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ISTITUTO SUPERIORE DI STUDI MUSICALI

“GAETANO DONIZETTI”

Corso Accademico di I livello – Flauto

Giorgio Bani

Matr. 385

A.A. 2020/2021

Docente: Alessandro Taverna

W.A.Mozart : Requiem in re minore per soli, coro ed orchestra, K 626


Testo da 8000 caratteri circa

Introduzione

Wolfgang Amadeus Mozart, nel dicembre del 1790, partecipò al ricevimento di commiato di Franz
Joseph Haydn e nell’occasione l’impresario Solomon gli propose un viaggio da effettuare al termine
dell’impegno di Haydn in Inghilterra. Ma quel progetto non potrà avere un seguito: il nuovo anno, il
1791, sarà per Wolfgang l’ultimo di vita, denso di lavoro, sofferenze e preoccupazioni. Scriverà in
proposito il biografo Albert: “L’impeto creativo ebbe il sopravvento, esplodendo, dopo la pausa del
1790, proprio negli ultimi mesi di vita con rinnovata, imprevedibile energia, quasi si trattasse di
mettere al sicuro il più possibile della rigogliosa messe, prima del calar delle tenebre”. Nei primi tre
mesi dell’anno compose, per citarne alcuni, il Concerto per pianoforte e orchestra K 595, 12 serie di
Danze tedesche, Minuetti, Contraddanze. In giugno l’Ave verum corpus k 618; in settembre l’ultima
sua opera seria, La clemenza di Tito e un Singspiel, Zauberflote; in ottobre il Concerto per
clarinetto e orchestra K 622. Nel mese di luglio si era presentato a Mozart uno strano personaggio
che gli aveva commissionato una Messa da requiem. Il musicista aveva accettato, cominciando
subito la composizione del Requiem, per il quale era stato pattuito un sostanzioso compenso, di cui
egli ne aveva bisogno per finanziare le sue corpose uscite. Lo strano modo in cui gli fu
commissionato in Requiem impressionò profondamente il musicista già ammalato e acuì tutti i
presentimenti di morte, fino al punto da assumere l’aspetto di un’ossessionante idea: per Mozart lo
sconosciuto era un inviato dell’al di là che gli ordinava di scrivere la sua stessa Messa da Requiem.
Solo dopo la morte di Mozart emergerà che lo strano personaggio agiva su incarico di tale Franz
von Walsegg zu Stuppach, vedovo da qualche mese, il quale intendeva onorare la memoria della
moglie con una messa da requiem che il musicista dilettante von Walsegg avrebbe poi spacciato
come propria composizione.
Quest’opera è diventata uno dei maggiori veicoli della fama di Mozart subito dopo la sua morte,
anche grazie all’ottimo lavoro di propaganda della moglie Constanze. Negli ultimi anni del
Settecento ebbe innumerevoli esecuzioni in varie città e fu scelto spesso per commemorare la morte
di personalità più o meno importanti. In questa composizione sacra il romanticismo ritrovò subito il
suo clima e il Requiem, che alimentava l'aneddotica, anch'essa tutta romantica, morte tragica e della
sua colonna sonora, è divenuta fino ai nostri tempi una delle creazioni più famose ed eseguite di
Mozart. L'opera fu completata da Franz Xaver Süssmayr, allievo del compositore e amico di
famiglia, con l'aiuto di altri e su commissione di Constanze, che consegnò all'incaricato del conte,
circa due mesi dopo la morte del marito, la partitura, spacciandola per autentica. Mozart invece
aveva completato solo i primi due pezzi (Introitus, Kyrie e parte del Dies irae) e aveva lasciato
appunti, più o meno nutriti fino all'Hostias, con i quali sviluppare le parti seguenti.
Mozart compose quasi tutta la propria musica sacra per i servizi liturgici della corte arcivescovile di
Salisburgo. Le tredici messe nate a Salisburgo non furono pensate dall’autore seguendo la traccia
dettata dalla propria fantasia, ma nel rispetto dei precisi canoni imposti dal gusto corrente
dell’epoca, dalla tradizione locale e dalle predilezioni dell’arcivescovo in carica. Da quando si
trasferì a Vienna, nel 1781, i lavori sacri furono solo due: la Messa in do minore e il Requiem,
entrambi di imponenti dimensioni e influenzate dal severo stile contrappuntistico di Bach e Händel,
con le cui composizioni Mozart era venuto a contatto dal 1782.
Struttura

Il Requiem è una composizione su testo latino costituita da un insieme di brani finalizzati a


celebrare la memoria di un defunto. Il Requiem di Mozart principia con un Introitus, formato
dall’invocazione all’eterno riposo contenuta nel Requiem aeternam e seguito dall’invocazione al
Cristo salvatore nel Kyrie eleison. Già da questo momento iniziale la musica di veste di un carattere
solenne e liturgico creando un’atmosfera livida e desolata, attribuibile in parte alla strumentazione,
dove gli unici legni sono i corni di bassetto e fagotti che si oppongono ai pizzicati degli archi.
L’intervento del solista acquista il valore di una solitaria invocazione che sposta poeticamente
l’attenzione dalla massa al singolo. Segue il fugato del Kyrie, nel quale la geometria del
contrappunto viene utilizzata per miniare l’imperscrutabilità del disegno divino. E’ autografo per le
parti corali, mentre i raddoppi strumentali sono stati realizzati da Freystädler. In seguito Süssmayer
aggiunse le parti delle trombe e timpani.
La sequenza di divide in sei sezioni, tra loro plasticamente contrapposte in quanto a scelte di
organico e contenuto espressivo. Le prime cinque sezioni sono state composte da Mozart in forma
abbreviata, ovvero con le parri corali e solistiche complete, la linea del basso e alcune indicazioni
d’orchestrazione, che viene completata in un primo momento da Joseph Eybler, quindi realizzata da
Süssmayer sulla base del completamento di Eybler. Quanto alla sesta sezione, “Lacrimosa”, Mozart
ne scrisse solamente le prime otto battute; il rimanente venne completato da Süssmayer.
La prima sequenza, il Dies irae, interamente corale, è di impatto massiccio, drammatico, ricco di
effetti figurati (“tremor”). Il Tuba mirum vede alternarsi i quattro solisti che si uniscono solo al
termine, ma l’effetto folgorante è quello iniziale del trombone solista che dialoga con il basso e
interpreta il risveglio dei morti. Il Rex tremendae majestatis riporta nettamente l’impronta di
Händel, nell’alternanza dei ritmi puntati degli archi e della massa corale, i quali evocano la dignità e
la tragica solennità del momento. Il Recordare, nuovamente affidato ai solisti e costruito secondo lo
schema ABA’CA’’, è innervato da imitazioni di caratter arcaico, cui conferiscono fascino peculiare
le scelte timbriche. Il Confutatis contrappone coro maschile e femminile, e con l’ostinato degli archi
crea un clima terrifico, che rimanda alle immagini dei dannati e dei redenti. Le otto battute superstiti
del Lacrimosa si interrompono al vertice del crescendo: la conclusione funzionale di Süssmayer non
compromette l’incanto sofferto della pagina
L’offertorium si articola, come di consueto, in due parti, entrambe concluse dalla fuga “Quam olim
Abrahae”. Il Domine Jesu Christe ha una condotta corale incalzante e agitata, di derivazione
mottettistica; l’episodio “Sed signifer sanctus Michael” passa ai solisti, e scivola direttamente nella
fuga; nettamente contrastante lo squarcio sereno dell’Hostias, dove la scrittura corale omofonica è
accompagnata dal fraseggio in sincopi degli archi. La situazione è la medesima dei primi sei numeri
del Dies irae. Il completamento è stato iniziato dall’abate Maximilian Stadler e portato a termine da
Süssmayer.
Da questo punto in poi Mozart non compose i prossimi numeri musicali, che vennero scritti da
Süssmayer. L’incedere solenne e corale del Sanctus è nel solco della tradizione, la fuga
dell’“Hosanna” scolastica e sommaria. Il Benedictus, affidato ai solisti e perciò intimistico, è
singolarmente esteso e rifinito; un’analisi dei materiali melodici di base di queste sezioni, nonché
l’”Hosanna” che chiude il Sanctus e il Benedictus, mostra delle corrispondenze che suggeriscono
come Süssmayer avesse a disposizione alcuni appunti che non ci sono pervenuti.
L’Agnus Dei di basa sul contrasto fra la triplice invocazione e la supplica “dona nobis pacem”.
Quanto alla Communio, Süssmayer si limitò a riprendere la musica dell’Introitus e Kyrie; una
soluzione che può apparire semplicistica, ma che si presume risalga alla volontà dello stesso
Mozart, orientato anche in altri lavori religiosi a rispettare quella logica circolare, intesa a ribadire i
principi eterni. In ogni modo, il Requiem, sorprendentemente, risulta all’ascolto un’opera unitaria
nella fattura come nell’ispirazione.

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