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Giovanni Santucci 211

UN DISEGNO DI GIOVACCHINO FORTINI PER IL SOFFITTO


DELLA CHIESA DI SAN FILIPPO NERI A FIRENZE

Tra i molti tesori grafici che l’Ashmolean Museum di Oxford custodisce, un insieme parti-
colarmente prezioso è costituito dal nucleo di disegni denominato Largest Album 1, appartenu-
to al noto collezionista e appassionato di architettura John Talman (1677-1726) e da questi rac-
colto e assemblato in collaborazione col padre William (1650-1719) 2. La collezione nacque per
desiderio di quest’ultimo, che iniziò a formarla acquistando disegni sul mercato britannico e in
seguito finanziò una serie di prolungati soggiorni del figlio in Italia, prevalentemente allo scopo
di raccogliere disegni. Un compito che John Talman assolse egregiamente nel corso dei suoi rei-
terati soggiorni a Roma e durante i viaggi condotti in varie regioni italiane, in un periodo com-
preso tra il 1699 e il 1717. William e John Talman furono tra i primi collezionisti a possedere
una raccolta di disegni di antichi maestri quasi esclusivamente dedicata all’architettura e orga-
nizzata scientificamente per soggetti, e furono anche tra i primi amatori che al disegno di archi-
tettura riconobbero un valore di oggetto artistico compiuto, indipendentemente dal nome del
suo autore e dal rapporto con un’opera di architettura esistente.
Il Largest Album, che di questi interessi costituisce una efficace testimonianza, comprende
cinquantadue disegni, raccolti oggi in due scatole numerate, cui si aggiungono altri quattro fo-
gli divisi dal nucleo principale e confluiti in fondi separati con altri degli stessi autori. Origina-
riamente esso era assemblato come un volume rilegato, recante le insegne del suo possessore al
centro del piatto superiore della legatura 3. Alcuni fogli del Largest Album sono assai noti e di
eccezionale rilevanza – sebbene spesso la loro provenienza dall’album non sia ricordata – come
il cosiddetto “spaccato prospettico” della chiesa di San Domenico a Siena di Baldassare Peruz-
zi (1481-1536) 4 e un primitivo progetto di Maderno (1556-1629) per la facciata di Sant’Andrea
della Valle, tracciato dalla mano abilissima del giovane Borromini (1559-1667) 5. La collezione
contiene tuttavia ancora molti disegni che, seppure meno conosciuti o ancora privi di una con-
vincente attribuzione, meritano una speciale attenzione e tra questi è certo il foglio che nell’ori-
ginario assetto dell’album apriva la serie dei disegni, quasi in funzione di frontespizio 6.
Il disegno, attentamente tracciato e sontuosamente rifinito ad acquerello, è concepito con
ogni evidenza per una presentazione alla committenza ed espone il progetto di un grande sof-
fitto in legno intagliato e scompartito in tre riquadri, destinato alla copertura di un luogo sacro.
L’autore non si è limitato a definire il progetto dell’oggetto principale ma ha invece tracciato at-
torno al perimetro del soffitto una trabeazione ad aggetti, contratta e priva di intagli, sorretta da
una teoria di piccoli capitelli ionici piuttosto convenzionali. Ciò permette di comprendere più
chiaramente la conformazione dell’ambiente cui il soffitto è destinato, ossia una chiesa o un va-
sto oratorio articolato da paraste in cinque vaste campate sui lati maggiori. Verosimilmente, le
paraste corrispondenti ai capitelli visibili nel disegno sono pensate per essere sovrapposte a un
ordine maggiore sottostante, e destinate a inquadrare una teoria di finestre. Il pannello centra-
le del soffitto, sagomato in forma ottagonale con angoli concavi, è sorretto da quattro figure an-
geliche che indossano lunghe cotte altocinte. Due pannelli alle estremità, circolari, sono invece
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affiancati da coppie di conchiglie bianche e dorate soprammesse. A ciascuna delle estremità del
soffitto, due enfatici angeli bambini impugnano tube e sorreggono al contempo grandi stem-
mi a cartoccio coronati di insegne cardinalizie. I pannelli circolari sono racchiusi in una cornice
di piccole foglie d’acanto dorate e disposte a raggiera e ulteriormente incorniciati da un largo
cordone bianco di foglie di alloro, a sua volta strettamente inquadrato da modanature dorate e
da fasce bianche poste a contrasto. La medesima incorniciatura, obliterata dagli stemmi sui lati
brevi, dalle coppie di conchiglie su quelli lunghi e, soprattutto, dalla cornice del pannello cen-
trale, fascia anche il perimetro del soffitto. La cornice del pannello centrale, uniformemente do-
rata, è caratterizzata sui lati da rigonfi ventagli di piume di struzzo, e da larghe volute di foglia-
me sui lati lunghi. A loro volta queste ultime inquadrano alternativamente un motivo a conchi-
glia e una targa a cartocci ornata di palmette.
Al centro dei pannelli circolari alcune figure sono state debolmente accennate a matita. Sul
pannello destro è riconoscibile, tra figure stanti, un personaggio inginocchiata davanti ad un al-
tro assiso su un seggio elevato di alcuni gradini. Su quello sinistro si riconosce ancora una figu-
ra inginocchiata, in atto di ricevere qualcosa dalle mani di un’altra figura in posizione eretta. Le
macchie brunastre al centro dei tondi summenzionati sono state certamente lasciate da cera uti-
lizzata in passato come collante per soprammettervi pezzetti di carta, probabilmente sviluppi
più finiti delle scene tracciate a grafite.
Attualmente, la scheda museale del foglio attribuisce genericamente il disegno alla cerchia
di Pietro da Cortona (1596-1669) 7. Una precedente attribuzione lo voleva di Giovanni Fran-
cesco Romanelli (1610-1662), una delle migliori personalità artistiche formatesi nella cerchia di
Berrettini. Fu Howard Burns che con una nota manoscritta del 1976 contestò convincentemen-
te questa attribuzione per il disegno, sulla base dei modi grafici del suo autore, affini ma chia-
ramente distinti da quelli di Romanelli, cui il disegno non può essere associato neppure sul pia-
no compositivo.
La tradizionale e anonima attribuzione del foglio deve dunque essere chiaramente rigettata,
né può del resto essere accettata la sua attuale collocazione nella cerchia diretta di Cortona, in-
formalmente suggerita da Hibbard. Nondimeno, come in molti altri casi, la generica attribuzio-
ne a Romanelli spesa per il disegno si giustifica con la corretta osservazione di forti tratti cor-
toneschi nel progetto di Oxford, singolarmente affine, dal punto di vista della composizione e
delle partiture decorative, ai progetti di Berrettini per le volte della sagrestia e, soprattutto, del-
la chiesa di Santa Maria in Vallicella, ma anche allo schema degli affreschi sulla volta della gal-
leria di palazzo Pamphilj. Stilisticamente il disegno deve però essere collocato più tardi rispet-
to alla morte di Pietro da Cortona, in particolare a causa della foggia della cornice del pannel-
lo sagomato centrale, già tipicamente settecentesca. Inoltre, il carattere della composizione non
sembra romano, come non romano e non cortonesco sembra lo stile grafico della mano che lo
ha eseguito. Da questo punto di vista il foglio può trovare migliore collocazione nell’alveo del
tardo cortonismo toscano della fine del XVII secolo e dei primi anni del successivo, così come
dapprima declinato in forme provinciali da Pier Francesco Silvani (1620-1685) e dal Volterra-
no (1611-1689), e poi più vigorosamente impiantato da Ciro Ferri (1634-1689) e dagli allievi
istruiti da quest’ultimo presso l’accademia medicea di Roma: Giovanni Battista Foggini (1652-
1725) e Carlo Marcellini (1644 ca.-1713). Si spiegherebbe meglio in questo contesto l’accentua-
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to schematismo nell’alternanza cromatica delle partiture architettoniche e decorative del dise-


gno di Oxford e un certo provincialismo nella definizione dei capitelli ionici – alquanto arcaiz-
zanti ma affini ad esemplari toscani contemporanei, come i capitelli ionici del salone di palaz-
zo Corsini – visibili a margine della composizione. In questa sede, si intende proporre un’attri-
buzione del foglio a Giovacchino Fortini (1670-1736), come un progetto per la decorazione del
soffitto ligneo della chiesa fiorentina della Concezione e di San Filippo Neri (1715), meglio no-
ta come San Firenze. Lo stile grafico del disegno di Oxford è infatti ben paragonabile a quello
di Fortini, caratterizzato da un tocco rapido, vibrante e un po’ sfrangiato nell’abbozzo dei sog-
getti figurati, che risente soprattutto dell’insegnamento del suo maestro Carlo Marcellini. Le li-
nee architettoniche sono invece nervose e assai poco pulite, per lo più tracciate a mano libe-
ra da un disegnatore evidentemente più esercitato sulla figura che su un professionale magiste-
ro architettonico, e tuttavia assai più calcate, espanse e sintetiche rispetto a quelle spesso assai
sciatte e labili dei disegni di architettura o decorazione di Marcellini. Il disegno è dunque ben
confrontabile con altri sicuramente autografi di Fortini eseguiti negli anni venti del XVIII seco-
lo e riguardanti progetti di architettura o di decorazione, come quello contenente una propo-
sta per la ricostruzione dell’altare maggiore della piccola chiesa di Santa Maria e San Giuseppe
al Prato 8, o un altro per una legatura in argento di un messale per i padri della Santissima An-
nunziata di Firenze 9.
Nel cantiere di San Firenze, Fortini venne inizialmente coinvolto proprio per sovrintende-
re al proseguo dei lavori dei rivestimenti in pietra e del soffitto ligneo della navata, progettato a
suo tempo da Silvani e mai compiuto 10; soffitto che verosimilmente si sarebbe mantenuto vicino
ad esempi prestigiosi del più recente passato, come quello realizzato da Pietro Giamberti tra il
1664 e il 1670 per la Santissima Annunziata 11 o quello, oggi perduto, del santuario della Madon-
na dell’Impruneta, eseguito nell’ambito della ristrutturazione orchestrata da Gherardo Silvani.
La commessa del cantiere di San Firenze a Fortini, recentemente ripercorsa e approfondita
sul fronte documentario da Sandro Bellesi 12, fu il primo incarico autonomo di rilievo affidato
all’artista, il quale subentrò al più anziano Foggini, indiscusso protagonista della scena artistica
locale. Questi, documentato nei conti della fabbrica dall’ottobre del 1713 al marzo del 1714 13,
aveva rinunciato alla direzione del cantiere per motivi poco chiari e non è improbabile che pro-
prio Foggini, con cui Fortini aveva collaborato, negli anni precedenti al 1693, al cantiere della
cappella Feroni, distinguendosi nell’esecuzione di due angeli dei pennacchi 14, abbia indicato nel
giovane scultore un suo valido sostituto 15. Comunque sia, Fortini venne a trovarsi nel delicato
ruolo di “ingegnere della fabbrica” di San Firenze, col compito di proseguire i lavori di mura-
tura e decorazione dell’oratorio di San Filippo Neri, iniziato su progetti di Pietro da Cortona,
modificati poi da Pier Francesco Silvani 16 e trascinati per anni e tra continue incertezze con il
lascito di Giuliano Serragli 17. Poiché le murature dell’aula erano già state completate 18, l’inter-
vento di Fortini non poté riguardare aspetti strutturali della fabbrica, ma si concentrò sull’arric-
chimento e l’aggiornamento stilistico dei suoi ornati. Ciò riguardò soprattutto la zona dell’absi-
de, con l’introduzione di una coppia di colonne corinzie scanalate e inalveolate nelle murature
(ultimo residuo degli ambiziosi progetti iniziali di Pietro da Cortona) 19 e delle elaborate corni-
ci della pala dell’altare maggiore e delle nicchie destinate a contenere le statue marmoree de La
Carità e La Purità, scolpite appositamente dallo stesso Fortini 20.
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Inoltre Fortini seguì il completamento dei lavori di muratura e di rivestimento in pietra se-
rena dell’aula, tra cui si distinguono per la raffinatezza del disegno adottato il ballatoio per l’or-
gano e per l’orchestra, la grandiosa finestra in controfacciata, e le cornici delle finestre laterali,
coronate di fronde di palma intrecciate. Dalla fine del 1713 alla primavera del 1715, Fortini di-
resse dunque una composita équipe di artigiani specializzati in vari settori, il che dimostra di co-
sa, assai giovane, fosse già capace 21.
È facile immaginare che Fortini, nell’ambito di lavori di così vasta portata, abbia concepito
inizialmente anche un rinnovamento del vecchio disegno per il soffitto ligneo adeguato alla nuo-
va impostazione stilistica impressa al cantiere 22. La tela con la Gloria di San Filippo commissio-
nata a Camillo Sagrestani doveva tuttavia essere stata già eseguita nella sua forma sagomata en-
tro il 1714 23 e in effetti la forma della tela che vediamo attualmente al centro del soffitto dell’o-
ratorio e le sue proporzioni combaciano perfettamente con quelle della sagoma del pannello
centrale del disegno di Oxford. La sagoma lobata del pannello centrale sembra uno dei prin-
cipali elementi di continuità nella definizione del progetto del soffitto di San Firenze. Presso la
Biblioteca Riccardiana esiste infatti un disegno di Anton Domenico Gabbiani (1652-1727) (BR
n. 268), messo giustamente in relazione da Marco Chiarini con il cantiere oratoriano fiorentino.
Il disegno mostra una composizione fortemente scorciata, del tutto affine a quella del pannello
poi dipinto da Camillo Sagrestani nel 1714-1715, sebbene con diverso soggetto – il disegno di
Gabbiani mostra infatti l’apparizione della Trinità a San Filippo Neri – raccolta in una medesi-
ma forma ottagonale ad angoli concavi 24. Si spiega così come mai nel disegno di Oxford la sa-
goma del pannello centrale sia stata lasciata bianca – anzi ribadita dal replicarsi del profilo mi-
stilineo a grafite all’interno della cornice – mentre sono state precisate le composizioni destina-
te ai pannelli laterali 25. La tela centrale, già pronta o comunque in avanzata fase di definizione,
non richiedeva infatti ulteriori commenti. Erano semmai i nuovi inserti che dovevano essere pre-
sentati in modo efficace, così da poter sperare nell’approvazione della committenza all’amplia-
mento del piano iconografico e il conseguente incremento di spesa. Con quale tecnica i tondi
dovessero essere eseguiti non è precisabile, anche se un pensiero di esecuzione a rilievo, in stuc-
co o in legno intagliato e dipinto di bianco non sembra impossibile. In questo modo, il forte im-
patto illusionistico della tela raffigurante una gloria di San Filippo Neri, assai scorciata prospet-
ticamente, non sarebbe stata sminuita dall’interferenza di due pannelli policromi, strettamente
narrativi ed eseguiti con diversa messa a punto compositiva e prospettica.
Ciò troverebbe riscontri nella sensibilità classicista di Fortini – derivante dall’esperienza
preponderante delle fonti cinquecentesche subita nel corso della sua formazione eminentemen-
te fiorentina – che nel disegno di Oxford sembra voler rimuovere ogni ambiguità nel rapporto
esistente tra la cornice architettonica e la scena rappresentata dal dipinto di Sagrestani, appar-
tenenti a due piani di realtà chiaramente distinti. Due tondi con rilievi narrativi in stucco bian-
co si sarebbero inoltre meglio integrati alla composizione nel suo insieme e, quel che è ancora
più importante, si sarebbero saldamente raccordati agli analoghi tondi con rilievi narrativi in
marmo sulle pareti dell’aula sottostante, due dei quali eseguiti dallo stesso Fortini, che si atten-
ne ai modi delle pale marmoree di Foggini nella cappella Corsini del Carmine (1679-1701) 26 e
alla serie con le storie dei Santi Michele e Gaetano, eseguita per lo più sul finire del XVII seco-
lo da vari autori, tra cui Foggini, Marcellini e lo stesso Fortini 27. Poiché anche una delle pale la-
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terali avrebbe riguardato la vita del santo, l’espansione del programma agiografico appare coe-
rentemente inserita nella ricerca di una fluidità narrativa il più costante possibile. Una preoccu-
pazione evidentemente cara a Fortini, al punto che quasi ogni elemento decorativo acquista un
suo preciso significato simbolico riferibile alla spiritualità di San Filippo Neri 28.
Come accennato, nell’elaborazione del progetto di Oxford, si è tenuto chiaramente presen-
te il modello della volta della chiesa romana di Santa Maria in Vallicella 29, ampliandone il dise-
gno con l’aggiunta dei due pannelli circolari. Sempre dalla chiesa madre degli Oratoriani a Roma
provengono, con la concezione d’insieme e l’attenta ricerca di un armonioso rapporto tra l’oro ed
il bianco nella decorazione, anche elementi decorativi più minuti del disegno di Oxford, quali il
bianco cordone di foglie d’alloro tra semplici modanature dorate, o la cornice a larghe foglie di
acanto rivolte verso l’interno dei pannelli circolari. Altri dettagli, invece, quali le grandi conchi-
glie doppie che trattengono i tondi come grappe, e il tipo stilistico degli angeli affaticati dal pe-
so della tela nei loro tortuosi panneggi, sembrano più direttamente derivati dagli stucchi di Anto-
nio Raggi e Leonardo Retti sulla volta del Gesù di Roma. Del resto in questi anni si assiste ad una
rinnovata ed inedita permeabilità dell’architettura fiorentina, soprattutto di quella religiosa, al-
le novità barocche del panorama romano. Prima di Fortini è già Pier Francesco Silvani, che, for-
nendo dal 1689 il disegno ornamentale dei tondi sorretti da angeli e collocati lungo la navata del-
la Santissima Annunziata di Firenze (fra l’estradosso degli archi di ciascuna cappella e la trabea-
zione dell’ordine di paraste), cita puntualmente il motivo proposto nella ristrutturazione corto-
nesca sulle pareti della Vallicella (eseguita per gli stucchi da Ercole Ferrata e Cosimo Fancelli) 30.
Nello stesso periodo si avanzavano ambiziosi progetti di emulazione della magnificenza decora-
tiva romana anche in San Gaetano, la chiesa dei Teatini a Firenze, da subito concepita come un
edificio di grande magnificenza, anche, credo, in uno spirito di concorrenza con la non lontana
chiesa di San Giovannino dei Gesuiti, ugualmente arricchita di una fastosa decorazione di gusto
berniniano ad opera di Carlo Marcellini nei primi anni del XVIII secolo 31. Negli anni immediata-
mente seguenti alla conclusione degli stucchi del Baciccio sulla volta della chiesa del Gesù a Ro-
ma 32, si progettò, infatti, di dotare la volta di San Gaetano di un medesimo sontuoso apparato;
progetto per il quale Enzo Chini ha rintracciato due disegni alternativi in una filza di documenti
relativi alla costruzione della chiesa, di cui uno di Marcellini, recentemente studiato anche da Vi-
sonà 33. Nel nostro disegno è naturale che Fortini, che, diversamente dai suoi maestri, non aveva
potuto giovarsi dell’esperienza diretta di Roma, perda la nitidezza degli esempi romani e ripor-
ti ogni dettaglio a matrici locali del recente passato, in primo luogo ad esempi di Giovanni Bat-
tista Foggini e di Carlo Marcellini, ma anche del Volterrano. Di Marcellini, in particolare, Forti-
ni imita la composizione adottata nella volta della cappella di San Giovanni Gualberto a Vallom-
brosa, un modello che tuttavia viene e semplificato drasticamente nei giochi cromatici e privato
di ogni confusione nel rapporto tra le figure e il piano di fondo cui sono applicate. Nel disegno
di Fortini, il gioco di alternanze tra il bianco e l’oro dei partiti decorativi è infatti semplice ed or-
dinato e le figure angeliche si stagliano con effetto di grande naturalezza su campi risparmiati “a
misura” dalle modanature inquadranti i tondi laterali ed il grande scomparto della tela centrale.
Questa concezione si deve soprattutto all’influenza dei modi di Foggini, sempre estrema-
mente aggraziati ed inclini ad un ordine simmetrico nella composizione dell’ornato architetto-
nico. Si confrontino, ad esempio, per il tipo di invenzione d’insieme dell’impianto decorativo,
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i progetti per il palazzo Viviani della Robbia (1693-1695), in particolare un disegno agli Uffi-
zi 34, in cui, come nel disegno di Oxford, l’estro fogginiano si esprime in una saturazione di mi-
nuti motivi decorativi dei campi architettonici, chiaramente delimitati da semplici membrature;
una composizione su cui si impone la presenza di grandi figure quale importante momento di
accentuazione plastica delle superfici. Si confronti inoltre la composizione del disegno di Ox-
ford con quella del paliotto d’argento della Santissima Annunziata (1680) 35, o ancora il moti-
vo a conchiglia con volute nascenti utilizzato nel disegno Talman con lo stesso motivo nei pro-
getti per un “cartiglio per la sala del [gioco del] trucco” di Cosimo III (1689/1690) 36 e infine si
osservi come il cartiglio con fronde di palma del nostro disegno, uguale a mille altri di Foggini,
trovi in particolare un buon confronto con quelli per di un progetto di facciata per il cortile di
villa Corsini a Castello 37. Da Foggini è chiaramente derivata anche la tipica conformazione del-
le fronde piumose e srotolate in larghe volute – per cui un buon confronto è costituito dal dise-
gno di un pannello per la loggia Riccardi (successiva al 1685) 38 – un motivo che Fortini ripro-
porrà tarde più volte nei suoi progetti ad esempio nell’altare maggiore nella chiesa di San Fran-
cesco di Paola a Bellosguardo 39. Dal punto di vista della concezione formale, gli angeli rappre-
sentati nel disegno oxoniense fanno invece soprattutto riferimento all’insegnamento di Marcel-
lini, movimentando un tipo cortonesco con un’agitazione e di un’energia debitrice a Bernini,
che del resto è il referente per questo genere di figure anche per una personalità altrimenti di-
stante dai modi di Bernini come Foggini. Negli anni immediatamente precedenti al coinvolgi-
mento di Fortini nel cantiere di Santo Spirito, quel tipo angelico era stato diffuso in Toscana in
opere di grande rilievo come la cappella di San Giovanni Gualberto a Vallombrosa (Marcelli-
ni, 1698-1700) o nella decorazione della chiesa di Santo Spirito in Costa dei Magnoli (Foggini,
1705), ed era destinato a durare a lungo, come testimonia l’altare del Santissimo Sangue (Barat-
ta, 1726) ora nella basilica di San Frediano a Lucca; tre opere ispirate dal berniniano altare del-
la cappella Fonseca in San Lorenzo in Lucina, illustrato da De Rossi 40.
Da parte sua, Fortini aveva contribuito alla fortuna del genere con la strepitosa prova gio-
vanile nella già menzionata cappella Feroni all’Annunziata. Un confronto ideale con gli ange-
li del nostro disegno è però offerto piuttosto dagli angeli reggi ciborio della cappella della vil-
la Feroni a Bellavista, eseguiti dallo stesso Fortini nel 1699, segno della stima crescente nei con-
fronti dello scultore da parte della committenza toscana 41. In particolare, l’angelo a destra sot-
to il cartiglio con le palmette nel disegno di Oxford sembra quasi ritrarre la precedente inven-
zione scultorea, non solo nella posa, ma anche e soprattutto nell’andamento dei panneggi, con
il ricco motivo della fascia di tessuto che scopre la spalla e ricade a ghirlanda dal braccio levato.
La proposta avanzata dal disegno di Oxford, e destinata ad un cantiere così grande e impor-
tante, si sarebbe venuta ad affiancare nel panorama fiorentino alle maggiori opere che negli an-
ni precedenti avevano contribuito a fare della città un polo vitale, per quanto eccentrico, di ela-
borazione del linguaggio artistico barocco. Purtroppo, come anche in altri casi in questa deli-
cata fase della storia artistica fiorentina, agli slanci coraggiosi delle elaborazioni progettuali de-
ve essere seguita una drastica riduzione in fase realizzativa. Il soffitto della chiesa inaugurata nel
1715, infatti, è stato infine condotto in una forma molto più semplice rispetto a quella del dise-
gno qui presentato, in cui tuttavia è fatta salva l’idea dell’elemento fluttuante (in questo caso due
grandi targhe, non più la tela centrale) per intervento angelico al di sopra della decorazione. Il
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programma narrativo è stato conseguentemente molto ridotto, ma in compenso la serialità dei


cassettoni ha offerto l’occasione per espandere gli attributi allegorici del santo titolare (i cuori
fiammeggianti, i gigli intrecciati, le stelle), evidente richiamo a quelli scolpiti sui confessionali e
a quelli in marmo bianco appesi come ex voto alle pareti in pietra della facciata esterna (condot-
ta da Fortini in collaborazione con Ferdinando Ruggeri tra il 1730 e il 1736).
Fallito il progetto per San Firenze, alcuni dei motivi impiegati nel disegno di Oxford tro-
veranno una più economica realizzazione in pittura nella decorazione del Capitolo della San-
tissima Annunziata di Firenze, eseguita sotto la direzione dello stesso Fortini, dove ritorna-
no i tondi con scene narrative retti da angioletti e le larghe cartelle a cartocci, ancora memori
delle invenzioni di Buontalenti, e pure dettagli secondari assai poco diffusi in ambito fioren-
tino, quali le piccole stilizzate conchiglie di foggia cortonesca che nel disegno di Oxford fan-
no da grappa alla cornice del pannello maggiore, e nel Capitolo pendono dalle cornici delle
grandi sovrapporte.
Grazie al successo ottenuto come progettista per la chiesa di San Firenze e per il successi-
vo Capitolo dei monaci nella Santissima Annunziata 42, Fortini ottenne, in seguito alla morte di
Giovan Battista Foggini (1725), la qualifica di “Architetto della Serenissima Real Casa Medi-
cea”, titolo connesso soprattutto al proseguimento dei lavori nella cappella dei principi in San
Lorenzo e alla tutela delle residenze medicee 43 – quasi che la vicenda del non facile cantiere di
San Firenze avesse costituito il banco di prova per valutare l’idoneità di Fortini alla successio-
ne in questa carica prestigiosa.
Resta a questo punto solo da chiarire in che modo il disegno sia passato alla collezione di
William e John Talman in anni tanto prossimi a quelli di esecuzione. Certamente Talman, che
con la congregazione dell’Oratorio aveva intrattenuto stretti legami anche a Roma, forse in vir-
tù della sua amicizia con padre Sebastiano Resta (1635-1714), seguì con interesse gli sviluppi
del cantiere di San Firenze negli anni precedenti alla sua conclusione. Un interesse che sarebbe
stato certo fomentato anche dai rapporti intrattenuti con i circoli artistici ed eruditi fiorentini, e
con Foggini in particolare 44, oltre che con molti gentiluomini della corte fiorentina come Pao-
lo Falconieri (1634-1704) 45 e Lorenzo Magalotti (1637-1712) 46. Egli fu nella capitale dello sta-
to mediceo in varie occasioni dopo il 1714 e in una di queste potrebbe essere entrato facilmen-
te in possesso del foglio. Sono infatti eccezionali la varietà e l’ampiezza dei contatti che egli sep-
pe istituire allo scopo di accrescere la sua collezione; l’inventiva che egli dimostrò nella ricerca
di disegni di architettura, fino ad allora rimasti esclusi dai canali commerciali del settore (come
i fogli legati a filze archivistiche e a documenti privati), oltre all’abilità a destreggiarsi ed a con-
cludere buoni affari nell’intricato mercato dell’arte esistente in Italia. Egli entrò in contatto con
enti ecclesiastici sfruttando la sua riconosciuta religiosità e le sue simpatie cattoliche, ed ebbe
abbocchi con gli eredi di importanti personalità artistiche del passato, ad esempio Borromini,
ma riuscì ad inserirsi bene anche tra gli artisti viventi al tempo, come Giovanni Battista Foggi-
ni e Giuseppe (1634-1714) e Pier Leone Ghezzi (1674-1755). Solo grazie a questa estesa rete di
relazioni Talman poté riuscire a comporre il suo stupefacente fondo grafico di antichi disegni
di architettura, che si accompagnava a quello frutto di un’instancabile attività di rilievo di mo-
numenti antichi e moderni e di tesori ecclesiastici in numerose città italiane, condotta in prima
persona e con l’ausilio di numerosi artisti assunti allo scopo.
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È probabile che quando era ormai sicuro che il soffitto sarebbe stato condotto a termine con
un diverso disegno o a cantiere ultimato, Talman abbia fatto richiesta del foglio a Fortini o agli
stessi padri dell’Oratorio fiorentino, che avrebbero posseduto il disegno di presentazione per il
soffitto della chiesa avanzato dal loro ingegnere. I buoni legami con la corte granducale e con
quella papale, la familiarità con gli altri fattori su menzionati avrebbero costituito per il collezio-
nista inglese una buona chiave di acceso al disegno in ciascuna delle due ipotesi di provenienza.

1
  La storia materiale del Largest Album nelle sue vicende collezionistiche contemporanee è travagliata. L’album venne
battuto all’asta da Christie’s nella vendita del 13 marzo 1942 (lotto 102). Venne acquistato da Hans Coleman che successivamente
(1944) lo vendette all’Ashmolean Museum di Oxford. Cfr. K. T. Parker, Catalogue of the Collection of Drawings in the Ashmole-
an Museum: Italian School, 2 voll., Oxford 1956, II, cat. 460 e Appendix B.
2
  Le figure di William e John Talman e la loro attività di collezionisti sono stati recentemente oggetto di studi esaustivi. Cfr.
John Talman, an Early Eighteenth-Century Connoisseur, a cura di C. M. Sicca, New Haven, 2008; Viaggio nel rito, John Talman e
la costruzione di un Museo Sacro Cartaceo, a cura di A. Capitanio - C. M. Sicca, Firenze 2008. Preziose informazioni sui Talman e
la loro collezione e la trascrizione di un copialettere superstite di John Talman sono inoltre contenute in A. Griffiths - G. Parry,
‘The Annual Volume of The Walpole Society’, LIX, 1997.
3
  L’album nella sua condizione originale si presentava composto di 55 pagine non numerate, misuranti circa 25x19 polli-
ci (635x482,5 mm). Al momento dell’acquisizione da parte dell’Ashmolean Museum, le condizioni di conservazione dell’album
erano estremamente critiche e tali da considerare la conservazione dell’assetto originale pregiudizievole per la buona conserva-
zione dei singoli fogli in esso contenuti. Si ritenne dunque necessario smembrare l’album, restaurare i singoli fogli ed inserirli cia-
scuno in un cartone rigido. Cfr. A. Griffiths, The Talman Collection, Marks and Sales (based on the work of the late Hugh Macan-
drew), in Griffiths - Parry, ‘The annual...’ cit. (nota 1), pp. 185-186. La legatura originale, conservata, è in pelle di vitello marro-
ne, filettata d’oro sui bordi esterni. Al centro del piatto frontale trionfa il trigramma talmaniano, costituito dalle tre T maiuscole
intrecciate a triangolo con la testa verso l’interno (F. Lugt, Les marques de collections de dessins & d’estampes : marques estampil-
lées et écrites de collections particulières et publiques ; marques de marchands, de monteurs et d’imprimeurs ... ; avec des notices his-
toriques sur les collectionneurs, les collections, les ventes, les marchands et éditeurs, etc., Amsterdam 1956, cat. 2462), stampigliato
in profondità nello spesso corame. Le braccia sono così svasate da rendere piuttosto le tre T simili a tau o croci di Sant’Antonio.
La gloria di raggi triangolari e lineari incisi che lo circonda, ha un tono decisamente ecclesiastico e ricorda la ghiera di un ostenso-
rio eucaristico o il nimbo del trigramma di San Bernardo. Cfr. G. Parry, The John Talman Letter-Book (based on the work of the
late Hugh Macandrew), in Griffiths - Parry, ‘The annual...’ cit. (nota 1), p. 35 e C. M. Sicca, The Making and Unraveling of John
Talman’s Collection of Drawings, in Sicca, John Talman… cit. (nota 1), p. 51.
4
  Oxford, Ashmolean Museum, Print Room, Largest Album, WA1944.102.40 (foglio 40, disegno rimosso dalla serie ori-
ginale); 189x433mm; penna, inchiostro marrone ed acquerello marrone su gessetto nero e linee incise con stilo. Sul verso uno dei
caratteristici marchi di Talman (riprodotto in Griffiths, The Talman Collection… cit. [nota 3], p. 223, cat. 72). Filigrana: C. M.
Briquet, Les filigranes, dictionnaire historique des marques du papier dès leur apparition vers 1282 jusqu’en 1600, Leipzig 1923,
2, n. 5931. Cfr. M. Toca, Sui disegni di Baldassarre Peruzzi per la Chiesa di San Domenico a Siena, in ‘Bollettino degli Ingegneri’,
1971, 7, pp. 1-9; M. Festa Milone, Fra sperimentalismo ed utopia: il progetto di Baldassarre Peruzzi per il San Domenico di Siena,
in ‘Storia architettura’, 1979, 3, pp. 51-74; F. P. Fiore, Baldassarre Peruzzi a Siena, in Baldassarre Peruzzi (1481-1536), a cura di C.
L. Frommel, Venezia 2005, pp. 83-94.
5
  Oxford, Ashmolean Museum, Print Room, Largest Album, WA1944.102.19 (foglio 19); 240x182 mm; penna e inchio-
stro grigio con pallida acquerellatura grigio-azzurra e tocchi grigio-violetti su costruzione di linee incise con stilo. Sul verso uno
dei caratteristici marchi apposti da John Talman, riprodotto in Griffiths, The Talman Collection… cit. (nota 3), p. 215, cat. 45.
Cfr. H. Hibbard , Carlo Maderno, edizione a cura di A. Scotti Tosini, Milano 2001, traduzione di H. Hibbard, Carlo Maderno and
Roman architecture: 1580-1630, London 1971, p. 164; E. Kieven, Von Bernini bis Piranesi: römische Architekturzeichnungen des
Barock, Stuttgart 1993, p. 48; E. Kieven, Models of perfection, in Sicca, John Talman… cit. (nota 1), pp. 189-209, speciatim 191.
6
  Oxford, Ashmolean Museum, Print Room, Largest Album, WA1944.102.1 (foglio 1); 528x214 mm; penna ed inchiostro
nero con uso di stilo, riga e compasso su tracce di lapis, acquerello grigio, bruno e giallo oro. Le lumeggiature bianche delle cor-
nici dorate sono eseguite a risparmio del colore naturale della carta. Sul verso è uno dei caratteristici marchi apposti da John Tal-
man ai disegni della sua collezione (riprodotto in Griffiths, The Talman Collection… cit. [nota 3], p. 215, cat. 44).
GIOVACCHINO FORTINI 219

7
  Questa attribuzione è fornita anche in Griffiths, The Talman Collection… cit. (nota 3), p. 215, cat. 44 (2).
8
  Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, 11313 S (Collezione Santarelli); Cfr. S. Bellesi, Fortini, Giovacchino,
in Allegemeines Künstler-Llexicon. Die bildenden Künstler aller Zeiten und Völker, XLII, München-Leipzig, XLII, pp. 500-502,
speciatim 501 e Bellesi - Visonà, Giovacchino Fortini, scultura architettura decorazione e committenza al tempo degli ultimi Medi-
ci, II, p. 247, cat. 124.
9
  Firenze, Archivio di stato, Congregazione religiose soppresse dal governo francese, 119, f. 1273, c. 60. Cfr. B. L. Brown,
A Drawing and a Payment for a Silver Missal Cover, in ‘The Burlington Magazine’, 123, 1981, 934, pp. 29-31.
10
  Per i vari progetti elaborati in vista del rinnovamento del complesso oratoriano di San Firenze tra XVII e XVIII seco-
lo, cfr. A. Cistellini, San Firenze dopo tre secoli e un alluvione, Firenze 1969; C. Cresti, Nuove chiese e nuovi palazzi, in C. Cresti,
L’Architettura del Seicento a Firenze, Firenze 1990, pp. 179-229, speciatim 179-187.
11
  Cresti, Nuove chiese e nuovi palazzi, in C. Cresti, L’architettura del Seicento a Firenze, Firenze 1990, pp. 179-229, spe-
ciatim 182.
12
  Bellesi - Visonà, Giovacchino Fortini... cit. (nota 8).
13
  Firenze, Archivio di stato, Congregazione religiose soppresse dal governo francese, 136, 62, cc. 128 v., 131 r. e 245s.-d.
e Firenze, Archivio di stato, Congregazione religiose soppresse dal governo francese, 136, 64, c. 129 s.-d., cit. in Bellesi - Visonà,
Giovacchino Fortini… cit. (nota 8), I, pp. 153, 161, nota 2.
14
  C. Cresti, Un barocco “da camera”, in Cresti, L’Architettura… cit. (nota 8), p. 258 e Bellesi - Visonà, Giovacchino Forti-
ni… cit. (nota 10), II, pp. 35-37, cat. 1. Gli angeli della cappella Feroni all’Annunziata costituiscono un felice confronto con quel-
li del nostro disegno.
15
  In quegli anni Fortini era ancora giovane, ed è dunque plausibile che in quella occasione il magnetismo della for-
te personalità artistica di Foggini, forse più congeniale a Fortini di quella del suo maestro Marcellini, si sia esercitato su di
lui con la massima intensità.
16
  Per un esame delle proposte formulate da Pietro da Cortona e da Pier Francesco Silvani per la chiesa della Congrega-
zione dei padri dell’Oratorio di San Filippo Neri a Firenze cfr. C. Cresti, Tra involuzione manieristica e l’irrealizzato progetto di
Pietro da Cortona per la chiesa dei Filippini, in Cresti, L’Architettura… cit. (nota 11), pp. 118-176 e Cresti, Nuove chiese… cit.
(nota 11), pp. 179-185.
17
  Qui occorre fare una precisazione relativa all’inserimento dei due stemmi a sormontati da insegne cardinalizie alle estre-
mità del disegno di soffitto di Oxford. Questi potrebbero sembrare incongrui all’interno dell’edificio fiorentino, dal momento
che, al tempo in cui Fortini si occupò del cantiere, nessun cardinale era impegnato nel finanziamento dei lavori. Si devono tuttavia
considerare attentamente le vicende passate del cantiere, specialmente quelle relative alla circostanza della sua fondazione. Giu-
seppe Richa riporta infatti che “nel 1645, ai 26 di Maggio si fece la funzione di gettarvi la prima pietra, e fu una solennità delle
più belle, che si ricordi Firenze, veggendosi rappresentata in un gran quadro vicino alla sagrestia, dipinto dal Mariani, che vi co-
lorì la piazza ridotta ad un vaghissimo Teatro, veggendosi da una banda in maestoso palco con la sua real Corte Ferdinando II ed
il Cardinale Carlo de’ Medici, e in mezzo un altare, dove l’Arcivescovo Pietro Niccoli benedisce le prime pietre, le quali furono
gettate ne i fondamenti, e con esse molte medaglie di argento, e di bronzo, da una parte delle quali eravi l’impronta di S. Filippo,
e dall’alaltra l’iscrizione quì apresso. D. O. M. Primariam hanc Petram Petri Niccolini Arch. Flor. benedictio Sacravit, Ferdinandi
II. M. Ducis Etr. pietas ad Templum in honorem Sancti Philippi Meri construendum posuit VI.Kal.Iun.An.D.MDCXLV.VIII. E
quì fa d’uopo di notare un avvertimento vantaggiosisimo alla Congregazione di S. Filippo, e fu, che nel 1648. in via de’ Buonsanti
avvenne la morte di Giuliano del Senatore Giuliano Serragli, il quale per suo testamento lasciò erede la Congregazione de’ Filip-
pini”. G. Richa, Notizie istoriche delle chiese fiorentine divise ne’suoi quartieri, 10 voll., Firenze 1759, II, p. 258. La nuova fabbri-
ca sorse dunque inizialmente sotto gli auspici della casa dei Medici, come testimonia anche Baldinucci (F. Baldinucci, Notizie de’
Professori del Disegno da Cimabue in qua, Firenze 1728, p. 561), quasi certamente per volontà del cardinale Giovan Carlo, che nel
1649 promuoverà anche la ricostruzione della grande chiesa dei Santi Michele e Gaetano. Il lascito di Giuliano Serragli data solo
a quattro anni dopo la fondazione della nuova chiesa, e sebbene dal punto di vista del contributo alla prosecuzione dei lavori es-
so sia stato decisivo, non è improbabile che nei primi anni del XVIII secolo si pensasse ancora di ricordare la figura del cardinale
di casa Medici con l’apposizione della sua arma, come era del resto avvenuto nei Santi Michele e Gaetano, dove l’arma di Giovan
Carlo si stagliava al centro della volta della crociera.
18
  L’aspetto dell’aula della chiesa di San Filippo Neri nella fase precedente l’intervento di Fortini è testimoniato da una
stampa di Theodor Verkruys del 1694, raffigurante il catafalco di Filippo Franci erettovi nello stesso anno da Carlo Marcellini.
Cfr. M. Visonà, Carlo Marcellini Accademico “Spiantato”, Firenze 1990, fig. 35.
19
  I progetti per la chiesa di Pietro da Cortona si caratterizzavano proprio per il ricorso ad una scansione delle navate con
grandi coppie di colonne corinzie scanalate in pietra serena.
220 Giovanni Santucci

20
  Bellesi - Visonà, Giovacchino Fortini… cit. (nota 8), II, pp. 151-154, catt. 68, 69.
21
  Ivi, II, p. 153. Tra le finestre del cleristorio sono piccole paraste scanalate allineate con quelle della parte inferiore dell’au-
la. Esse presentano oggi capitelli compositi, diversamente dal disegno di Oxford dove essi risultano ionici. La disposizione e la
proporzione delle paraste in relazione al profilo del soffitto combacia in ogni caso nel disegno con quella delle paraste visibili nel-
la fabbrica attuale
22
  Anche Foggini doveva essersi spinto assai oltre nelle modifiche ai progetti lasciati da Silvani, come testimoniano i paga-
menti che i padri oratoriani gli riconobbero per “modelli” della fabbrica. Cfr. Firenze, Archivio di stato, Congregazione religiose
soppresse dal governo francese, 136, 62, c. 254s. Questo testimonia una grande fluidità nella definizione delle scelte decorative del
cantiere ancora in anni assai prossimi a quelli dell’assunzione dell’incarico di progettista e direttore dei lavori da parte di Fortini.
23
  Gli ultimi Medici: il tardo barocco a Firenze, 1670-1743, catalogo della mostra di Detroit-Firenze, a cura di S. Ros-
sen, Firenze 1974, pp. 314-315, cat. 185.
24
  I disegni della Biblioteca Riccardiana di Firenze, a cura di Marco Chiarini, Firenze 1999, pp. 75-76, cat. 42.
25
  Come detto, queste composizioni devono essere state precisate con maggior dettaglio su pezzi di carta sagomati a mi-
sura e incollati al centro dei due spazi circolari visibili sul disegno di Oxford con cera rossastra, di cui restano evidenti tracce. Se
la definizione a grafite del pannello sinistro oggi osservabile è troppo vaga per consentire di riconoscere il soggetto trattato, per
il pannello di destra è forse possibile avanzare una proposta. La figura inginocchiata potrebbe essere quella di San Filippo inten-
to ad adorare la Madonna della Vallicella assisa in trono, secondo un’iconografia già ben consolidata. L’episodio dell’apparizione
della Madonna a San Filippo Neri è centrale nella sua vicenda agiografica. Nel contesto della chiesa fiorentina esso verrà infine ce-
lebrato nel secondo altare di sinistra, con una tela affidata a Anton Domenico Gabbiani ed eseguita nel 1724.
26
  L. Monaci Moran - S. Meloni Trkulja, Cappella Corsini in Santa Maria del Carmine, in Cappelle barocche a Firenze, a
cura di M. Gregori, Firenze 1990.
27
  E. Chini, La chiesa e il convento dei Santi Michele e Gaetano a Firenze, Firenze 1984, p. 54.
28
  Le sovrapporte e le cornici dei confessionali, ad esempio, sono intagliate con emblemi allusivi alle qualità morali o ai doni
spirituali del santo (i cuori fiammeggianti, i gigli ecc.). A queste alludono anche le statue allegoriche dell’altare e della facciata esterna.
29
  L. Monarca Nardini - M. V. Malvano (a cura di), traduzione di R. Wittkower, Art and Architecture in Italy: 1600-1750,
Harmondsworth 1958 (III edizione, 1971), pp. 211-212 e C. Barbieri - S. Barchiesi - D. Ferrara, Santa Maria in Vallicella, Chie-
sa Nuova, Roma 1995, pp. 102-104.
30
  Richa, Notizie istoriche… cit. (nota 17), VIII, p. 31.
31
  Visonà, Carlo Marcellini Accademico “Spiantato”, Firenze 1990, p. 115.
32
  Gli affreschi sono di Antonio Gaulli detto il Baciccio, gli stucchi sono di Antonio Raggi e Leonardo Retti. A loro si de-
vono anche le grandi figure di stucco bianco, cui si richiamano quelle del nostro disegno.
33
  Firenze, Archivio di stato, Congregazione religiose soppresse dal governo francese, 119, f. 1959. Studio per la decora-
zione a stucco della volta della navata. Un esuberante dispiego di elementi architettonici, figure allegoriche ed angeli in bianco e
oro si raccoglie attorno alla cornice di un pannello centrale mistilineo, di spiccata caratterizzazione cortonesca, verosimilmente di-
pinto illusionisticamente. È stato attribuito da Chini a Carlo Marcellini, autore degli stucchi della sagrestia, sulla base di un con-
fronto stilistico e di una segnatura non autografa sul foglio stesso. Cfr. Chini, La chiesa e il convento… cit. (nota 2), p. 186, nota
228, figg. 215-216 e Visonà, Carlo Marcellini… cit. (nota 15), pp. 102-104, fig. 85.
34
  Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, 3840 A. Cfr. L. Monaci, Disegni di Giovan Battista Foggini: 1652 -
1725, Firenze 1977, pp. 62-63, tav. 42.
35
  Firenze, Archivio di stato, Congregazione religiose soppresse dal governo francese, 119, f. 1273, c.44. Cfr. Monaci, Di-
segni… cit. (nota 34), pp. 49-50, tav. 16; pp. 39-40, tav. 18.
36
  Firenze, Archivio di stato, Mediceo del Principato, 1533, sez. Foggini, Lettera del 25 febbraio 1689/90; K. Lankheit,
Florentinische Barockplastik: die Kunst am Hofe der letzten Medici, 1670-1743, München 1962, doc. 689; M. Chiarini, The decora-
tion of Palazzo Pitti in the Seventeenth and Eighteenth Centuries, in ‘Apollo’, 106, 1977, pp. 178-189, speciatim 189, nota 40; Mo-
naci, Disegni… cit. (nota 34), pp. 46-47, tav. 22.
37
  Firenze, Biblioteca Riccardiana, n. 11. Cfr. Monaci, Disegni… cit. (nota 34), pp. 68-69, tav. 50 (come progetto per la fac-
ciata di Sant’Jacopo Sopr’Arno), con cui il confronto è interessante anche per l’uso dell’acquerello.
38
  Firenze, Biblioteca Riccardiana, n. 234. Cfr. Monaci, Disegni… cit. (nota 34), pp. 61-62, tav. 40.
39
  Bellesi - Visonà, Giovacchino Fortini… cit. (nota 8), II, cat. 123, p. 245-46 e Bellesi, Fortini, Giovacchino, cit. (nota
8), p. 501.
40
  Giovan Giacomo De Rossi, Disegni di vari Altari e Cappelle nelle Chiese di Roma, Roma 1690, tav. 49.
41
  Bellesi - Visonà, Giovacchino Fortini… cit. (nota 8), II, pp. 64-65, cat. 17.
GIOVACCHINO FORTINI 221

42
  Quella del capitolo era una grande aula gotica con volta a crociera costolonata di impronta orcagnesca. Soggetta al pa-
tronato della famiglia Macinghi e dedicata ai sette Beati fondatori dell’ordine dei servi di Maria, la nuova struttura, inaugurata uf-
ficialmente il 21 settembre 1722, costituì uno dei migliori risultati della quadratura illusionistica nella toscana Medicea. L’intera
ideazione è stata definita da Fortini ed eseguita, per i partiti pittorici, dal fratello di Giovacchino: Benedetto; cfr. Bellesi - Visonà,
Giovacchino Fortini… cit. (nota 8), I, p. 211.
43
  Ivi, p. 213.
44
  Nel 1713, John Talman venne coinvolto in qualità di agente nel progetto di erigere un grande monumento alla Regina
Anna di fronte alla chiesa londinese di St. Mary Le Strand, promosso dalla “Comnmission for Building Fifty New Churches”. Tal-
man venne incaricato dalla Commission di trovare un artista che eseguisse il monumento in Italia ed egli indicò in Foggini il can-
didato ideale. La vicenda, che purtroppo non volse ad un esito felice, è stata oggetto di approfondita indagine in F. Freddolini,
John Talman in Florence, in Sicca, John Talman… cit. (nota 1), pp. 127-157.
45
  Falconieri, singolare figura di gentiluomo dilettante di architettura, impegnato in grandi progetti destinati tanto alla cor-
te fiorentina che a importanti cantieri privati e reali inglesi del tempo, era a sua volta collezionista di disegni di architettura (Sicca,
The Making… cit. [nota 3], p. 28, dove si fornisce un’indicazione degli autori ospitati nella collezione di Paolo Falconieri) e aveva
una lunga pratica del mercato di disegni in Italia, avendo lavorato in qualità di agente per accrescere la collezione grafica del car-
dinale Leopoldo de’ Medici. Cfr. E. L. Goldberg, Patterns in Late Medici Art Patronage, Princeton, New Jersey, 1983 e M. Benci-
venni, Paolo Falconieri, in Dizionario Biografico degli Italiani, XLVIII, Roma 1994, pp. 388-390.
46
  Per i rapporti tra Magalotti e Talman cfr. Sicca, The Making… cit. (nota 3), pp. 40-41.

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