la valigia dell’emigrante… C’è un po’ di terra del mio villaggio, per non restare solo in viaggio… un vestito, un pane, un frutto, e questo è tutto. Ma il cuore no, non l’ho portato: nella valigia non c’è entrato. Troppo pena aveva a partire, oltre il mare non vuole venire. Lui resta, fedele come un cane, nella terra che non mi dà pane: un piccolo campo, proprio lassù… Ma il treno corre: non si vede più.
18 dicembre, giornata internazionale dedicata ai migranti, gente che abbandona le proprie
terre raggiugendo nuovi paesi in cerca di condizioni economico-sociali migliori, tutti che condividono lo stesso desiderio legittimo di avere e anche di essere di più in questa società, in cerca quindi di una propria dignità. Il problema dell'emigrazione resta del tutto irrisolto perché questa è una realtà che richiede di essere affrontata attraverso una cooperazione internazionale guidata da sentimenti di solidarietà e compassione, garantendo inoltre maggiori opportunità di lavoro. Ma purtroppo alla solidarietà, all'accoglienza, alla comprensione si contrappongono il disprezzo, la discriminazione, lo sfruttamento, il razzismo e la riduzione in schiavitù. Si tratta di gente, uomini, donne e bambini, privati di quei diritti che sono dell'uomo, quali il diritto alla vita, alla libertà di parola, religione, il diritto a non essere sottoposti a tortura, emarginazione o a trattamenti disumani. Questo accade perché ancora non si è riusciti a raggiungere un'unità della diversità, poiché viviamo in un mondo convinto che sia il colore della pelle, la terra in cui si è nati, la lingua che parliamo e la religione che professiamo a renderci diversi. Nella poesia di Gianni Rodari si comprende la necessità di abbandonare la terra natia nonostante l'amore che si ha per essa. Il poeta ci parla della valigia dell'emigrante e dice che non è pesante poiché dentro c'è tutto ciò di cui egli ha bisogno e con tutto si riferisce a un solo vestito, un pane e un frutto. Invece il cuore non l'ha portato con se, ci informa il poeta. Con questa frase fa riferimento all'amore che l'emigrante nutre per la propria terra, tanto che il suo cuore provava dolore a partire e a giungere oltre mare, e come un cane fedele, resta in quella terra che non può dare da mangiare all'emigrante. In questa breve poesia viene riassunta la realtà dell'emigrazione, dovuta per la maggior parte dei casi a motivi economici, ma vi è anche il dolore, la sofferenza ad andar via, a lasciare il paese in cui si è nati, si è cresciuti e dove vi sono le persone che si amano. E forse questa è una sofferenza che possiamo comprendere perché in fondo ci accomuna. Basti pensare anche alla nostra realtà: giovani che si trasferiscono al Nord per studiare nelle università, sicuramente ai nostri parenti che hanno lasciato il Sud per cercare fortuna nelle città del Nord. In fondo siamo tutti stranieri, viandanti, ospiti su questa terra alla ricerca di una meta. Non è guardando lontano, facendo riferimento alle altre città che dobbiamo cercare di comprendere e di riflettere su questa realtà cupa, ma basta guardarci intorno ogni giorno perché essa è presente anche nei nostri paesi. Ecco perché il 18 dicembre non è un giorno da ricordare poiché non abbiamo nulla da commemorare in quanto nulla rimane nel passato, ma tutto è presente facendo parte della realtà. Questo è infatti un giorno da festeggiare quella speranza che animi gli emigrati convincendosi che presto la loro situazione migliori.
Rossana Ranù, 21 marzo 2014, http://www.alboscuole.it/