la presenza, su cinque figure par- quasi illeggibile, è infine una figura colossale dipinta all’arrivo del-
zialmente o integralmente preservate, di almeno tre membri di la scala d’onore, opera questa invece della bottega delle pitture
quella casata, cui si aggiungono le probabili menzioni della mede- profane su scialbo (fig. 41). Il nudo virile incede con tutto il cor-
sima famiglia nella terzina del Gonzaga e in quella del personaggio po, avvolto in un drappo svolazzante, ma piega il capo, cinto sul-
anonimo sulla parete meridionale. È possibile che verso la fine di la fronte da una tenia, per lo sforzo di sorreggere, con le braccia in-
questo corteo comparisse anche l’erede dei Visconti, quel Francesco crociate in posa contorta, un’enorme sfera, ciò che permette di
Sforza che della moglie di Giulio Cesare era stato nonno materno43 identificarvi una raffigurazione di Atlante46.
e che era effigiato, come ricorda il Lilii, in una stanza del palazzo di Nella sala maggiore del piano nobile, che sovrastava l’accesso al
città, “tirato sopra un carro dalla Fama, e dalla Fortuna con le tre castello di Beldiletto da occidente, la “sala grande” destinata al-
Parche avanti, ch’ordiscono i stami della sua vita”44. l’udienza ufficiale (figg. 8-19), la teoria di cavalieri dava corpo ad

65
una “genealogia incredibile”, secondo la felice definizione di dal codice padovano con gli uomini illustri della famiglia
Roberto Bizzocchi47, proiettando in un passato mitico le origini Transelgardi Capodilista Forzaté, del 1434, studiato da Tiziana
della casata dei Da Varano, in una presunta derivazione dai re nor- Franco51.
manni che divenne tradizione e fu raccolta da Camillo Lilii nel Apparentemente più misterioso ed intrigante è l’omaggio alla
Seicento. La cavalcata, stagliata contro un ameno fondale popola- dinastia viscontea, riservato in una camera più interna e meno al-
to di alberi di pero e di selvaggina in volo, procede per lo più da ta (figg. 31-40), contigua a quella con i nodi di amore e i mono-
destra verso sinistra, mettendo in testa gli antenati e confluendo grammi di Venanzio e Maria della Rovere (figg. 23-30). I Da
sulla parete di ingresso. Roberto il Guiscardo (figg. 13, 14) è se- Varano dovettero la loro salda fortuna ben dentro il Quattrocento
guito nella parete meridionale dal figlio Ruggero Borsa (fig. 15) e, alla fedeltà guelfa, che rimontava ai capostipiti duecenteschi, e le
più lontano, sulla parete occidentale, da Guglielmo II e da condotte di Giulio Cesare lo videro al servizio del papa, della
Tancredi, il conte di Lecce (fig. 17). Tutti, ad abundantiam, sono Serenissima e dell’Aragona, certo non del duca di Milano. Maria
ritratti col capo coronato48. Risalendo à rebours nell’altra direzione, della Rovere, però, per parte di madre, Giovanna da Montefeltro,
sulla parete orientale (fig. 11), si incontra una didascalia che po- era nipote di Battista Sforza, figlia del fratello minore di Francesco
trebbe far riferimento ad uno dei mitici fondatori di Cuma, colo- Sforza e quindi cognato di Bianca Maria Visconti, Alessandro si-
nia dei greci euboici da cui derivò l’origine della stessa Napoli, gnore di Pesaro. Per tale tramite poteva dunque vantare un legame
Ippocle o Megastene, in una rincorsa fino all’antichità classica, in- col ceppo maggiore della dinastia viscontea, che confluì in quella
trecciando con disinvoltura le dominazioni diverse che si avvicen- degli Sforza. La madre di Battista era figlia di Costanza di
darono nell’Italia meridionale, sul calco delle fantastiche genealo- Piergentile da Varano, cugina di Giulio Cesare, e grazie a tale ma-
gie viscontee, risalenti ad Enea, a Venere e Anchise, riecheggiate trimonio si erano rinsaldati i legami fra i signori di Camerino e gli
nella pretesa dei Trinci di Foligno di discendere tramite i longo- Sforza di Pesaro. Infine va ricordato che Giulio Cesare aveva spo-
bardi dai troiani fondatori di Roma. I personaggi effigiati erano as- sato nel 1451 Giovanna Malatesta, figlia di Sigismondo signore di
sai numerosi, tra quarantotto e cinquanta, come si è detto. Rimini e di Polissena Sforza, a sua volta figlia di Francesco: e que-
Mancano del tutto tituli leggibili per quelli del registro inferiore, st’ultimo era per ciò celebrato nel palazzo di Camerino in un af-
che presentava sempre personaggi coronati, ma di scala minore. È fresco perduto, sopra un carro di trionfo, secondo la descrizione
pertanto impossibile avanzare ipotesi di sorta, ma si può escludere che ce ne fornisce il Lilii. Gli Sforza alla fine del Quattrocento ri-
che vi fossero le effigi degli avi due-trecenteschi degli stessi Da vendicavano in maniera ossessiva la loro diretta discendenza dai
Varano. Nel salone del palazzo di Esanatoglia la parata di cavalieri Visconti, per l’esigenza politica di legittimare l’investitura ducale
conteneva di sicuro la rassegna dei signori di Camerino, dal mo- in Lombardia. Perpetuandosi negli Sforza la prosapia dei Visconti
mento che si identifica la figura di Giovanni detto Spaccalferro, poteva vantare, fra tutte le famiglie signorili italiane, il passato più
morto nel 1385, mentre forza con entrambe le mani un ferro di prestigioso, essendosi eclissati tanto gli Scaligeri quanto i
cavallo49. Il passato mitizzato sfumava in quel caso nell’attualità: lo Carraresi. Col pretesto del legame parentale di Maria della Rovere
scrupolo ritrattistico giustifica la realizzazione più accurata dei vol- e della moglie Giovanna Malatesta, Giulio Cesare poteva così esi-
ti di cui rimane il solo disegno a matita sullo scialbo asciutto e che bire in una sala, destinata ad ospitare la sposa del figlio maggiore
erano completati con colore a tempera, e fra di essi è riconoscibile ed erede, le virtù e le prodezze di quelli che per decenni erano sta-
con ogni probabilità lo stesso Giulio Cesare50. Il catalogo dei cava- ti i signori più temuti d’Italia e la cui rassegna poteva incarnare la
lieri, con attribuzioni di effigie agli antenati più remoti, appartie- continuità con un passato fulgido di milites, come nel loro picco-
ne del resto ad un genere che aveva diffusione nella civiltà cortese lo anche i Da Varano erano stati.
alla fine del Medioevo e che è esemplificato in maniera mirabile

66
Il primo e il terzo paragrafo sono di Andrea De Marchi, il secondo di Matteo dell’Appenino Camerte, serie Cinquantesimo, 26), p. 4 (mi riferisco per como-
Mazzalupi. Teniamo a ringraziare la proprietaria del castello di Beldiletto, Silvia dità a questo opuscolo, che costituisce la ristampa di un articolo uscito in due
Sensi, il custode Giuseppe Cappa, il sindaco di Pievebovigliana Sandro Luciani, puntate nel settimanale diocesano “L’appennino camerte”, LXIV 1984, 34, 1°
che ha a cuore la difesa del patrimonio del suo territorio, e ancora Rossano settembre, p. 3, e 35, 8 settembre, p. 5, coi rispettivi titoli Il castello di Beldiletto
Cicconi, Andrea Di Lorenzo e Corrado Zucconi. e Beldiletto). Per le pitture di Esanatoglia cfr. F[eliciangeli], A proposito dell’edi-
zione cit.; Gheroldi, Pitture su scialbo cit.; F. Paino-M. Paraventi, Cavalli, cava-
1
M. Baxandall, recensione a G. Paccagnini, Pisanello, trad. J. Carroll, New York lieri e simbolismi cortesi: i dipinti di Esanatoglia, in I Da Varano e le arti a
1973, “The Art Bulletin”, LVII 1975, pp. 130-131. Camerino cit., pp. 78-84; Arcangeli, I dipinti murali cit., pp. 69-93, 190-202.
2
Sulla committenza artistica dei Da Varano e in particolare di Giulio Cesare si 13
Una ventina di documenti, scalati tra il 10 dicembre 1452 (Sezione di Archivio
vedano gli studi raccolti in I volti di una dinastia. I Da Varano di Camerino, di Stato di Camerino, Archivio notarile di Esanatoglia [d’ora in poi ANE], 6,
Catalogo della mostra, a cura di V. Rivola e P. Verdarelli, Milano 2001; Il Matteo di maestro Marano, c. 77v) e il 28 aprile 1476 (ANE, 8, Matteo di mae-
Quattrocento a Camerino. Luce e prospettiva nel cuore della Marca, Catalogo del- stro Marano, c. 103r), sono stati pubblicati o segnalati da Angelo Antonio
la mostra di Camerino, a cura di A. De Marchi e M. Giannatiempo López, Bittarelli (Giovanna Malatesta, in Giornata di studi malatestiani a Camerino. Atti,
Milano 2002; I Da Varano e le arti, Atti del convegno, Camerino, 2001, a cura Rimini 1990 [Le Signorie dei Malatesti, 5], ried. in Id., Camerinum, Camerino-
di A. De Marchi e P. L. Falaschi, Ripatransone 2003. Per una sintesi sulla com- Pieve Torina 1996, pp. 337-363, in partic. p. 352, nota 58) e da Claudio
mittenza signorile fra Umbria e Marche nel Quattrocento: A. De Marchi, L’area Mazzalupi (Girolamo di Giovanni e i pittori camerinesi a Pioraco, in I Da Varano
umbro-marchigiana, in Corti italiane del Rinascimento. Arti, cultura e politica, e le arti cit., pp. 309-314, in partic. p. 310, nota 2); sono irreperibili due atti del
1395-1530, a cura di M. Folin, Milano 2010, pp. 309-325. 21 giugno e 1° settembre 1466 ricordati in CF, A.33.a. Al regesto di Antonio di
3
Cfr. M. Ceriana, Note sull’architettura e la scultura nella Camerino di Giulio Giovanni vanno aggiunti quattro rogiti inediti del 3 marzo e 5 dicembre 1476
Cesare da Varano, in Il Quattrocento a Camerino cit., pp. 98-115; F. Benelli, Il pa- (ANE, 8, Matteo di maestro Marano, cc. 101r e 119r) e del 29 luglio e 3 agosto
lazzo ducale di Camerino, ivi, pp. 273-274; F. Marcelli, La facciata di San 1477 (ibidem, cc.n.n.). Nessun documento contiene riferimenti ad opere di pit-
Venanzio, ivi, pp. 274-276. tura. Negli ultimi anni della signoria di Giulio Cesare e oltre, tra il 1497 e il
4
Cfr. F. Marcelli, in Pittori a Camerino nel Quattrocento, a cura di A. De Marchi, 1513, si rinviene a Camerino qualche traccia di un altro pittore, il finora igno-
Milano 2002, pp. 346-348; F. Paino, Il Palazzo ducale di Camerino: storia, ar- to Giovan Francesco di Giovanni Simonetti detto il Pintoricchio, originario del
chitettura, ambienti e decorazioni pittoriche, in I Da Varano e le arti a Camerino e villaggio di Lancianello, tra Pioraco e il castello di Lanciano (Sezione di Archivio
nel territorio. Atlante dei beni culturali di epoca varanesca, a cura di M. Paraventi, di Stato di Camerino, Archivio notarile di Camerino, 4010, Cola di Domenico
Camerino 2003, pp. 55-76. da Pievebovigliana, c. 221r-v, 29 maggio 1497; 264, Bartolomeo d’Antonio, c.
5
B. Feliciangeli, L’itinerario d’Isabella d’Este Gonzaga attraverso la Marca e 72r-v, 11 febbraio 1500; 2914, Pierantonio di Venanzio, c.n.n., 19 aprile 1505;
l’Umbria nell’aprile del 1494, “Atti e memorie della R. Deputazione di storia pa- 594, Bartolomeo d’Antonio, cc. 57v-60v, 5 febbraio 1513); ma, sebbene date e
tria per le province delle Marche”, n.s., VIII 1912, pp. 3-119, in partic. p. 18. luoghi non siano privi di suggestione, anche questo nuovo nome manca per ora
6
Cfr. V. Gheroldi, Pitture su scialbo di tema profano per i Da Varano, in I Da di opere sicure.
Varano e le arti cit., pp. 459-476. Gli studi di Gheroldi sulla tecnica esecutiva su 14
F. Paino-M. Paraventi, Il castello di Beldiletto, in I Da Varano e le arti a
scialbo di calce sono in sostanza rivulgati e diluiti in un libretto di Francesca Camerino cit., pp. 86-92, in partic. p. 91; Arcangeli, I dipinti murali cit., p. 208.
Arcangeli (I dipinti murali a soggetto cortese nella signoria di Giulio Cesare da Il brano dell’inventario recita: “Item la Stantia del Paradiso: inela intrata uno
Varano, con un saggio introduttivo di A. Ciuffetti, Pievebovigliana 2009), ricco uscio, catenaccio et serradura in puncto, dui trespidi, dui banchi da sedere, dui
di materiale iconografico, ma compromesso dal carattere sommario delle analisi. tavole ruze de bedullo, una fenestra fornita con camino” (S. Corradini, Camerino
7
Vedi infra note 15 e 16. e i Borgia cit., p. 93). Ho verificato la trascrizione di questo documento sull’ori-
8
L’inventario, inserito all’interno di una più generale descrizione dello stato va- ginale dell’Archivio di Stato di Modena, per le cui riproduzioni sono grato a
ranesco (Ragioni e descrittione del Ducato di Camerino), per cui vedi infra nota Lucia D’Angelo e a Pierluigi Moriconi. Dell’inventario esiste una copia mano-
14, è stato segnalato per la prima volta da Bernardino Feliciangeli (L’itinerario scritta appartenuta al Feliciangeli (CF, E.21.1).
d’Isabella cit., pp. 39-46), quindi edito parzialmente da Romano Romani (Il 15
“Venne preso Giulio dall’amore d’una nobile gentildonna, e invano gran tem-
Palazzo dei Varano a Camerino, “Rassegna marchigiana”, VI 1928, pp. 374-384) po delirò amorosamente per essa. Veggonsi nel palazzo fabricato da lui gl’intagli,
ed integralmente da Sandro Corradini (Camerino e i Borgia: cronistoria dell’occu- e le pitture di peri, ne’ suffitti, ne’ marmi, e nelle stanze in riguardo del nome, e
pazione e Inventario del Ducato, luglio 1502-agosto 1503, in Studi camerti in ono- cognome della gentildonna, la quale fu costretta d’andare a dimorare in altro sta-
re di Giacomo Boccanera, a cura di G. Tomassini, Camerino 1993, pp. 57-103, to, che però contro di lei uscirono da Giulio disfoghi d’animo appassionato con
in partic. p. 93-95). nuove pitture dell’istess’albero de’ peri co’ frutti per terra in cibo agli animali im-
9
C. Lilii, Istoria della città di Camerino, Macerata 1649-52, ed. Camerino 1835, mondi” (Lilii, Istoria della città cit., II, p. 220).
II, p. 125; P. Cruciani, La Rocca Varanesca di Beldiletto presso Pievebovigliana. 16
M. Loreti, La vita privata dei Varano signori di Camerino nel Rinascimento,
Indagine su un monumento da salvare, “Castella Marchiae”, III 1999, pp. 32-46, Siena 1927, p. 68; Paino-Paraventi, Il castello di Beldiletto cit., pp. 87-88. Il no-
in partic. p. 32. me della Perozzi circolava già al tempo di Aristide Conti (Camerino e i suoi din-
10
F. Marcelli, Beldiletto: uno “spettro” di vita cortese, “Commentari d’arte”, n.s., torni, Camerino 1872, p. 43), che liquidò tutta la storia come favolosa.
IV 1998, pp. 83-88, propone il settimo decennio del Quattrocento per la Sala 17
“Item canto dicta stantia [scil. del Paradiso] la Sala Grande: nella intrada por-
Grande (figg. 8-19), la fine di quel secolo per le scene pastorali in una stanza al ta fornita de legname, catenacci et serradure sensa chiave et in dicta sala tavole
pian terreno (figg. 5-6) e l’inizio del Cinquecento per gli episodi di vita campe- de più sorte n° CCCLXIII. Item cinque fenestre fornite de ligname, una ferra-
stre in un altro ambiente del pian terreno. Francesca Arcangeli (I dipinti murali ta” (Corradini, Camerino e i Borgia cit., pp. 93-94). In passato, quando questa
cit.) anticipa le pitture del pian terreno addirittura alla fine del Trecento (p. 204) era l’unica stanza in cui si vedessero immagini di cavalli, essa è stata identificata
e sposta invece quelle della Camera delle Armi, da poco riemerse (figg. 23-30), con il “salocto con uscio fornito doppio sensa chiave et serradure, doi fenestre
al tempo di papa Giulio II (p. 217). fornite, camino et uno trespede, con multi cavalli in ordine, ma non magnano”
11
Cruciani, La Rocca Varanesca cit., p. 41, sembra suggerire implicitamente una (ivi, p. 93; cfr. anche Boccanera, Il castello di Beldiletto cit., p. 7; Cruciani, La
datazione di tutta la decorazione alla fine del XV secolo. Rocca Varanesca cit., p. 43; Paino-Paraventi, Il castello di Beldiletto cit., p. 91).
12
Il primo ad accennare a questa possibilità, in modo del tutto ipotetico, fu 18
Loreti, La vita privata cit., p. 97; Boccanera, Il castello di Beldiletto cit., p. 6;
Bernardino Feliciangeli, in un suo appunto privato: “1466. Menzione di A.A. Bittarelli, Opere d’arte a Esanatoglia, in C. Mazzalupi, La terra di Santa
Antonio di Giovanni da S. Anatolia pittore. Questi potrebbe essere l’autore del- Anatolia. Il territorio del Comune di Esanatoglia attraverso i secoli, Camerino-
le decorazioni dei manieri varaneschi di Beldiletto e S. Anatolia” (Biblioteca Pieve Torina 1996, pp. 165-200, in partic. p. 175; Marcelli, Beldiletto: uno “spet-
Valentiniana di Camerino, Carte Feliciangeli [d’ora in poi CF], A.33.a, nota sul- tro” cit., p. 88; Cruciani, La Rocca Varanesca cit., p. 43; Paino-Paraventi, Il ca-
la busta). D’altra parte lo stesso studioso non nominò il pittore in un articolet- stello di Beldiletto cit., p. 90.
to dedicato ai murali delle due residenze signorili: B. F[eliciangeli], A proposito 19
Lo stato rovinoso impedisce di capire se anche questa figura fosse coronata.
dell’edizione dei più antichi statuti di S. Anatolia (1324), II parte, “Chienti e 20
Trascritta dal Feliciangeli in un appunto datato 15 aprile 1911 (CF, A.26.c), è
Potenza”, XXIV 1910, 37, 11 settembre, pp. [4-5]. In seguito, invece, le pitture stata pubblicata contemporaneamente da Romano Romani, in Guida di
sono state sovente attribuite tout court ad Antonio di Giovanni, a partire da G. Camerino e dintorni, Terni 1927, p. 210, e da Loreti, La vita privata cit., p. 98.
Boccanera, Il castello di Beldiletto, Camerino-Pieve Torina 1985 (I quaderni 21
CF, A.26.c. Feliciangeli leggeva “re morte” (verso 2) e “l’aviso” (verso 3), e co-

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sì riporta Loreti, La vita privata cit., p. 98; R. Romani, in Guida di Camerino cottimo al mercante camerinese messer Francesco di Mariano Calcalara, che agi-
cit., p. 210, propone invece, per il verso 2, “ri[a] morte”. Monsignor Boccanera, sce anche a nome di Piervincenzo di Mariano di Venanzio, la rocca di Beldiletto
che forse fece in tempo a vedere l’epigrafe (scrive infatti: “ne diamo una lettura con tutti i suoi possedimenti e i detti tre mulini per un periodo di cinque anni
più fedele agli originali”), pone “ria morte” al verso 2, “diviso” al verso 3 a partire dal 1° gennaio 1548, per il canone annuo di 860 fiorini (Sezione di
(Boccanera, Il castello di Beldiletto cit., p. 6). Archivio di Stato di Camerino, Archivio notarile di Camerino, 2500, Camillo
22
Boccanera, Il castello di Beldiletto cit., nota 7, riteneva che il personaggio fosse Lucarelli, cc.n.n.). Maria fece testamento a Cingoli, in casa di Cesare di ser
appunto Ruggero II. Feliciano, il 30 marzo 1549, nominando erede universale il nipote Egidio da
23
Loreti, La vita privata cit., p. 98. Varano, figlio di suo figlio Sigismondo (il documento originale, che ho recupe-
24
Così afferma Boccanera, Il castello di Beldiletto cit., p. 6. rato con l’aiuto di Rossano Cicconi, si trova in Archivio di Stato di Macerata,
25
L’identificazione spetta a Boccanera Il castello di Beldiletto cit., p. 6, nota 10. Archivio notarile di Cingoli, 182, Francesco Camilli, cc. 126r-131r; due copie so-
26
In tal caso “sol” andrebbe interpretato come “so’ ‘l”, “sono il”. no in Archivio di Stato di Firenze, Ducato d’Urbino, classe III, filza III, 5, cc. 22r-
27
B. Lorentz, a.v. Kerkios, in Ausführliches Lexikon des griechischen und römischen 24v e cc. 26r-28v). Tramite Egidio, sposato con Ippolita Ranieri, Beldiletto pas-
Mythologie, a cura di W. H. Roscher, II, 1, Leipzig 1890-94, col. 1166. serà alla famiglia perugina dei Ranieri (Cruciani, La Rocca Varanesca cit., p. 35).
28
H.W. Stoll, a.v. Kerkyon, ivi, coll. 1173-1174. 40
Identificato già da Arcangeli, I dipinti murali cit., p. 217.
29
Il frammento è stato letto per la prima volta da Marcelli, Beldiletto: uno “spet- 41
L’iscrizione è riprodotta in Arcangeli, I dipinti murali cit., p. 110.
tro” cit., p. 88. 42
Così ritiene Arcangeli, I dipinti murali cit., p. 217.
30
Lilii, Istoria della città cit., II, pp. 7-21, 23, 48, 68-69, 120. 43
Nei perduti elogia dei Da Varano, dipinti nel palazzo dei signori al tempo di
31
La fila superiore è in parte coperta da una trave del soffitto (fig. 25). Giovanni Maria (1481-1527) figlio di Giulio Cesare, Giovanna era ricordata
32
Sulla parete settentrionale si conservano solo undici colonne di rotae. non solo quale “Sigismundi filia”, ma anche quale “Francisci Sfortiae ducis
33
La sequenza presenta due errori: nella nona colonna il monogramma di Mediolani nepos ex Polisena filia”, segno che questa parentela era ritenuta parti-
Venanzio (D) è sostituito dalla rosa malatestiana (C); nella sedicesima il nodo colarmente prestigiosa (A.A. Bittarelli, Risvolti camerinesi nella vita di Varino
d’amore (F) è sostituito dalla ghianda (G). Favorino: gli “Elogia”, “Studia Picena”, XLIV 1977, ried. in Id., Camerinum,
34
Arcangeli, I dipinti murali cit., p. 217, vi scorge un richiamo a papa Giulio II, Camerino-Pieve Torina 1996, pp. 365-376, in partic. p. 375). L’unico altro ca-
ospite del castello nel 1510, e ipotizza che la decorazione della stanza risalga al so simile riguardava Caterina Cybo, moglie dello stesso Giovanni Maria e
tempo di quella visita. “Leonis X pontificis ex Magdalena sorore neptis” (ivi, p. 376).
35
Lilii, Istoria della città cit., II, pp. 224, 263-264. 44
Lilii, Istoria della città cit., II, p. 241.
36
Feliciangeli, L’itinerario d’Isabella d’Este cit., p. 38, nota 2; A. Massari, Regesto 45
Sul Maestro di Sentino vedi A. De Marchi, Pittori a Camerino nel
delle lettere di Giulio Cesare da Varano, in Documenti per la storia della Marca, Atti Quattrocento: le ombre di Gentile e la luce di Piero, in Pittori a Camerino cit., pp.
del X convegno di Studi Maceratesi, Macerata, 14-15 dicembre 1974, Macerata 24-99, in partic. p. 84; Id., Camerino minore, in I Da Varano e le arti cit., pp.
1976, pp. 288-318, in partic. p. 300, reg. 22. Se ne ha notizia da una lettera di 384-385.
Giulio Cesare a Gian Galeazzo Maria Sforza del 15 luglio 1485 (Archivio di 46
Per il raro soggetto si veda F. Saxl, Atlas, der Titan, im Dienst der astrologischen
Stato di Milano, Fondo Autografi, n. 206, fasc. 84), che ho potuto rintracciare Erdkunde, “Imprimatur. Ein Jahrbuch für Bücherfreunde”, IV 1933, pp. 44-53,
grazie all’aiuto di Andrea Di Lorenzo. Eccone il testo: (fuori) “Illustrissimo et ex- ried. in Id., La fede negli astri. Dall’antichità al Rinascimento, a cura di S. Settis,
cellentissimo domino benefactori et domino meo singularissimo domino Iohani Torino 1985, pp. 292-302 e 477, e a paragone il celebre disegno di Francesco di
Galeaz Marie Sfortie Vicecomiti, [duci] Mediolani, Papie [Anglar]ieque comiti Giorgio Martini dell’Herzog Anton Ulrich Museum di Braunschweig (inv. Z
ac [Crem]one domino dignissimo”; (dentro) “Illustrissime et excellentissime do- 292: A. De Marchi, in Francesco di Giorgio e il Rinascimento a Siena 1450-1500,
mine benefactor et domine singularissime post commendationem. La servitù Catalogo della mostra di Siena, a cura di L. Bellosi, Milano 1993, pp. 306-307,
mia et anchi la affinità ho cum Vostra Excellentissima Signoria ricercano io la cat. 57). Nel disegno di Pisanello per il rovescio di una medaglia destinata a pa-
debbia far participe de tucte mie cose. La qual aviso come adì nove del presen- pa Niccolò V è invece più probabile che sia raffigurato Ercole: Parigi, Louvre,
te mese la Excellentia del duca d’Arci et di Sora prefecto di Roma et mi abbia- Departement des arts graphiques, inv. 2319 (cfr. D. Cordellier, in Pisanello. Le
mo contracto parentato et la fiola del dicto duca data per moglier ad Venantio peintre aux sept vertus, Catalogo della mostra, Paris 1996, pp. 453-456, cat. 320).
mio primogenito fiolo. Né se maravigli Vostra Excellentissima Signoria se pri- 47
R. Bizzocchi, Genealogie incredibili. Scritti di storia nell’Europa moderna,
ma non ho dato aviso di questa cosa, perché la Sanctità del Papa è stata quela Bologna 1995. Il ciclo varanesco di Beldiletto illustra in maniera esemplare la
ha facto questo parentato et cum celeritate ita et taliter non ho potuto far mio moda per le restituzioni artificiose di genealogie tanto illustri quanto inverosi-
debito più presto et per fare la obbedientia verso Sua Santità come è mio debito mili, che però, come mostra Bizzocchi, ben oltre il loro acme verso il 1400 con-
ho voluto impresentiarum significarli, ala qual me recommando. Camerini die tinuarono a lungo ad essere percepite come del tutto plausibili, nonostante ap-
15 iulii 1485. Servitor et affinis Iulius Cesar de Varano Camerini etc., parenti schermaglie demistificatorie che rafforzavano per contrasto la sensatezza
Serenissimi Dominii Venetiarum gentium armigerarum gubernator generalis”. di altre non meno fantasiose eziologie dinastiche, e sono anzi all’origine della
37
Lilii, Istoria della città cit., II, p. 245. stessa volontà storiografica moderna.
38
Ivi, p. 297. La quietanza per la dote di novemila ducati d’oro fu rilasciata da 48
L’imperativo categorico di poter “conter entre ses ancêtres des Rois” vantare
Giulio Cesare a Maria e ai rappresentanti di suo padre il 3 maggio 1499, con at- “des souveraines parmi ses ancêtres” è richiamato da alcuni esempi allegati da
to del notaio Pierantonio Vandini da Mondolfo rogato nel palazzo varanesco. Il Bizzocchi (Genealogie incredibili cit., p. 87).
signore di Camerino garantì la restituzione della dote ipotecando la “roccam si- 49
F. Paino-M. Paraventi, Esanatoglia. Cavalli, cavalieri e simboli cortesi. Sugli af-
ve tenutam Beldilecti positi in teritorio Camerini”, tutti i terreni “circum dictam freschi nell’antica residenza dei Da Varano, “L’appennino camerte”, LXXXI 2001,
roccam vel arcem Beldilecti” nonché il mulino sul fiume Chienti presso 47, 24 novembre, p. 11; Paino-Paraventi, Cavalli, cavalieri cit.; Gheroldi, Pitture
Beldiletto e il mulino di Polverina (Archivio di Stato di Firenze, Ducato su scialbo cit., pp. 466-468.
d’Urbino, classe I, filza XI, 2, copia del 27 marzo 1518; un accenno in Lilii, 50
Paino-Paraventi, Cavalli, cavalieri cit., p. 81; Gheroldi, Pitture su scialbo cit.,
Istoria della città cit., II, p. 292). pp. 466-468.
39
Il 26 ottobre 1547 l’“illustrissima domina Maria de Ruere de Varano, domina 51
T. Franco, in La miniatura a Padova dal Medioevo al Settecento, Catalogo della
arcis Beldilecti cum suis possessionibus, iuribus et tenimentis et trium molendi- mostra, a cura di G. Baldissin Molli, G. Mariani Canova e F. Toniolo, Modena
norum, videlicet unius della Polverina, alterius Fornace et Florismontis”, loca a 1999, pp. 219-221, cat. 83 (Padova, Biblioteca Civica, ms. B.P.954).

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