La linguistica è la scienza del linguaggio e delle lingue. Tra le due c’è una
differenza: il linguaggio è la facoltà umana innata di usare elementi simbolici, la
lingua, invece, è uno dei risultati del linguaggio cioè una capacità comunicativa
utilizzata da un determinato gruppo di persone, affiancata, non
obbligatoriamente, da prodotto grafici. Si costituisce di più branche:
➔ Fonetica/Fonologia: si occupa dello studio dei suoni di una lingua
prodotti dall’apparato fonatorio e si suddivide ancora in articolatoria,
acustica ed uditiva;
➔ Morfologia: è lo studio dei morfemi, cioè le parole e le loro
composizioni;
➔ Sintassi: si occupa della struttura della frase e del rapporto tra frasi;
➔ Lessicologia: è lo studio dell’insieme delle parole di una lingua;
➔ Lessicografia: lo studio della costituzione dei dizionari.
A seconda degli scopi che si prefigge si può suddividere in:
➔ linguistica interna: studio puramente teorico di una lingua,
indipendentemente dagli influssi esterni, quali la società e la cultura;
➔ linguistica esterna: studio di una lingua come risorsa comunicativa
strettamente legata a fattori esterni;
➔ linguistica sincronica: studio di una lingua in un determinato momento
storico;
➔ linguistica diacronica: studio di una o più lingue attraverso il tempo, cioè
l’evoluzione di una lingua. Ha realizzazione pratica nella linguistica
storica, che ricostruisce gli eventi storici che hanno portato alla
formazione di una lingua.
➔ linguistica comparata o glottologia: studio comparativo di due lingue che
hanno comune origine.
Esistono altre specifiche branche accanti a questi approcci come ad esempio la
dialettologia, la geolinguistica, la neuro linguistica o la psicolinguistica.
Lo studio della linguistica, inteso come riflessione sul linguaggio, si può far
risalire alla nascita dell’alfabeto greco, inteso come insieme di grafemi che
singolarmente corrispondono ad un suono. I primi intellettuali che si
interessarono alla lingua furono, in ambito greco, Platone, nel Cratilo →
etimologia, e Aristotele, nella Logica, in cui tratta il rapporto segno-suono,
significato-parola. In ambito romani invece, ci furono Varrone, in cui tratta di
etimologia e morfologia nel De Lingua Latina, e Marco Fabio Quintiliano, che
nell’Istitutio oratoria si occupa della formazione dell’oratore anche per quanto
riguarda la grammatica. Successivamente nel Medioevo, dopo la morte del
latino e la nascita delle lingue romane, la riflessione prosegue in figure come
Dante Alighieri, che studia nel De vulgari eloquentia (1304), i vari volgari
presenti sul territorio italiano, individuandone 14. Data la vastità delle varietà
presenti, nasce la necessità di individuarne una che fosse unitaria, la cosiddetta
questione della lingua, che trova risoluzione nell’opera di Pietro Bembo Prose
della volgar lingua (1525), che propone il fiorentino trecentesco di Boccaccio e
Petrarca. Questa data è convenzionalmente la data della nascita dell’italiano e
della retrocessione degli altri volgari a dialetti. Nell’800 poi la linguistica
diventa finalmente disciplina scientifica grazie agli studi del tedesco Franz Bob,
che riflette sul fatto che ci sia un archetipo comune per alcune lingue molto
distanti tra loro, il sanscrito e le lingue classiche, chiamato indoeuropeo. Sulla
base di questi studi, Graziadio Isaia Ascoli fonda la glottologia scientifica.
LE LINGUE ROMANZE
Si suddividono in quattro gruppi:
● Gruppo balcanoromanzo → rumeno;
● Gruppo iberoromanzo → spagnolo, portoghese, catalano, gallego;
● Gruppo galloromanzo → francese, francoprovenzale, provenzale,
guascone;
● Gruppo italoromanzo → italiano, dialetti italoromanzi, sardo, dalmatico e
retoromanzo.
GRUPPO BALCANOROMANZO
E’ formato principalmente dal rumeno, o meglio il dacoromeno, che è la varietà
letteraria. Il dacoromeno si parla nella Romania politica, in Moldavia e in alcuni
territori russi, serbi e ungheresi. Le sue varietà sono l’istroromeno, il
macedoromeno e, nei Balcani, il meglenoromeno.
GRUPPO IBEROROMANZO
1. Spagnolo: è parlato nella Spagna politica ad esclusione di alcune zone,
che sono la Catalogna e Valencia, in cui si parla il catalano, le province
basche, in cui si parla il basco, che ha rischiato spesso l’estinzione,
soprattutto durante il franchismo, e le quattro province nord-occidentali,
in cui si parla il galliziano. Oltre alla Spagna, viene parlato nell’America
Latina, in California, in Arizona, nel Nuovo Messico, in Texas e in
Florida.
2. Catalano: viene considerata una lingua ponte in quanto presenta
somiglianze con il gruppo delle lingue galloromanze, infatti viene parlato
anche a Rossiglione in Francia. Viene parlato in Catalogna, nelle isole
baleari, in Andorra, nell’area pirenaica e ad Alghero, città sarda. Essa ha
varietà dialettali riconducibili all’area orientale e occidentale. La varietà
letteraria è il catalano di Barcellona.
3. Galiziano: è un’altra lingua romanza molto simile al portoghese ed è
lingua coofficiale in Portogallo e la varietà letteraria è il castigliano di
Madrid.
4. Portoghese: è parlato nel Portogallo politico, nelle quattro province nord
occidentali, negli Arcipelaghi delle Azzorre e Madera, in Brasile, in
Angola, in Mozambico e a Capo Verde. La varietà letteraria è il gallego,
base del portoghese e del galiziano moderno.
GRUPPO GALLOROMANZO
1. Francese: è la seconda lingua con stato di ufficialità al mondo dopo
l’inglese. Viene parlato nella Francia metropolitana ed Oltre mare, in
Vallonia (Belgio francofono), nella Svizzera francofona, a Lussemburgo,
in Canada, in Marocco, in Algeria e ad Haiti. La varietà letteraria è il
franciano, cioè il francese delle antiche corti. Non ha dialetti, ma varietà
regionali.
2. Provenzale: era la lingua dei trovatori pertanto ha un grande prestigio. La
sua seconda denominazione è occitano, nome dato da Dante e viene da
lingua d’Oc. La zona di riferimento è sostanzialmente l’antica Gallia, la
cui non unità politica ha causato una non unità linguistica, in alcune valle
piemontesi e in Calabria, in un paesino chiamato Guardia piemontese.
3. Guascone: non tutti i linguisti la considerano una lingua, per alcuni è
solo una variante del provenzale;
4. Francoprovenzale: venne riconosciuta come lingua solo nel 1878 grazie
ad Ascoli ed è una lingua mista in quanto riprende caratteristiche sia del
francese sia del provenzale. Viene parlata in Francia sud-orientale, nella
Svizzera romanza, in Val d’Aosta, in Val di Lanzo, in alto Piemonte e in
due comuni di Foggia, Celle san Vito e Faeto, precisamente del patuà. La
varietà letteraria è il lionese.
GRUPPO ITALOROMANZO
1. Retoromanzo: fu Ascoli nel 1873 a scoprirlo e ne parla nella sua opera
Saggi ladini. Non ha una varietà letteraria ed è il raggruppamento delle
tre lingue della zona alpino centro-orientale, che sono:
● romancio/ladino orientale → è parlato nel cantone dei Grigioni,
nonostante la lingua ufficiale sia il tedesco ed è la quarta lingua
ufficiale in svizzera;
● ladino/ladino centrale o dolomitico → viene parlato in Trentino
Alto-Adige, in Veneto e nelle dolomiti;
● Friulano → numericamente è la più parlata.
2. Dalmatico: essendo scomparsa nell’800, sappiamo ben poco di questa
lingua. Grazie ad alcune fonti medievali, sappiamo che era una lingua
romanza, parlata nell’antica Dalmazia, abitata dai dalmati, nome che
arriva dall’illirico e vuol dire pastore. La sua scomparsa si deve alle
pressioni di altre lingue, slave da est, veneziano da nord e albanese da
sud, e si può datare nel 1898 anno in cui morì l’ultimo parlante, Antonio
Odino, a Veglia (Croazia).
3. Sardo: la Sardegna venne romanizzata molto presto, quindi il latino
importato è arcaico e dovette scontrarsi con le lingue di sostrato, già
presenti ovvero il paleosardo o punico. Oltre a questi fattori, si aggiunge
la posizione isolata dell’isola che ha contribuito a sviluppare caratteri
molto originali che ora la rendono una lingua indipendente, rendendola la
più conservativa delle lingue romanze (indice di variabilità: 8%). Si
aggiungono poi gli apporti da altre lingue quali il greco bizantino,
l’arabo, il genovese e il pisano, lo spagnolo e il catalano (parlata ancora
ad Alghero), che hanno lasciato traccia nei toponimi e nel lessico. Il
primo contatto con l’italiano avviene nel 1718 quando la Sardegna entra a
far parte del regno di Savoia. La varietà del sardo sono due riconducibili
alla parte settentrionale e meridionale dell’isola e sono rispettivamente il
logudorese e il campidonese. Esistono altre lingue in Sardegna e sono il
catalano, il Sassarese (nord-estremo→ base corso-toscana), il Gallerese
(corso meridionale e Arcipelago del Sursis, isole di S. Pietro e Auticco) e
il tabarchino. Questa è una variante genovese: nel 1540 veniva parlata da
una comunità di pescatori di corallo a cui viene affidato un territorio da
Carlo V in Tunisia, dove fondarono Tabarca, rimasta in piedi fino al
1700. Fino ad allora, venne a contatto con le lingue già presenti. Quando
nel 1700 la Tunisia divenne francese, vennero cacciato e andarono
altrove.
4. Italiano: pur non essendo lingua ufficiale, viene parlata in altri paesi non
italiani, quali Malta, Slovenia, Provenza (in cui si parla una varietà ligure
chiamata Rojasco), in Libia, in Somalia, in Eritrea e in Albania. A causa
delle varie immigrazioni, troviamo comunità italofone anche in Oceania e
in America. Viene parlato anche in Corsica, in particolare una variante del
toscano, il corso, parlato da molto prima che il francese diventasse lingua
ufficiale alla fine del ‘700 e coofficiale nel 2013. Vi sono più varietà di
corso, il capocorsino (estremo settentrionale dell’isola),il cismontano
(basso settentrionale), l’oltremontano e l’oltremonatano sartenese (centro)
e il genovese, nella città di Bonifacio. E’ interessante la situazione del
Principato di Monaco, piccola monarchia costituzionale densamente
popolata da persone di 118 nazionalità differenti. Si parla il francese e
una varietà dialettale ligure, il monagasco, e sono entrambe lingue
ufficiale anche se la seconda è in costante regressione.
IL REPERTORIO LINGUISTICO
E’ l’insieme delle risorse linguistiche di una comunità di parlanti (repertorio
comunitaria) o di un individuo (repertorio individuale). Talvolta il primo
accomuna i vari repertori linguistici degli individui che compongono la
comunità e/o il secondo è un sottoinsieme del primo, ma non sono condizioni
necessari.
E’ la comunità ad assegnare la funzione ai sistemi linguistici condivisi da essa,
ponendoli in una struttura gerarchica, quindi non c’è parità tra i sistemi. Nel
caso specifico dell’italiano, le due lingue normalmente presenti si posizionano
su due poli opposti: la lingua alta, usata in un ambito formale, istituzionale,
culturale si dice di acroletto, mentre al polo opposto si trova la lingua di
basiletto. Questa è una situazione media, ma in Italia esistono anche casi di
monolinguismo e plurilinguismo. L’Italia si presenta come una paese monolitico
in quanto ha un’unica lingua ufficiale, anche se riconosciuta solo nel 1999, ma
esistono molte più lingue sul territorio, gli stessi dialetti, ma anche le lingue
straniere, per la precisione 12: il francese, il francoprovenzale, il provenzale, il
ladino dolomitico, friulano, sardo, catalano, tedesco, sloveno, croato, albanese e
il greco. Tutte queste sono le minoranze linguistiche.
Il nostro repertorio linguistico italiano è generalmente caratterizzato da
diglossia, ovvero la presenza di due lingue, o bilinguismo endogeno a bassa
distanza strutturale, la presenza quindi di due sistemi endogeni che hanno poche
differenze nella struttura. Il bilinguismo è una situazione di compresenza di due
individui presso una comunità o un individuo. Esso può essere:
MINORANZE LINGUISTICHE
Ci sono poi territori in cui la situazione è più complessa come ad esempio nelle
aree delle minoranze linguistiche, che tra l’altro non tengono conto delle
importazioni linguistiche causate dalle migrazioni più recenti. Possiamo dire
quindi che la situazione tendenzialmente bilingue italiana sia arricchita da
lingue di minoranza, ovvero idiomi parlati da piccole comunità di parlanti,
chiamate comunità minoritarie, diffuse sul territorio, tendenzialmente
appartenenti a ceppi creatisi fuori dai confini italiani. In Italia, questo concetto
coincide con quello di alloglossia, ovvero la condizione di chi ha come lingua
della comunicazione primaria una lingua totalmente diversa da quella di
riferimento (n.b. questa condizione esclude i dialetti). Si aggiungono due
requisiti:
● storicità -> la lingua deve essere sul territorio italiano da sempre;
● territorialità → deve essere radicata in una zona specifica.
Questi requisiti escludono le lingue delle recenti immigrazioni, come il cinese o
il peruviano, e le lingue non territorializzate come il romanì, la lingua degli
zingari.
Le minoranze linguistiche si possono classificare secondo un principio
geografico, che porta all’identificazione di due macroaree : l’Italia settentrionale
- alpina e l’Italia centro - meridionale - insulare.
LA VARIAZIONE LINGUISTICA
L'italiano è lingua ufficiale di acroletto, non è un'entità monolitica, cioè varia a
seconda di vari fattori. Questa caratteristica tipica delle lingue naturali, la
variazione linguistica, può essere interlinguistica, quindi toccare le differenze
per più lingue, o intralinguistica, cioè riguarda le differenze all'interno di una
stessa lingua. Queste considerazioni sono parte della sociolinguistica che ha
provato che ci sono dei fattori specifici alla base della variazione di una lingua e
sono:
- Tempo → variazione diacronica o mutamento;
- Spazio→ variazione diatopica;
- Strato sociale → variazione diastratica;
- Situazione comunicativa → variazione diafasica.
Esiste ancora un'ulteriore variazione che non tutti i linguisti accettano in quanto
interna alle altre quattro ed è la variazione dovuta al mezzo (variazione
diamesica).
La variazione diacronica è sempre considerata da parte in quanto di solito ci si
concentra su un unico momento specifico. Sono tutte quante graduali e
continuative. L’italiano standard non è neutro ma tende verso i poli più alti.
MORFOLOGIA
2. Uso del “te”, come soggetto virgola che in realtà sostituisce il “tu”
solo nelle coordinate;
SINTASSI
diventerà
Questa dislocazione comporta una ripresa pronominale che non può essere
reinserita nella costruzione principale.
- Dislocazione a destra: non c'è un vero cambio di posizione bensì
un'anticipazione dell'oggetto da un pronome anaforico:
diventerà
diventa
LESSICO
LA VARIAZIONE DIAMESICA
La variazione diamesica è la possibilità di cambiare a seconda del mezzo o
canale utilizzato. I canali possono essere o grafico visivo, che riguarda anche il
codice gestuale, una pagina di giornale, uno schermo, una lastra di pietra o una
pagina di quaderno, o fonico acustico, che è il canale della lingua orale ed è
spesso assistito dal codice gestuale, mimico e prossemico, e riguarda sì il
parlato, ma anche le registrazioni. Questa variazione attraverso tutte le altre, ma
a livello generale possiamo dire che la natura semiotica del mezzo stabilisce la
differenza tra più codici. Dobbiamo tenere conto di alcuni fattori tipici solo
dello scritto solo del parlato, come ad esempio il maggior grado di
pianificazione del discorso nei testi scritti oppure l'importanza data alla forma
sempre dei testi scritti. Possiamo dire in generale che la differenza tra parlato e
scritto si presenta in tre ambiti: