ad indicare che la verità va cercata in primo luogo dentro di noi, perché l’uomo non è che una parte del
tutto, come ogni cosa che ci circonda.
Solo chi si è impadronito di questa verità può dirsi saggio: veramente consapevole è quindi colui che
abbandona il mondo ingannevole delle apparenze e impara a vedere nella propria anima, cioè a
guardare il mondo attraverso la ragione.
Guardare il mondo ad occhi aperti, vuol dire per Eraclito essere desti, cogliere la ragione unitaria che lega
tutte le cose insieme:
scrive infatti:
Unico e comune è il mondo per coloro che son desti,
mentre nel sonno ciascuno si rinchiude in un mondo suo proprio e particolare.
La maggior parte degli uomini, tuttavia, è del tutto ignara di questa verità: gli uomini infatti vivono
come in un sogno,
«non sono coscienti di ciò che fanno» [DK 22 B1].
e si muovono con indifferenza, in modo superficiale, mossi solo dall’abitudine, incapaci di
comprendere la verità che hanno davanti agli occhi:
«assomigliano a sordi coloro che anche dopo aver ascoltato non comprendono; di loro testimonia il
proverbio: «Presenti, essi sono assenti» [DK 22 B 34].
2. Il Lógos
2.1 La critica del senso comune e dell’erudizione
«Sophia è dire cose vere e farle».
2.2 La sapienza è cura per la verità
Sapiente non è quindi chi conosce molte cose ma chi ascolta il Lógos.
Nella sapienza, intesa in questo modo, risiede la virtù: emerge così per la prima volta l’idea
che la cura per la verità è la legge fondamentale che deve guidare la vita dell’uomo.
Ma cos’è il Lógos? È la legge generale del cosmo, il principio interno alla natura per cui tutte le
cose nascono e muoiono. Tutto si produce in base a questo Lógos in quanto tutto si conforma alla
sua legge, ma Lógos è anche la ragione umana che comprende e spiega la legge del mondo, è
«il pensiero che è a tutti comune »che riflette il Lógos universale e indica all’uomo la via della
sapienza, accordando l’anima umana con la legge divina.
Ma
«di questo Lógos che è sempre gli uomini non hanno intelligenza, sia prima di averlo ascoltato, sia subito
dopo averlo ascoltato […] agli uomini rimane celato ciò che fanno da svegli, allo stesso modo che non non
sono coscienti di ciò che fanno dormendo» [DK 22 B1].
Eraclito è quindi il primo filosofo, con Parmenide che fu suo contemporaneo, a porre in modo
esplicito il problema delrapporto tra uomo e natura, tra realtà e ragione.
Tra i due ambiti esiste, infatti, per Eraclito una stretta connessione perché obbediscono allo
stesso Lógos. Ciò spiega perché Eraclito usi lo stesso termine per esprimere la realtà oggettiva (natura) e
il principio soggettivo (pensiero).
Nell’800, Hegel dirà che caratteristica del pensiero antico è l’identità essere/pensiero: natura e
uomo, soggetto della conoscenza e cosa conosciuta sono indistinguibili; una concezione difficile da
comprendere per noi contemporanei, figli di una cultura moderna che li ha invece messi in opposizione.
2.3 L’unità degli opposti
Eraclito, DK 22 B 88
L’acqua è insegnata dalla sete
la terra, dagli oceani disegnata
la pace, dai racconti di battaglia
L’amore da un’impronta di memoria
Gli uccelli dalla neve
Emily Dickinson
Eraclito porta alla luce che l‘identità delle cose è il loro stesso essere diverse e opposte, il loro stesso
diversificarsi (dalle altre) e opporsi (alle altre) e chiama guerra (pólemos) l’opposizione in cui ogni cosa
consiste e in cui è generata:
«polemos è padre di tutte le cose, di tutte re» (DK 22 B 8).
Come aveva visto Anassimandro, la realtà si presenta come un’immensa raccolta di elementi
contrari in lotta tra loro. Ogni contrario però non si spiega per sé, non è realmente isolato, ma
inscindibilmente legato al suo opposto: ogni cosa infatti trae senso e significato dal suo
contrario.
2.4 Il divenire
E’ nel divenire, insomma, che sia il contrasto e l’opposizione delle cose, quanto la loro unità si
presentano nel modo più manifesto: nel divenire, infatti ogni cosa diventa il suo contrario: il caldo il
freddo, il vivente il morto, il sano il malato.
il divenire del Kósmos è «fuoco eternamente vivo», il fuoco è perciò la sostanza di cui le cose sono
fatte e a cui tutto ritorna.
Già presso Platone e Aristotele il motto eracliteo “tutto scorre” (panta rei) godeva di grande notorietà. In
realtà questa espressione non è attestata da nessuno dei frammenti giunti fino a noi ed è forse da
attribuire ai discepoli di EraCLITO, e in particolare a Cratilo, il maestro di Platone.