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A002848 FONDAZIONE INSIEME onlus.


Da MENTE & CERVELLO del 15/9/2013, pag. 27 <<UNA PALESTRA PER LA
MENTE>> di Ingrid Wickelgren (vedi nota a fine pezzo).
Per la lettura completa del pezzo si rinvia al mensile citato.

A lezione di autocontrollo. L’apprendimento sociale ed


emotivo è progettato per sviluppare abilità fondamentali come
l’attenzione e l’autocontrollo. In un programma, i bambini
imparano a concentrarsi sul proprio respiro e a controllarlo.

Una ragazzina con i capelli scuri, agghindata in un vestitino


marrone con la crinolina, sta seduta tranquilla sul tappeto di
fronte ai suoi compagni di asilo, gli stivaletti rosa con i
brillantini accuratamente nascosti sotto la gonna.
Con un piccolo batacchio di metallo, colpisce un triangolo.
A questo suono i suoi compagni uniscono le mani a coppa, il
dorso di una mano nel palmo dell’altra, chiudono gli occhi e
stanno in silenzio, apparentemente senza fare assolutamente
niente.
Passano alcuni minuti, e la bambina colpisce il triangolo una
seconda volta.
I compagni aprono gli occhi; dopo una breve pausa la bambina
dice «grazie» con una vocina dolce, e torna al suo posto in mezzo
agli altri.
Durante questo esercizio, svolto tre volte al giorno nella
classe della maestra Patricia Morris, alla scuola elementare
Renfrew di Vancouver, nella British Columbia, in Canada, i bambini
si concentrano sul respiro, un’attività che tutto sembra tranne
pedagogica.
I fautori di questo tipo di attività, però, sostengono che
gli eventi meditativi affinino l’abilità di concentrarsi e
rilassarsi, preparando il cervello dei bambini all’apprendimento,
e alla vita.
Questi esercizi fanno parte di un programma di nome «MindUP»,
concepito dall’attrice Goldie Hawn, che debuttò in questa città
molti anni fa.
Oggi il presidio scolastico di Vancouver sostiene il
programma che, forte dei successi ottenuti, si sta diffondendo
negli Stati Uniti e anche in altri paesi.
Il programma di Hawn, che include lezioni di anatomia
cerebrale e strategie derivanti dalla psicologia positiva, come
gli esercizi per incoraggiare l’ottimismo, è uno dei molti
programmi di studio che si propongono di ristrutturare
l’insegnamento.
Molti ricercatori e insegnanti sono convinti che la scuola
non dovrebbe solo insegnare a memorizzare e analizzare
informazioni.
Dovrebbe anche migliorare caratteristiche psicologiche
fondamentali, chiamate «funzioni esecutive», necessarie a
pianificare obiettivi e realizzarli.
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Simili a un sistema di controllo aereo, che gestisce gli


arrivi e le partenze degli aerei su molte piste di decollo e
atterraggio, queste funzioni cerebrali includono l’abilità di
trattenere e manipolare informazioni nella mente (memoria di
lavoro), di attivare meccanismi mentali e inibire risposte
inappropriate.
La facilità di azionare alcune di queste leve mentali è
intimamente legata all’intelligenza; altre costituiscono una
miniera di vivacità d’ingegno che si è dimostrata più importante
del quoziente di intelligenza per prevedere il successo e il
benessere.
In particolare il controllo inibitorio, chiamato anche
<<autoregolamentazione>>, è alla base dell’abilità di prestare
attenzione e di agire in modo da raggiungere i propri obiettivi,
anche quando si farebbe volentieri qualcos’altro.
I problemi di apprendimento affliggono molti bambini, che
hanno difficoltà a concentrarsi, oppure a insistere quando i loro
sforzi sono frustrati.
«Ancora più importante del voto è l’idea che, se fallisci,
proverai di nuovo, senza che nessuno ti assolva dal tuo dovere, e
persevererai con costanza di fronte alle difficoltà», dice lo
psicologo dello sviluppo Dale Farran, della Vanderbilt University.
«Queste capacità sono fondamentali per riuscire a scuola».

Il controllo emotivo protegge i bambini da disturbi mentali


come ansia e depressione e li aiuta a costruire relazioni sociali
e affrontare meglio la vita.

Al di là dei voti, la capacità di gestire le emozioni e


comportarsi in modo opportuno aiuta ad affrontare la vita.
Il controllo emotivo protegge i bambini da disturbi mentali
come l’ansia e la depressione, e li aiuta a costruire relazioni
sociali.
«L’autoregolamentazione è un’abilità fondamentale, che
richiede attenzione specifica nei piani di studio scolastici»,
dice Kimberly A. Schonert-Reichl, psicologa dello sviluppo presso
l’Università della British Columbia.
«Ha effetti a lungo raggio sui bambini».
I tentativi di insegnare le funzioni esecutive, di solito
presentati come apprendimento emotivo e sociale, hanno ottenuto
notevole supporto dalla politica, in anni recenti.
Lo scorso anno il CASEL, Collaborative for Academic, Social,
and Emotional Learning -associazione per l’apprendimento
accademico, sociale ed emotivo senza scopo di lucro- ha stanziato
7 milioni di dollari per favorire questo tipo di insegnamento.
Intanto gli insegnanti stanno già introducendo nelle loro
giornate scolastiche esercizi di respirazione, misurazioni
dell’umore, dimostrazioni di amigdale stressate, esercizi di
espressioni facciali e così via, cercando la ricetta perfetta che
promuoverà lo sviluppo dei bambini negli adulti che vorremmo
popolassero il mondo di domani.
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Ci sono dati a sostegno di ogni ingrediente, e studi iniziali


su queste estensioni al piano di studi stanno dimostrando
risultati positivi.
La misurazione delle funzioni esecutive nei bambini è però
ancora una scienza imperfetta.
Inoltre, gli elementi attivi di questi interventi multipli
non sono sempre evidenti; questo costringe i ricercatori a cercare
di indovinare il piano educativo.
Eppure molti insegnanti brindano alla possibilità di formare
il carattere della mente in via di sviluppo.

NON POSSO ASPETTARE.


Negli anni sessanta lo psicologo Walter Mischel, insieme ad
alcuni colleghi della Stanford University, presentò alcune opzioni
ai bambini dell’asilo Bing: potevano scegliere un biscotto, un
leccalecca o un pasticcino, e mangiarlo subito, oppure potevano
aspettare un po’ e avere due dolci invece di uno.
Andiamo avanti veloce fino alla scuola superiore: i ragazzi
che da bambini avevano aspettato e preso due dolci, andavano
nettamente meglio a scuola.
In media, i ragazzi che a quattro anni erano riusciti ad
aspettare 15 minuti ottennero 210 punti in più nell’esame SAT -un
test usato nei college statunitensi per valutare il potenziale
accademico del candidato- di quelli che erano durati solo 30
secondi.
I bambini pazienti mostravano da adolescenti maggiori
capacità di attenzione; riusciva loro più facile mantenere le
amicizie, ed era meno probabile che avessero problemi
comportamentali, a scuola come in famiglia.
Mischel seguì il gruppo fino ai trent’anni, e scoprì che
quelli che riuscivano a resistere alle tentazioni da bambini erano
più magri, e meno inclini all’uso di droga da adulti.
Dall’altra parte del globo, nel 2011 la psicologa Tenie E.
Moffitt, insieme ai suoi colleghi della Duke University, ha
rilevato una forte correlazione tra l’autocontrollo e il successo
in 1000 bambini nati a Dunedin, in Nuova Zelanda.
Ogni due anni gli insegnanti e i genitori esprimevano una
valutazione dei bambini tra i 3 e gli 11 anni sul loro livello di
aggressività, iperattività, mancanza di costanza, disattenzione e
impulsività.
Queste valutazioni, insieme a quelle dei bambini stessi,
formavano un punteggio di autocontrollo per ogni bambino.
A 32 anni gli adulti che da bambini avevano ottenuto punteggi
più bassi erano più poveri, meno in salute e avevano una
probabilità maggiore di aver commesso un crimine rispetto a quelli
con maggiore autocontrollo.
Un punteggio di autocontrollo più basso è un criterio di
previsione di futuri problemi finanziari più attendibile della
classe sociale o del quoziente di intelligenza.
In un altro gruppo di 500 coppie di fratelli i ricercatori
hanno scoperto che, nonostante il retroterra familiare in comune,
il fratello (o la sorella) con minore autocontrollo aveva una
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probabilità più alta di fumare, di avere comportamenti antisociali


e problemi scolastici.
Questi studi, insieme ad altri, suggeriscono che
l’autocontrollo sia una caratteristica stabile.
Eppure l’équipe di Moffitt ha notato che alcuni bambini di
Dunedin avevano migliorato il loro punteggio di autocontrollo, in
una misurazione fatta durante uno studio sulla personalità, una
volta diventati giovani adulti.
Insieme ai suoi colleghi Mischel, ora alla Columbia
University, ha scoperto anche che i bambini di famiglie a basso
reddito nel Bronx avevano più difficoltà a pazientare per un
maggiore guadagno rispetto ai bambini di famiglie ricche di Palo
Alto: questo suggerisce che i bambini di famiglie ricche vengano
educati alla pazienza.
<<L’autocontrollo è malleabile, ma risulta più facile ad
alcuni che ad altri>>, conclude Mischel.
I ricercatori e gli educatori stanno provando diverse
strategie per insegnare queste capacità fondamentali.
MindUP, una delle iniziative più promettenti, ha avuto
origine dal fascino esercitato su Goldie Hawn dallo studio del
cervello come veicolo di miglioramento personale.
Quando viveva a Vancouver, nel 2002, ha iniziato a
interessarsi ai bambini, e ha invitato psicologi, neuroscienziati
e insegnanti a sviluppare un nuovo piano di studi incentrato
sull’apprendimento sociale ed emotivo.
Ora MindUP è diffuso in più di 75 scuole statunitensi, due in
Australia e una in Venezuela.

LA CONSAPEVOLEZZA DEL BRUCO.


Un bambino applica l’attenzione consapevole per osservare i
cambiamenti di un bruco. Questo esercizio allena regioni del
cervello fondamentali per il successo scolastico.

IMPARARE IL RESPIRO.
«Che fa il respiro?», chiede Morris ai suoi allievi.
<<Calma l’amigdala>>, suggerisce un bambino.
«Fa diventare la tua corteccia prefrontale molto più
intelligente», dice un altro.
Gli allievi di Morris sono diventati piccoli esperti di
anatomia del cervello.
Potrebbero spiegarvi che l’amigdala, al centro del cervello,
è un fulcro di risposte emotive.
La corteccia prefrontale, che ricopre parte della superficie
cerebrale subito dietro la fronte, è la sede delle funzioni
esecutive: regola le emozioni, i pensieri e le azioni.
Le due regioni sono collegate, e hanno una relazione
profonda.
Una tempesta di emozioni scaturita dall’amigdala può
indebolire la corteccia prefrontale, inibendo la capacità di
pensare e imparare.
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I bambini sotto pressione emotiva, una condizione più


frequente nelle famiglie a basso reddito, rendono meno a scuola
perché lo stress inibisce le funzioni esecutive.
Il respiro calma la tempesta emotiva, e riporta la serenità
necessaria all’apprendimento.
Concentrandosi sul respiro, i bambini imparano a prestare
attenzione all’esperienza del momento, senza giudicare, e senza
analizzare la situazione troppo in profondità.
Questo tipo di concentrazione focalizzata sul presente,
chiamata «attenzione consapevole», aiuta a eliminare lo stress che
viene dal «viaggio nel tempo» nei ricordi del passato, che porta
alla ruminazione, oppure nel futuro immaginato, che genera ansia.
«Mi aiuta, come insegnante, perché ho una classe più calma, e
sono più calma anch’io», dice Marianne Prins, insegnante da 26
anni, che segue il metodo MindUP nella scuola elementare Sir
William Van Horne, a Vancouver.
I dati, raccolti in grande quantità, mostrano che esercitarsi
all’attenzione consapevole aiuta a ridurre malattie da stress
nell'età adulta.
Nei bambini, una miriade di studi pilota indica che calma i
bambini sani e riduce l’ansia, o le difficoltà scolastiche causate
dall’ansia, negli studenti nervosi.
In uno studio del 2009 il neuroscienziato Kirk Warren Brown,
della Virginia Commonwealth University, e i suoi colleghi hanno
insegnato a un gruppo di adolescenti in una struttura psichiatrica
alcune tecniche di meditazione; meditazione seduta, camminata,
esplorazione del corpo, dove, in posizione supina, si concentra
l’attenzione sistematicamente su diverse parti del corpo.
Dopo otto lezioni, nel corso di altrettante settimane, i
ragazzi hanno riportato un livello significativamente minore di
ansia, stress, problemi personali e sintomi depressivi di quelli
che non avevano seguito il corso.

I BENEFICI DELLO YOGA.


Molte scuole hanno inserito nei programmi didattici anche la
pratica dello yoga, per aumentare nei giovani studenti le capacità
di rilassamento e la fiducia in se stessi.

RISOLVERE I CONFLITTI.
Il programma MindUP sembra riuscire a ottenere qualcosa di
simile.
In uno studio presentato nel 2012 a un congresso di scienza
contemplativa dello sviluppo a Toronto, Schonert-Reichl e
dottoranda Molly Stewart Lawlor, con altri colleghi, hanno
misurato i livelli di cortisolo, l’ormone dello stress, in 99
bambini di quarta e quinta elementare in quattro scuole locali, a
marzo e poi di nuovo a giugno, mese turbolento per gli studenti in
cui si affronta la fine della scuola.
Inizialmente i livelli ormonali erano normali in tutti i
bambini: il cortisolo aveva un picco un’ora dopo il risveglio e
poi scendeva rapidamente durante il giorno.
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Per i bambini che beneficiavano del programma MindUP, lo


stesso schema di picco e discesa si registrava anche a giugno.
Invece nelle classi di confronto i livelli di cortisolo erano
stabili durante tutto il giorno, un comportamento tipico di
soggetti sotto stress cronico.
«La nostra ipotesi è che MindUP protegga i bambini dallo
stress di fine anno», dice Lawlor.
Il respiro potrebbe anche migliorare le funzioni esecutive in
maniera più diretta.
In questa pratica di tipo meditativo, i bambini imparano a
controllare l’esigenza di elaborare pensieri e sensazioni che si
presentano alla mente.
Lo sforzo li aiuta a risolvere conflitti mentali causati da
obiettivi o stimoli contrastanti, un’abilità fondamentale per
imparare a dare le giuste priorità.
Questo controllo dei conflitti, una capacità legata
all’attenzione, sembra correlato a una migliore riuscita in
matematica, un quoziente di intelligenza più alto e un
comportamento meno antisociale.
In uno studio pubblicato nel 2007 lo psicologo Michael
Posner, insieme ai suoi collaboratori dell’Università dell’Oregon,
ha scelto a caso un gruppo di studenti universitari cinesi e ha
fatto seguire loro cinque sessioni giornaliere di 20 minuti di
meditazione.
Poi li ha confrontati con un gruppo a cui venivano insegnati
esercizi sul rilassamento di diverse parti del corpo, e ha
scoperto che gli studenti del primo gruppo ottenevano risultati
nettamente migliori in un test computerizzato sull’attenzione e la
risoluzione di conflitti.
Nel 2011 l’équipe del neuroscienziato Amishi Jha,
all’Università di Miami, ha riportato risultati simili in un
esperimento con ragazzi tra i 13 e i 15 anni di una scuola in
India che offriva esercizi giornalieri di meditazione
trascendentale, in confronto con ragazzi di una scuola che non
offriva questi corsi.

L’abitudine a concentrarsi sul proprio respiro insegna ai


bambini a porre l’attenzione sull’esperienza del momento, attimo
per attimo.

I SEGNI DELLA PIETRA.


In una brutta mattina alla fine di febbraio, Prins rovescia
un cesto di pietre grigie in mezzo a un gruppo di studenti seduti
a cerchio sul tappeto, e chiede loro di prendere una pietra dal
mucchio.
Quando tutti hanno una pietra, Prins chiede a ogni ragazzo di
esaminare la sua pietra e di osservare se ha segni particolari, di
chiudere gli occhi e immaginarla, e poi strofinarla contro la
guancia.
«È ruvida?», domanda allegramente.
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Attenzione consapevole significa anche concentrarsi sulle


qualità sensoriali delle cose, come la consistenza, il colore, i
buchi, le sporgenze di una pietra.
Quando tutti gli studenti hanno riposto la pietra nel
mucchio, l’aspetto è quello di un mucchio anonimo di ghiaia.
E ora il compito: ogni studente deve ritrovare la sua pietra.
Al primo giro di questo gioco i ragazzi erano in difficoltà,
ma al secondo tentativo ogni studente ritrovò la sua pietra.
Bisogna esercitarsi, per raggiungere l’attenzione
consapevole.
In altri contesti, esercizi di questo tipo, combinati con la
respirazione, hanno avuto effetti misurabili sulle funzioni
esecutive dei ragazzi.
Nel 2010 la genetista comportamentale Susan L. Smalley, con i
colleghi dell’Università della California a Los Angeles, ha
riferito i risultati di un programma di esercizi per l’attenzione
consapevole rivolto a bambini di seconda e terza elementare, due
volte la settimana per otto settimane.
Gli esercizi comprendevano la meditazione seduta, insieme ad
attività e giochi tesi a promuovere la percezione sensoriale e la
percezione delle altre persone.
Insegnanti e genitori hanno completato alcuni questionari
valutando la capacità inibitoria dei bambini, il controllo
dell’attenzione, la memoria di lavoro e la regolazione emotiva,
prima e dopo il programma di esercizi.
I risultati hanno indicato che l’esercizio all’attenzione
consapevole aveva migliorato significativamente queste capacità,
rispetto a 32 bambini che invece nello stesso periodo di tempo si
erano limitati a leggere in silenzio.

Programmi come MindUP allenano i muscoli della corteccia


prefrontale, con evidenti ripercussioni rendimento e non solo.

IL TEST DELLA COSCIENZA.


L’esercizio è risultato estremamente efficace per i bambini
che partivano da livelli più bassi, un risultato coerente con il
lavoro dell’équipe di Smalley, che indica i possibili benefici
degli esercizi per l’attenzione consapevole per adolescenti
affetti da sindrome da deficit di attenzione e iperattività.
I ragazzi più attenti ottengono anche migliori risultati
negli esercizi di controllo inibitorio.
In uno studio del 2011 Eva Oberle, dottoranda dell’Università
della British Columbia, insieme a Schonert-Reichl, Lawlor e altri
colleghi, ha sottoposto 99 bambini di quarta e quinta elementare a
un esame teso a rivelare comportamenti disattenti, come fare cose
senza rendersene conto o mangiucchiare senza accorgersene.
Più alto era il punteggio di un bambino in questo test di
«coscienza di ciò che si fa», migliore era il suo controllo
inibitorio, misurato in un test computerizzato.
Naturalmente, anche i programmi di studio ordinari esercitano
i centri di controllo operativo del cervello.
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Non si può leggere o svolgere un problema di matematica senza


ricorrere alla memoria di lavoro, senza esercitare la
concentrazione o inibire il desiderio di chiacchierare con un
amico.
Però la scuola è simile a una squadra, che insegna le abilità
necessarie per praticare un certo sport, ma non fa nulla per
potenziare i quadricipiti di un atleta o migliorare la sua tecnica
di corsa.
Programmi come MindUP funzionano come esercizi di agilità per
il cervello.
«Se si insegnano metodi espliciti di autoregolamentazione, si
esercita il muscolo della corteccia prefrontale, e si hanno di
conseguenza migliori risultati accademici», dice Schonert-Reichl.
In un suo studio recente, i partecipanti al programma MindUP
hanno ottenuto migliori risultati in test computerizzati di
attenzione e di controllo inibitorio rispetto ai ragazzi di una
classe di confronto.
E hanno anche ottenuto voti migliori in matematica a fine
anno.
Questi risultati non sono una novità per gli insegnanti.
«Non riesco a dirvi quanto questo programma abbia migliorato
la mia capacità di insegnare e le abilità dei bambini», dice
Morris, che ha iniziato a usare MindUP tre anni fa.
Nel 2005, l’anno del debutto di MindUP a Vancouver, solo 17
insegnanti hanno imparato la tecnica; oggi quel numero ha
raggiunto diverse migliaia.
«È diventato virale», dice Schonert-Reichl.
«Ci sono liste d’attesa. Non ho mai visto niente del genere».

TUTTI I RESPIRI DEL MONDO.


Gli esercizi respiratori possono allenare l’attenzione,
ridurre lo stress e aiutare i bambini a regolare le proprie
emozioni.
In un esercizio, chiudono gli occhi e si isolano da tutte le
possibili distrazioni.
In un altro regolano il soffio in modo da spostare un
batuffolo di cotone sulla mano di un compagno.
In un altro ancora, provano a sentire il respiro di un
compagno e a sincronizzarlo con il proprio: lo sforzo richiesto da
questo esercizio può affinare la capacità di autocontrollo.

VERDE, VIA LIBERA AI TUOI PROGETTI.


Decenni prima che Hawn si interessasse all’insegnamento, lo
psicologo dello sviluppo Mark T. Greenberg, allora all’Università
di Washington, ha fatto una delle prime scorrerie
nell’apprendimento socio-emotivo.
Greenberg stava cercando di aiutare persone sorde con
problemi di autoregolamentazione a controllare il proprio
comportamento, insegnando loro le parole per esprimere le
emozioni, quando ha scoperto che le strategie usate -far parlare
le persone con se stesse, a voce alta, o segnando, e mostrare loro
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le parole visivamente- sembravano essere d’aiuto anche per i


bambini con udito normale.
«Mi interessava il linguaggio come meccanismo di
autoregolamentazione negli anni dell’asilo», ricorda Greenberg.
Negli anni ottanta Greenberg e la psicologa Carol A. Kuschè
hanno creato il metodo PATHS -Promoting Alternative Thinking
Strategies- per promuovere strategie alternative di pensiero, ora
usato in più di 3000 scuole in almeno trenta Stati degli Stati
Uniti e in molti altri paesi.
Il metodo prevede, tra l’altro, di fornire ai bambini alcune
carte con visi umani che mostrano diverse emozioni.
I bambini personalizzano le carte e le usano per comunicare
le proprie emozioni durante la giornata.
L’autoregolamentazione viene anche insegnata esplicitamente
con l’aiuto di un semaforo.
Se gli studenti si trovano in una situazione difficile, o
frustrante, si concentrano sulla luce rossa, che significa «STOP -
Calmati».
Allora devono descrivere il problema e le sensazioni che
provano in quel momento.
Poi viene il giallo: «Avanti piano - Pensa», che significa
pianificare.
Il verde vuol dire «Avanti - Realizza il tuo piano».
In uno studio del 2010 Greenberg, ora alla Pennsylvania State
University, ha verificato queste tecniche su 2937 studenti, molti
dei quali con problemi di apprendimento, nei primi tre anni di
scuola elementare a Nashville Seattle e nella Pennsylvania rurale.
Secondo il giudizio degli insegnanti e di altri allievi, i
bambini che avevano seguito il metodo PATHS erano diventati meno
aggressivi e più collaborativi rispetto a quelli che non lo
avevano seguito.
I bambini PATHS erano anche più interessati al rendimento
scolastico, e mostravano maggiori capacità di autocontrollo
durante i compiti in classe.
È possibile che il metodo PATHS produca questi risultati
perché migliora le funzioni esecutive.
Anni fa Greenberg, insieme a Nathaniel R. Riggs della
University of Southern California e ad altri colleghi, ha
verificato il controllo inibitorio di 318 bambini di seconda, e
terza elementare in quattro scuole di Seattle.
In due scuole gli insegnanti avevano impartito le istruzioni
del metodo PATHS per 20 o 30 minuti tre volte la settimana da
ottobre a marzo.
Un anno dopo questi allievi mostravano un controllo
inibitorio migliore rispetto ai bambini delle altre due scuole.
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I SEGNALI DEL CORPO.


Anche questo esercizio è per il cervello.
Saltando, portando il gomito alle ginocchia, questi bambini
si esercitano a fare attenzione ai segnali che manda il corpo, e a
collegarli alle proprie emozioni.
Si pensa che tenere sotto controllo entrambi i tipi di
sensazione migliori l’abilità di gestire il proprio umore e
controllare il proprio comportamento.

IL PROBLEMA DI CAPPUCCETTO ROSSO.


Prins è responsabile dei bambini più ansiosi della scuola, in
parte anche a causa del metodo MindUP seguito nelle sue classi.
Un giorno, appena iniziata la lezione, un bambino è scoppiato
in lacrime, per ragioni non del tutto chiare.
«La sua amigdala era sconvolta», racconta Prins.
Lei ha preso una bottiglia piena di acqua e sabbia, l’ha
girata a testa in giù e ha iniziato ad agitarla.
«Cosa facciamo in classe quando la nostra amigdala è
sconvolta?», ha chiesto.
Alcuni dei bambini hanno fatto il segno di pace con le dita.
Il gesto significa che il bambino deve fare una passeggiata
finché la sua amigdala si calma.
Nella classe di Prins, sul muro c’è un disegno del cervello,
con sopra segnate la corteccia prefrontale, l’amigdala e
l’ippocampo, un magazzino di memoria.
Prins ripassa le varie strutture e il loro ruolo, e fa
collegamenti con il resto della lezione.
«Cappuccetto Rosso aveva dei problemi con la sua amigdala,
con il lupo», ha detto una volta ai suoi allievi.
Una lezione del metodo MindUP per le classi terza, quarta e
quinta si concentra sull’anatomia e le funzioni del neurone;
un’altra è una discussione sulla chimica cerebrale del piacere e
della gratificazione.
Gli insegnanti dicono che i bambini sono affascinati dal
funzionamento del cervello, ma l’obiettivo primario di queste
lezioni è filosofico più che scientifico.
«Queste conoscenze danno ai bambini un senso di
autoaffermazione e presa di coscienza», dice Schonert-Reichl.
«Scoprono di poter cambiare la loro mente».
L’esercizio di pensare al pensiero, noto come
«metacognizione», è mirato a fornire ai bambini un controllo
migliore sul modo in cui pensano e sentono: dirige la loro
attenzione in maniera più opportuna, e li calma.
E l’apprendimento ne trae beneficio.
Ma le lezioni di neuroanatomia migliorano davvero
l’autocontrollo?
<<Non credo che ai bambini serva davvero sapere tutto
dell’amigdala -dice Mele Diamond, neuroscienziata dello sviluppo
cognitivo all’Università della British Columbia- ma a loro piace
imparare come funziona il cervello».
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Eppure alcuni suggeriscono che Hawn abbia ragione.

Istruire i bambini a far finta che un leccalecca sia solo un


disegno li aiuta a resistere alla tentazione più a lungo,
allenando le capacità di autocontrollo.

VIETATO ENTRARE.
Mischel, con la psicologa Angela L. Duckworth,
dell’Università della Pennsylvania, ha scoperto che uno dei modi
per controllarsi è separare se stessi da ciò che sta provocando la
reazione emotiva.
I bambini che coprivano il biscotto con un tovagliolo, dice
Mischel, riuscivano a resistere 18 minuti senza mangiarlo, mentre
gli altri capitolavano in meno di un minuto.
Dire ai bambini di fare finta che il leccalecca sia solo un
disegno aumenta la loro capacità di resistere da un minuto a un
quarto d’ora.
«Se immaginano un disegno possono aspettare, come se fosse
soltanto un disegno», dice Mischel.
In uno studio pubblicato nel 2011, Mischel e Duckworth,
insieme con lo psicologo Ethan Kross, dell’Università del
Michigan, e ad altri colleghi, hanno dimostrato quanto
l’estraniazione riesca a raffreddare le emozioni nei bambini.
Hanno chiesto a 110 bambini di quinta elementare di ricordare
un’esperienza personale che li aveva fatti arrabbiare.
Alcuni hanno immaginato che stesse succedendo di nuovo.
Ad altri è stato chiesto di fare un passo indietro, e
guardare gli eventi dal di fuori.
A tutti è stato fatto scrivere un tema in cui raccontavano
questa esperienza.
Nei loro temi, gli studenti che si erano distanziati
dall’esperienza indulgevano molto meno sulle caratteristiche
emotive, facevano minore ricorso a espressioni di
colpevolizzazione e rivalutavano di più l’accaduto.
Imparare il funzionamento del cervello può aiutare i bambini
a distanziarsi dalle loro emozioni, inserendole in un contesto
astratto.
Anche l’attenzione consapevole prevede di fare un passo
indietro e osservare i propri pensieri e sentimenti dal di fuori,
inoltre l’uso del linguaggio, come nel metodo PATHS, può separare
l’impulso ad agire dall’azione.
Ora Kross e Duckworth stanno preparandosi a verificare
l’applicabilità su larga scala della tecnica di estraniazione su
gruppi di bambini delle scuole medie nelle scuole pubbliche di
Philadelphia.
Gli psicologi insegneranno ai bambini a riflettere sulle loro
azioni durante diversi esercizi di autocontrollo, chiedendo loro
di concentrarsi sulla propria prospettiva parlando a se stessi in
prima persona, oppure a sviluppare un senso di distanza,
riferendosi a se stessi in terza persona.
Poi i ricercatori misureranno la capacità dei bambini di
eseguire con pazienza un compito noioso (per esempio, suddividere
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dei gettoni in base al colore), di aspettare una gratificazione


(come ricevere sette dollari tra una settimana oppure cinque
dollari subito), e controllare la propria rabbia nel ricordo di
un’esperienza negativa.

PER CONCLUDERE.
Giocare con la mente dei bambini può diventare complicato.
In un lavoro non ancora pubblicato, Farran e la sua équipe di
Vanderbilt hanno fatto alcuni esperimenti usando un metodo
chiamato Tools of the Mind, che usa il parlare da soli, aiuti
visivi e il gioco per migliorare le funzioni esecutive nei
bambini.
L’équipe di Farran ha scelto a caso 32 classi negli asili del
Tennessee e nel North Carolina e applicato il metodo ai bambini.
Poi hanno misurato le funzioni esecutive dei bambini e i loro
risultati prima e dopo gli otto mesi del programma.
I bambini mostravano sì dei miglioramenti, ma non più dei
bambini nelle 28 classi in cui il programma non era stato
applicato.
Studi meno recenti avevano mostrato benefici di Tools of the
Mind quando il programma era più semplice, e comportava 40
attività contro le 65 attuali.
Farran è convinta che questa proliferazione di elementi
diluisca l’efficacia del programma.
Un altro problema è che non esiste un metodo riconosciuto per
misurare le funzioni esecutive, forse perché il concetto stesso
non è ben definito.
Questa ambiguità non ha fermato insegnanti come Prins, che
vedono ogni giorno gli effetti positivi dell’allenamento del
cervello.
Fuori dalla scuola di Prins la neve si stava sciogliendo.
All’interno, i bambini «esercitavano il cervello».
Col fiatone, toccavano il ginocchio destro con il gomito
sinistro.
Si sfregavano la pancia mentre si davano colpetti in testa
con la mano.
Facevano salti a gambe divaricate.
La coreografia era progettata per eccitare la corteccia
prefrontale in modo ottimale; eppure i visi dei bambini mostravano
che le mosse non erano importanti.
Dalle indagini di Schonert-Reichl emerge che i bambini nelle
classi MindUP sono più ottimisti, hanno più emozioni positive e
vanno a scuola più volentieri.
Ed è noto che la dopamina, neurotrasmettitore associato alla
gioia e al piacere, eccita la corteccia prefrontale.
«La scuola deve essere più divertente», dice Diamond.
«I bambini ci cascheranno e impareranno più cose».
Se i grandi riusciranno a far pensare meglio i bambini,
saranno loro a ridere per ultimi.
A002848, 13

IN PIÙ
CASEY B.J. e altri, Behavioral and Neural Correlates of Delay
of Gratification 40 Years Later, in «Proceedings of the National
Academy of Sciences», Vol. 108, n. 6, pp. 14.998-1 5.003, 6
settembre 2011.
DIAMOND A. e LEE K. Interventions Shown to Aid Executive
Function Development in Children 4 to 12 Years Old, in «Science»,
Vol. 333, pp. 959-964, 19 agosto 2011.
RIGGS N.R. e altri, The Mediational Role of Neurocognition in
the Behavioral Outcomes of a Social-Emotional Prevention Program
in Elementary School Students: Effects of the PATHS Curriculum, in
«Prevention Science», Vol. 7, n. 1, pp. 91-102, marzo 2006.

L’AUTORE
Ingrid Wickelgren è Editor al Scientific American Greater New
York City Area

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