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Francesco Borromini

Francesco Borromini, nato Francesco Castelli (Bissone, 25


settembre 1599 – Roma, 2 agosto 1667), è stato un
architetto italiano, operante quasi esclusivamente a
Roma e tra i principali esponenti dell'architettura
barocca. Francesco Castelli nacque il 25 settembre 1599 a
Bissone, villaggio appartenente all'epoca al baliaggio di
Lugano (uno dei cosiddetti baliaggi ultramontani, paesi
soggetti amministrati in maniera condivisa dai Cantoni
sovrani della Vecchia Confederazione), situato
nell'odierno cantone Ticino. Era il primogenito di quattro
figli. Del padre, Giovanni Domenico, non si conosce
molto, ma sappiamo che era un modesto architetto o
capomastro al servizio dei Visconti a Milano; la madre,
Anastasia Garove, proveniva invece da un'agiata famiglia
impegnata nell'edilizia e imparentata alla lontana con
Domenico Fontana, considerato in quel periodo il più
prestigioso architetto del mondo occidentale. Il cognome
originario di Francesco, dunque, non era Borromini, bensì
Castelli; avrebbe iniziato a firmarsi abitualmente come
«Borromini» dal 1628, così da distinguersi dalle diverse
maestranze edili romane che si chiamavano Castelli.
«Borromini», in ogni caso, era un cognome che già
apparteneva alla famiglia. Il soprannome di Borromini
potrebbe avere una diversa origine nel senso che fosse
ispirato alla grande devozione che lui, lombardo, portò al
più grande dei santi lombardi del suo tempo, Carlo
Borromeo. Grazie al mestiere seppur umile di scalpellino
Borromini ebbe modo di affinare la mano all'uso dello
scalpello e maturare sicure capacità tecniche;
l'esperienza alla Fabbrica del Duomo di Milano, inoltre,
ebbe un'influenza duratura sulle future realizzazioni
architettoniche del futuro architetto. Borromini,
sentendosi ormai oppresso tra le maestranze milanesi,
ben presto decise di recarsi a Roma, dove giunse alla
maniera dei pellegrini; trovando asilo nei conventi,
percorse l'intero tragitto a piedi facendo tappa a
Ravenna, così da ammirare la basilica di San Vitale, e
nella contrada toscana di Montesiepi, dove visitò
l'abbazia di San Galgano. Arrivato nell'Urbe nel 1619,
Borromini fu ospite e collaboratore di un parente
prossimo per via materna, Leone Garove, residente al
vicolo dell'Agnello (l'odierno vicolo Orbitelli), presso la
parrocchia di San Giovanni dei Fiorentini. Garove, già
attivo come capomastro scalpellino a Milano, allora
godeva in città di una distinta notorietà, accresciutasi in
seguito alla parentela con l'illustre architetto Carlo
Maderno, acquisita sposando nel 1610 la nipote Cecilia.
L'apprendistato presso il Garove, tuttavia, fu di breve
durata, allorché quest'ultimo morì accidentalmente il 12
agosto 1620, precipitando dalle impalcature della basilica
di San Pietro. Dopo aver terminato così bruscamente il
suo primo tirocinio, Borromini iniziò a collaborare con
Carlo Maderno, conosciuto proprio grazie
all'intercessione del Garove. Il Maderno, uno dei
maggiori architetti nella Roma di Paolo V Borghese, non
poté fare a meno di ammirare l'instancabilità di questo
giovane e la padronanza tecnica con la quale realizzava i
suoi disegni architettonici. Tra i diversi episodi della fase
maderniana, in ogni caso, si ricordano il cantiere di
Sant'Andrea della Valle,la fabbrica di palazzo Barberini,
dove lavorò anche al fianco di Gian Lorenzo Bernini,
artista di un solo anno più anziano ma già celebre; qui
Borromini realizzò lo scalone elicoidale, le porte del
salone e alcune finestre. Alla morte del Maderno, nel
1629, Borromini proseguì la propria carriera da architetto
al fianco del Bernini, che nel frattempo aveva assunto la
direzione della fabbrica di San Pietro in Vaticano.
L'iniziale concordia tra Bernini e Borromini mutò in un
rapporto estremamente difficile e conflittuale; l'accesa
rivalità tra i due, spesso sfociata nella leggenda, era
dovuta da una parte alle notevoli divergenze caratteriali,
e dall'altra al ruolo prioritario assunto dal Bernini, anche
sotto il profilo retributivo. al punto di vista artistico,
tuttavia, la collaborazione con Bernini fu assai fruttosa.

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