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1. La corazzata Potemkin (Bronenosec Potemkin, Sergej M.

Ejzenstejn, 1925)
La Corazzata Potëmkin è l’attuazione delle sue teorie del montaggio delle attrazioni,
il film tratta di un cine-poema che canta di una tragedia dell’umanità, lo sfruttamento
e la ribellione, unisce in modo unico la narrazione alla poesia.
Non vi è un protagonista unico, ma è la folla che assume il ruolo di personaggio
principale.
Le scene più drammatiche vengono enfatizzate tramite il montaggio con la ripetizione
della stessa inquadratura, la donna che cade dalla scalinata ci viene mostrata cadere
due volte. Il regista non porta mai a termine una scena, accumula una violenza con
l’altra senza lasciare mai allo spettatore il tempo per capire, arriva allo scontro tra le
inquadrature oltre a quello tra le persone.
Il montaggio alternato viene intervallato dal montaggio intellettuale, come nella scena
in cui vengono riprese delle statue raffiguranti dei leoni, simbolo del popolo che deve
risvegliarsi.

2. Il gabinetto del dottor Caligari (Das Cabinet des Dr.


Caligari, Robert Wiene, 1919)

Dipingendo le luci e le ombre direttamente sulla scena e scegliendo un’atmosfera


molto tetra riesce a scatenare in noi il sentimento del perturbante, ovvero uno stato
di confine tra ciò che ci appare familiare e non. Caligari rappresenta stati che non
sono a noi familiari, quindi l’ipnotismo e il sonnambulismo. La trama è ispirata ad un
fatto veramente accaduto allo sceneggiatore, Janowitz.
Il delirio viene espresso tramite le inquadrature, gli alberi disegnati sullo sfondo, i
lampioni storti, tutto è falso.
Girato a lunghe inquadrature fisse il film è un incubo a due dimensioni, questa
caratteristica è centrale in tutto il cinema espressionista insieme alla chiusura
dell’inquadratura su sé stessa.

3. Quarto potere (Citizen Kane, Orson Welles, 1941)


Durante tutto il film un giornalista cerca disperatamente di scoprire il significato delle
ultime parole di Kane: “Rosebud”, è un simbolo che rappresenta la frustrazione del
desiderio di sapere.
La conclusione del film è emblematica, la macchina da presa compie un lunghissimo
dolly al termine del quale si scopre una slitta appartenuta al protagonista da bambino
con scritto Rosebud, quello che Welles intendeva era una profonda nostalgia
dell’infanzia, una mancanza che è alla base della sua vita. Nel film sono presenti molte
innovazioni stilistiche, come la narrazione della storia da diversi punti di vista, il long
take e l’uso del piano sequenza, si registra tutto l’episodio, l’inquadratura quindi si
protrae per tutta la scena senza interruzioni.
Le sue inquadrature sfidano le convenzioni, il punto di vista era quello dell’occhio
umano e compie volutamente degli errori, come riprendere un soffitto durante una
scena.
Questo film è una sorta di spartitura fra il cinema classico e il cinema moderno.
È il primo film nel quale la figura del protagonista viene demolita e ridotta a fantasma.
Anche il tempo cessa di scorrere in maniera lineare, si procede sempre avanti e
indietro seguendo i 5 narratori, non esiste più niente di oggettivo, tutto diventa
arbitrario, la cinepresa diventa una sorta di protagonista, un’incarnazione che sarà alla
base del cinema moderno, si parla di cinema dello sguardo e non più cinema
dell’azione.
Gli altri suoi film sono stati realizzati con un budget più limitato ma innovazioni
stilistiche ancora più ardite come la profondità di campo sonora, che rende addirittura
alcune scene difficili da comprendere. Dopo poco però venne abbandonato dall’RKO,
perché ritenuto troppo radicale e pericoloso per il cinema americano.

4. Il deserto rosso (Michelangelo Antonioni, 1964)

Con il Deserto Rosso (1964) il regista ci mostra il nuovo mondo industriale e


inventato dall’uomo, è il primo film di Antonioni a colori.
Adesso il colore acquista una funzione sociale mai vista, attraverso di esso un film può
riflettere la società.
Secondo Antonioni però il colore nel film non doveva riflettere quello nella realtà, ma
distaccarsi dalla visione naturale per esprimere un concetto più forte nella nostra
mente. Riprende i lavori di Matisse.
Si inizia con lui ad usare il colore come dispositivo sociale (un ambiente di lavoro avrà
un certo colore, quello domestico un altro) diventava un’esperienza soggettiva.
La protagonista, Giuliana, è un personaggio nevrotico incapace di vivere nel mondo
moderno e incapace di adattarsi al processo evolutivo, Antonioni accosta a lei il colore
viola.
Antonioni è grande per aver contribuito alla nascita del cinema moderno

5. 2001 odissea nello spazio (2001: A Space Odyssey,


Stanley Kubrick, 1968)
2001 Odissea nello spazio rappresenta un manifesto per un nuovo modo di
guardare e un nuovo tipo di spettatore, che trova la sua identità nell’atto di guardare,
il film nasce da un giornalino.
Rappresenta una continuazione tra il film di genere e il cinema moderno, è un
tentativo di far convergere le due categorie.
La storia che ci racconta il film non è solo una missione di fantascienza, ma apre un
orizzonte temporale molto più ampio, in quanto parte dagli ominidi.
Lo spettatore però è anche guardato, nei dialoghi tra Hal 9000 e David assistiamo a
una serie di raccordi di 180°, Kubrick fa in modo che entrambi guardino verso la
cinepresa, quindi verso lo spettatore. Questo è un film basato su una lunga serie di
manovre dell’astronave; durante queste inquadrature non succede niente, la riduzione
al minimo della narrazione colloca questo film nell’età moderna, quello che Kubrick
voleva mostrare era il fatto che in una missione spaziale non accade niente di eroico,
in quanto nello spazio non succede niente. Nelle scene all’interno dell’astronave si
vedono i personaggi compiere le attività quotidiane.
La grandezza del film sta anche negli effetti speciali, ne viene usato un numero
molto alto, ma sono stati prodotti analogicamente in studio, in quanto ancora non era
possibile farli in digitale.
Il monolito usato nel film allude con la sua forma alla capacità di produrre un pensiero
astratto.
Il film è diviso in 4 parti: la prima è nella preistoria, nel corso della sequenza vengono
introdotti vari cambiamenti, come la scoperta di poter usare un osso come un’arma.
Kubrick individua il primo salto di qualità con un montaggio concettuale, esegue un
raccordo tra l’osso che rotea in aria e un’astronave. Si tratta del raccordo temporale
più lungo della storia del cinema.
L’evoluzione avviene con il contatto con il Monolito, nella seconda parte gli trovano
sulla luna il Monolito, con il contatto avviene un altro salto di qualità e si passa
dall’intelligenza umana a quella artificiale incarnata da Hal 9000, con un altro salto
cognitivo si entra nella ultima parte del film, assistiamo ad una successione di luci e
colori simili alle esperienze allucinatorie e psichedeliche, una sorta di viaggio oltre le 3
dimensioni, l’inquadratura si ritrova in una stanza con arredi settecenteschi, il
protagonista si trova nel letto di morte e ricompare il Monolito, la scena termina
sull’immagine di una pupilla dilatata e con la comparsa dello star child, che punta i
suoi occhi verso di noi, rimette allo spettatore la sfida di questo percorso invitandoci a
riflettere sul concetto: io guardo dunque io sono.
I vari salti di qualità simboleggiano la visione dell’evoluzione di Kubrick, il regista vede
nel progresso ella società una evoluzione verso la violenza.

6. The Matrix (Andy and Larry Wachowski, 1999)


Con Matrix dei fratelli Wachowski (1999) il rapporto fra il cinema moderno e
postmoderno diventa evidente nell’inversione del rapporto fra immagine e senso, in
questi autori il cinema serve solo a mostrare immagini, non c’è nessuna realtà al di
fuori di esse.
Inizialmente venne girato in pellicola, ma poi convertito in digitale per poter
aggiungere degli effetti speciali, vengono usate delle tecniche nuove per quel tempo,
come il bullet time.
La logica delle attrazioni riprende il sopravvento, gli effetti speciali dominano la scena,
la narrazione ormai è interamente subordinata alle attrazioni.
Sparisce il concetto di sguardo, la distinzione fra soggettivo e oggettivo non ha più
senso, il concetto di inquadratura viene eliminato, il fuori campo diventa inutile.

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