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Buongiorno. Sono molto felice di rivolgere il mio saluto ai partecipanti al


congresso dei giornalisti europei.
Un cordiale saluto desidero rivolgere al signor rettore prof. Marilèn Pirtea, del
quale ricordo la gentilezza riservatami con una commovete cerimonia quando
nell’ottobre del 2012 mi consegnò il diploma di laurea honoris causa
benificiorum publicorum, per il quale ancora ringrazio.
Mi piace molto il titolo del tema scelto per questo congresso dei giornalisti: “Il
nostro futuro nella nostra patria Europa”. Mi piace anche perché “«La nostra
patria Europa» è il titolo dell’ultimo discorso pronunciato da mio padre,il 21
aprile 1954, a Parigi, alla Conferenza parlamentare europea.
La nostra patria Europa era per lui un sentimento, un’aspirazione, una visione
che condivideva senza riserve con Konrad Adenauer e Robert Shuman nei
loro incontri.
Una visione, un progetto, che pur nel rispetto delle identità nazionali loro si
sono impegnati ad avviare ed affidare alle generazioni che sarebbero venute
dopo di loro.
Un giorno Adenauer venne a trovare mio padre nella nostra abitazione di
Roma e mentre si stavano lasciando al cancello del giardino di casa sentii
dire: noi dobbiamo restare ancora almeno due anni finché l’Europa sarà
veramente avviata verso la sua unità. Quei due anni di vita purtroppo mio
padre non li ha avuti.
Tuttavia, da quando quei coraggiosi e lungimiranti pionieri dell’unità europea,
dopo aver sofferto la limitazione della loro libertà personale sotto regimi
autoritari hanno speso tutte le loro energie per dare un futuro di pace e di
benessere l’Europa, molti passi sono stati fatti.
Pace, soprattutto.
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Mio padre ricordava che per realizzare l’unità europea più che costruire c’è
bisogno di demolire; demolire gli egoismi nazionali, la pusillanimità, il
sospetto.
Nelle nuove giovani generazioni poniamo tutte le nostre speranze per un
futuro di pace e concordia fra i popoli. Giovani che devono informarsi bene su
storia e attualità dell’Unione europea e poi chiedere di essere aiutati e
ascoltati da chi ha il potere di decidere per il loro futuro.
Un futuro nel quale miopi egoismi nazionali lascino il posto a un bene
comune europeo
Un futuro dove anche la solidarietà riprenda quel significato è quella forza
che già i padri fondatori ritenevano necessaria per unire l’Europa e che oggi,
anche di fronte all’epocale fenomeno migratorio, è un po’ troppo messo
all’angolo.
Oggi dobbiamo riprendere con determinazione l’impegno per arrivare ad una
vera e propria unità politica dell’Europa, politica europea, che nei fatti ancora
non c’è.
Quell’unità politica che con molta probabilità poteva già essere stata
raggiunta se il progetto di Comunità europea di difesa non fosse fallito.
Lo scorso 9 maggio, festa dell’Europa, mentre seguivo davanti allo schermo
televisivo l’inaugurazione a Bruxelles della Conferenza sul futuro dell’Europa,
confesso che non riuscì a trattenere le lacrime nel sentire massimi esponenti
delle istituzioni europee dire che è assolutamente necessarioavere una unità
europea per la sicurezza e la difesa.
Mi vennero a mente quei giorni di agosto del 1954 quando si percepiva che la
Francia non avrebbe ratificato il trattato della Comunità europea di difesa.
Ero nella casa di montagna con la famiglia e mio padre, gravemente
ammalato, pochi giorni prima dalla sua scomparsa, piangeva accanto a me
dicendomi: se perdiamo questa occasione chissà quanto tempo passerà
prima che se ne possa avere un’altra.
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Cerchiamo tuttavia di essere fiduciosi, ed impegniamoci tutti per costruire la


nostra patria Europa, nella quale vi sia pace, armonia e fratellanza fra i
popoli. un’Europa unita che oltre a occuparsi dei suoi cittadini deve avvertire
sempre più la responsabilità di contribuire a garantire pace e stabilità a livello
mondiale.
Buon lavoro e un abbraccio a tutti.

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