Il presupposto politico della Costituzione: l’antifascismo
La Costituzione italiana è una costituzione compiutamente antifascista: per voltare definitivamente pagina rispetto alla triste esperienza del fascismo e della guerra, i costituenti sentirono il bisogno di rovesciare completamente le categorie che avevano caratterizzato il fascismo. Il fascismo si era caratterizzato per lo spirito di fazione e sulla discriminazione, i Costituenti assunsero l’uguaglianza e l’universalità dei diritti dell’uomo come fondamento dell’ordinamento. Il fascismo aveva soppresso il pluralismo, perseguendo una visione totalitaria del potere, i Costituenti concepirono una struttura istituzionale fondata sulla divisione, distribuzione, articolazione e diffusione dei poteri. Il fascismo aveva celebrato una politica di potenza, abbinata al disprezzo del diritto internazionale e alla convivenza con la guerra, i Costituenti riconobbero la supremazia del diritto internazionale e ripudiarono la guerra. L’antifascismo della Costituzione non sta solo nella XII disposizione transitoria e finale – che vieta la riorganizzazione del disciolto Partito fascista – ma sta nei fondamenti e nell’architettura del sistema. I principi fondamentali sono antitetici rispetto a quelli proclamati o praticati dal fascismo e l’architettura del sistema costituzionale impedisce che, qualora giungano al governo forze politiche caratterizzate da cultura antidemocratica, queste forze possano realizzare una trasformazione autoritaria delle istituzioni, aggredendo il pluralismo istituzionale o il sistema delle autonomie individuali o collettive (libertà di espressione del pensiero, libertà di associazione, diritto di sciopero, ecc..). La Costituzione rende impossibile ogni forma di dittatura della maggioranza. I beni pubblici repubblicani: i principi fondamentali La Costituzione si compone di 139 articoli. È divisa in due parti (Parte I “Diritti e doveri dei cittadini”; Parte II “Ordinamento della Repubblica”). La Parte I è preceduta da una sezione denominata “Principi fondamentali” composta da 12 articoli. I principi fondamentali che consentono di identificare la forma di Stato e i caratteri della democrazia italiana possono essere considerati cinque: - Il principio democratico (art.1) - Il principio personalista (art. 2 art.3) - Il principio lavorista (art. 1 art. 4) - Il principio pluralista (art. 2) - Il principio internazionalista (art. 10 art. 11) Il principio personalista I principi fondamentali non sono separabili tra di loro (sono combinati ed interagiscono insieme in modo armonioso). Il principio personalista può essere considerato il punto di partenza, il principio a fondamento di tutto. Tale principio, che informa di sé tutto l’edificio costituzionale e che trova espressione soprattutto negli articoli 2 e 3, consiste in un superamento di una visione solamente individualistica ed esclude una visione totalitaria; l’Italia democratica deve riconoscere la precedenza sostanziale della persona umana (intesa nella completezza dei suoi valori e dei suoi bisogni non solo materiali, ma anche spirituali); la necessaria socialità di tutte le persone; e l’esistenza dei diritti fondamentali. Art. 2: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità” La persona umana è un valore storico-naturale, un valore originario, che l’ordinamento deve riconoscere e rispettare in ogni circostanza; per questo i diritti fondamentali sono inviolabili (NON possono essere sovvertiti o modificati neppure da leggi di revisione costituzionale o da altre leggi costituzionali). Sempre in nome del principio personalista è stata ripudiata la guerra (art.11), perché si tratta di un’attività che può compiersi solo attraverso la distruzione di persone umane. Per questo non è ammessa la pena di morte e le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità (art. 27) e devono tendere alla rieducazione del condannato. Il principio personalista pone delle limitazioni ontologiche all’esercizio del potere politico; nell’ambito del principio personalista rientrano due valori supremi della Costituzione, il principio di uguaglianza e il principio di laicità. Il principio di uguaglianza Se ogni uomo è un valore è chiaro che questo valore non può essere discriminato e non possono esistere gerarchie tra le persone nel godimento dei diritti. Art. 3 “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali di fronte alla legge, senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”: L’uguaglianza nei diritti e nei doveri, con la conseguente uguaglianza di fronte alla legge (uguaglianza formale), è una delle fondamenta dell’intero edificio costituzionale. Tuttavia, l’uguaglianza formale non basta per promuovere l’emancipazione sociale; è fondamentale il secondo comma dell’art. 3, il quale impone alla Repubblica di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. In tema di uguaglianza, la Costituzione è andata oltre la concezione liberale dell’uguaglianza formale dei soggetti che partecipano al contratto sociale. Assieme alla concezione statica (formale) dell’eguaglianza, è stata assunta una concezione dinamica (sostanziale), per cui la Costituzione NON si limita ad affermare dei principi fondamentali ma pone anche un progetto per svilupparli e realizzarli nella concretezza della realtà economico-sociale. Indica un percorso verso un modello di democrazia inclusivo ed emancipatorio, ponendo una perenne sfida all’economia, alla politica, alle istituzioni. Si riconosce che le disuguaglianze non derivano solo dal diritto, ma affondano le loro radici soprattutto nei rapporti sociali, nelle condizioni materiali ed economiche; e le disuguaglianze economiche pregiudicano il diritto allo sviluppo della persona, alla parità davanti alla legge, alla partecipazione democratica. L’uguaglianza reale non esiste e i diritti potranno diventare veri solo quando per tutti ci sarà un’istruzione adeguata, un lavoro non precario, una casa, un’adeguata assistenza sanitaria, ovvero le condizioni per un’esistenza libera e dignitosa. Questo articolo è rivoluzionario perché costituisce una critica alla realtà sociale esistente ed una critica al carattere formale ed astratto del diritto. La nostra Repubblica riconosce che NON basta proclamare un diritto in astratto per tranquillizzare la nostra coscienza democratica, ma è necessario che le istituzioni si impegnino per rendere tale diritto effettivo e concreto (principio di effettività: non basta proclamare un diritto, ma occorre realizzarlo nei fatti). Come afferma P. Calamandrei “il progetto di Costituzione non è l’epilogo di una rivoluzione già fatta, ma il preludio, l’introduzione, l’annunzio di una rivoluzione nel senso giuridico e legalitario ancora da fare”. Il principio di laicità Il principio di laicità emerge dagli articoli 2,3,7,8,19 e 20 ed esso implica non solo indifferenza dello Stato dinanzi alle religioni, ma garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà religiosa in un regime di pluralismo confessionale e culturale. I valori della libertà dello Stato dalla Chiesa, della libertà di coscienza, della libertà ed uguaglianza di tutte le confessioni religiose e della non discriminazione concorrono a strutturare il principio di laicità, ma non ne costituiscono il fondamento, il fondamento è ancora una volta il principio personalista (dignità della persona, la persona come valore). Dal principio personalista discende anche l’attenzione alla famiglia (art. 19 e 20), comunità intermedia prediletta della Costituzione, ma ciò non toglie che la Costituzione debba garantire anche altre comunità intermedie (coppie di fatto, coppie omosessuali). Il principio lavorista Ancora strettamente collegato al valore della persona, è il riconoscimento della dignità del lavoro, cioè di tutte le attività che concorrono al “progresso materiale o spirituale della società”. Il lavoro è addirittura posto a fondamento della Repubblica: art. 1 “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”. Il lavoro come diritto-dovere riconosciuto a tutti i cittadini, la Repubblica ha il dovere di renderne effettivo l’esercizio (art. 4) Art. 35 “La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme”. Su questa base, il valore sociale del lavoro, è stato edificato l’edificio dei “Rapporti economici”, regolato dal Titolo III della Parte II (art. da 35 a 47), in cui viene delineata la Costituzione economica, che regola i rapporti economici, i diritti degli uomini e delle donne lavoratrici, i limiti e le funzioni del diritto di proprietà e si pongono i capisaldi dell’intervento dello Stato nell’economia. Si tratta di uno degli aspetti più innovativi della Costituzione italiana, nel quale si è sviluppata una concezione del fenomeno economico che equilibra la logica di mercato e della proprietà con le funzioni sociali. Compromesso tra la concezione comunista e quella liberista ancora oggi mostra la sua attualità. Il principio internazionalista o supernazionale Il principio internazionalista, fondato sugli art. 10 e 11, rappresenta una delle innovazioni principali della Costituzione e uno dei punti di massima discontinuità rispetto allo stato fascista. La Costituzione opera un’innovazione decisiva anche rispetto allo statuto albertino invadendo il campo della politica estera (che l’Ottocento aveva considerato dominio del sovrano) e lo fa promulgando il ripudio della guerra e la costruzione della pace e della giustizia tra le nazioni. Si stabilisce la supremazia del diritto internazionale sull’ordinamento interno e consentendo limitazioni alla sovranità nazionale: è stato questo principio a costituire la porta attraverso cui l’Italia è entrata in Europa. Il principio pluralista e l’equilibrio dei poteri Anche il principio pluralista trova il suo fondamento nell’art. 2 che riconosce i diritti dell’uomo non solo come singolo, ma anche nelle formazioni sociali dove svolge la sua personalità. Le formazioni sociali sono la famiglia, il sindacato, le confessioni religiose, i partiti politici (prese in considerazione dalla Costituzione) e tutte le altre forme di aggregazione riconosciute dall’art. 18 (diritto di associazione) come il volontariato. Il pluralismo che ne deriva fonda una società civile ricca, complessa ed articolata. La Costituzione, che ha ripudiato la concezione monista del potere propria del regime fascista, è andata oltre la dottrina classica liberale della separazione dei poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario) ed ha adottato il principio della distribuzione e diffusione del potere tra una pluralità di soggetti distinti che interagiscono in un sistema di pesi e contrappesi. La distribuzione dei poteri è per lo più di tipo orizzontale, ed in essa rientra anche il sistema delle autonomie territoriali (Titolo V della Parte II) che sono articolate in Regioni, Province, Comuni, ne rispetto del principio dell’inscindibile unità del popolo e della sua espressione statale, la Repubblica italiana. La separazione dei poteri è soprattutto di tipo verticale e riguarda il potere legislativo, esecutivo e giudiziario e i contrappesi reciproci. In questo ultimo ambito i due punti fondamentali sono: l’indipendenza della magistratura da ogni altro potere e la sottoposizione dell’attività legislativa al controllo di legalità costituzionale esercitato dalla Corte costituzionale. Per quanto riguarda il rapporto tra potere legislativo e potere esecutivo la divisione è più sfumata, perché si tratta di poteri che concorrono con ruoli diversi a determinare l’indirizzo politico. Il principio che regola i rapporti tra i due poteri è quello della supremazia del Parlamento, che si esercita mediante lo strumento della fiducia (art. 94 “Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere), che può essere dal Parlamento liberamente revocata senza che ciò comporti la decadenza dell’Assemblea o inevitabili elezioni anticipate. Vi sono poi i poteri di garanzia del Presidente della Repubblica (competenze in tema di formazione delle leggi e scioglimento delle Camere). L’elemento più forte di garanzia è rappresentato dalla Corte Costituzionale, organo indipendente la cui funzione principale è verificare la conformità alla Costituzione delle leggi ordinarie (ridimensiona il potere legislativo e di conseguenza esecutivo, il cui esercizio non costituisce un potere assoluto, ma assoggettato alla Costituzione). Il principio democratico Il principio democratico si fonda sul primo e secondo comma dell’art. 1: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. E sull’art. 49: “Tutti i cittadini hanno il diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Il cuore del principio è che la sovranità appartiene al popolo e quindi la sovranità popolare rappresenta la fonte del potere politico. Tuttavia, non significa che la sovranità popolare sia onnipotente, perché deve essere esercitata secondo le forme e i limiti della Costituzione (secondo comma). Il principio democratico postula la democrazia rappresentativa, temperata dall’unica forma di democrazia diretta ammessa nel nostro ordinamento: il referendum abrogativo (art. 75).