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4.

 Organon, la Logica
4.1 Caratteri generali della logica aristotelica

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 Alessandro di Afrodisia (II - III secolo)[/caption]

La logica (cioè la scienza dei logoi - pensieri o discorsi - o logiké, come la chiamarono gli stoici) è
la scienza che studia la forma del pensiero corretto, cioè le caratteristiche di ogni scienza che
voglia presentarsi come dimostrativa e necessaria.

Una scienza è dimostrativa, cioè basata su verità provate, quando da una premessa discende una
conseguenza necessaria. Dunque, è il ragionamento ben condotto, di cui si occupa appunto la
logica, a costruire nuovo sapere.

Per questo la logica è la scienza che elabora gli strumenti per tutte le altre scienze, come ha
osservato Alessandro di Afrodisia che nel III secolo chiamò il complesso dei libri aristotelici
sull'argomento organon, strumento, appunto in greco.

Aristotele quindi non usò il termine logica (che fu usato dagli stoici a partire dal I secolo a. C.), né
quello di organon, di tre secoli più tardo, ma si riferì a questo complesso di problemi come ad
una analitica, cioè all'attività di scomposizione di qualcosa di complesso in elementi semplici.

4.2 Continuità e differenze della logica aristotelica con la logica antica

La logica aristotelica presenta sia aspetti comuni con la logica antica precedente che aspetti
innovativi. 

L'elemento comune è rintracciabile nel suo carattere ontologico: un ragionamento corretto e


dimostrativo corrisponde infatti alla realtà, coglie cioè proprietà vere delle cose, di conseguenza i
principi logici sono regole di natura e leggi del pensiero.
Ciò che c'è di innovativo è invece lo sviluppo e la critica a (al monismo di) Parmenide e al dualismo
platonico che sfocia nella dimostrazione che l'essenza delle cose (le idee) non può più essere
concepita come  «entità», cioè come una cosa, trascendente o immanente che sia, ma solo come
genere o specie, cioè come oggetto o parte del discorso che è al tempo stesso classificazione
della realtà [anche Aristotele come tutto il pensiero antico pensa l'identità di essere e pensiero].

4.3 La logica dei termini: le categorie


4.3.1 Le categorie
 
Le categorie sono parti del discorso, generi massimi della predicazione che raccolgono
tutte le proprietà dell'essere[/caption]

Invece di indicare come essenza delle cose delle entità come aveva fatto Platone, Aristotele
dunque pensa la realtà delle cose che ci circondano come dei nomi, delle parti del discorso che
sono sia strumenti di classificazione del pensiero che aspetti della realtà o essere.

Le categorie, quindi, sono aspetti della realtà e del discorso esaminati isolatamente, prima che si
leghino ad altri elementi ed entrino a far parte del discorso.

Scrive, infatti, Aristotele:

Delle cose dette senza alcuna connessione, ciascuna significa o una sostanza o


una quantità o una qualità o una relazione, o un luogo o un tempo, o l'essere in una
situazione o un avere, o un agire o un patire.

La sostanza è, per dare degli esempi, «uomo», «cavallo», quantità è «di due cubiti», qualità è
«bianco», «grammatico», relazione è «doppio», «metà», «maggiore», luogo è «nel Liceo»,
«nella piazza», tempo è «ieri», «un anno fa», essere in una situazione è «disteso», «seduto»,
avere è «ha le scarpe», «si è armato», agire è «tagliare», «bruciare», patire «venir tagliato»,
«venir bruciato».

Ciascuna delle suddette cose, pronunciata da sé, non dà alcuna affermazione, ma dalla loro
reciproca connessione nasce l'affermazione: pare infatti che ogni affermazione sia vera o
falsa, mentre delle cose dette senza connessione nessuna è vera o falsa - per esempio «uomo»,
«bianco», «corre», «vince» [Categorie, 4, 1 b 25].

In questo testo, quindi, Aristotele introduce le categorie (gène katègorion, letteralmente «generi


delle predicazioni») come i generi massimi (cioè i più generali o universali) del discorso che
raccolgono tutte le proprietà dell'esser
 

4.3.2 Sostanza e accidenti

 la sostanza è unione di materia e forma

Ogni elemento della realtà può dunque essere fatto rientrare in una delle dieci categorie, tra le
quali la sostanza (ousìa) che è unità (synolon) di materia e forma, cioè della materia di cui è fatta
e della sua identità (essenza); della condizione formale della sua intelligibilità e del
suo sostrato,  la materia di cui è fatta.

Le altre categorie, infatti, devono necessariamente riferirsi ad essa ed esprimono


dell'ente proprietà non essenziali, per questo vengono dette accidenti.

 
 

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