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Mio padre ricordava che per realizzare l’unità europea più che costruire c’è
bisogno di demolire; demolire gli egoismi nazionali, la pusillanimità, il
sospetto.
Nelle nuove giovani generazioni poniamo tutte le nostre speranze per un
futuro di pace e concordia fra i popoli. Giovani che devono informarsi bene su
storia e attualità dell’Unione europea e poi chiedere di essere aiutati e
ascoltati da chi ha il potere di decidere per il loro futuro.
Un futuro nel quale miopi egoismi nazionali lascino il posto a un bene
comune europeo
Un futuro dove anche la solidarietà riprenda quel significato è quella forza
che già i padri fondatori ritenevano necessaria per unire l’Europa e che oggi,
anche di fronte all’epocale fenomeno migratorio, è un po’ troppo messo
all’angolo.
Oggi dobbiamo riprendere con determinazione l’impegno per arrivare ad una
vera e propria unità politica dell’Europa, politica europea, che nei fatti ancora
non c’è.
Quell’unità politica che con molta probabilità poteva già essere stata
raggiunta se il progetto di Comunità europea di difesa non fosse fallito.
Lo scorso 9 maggio, festa dell’Europa, mentre seguivo davanti allo schermo
televisivo l’inaugurazione a Bruxelles della Conferenza sul futuro dell’Europa,
confesso che non riuscì a trattenere le lacrime nel sentire massimi esponenti
delle istituzioni europee dire che è assolutamente necessarioavere una unità
europea per la sicurezza e la difesa.
Mi vennero a mente quei giorni di agosto del 1954 quando si percepiva che la
Francia non avrebbe ratificato il trattato della Comunità europea di difesa.
Ero nella casa di montagna con la famiglia e mio padre, gravemente
ammalato, pochi giorni prima dalla sua scomparsa, piangeva accanto a me
dicendomi: se perdiamo questa occasione chissà quanto tempo passerà
prima che se ne possa avere un’altra.
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