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L’IMPRENDITORE

L’art. 2082 afferma che è imprenditore colui che esercita professionalmente un’attività
economica al fine dello scambio di beni o servizi.

La qualifica di imprenditore si acquista nel momento in cui si esercita professionalmente


l’attività di impresa (attività economica condotta con metodo economico finalizzata alla
produzione e allo scambio di beni e servizi, è un complesso di interdipendenze tra beni e
persone che operano scambiando con l’esterno conoscenza e produzione) di natura
economica e non agricola (imprenditore commerciale).

Diventa imprenditore colui che esercita personalmente l’attività d’impresa compiendo in


proprio nome gli atti relativi. L’esercizio di attività di impresa dà luogo ad un fenomeno
analogo a quello determinato dal mandato senza rappresentanza. È imprenditore chi
esercita la propria attività spendendone il proprio nome, attraverso rappresentanti, volontari
o legali. Secondo l’art. 1705 rispetto ad altro soggetto il reale interessato, anch’egli persona
fisica o giuridica, che somministra al primo i mezzi finanziari, dirige in fatto un’impresa e fa
suoi tutti i guadagni: dunque il dominus dell’impresa.

È imprenditore chi agisce servendosi di prestanomi, cosiddette teste di legno, i cui proventi
dell’attività economica sono di suo esclusivo appannaggio. È imprenditore inoltre chi gestisce
i servizi di impresa con metodo economico se: ispirato da un fine pubblico o ideale, le
condizioni di mercato non consentono di remunerare i fattori produttivi.

È imprenditore occulto chi non agisce direttamente nella propria attività, ma tramite un
prestanome. In tal modo riesce a compiere l’attività d’impresa pur non apparendo come
colui che la esercita. Questa figura permette di associare l’imprenditore occulto al
fallimento, in quanto obbligato in solido col prestanome, pur non avendone i requisiti
formali. La teoria dell’imprenditore occulto porta a sanzionare con la responsabilità
personale e dunque il fallimento personale, anche il dominus, quindi ogni forma di dominio
occulto o palese dell’altrui impresa. Secondo l’art. 147 doveva essere applicato anche
all’ipotesi in cui i soci abbiano occultato ai terzi l’esistenza della società di persone, sicché
quest’ultimi hanno creduto di avere a che fare con un imprenditore individuale.

Non si è imprenditori quando l’attività produttiva si fonda esclusivamente sul lavoro


personale del soggetto. Non è imprenditore chi produce beni e servizi che vengono erogati
gratuitamente o a prezzo politico. Non è imprenditore infine, chi: compie un’isolata
operazione di acquisto e di successiva rivendita di merci, organizza un singolo servizio di
trasporto o un singolo spettacolo sportivo.

È imprenditore commerciale colui che non rientra nella categoria di imprenditore artigiano o
agricolo. Sono imprese commerciali quelle le cui attività sono dirette all’attività industriale
diretta alla produzione di beni e servizi, al trasporto per terra mare e aria,
all’intermediazione della circolazione dei beni, all’attività bancaria e assicurativa ed attività
ausiliari a queste. L’imprenditore commerciale è obbligato ad iscriversi al registro delle
imprese ed è obbligato alle scritture contabili, le scritture contabili sono i documenti che

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contengono la rappresentazione dei singoli atti di impresa, della situazione del patrimonio
dell’imprenditore e del risultato economico dell’attività svolta; è soggetto a fallimento e può
servirsi dell’aiuto di ausiliari (institori, procuratori e commessi). L’imprenditore commerciale
è obbligato alle scritture del libro giornale, dove sono annotate le operazione dell’esercizio
d’impresa secondo un criterio cronologico, e all’inventario, redatto all’inizio della società e
poi annualmente. Oltre alle scritture contabili ci sono altre scritture obbligatorie che
dipendono dalle dimensioni e dalla natura dell’impresa: il libro mastro, dove vengono
annotate le operazioni secondo un criterio sistematico; il libro magazzino, che registra le
entrate e le uscite delle merci in magazzino e le lettere, i telegrammi e le fatture ricevute ed
inviate; e il libro cassa, in cui vanno registrati i pagamenti e gli incassi. Tutte le scritture
contabili possono essere usate a favore o contro l’imprenditore, quindi affinché
l’imprenditore possa utilizzare le proprie scritture contabili come mezzo processuale di prova
contro terzi è necessario che ricorrano tre condizioni: si deve trattare di scritture contabili
regolarmente tenute, è necessario che la controparte sia a sua volta un imprenditore, la
controversia deve essere relativa a rapporti inerenti l’esercizio d’impresa. Nello svolgimento
dell’attività di impresa l’imprenditore si avvale dell’aiuto di ausiliari: gli institori, che sono
preposta dal titolare all’esercizio dell’impresa o di una sede secondaria o di un ramo
particolare dell’azienda e hanno la qualifica di dirigenti posti al vertice della gerarchia del
personale, vertice che può essere assoluto, se l’institore dipende direttamente
dall’imprenditore, e relativo, se l’institore è messo a capo di un ramo particolare dell’azienda
o di una sede secondaria, è tenuto all’iscrizione nel registro delle imprese e alle scritture
contabili; i procuratori, sono coloro che in base ad un rapporto continuativo hanno il potere
di compiere per l’imprenditore gli atti pertinenti l’esercizio dell’impresa pur non essendo
preposti ad essa, non sono soggetti all’iscrizione nel registro delle imprese né sono tenuti
alle scritture contabili; e i commessi, che sono ausiliari subordinati cui sono affidate mansioni
esecutive che li pongono a contatto con terzi, non possono esigere il prezzo delle merci, non
possono concedere dilazioni o sconti, l’imprenditore può ampliare o limitare i poteri dei
commessi.

Secondo l’art. 2083 è piccolo imprenditore colui che esercita un’attività professionale
organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia. A tutti gli
imprenditori si applica lo statuto generale dell’imprenditore, applicabile all’impresa senza
ulteriori specificazioni. Lo statuto dell’impresa commerciale è una disciplina ulteriore che si
applica a chi esercita attività commerciali. Lo statuto del piccolo imprenditore è riferito a
coloro che hanno ridotte dimensioni. È esonerato dalle scritture contabili ma deve iscriversi
al registro delle imprese in una sezione speciale.

È imprenditore agricolo colui che esercita la coltivazione del fondo, la selvicoltura,


l’allevamento di animali e attività connesse, quali la manipolazione, conservazione,
trasformazione, commercializzazione e valorizzazione delle risorse dell’azienda impiegate
nell’attività agricola essenziale, la fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzo prevalente di
attrezzature o risorse normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata e la
valorizzazione del territorio del patrimonio rurale e forestale, e attività agrituristiche. Per

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coltivazione del fondo, selvicoltura e allevamento di animali si intendono le attività dirette
alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria al ciclo stesso.

Il registro delle imprese è istituito in ciascuna provincia presso la camera di commercio ed è


gestito da un giudice delegato dal presidente del tribunale del capoluogo di provincia dove
ha sede la camera di commercio. Il registro è articolato in due sezioni, ordinaria e speciale.
Nella sezione ordinaria si iscrivono gli imprenditori commerciali, le società (tranne le SS), i
consorzi con attività esterna tra imprenditori, i gruppi europei di interesse economico con
sede in Italia, le associazioni e le fondazioni che svolgono attività d’impresa, gli enti pubblici
con attività economica commerciale e le società estere che hanno la sede amministrativa in
Italia. Alle tre sezioni speciali di iscrivono: alla prima, gli imprenditori agricoli, i piccoli
imprenditori, le SS e gli imprenditori artigiani; alla seconda, le società tra professionisti; e
nella terza, le società o gli enti che esercitano attività di direzione e coordinamento. Gli atti
soggetti alla registrazione sono: gli elementi di individuazione dell’imprenditore e
dell’impresa e gli atti che riguardano la struttura e l’organizzazione della società. Le iscrizioni
vanno fatte nella provincia dove ha sede la società. L’iscrizione può avere efficacia:
dichiarativa, in cui l’atto è disponibile a terzi; costitutiva, che determina l’esistenza o meno
dell’atto; e normativa, che determina l’applicazione di un determinato regime giuridico.

L’attività di impresa si può avere anche quando si opera per il compimento di un unico
affare, se questo comporta il compimento di operazioni molteplici e l’utilizzo di un apparato
produttivo completo.

L’impresa può essere individuale o collettiva. Può essere esercitata da una persona fisica o
da una persona giuridica. Nell’impresa individuale il soggetto giuridico è una persona fisica
che risponde coi propri beni delle eventuali mancanze dell’impresa; può essere considerata
impresa individuale sia quella familiare, dove il 51% dei proventi spetta al capofamiglia
mentre il restante 49% va ai suoi familiari, sia quella coniugale, gestita da marito e moglie. Se
l’impresa è esercitata da una persona giuridica assume invece una veste societaria, che può
essere di varia natura: privata, gestita da persona fisiche, e pubblica, gestita da enti pubblici.

La teoria del potere d’impresa sostiene una responsabilità cumulativa dell’imprenditore


palese e del dominus. Nel nostro ordinamento giuridico la responsabilità è sempre
riconosciuta a carico di colui o colore che detengono il potere di gestione. Chi esercita il
potere di direzione in un’impresa ne assume anche necessariamente il rischio e risponde
delle relative obbligazioni.

Ci sono due criteri di imputazione della responsabilità per debiti d’impresa: il criterio formale
della spendita del nome e il criterio sostanziale del potere di direzione. La teoria del potere
d’impresa e la teoria dell’imprenditore occulto, sono state criticate. Nel nostro ordinamento
l’unico criterio utilizzabile per l’imputazione dell’attività è il principio della spendita del
nome.

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L’AZIENDA

L’art. 2555 definisce l’azienda come il complesso di beni organizzati dall’imprenditore per
l’esercizio dell’impresa, e quindi l’apparato strumentale di cui l’imprenditore si avvale per lo
svolgimento della propria attività economica organizzata rivolta alla produzione e allo
scambio di beni e servizi. Si ha azienda anche quando non ci sono ancora rapporti di
clientela.

L’azienda è un insieme di beni eterogenei caratterizzato dall’unità funzionale per il


coordinamento fra diversi elementi costitutivi e per l’unitaria destinazione ad uno specifico
fine produttivo. I beni quindi sono le cose che possono formare oggetto di diritti. È definito
bene aziendale quel bene destinato dall’imprenditore a tale uso, non è importante il titolo
giuridico che legittima l’imprenditore ad utilizzarli. Sono beni aziendali anche i beni di terzi
usati dall’imprenditore nell’attività d’impresa (i locali presi in fitto o il macchinario in leasing).

L’azienda è contraddistinta da segni distintivi: ditta, marchio e insegna, che favoriscono la


formazione e il mantenimento della clientela in quanto consentono al pubblico di
distinguere fra i vari operatori economici e di operare scelte consapevoli. La ditta è il nome
commerciale dell’imprenditore, è un segno distintivo necessario; in mancanza di diversa
scelta coincide con il nome dell’imprenditore; deve rispettare i limiti di verità, il cui principio
è diverso se si tratti di dita originaria o ditta derivata (la ditta originaria è formata
dall’imprenditore che la utilizza e deve contenere almeno il cognome o la sigla
dell’imprenditore, la ditta derivata è formata da un dato imprenditore e poi trasferita
insieme all’azienda); il segno distintivo della ditta non deve essere uguale o simile a quella
usata da un altro imprenditore. Il marchio p il segno distintivo dei prodotti o dei servizi
dell’impresa; se ne può servire il fabbricante del prodotto, il commerciante (grossista o
rivenditore), le imprese che producono servizi; è disciplinato sia dall’ordinamento nazionale
che dalla proprietà industriale ed è tutelato da due convenzioni sulla registrazione dei
marchi (convenzione dell’unione di Parigi e accordo di Madrid); al marchio è affidata la
funzione di differenziare i prodotti rispetto a quelli dei concorrenti; l’imprenditore può
scegliere di utilizzare un unico marchio per tutti i prodotti (marchio generale) o servirsi di più
marci per lo stesso prodotto (marchio speciale); il marchio può essere costituito solo da
parole (marchio denominativo), da figure, lettere, cifre, disegni o colori (marchio figurativo) e
da suoni; può assumere la forma del prodotto (marchio tridimensionale) e può essere
collettivo, quando il titolare è un soggetto che svolge la funzione di garantire l’origine, la
natura o la qualità di determinati prodotti o servizi, non viene utilizzato dall’ente che ne ha
ottenuto la registrazione ma concesso in uso a produttori o commercianti consociati; il
marchio risponde ai requisiti di: liceità, poiché i marchi d’impresa non possono essere segni
che vanno contro la legge, contro l’ordine pubblico o contro il buon costume, né possono
essere marchi i segni protetti da convenzioni né possono violare i diritti d’autore; verità, nel
caso in cui nel marchio siano indicate posizioni geografiche o indicazioni sulla qualità dei
prodotti e servizi; originalità e novità, in modo tale che il marchio eviti confusione e
contraffazione; il marchio ha la durata di 10 anni e può essere rinnovato per innumerevoli
volte; infine è trasferibile separatamente dall’azienda (franchising). L’insegna invece

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contraddistingue un ramo particolare dell’azienda o l’intero complesso aziendale, non può
essere simile o uguale a un’altra insegna ed è soggetta al principio della liceità.

L’azienda può essere soggetta ad avviamento oggettivo, se ricollegabile a fattori che


permangono anche se muta il titolare dell’azienda, e soggettivo, se dovuto all’abilità
operativa dell’imprenditore sul mercato.

L’azienda può formare oggetto di atti di disposizione di diversa natura, ne sussegue il


trasferimento d’azienda per: vendita, donazione, usufrutto e affitto. È vendita se il patto
prevede il conferimento di quote o azioni, ovvero se è stato pattuito un prezzo. Si ha
donazione quando il trasferimento dell’azienda viene effettuato a titolo gratuito. Quando
l’azienda è costituita in usufrutto e in affitto, l’usufruttuario e l’affittuario si trovano nella
posizione di condurre l’azienda senza modificarne l’assetto organizzativo né la destinazione,
hanno pieno godimento dei beni aziendali e possono acquistarne di altri che diverranno di
loro proprietà.

Con il trasferimento l’imprenditore cede a terzi il diritto di godere dei beni che compongono
l’azienda. Per aversi trasferimento d’azienda, non è necessario che l’atto di disposizione
comprenda l’intero complesso aziendale ma anche un ramo dell’azienda. Necessario e
sufficiente è che sia trasferito un insieme di beni potenzialmente idoneo ad essere utilizzato
per l’esercizio di un’attività d’impresa, anche se il nuovo titolare dovrà integrare il complesso
con ulteriori fattori produttivi per farlo funzionare.

L’art. 2556 detta la distinzione fra la forma necessaria per la validità del trasferimento e la
forma richiesta ai fini probatori, e per l’opponibilità a terzi. Per le imprese soggette a
registrazione con effetti di pubblicità legale ogni atto di disposizione dell’azienda deve essere
provato per iscritto e iscritto al registro delle imprese nel termine di 30 giorni, a cura del
notaio. Per ottenere l’iscrizione occorrà che il contratto sia redatto per atto pubblico o per
scrittura privata autenticata.

L’alienazione dell’azienda produce effetti ex lege che riguardano il divieto di concorrenza


dell’alienante, i contratti, i crediti e i debiti aziendali. Chi l’aliena l’azienda commerciale deve
astenersi per un periodo di 5 anni dal trasferimento, dall’iniziare una nuova impresa che
possa sviare la clientela dall’azienda ceduta. Il divieto di concorrenza è derogabile ed ha
carattere relativo. Esso sussiste nei limiti in cui la nuova attività d’impresa dell’alienante sia
potenzialmente idonea a sottrarre clientela all’azienda ceduta. È vietato prolungare, oltre i 5
anni, la durata del divieto.

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LA SOCIETÀ

L’art. 2247 afferma che con il contratto di società due o più persone conferiscono beni e
servizi per l’esercizio in comune di un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili.

Le società quindi, sono enti associativi a base contrattuale che si caratterizzano per la
presenza: dei conferimenti dei soci, per l’attività economica in comune e la divisione degli
utili.

I conferimenti sono le prestazioni cui i soci del contratto di obbligano, contribuendo alla
formazione del patrimonio sociale iniziale. La loro funzione è quella di dotare la società di un
capitale di rischio per lo svolgimento dell’attività di impresa e può essere considerato
oggetto di conferimento ogni entità suscettibile di valutazione economica e che i soci
ritengano necessario per lo svolgimento dell’impresa (denaro, beni in natura trasferiti in
proprietà o concessi in godimento alla società, prestazioni lavorative). Ciascun socio quindi
destina stabilmente parte della propria ricchezza personale all’attività comun e si espone al
rischio d’impresa.

Il patrimonio sociale è il complesso dei rapporti giuridici attivi e passivi che fanno capo alla
società. È costituito dai conferimenti dei soci, subisce in seguito variazioni qualitative e
quantitative in relazione alle vicende economiche della società, costituendo la garanzia della
società. La consistenza del patrimonio sociale è accertata periodicamente attraverso la
redazione annuale del bilancio d’esercizio.

Il capitale sociale invece rappresenta il valore in denaro dei conferimenti quali risulta
dall’atto costitutivo, funge da valore storico e ha due funzioni: vincolistica, la cui cifra iniziale
indica la quota ideale ovvero la frazione del patrimonio netto non distribuibile fra i soci e
perciò assoggettata ad un vincolo di stabile destinazione all’attività sociale, e organizzativa,
che accerta che la società abbia conseguito utili o subito perdite. Si hanno utili quando le
attività superano le passività aumentate del capitale sociale nominale, si hanno perdite
quando le attività sono inferiori alle passività più il capitale sociale. Il capitale sociale rimane
immutato nel corso della vita della società fin quando non se ne decide l’aumento o la
riduzione.

Esiste una garanzia patrimoniale supplementare che si ha quando i creditori possono fare
affidamento su un attivo patrimoniale eccedente le passività per un valore corrispondente
almeno all’ammontare del capitale sociale.

Le società non possono essere costituite al solo scopo di consentire il godimento dei beni
conferiti dai soci. Si ha comunione quando i crediti personali dei singoli comproprietari
potranno liberamente aggredire anche la cosa comune per soddisfare il proprio credito dato
che la comunione non gode dell’autonomia patrimoniale.

L’esercizio in comune dell’attività economica consiste nel cosiddetto scopo/mezzo del


contratto di società attraverso cui i contraenti si prepongono di raggiungere la finalità ultima
di carattere lucrativo (o di profitto, è una società che può essere costituita per svolgere

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attività d’impresa con terzi allo scopo di conseguire utili, destinati ad essere successivamente
divisi fra i soci), consortile e mutualistico. L’esercizio in comune sottintende che i risultati
economici della società devono essere imputati a tutti i soci, sia che si tratti di utili sia che si
tratti di perdite. Tutti i tipi di società, tranne le SS, possono essere utilizzate anche per la
realizzazione di uno scopo consortile. Lo scopo consortile si distingue da quello mutualistico
perché è tipicamente imprenditoriale, visto che i soci sono tutti imprenditori.

Le società si dividono in società di capitali (SPA e SRL) e società di persone (SS, SNC e SAS). Le
società di capitali e le cooperative hanno personalità giuridica e si caratterizzano per
l’espressa previsione inderogabile (salvo che per le SRL) di un’organizzazione di tipo
corporativo, per la circostanza che il funzionamento degli organi è dominato dal principio
maggioritario, per il fatto che il singolo socio non ha alcun potere diretto di amministrazione
e controllo. Le società di persone sono prive di capacità giuridica, non è prevista una pluralità
degli organi di amministrazione infatti l’attività di queste società è basata su modelli
organizzativi che riconoscono ad ogni socio con responsabilità illimitata il potere di
amministrare e rappresentare la società, indipendentemente dall’ammontare del capitale
conferito e dalla consistenza di quello personale.

Per una società di persone non è necessario un atto scritto. Il contratto non è soggetto a
forme speciali, salvo quelle richieste dalla natura dei beni conferiti. Il contratto cioè può
essere concluso verbalmente e può risultare da comportamenti concludenti (società di
fatto).

Nella società di fatto il contratto si perfeziona per fatti concludenti; è regolata dalle norme
della società semplice, se l’attività esercitata non è commerciale, collettiva irregolare, se
l’attività è commerciale; una società di fatto che esercita un’attività commerciale è esposta al
fallimento che si estende a tutti i soci, sia quelli noti al momento della dichiarazione di
fallimento, sia occulti di società palese; il coinvolgimento del maggior numero possibile di
persone nel fallimento di un imprenditore individuale dà luogo alla società apparente,
anch’essa soggetta a fallimento.

Per società tra professionisti si intende l’attività dei professionisti intellettuali come attività
economica non legislativamente considerata attività d’impresa. Ad esempio la società tra
avvocati ha per oggetto esclusivo l’esercizio in comune dell’attività professionale di
rappresentanza, assistenza e difesa in giudizio svolta dai propri soci. È regolata dalle norme
della SNC dove non diversamente disposto dalla relativa disciplina speciale. Tutti i soci
devono essere in possesso del titolo di avvocati e non è consentita la partecipazione ad altra
società di avvocati. La società tra professionisti agisce sotto la ragione sociale costituita dal
nome o dal titolo professionale di tutti i soci ovvero di uno o più soci, seguito dalla locuzione
“ad altri”. Deve essere iscritta in una sezione speciale del registro delle imprese e in una
sezione speciale dell’albo degli avvocati. Non è soggetta a fallimento in quanto non svolge
attività d’impresa. L’amministrazione della società non può essere affidata a terzi, ma il
cliente ha diritto di chiedere che l’esecuzione dell’incarico conferito alla società sia affidata
ad uno o più soci da lui scelti. Sono responsabili illimitatamente tutti i soci qualora si ometta
di comunicare prima dell’inizio dell’esecuzione del mandato quali di essi sono stati incaricati.

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Esiste poi la società di mezzi fra professionisti, costituita da professioni per l’acquisto e la
gestione in comune di beni. Ad esempio la società di ingegneria, la cui attività non si
esaurisce nella semplice progettazione di opere di ingegneria, ma comprende anche ulteriori
prestazioni quali la realizzazione e la vendita di impianti ed attrezzature industriali.

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LA SOCIETÀ DI PERSONE

Nelle società di persone per le obbligazioni sociali rispondono sia la società con il proprio
patrimonio che tutti i soci.

La SS è un tipo di società che può svolgere solo attività non commerciali e si deve iscrivere in
una sezione speciale del registro delle imprese. La sua disciplina è applicabile dove non risulti
che le parti abbiano voluto costituire la società secondo uno degli altri tipi.

La SNC può essere usata sia a scopo commerciale che non, è soggetta all’iscrizione nel
registro delle imprese con effetti di pubblicità legale, e tutti i soci rispondono illimitatamente
e solidalmente per le obbligazioni sociali. La SNC può essere sia regolare, se iscritta al
registro delle imprese, che irregolare, quando si tratta di una società di fatto o di società
irregolari in senso proprio. L’atto costitutivo deve essere redatto per atto pubblico o scrittura
privata autenticata e deve contenere le generalità dei soci, la ragione sociale, i soci che
hanno l’amministrazione e la rappresentanza della società, la sede principale e l’eventuale
sede secondaria, l’oggetto sociale, i conferimenti di ciascun socio, il valore ad essi attribuito e
il modo di valutazione, le prestazioni cui sono obbligati i soci d’opera, i criteri di distribuzione
degli utili, le quote di ciascun socio per gli utili e le perdite e la durata della società.

La SAS si caratterizza per la presenza di due tipi di soci: i soci accomandatari, che rispondono
solidalmente ed illimitatamente per le obbligazioni sociali e possono essere nominati
amministratori, e i soci accomandanti, che rispondono limitatamente alla quota conferita e
che non possono essere nominati amministratori. L’atto costitutivo dovrà indicare quali sono
gli uni e quali gli altri, l’omessa indicazione renderà irregolare la società. Una deviazione
dalla disciplina della SNC si ha per la formazione della ragione sociale. Nella SAS la ragione
sociale deve essere formata: col nome di almeno uno dei soci accomandatari e con
l’indicazione del tipo sociale. Nella SAS la ragione sociale non può contenere il nome dei soci
accomandanti per evitare che si possa fare affidamento sulla responsabilità personale di tali
soci. L’accomandante che violi tale divieto: risponde illimitatamente e solidalmente con i soci
accomandatari per le obbligazioni sociali e fallisce insieme ai soci accomandatari; non
diventa un socio accomandatario e non acquista il diritto di partecipare all’amministrazione
della società. Gli accomandanti non possono compiere atti di amministrazione, né trattare o
concludere affari in nome della società, se non in forza di procura speciale per singoli affari.
L’accomandante che viola il divieto d’immistione: risponde di fronte ai terzi illimitatamente e
solidalmente per tutte le obbligazioni sociali imputabili alla società; in caso di fallimento
della società, sarà automaticamente dichiarato fallito; è esposto all’esclusione della società,
con decisione a maggioranza degli altri soci. Agli accomandanti sono riconosciuti (per legge o
per contratto) alcuni diritti e poteri: possono concorrere con gli accomandatari alla nomina e
alla revoca degli amministratori, con il consenso di tutti i soci accomandatari e di tanti soci
accomandanti che rappresentano la maggioranza del capitale; possono dare autorizzazioni e
pareri per determinate operazioni, nonché compiere atti di ispezione e di controllo; hanno
diritto ad avere comunicazione annuale del bilancio e di controllarne l’esattezza. Gli
accomandanti non sono tenuti a restituire gli utili fittizi eventualmente riscossi, purché essi
siano in buona fede e se gli utili risultino da un bilancio regolarmente approvato. La diversa

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posizione degli accomandatari e degli accomandanti si riflette sulla disciplina del
trasferimento della partecipazione sociale. Il consenso unanime è necessario solo per il
trasferimento della partecipazione degli accomandatari. La SAS si scioglie per le cause
previste pera la SNC e se rimangono solo i soci accomandatari, se non viene reintegrato il
numero entro sei mesi, o accomandanti. Se vengono meno i soci accomandatari, gli
accomandanti devono nominare un amministratore provvisorio i cui poteri sono limitati al
compimento degli atti di ordinaria amministrazione, l’amministratore provvisorio comunque
non diventa socio accomandatario. Se vengono meno i soci accomandanti, gli accomandatari
continuano a esercitare l’attività sociale. Per il procedimento di liquidazione e l’estinzione
della società valgono le regole dettate la per la SNC. Tuttavia, cancellata la società dal
registro delle imprese, i creditori rimasti insoddisfatti possono rivalersi nei confronti dei soci
accomandanti limitatamente.

Il singolo socio può cessare di far parte della società per morte, recesso od esclusione. Se
muore un socio, i soci superstiti sono obbligati per legge a liquidare la quota del socio
defunto ai suoi eredi entro sei mesi, altrimenti possono decidere che la società venga sciolta
o che continui con gli eredi del socio defunto; con lo scioglimento anticipato della società gli
eredi del socio defunto non hanno più diritto alla liquidazione e devono attendere la
conclusione della liquidazione della società per partecipare alla divisione dell’attivo; con la
continuazione della società con gli eredi è necessario il consenso di tutti i soci superstiti e il
consenso degli eredi. Il recesso deve essere comunicato agli altri soci con un preavviso di tre
mesi e diventa produttivo dopo tale termine, se la società è a tempo determinato il recesso è
ammesso solo per giusta causa. Quanto all’esclusione, può essere di diritto o facoltativa;
l’esclusione di diritto avviene nel caso di fallimento del socio o dei soci il cui creditore
particolare abbia ottenuto la liquidazione della quota; mentre l’esclusione facoltativa
avviene per gravi inadempienze degli obblighi di legge e del contratto sociale, per
interdizione, inabilitazione o condanna che comporta anche un allontanamento
momentaneo dai pubblici uffici e per impossibilità di eseguire il conferimento per causa non
imputabile al socio; il provvedimento di esclusione varia a seconda che la società sia
costituita da soli due soci o più. Le cause di scioglimento di questo tipo di società, valide per
la SS e la SNC, sono: decorso del termine fissato nell’atto costitutivo, conseguimento o
impossibilità di conseguimento dell’oggetto sociale, volontà di tutti i soci, venir meno della
pluralità dei soci se entro sei mesi non si è ricostituita e altre cause previste dal contratto
sociale. Le cause di scioglimento e lo stato di liquidazione sono indicati negli atti e nella
corrispondenza (per le SNC). La società non si estingue automaticamente si deve provvedere
al soddisfacimento dei creditori sociali e alla distribuzione fra i soci dell’eventuale residuo
attivo.

Per quanto riguarda i conferimenti il socio è obbligato a eseguire i conferimenti determinati


nel contratto sociale. Se i conferimenti non sono determinati, i soci sono obbligati a
conferire, in parti uguali fra loro, quanto è necessario per il conseguimento dell’oggetto
sociale. Può essere conferita ogni entità suscettibile di valutazione economica ed utile per il
conseguimento dell’oggetto sociale. Il codice detta una specifica disciplina per alcuni tipi di
conferimenti diversi dal denaro: conferimento di beni in natura e di proprietà, conferimento

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di crediti e conferimento d’opera o di servizi. Per il conferimento di beni in proprietà, la
garanzia dovuta dal socio e il passaggio dei rischi sono regolati dalle norme sulla vendita
(garanzia per vizi e per evizione). Sul socio grava il rischio del perimento per caso fortuito
della cosa conferita fin quando la proprietà non sia passata alla società, secondo il principio
consensualistico ciò si verifica con la stipulazione del contratto di società se si tratta di cosa
determinata. Per le cose individuate solo nel genere, il trasferimento della proprietà avviene
solo in seguito alla loro specificazione; per le cose conferite in godimento, il rischio resta a
carico del socio che le ha conferite. Il bene conferito in godimento resta di proprietà del
socio, la società ne può godere ma non ne può disporre, il socio ha diritto alla restituzione
del bene al termine della società nello stato in cui si trova. Il socio che conferisce crediti:
risponde nei confronti della società dell’insolvenza del debitore ceduto, è tenuto al rimborso
delle spese e degli interessi, se non versa tale valore può essere escluso dalla società. Per il
conferimento d’opera o di servizi, nelle società di persone il conferimento può essere
costituito dall’obbligo del socio di prestare la propria attività lavorativa a favore della società.
Il socio d’opera non è un lavoratore subordinato e non ha diritto al trattamento salariale e
previdenziale proprio dei lavoratori subordinati, riceve come compenso la partecipazione ai
guadagni della società, corre il rischio di lavorare invano, corre il rischio dell’impossibilità di
svolgimento della prestazione anche per causa a lui non imputabile, può essere escluso dagli
altri soci per l’inidoneità a svolgere l’opera conferita.

I conferimenti dei soci formano il patrimonio iniziale della società (attivo patrimoniale
iniziale). La società diventa proprietaria dei beni conferiti dai soci. I soci non possono servirsi
delle cose appartenenti al patrimonio sociale (conferimenti iniziali e beni successivamente
acquistata dalla società) per fini estranei a quello della società. La violazione del divieto
espone al risarcimento danni e all’esclusione dalla società. Una disciplina del capitale sociale
è del tutto assente nella SS, probabilmente perché la SS non è obbligata alla tenuta delle
scritture contabili ed alla redazione annuale del bilancio. Per la SNC invece, l’atto costitutivo
deve indicare non solo i conferimenti dei soci ma anche il valore ad essi attribuito e il modo
di valutazione. Non è dettata alcuna disciplina per la determinazione del valore dei
conferimenti diversi dal denaro, rimessa alla libertà delle parti. Tale lacuna si riflette sulla
corretta applicazione delle due sole nome dettate a tutela dell’integrità del capitale sociale:
art. 2303 e art. 2306. L’art. 2303 vieta la ripartizione fra i soci di utili non realmente
conseguiti (utili fittizi) e stabilisce che, se si verifica una perdita del capitale sociale, non può
farsi luogo alla ripartizione di utili fino a che il capitale non sia reintegrato o ridotto in misura
corrispondente. L’art. 2306 vieta agli amministratori di rimborsare ai soci i conferimenti
eseguiti o di liberarli dall’obbligo di ulteriori versamenti, in assenza di una specifica
deliberazione di riduzione (reale) del capitale sociale. Ai creditori è riconosciuto il diritto di
opporsi alla riduzione del capitale entro tre mesi. Nonostante l’opposizione, il tribunale può
però disporre che la riduzione abbia ugualmente luogo.

Tutti i soci hanno diritto di partecipare agli utili e alle perdite della gestione sociale. I soci
godono della più ampia autonomia eccetto il limite del divieto del patto leonino: è nullo il
patto con il quale uno o più soci sono esclusi da ogni partecipazione agli utili o alle perdite.
Se il contratto nulla dispone, le parti spettanti ai soci nei guadagni e nelle perdite si

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presumono proporzionali ai conferimenti; se, neppure il valore dei conferimento è stato
determinato, le parti si presumono uguali; se è determinata soltanto la parte di ciascuno nei
guadagni nella stessa misura si determina la partecipazione alle perdite (e viceversa); se la
parte spettante al socio d’opera non è determinata nel contratto, è fissata dal giudice. Nella
SS, salvo patto contrario, il diritto del socio di percepire la sua parte di utili nasce con
l’approvazione del rendiconto che deve essere predisposto dai soci amministratori al
termine di ogni anno, salvo che il contratto stabilisca un termine diverso. Nella SNC il
documento destinato all’accertamento degli utili e delle perdite è un bilancio d’esercizio,
redatto con l’osservanza dei criteri stabiliti per il bilancio della SPA. Il bilancio deve essere
predisposto dai soci amministratori e deve essere approvato da tutti i soci a maggioranza.
L’approvazione del bilancio o del rendiconto è condizione sufficiente perché ciascun socio
possa pretendere l’assegnazione della sua parte di utili (nelle società di capitali occorre una
delibera di distribuzione degli utili).

La società col proprio patrimonio costituisce la garanzia primaria di quanti concedono


credito alla società: garanzia primaria ma non esclusiva per le obbligazioni sociali. Per le
obbligazioni sociali, rispondono personalmente ed illimitatamente anche i singoli soci. Nella
SS la responsabilità personale di tutti i soci non è principio inderogabile. Secondo l’art. 2267
è possibile escludere o limitare, con apposito atto, la responsabilità dei soci che non siano
investiti del potere di rappresentanza della società. Il patto deve essere portato a
conoscenza dei terzi con mezzi idonei, altrimenti la limitazione della responsabilità o
l’esclusione della solidarietà non è opponibile a coloro che non ne hanno avuto conoscenza.
Nella SNC la responsabilità illimitata e solidale di tutti i soci è inderogabile, l’eventuale patto
contrario non ha effetto nei confronti dei terzi. Nella SS e nella SNC la responsabilità per le
obbligazioni sociale precedentemente contratte è estesa anche ai nuovi soci. Nel caso di
scioglimento del rapporto sociale, per morte, recesso o esclusione (ex socio), si distingue tra:
SS irregolari non iscritte nel registro delle imprese, SNC regolari. Nelle SS e SNC irregolari lo
scioglimento del rapporto sociale non fa venire meno la responsabilità personale del socio
per le obbligazioni sociali anteriori al verificarsi di tali eventi, che devono essere portati a
conoscenza dei terzi altrimenti lo scioglimento non è opponibile ai terzi che lo hanno senza
colpa ignorato. Nelle SNC regolari l’opponibilità ai terzi delle cause di scioglimento del
rapporto sociale resta soggetta al regime di pubblicità legale delle modificazioni dell’atto
costitutivo, intervenuta l’iscrizione nel registro delle imprese dello scioglimento del
rapporto, la cessazione della responsabilità personale per le obbligazioni successive sarà
opponibile anche ai terzi che l’abbiano in fatto ignorato.

Nella SS e nella SNC i creditori sociali possono soddisfarsi sul patrimonio della società e sul
patrimonio dei singoli soci illimitatamente responsabili. I soci sono responsabili in solido fra
loro; sono responsabili in via sussidiaria rispetto alla società; godono del beneficio di
preventiva escussione del patrimonio sociale. I creditori sociali devono tentare di soddisfarsi
sul patrimonio della società prima di poter aggredire il patrimonio personale dei soci. Il
beneficio opera diversamente nella SS e nella SNC irregolare e nella SNC regolare. Nella SS il
creditore sociale può rivolgersi direttamente al singolo socio illimitatamente responsabile,
questi dovrà invocare la preventiva escussione del patrimonio sociale indicando i beni sui

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quali il creditore possa agevolmente soddisfarsi. Questa disciplina si applica anche alla SNC
irregolare fermo restando la responsabilità solidale e illimitata di tutti i soci. Nella SNC
regolare il beneficio di preventiva escussione opera automaticamente. I creditori sociali non
possono pretendere il pagamento dai singoli soci, se non dopo l’escussione del patrimonio
sociale. È necessario che abbiano infruttuosamente esperito l’azione esecutiva sul
patrimonio sociale.

Il creditore personale del socio non può aggredire direttamente il patrimonio sociale per
soddisfarsi né nella SS né nella SNC. Il creditore personale del socio non può compensare il
suo credito verso il socio con il debito che eventualmente abbia verso la società. Se la
compensazione fosse possibile, il creditore del socio-debitore della società finirebbe col
soddisfarsi sul patrimonio di quest’ultima. Il creditore personale del socio non è sprovvisto di
tutela. Sia nella SS che nella SNC egli può: far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al socio
suo debitore, compiere atti conservativi alla quota allo stesso spettante nella liquidazione
della società. Il creditore personale del socio, nella SS e nella SNC irregolare, può chiedere
anche la liquidazione della quota del suo debitore. Deve provare però che gli altri beni del
debitore sono insufficienti a soddisfare i suoi crediti. La richiesta opera come causa di
esclusione di diritto del socio; la società sarà tenuta a versargli, entro tre mesi, una somma di
denaro corrispondente al valore della quota al momento della domanda. Nella SNC regolare,
il creditore particolare del socio non può chiedere la liquidazione della quota del socio
debitore finché dura la società, neppure se prova che gli altri beni dello stesso siano
insufficienti a soddisfarlo. Sia nel rapporto tra responsabilità del patrimonio sociale e
responsabilità dai singoli soci sia in riferimento al creditore particolare del socio, c’è
distinzione fra SNC regolare e SS e SNC irregolare.

C’è differenza tra amministrazione della società, attività di gestione dell’impresa sociale, e
potere di amministrazione, potere di compiere tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale.
Ogni socio illimitatamente responsabile è amministratore della società. L’atto costitutivo può
prevedere che l’amministrazione sia riservata solo ad alcuni soci, in contrapposizione tra soci
amministratori e soci non amministratori. Quando l’amministrazione della società spetta a
più soci ed il contratto sociale nulla dispone in merito alle modalità di amministrazione si
applica il modello dell’amministrazione disgiuntiva. Ciascun socio amministratore può
intraprendere da solo tutte le operazioni che rientrano nell’oggetto sociale, senza richiedere
il consenso o il parere degli altri soci amministratori e senza informarli preventivamente
delle operazioni progettate. L’ampio potere di iniziativa individuale è temperato dal diritto di
opposizione riconosciuto a ciascuno degli altri soci amministratori. L’opposizione deve essere
esercitata prima che l’operazione sia stata compiuta. Sulla fondatezza dell’opposizione
decide la maggioranza dei soci (amministratori e non). È previsto anche un metodo
alternativo di amministrazione: l’amministrazione congiunta, che deve essere
espressamente convenuta nell’atto costitutivo. La maggior rigidità dell’amministrazione
congiunta è temperata dal riconoscimento ai singoli amministratori del potere di agire
individualmente quando vi sia urgenza di evitare un danno alla società. In mancanza di
diversa disposizione dell’atto costitutivo, la rappresentanza della società spetta a ciascun
socio amministratore, disgiuntamente o congiuntamente. Nel caso di amministrazione

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disgiunta, ogni amministratore può da solo decidere e stipulare atti in nome della società.
Nell’amministrazione congiunta le decisioni possono essere adottate all’unanimità o a
maggioranza e tutti i soci amministratori devono partecipare alla stipulazione dell’atto. Il
potere di gestione e il potere di rappresentanza si estendono a tutti gli atti che rientrano
nell’oggetto sociale senza distinzione fra atti di ordinaria e di straordinaria amministrazione.
La rappresentanza è sostanziale e processuale. La previsione di limitazioni convenzionali al
potere di rappresentanza degli amministratori solleva il problema della loro opponibilità ai
terzi. Nelle SS le limitazioni originarie sono sempre opponibili ai terzi; i terzi devono
accertare se il socio che agisce in nome della società ha il potere di rappresentanza. Nella SS
le limitazioni successive o l’estinzione del potere di rappresentanza devono essere portate a
conoscenza dei terzi con mezzi idonei, altrimenti sono loro opponibili solo se la società prova
che le conoscevano. Nella SNC irregolare l’omessa registrazione si ritorce contro i soci; è
tutelato l’affidamento dei terzi sulla corrispondenza della situazione di fatto al modello
legale di rappresentanza; i patti modificativi del potere di rappresentanza sono opponibili ai
terzi, salvo che non si provi che questi ne erano a conoscenza; il problema è linearmente
risolto attraverso lo strumento della pubblicità legale; le limitazioni del potere di
rappresentanza degli amministratori non sono opponibili ai terzi se non sono iscritte nel
registro delle imprese e se non si provi che i terzi ne hanno avuto conoscenza. I soci investiti
dell’amministrazione possono essere nominati nell’atto costitutivo o con atto separato. La
distinzione acquista rilievo ai fini della revoca della facoltà di amministrare. La revoca
dell’amministratore nominato nel contratto sociale: comporta una modifica di quest’ultimo,
deve essere decisa dagli altri soci all’unanimità, non ha effetto se non ricorre una giusta
causa. L’amministratore nominato per atto separato è revocabile secondo le norme del
mandato ed è revocabile anche se non ricorre giusta causa. L’amministratore è investito dal
potere di compiere tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale. I soci amministratori
hanno diritto al compenso per il loro ufficio, tale compenso può essere costituito anche da
una più elevata partecipazione negli utili. I doveri degli amministratori sono: amministrare la
società con la diligenza e responsabilità verso la società.

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LA SOCIETÀ PER AZIONI

È una società di capitali nella quale per le obbligazioni sociali risponde solo il patrimonio
della società, la cui partecipazione sociale è rappresentata da azioni. È per legge trattata
come soggetto di diritto distinto dalle persone dei soci e gode quindi di una piena e perfetta
autonomia patrimoniale.

Nella SPA tutti i soci hanno responsabilità limitata e sono obbligati ad eseguire solo i
conferimenti. Il capitale sociale minimo è di 120.000 €, salvo i casi in cui leggi speciali
impongono un capitale minimo più elevato.

Si rende possibile la compartecipazione di un ristretto numero di soci: azionisti imprenditori


e azionisti risparmiatori.

La SPA non si identifica solo con l’impresa di grandi dimensioni, esistono un gran numero di
società composte da un numero non elevato di soci e costituite per la gestione di imprese di
dimensioni modeste.

L’utilizzo della SPA per esigenze economiche profondamente diverse solleva problemi di
disciplina alquanto differenziati. Nelle società che fanno istituzionalmente appello al
pubblico risparmio, il problema è: garantire il corretto funzionamento dell’intero mercato
azionario e tutelare il pubblico indifferenziato dei potenziali investitori.

La costituzione della SPA si articola in due fasi: la stipulazione (o costrizione) del contratto e
l’iscrizione al registro delle imprese. la stipulazione dell’atto costitutivo può avvenire in due
modi: la stipulazione simultanea, in cui l’atto è stipulato immediatamente da coloro che
assumono l’iniziativa per la costituzione della società (soci fondatori), e la stipulazione per
pubblica sottoscrizione, in cui vi è un complesso procedimento che consente la raccolta del
capitale iniziale sulla base di un programma predisposto da coloro che assumono l’iniziativa
(promotori); l’atto costitutivo deve essere redatto per atto pubblico a pena nullità della
società e deve indicare: le generalità dei soci e dei promotori e il numero delle azioni
assegnate ad ognuno, la denominazione e il comune dove ha sede la società, l’oggetto
sociale, l’ammontare del capitale sottoscritto e versato e il valore nominale delle azioni, il
valore attribuito ai crediti e ai beni conferiti in natura, le norme secondo cui gli utili devono
essere ripartiti, i benefici eventualmente accordati ai promotori e ai soci fondatori, il numero
degli amministratori e i loro poteri, il sistema di amministrazione adottato, la nomina dei
primi amministratori e sindaci, il numero dei componenti del collegio sindacale, l’importo
globale delle spese della società e la durata della società. Se le azioni non sono quotate in un
mercato regolamentato, i soci possono liberamente recedere dalla società decorso un
periodo di tempo non superiore a un anno dalla costrizione e con un preavviso di 180 giorni.
Dopodiché la società va iscritta al registro delle imprese, il cui atto è depositato dal notaio
entro 20 giorni nel registro della provincia dove ha sede la società; l’ufficio del registro
verificherà la regolarità formale della documentazione cosicché la società possa acquisire
personalità giuridica e venire ad esistenza. Se il notaio non provvede, l’obbligo incombe sugli
amministratori nominato nell’atto costitutivo. Il notaio dovrà svolgere un controllo di legalità

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(formale e sostanziale), volto ad accertare la conformità alla legge della costituenda società.
Se tale controllo riceve esito positivo, il notaio: riceve l’atto costitutivo e richiede l’iscrizione
della società al registro delle imprese.

L’atto costitutivo contiene la manifestazione di volontà di costituire la società. Lo statuto


contiene le regole di funzionamento della società e si considera parte integrante dell’atto
costitutivo; deve essere redatto per atto pubblico a pena di nullità. Occorre che sia
sottoscritto per intero il capitale sociale; siano rispettate le disposizioni relative ai
conferimenti; sussistano le autorizzazioni per la costituzione della società in relazione al suo
particolare oggetto.

La SPA può essere dichiarata nulla in tre occasioni: la mancata stipulazione dell’atto
costitutivo nella forma dell’atto pubblico, l’illiceità dell’oggetto sociale e la mancanza
nell’atto costitutivo (o nello statuto) di ogni indicazione riguardante la denominazione della
società o dei conferimenti o dell’ammontare del capitale o dell’oggetto sociale. L’azione di
nullità: è imprescrittibile, può essere fatta da chiunque abbia interesse, può essere rilevata
dall’ufficio del giudice.

I conferimenti rappresentano i contributi dei soci alla formazione del patrimonio iniziale
della società. Dotano la società di un capitale di rischio iniziale per lo svolgimento dell’attività
d’impresa. Per le SPA è prevista una specifica disciplina dei conferimenti: garantire che i
conferimenti vengano effettivamente acquisiti dalla società e garantire che il valore
assegnato dai soci sia veritiero. Nella SPA i conferimento devono essere effettuati in denaro,
se nell’atto costitutivo non è stabilito diversamente. Per garantire, fin dalla costituzione della
società, l’effettività almeno parziale del capitale, è disposto l’obbligo di versamento
immediato presso una banca di almeno il 25% dei conferimenti in denaro, che restano
vincolati fino al compimento del procedimento di costituzione. Costituita la società, gli
amministratori sono liberi di chiedere in ogni momento ai soci i versamenti ancora dovuti. La
responsabilità dell’alienante è però limitata nel tempo ed ha carattere sussidiario. Permane
solo per il periodo di 3 anni dall’iscrizione del trasferimento nel libro dei soci. Il socio in mora
non può esercitare diritto di voto e la società potrà vendere le sue azioni. In mancanza di
offerte da parte degli altri soci, la società potrà far vendere queste azioni da una banca o da
un intermediario autorizzato. I conferimenti in denaro comunque dovranno essere
sottoposti a una fase di controllo (verifica della stima) entro 180 giorni dalla costituzione
della società. È espressamente stabilito che non possono formare oggetto di conferimento le
prestazioni d’opera o di servizi, che fungono solo da prestazioni accessorie. Per i
conferimenti dei beni in natura e dei crediti la legge dispone che le azioni corrispondenti a
tali conferimenti devono essere integralmente liberate al momento della sottoscrizione.
Questa ulteriore limitazione preclude l’apporto a titolo di conferimento di cose generiche,
future o altrui, nonché di prestazioni periodiche di beni. È conferibile ogni prestazione di
dare suscettibile: di valutazione economica oggettiva e di immediata messa a disposizione
della società. I conferimenti diversi dal denaro tanto se effettuati in sede di costituzione della
società quanto se effettuati in sede di aumento del capitale sociale, devono formare oggetto
di uno specifico procedimento di valutazione. La relazione deve essere allegata all’atto

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costitutivo completato il procedimento di costituzione, deve rimanere depositata presso
l’ufficio del registro delle imprese. entro 180 giorni dalla costituzione della società, gli
amministratori devono: controllare le valutazioni contenute nella relazione di stima e
procedere alla revisione di stima. Se dalla revisione risulta che il valore dei beni o dei crediti
è inferiore di oltre un quinto rispetto a quello per cui avvenne il conferimento, la società
deve: ridurre proporzionalmente il capitale sociale e annullare le azioni che risultano
scoperte. Il socio può: versare la differenza in denaro o recedere dalla società. Nel caso del
recesso, il socio ha diritto alla restituzione in natura del bene conferito, con conseguente
necessità di conguagli in denaro per pareggiare il valore del bene con il valore di liquidazione
della partecipazione. I risultati della revisione devono essere preventivamente comunicati al
socio in modo da consentirgli l’esercizio di tali scelte alternative e permettergli di impugnare
di fronte all’autorità giudiziaria la revisione operata dagli amministratori. L’atto costitutivo
può prevedere che a seguito dell’annullamento delle azioni, quelle residue siano
diversamente ripartite fra i soci, nel rispetto del principio che il valore complessivo dei
conferimenti non può essere inferiore all’ammontare globale del capitale sociale. Non si fa
ricorso al procedimento di stima per i titoli quotati nel mercato dei capitali; quando il valore
equo del conferimento in natura è ricavabile dal bilancio approvato di una società soggetta a
revisione legale dei conti; quando il valore equo dei beni o crediti da conferire risultante da
una valutazione di stima non anteriore di oltre 6 mesi il conferimento, è conforme ai principi
e criteri di valutazione generalmente riconosciuti e si consente al conferente di procedere ad
incaricare l’esperto, facendo a meno della nomina da parte del tribunale. Gli amministratori
possono richiedere una nuova valutazione del conferimento in natura qualora ritengano
inattendibile il valore ad esso attribuito. Gli amministratori nel medesimo termine, iscrivono
nel registro delle imprese una dichiarazione, nella quale descrivono i conferimenti in natura
sottratti al procedimento di stima e la loro valutazione, dando atto delle circostanza che
giustificano l’esenzione.

La SPA ha un’organizzazione basata su tre organi: assemblea, amministratori e collegio


sindacale.

L’assemblea è composta dalle persone dei soci, la cui funzione è quella di formare la volontà
della società nelle materie riservate alla sua competenza; il cui funzionamento è dominato
dal principio maggioritario in cui ogni socio è proporzionato alla quota di capitale sottoscritto
e al numero di azioni possedute, di uguale valore e che danno uguali diritti, il che rende le
azioni liberamente trasferibili, consentendo la loro circolazione attraverso documenti
assoggettati alla disciplina dei titoli di credito; a seconda dell’oggetto può essere sia ordinaria
che straordinaria; è assemblea unica e generale, se la società ha emesso solo azioni
ordinarie, mentre quando sono state emesse diverse categorie di azioni o strumenti
finanziari che conferiscono diritti amministrativi, all’assemblea generale si affiancano le
assemblee speciali di categoria; la convocazione dell’assemblea è decisa dall’organo
amministrativo o dal consiglio di gestione, i quali possono convocarla sempre; l’assemblea è
convocata nel comune dove ha sede la società, per avviso pubblicato sulla GU 15 giorni
prima della riunione o pubblicato su un quotidiano indicato nello statuto, o mediante avviso
comunicato 8 giorni prima, o con qualunque mezzo garantisca prova dell’avvenuto

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ricevimento; l’avviso deve contenere data, ora, luogo e oggetto dell’assemblea; è costituita
quando è rappresentato l’intero capitale sociale o quando partecipa la maggioranza dei
componenti degli organi amministrativi e di controllo, agli assenti verrà fatta comunicazione
delle deliberazioni; è presieduta dalla persona indicata nello statuto o da quella eletta con
maggioranza dei voti; il presidente è assistito da un segretario, designato nelle stesse
modalità; le delibere devono essere verbalizzate e firmate dal presidente e dal segretario (o
dal notaio); se l’assemblea è straordinaria il verbale deve essere redatto dal notaio; i verbali
vanno poi trascritti nell’apposito libro delle assemblee; le delibere dell’assemblea devono
essere sottoposte a quorum costitutivo, quando la parte del capitale deve essere
rappresentata in assemblea perché questa sia regolarmente costituita e possa iniziare i
lavori, e deliberativo, quando la partecipazione del capitale sociale si deve esprimere a
favore di una specifica decisione approvata; per evitare che l’assenteismo degli azionisti
impedisca di deliberare, è prevista una seconda convocazione con quorum inferiore; l’attuale
disciplina consente che lo statuto preveda convocazioni ulteriori, sia dell’assemblea
ordinaria che di quella straordinaria, alle quali si applicano le disposizioni della seconda
convocazione; possono intervenire in assemblea insieme agli amministratori, i sindaci, i
rappresentanti comuni degli azionisti di risparmio e delle obbligazioni, gli azionisti con diritto
al voto e tutti quelli che, pur non essendo soci, hanno diritto di voto; gli azionisti possono
partecipare all’assemblea sia personalmente che per mezzo rappresentante, la cui delega è
conferita per iscritto e deve contenere il nome del rappresentante, questa delega è sempre
revocabile; il socio deve esercitare il diritto di voto in modo da non arrecare danno al
patrimonio della società; le deliberazioni assembleari sono annullabili solo se la maggioranza
si sia ispirata esclusivamente ad interessi extra sociali, con danno per la società, per la
disciplina del conflitto di interessi, infatti versa in conflitto di interessi l’azionista che in una
determinata delibera ha un interesse personale contrastante con l’interesse della società; la
delibera adottata con il voto del socio in conflitto di interessi non è annullabile, bensì è
necessario che ricorrano due ulteriori condizioni: prova di resistenza e danno potenziale, se
non ricorre la condizione del danno potenziale, la delibera resta inattaccabile anche se
approvata con il voto determinante del socio in conflitto di interessi.

Per quanto riguarda gli organi di amministrazione e controllo, la SPA si avvale del: sistema
tradizionale, basato sulla presenza dell’organo amministrativo e del collegio sindacale, il cui
controllo è affidato al revisore contabile o alla società di revisione; sistema dualistico, basato
sulla presenza di un collegio di sorveglianza, investito di competenze che nel sistema
tradizionale sono proprie dell’assemblea, e un consiglio di gestione; sistema monistico, dove
l’amministrazione è gestita dal consiglio di amministrazione e il controllo è gestito dal
comitato per la gestione. Il controllo contabile esterno è previsto per le società che adottano
il sistema dualistico e il sistema monistico. La SPA non quotata può avere un amministratore
unico e un consiglio di amministrazione. Gli amministratori sono l’organo a cui è affidata in
via esclusiva la gestione dell’impresa sociale, ad essi spetta compiere tutte le operazioni
necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale; sono sia soci che non soci e il numero è
fissato nello statuto, la cui nomina non può essere fatta per un periodo superiore a tre
esercizi e che, insieme alla cessazione della carica, sono soggette ad iscrizione nel registro

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delle imprese. Gli amministratori hanno diritto ad un compenso e partecipano a tutti i segreti
aziendali. Devono avere specifici requisiti: onorabilità, professionalità e indipendenza
(qualità richieste per gli amministratori che svolgono determinate attività). Hanno specifici
obblighi e divieti, ad esempio il divieto di concorrenza. L’amministrazione può essere affidata
a più persone (consiglio di amministrazione) retta da un presidente scelto dallo stesso
consiglio fra i suoi membri, la cui attività è esercitata collegialmente: le decisioni devono
essere adottate in riunioni alle quali devono assistere i sindaci. Il consiglio di
amministrazione può delegare le proprie attribuzioni ad un comitato esecutivo, che è un
organo collegiale, o ad uno o più amministratori delegati, che sono organi uni personali. Più
amministratori delegati possono agire: disgiuntamente o congiuntamente. Gli
amministratori delegati svolgono la funzione di rappresentanza della società. Sia gli
amministratori delegati che i membri del comitato esecutivo sono designati dallo stesso
consiglio di amministrazione che determina l’ambito della delega. Gli amministratori hanno:
potere di rappresentanza generale e non circoscritto agli atti che rientrano nell’oggetto
sociale; la rappresentanza processuale, attiva e passiva, della società.

Infine il collegio sindacale è l’organo di controllo interno della SPA, con funzione di vigilanza
sull’amministrazione della società. Il collegio sindacale delle SPA non quotate si compone di:
3 o 5 membri effettivi e 2 membri supplenti. Vengono nominato dei sindaci, i primi nominati
nell’atto costitutivo e i successivi nell’assemblea ordinaria. Il controllo è la funzione primaria
del collegio sindacale e ha per oggetto l’amministrazione della società globalmente intesa. I
sindaci hanno il potere di: procedere in qualsiasi momento ad atti di ispezione e di controllo;
richiedere agli amministratori notizie sull’andamento delle operazioni sociali o su
determinati affari. Il controllo contabile è esercitato sulle società non quotate: per le società
che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, da un revisore dei conti o da una
società di revisione, salvo il caso in cui è possibile affidare il controllo al collegio sindacale;
per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio diverse dalle società
quotate, da una società di revisione iscritta nei registri dei revisori contabili con esclusione
dei revisori persone fisiche. La revisione contabile è disciplinata dal TUF (testo unico delle
disposizioni in materia di intermediazione finanziaria) ed è esercitata sulle società: con azioni
quotate, che controllano e che sono controllate da una società quotata, da una società di
revisione iscritta nell’albo speciale tenuto dalla Consob. Il sistema dualistico prevede: un
consiglio di gestione e un consiglio di sorveglianza, il cui controllo contabile è affidato ad un
revisione contabile o a una società di revisione. Il consiglio di gestione volge le funzioni
proprie del consiglio di amministrazione nel sistema tradizionale. Si tratta di un modello
organizzativo particolarmente adatto per società con azionariato diffuso e prive di uno
stabile nucleo di azionisti imprenditori. Il collegio di sorveglianza: è formato da soci e non
soci, il numero dei componenti è fissato nello statuto, almeno un componente effettivo deve
essere scelto tra gli inscritti nel registro dei revisori contabili. Nel sistema monistico vi è la
soppressione del collegio sindacale, l’amministrazione e il controllo sono esercitati dal
consiglio di amministrazione e da un comitato per il controllo sulla gestione costituito al suo
interno. Il controllo contabile è affidato senza eccezioni ad un revisore contabile o ad una
società di revisione. Al consiglio di amministrazione, eletto dall’assemblea, si applicano le

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disposizioni dettate per gli amministratori nel sistema tradizionale. Il comitato per il
controllo sulla gestione: è formato da componenti nominati dal consiglio di amministrazione
fra i consiglieri in possesso di requisiti di indipendenza, onorabilità e professionalità; svolge
le stesse funzioni del collegio sindacale.

È consentita la costituzione della SPA con atto unilaterale di un unico socio fondatore. Nella
SPA uni personale per le obbligazioni sociali di regola risponde solo la società col proprio
patrimonio, salvo alcuni casi eccezionali. L’unico socio è tenuto a versare integralmente, al
momento della sottoscrizione, i conferimenti in denaro sia in sede di costituzione della
società sia in sede di aumento del capitale sociale. Per consentire ai terzi di conoscere
agevolmente se la società è uni personale, la legge prescrive che, sia negli atti che nella
corrispondenza della società, deve essere indicato se questa ha un unico socio. Per
consentire l’agevole identificazione dell’unico socio i dati anagrafici dello stesso devono
essere iscritti nel registro delle imprese a cura degli amministratori.

La SPA si scioglie ed entra in stato di liquidazione quando: è decorso il termine di durata, è


stato conseguito o è impossibile conseguire l’oggetto sociale, c’è inattività dell’assemblea,
c’è una riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo legale e quando c’è delibera in
assemblea straordinaria dello scioglimento anticipato. Il verificarsi dello scioglimento della
società non determina comunque l’immediata estinzione della società, prima bisogna
provvedere alla liquidazione, al pagamento quindi dei creditori sociali e alla ripartizione
dell’eventuale residuo. Verificatasi una causa di scioglimento gli amministratori devono
procedere al suo accertamento, ed all’iscrizione nel registro delle imprese della relativa
dichiarazione. Si producono nei confronti dei terzi tutti gli effetti che l’ordinamento ricollega
al verificarsi di una causa di scioglimento. Il procedimento di liquidazione si apre con la
nomina di uno o più liquidatori che, salvo diversa disposizione dello statuto, sono nominati
dall’assemblea straordinaria. I liquidatori restano in carica per tutta la durata del
procedimento di liquidazione, salvo che non sia espressamente fissato un termine. Devono
redigere poi il bilancio e farlo approvare in assemblea dai singoli soci. I liquidatori possono
essere revocati dall’assemblea con le maggioranze prescritte per l’assemblea straordinaria. I
provvedimenti di nomina e revoca dei liquidatori sono soggetti ad iscrizione nel registro delle
imprese. I liquidatori devono redigere ogni anno il bilancio e sottoporlo all’approvazione
dell’assemblea. Il bilancio finale di liquidazione deve essere approvato dai singoli soci e non
dall’assemblea, dato che a questo punto entra in gioco l’interesse del singolo all’ottenimento
della quota di liquidazione. Approvato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori devono
chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese.

Dopodiché la società subisce la: trasformazione, fusione o scissione.

La trasformazione omogenea è il cambiamento del tipo di società, cambiandone l’assetto


organizzativo, il socio non accetta la trasformazione e può recedere. Con la riforma del 2003
è stata consentita la trasformazione delle società cooperativa in società lucrative e consorzi.
La trasformazione può avvenire anche in pendenza di procedura processuale, purché sia
compatibile con le finalità e lo stato della stessa. La trasformazione omogenea deve essere
deliberata secondo le modalità previste per le modificazioni dell’atto costitutivo e con

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l’osservanza delle relative maggioranze. La delibera di trasformazione fissa le basi
organizzative della società nella nuova veste giuridica. La delibera di trasformazione in
società di capitali, al pari dell’atto costitutivo, è soggetta: a controllo di legittimità da parte
del notaio che ha redatto il verbale e all’iscrizione nel registro delle imprese. Ogni socio ha
diritto all’assegnazione di un numero di azioni o quote proporzionale alla sua partecipazione,
mentre regole specifiche sono dettate per l’assegnazione al socio d’opera. L’attuale
disciplina regola anche l’invalidità della trasformazione, adottando soluzione identica a
quella già prevista per la fusione. La trasformazione può comportare un mutamento del
regime di responsabilità dei soci. Tale responsabilità opera anche per le obbligazioni
anteriori alla trasformazione.

La fusione è l’unione di due o più società in una sola e può essere realizzata in due modi: con
la costituzione di una nuova società che prende il posto delle altre che si fondono (fusione in
senso stretto) o mediante assorbimento in una società preesistente di una o più società
(fusione per incorporazione). La fusione è un istituto che dà luogo ad una concentrazione
giuridica e non solo economica. Il procedimento di fusione si articola in tre fasi: progetto di
fusione, tutte le società partecipanti alla fusione devono avere lo stesso contenuto e deve
essere iscritto al registro delle imprese; delibera di fusione, in cui tutte le società partecipanti
decidono di approvare il progetto iscrivendo la delibera al registro delle imprese, previo
controllo di legalità da parte del notaio verbalizzante se la società risultante dalla fusione è
una società di capitali; il procedimento si conclude con la stipulazione dell’atto di fusione,
stipulato dai rappresentanti legali di tutte le società interessate, che così danno attuazione
alle relative delibere assembleari e poi iscritto al registro delle imprese. Al socio che non ha
consentito la fusione, è riconosciuto il diritto di recesso dalla società. Nelle società di capitali
la fusione deve essere deliberata dall’assemblea straordinaria con le normali maggioranze.
La società risultante dalla fusione assume tutti i diritti e gli obblighi di quelle partecipanti che
si estinguono.

Con la scissione invece il patrimonio della società viene scomposto ed assegnato in tutto o in
parte ad altre società preesistenti o di nuova costituzione. La scissione può essere totale o
parziale. Beneficiarie della scissione possono essere: società di nuova costituzione, una o più
società preesistenti. Il procedimento di scissione ricalca, con i necessari adattamenti, quello
dettato per la fusione. Gli amministratori delle società partecipanti alla scissione devono
redigere un unitario progetto di scissione sottoposto alla stessa pubblicità legale per il
progetto di fusione. Le azioni o le quote della società sono acquistate dai soci della società
che si scinde; la scissione inoltre può essere totale o parziale e diventa efficace dal momento
in cui è stata fatta l’ultima iscrizione dell’atto di scissione al registro delle imprese.

La SPA può costituire uno o più patrimoni ciascuno dei quali destinato in via esclusiva ad uno
specifico affare, sia pure entro i limiti del 10% del proprio patrimonio netto e purché non si
tratti di affari attinenti attività riservate in base a leggi speciali. La costituzione di un
patrimonio destinato avviene con apposita deliberazione adottata dal consiglio di
amministrazione della società a maggioranza assoluta dei componenti. La deliberazione deve
essere verbalizzata da un notaio ed è soggetta ad iscrizione nel registro delle imprese.

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Diventa però produttiva di effetti solo dopo che siano decorsi due mesi dall’iscrizione. Entro
tale termine i creditori sociali anteriori all’iscrizione possono fare opposizione in tribunale.
Delle obbligazioni contratte per realizzare lo specifico affare la società risponde di regola solo
nei limiti del patrimonio destinato, salvo che la delibera di costituzione non stabilisca
diversamente. Perché la separazione patrimoniale operi è necessario che: gli atti compiuti in
relazione allo specifico affare rechino espressa menzione del vincolo di destinazione, in
mancanza ne risponde la società con il suo patrimonio residuo. I creditori insoddisfatti
possono chiedere entro tre mesi la liquidazione del patrimonio destinato osservando in
quanto compatibile le disposizioni sulla liquidazione della società. Al contratto di
finanziamento di uno specifico affare, al rimborso totale o parziale del finanziamento, è
destinato, in via esclusiva, tutto o parte dei proventi dell’affare stesso. Il contratto deve
indicare: gli elementi essenziali dell’operazione, i beni strumentali necessari per la
realizzazione e il relativo piano finanziario. È necessario che la copia del contratto sia stata
iscritta nel registro delle imprese e che la società adotti sistemi di incasso e di
contabilizzazione separati. Il patrimonio separato sarà formato: dai proventi dell’affare, dai
relativi frutti e dagli investimenti eventualmente effettuati. I creditori generali della società
potranno esercitare solo azioni conservative a tutela dei loro diritti.

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LE AZIONI

Le azioni sono le quote di partecipazione dei soci nella SPA. Sono omogenee, standardizzate,
trasferibili e rappresentate da documenti (titoli azionari) che circolano secondo la disciplina
dei titoli di credito.

La singola azione rappresenta l’unità minima di partecipazione al capitale sociale e l’unità di


misura dei diritti sociali. È perciò indivisibile. Ogni azione ha carattere di uguaglianza di
valore e di diritto di indivisibilità, autonomia e circolazione in forma cartolare.

Le azioni devono essere tutte di uguale valore e devono rappresentare un’identica parte del
capitale sociale nominale. Si definisce valore nominale delle azioni la parte del capitale
sociale da ciascuna rappresentata in cifra monetaria. Nelle azioni senza valore nominale, lo
statuto ed i titoli azionari devono indicare solo il capitale sottoscritto e il numero delle azioni
emesse.

Il valore di emissione: per tutte le azioni (con o senza valore nominale) in nessun caso il
valore complessivo dei conferimenti può essere inferiore all’ammontare globale del capitale
sociale; le azioni possono essere complessivamente emesse per somma inferiore al loro
valore nominale. Il valore di bilancio si ottiene dividendo il patrimonio netto della società per
il numero di azioni. Il valore di mercato risulta giornalmente dai listini ufficiali quando le
azioni sono ammesse alla quotazione in un mercato regolamentato (borsa valori).

Ogni azione costituisce una partecipazione sociale ed attribuisce al suo titolare un complesso
di diritti e poteri: amministrativi (diritto di intervento e di voto nelle assemblee); di natura
patrimoniale (diritto agli utili); e a contenuto complesso, amministrativo e patrimoniale
(diritto di opzione o recesso).

Esistono vari tipi di azioni. Le azioni speciali, che possono essere create con lo statuto o per
la successiva modificazione dello stesso; alle società che non fanno ricorso al mercato del
capitale di rischio è consentita la possibilità di emettere azioni dove il diritto di voto sia
limitato ad una misura massima; tra le azioni speciali vi sono: le azioni privilegiate, che
permettono ai loro titolari l’attribuzione di un diritto di preferenza nella distribuzione degli
utili e/o nel rimborso del capitale nel momento dello scioglimento della società; le azioni
correlate, fornite di diritti patrimoniali correlati ai risultati dell’attività sociale di un
determinato settore, anche quando non si danno vita a patrimoni separati destinati a uno
specifico affare. Le azioni di risparmio, che possono essere emesse solo da società la cui
azioni ordinarie sono quotate in mercati regolamentati italiani e della UE, il cui scopo è
incentivare l’investimento in azioni, offrendo ai risparmiatori dei titoli che meglio rispondono
ai loro specifici interessi; queste azioni non possono superare, in concorso con le azioni a
voto limitato, la metà del capitale sociale; sono prive del diritto di voto nelle assemblee
ordinarie e straordinarie. Quando gli utili sono imputati a capitale e, per l’importo
corrispondente, la società emette speciali categorie di azioni che vengono assegnate
gratuitamente ai prestatori di lavoro, si parla appunto di azioni a favore dei prestatori di
lavoro.

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Le azioni possono essere costituite in usufrutto o in pegno e possono formare oggetto di
misure cautelari ed esecutive. Salvo convenzione contraria, il diritto di voto compete al
creditore pignoratizio o all’usufruttuario, nel caso di sequestro di azioni il voto è esercitato
dal custode. In caso di pegno è il socio che deve provvedere al versamento delle azioni
mentre in caso di usufrutto è l’usufruttuario che deve provvedere al versamento.

In nessun caso la società può sottoscrivere azioni proprie. Il divieto opera sia in sede di
costituzione della società sia in sede di aumento del capitale sociale. Il divieto colpisce tanto
la sottoscrizione diretta, compiuta in nome della società quanto la sottoscrizione indiretta,
compiuta da terzi in nome proprio ma per conto della società. L’acquisto di azioni proprie
può costituire una proficua forma di investimento delle eccedenze patrimoniali disponibili
dalla società. Se la società è quotata in borsa, l’acquisto e la vendita di azioni proprie è un
mezzo per stabilire le quotazioni e neutralizzare manovre speculative. L’acquisto di azioni
proprie è consentito rispettando quattro condizioni: le somme impiegate non possono
eccedere l’ammontare degli utili distribuibili e le riserve disponibili risultanti dall’ultimo
bilancio, le azioni acquistate devono essere interamente liberate, l’acquisto deve essere
autorizzato dall’assemblea ordinaria la cui delibera deve fissare le modalità d’acquisto e il
valore delle azioni acquistate non può eccedere la decima parte del capitale sociale. Gli
acquisti compiuti senza l’osservanza delle suddette condizioni restano validi ma espongono
gli amministratori a sanzioni penali. Nell’inerzia dell’assemblea, la riduzione del capitale
sociale deve essere disposta d’ufficio dal tribunale, su richiesta degli amministratori e dei
sindaci. Esistono delle proroghe previste per l’acquisto di azioni proprie quando sono: a
titolo gratuito, se si tratta di azioni interamente liberate; per effetto di successione
universale, di fusione o di scissione o di successione universale; in caso di esecuzione forzata
per il soddisfacimento di un credito della società. In tutti i casi bisogna rispettare il limite del
10% sul capitale sociale. Le altre operazioni sulle azioni proprie regolate dalla legge sono:
l’assistenza finanziaria per l’acquisto o la sottoscrizione di azioni proprie; l’accettazione di
azioni proprie in garanzia. L’attività di assistenza finanziaria consiste nel concedere prestiti e
fornire garanzie di qualsiasi tipo, direttamente o indirettamente, a favore di soci o di terzi
per la sottoscrizione o l’acquisto di azioni proprie.

Le partecipazioni reciproche fra le società di capitali danno luogo a pericoli di carattere


patrimoniale ed amministrativo. La riforma del 2003 detta per la sottoscrizione di azioni o
quote della società controllante una disciplina del tutto identica a quella prevista per la
sottoscrizione di azioni proprie. Le SPA sono libere di sottoscrivere o acquistare azioni o
quote di altre società di capitali. L’assunzione di partecipazioni è lo strumento principale
attraverso il quale si realizza il fenomeno dei gruppi di società. Il gruppo di società è
un’aggregazione di imprese societarie formalmente autonome ed indipendenti l’una
dall’altra, ma assoggettate tutte ad una direzione unitaria. Il fenomeno del gruppo di società
è largamente diffuso e tipicamente assunto dalle imprese di grandi dimensioni a carattere sia
nazionale che multinazionale. Il gruppo di società è un fenomeno che può assumere svariate
configurazioni e diverse articolazioni. La presenza di aggregazioni societarie sollecita una
specifica disciplina diretta a soddisfare un triplice ordine di esigenze: assicurare un’adeguata
informazione; evitare che eventuali intrecci di partecipazioni alterino l’integrità patrimoniale

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delle società coinvolte; evitare che le scelte operative delle singole società del gruppo
pregiudichino le aspettative di quanti fanno affidamento esclusivamente sulla consistenza
patrimoniale e sui risultati economici di quella determinata società.

È società controllata la società che si trova direttamente o indirettamente sotto l’influenza


dominante di un’altra società. È società controllata: la società in cui un’altra società dispone
della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria; la società in cui un’altra
società dispone dei voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea
ordinaria; le società che sono sotto influenza dominante di un’altra società in virtù di
particolari vincoli contrattuali con essa. Nelle società collegate, un’altra società esercita
un’influenza notevole ma non dominante. Notevoli passi avanti sono stati fatti in tema di
informazione, sull’esistenza e sull’architettura dei gruppi.

Resta fermo nel nostro ordinamento il principio cardine della distinta soggettività e della
formale indipendenza giuridica della società di gruppo. L’indipendenza formale porta ad
escludere che la capogruppo sia responsabile per le obbligazioni assunte dalle controllate in
attuazione della politica di gruppo. L’indipendenza formale comporta che la capogruppo non
può legittimamente imporre alle società figlie il compimento di atti che contrastino con gli
interessi delle stesse separatamente considerate. La riforma del 2003 legittima il
perseguimento dell’interesse di gruppo. La riforma del 2003 specifica strumenti di tutela a
favore degli azionisti di minoranza e dei creditori delle società controllate. La società
capogruppo è tenuta ad indennizzare direttamente gli azionisti ed i creditori delle società
controllate. L’azione esercitata dai soci e dai creditori sociali è azione diretta e non
surrogatoria di quella che eventualmente spetta alla società controllata. Il diritto di recesso è
riconosciuto ai soci di una società non quotata che entra a far parte di un gruppo, ed esce se
deriva un’alterazione delle condizioni di rischio dell’investimento. Il diritto di recesso è
riconosciuto quando il socio della controllata abbia esercitato nei confronti della capogruppo
l’azione di responsabilità prevista dall’art. 2497 ed abbia ottenuto una sentenza di condanna
esecutiva. Attualmente manca una compiuta disciplina del gruppo insolvente. In caso di
direzione unitaria del gruppo, gli amministratori della società che hanno abusato di tale
direzione rispondono in solido con gli amministratori della società dichiarata insolvente dei
danni da questa cagionati alla società stessa.

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LE OBBLIGAZIONI

La SPA può emettere obbligazioni che sono titoli di credito (nominativi o al portatore) che
rappresentano frazioni di uguale valore nominale e uguali diritti di un’unitaria operazione di
finanziamento a titolo di mutuo.

L’obbligazionista ha diritto a: una remunerazione periodica fissa (interesse), normalmente


svincolata dai risultati economici della società finanziata; rimborso del valore nominale del
capitale prestato alla scadenza pattuita.

La SPA può emettere obbligazioni per una somma complessivamente non eccedente il
doppio del capitale sociale sottoscritto, della riserva legale e delle riserve disponibili
risultanti dall’ultimo bilancio approvato.

L’emissione delle obbligazioni deve essere verbalizzata ed è soggetta a controllo di legalità


da parte del notaio e all’iscrizione nel registro delle imprese. L’ammontare delle obbligazioni
deve essere apportato nell’apposito libro delle obbligazioni.

Fra i tipi di obbligazioni ci sono: le obbligazioni in cui la remunerazione è in tutto o in parte


commisurata agli utili del bilancio, le obbligazioni che mirano a neutralizzare gli effetti della
svalutazione monetaria, le obbligazioni convertibili in azioni che danno all’azionista la facoltà
di trasformare il proprio credito in partecipazioni azionarie, le obbligazioni con warrant che
danno all’azionista il diritto di sottoscrivere o acquistare azioni della società emittente o di
un’altra società, le obbligazioni subordinate nelle quali il versamento degli interessi e il
rimborso del capitale è subordinato al soddisfacimento degli altri creditori in caso di
liquidazione volontaria o concorsuale.

Le obbligazioni convertibili in azioni attribuiscono il diritto di sottoscrivere azioni della stessa


società in base ad un prefissato rapporto di cambio, utilizzando come riferimento le somme
già versate al momento dell’acquisto delle obbligazioni. Chi esercita il diritto di conversione
cessa di essere obbligazionista e diventa azionista della società. Le obbligazioni convertibili
devono essere offerte in opzione agli azionisti ed ai possessori di obbligazioni convertibili
precedentemente emesse. L’assemblea straordinaria delibera l’emissione di obbligazioni
convertibili, salvo che lo statuto o una successiva modifica attribuisca la competenza a
deliberare agli amministratori fino ad un ammontare determinato e per un periodo massimo
di cinque anni.

Per l’assemblea degli obbligazionisti valgono le stesse regole di funzionamento dettate per
l’assemblea straordinaria dei soci, salvo alcune regole specifiche. Il rappresentante comune è
nominato dall’assemblea degli obbligazionisti. Se questa non vi provvede, è nominato dal
tribunale si domanda di uno o più obbligazionisti o degli amministratori della società. Il
rappresentante comune tutela gli interessi comuni degli obbligazionisti nei confronti della
società e dei terzi. L’organizzazione di gruppo non priva l’obbligazionista del potere di
tutelare i propri diritti nei confronti della società e dei terzi.

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IL BILANCIO

La SPA deve redigere annualmente il bilancio d’esercizio. Il bilancio è un documento


contabile che rappresenta la situazione finanziaria e patrimoniale della società alla fine di
ogni esercizio.

Il bilancio è costituito da: relazione sulla gestione dell’organo amministrativo, relazione del
collegio sindacale e del revisore contabile. Il bilancio d’esercizio è un atto della società alla
cui redazione cooperano tre organi sociali: amministratore, collegio sindacale ed assemblea
e il soggetto incaricato dal controllo contabile.

Il bilancio si articolare in tre parti: lo stato patrimoniale, che rappresenta sinteticamente la


composizione quantitativa e qualitativa della società e la situazione finanziaria nel giorno di
chiusura dell’esercizio; il conto economico, che espone il risultato economico dell’esercizio
attraverso la rappresentazione dei costi sostenuti, dei ricavi e degli altri proventi; e la nota
integrativa, che specifica le voci dello stato patrimoniale e del conto economico, dando
informazioni sullo stato patrimoniale e finanziario sul risultato economico dell’esercizio, sul
numero dei dipendenti, sui compensi degli amministratori, sulle azioni e sugli altri strumenti
finanziari della società.

La redazione di bilancio comporta il compimento di una serie di stime da parte degli


amministratori. I principi da osservare sono quello della prudenza e quello della continuità
dei criteri di valutazione.

La relazione di bilancio va fatta 30 giorni prima l’assemblea, il cui progetto deve essere
depositato in copia presso la sede della società durante i 15 giorni che precedono
l’assemblea finché non è stato approvato. Entro 30 giorni dall’approvazione deve essere
depositato in copia presso l’ufficio del registro delle imprese. L’assemblea che approva il
bilancio delibera sulla distribuzione degli utili ai soci.

Esiste il bilancio consolidato di gruppo che è il bilancio redatto dalla capogruppo in aggiunta
al proprio bilancio. In esso è rappresentata la situazione patrimoniale, finanziaria ed
economica del gruppo di un’unità societaria. Costituisce un utile strumento di informazione
sulla situazione globale del gruppo.

L’aumento del capitale sociale può essere sia reale (o a pagamento) che nominale (o
gratuito). Nel primo caso si ha un aumento del capitale sociale nominale e del patrimonio
della società per effetti di nuovi conferimenti. Nel secondo si incrementa solo il capitale
nominale mentre il patrimonio della società resta invariato. L’aumento reale dà luogo
all’emissione di nuove azioni a pagamento, che vengono sottoscritte dai soci. L’aumento
nominale non dà luogo a nuovi conferimenti e non determina l’incremento del patrimonio
sociale. Anche la riduzione può essere reale o nominale. È riduzione reale quando è ridotto il
capitale sociale e pregiudica lo svolgimento dell’attività; è riduzione nominale la riduzione
del capitale sociale per perdite, cioè scende al di sotto del minimo legale.

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Il diritto d’opzione è il diritto dei soci di essere preferito a terzi nella sottoscrizione
dell’aumento di capitale a pagamento. Consente di mantenere inalterata la proporzione in
cui ogni socio partecipa al capitale e al patrimonio sociale.

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LA SOCIETÀ A RESPONSABILITÀ LIMITATA

È una società di capitali nella quale per le obbligazioni sociali risponde solo la società con il
suo patrimonio e le partecipazioni dei soci non possono essere rappresentate da azioni e
non possono costituire oggetto di offerta al pubblico.

L’attuale disciplina consente alle SRL di emettere titoli di debito, che possono essere collocati
direttamente presso il pubblico dei risparmiatori, sostanzialmente assimilabili alle
obbligazioni. La costituzione della SRL richiede: il capitale minimo di 10000€ e la
denominazione sociale.

La SRL è il primo tipo di società di capitali per il quale fu introdotta nel 1993 la possibilità di
costituire da parte di un singolo socio, il mantenimento della responsabilità limitata delle
obbligazioni sociali.

I conferimenti della SRL possono essere tutti quegli elementi dell’attivo suscettibili di
valutazione economica. È espressamente consentito il conferimento della prestazione
d’opera o servizi, purché l’intero valore assegnato a tale conferimento sia garantito da una
polizza assicurativa o da una fideiussione bancaria. Significativa riforma è l’introduzione di
una specifica disciplina di finanziamenti dei soci. L’art. 2467 stabilisce che il rimborso dei
finanziamenti dei soci alla società è postergato rispetto al soddisfacimento degli altri
creditori. Con l’attuale disciplina la SRL può emettere obbligazioni.

Ogni socio può recedere, ed in alcuni casi è riconosciuta la recessione per legge. Il criterio di
determinazione del valore delle quote del socio receduto tende ad assicurare la rispondenza
al valore di mercato al momento della dichiarazione del recesso. Il trasferimento della quota
è valido ed efficace fra le parti per effetto del semplice consenso. Il trasferimento deve
essere annotato nel libro dei soci su richiesta dell’alienante o dell’acquirente. Con l’iscrizione
nel libro dei soci il trasferimento diventa efficace nei confronti della società. Quando la
società è a tempo indeterminato ogni socio può recedere con un preavviso di 180 giorni,
quando la società è a tempo determinato possono recedere i soci che non hanno consentito
(contrari, assenti ed astenuti) al cambiamento dell’oggetto sociale o del tipo di società o alla
sua fusione o scissione, alla revoca dello stato di liquidazione, al trasferimento della sede
all’estero, all’eliminazione di una o più cause di recesso dallo statuto, al compimento di
azioni che portano alla modifica dell’oggetto sociale.

Mentre le azioni sono necessariamente di egual valore, le quote possono essere di diverso
ammontare. Alla SRL è vietato l’acquisto delle proprie quote né possono essere garanzia di
prestito. Le quote rispetto alle azioni non possono essere rappresentate da titoli di credito.
L’atto costitutivo può limitare ed escludere del tutto il trasferimento delle quote,
accentuando il carattere personale della partecipazione sociale.

Gli organi della SRL sono: l’assemblea, l’organo amministrativo e il collegio sindacale.
L’assemblea di soci è un organo eventuale, le decisioni dei soci autonome e spettano a tutti i
soci le decisioni sull’approvazione del bilancio e la distribuzione degli utili, la nomina degli
amministratori, la nomina dei sindaci, del presidente del collegio sindacale e del revisore, le

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modifiche dell’atto costitutivo. L’art. 2479 stabilisce le materie che sono inderogabilmente
rimesse alla competenza dei soci. L’atto costitutivo può prevedere che le decisioni dei soci
siano adottate con una procedura più snella mediante consultazione scritta o sulla base del
consenso espresso per iscritto. La decisione con metodo assembleare è necessaria per le
modificazioni dell’atto costitutivo. Possono intervenire in assemblea tutti i soci che risultano
iscritti nel libro dei soci, anche se l’iscrizione è avvenuta nello stesso giorno dell’adunanza. Il
voto dei soci vale in misura proporzionale alla partecipazione. Al collegio sindacale, ed
eventualmente al revisore, spetta il controllo della società.

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I CONSORZI FRA IMPRENDITORI

Con il contratto di consorzio due o più imprenditori istituiscono un’organizzazione comune


per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese (art. 2602).

Il contratto di consorzio può essere stipulato solo fra imprenditori e solo tra quelli che
svolgono attività d’impresa. Non sono richiesti requisiti soggettivi né è necessario che i
partecipanti svolgano la stessa attività o attività similari, tranne se il consorzio ha finalità
limitative della concorrenza. Il contratto di consorzio è un contratto formale, stipulato per
iscritto a pena nullità, contenente: l’oggetto e la durata, la sede, gli obblighi assunti e i
contributi versati, i poteri attribuiti agli organi consortili, le condizioni di ammissione di nuovi
consorziati, i casi di recesso ed esclusione e le sanzioni per l’inadempimento degli obblighi. Il
contratto di consorzio è un contratto di durata, liberamente fissata dalle parti. Qualora non
dovesse essere stabilita la durata, il contratto è valido per 10 anni. Il contratto di consorzio è
un contratto tendenzialmente aperto e per questo è possibile la partecipazione di nuovi
imprenditori senza che sia necessario il consenso di tutti gli attuali consorziati. Le condizioni
per l’ammissione di nuovi consorziati devono essere predeterminate nel contratto, quindi se
il contratto nulla prevede è da ritenersi che il consorzio abbia struttura chiusa e quindi i
nuovi imprenditori potranno aderire solo con il consenso di tutti i consorziati. Il contratto di
consorzio può sciogliersi limitatamente ad un consorziato: per volontà propria (recesso) o
per decisione degli altri consorziati (esclusione).

Il consorzio si compone di un unico organo quale l’assemblea, formata da tutti i consorziati


con funzione deliberativa, e un organo direttivo, con funzione di gestione e di esecuzione. Le
delibere assembleari relative all’attuazione dell’oggetto del consorzio sono prese con voto
favorevole dalla maggioranza dei consorziati. Le delibere relative alla modificazione del
contratto sono prese con il consenso di tutti i consorziati. La funzione tipica dell’organo
direttivo è quella di controllare l’attività dei consorziati al fine di accertare l’esatto
adempimento delle obbligazioni assunte.

Le tipologie di consorzi sono: consorzi anticoncorrenziali e consorzi di coordinamento. Il


consorzio anticoncorrenziale è il tipico consorzio che può essere costituito al fine prevalente
o esclusivo di disciplinare la reciproca concorrenza sul mercato fra imprenditori che svolgono
la stessa attività o attività similari, la cui finalità è limitare la concorrenza tra le imprese
consorziate. Il consorzio di coordinamento è il consorzio che può essere costituito per
conseguire un fine parzialmente o totalmente diverso per lo svolgimento di determinate fasi
delle rispettive imprese, la cui finalità è lo strumento di cooperazione finalizzato alla
riduzione dei costi di gestione delle singole imprese consorziate.

Distinguiamo due tipi di consorzi sul piano civilistico: consorzi con sola attività interna e
consorzi destinati a svolgere anche attività esterna. Nei consorzi con sola attività interna il
compito di tale organizzazione si esaurisce nel regolare i rapporti reciproci fra i consorziati e
nel controllare il rispetto di quanto convenuto, il consorzio quindi non entra in contatto e
non opera con i terzi. Nei consorzi destinati a svolgere anche attività esterna le parti
prevedono l’istituzione di un ufficio comune destinato a svolgere attività con i terzi

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nell’interesse delle imprese consorziate. Per i consorzi con attività esterna è previsto un
regime di pubblicità legale destinato a portare a conoscenza dei terzi i dati essenziali della
struttura consortile, infatti un estratto del contratto di consorzio deve essere depositato per
l’iscrizione presso l’ufficio del registro delle imprese entro 30 giorni dalla stipulazione.
L’organo direttivo ha maggiore significato in questo tipo di consorzio infatti è indispensabile
che il contratto specifichi le persone cui è attribuita la presidenza, la direzione e la
rappresentanza del consorzio e i relativi poteri.

È espressamente prevista la formazione di un fondo patrimoniale (fondo consortile) che è


costituito dai contributi iniziali e successivi dei consorziati e dai beni acquistati con tali
contributi- tale fondo è elevato a patrimonio autonomo rispetto al patrimonio dei singoli
consorziati, infatti esso è destinato a garantire il soddisfacimento dei creditori del consorzio
e solo da questi è aggredibile.

La norma distingue fra: obbligazioni assunte in nome del consorzio dai suoi rappresentanti e
obbligazioni assunte dagli organi del consorzio per conto dei singoli consorziati. Per le
obbligazioni assunte in nome del consorzio dai suoi rappresentanti risponde esclusivamente
il consorzio e i creditori possono far valere i loro diritti solo sul fondo consortile, quindi chi
contratta con un consorzio è esposto a non pochi pericoli, la tutela dei terzi è affidata solo
all’estensione agli amministratori delle sanzioni penali previste per gli amministratori di
società. Per le obbligazioni assunte dagli organi del consorzio per conto dei singoli
consorziati i terzi sono maggiormente tutelati in quanto rispondono solidalmente sia il
consorziato sia il fondo consortile, è inoltre previsto che in caso di insolvenza del consorziato
interessato il debito dell’insolvente si ripartisce fra tutti gli altri consorziati in proporzione
delle loro quote.

Consorzio e società sono due istituti diversi. La diversità è netta e chiaramente percepibile
quando il consorzio svolge attività esclusivamente interna in quanto manca in tal caso
l’esercizio in comune di un’attività economica da parte dei consorziati (elemento essenziale
della società). La distinzione è più sottile quando il consorzio è destinato a svolgere anche
attività con i terzi. In tal caso si differenziano per la diversità dello scopo consortile
perseguito. L’intento dei singoli consorziati non è lo scopo di ricavare un utile bensì quello di
usufruire dei beni e servizi prodotti e messi a loro disposizione dall’impresa consortile in
modo da conseguire un vantaggio patrimoniale diretto nelle rispettive economie, sotto
forma di minori costi sopportati o di maggiori ricavi conseguiti. Lo scopo consortile presente
accentuate affinità con lo scopo mutualistico tipicamente perseguito dalla società consortile.

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DISCIPLINA ANTIMONOPOLISTICA

Gli economisti prospettano un modello ideale di funzionamento del mercato basato su:
contemporanea presenza sul mercato di una pluralità di operatori economici in
competizione fra loro, con conseguente funzionamento dell’offerta fra più imprese nessuna
delle quali sia singolarmente in grado di condizionare il prezzo delle merci; piena mobilità dei
fattori produttivi che assicuri il pronto adeguamento della produzione alle richieste del
mercato; piena mobilità della domanda da parte dei consumatori, liberi di orientare le
proprie scelte verso i prodotti più convenienti per qualità e prezzo; assenza di ostacoli
all’ingresso di nuovi operatori; assenza di accordi fra imprese operanti che falsino la libertà
di competizione economica.

La concorrenza perfetta è però solo un modello ideale e teorico, la realtà è ben diversa. La
non omogenea distribuzione territoriale delle risorse, gli ingenti versamenti richiesti, la
scarsa mobilità della mano d’opera, sono tutti fattori che limitano l’accesso nel mercato di
nuove imprese e spingono le imprese già operanti ad accrescere le loro dimensioni. Gli
imprenditori concorrenti preferiscono quindi l’accordo all’incerta competizione stipulando
quindi dei patti per limitare la reciproca concorrenza oppure intese con le quali si dividono i
mercato di sbocco. Quindi tra concorrenza ed intese si può arrivare fino al punto che tutta
l’offerta è controllata da una sola impresa o da poche grandi imprese (monopolio di fatto).

La ricerca di un faticoso punto di equilibrio fra il modello teorico ed utopico della piena e
perfetta concorrenza e la realtà operativa, sovente orientata verso situazioni di oligopolio o
di monopolio, ci spinge sempre verso di più nei sistemi giuridici ad economia libera
(concorrenza sostenibile).

Fissato quindi il principio guida della libertà di concorrenza, il legislatore italiano: consente
limitazioni legali per fini di utilità sociale ed anche la cessazione dei monopoli legali in
specifici settori di interesse generale; ricollega alla stipulazione di determinati contratti
divieti di concorrenza fra le parti, finalizzato al corretto svolgimento del rapporto cui
accedono ed alla tutela degli interessi patrimoniali del beneficiario del divieto stesso;
consente limitazioni negoziali della concorrenza, ma ne subordina nel contempo la validità al
rispetto di determinate condizioni; assicura l’ordinato e corretto svolgimento della
concorrenza attraverso la repressione degli atti di concorrenza sleale. La disciplina italiana è
quindi volta a preservare il regime concorrenziale del mercato nazionale e a reprimere i
comportamenti anticoncorrenziali come: intese, abuso di posizione dominante e
concentrazioni. La cui autorità garante è un organo pubblico indipendente che vigila sul
rispetto della normativa antimonopolistica. L’autorità è investita di ampi poteri di indagine
ed ispettivi, adotta i provvedimenti antimonopolistici necessari ed irroga le sanzioni
amministrative pecuniarie previste dalla legge.

Le intese sono comportamenti concordati fra imprese volte a limitare la propria libertà di
azione sul mercato. Esempio di intese, al fine di fissare prezzi uniformi o di influenzare la
produzione, sono: accordi fra imprese; le deliberazioni di consorzi, di associazioni di imprese
e di altri organismi simili; le pratiche concordate fra imprese. Non tutte le intese

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anticoncorrenziali sono vietate. Vietate sono le intese che abbiano per oggetto o per effetto
di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all’interno
del mercato o in una sua parte rilevante. Sono quindi lecite le cosiddette intese minori e cioè
quelle intese che per la struttura del mercato interessato, le caratteristiche delle imprese
operanti e gli effetti sull’andamento dell’offerta non incidono sull’assetto concorrenziale del
mercato. Le intese vietate sono nulle. Chiunque, indipendentemente dall’iniziativa
dell’autorità garante può agire per farne accertare la nullità. Il divieto di intesa non ha però
carattere assoluto. L’autorità può infatti concedere esenzioni temporanee purché ricorrano
le condizioni specificate dalla legge.

Vietato non è il fatto dell’acquisizione di una posizione dominante sul mercato o di una parte
rilevante, cioè la circostanza che l’impresa sia in grado di esercitare un’influenza
preponderata sul mercato e di agire senza dover tener conto della reazione dei concorrenti,
ma vietato è solo lo sfruttamento abusivo di tale posizione dominante mediante
comportamenti lesivi. I comportamenti tipici che possono dar luogo ad abuso di posizione
dominante sono: imporre prezzi o altre condizioni contrattuali ingiustificatamente gravosi;
impedire o limitare la produzione, gli sbocchi o gli accessi al mercato e lo sviluppo tecnico il
tutto a danno dei consumatori; applicare nei rapporti commerciali condizioni
oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti; subordinare la conclusione di contratti
all’accettazione di prestazioni supplementari. Il divieto di abuso dominante non ammette
eccezioni. Accertata l’infrazione, l’autorità competente ne ordina la cessazione prendendo le
misure necessarie. Anche l’abuso dello stato di dipendenza economica nel quale si trova
un’impresa, cliente o fornitori, rispetto ad una o più altre imprese anche in posizione non
dominante sul mercato è vietato. Per dipendenza economica si intende la situazione in cui
un’impresa sia in grado di determinare, nei rapporti commerciali con un’altra impresa, un
eccessivo squilibrio di diritti e di obblighi.

Si hanno le concentrazioni quando: due o più imprese si fondano dando così luogo ad
un’unica impresa (concentrazione giuridica); due o più imprese, pur restando giuridicamente
distinte, diventano un’unica entità economica (concentrazione economica); due o più
imprese indipendenti costituiscono un’impresa societaria comune. Diversi sono gli strumenti
giuridici che possono dar luogo ad un’operazione di concentrazione (fusione, scissione,
acquisto di azienda) ma identico è però il risultato economico ultimo e cioè l’ampliamento
della quota di mercato determinata da un’impresa e realizzata attraverso operazioni che
comportano la stabile riduzione del numero di imprese indipendenti operanti nel settore.

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LA CONCORRENZA SLEALE

La concorrenza sleale indica l’utilizzo di tecniche, pratiche, comportamenti e mezzi illeciti per
ottenere un vantaggio sui competitori o per arrecare loro un danno.

La libertà di iniziativa economica implica la normale presenza sul mercato di una pluralità di
imprenditori che offrono beni o servizi identici o similari e che quindi sono in competizione
fra loro per conquistare il potenziale cliente e quindi il maggior successo economico. Ne
consegue che ciascun imprenditore gode di ampia libertà di azione e può porre in atto le
tecniche e le strategie che ritiene più proficue.

Procurarsi un vantaggio sul mercato a scapito di altri operatori rientra nelle regole della
concorrenza ma è tuttavia indispensabile che la competizione fra imprenditori si svolga in
modo corretto e leale.

L’interesse tutelato non è soltanto l’interesse degli imprenditori a non veder alterate le
proprie probabilità di guadagno per effetto di comportamenti sleali ma è anche il più
generale interesse a che non vengano falsati gli elementi di valutazione e di giudizio del
pubblico e che soprattutto non siano tratti in inganno i consumatori finali (tutela in modo
mediato e riflesso).

L’applicazione della disciplina della concorrenza sleale richiede la presenza di un duplice


supporto: la qualità di imprenditore sia del soggetto che pone in essere l’atto di concorrenza
sleale e sia del soggetto che ne subisce le conseguenze; l’esistenza di un rapporto di
concorrenza economia fra i medesimi.

I comportamenti che costituiscono atti di concorrenza sleale possono essere racchiusi in due
ampie fattispecie tipiche: gli atti di confusione e gli atti di denigrazione e l’appropriazione di
pregi altrui. Costituisce comunque atto di concorrenza sleale ogni altro mezzo non conforme
ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’altrui azienda.

È atto di confusione tutti quelli idonei a creare confusione con i prodotti e con l’attività di un
concorrente; è lecito attrarre a sé l’altrui clientela ma non è lecito farlo avvalendosi di mezzi
che possono trarre in inganno il pubblico, questi mezzi sono sleali perché sfruttano il
successo sul mercato conquistato dai concorrenti, generando equivoci e possibili sviamenti.
Due sono le principali tecniche e pratiche che un imprenditore può porre per realizzare la
confondibilità dei prodotti e della propria attività con quelli di un concorrente: segni distintivi
e imitazione servile.

Gli atti di denigrazione e l’appropriazione di pregi altrui comprende: gli atti di denigrazione
che consistono nel diffondere notizie e apprezzamenti sui prodotti e sull’attività di un
concorrente, chi si avvale direttamente o indirettamente di ogni mezzo non conforme ai
principi della correttezza professionale.

La pubblicità comparativa non sempre costituisce atto di concorrenza sleale. È tale ogni
pubblicità che identifichi in modo esplicito o implicito un concorrente o i beni o servizi da lui

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offerti confrontando la propria attività o i propri prodotti a quelli dei concorrenti, in modo da
gettare discredito sugli altrui prodotti o sull’altrui attività.

La pubblicità menzognera rientra nella più ampia sfera di tutti gli atti non conformi ai principi
della corretta professionalità. Tale pubblicità attribuisce ai propri prodotti falsa qualità e
pregi (al fine di ingannare il pubblico) non appartenenti però ad alcun concorrente (perciò
non rientra nelle precedenti fattispecie.

Altre forme di concorrenza sleale sono: la concorrenza parassitaria, consiste nella


sistematica imitazione delle altrui iniziative imprenditoriali; il boicottaggio economico, è tale
il rifiuto ingiustificato di un’impresa (o gruppi) in posizione dominante di fornire i propri
prodotti a determinati rivenditori per escluderli dal mercato; dumping, la sistematica vendita
sotto costo dei propri prodotti finalizzato all’eliminazione dei concorrenti ed all’acquisizione
di una posizione di monopolio; storno di dipendenti, la sottrazione ad un concorrente di
dipendenti o anche di collaboratori autonomi particolarmente qualificati, mediante l’utilizzo
di mezzi scorretti.

La repressione degli atti di concorrenza sleale si fonda su due sanzioni: inibitoria e


risarcimento danni. L’inibitoria consiste nell’ottenere una sentenza che accerti l’illecito
concorrenziale, ne inibisca la continuazione per il futuro e ne disponga a carico della
controparte i provvedimenti reintegrativi necessari per far cessare gli effetti della
concorrenza sleale; l’azione inibitoria e le relative sanzioni prescindono dal dolo o dalla colpa
del soggetto attivo e dall’esistenza di un danno patrimoniale. Il concorrente leso potrà
ottenere il risarcimento dei danni, ad esempio, fra le misure risarcitorie, il giudice può
disporre anche la pubblicazione della sentenza in uno o più giornali a spese del
soccombente.

La pratica commerciale è in senso lato una qualsiasi pratica posta in essere da un


professionista in relazione alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai
consumatori. Quindi una pratica commerciale è scorretta se cumulativamente: non è
conforme al grado di diligenza che il consumatore può ragionevolmente attendersi dal
professionista in base ai principi generali di correttezza e buona fede; è idonea a falsare il
comportamento economico del consumatore medio, inducendolo ad assumere una
decisione commerciale che non avrebbe altrimenti preso.

La legge delinea due categorie di pratiche commerciali scorrette: pratiche ingannevoli, se


contengono informazioni false o se sono idonee a trarre in errore o confusione il
consumatore medio affinché prenda una decisione che altrimenti non avrebbe preso;
pratiche aggressive, cioè pratiche che mediamente molestie oppure coercizione fisica o
morale sono idonee a limitare considerevolmente la libertà di scelta o di comportamento del
consumatore medio affinché prenda una decisione che altrimenti non avrebbe preso.

In ragione della più ampia diffusione e della pericolosità che il mezzo pubblicitario può avere,
la materia è oggetto di una disciplina speciale: codice di autodisciplina pubblicitaria. Questo
sistema li impegna a non diffondere messaggi pubblicitari che contrastino con le regole di

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comportamento fissate dal codice. Un organismo di giustizia privata (il Giurì di
autodisciplina) vigila sul rispetto del codice e funge da organo giudicante. A garantire inoltre
la concorrenza vi è un organo di controllo istituito dalla legge antitrust (o AGCM, Autorità
Garante della Concorrenza sul Mercato).

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LE COOPERATIVE

La cooperativa è una società a capitale variabile che si caratterizza per lo specifico scopo
perseguito nello svolgimento dell’attività d’impresa: lo scopo mutualistico, che procura ai
soci un vantaggio patrimoniale diritto ma che non è esclusivo. Se l’atto lo prevede tali società
possono svolgere anche attività con i terzi a scopo lucrativo.

Il tratto distintivo delle cooperative rispetto a tutti gli altri tipi di società, risiede non solo
nella diversa struttura organizzativa quanto piuttosto in un carattere che si colloca a monte e
cioè lo scopo economico perseguito. Quindi identico è lo scopo/mezzo ma diverso è lo
scopo/fine.

Lo scopo mutualistico indica quindi un particolare modo di organizzazione e di svolgimento


dell’attività di d’impresa che si caratterizza per la gestione dei servizi a favore dei soci. I soci
infatti sono destinatari elettivi (ma non esclusivi) dei beni o servizi prodotti dalla cooperativa
ovvero della possibilità di lavoro e della domanda di materie prime dalla stessa create. I soci
della cooperativa mirano a realizzare un risultato economico ed un proprio vantaggio
patrimoniale. Il risultato economico perseguito non è però la più elevata remunerazione
possibile del capitale investito (lucro soggettivo), è invece quello di soddisfare un comune
preesistente bisogno economico, conseguendo quindi un risparmio di spesa oppure una
maggiore remunerazione. Elementi che caratterizzano le cooperative a mutualità prevalente
sono: la presenza di clausole che limitano la distribuzione di utili e riserve ai soci e l’attività
prevalentemente a favore dei soci. tipologie di cooperative a mutualità prevalente sono: le
cooperative di consumo, i cui ricavi delle vendite dei beni e delle prestazioni di servizio verso
i soci devono essere superiori al 50% del totale dei ricavi delle vendite e prestazioni; le
cooperative di lavoro, il cui costo del lavoro dei soci deve essere superiore al 50% del totale
del costo del lavoro; le cooperative di produzione e lavoro, il cui costo della produzione per
servizi ricevuti dai soci ovvero per i beni conferiti dai soci deve essere superiore al 50% del
totale dei costi dei servizi ovvero del costo delle merci e delle materie prime.

Le cooperative a mutualità prevalente sono tenute ad iscriversi all’albo delle cooperative,


tenuto dal Ministero delle attività produttive, presso il quale si presenta il bilancio
annualmente.

Per tutte le cooperative è previsto un numero di soci per la costituzione della società, che
siano in possesso di requisiti specifici soggettivi. È fissato un limite massimo per la quota di
partecipazione e per la distribuzione degli utili. Le variazioni del numero dei soci e le
variazioni del capitale sociale non modificano l’atto costitutivo.

I soci devono essere almeno 9 se è una SPA, bastano 3 persone fisiche, che cambiano a
seconda del settore d’attività, se la società è una SRL. È necessario che i soci cooperatori
siano in possesso di requisiti specifici soggettivi in modo da assicurare che la compagine
sociale, almeno in prevalenza, sia composta da persone appartenenti a categorie sociali
specificatamente interessate a fruire dei beni, servizi od occasioni di lavoro prodotti dalla
cooperativa. La società è soggetta a scioglimento e deve essere avviato un processo di

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liquidazione se il numero dei soci scende al di sotto del minimo consentito e non viene
reintegrato entro un anno.

Accanto ai soci cooperatori, potrebbe esserci la presenza di un’altra categoria di soci, non
specificatamente interessati alle prestazioni mutualistiche ed il cui ruolo è esclusivamente
quello di apportare il capitale di rischio necessario per lo svolgimento dell’attività della
cooperativa: il socio sovventore. Può essere sia una persona fisica che giuridica. In definitiva
il socio sovventore non è altro che il socio che effettua speciali conferimenti per la
costituzione di fondi per lo sviluppo aziendale. Sono fissati limiti massimi alla quota di
partecipazione di ciascun socio ed alla percentuale di utili agli stessi distribuibile. Le
variazioni del numero e delle persone dei soci con la conseguente variazione del capitale
sociale non comporta alcuna modifica dell’atto costitutivo.

Nell’atto costitutivo è necessario inserire: l’oggetto sociale con riferimento ai requisiti e agli
interessi dei soci, la denominazione sociale che può essere formata liberamente ma deve
contenere la dicitura “cooperativa”, le condizioni per l’ammissione di nuovi soci, le
condizioni per l’eventuale recesso ed esclusione, la ripartizione degli utili e dei ristorni. L’atto
va iscritto al registro delle impresa da parte del notaio, a quel punto la cooperativa acquista
capacità giuridica.

La disciplina dei conferimenti è identica a quella dettata per le SPA, salvo per i conferimenti
in denaro dove non è richiesto il versamento iniziale del 25% presso un istituto di credito.
Con l’attuale disciplina per le obbligazioni sociali risponde solo la società con il suo
patrimonio. Il socio che non esegue in tutto o in parte i conferimenti dovuti può essere
escluso dalla società ed inoltre risponde verso la stessa per un anno dal giorno in cui il
recesso, l’esclusione o la cessione della quota si è verificata. Se entro un anno dallo
scioglimento del rapporto si manifesta l’insolvenza della società, il socio uscente è tenuto a
restituire alla stessa quanto ricevuto per la liquidazione della quota o per il rimborso delle
azioni. Inoltre il creditore particolare del socio non può agire esecutivamente sulla quota o
sulle azioni dello stesso. Nelle cooperative la partecipazione sociale può essere
rappresentata da quota o da azioni a seconda che la cooperativa sia regolata dalla disciplina
della SPA o della SRL. Nessun socio può avere una quota superiore a 100000 € né tante
azioni in cui il valore superi tale somma. L’acquisto di proprie quote o azioni è soggetto a
delle particolarità: l’acquisto e il rimborso è possibile solo se espressamente previsto
nell’atto costitutivo, ma non è necessario che gli amministratori siano di volta in volta
autorizzati dall’assemblea ordinaria e né che questa fissi le modalità di acquisto; l’acquisto e
il rimborso siano fatti nel rispetto di un duplice limite: il rapporto tra patrimonio netto e
complessivo indebitamento della società deve essere superiore a un quarto, l’acquisto o il
rimborso deve essere effettuato nei limiti degli utili distribuibili e delle riserve disponibili
risultanti dall’ultimo bilancio regolarmente approvato. Le quote e le azioni dei soci
cooperatori non possono essere cedute senza l’autorizzazione degli amministratori, il cui
provvedimento deve essere comunicato al socio entro 60 giorni dalla richiesta. Il silenzio va
come assenso. L’autorizzazione non potrà essere concessa qualora l’acquirente non
possegga i requisiti soggettivi fissati per legge o per atto costitutivo. Il provvedimento che

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nega l’autorizzazione deve essere motivato e contro lo stesso socio può proporre
opposizione al tribunale entro 60 giorni dal ricevimento. La figura dei soci sovventori
consente la raccolta del capitale di rischio anche fra soggetti sprovvisti degli specifici requisiti
soggettivi richiesti. Questa figura di socio è ammessa perché lo statuto preveda la
costituzione di fondi per lo sviluppo tecnologico e per la ristrutturazione o il potenziamento
aziendale. I conferimenti di questi soci sono rappresentati da azioni o quote nominative
liberamente trasferibili. Le azioni di partecipazione alla cooperativa sono una particolare
categoria di azioni che sono prive del diritto di voto e sono privilegiate nella ripartizione degli
utili e nel rimborso del capitale. Queste azioni possono essere emesse dalla società che abbia
adottato procedure di programmazione pluriennale finalizzate allo sviluppo o
all’ammoderamento aziendale. Possono essere emesse per ammontare non superiore al
valore delle riserve indivisibili o del patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio ma
devono essere offerte in opzione per almeno la metà ai soci ed ai lavoratori dipendenti della
cooperativa. Alle società cooperative regolate dalla disciplina delle SPA è stata consentita
anche l’emissione di obbligazioni per la raccolta di capitale di prestito. I limiti e i criteri di
emissione sono fissati dal comitato interministeriale per il credito e il risparmio.

Gli organi sociali della cooperativa sono l’assemblea e l’amministrazione di controllo. In


assemblea ogni socio ha diritto a un voto, qualunque sia il valore della quota o il numero di
azioni possedute, a meno che non si tratti di persone giuridiche a cui possono essere
attribuiti più voti (non oltre 5) in base alla quota e alle azioni, mentre ai soci sovventori
possono essere attribuiti più voti che non devono superare l’un terzo dei voti spettanti a tutti
i soci. Hanno comunque diritto al voto i soci iscritti nel libro dei soci da almeno 90 giorni. Il
socio può farsi rappresentare solo da un altro socio, che può rappresentare al massimo 10
soci. Il voto può essere dato anche per corrispondenza o attraverso altri mezzi di
telecomunicazione, se l’atto costitutivo lo permette. I quorum costitutivi e deliberativi vanno
collocati secondo il numero dei voti spettanti per testa e non in base all’ammontare della
loro partecipazione al capitale sociale. I quorum sono determinati dall’atto costitutivo che
può derogare in aumento ed anche in diminuzione le maggioranze stabilite per le SPA.
Esistono le assemblee separate che rappresentano la possibilità di una formazione
progressiva della volontà assembleare. L’atto costitutivo può cioè prevedere che il
procedimento assembleare sia articolato in due fasi (assemblea separata e assemblea
generale), in modo da agevolare la partecipazione dei soci. Tali assemblee sono però
obbligatorie quando la società ha più di 3000 soci e svolge la propria attività in più province
oppure se ha più di 500 soci e si realizzano più gestioni mutualistiche. Queste assemblee
deliberano sulle stesse materie che formano oggetto dell’assemblea generale ed eleggono
dei soci-delegati che partecipano a quest’ultima. Le assemblee separate hanno funzione
preparatoria di quella generale.

I primi amministratori sono nominati nell’atto costitutivo e successivamente dall’assemblea.


La maggioranza degli amministratori deve essere scelta obbligatoriamente tra i soci
cooperatori ovvero tra le persone designate dai soci cooperatori tra le persone giuridiche.

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Esiste poi il collegio sindacale e il collegio dei probiviri. Per il collegio sindacale la nomina è
obbligatoria negli stessi casi della SRL e cioè quando la società ha un capitale non inferiore a
quello minimo della SPA oppure quando sono superati per due esercizi consecutivi due dei
limiti indicati dalla legge per la redazione di bilancio in forma abbreviata, nonché quando la
cooperativa ha emesso strumenti finanziari non partecipativi. Al collegio dei probiviri è
affidata la risoluzione delle controversie tra soci, tra soci e società e per la gestione
mutualistica.

La cooperativa è soggetta a controllo giudiziale, una vigilanza governativa mirata a ispezioni


straordinarie disposte quando si ravvisa l’opportunità, da parte del Ministero delle attività
produttive, finalizzato all’accertamento dei requisiti mutualistici e a garantire il regolare
funzionamento amministrativo e contabile. L’autorità può: revocare amministratori e sindaci
ed affidare la gestione della cooperativa a un commissario governativo; disporre la
liquidazione coatta amministrativa della cooperativa in caso di insolvenza; decretare lo
scioglimento se la cooperativa non persegue lo scopo mutualistico o non è in grado di
raggiungere gli scopi per cui è stata costituita o se per due anni consecutivi non ha
depositato il bilancio d’esercizio o non ha compiuto atti di gestione.

Ogni anno la cooperativa deve redigere il bilancio e la distribuzione degli utili, diversi dai
ristorni. I ristorni costituiscono uno degli strumenti tecnici per attribuire ai soci il vantaggio
mutualistico derivante dai rapporti di scambio con la cooperativa ovvero l’integrazione della
retribuzione corrisposta dalla cooperativa per la prestazione del socio, sono assegnati ai soci
in proporzione delle prestazioni mutualistica. Gli utili sono la parte di capitale distribuita in
proporzione al capitale conferito ad ognuno e si dividono in: riserva legale, la percentuale di
utili netti annuali che deve essere accantonata per legge, e il fondo di promozione, la
percentuale di utili netti annuale da destinare al fondo mutualistico per la promozione e lo
sviluppo della cooperativa.

La formazione del bilancio è integralmente assoggettata alla disciplina dettata per la SPA. È
espressamente richiesto che nella relazione al bilancio gli amministratori e i sindaci
specifichino i criteri seguiti nella gestione sociale per il conseguimento dello scopo
mutualistico e motivino le decisioni assunte sull’ammissione di nuovi soci.

È espressamente semplificativo il procedimento per l’ammissione di nuovi soci non dovendo


ogni volta procedere ad una modifica dell’atto costitutivo (porta aperta). L’ammissione è
deliberata dagli amministratori su domanda dell’interessato e tale procedura prevede
significative garanzie procedurali a vantaggio dell’aspirante socio. Il nuovo socio deve
versare, oltre l’importo delle quote o delle azioni sottoscritte, anche il sovrapprezzo
eventualmente determinato.

Cause di riduzione del numero dei soci e del capitale sono: recesso, esclusione e morte. Il
recesso è ammesso per legge quando: l’atto costitutivo vieta la cessione delle quote o delle
azioni; la dichiarazione di recesso deve essere comunicata per raccomandata alla società e
gli amministratori devono esaminarla comunicando al socio solo se l’esito è negativo, in tal
caso il socio si oppone in tribunale entro 60 giorni dalla comunicazione. L’esclusione è

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disposta nel caso di mancato pagamento delle quote o delle azioni, per gravi inadempienze
del socio per le obbligazioni sociali e per la mancanza o perdita dei requisiti previsti dalla
società; l’esclusione è deliberata dagli amministratori o dall’assemblea ed è
immediatamente efficace. In caso di morte del socio, il rapporto si scioglie, a meno che l’atto
costitutivo non preveda che si continui il rapporto con gli eredi purché provvisti dei requisiti
richiesti.

Sono cause di scioglimento: la riduzione dei soci al di sotto del numero minimo a meno che
non sia reintegrato entro un anno e la liquidazione coatta amministrativa disposta
dall’autorità governativa. Per il procedimento di liquidazione, in caso di ritardo o irregolarità,
l’autorità governativa può sostituire i liquidatori.

Per quanto riguarda la destinazione del residuo, l’intero patrimonio netto deve essere
devoluto ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione.

I consorzi di cooperative sono forme di organizzazione collettiva cui le cooperative ricorrono


per raggiungere un maggior grado di efficienza sul mercato. La legge Basevi prevede tre
diversi tipi di consorzi: per l’esercizio in comune dell’attività economica, per i pubblici appalti
e per il coordinamento della produzione e degli scambi. I primi due sono consorzi tra vere e
proprie società cooperative, l’ultimo tra imprenditori.

Le cooperative possono dar vita ad organizzazioni di gruppo, come il gruppo cooperativo


paritetico volto a dar vita a strategie imprenditoriali comuni ed unitarie. Il suo accordo
contrattuale deve prevedere: la durata, la cooperativa che ne ha la direzione e i relativi
poteri e la distribuzione dei vantaggi derivati dall’attività comune. Ogni cooperativa può
recedere senza oneri di alcun tipo. Il contratto deve essere depositato in forma scritta presso
l’albo delle cooperative.

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IL MANDATO

Secondo l’art. 1703 il mandato è il contratto con il quale una parte (il mandatario) si obbliga
a compiere uno o più atti giuridici per conto dell’altra parte (il mandante). Il mandato è
quindi un contratto di cooperazione giuridica esterna cui tipicamente si ricorre quando un
soggetto non può o non vuole provvedere di persona alla cura dei propri interessi.

Il mandato può riguardare il compimento di atti giuridici sia specifici che generali. Il mandato
specifico riguarda affare di un determinato tipo (mandato speciale), mentre quello generale
comprende solo gli atti di ordinaria amministrazione.

Tipologie di mandato sono: mandato collettivo, un mandato conferito da più mandanti ad


uno stesso mandatario con unico atto e per un affare di interesse comune; mandato res
propriam, un mandato conferito nell’interesse del mandatario o di un terzo; mandato con o
senza rappresentanza, è con rappresentanza quando il mandatario è legittimato ad agire non
solo per conto ma anche in nome del mandante, mentre è senza rappresentanza quando
stipula in proprio nome i contratti con i terzi ed assume in proprio nome obbligazioni nei loro
confronti, il mandatario senza rappresentanza acquista i diritti ed assume gli obblighi
derivanti dagli atti compiuti con i terzi, anche se questi hanno avuto conoscenza del
mandato, inoltre i terzi non hanno alcun rapporto con il mandante. Nel mandato senza
rappresentanza gli effetti, sia attivi che passivi, degli atti posti in essere dal mandatario sono
imputati direttamente al mandatario e non al mandante; mandato gratuito od oneroso, si
presume oneroso se è determinato dalle tariffe professionali o agli usi se non è stabilito nel
contratto, altrimenti è determinato dal giudice.

Il mandatario può eseguire il mandato anche a mezzo di un’altra persona (sostituto) senza
autorizzazione del mandante, nel caso il mandatario è responsabile anche degli atti compiuti
dal sostituto. Comunque il mandante è tutelato poiché può agire direttamente contro il
sostituto. Il mandatario inoltre deve rispettare i limiti fissati dal mandato ed eseguirlo
secondo la diligenza del buon padre di famiglia, deve operare in modo da realizzare nel
miglior modo possibile gli interesse del mandante, deve rendere conto al mandante del suo
operato e rimettergli tutto ciò che ha ricevuto a causa del mandato e, infine, deve dare
comunicazione immediata al mandante qualunque sia l’esito del mandato.

Il mandante, oltre a dare un compenso al mandatario, deve dargli i mezzi necessari per
l’esecuzione del mandato e per l’adempimento delle obbligazioni a suo nome, deve
rimborsargli le somme anticipate con gli interessi legali e risarcirlo eventualmente dei danni
subiti a causa dell’incarico, anche se il mandato è gratuito.

Il mandato è sempre revocabile, dando un congruo preavviso se il mandato è a tempo


indeterminato, risarcendo dei danni subiti il mandatario se il mandato è oneroso e non
ricorre una giusta causa. Il mandato è revocabile anche se le parti hanno espressamente
previsto il contrario. È irrevocabile ex lege il mandato conferito nell’interesse del mandatario
o di un terzo (mandato res propriam) salvo che non sia diversamente convenuto o ricorra
una giusta causa.

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Il mandato si estingue in caso di morte, interdizione o inabilitazione del mandante o del
mandatario, tranne: quando il mandato ha per oggetto atti pertinenti l’esercizio d’impresa o
se è nell’interesse del mandatario o di un terzo; in caso di fallimento del mandatario, mentre
se a fallire è il mandante l’esecuzione del contratto è sospesa; per rinuncia del mandatario,
ma deve risarcire i danni al mandante se non ricorre una giusta causa, in ogni caso la
rinuncia deve essere fatta nei modi e nei tempi tali che il mandante possa provvedere alla
sostituzione.

È previsto che il mandante, sostituendosi al mandatario, possa esercitare i diritti di credito


derivati dall’esecuzione del mandato, purché ciò non pregiudichi i diritti che spettano al
mandatario. La legge quindi conferisce al mandante una semplice legittimazione ad esigere i
crediti di cui il mandatario è e resta titolare.

Commissione e spedizione sono sottotipi di mandato senza rappresentanza che si


caratterizzano per l’oggetto specifico dell’incarico conferito al mandatario. La commissione è
un mandato che ha per oggetto l’acquisto o la vendita di beni per conto del committente ed
in nome del commissionario; elementi della commissione sono: operazioni di fido, il
commissionario si presume autorizzato a concedere dilazioni di pagamento, provvigione, il
commissionario ha diritto ad un compenso che di regola è costituito da una percentuale sul
valore dell’affare. La spedizione invece, è un mandato con il quale lo spedizioniere si obbliga
a concludere, in nome proprio e per conto del mandante, un contratto di trasporto e
operazioni accessorie; la spedizione si differenzia dal trasporto per il fatto che lo
spedizioniere si obbliga a stipulare con un vettore un semplice contratto di trasporto mentre
il vettore si occupa del trasporto vero e proprio.

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L’APPALTO

L’appalto è il contratto con il quale una parte (l’appaltatore) assume, con l’organizzazione dei
mezzi necessari e con la gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio
verso un corrispettivo in denaro (art. 1655).

È appalto d’opera il contratto con il quale un’azienda edile si obbliga a costruire un palazzo; è
appalto di servizi il contratto stipulato con un’impresa di ristorazione o un’impresa di pulizia.

È necessario che l’appaltatore sia un imprenditore commerciale non piccolo.

C’è differenza tra appalto e vendita e somministrazione. L’appalto ha per oggetto una
prestazione specifica del fare, la vendita e la somministrazione invece hanno per oggetto un
dare.

Obbligazione fondamentale dell’appaltatore è quella di compiere l’opera o il servizio


commissionatogli, secondo le modalità concordate con il committente, descritte nel
documento scritto chiamato capitolato; deve compiere l’opera a regola d’arte e cioè con
perizia tecnica professionale; è tenuto a rilevare e a far presente al committente eventuali
difetti, la fornitura di materie prime necessarie per il compimento dell’opera (salvo diversa
pattuizione) e a far presente variazioni di progetto, la cui regola generale è che l’appaltatore
non può apportare variazioni a quanto stabilito senza l’autorizzazione del committente,
inoltre se il prezzo dell’opera è stato determinato globalmente, l’appaltatore ha diritto ad un
compenso aggiuntivo solo se espressamente pattuito (regola che subisce eccezioni quando si
dimostra che le modifiche sono necessarie o se ordinate dal committente).

Il committente ha diritto di controllare lo svolgimento dei lavori e verificare le spese. Prima


della consegna, è tenuto a controllare l’opera stessa (collaudo) dandone notizia
all’appaltatore qualora l’esito sia negativo, non è necessaria una dichiarazione espressa di
accettazione in quanto omettere di procedere alla verifica oppure riceverla senza riserve
equivale ad un tacito assenso.

Con l’accettazione dell’opera i rischi di perimento o deterioramento dell’opera passano


dall’appaltatore al committente, l’appaltatore quindi è liberato dalla garanzia per difformità
e vizi dell’opera riconoscibili dal committente. Se l’opera è stata accettata senza riserve, la
garanzia va a coprire solo i vizi e le difformità occulte. I vizi e le difformità devono essere
denunciati dall’appaltatore entro 60 giorni dalla scoperta, a meno che non siano occulte. Il
committente può richiedere la risoluzione del contratto solo se le difformità e vizi dell’opera
sono tali da rendere inidonea la sua destinazione. In questo caso ha diritto al risarcimento
danni se vizi e difformità sono imputabili all’appaltatore e viene richiesta una riduzione del
prezzo con l’eliminazione dei difetti e dei vizi a spese dell’appaltatore.

Se l’appalto ha per oggetto la costruzione di un edificio o di un immobile, alla garanzia si


aggiunge la responsabilità dell’appaltatore per la durata di 10 anni dal compimento
dell’opera. Questa responsabilità scatta solo in caso di rovina totale o parziale dell’immobile
o in caso di gravi difetti imputabili a vizi del suolo o a difetti di costruzione. L’appaltatore

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deve denunciare il fatto entro 1 anno dalla scoperta, a meno che non siano occultati. È
esonerato da responsabilità quando vi sono errori di progettazione nel cosiddetto appalto a
regia, quando cioè il progetto è predisposto senza alcuna possibilità di iniziativa.

Obbligazione fondamentale del committente è quella di pagare un corrispettivo in denaro. Il


prezzo può essere determinato per tutta l’opera (appalto a corpo o a forfait); per ogni unità
di misura dell’opera (appalto a misura); sono ammessi comunque pagamenti in forma mista.
La revisione del prezzo può essere richiesta da entrambe le parti quando: il costo dei
materiali o della mano d’opera subisce variazioni dovute a circostanze imprevedibili tali da
determinare un aumento superiore al decimo del prezzi dell’appalto; in caso di difficoltà di
esecuzione dell’opera derivanti da cause geologiche, idriche o simili e quindi non previste
dalle parti, che rendono notevolmente più onerosa la prestazione.

È consentito solo al committente di recedere dal contratto in corso d’opera, senza una giusta
causa.

La morte dell’appaltatore non scioglie il contratto, salvo che non sia pattuito diversamente. Il
committente può comunque recedere dal contratto se gli eredi non sono idonei al
completamento dell’opera; in tal caso non è tenuto a dare agli eredi il guadagno ma versare
solo le quote per le spese sostenute per il valore dell’opera eseguita.

Il subappalto è un contratto d’appalto stipulato fra appaltatore e un terzo, avente come


oggetto l’esecuzione della stessa opera o dello stesso servizio dal primo assunti nei confronti
del committente. L’appaltatore quindi assume il ruolo di sub committente nei confronti del
subappaltatore. Il subappalto, totale o parziale, è possibile solo se è stato autorizzato dal
committente.

Quando le imprese si affidano a terzi, alcune fasi della lavorazione dei propri prodotti o
alcune componenti, si trovano a sottoscrivere un contratto di subfornitura. Tale contratto
viene stipulato per iscritto, nel quale devono essere specificati: i requisiti dei beni o i servizi
richiesti dal committente, il prezzo pattuito, i termini e le modalità di consegna, collaudo e
pagamento. Il subfornitore è responsabile del funzionamento e della qualità dei prodotti ma
non dei materiali con cui lavora, purché abbia segnalato i difetti.

Sono nulli i contratti tra subfornitori e terzi. Infatti è stato imposto il divieto d’abuso dello
stato di dipendenza economica tra cliente o fornitore. È dipendenza economica quando
un’impresa è in grado di determinare uno squilibrio di diritti e di obblighi nei rapporti
commerciali con un’altra impresa.

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LA VENDITA

La vendita è il contratto che ha per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa o di
un diritto verso il suo corrispettivo in denaro (art. 1470).

La vendita non è un contratto tipico d’impresa in quanto entrambe le parti possono non
essere imprenditori, ha però rilievo centrale nell’attività d’impresa.

La vendita è un contratto consensuale che si perfeziona con un semplice accordo fra le parti,
senza la necessità della consegna della cosa venduta o del pagamento del prezzo.

È un contratto con effetti reali quando è sufficiente che la proprietà della cosa si trasferisca
dal venditore al compratore, con conseguente passaggio in testa a quest’ultimo del rischio di
pagamento (effetti reali immediati). Si parla di vendita obbligatoria quando gli effetti reali
della vendita si producono in un momento successivo alla stipulazione del contratto senza
che occorra un’ulteriore manifestazione di volontà (effetti reali differiti).

Si ha contratto di vendita anche nella vendita di cose generiche, future o altrui. Nella vendita
di cose generiche la proprietà passa al compratore con l’individuazione delle cose oggetto
della vendita. Nella vendita di cose future il compratore ne acquista la proprietà quando la
cosa viene ad esistenza purché siano cose individuate. Nella vendita di cose altrui il
venditore è obbligato a procura sull’acquisto della cosa del venditore, ne diventa
proprietario nel momento stesso in cui il venditore acquista da un terzo.

Il venditore deve consegnare la cosa al compratore, nel luogo e alla scadenza convenuti,
onde consentirgli la materiale disponibilità del bene acquistato, con i titoli e i documenti
relativi alla proprietà e all’uso della cosa venduta, fargli acquistare la proprietà della cosa e
garantire il compratore dall’evizione e dai vizi della cosa.

Nella vendita con trasporto il venditore si libera dall’obbligo di consegna affidando la cosa al
vettore o allo spedizioniere, le cui spese sono a carico del compratore.

La vendita su documenti riguarda merci già consegnate ad un vettore per il trasporto o


depositate in magazzini generali per le quali si sia già rilasciato un titolo di credito
rappresentativo. La vendita su documenti è realizzata mediante il trasferimento dei suddetti
titoli rappresentativi dato che il possesso degli stessi consente al compratore di ritirare la
merce o di rivenderla.

Se la vendita ha per oggetto cose in viaggio e tra i documenti c’è la polizza di assicurazione, i
rischi della merce sono a carico del compratore.

Il venditore è tenuto a garantire il compratore contro l’evizione. Si ha evizione quando il


compratore perde in tutto o in parte la proprietà della cosa acquistata e subisce una
limitazione nel godimento della stessa a seguito dell’azione giudiziaria di un terzo che vanta
diritti sulla cosa. La legge distingue tre momenti nella disciplina della garanzia per evizione: il
pericolo di evizione, l’evizione minaccia e l’evizione compiuta. Nel pericolo di evizione il
compratore può sospendere il pagamento del prezzo ancora dovuto quando abbia ragione di

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temere che la cosa acquistata possa essere rivenduta da un terzo, salvo che il venditore
presti idonea garanzia; il pagamento non può essere sospeso se il pericolo d’evizione era
noto al compratore al tempo della vendita. Nell’evizione minacciata il compratore chiamato
in giudizio da un terzo deve a sua volta chiamare in causa il venditore, dato l’evidente
interesse di questi a far respingere la domanda del terzo; in mancanza, intervenuta
l’evizione, il compratore perde il diritto alla garanzia se il venditore prova che esistevano
ragioni sufficienti per far respingere la domanda del terzo. Subita l’evizione, con il passaggio
in giudicato della sentenza a favore del tempo, il compratore ha diritto al risarcimento dei
danni subiti. Se la garanzia per evizione è totale, il venditore deve rimborsare al compratore
il prezzo pagato interamente e le spese sostenute; se parziale, il compratore ha diritto solo
ad una riduzione del prezzo e al risarcimento danni.

Il venditore deve garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendono inidonea
all’uso o che ne diminuiscano il suo valore considerevolmente. La garanzia copre di regola
solo i vizi occulti, cioè quelli non riconosciuti facilmente o non conosciuti dal compratore. Il
compratore può chiedere alternativamente: la risoluzione del contratto con conseguente
rimborso integrale del prezzo e delle spese sostenute o la semplice riduzione del prezzo in
rapporto al minor valore a causa dei vizi. Copre anche i vizi riconoscibili quando il venditore
ha dichiarato che la cosa era esente da vizi, o i vizi apparenti quando si tratta di cose da
trasportare o cose che il compratore non ha potuto esaminare al momento dell’acquisto. In
presenza di vizi garantiti il compratore può chiedere la risoluzione del contratto (azione
redibitoria) e la riduzione del prezzo. In caso di mancanza di qualità vi è una garanzia che
sussiste quando la cosa venduta non ha le qualità promesse ovvero quelle essenziali per
l’uso a cui è destinata, in tal caso il compratore ha diritto ad ottenere la risoluzione del
contratto. Inoltre c’è la garanzia di buon funzionamento, usata per periodi di tempo stabiliti,
in cui il compratore ha diritto alla sostituzione o riparazione della cosa acquistata per difetti
di funzionamento anche se non sono dovuti a vizi occulti o alla mancanza di qualità. Infine, la
garanzia di conformità viene applicata quando la vendita ha per oggetto beni di consumo e
cioè qualsiasi bene venduto da un imprenditore ad un consumatore; in base a tale disciplina
il venditore ha l’obbligo di consegnare al consumatore beni conformi al contratto di vendita
ed è responsabile nei confronti dello stesso per qualsiasi difetto di conformità esistente al
momento della consegna del bene; in caso di difetto di conformità il compratore può
chiedere a sua scelta la sostituzione a spese del venditore, una riduzione del prezzo o la
risoluzione del contratto; il venditore è tuttavia responsabile solo se il difetto si manifesta
entro due anni dalla consegna del bene.

Nelle vendite commerciali, soprattutto quando non è possibile l’esame preventivo della
merce, sono utilizzate particolari tipologie di garanzia: la vendita con riserva di gradimento, è
una vendita perfezionata dopo che il compratore ha esaminato la merce; la vendita a prova,
in cui il contratto è sottoposto alla condizione sospensiva che la merce abbia le qualità
pattuite e che sia idonea all’uso; la vendita su campione o su tipo di campione, riguarda il
paragone per la qualità della merce.

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La principale obbligazione del compratore è quella di pagare il prezzo convenuto. La
determinazione del prezzo è rimessa alla libera contrattazione delle parti, salvo che non si
tratti di beni il cui prezzo è imposto dall’autorità amministrativa. Sono a carico del
compratore le spese del contratto di vendita e le spese accessorie e di trasporto. In caso di
inadempienze, se si tratta di inadempienze da parte del venditore, il compratore può
acquistare la cosa a spese del venditore senza pretendere una differenza di prezzo da quello
stabilito, oltre il risarcimento danni. Compera e vendita in danno devono avvenire senza
ritardi e con avviso immediato alla controparte.

La vendita con riserva di proprietà ricorre nelle vendite a rate, quindi pagamenti frazionati
nel tempo, il venditore ha diritto alla restituzione della cosa e a sua volta restituisce le rate, il
compratore invece non può vendere la cosa fino al pagamento dell’ultima rata. La vendita
con patto di riscatto si ha quando il venditore si riserva il diritto di riacquistare la proprietà
della cosa entro i termini stabiliti, mediante la restituzione del prezzo e delle spese sostenute
entro il termine massimo di due anni per i beni mobili e cinque anni per i beni immobili. La
vendita fuori dai locali commerciali riconosce al compratore il diritto di revocare l’ordine di
acquisto o di recedere il contratto concluso entro 10 giorni dal momento in cui visiona la
merce e risulta essere non idonea all’uso cui è destinata o con vizi, in seguito al recesso
l’operatore commerciale è tenuto a restituire il prezzo pagato entro 30 giorni.

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IL CONTRATTO ESTIMATORIO

Il contratto estimatorio è il contratto con il quale una parte (tradens) consegna una o più
cose mobili all’altra parte (accipiens) e questa si obbliga a pagare il prezzo entro il termine
stabilito, a meno che non restituisca le cose nello stesso termine (art. 1556).

Il contratto estimatorio è usato nei rapporti tra fornitori e rivenditori, nel contratto di
vendita in cui il rivenditore non vuole accollarsi il rischio economico di dover pagare al
fornitore la merce invenduta dopo un certo periodo di tempo. Tale rischio è elevato quando
si tratta di beni che possono trovare acquirenti solo nell’arco di un breve tempo o possono
essere successivamente rivenduti solo con forti sconti o quando si richiedono notevoli
immobilizzazioni di capitali. Questo contratto si perfeziona solo con la consegna della merce
all’accipiens e l’obbligo, che nasce a suo carico, è quello di pagare il prezzo stabilito al
momento della conclusione del contratto.

All’accipiens è riconosciuta la facoltà di liberarsi delle obbligazioni restituendo le cose nel


termine pattuito. Con la consegna della cosa tutti i rischi passano a carico dell’accipiens
secondo il principio resperit domino.

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IL CONTRATTO DI SOMMINISTRAZIONE

La somministrazione è il contratto con il quale una parte (il somministrante) si obbliga ad


eseguire per un’altra parte (il somministrato) prestazioni periodiche o continuative di cose,
verso un corrispettivo in denaro (art. 1559).

La somministrazione è un contratto di durata, che assicura la regolarità delle forniture nel


tempo e la stabilità dei prezzi. È un contratto che può avere in oggetto solo la prestazione di
cose, altrimenti si tratterebbe di appalto.

Ci sono differenze tra somministrazione e vendita. La somministrazione ha per oggetto una


pluralità di prestazioni ed è diretta a soddisfare un bisogno durevole del somministrato. La
vendita invece ha per oggetto un’unica prestazione, anche se per agevolare l’esecuzione da
parte del venditore, si può stabilire che la consegna debba essere frazionata nel tempo.

Elemento distintivo del contratto di somministrazione è la disciplina del quantum delle


singole prestazioni. Le parti possono anche omettere di specificare in contratto l’entità delle
prestazioni ed in tal caso si intende ex lege pattuita la quantità corrispondente al normale
fabbisogno del somministrato al tempo della conclusione del contratto (è però possibile
stabilire un limite minimo e massimo).

Il prezzo è stabilito nel contratto ed in mancanza si determina secondo le regole della


vendita tenendo conto della scadenza delle singole prestazioni ed al luogo in cui devono
essere eseguite.

Nonostante l’unità del contratto, l’inadempimento di una delle parti in merito a singole
prestazioni, non legittima la controparte a chiedere la risoluzione, questo è invece possibile
se ricorrono due condizioni: l’inadempimento ha notevole importanza ed è inoltre tale da
menomare la fiducia nell’esattezza dei successivi adempimenti.

Nel contratto di somministrazione possono essere inseriti il patto di preferenza e il patto di


esclusiva. Il patto di preferenza è il patto con il quale il somministrato si obbliga a preferire lo
stesso somministrante qualora intenda stipulare un successivo contratto di
somministrazione per lo stesso oggetto. Il patto di esclusiva è a favore del somministrato, del
somministrante o di entrambe le parti; è favore del somministrato quando il somministrante
non può compiere, direttamente o indirettamente, forniture della stessa natura ad altri dove
l’esclusività è concessa; è a favore del somministrante quando il somministrato non può
ricevere da terzi prestazioni della stessa natura né, salvo patto contrario, può procurarsi con
mezzi propri le cose che formano oggetto del contratto.

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IL CONTRATTO DI DISTRIBUZIONE

La stipulazione dei contratti di vendita e somministrazione consentono al produttore


industriale di mettere sul mercato i propri prodotti senza assumere costi e rischi di
distribuzione commerciale, ma non gli consente di coordinarne la commercializzazione.

Il contenuto minimo costante dei contratti di distribuzione consiste: nell’impregno del


distributore ad acquistare periodicamente determinati quantitativi minimi a condizioni
predeterminate nello stesso contratto di distribuzione; nell’impegno ulteriore del
distributore di promuovere, in nome e per conto proprio, la rivendita dei prodotti acquistati
in una zona determinata (in tal caso si tratta di concessione di vendita e franchising)

Nella concessione di vendita, fermo restando che l’organizzazione dei singoli punti vendita
spetta ai concessionari, l’ingerenza del concedente è assicurata da clausole che impongono
ai rivenditori: un’efficiente organizzazione della vendita, l’acquisto di quantitativi minimi di
merce a scadenza e determinate scorte e di pezzi di ricambio, la pratica dei prezzi e delle
condizioni di rivendita prestabiliti dal produttore, la fornitura di assistenza tecnica alla
clientela dopo la vendita e i controlli periodici da parte del concedente sull’efficienza
dell’organizzazione di vendita.

Il franchising è un contratto stipulato tra soggetti economicamente indipendenti per la


distribuzione di beni e servizi, per chi vuole avviare un’impresa senza partire da zero e
preferisce affiliare la propria impresa ad un marchio già conosciuto. Il franchising può essere
utilizzato in ogni settore di attività economica, infatti può riguardare: la vendita di beni
(franchising di distribuzione); la produzione di beni (franchising di produzione); la
distribuzione di servizi (franchising di servizi). L’affiliante: concede all’affiliato la disponibilità
di un insieme di diritti di proprietà industriale ed intellettuale relativi a marchi, insegne,
modelli, disegni e quant’altro; inserisce l’affiliato in un sistema costruito da una pluralità di
affiliati sul territorio allo scopo di commercializzare determinati prodotti. L’affiliato a sua
volta è sempre tenuto ad utilizzare i segni distintivi dell’affiliante. Questo contratto deve
essere stipulato per iscritto a pena nullità ed indicare le condizioni di rinnovo, risoluzione e
cessione; deve precisare gli investimenti e le spese richieste all’affiliato prima dell’inizio
dell’attività, le percentuali che lo stesso è tenuto a versare all’affiliante, nonché l’incasso
minimo che l’affiliato si impegna a realizzare. Può essere a tempo determinato o
indeterminato, nel caso sia a tempo determinato l’affiliante dovrà garantire all’affiliato una
durata minima sufficiente a recuperare gli investimenti effettuati. L’affiliato è tenuto a
mantenere la massima riservatezza in ordine al contenuto dell’attività oggetto
dell’affiliazione commerciale, obbligo che permane anche dopo lo scioglimento del
contratto. Se nel contratto si indica la sede, l’affiliato non può spostarla.

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IL CONTRATTO DI TRASPORTO

Con il contratto di trasporto una parte (il vettore) si obbliga, con la base di un prezzo, a
trasportare persone o cose da un luogo all’altro (art. 1678). Oggetto del contratto è quindi
l’esecuzione di un servizio: il trasferimento nello spazio di persone e cose.

Il codice civile disciplina solo i trasporti terrestri su strada perché: il trasporto marittimo ed
aereo sono regolati dal codice della navigazione e da regolamenti comunitari e il trasporto
ferroviario interno, gestito da Ferrovie dello Stato, è disciplinato da leggi speciali.

Disciplina comune a tutti i tipi di trasporto è quella dettata per le imprese, private e
pubbliche, che gestiscono servizi di linea in regime di concessione amministrativa. Per
assicurare il servizio alla generalità degli utenti e per evitare abuso a loro danno, la libertà di
contrarre, di tali imprese, subisce limiti identici a quelli posti per le imprese che operano in
regime di monopoli, il concessionario infatti: è obbligato ad accettare le richieste di trasporto
che siano compatibili con i mezzi ordinari dell’impresa e deve rispettare la parità di
trattamento fra i diversi richiedenti.

Tipi di contratto di trasporto sono quello gratuito e quello amichevole. Il contratto gratuito
prevede un impegno contrattuale del vettore senza pagamento del prezzo, mentre quello
amichevole non ha contatto e il vettore risponderà dei danni a titolo di responsabilità
extracontrattuale.

Per il trasporto di persone è esclusiva responsabilità del vettore. La conclusione di questo


contratto non ha regole particolari ed è accompagnato dal rilascio di un biglietto di viaggio,
che è un documento di legittimazione. Il vettore si obbliga a trasportare l’avente diritto e a
farlo arrivare indenne e senza perdita delle sue cose. Il vettore è responsabile per il ritardo
da mancata esecuzione del trasporto, dei sinistri che colpiscono il viaggiatore durante il
trasporto e della perdita o avaria del bagaglio (responsabilità ex recepto, assoggettat ad una
specifica e più rigorosa disciplina, per sottrarsi al risarcimento danni, il vettore è tenuto a
fornire la prova positiva e specifica che la perdita o l’avaria sono dovute ad a cause a lui non
imputabili: caso fortuito, natura o vizi delle cose trasportate o del loro imballaggio) se non
prova di aver attivato tutte le misure di sicurezza per evitare il danno. Obbligo del mittente è
quello di pagare il corrispettivo del trasporto, a meno che non sia a carico del destinatario
con apposite clausole. Obbligazione principale del vettore è quella di eseguire il trasporto
secondo le modalità pattuite e di consegnare la merce al destinatario, avvisandolo
dell’arrivo. Può assumersi l’obbligo di riscuotere per conto del mittente il prezzo della merce
consegnata. Alle responsabilità contrattuali si aggiunge quella extracontrattuale fondata sul
principio generale del neminem laedere, il che comporta che il danneggiato potrà agire
contro il vettore pur dopo la scadenza del termine annuale di prescrizione dell’azione
contrattuale. Il destinatario non ha diritti sulla cosa finché non ne paga la quota.

Il trasporto di cose è un contratto consensuale tra mittente e vettore. Il mittente è tenuto a


fornire al vettore tutte le indicazioni necessarie della cosa trasportata e per il trasporto, con i
relativi documenti (lettera di vettura). La lettera di vettura è connessa alla merce durante il

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trasporto ed è esibita al destinatario nel momento della consegna. Su richiesta del mittente,
il vettore è tenuto a rilasciare una copia della lettera di vettura o la ricevuta del carico
trasportato. Titoli rappresentativi sono anche: nel trasporto marittimo, la polizza di carico, la
polizza ricevuta per l’imbarco e gli ordini di consegna; nel trasporto aereo, la lettera di
trasporto aereo. Quando non è stato emesso alcun titolo rappresentativo della merce e nel
contratto è indicato come destinatario una persona diversa dal mittente, il contratto di
trasporto è prevalentemente configurato come contratto a favore di un terzo. In tal caso il
destinatario non acquista i diritti derivanti dal contratto al momento della stipulazione ma
nel momento in cui, arrivate le cose a destinazione, ne chiede la riconsegna al vettore.

Il trasporto con pluralità di vettori è il trasporto che viene utilizzato quando un singolo
vettore non è in grado di eseguire, con la propria organizzazione, l’intero trasporto dal luogo
di partenza a quello di arrivo. Tale esecuzione può assumere forme giuridiche diverse e
diversamente regolate come: sub trasporto, trasporto con rispedizione e trasporto
cumulativo. Nel sub trasporto il primo vettore si impegna direttamente verso il mittente ad
eseguire il trasporto, avvalendosi dell’aiuto di altri vettori (sub vettori) con i quali stipula un
contratto di trasporto in nome e per conto proprio, assumendo nei loro confronti la veste di
sub mittente. Il trasporto con rispedizione riguarda il trasporto di cose e si ha quando il
vettore si obbliga verso il mittente ad eseguire il trasporto per una parte del percorso
complessivo e a stipulare per i tratti successivi uno o più contratti con altri vettori, in nome
proprio e per conto del mittente; il primo vettore si obbliga ad eseguire il trasporto nella
prima parte, mentre lo spedizioniere nelle successive. Nel trasporto cumulativo più vettori si
obbligano con un unico contratto ad eseguire il trasporto fino alla destinazione, ciascuno per
un tratto dell’intero percorso; nel trasporto cumulativo di persone ogni vettore è
responsabile per i sinistri nel proprio tratto, mentre nel trasporto cumulativo di cose i vettori
sono responsabili in solido per l’intero percorso; l’ultimo vettore rappresenta i precedenti
per la riscossione dei crediti.

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IL CONTRATTO DI AGENZIA

Con il contratto di agenzia una parte (l’agente) assume, stabilmente e con retribuzione,
l’incarico di promuovere contratti in una zona determinata (art. 1742).

L’agente assume il ruolo di rappresentante di commercio quando promuove la conclusione


di contratti e ha il potere di concluderli per nome e per conto del preponente. Agenti e
rappresentanti di commercio costituiscono una particolare categoria di ausiliari autonomi
dell’imprenditore. La loro funzione tipica è quella di consentire la distribuzione capillare dei
prodotti attivi prendendo contatti con la clientela di una determinata zona e stimolandone
gli ordini. L’agente di commercio opera avvalendosi di una propria autonomia e
organizzazione e a proprio rischio. L’agente, anche se legato da un rapporto stabile al
preponente, si distingue nettamente dagli ausiliari subordinati dell’imprenditore, quindi è un
lavoratore autonomo e non subordinato.

L’attività di agente e di rappresentante di commercio può essere esercitata solo dagli iscritti
in appositi registri tenuti dalla camera di commercio. Questa attività è regolata sia dal codice
civile che dagli accordi collettivi di settore, stipulati con le associazioni professionali degli
imprenditori preponenti. Una disciplina speciale è poi prevista per alcune categorie d’agenti,
come gli agenti di assicurazione e gli agenti promotori di servizi finanziari. All’agente è
vietato trattare, nella stessa zona, gli affari di più imprese in concorrenza, deve agire con
lealtà e in buona fede e attenersi alle istruzioni dategli dal preponente.

Il contratto di agenzia può essere concluso anche verbalmente, deve però essere provato per
iscritto. Per evitare situazioni di incertezza, ciascuna parte ha diritto di ottenere dall’altro un
documento della stessa sottoscrizione che riproduca il contenuto del contratto e delle
clausole aggiuntive (tale diritto è irrinunciabile). Il contratto di agenzia comporta un diritto
reciproco di esclusiva per la zona prefissata. Salvo patto contrario il preponente può
avvalersi di più agenti nella stessa zona e per lo stesso tipo di attività.

All’agente è riconosciuta una limitata rappresentanza attiva e passiva del preponente, per
l’esecuzione di contratti conclusi per suo tramite. Di regola l’agente promuove soltanto la
conclusione dei contratti, mentre sarà il preponente a stipularli direttamente. Inoltre
l’agente non ha il potere di riscuotere i crediti del preponente. Tuttavia il preponente può
conferire all’agente la rappresentanza per la conclusione dei contratti che quindi saranno
stipulati direttamente con l’agente, che potrà riscuotere anche i crediti.

Diritto dell’agente è il compenso, costituito da una percentuale sull’importo degli affari


(provvigione) se il contratto avesse buon fine, altrimenti non è tenuto nemmeno al rimborso
spese. L’agente ha diritto al compenso anche per gli affare conclusi dopo lo scioglimento del
rapporto se la proposta è pervenuta in data precedente, nonché quando gli affari sono stati
conclusi successivamente, ma la conclusione è da ricondurre prevalentemente all’attività da
lui svolta. Le provvigioni devono essere pagate entro il mese successivo al trimestre in cui
sono maturate, con relativo estratto conto consegnato all’agente dal preponente stesso. A
parziale temperamento della disciplina alle provvigioni, è previsto che: se il preponente ed il

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terzo si accordano per non dare esecuzione in tutto o in parte al contratto, l’agente ha
diritto, per la parte inseguita, ad una provvigione ridotta; salvo patto contrario, l’agente ha
diritto alla provvigione anche per gli affare conclusi direttamente da preponente con terzi
che l’agente aveva in precedenza acquisito come cliente o appartenuti alla zona, categoria o
gruppo di clienti riservati all’agente.

Il contratto di agenzia può essere a tempo determinato o indeterminato. Nel caso in cui sia
indeterminato ciascuna delle parti può recedere dal contratto dando preavviso all’altra parte
nel termine fissato proporzionalmente alla durata del rapporto. Se il contratto continua ad
essere eseguito dalle parti anche dopo la scadenza del termine, il contratto da determinato
diventa indeterminato. All’atto di scioglimento del rapporto, il preponente deve
corrispondere all’agente un’indennità di fine rapporto. Indennità che viene pagata solo per
giusta causa. È necessario che il preponente continui a ricevere sostanziali vantaggi dalle
relazioni di affari con la clientela procuratagli dall’agente affinché nasca l’obbligo di
indennità di fine rapporto. Non sarà dovuto nulla all’agente qualora il preponente provi che
la clientela procuratagli dallo stesso sia passato ad un altro imprenditore con cui l’agente
collabori, quando il rapporto si scioglie per cause imputabili all’agente o quando, di accordo
con il preponente, questi ceda a terzi il contratto di agenzia.

Il patto di concorrenza è il patto con cui si limita la concorrenza da parte dell’agente dopo lo
scioglimento del contratto. È obbligatorio che sia fatto per iscritto. La durata non può
superare i due anni e deve riguardare la stessa zona, clientela e genere di beni o servizi
oggetto del contratto d’agenzia.

Particolare categoria di agenti sono gli agenti di assicurazione, che si distinguono in agenti in
economia e agenti a gestione libera. Gli agenti in economia sono legati all’assicuratore da un
rapporto di lavoro subordinato e operano in sedi secondarie assumendo la veste di institori e
procuratori. Gli agenti a gestione libera sono legati all’assicuratore da un vero e proprio
contratto di agenzia, sono tenuti all’iscrizione nell’apposito registro e sono soggetti al
controllo dell’ISVAP.

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LA MEDIAZIONE

Il codice non tratta della mediazione vera e propria bensì definisce la figura del mediatore. È
mediatore colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza
essere legato d alcune di essere da rapporti di collaborazione, dipendenza o rappresentanza
(art. 1754).

Funzione del mediatore è quella di mettere in contatto potenziali contraenti, tale funzione
può essere svolta da un intermediario sia spontaneamente che su incarico di una o
entrambe le parti.

Il mediatore si distingue dagli altri soggetti che agevolano la conclusione di affari


(commissionari e agenti) per la posizione di interdipendenza rispetto alle parti, a favore delle
quali esplica l’attività, per l’assenza di vincoli di collaborazione, dipendenza e
rappresentanza.

In base a questa sua posizione di interdipendenza, ne consegue che: il mediatore conserva


piena libertà di azione anche se è incaricato e può in ogni momento disinteressarsi
dell’affare, le parti sono libere di concludere o meno l’affare, anche se il mediatore è stato
conferito con specifico incarico, salvo in tal caso il diritto del mediatore al solo rimborso delle
spese; il mediatore ha diritto ad un compenso (provvigione) per il solo fatto che l’affare si è
concluso per l’effetto del suo intervento e quindi anche se non aveva ricevuto alcun incarico
di mediazione.

L’esercizio del mediatore, anche se occasionale e discontinuo, è incompatibile con altre


attività di lavoro autonomo e subordinato. È vietato delegare le proprie funzioni a meno che
non si tratti di un altro mediatore iscritto al ruolo, infatti è subordinato all’iscrizione in
appositi registri presso la camera di commercio.

Il diritto del mediatore alla provvigione matura con la conclusione dell’affare. A differenza
dell’agente, il mediatore non corre il rischio del buon fine dell’affare ed ha diritto alla
provvigione anche se le parti non danno esecuzione al contratto concluso. In caso di più parti
la provvigione è di regola dovuta al mediatore da ciascuna delle parti, mentre in caso di più
mediatori ciascuno di questi ha diritto ad una quota della provvigione. Non ha diritto alla
provvigione, il mediatore non iscritto al ruolo.

Il mediatore è responsabile verso le parti se omette di far conoscere loro le circostanze a lui
note relative alla valutazione ed alla sicurezza dell’affare, che possono influire sulla
conclusione dell’affare stesso (in tal caso ricorre l’imparzialità del mediatore); il mediatore
risponde dell’autenticità della sottoscrizione delle scritture e dell’ultima girata dei titoli
trasmessi per suo tramite.

Il mediatore è di regola estraneo all’esecuzione del contratto. Può però essere incarico da
una delle parti nei relativi atti di esecuzione. È responsabile ex lege, inoltre, per l’esecuzione
del contratto quando tace ad un contraente il nome dell’altro (questo avviene quando un

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contraente vuole rimanere occulto o quando il mediatore vuole impedire che le parti si
conoscano, per evitare che si giunga a conclusione dell’affare senza il suo intervento).

Una particolare categoria di mediatori è riservata ai mediatori di assicurazione o brokers. I


mediatori di assicurazione mettono in relazione imprese di assicurazione e assicurandi per la
conclusione dei contratti. Il brokers assume anche compiti di assistenza e consulenza nei
confronti dell’assicurando. L’attività di questi mediatori è inquadrata nell’attività di
intermediazione assicurativa ed è sottoposta al controllo dell’ISVAP.

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IL CONTRATTO DI ASSICURAZIONE

Secondo l’art. 1882 il contratto di assicurazione è il contratto con il quale l’assicuratore si


obbliga, attraverso il pagamento di un premio, a rivalere l’assicurato del danno prodotto da
un sinistro entro i limiti convenuti (assicurazione contro danni); oppure a pagare un capitale
o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana (assicurazione sulla vita).

L’assicuratore è un imprenditore che opera secondo specifiche tecniche basate sul calcolo
delle probabilità che gli consentono di neutralizzare i rischi assunti con i singoli contratti di
assicurazione.

Il contratto di assicurazione è un contratto consensuale che va provato per iscritto. La


formazione del contratto inizia con una proposta sottoscritta dall’assicurando su moduli
predisposti dall’assicuratore, moduli che riproducono le principali clausole tipiche del futuro
contratto e che contengono una serie di domande volte a consentire all’assicuratore l’esatta
valutazione del rischio. Regole particolari sono dettate nell’ipotesi in cui la persona che
stipula l’assicurazione (il contraente) sia diversa da quella che è titolare della situazione
esposta al rischio (l’assicurato). Il contraente può agire in veste di rappresentante
dell’assicurato ed in tal caso tutti gli effetti del contratto di assicurazione si producono
direttamente in testa all’assicurato.

L’assicurazione può essere stipulata anche in nome proprio ma per conto altrui o per conto
di chi spetta. In entrambe le forme gli obblighi derivanti dal contratto devono essere
adempiuti dal contraente, salvo quelli che per loro natura non possono essere adempiuti che
dall’assicurato. I diritti derivanti dal contratto spettano all’assicurato.

Essendo il contratto di assicurazione un contratto che deve essere provato per iscritto,
l’assicuratore è obbligato a rilasciare al contraente la polizza di assicurazione o altro
documento da lui sottoscritto.

Con il contratto di assicurazione, un soggetto assume professionalmente dei rischi omogenei


(incendio, furto, morte). Per ciascuna categoria l’assicuratore è in grado di stabilire qual è il
rischio medio che assume con un singolo contratto.

Funzione dell’assicuratore non è solo quella di trasferire un determinato rischio patrimoniale


da un soggetto (l’assicurato) ad un altro (l’assicuratore), ma anche quello di consentire la
neutralizzazione del rischio per entrambi i contraenti attraverso l’inserimento del singolo
rischio in una massa di rischi omogenei.

L’attività assicurativa può essere esercitata solo da SPA, cooperative per azioni e società di
mutua assicurazione. Le imprese di assicurazione devono tenere particolari scritture
contabili, sono soggette a revisione contabile obbligatoria e sono obbligate a redigere i
bilanci di gruppo. Sono sottoposti all’attività di controllo da parte dell’ISVAP (ente pubblico a
cui è affidato il controllo sulla regolarità tecnica e contabile della gestione delle imprese di
assicurazione, con poteri di informazione ed ispezione). Queste imprese sono inoltre

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soggette a liquidazione con esclusione di fallimento. Le società di assicurazione non possono
svolgere altre attività che quella assicurativa.

Le assicurazioni si distinguono in due categorie: l’assicurazione contro danni e l’assicurazione


sulla vita.

L’assicurazione contro danni è dominata dal principio indennitario, l’assicuratore si obbliga a


rivalere l’assicurato del danno prodotto da un sinistro e copre i rischi cui sono esposti
specifici beni o diritti, l’assicurazione di patrimonio in cui l’assicuratore copre il rischio a cui è
esposto l’intero patrimonio assicurato, e l’assicurazione di persone cui vengono coperti i
rischi alla persona per infortuni e malattie. Il principio indennitario è volto ad evitare che
l’assicurazione diventi per l’assicurato fonte di arricchimento e di speculazione a danno
dell’assicurazione stessa. Può assicurarsi solo chi ha un interesse economico esposto al
rischio dedotto in contratto. L’assicuratore è tenuto a risarcire soltanto il danno
effettivamente subito. L’indennizzo non può superare il valore che le cose perite o
danneggiate hanno al tempo del sinistro. Particolarità del principio indennitario sono: la
soprassicurazione, è un’assicurazione per somma superiore al valore reale della cosa;
l’assicurazione parziale, avviene se la cosa assicurata ha un valore superiore a quello
dichiarato al momento del sinistro, si applica la regola proporzionale; la franchigia, clausole
che pongono a carico dell’assicurato una parte del danno subito per prevenire il pericolo di
un totale disinteresse dello stesso nei confronti del sinistro.

Nell’assicurazione sulla vita l’assicuratore si obbliga a pagare una somma di denaro dopo che
si è verificato un evento attinente la vita umana (morte o sopravvivenza). Il capitale è deciso
dalla persona che stipula il contratto ed è svincolato al momento del danno. L’assicurazione
sulla vita può essere stipulata anche sulla vita di un terzo, assicurazione non valida senza il
consenso del terzo, per evitare che sia strumento di incentivo all’omicidio. L’assicuratore
non può agire per la riscossione del pagamento dei premi e, scaduto il termine di tolleranza
previsto dalla polizza, il contratto si risolve di diritto ed i premi pagati restano acquisiti
all’assicuratore. Particolarità dell’assicurazione sulla vita sono: il riscatto, che consente
all’assicurato di risolvere il contratto e di riavere subito una quota dei premi versati, e la
riduzione, che permette di mantenere in vita il contratto nonostante l’interruzione del
pagamento dei premi per una somma assicurata proporzionalmente ridotta.

Il rischio e il premio sono gli elementi essenziali di ogni contratto di assicurazione. Il rischio è
la possibilità che si verifichi un evento futuro ed incerto ma che comunque possa sussistere
oggettivamente. Il premio è il corrispettivo dovuto all’assicuratore ed è composto dal premio
puro, calcolato secondo un criterio matematico, e dal compenso aggiuntivo dovuto
all’assicuratore per il servizio reso; il premio deve essere pagato anticipatamente, in un’unica
soluzione o a rate; è indivisibile cioè dovuto per l’intero periodo in corso.

Esiste la coassicurazione che si ha quando più assicuratori, in un unico contratto, assumo


ciascuno una quota del rischio assicurato. E la riassicurazione che è il contratto con il quale
l’assicuratore si assicura contro il danno al verificarsi di un rischio assicurato; la
riassicurazione è stipulata in abbonamento, si hanno cioè contratti generali con i quali si

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conviene la riassicurazione di una percentuale di rischi previsti; è un’assicurazione contro
danni e può essere assimilata all’assicurazione di responsabilità civile, mira infatti
all’indennità del patrimonio assicurato.

Altro esempio di assicurazione contro i danni è proprio l’assicurazione della responsabilità


civile. Con questa l’assicuratore si obbliga, entro i limiti del massimale, a tenere indenne
l’assicurato di quanto dovrò pagare a terzi a titolo di risarcimento danni. La RCA è
obbligatoria e lo specifico tagliando permette al veicolo di circolare.

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I TITOLI DI CREDITO IN GENERALE

I titoli di credito sono documenti destinati alla circolazione che attribuiscono il diritto ad una
determinata prestazione.

I titoli di credito possono consistere: nel pagamento di una somma di dinaro in quanto titoli
in senso stretto (cambiale, assegno bancario e circolare, obbligazioni seriali); nel diritto alla
riconsegna di merci depositate o viaggianti per quanto riguarda i titoli di credito
rappresentativi di merce (fede di deposito, polizza di carico, duplicato della lettera di
vettura), questi titoli attribuiscono al possessore il diritto alla consegna delle merci che sono
in essi specificati, il possesso delle medesime e il potere di disporne mediante il
trasferimento del titolo; infine sono titoli di credito quelli che rappresentano le azioni della
società e le quote di partecipazione (titoli di partecipazione).

Altri titoli di credito sono: i titoli di massa, che rappresentano frazioni di uguale valore
nominale di un’unitaria operazione economica di finanziamento ed attribuiscono ciascuno
uguali diritti; i titoli individuali, che sono emessi per distinguere operazioni economiche; i
titoli causali, che sono emessi in base ad un determinato tipo di rapporto fondamentale,
determinato per legge (azioni societarie, titoli rappresentativi di merce); e i titoli astratti,
emessi in base ad un qualsiasi rapporto fondamentale e che non contengono alcuna
menzione del rapporto che li ha emessi concretamente (cambiali e assegni).

Caratteri essenziali dei titoli di credito sono: l’autonomia del diritto, chi acquista la proprietà
del documento diventa titolare del diritto in esso menzionato; la letteralità, chi acquista un
titolo di credito acquista un diritto il cui contenuto è determinato esclusivamente dal tenore
letterale del documento; la legittimazione, chi ha conseguito il possesso materiale del titolo
di credito, nelle forme prescritte dalla legge, è senz’altro legittimato all’esercizio del diritto
cartolare, può cioè pretendere dal debitore la prestazione senza essere tenuto a provare
l’acquisto della proprietà del titolo e della titolarità del diritto; i vincoli, devono essere
effettuati sul titolo e non hanno effetto se non risultano dal titolo.

Nei titoli astratti c’è letteralità completa e cioè il contenuto del diritto cartolare è
determinato esclusivamente dalla lettera del titolo, resta perciò preclusa in radice ogni
possibilità di far riferimento ad altre fonti regolamentari anche legali. Nei titoli causali c’è
letteralità incompleta e cioè il contenuto del diritto cartolare è determinato non solo dalla
lettera del titolo ma anche dalla disciplina legale del rapporto obbligatorio tipico richiamato
nel documento.

Funzione dei titoli di credito è quella di rendere più semplice, rapida e sicura la circolazione
dei diritti di credito neutralizzando i rischi o gli inconvenienti.

Il titolo di credito attribuisce a chi lo acquista in sede di circolazione un diritto letterale e


autonomo. Un diritto cioè il cui contenuto è determinato esclusivamente dalla lettera del
titolo ed un diritto inoltre che è indipendente dalla posizione dei precedenti portatori. Il
titolo di credito quindi è un documento necessario e sufficiente per la costituzione, la
circolazione e l’esercizio del diritto letterale ed autonomo in esso incorporato.

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Il titolo di credito è soggetto quindi a tre momenti: creazione, circolazione ed esercizio. La
circolazione del titolo riguarda il rapporto tra emittente e primo prenditore (rapporto
fondamentale o causale) e in un accordo in cui si fissa nel titolo di credito la prestazione
dovuta dal primo momento del rapporto (convenzione di rilascio o esecutiva).

Uno dei profili caratterizzanti la disciplina dei titoli di credito è la distinzione fra titolarità del
diritto cartolare e legittimazione all’esercizio dello stesso: titolare del diritto cartolare è il
proprietario del titolo mentre legittimato al suo esercizio è il possessore del titolo nelle
forme prescritte dalla legge. Le qualità di proprietario/titolare e di possessore/legittimato di
regola circolano congiuntamente e coincidono nella stessa persona. Nel caso della
circolazione del titolo si può verificare una dissociazione delle due posizioni ed allora è
necessario distinguere fra circolazione regolare e irregolare. Si ha circolazione regolare
quando il titolo viene trasferito dal proprietario ad un altro soggetto in forza di un valido
negozio di trasmissione, è irregolare quando il titolo non è sorretto da un valido negozio di
trasferimento (ad esempio se è stato rubato).

Le regole di circolazione più semplici e sicure sono certamente quelle previste per i beni
mobili ed allora si è creato un modello che consente di far circolare i crediti secondo le
regole analoghe a quelle che governano la circolazione dei beni ed infatti la funzione
giuridica consiste nel ritenere che oggetto di circolazione sia il documento (come mobile)
anziché il diritto in esso menzionato.

Fissata la distinzione fra rapporto causale e rapporto cartolare è necessario tener presente
che l’emissione di un titolo di credito produce effetti diversi a seconda che si consideri
l’immediato prenditore del titolo o il terzo portatore, cioè a seconda che il titolo abbia o
meno circolato. Se l’adempimento è richiesto dal primo prenditore, il debitore può opporgli
tutte le eccezioni derivanti dal rapporto fondamentale. Se il titolo ha invece circolato e
l’adempimento è richiesto da un terzo, la situazione cambia in quanto a lui non sono
opponibili le eccezioni derivanti da rapporto fondamentale.

Chi ha acquistato in buona fede il possesso di un titolo di credito, in conformità delle norme
che ne disciplinano la circolazione, non è soggetto a rivendicazione e quindi diventa anche
proprietario del titolo e titolare del diritto cartolare. La sua posizione è perciò inattaccabile
dall’ormai ex proprietario, che potrà esercitare azione di risarcimento danni nei confronti di
colui che gli ha sottoscritto il titolo. Perché si perfezioni questo acquisto devono ricorrere tre
presupposti: un negozio astrattamente idoneo a trasferire la proprietà del titolo e cioè un
negozio valido ed efficace salvo che per il difetto di titolarità del dante causa; l’investitura
dell’acquirente nel possesso del titolo, con l’osservanza delle formalità prescritte dalla
relativa legge di legittimazione; la buona fede dell’acquirente.

In base alla legge di circolazione i titoli di credito si distinguono in: titoli al portatore, titoli
all’ordine e titoli nominativi.

Sono al portatore i titoli di credito che recano la clausola al portatore, anche se


contrassegnati da un nome. Questi titoli circolano mediante la semplice consegna del titolo.

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Il possessore è legittimato all’esercizio del diritto in essi menzionato in base alla sola
presentazione del titolo al debitore. Sono titolo a legittimazione reale. Possono essere al
portatore: gli assegni bancari, i libretti di deposito, le azioni di risparmio e i titoli di debito
pubblico.

I titoli all’ordine sono titoli intestati ad una determinata persona. Circolano mediante
consegna accompagnata dalla girata. Il possessore è legittimato in base ad una serie
continua di girate. Sono titoli all’ordine: la cambiale e l’assegno bancario e circolare. Questi
titoli sono definiti a legittimazione nominale. La girata è una dichiarazione scritta sul retro
del titolo e sottoscritta, con la quale l’attuale possessore (il girante) ordina al debitore
cartolare di adempiere nei confronti di un altro soggetto (il giratario). La girata può essere in
pieno, quanto contiene il nome del giratario, o in bianco. Chi riceve il titolo in bianco può:
riempire la girata con il proprio nome o con quello di un altro, girare di nuovo il titolo in
pieno o in bianco e trasmettere il titolo ad un terzo senza riempire la girata e senza apporne
un’altra. La girata non può essere sottoposta a condizioni e qualsiasi condizione apposta si
considera non scritta; quando vi sono più girate, l’attuale possessore del titolo si legittima in
base ad una serie continua di girate, di cui l’ultima a lui intestata o in bianco, in questo caso il
debitore dovrà controllare solo la regolarità formale della girata e non la sua validità o
autenticità; di regola la girata non ha funzione di garanzia e quindi il girante non assuma
alcuna responsabilità verso i giratari successivi per l’inadempimento dell’emittente. La girata
può essere per procura o in garanzia: è per procura quando il giratario assume la veste di
rappresentante per l’incasso del girante, titolare del credito cartolare resta il girante e il
giratario non acquista alcun diritto autonomo; è in garanzia quando attribuisce al giratario
un diritto di pegno sul titolo, a garanzia di un credito che il giratario stesso vanta nei
confronti del girante, il giratario acquista perciò un diritto autonomo, sia pure limitato.

I titoli nominativi sono intestati ad una determinata persona, la cui intestazione non risulta
solo dal titolo ma anche da un apposito registro tenuto dall’emittente (doppia intestazione).
Sono titoli nominativi: le obbligazioni e i titoli di debito pubblico. Per il trasferimento di
questi titoli è necessaria la cooperazione dell’emittente. Una prima procedura prevede il
cambiamento contestuale delle intestazioni a cura dell’emittente (trasfert). Il trasfert può
essere richiesto sia dall’alienante che dall’acquirente. Altrimenti vi è il trasferimento
mediante girata. La girata in questo caso deve essere datata, deve contenere l’indicazione
del giratario e deve essere sottoscritta anche da quest’ultimo se il titolo non è interamente
liberato. Deve essere autenticata da un notaio o da un agente di cambio o, per le azioni, da
un funzionario bancario.

Le eccezioni cartolari si distinguono in reali e personali. Le eccezioni reali sono opponibili a


qualunque portatore di titolo e danno luogo: alle eccezioni di forma, alle eccezioni sul
contesto letterale del titolo, alla falsità della firma, al difetto di capacità o rappresentanza
all’emissione del titolo e alla mancanza delle condizioni per l’esercizio dell’azione. Le
eccezioni personali sono opponibili solo ad un determinato portatore e non si ripercuotono
su altri; sono personali le eccezioni: derivanti da un rapporto fondamentale, fondate su altri

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rapporti personali con i predetti possessori e l’esercizio di difetto di titolarità del diritto
cartolare.

La legittimazione del titolo può essere: attiva, se il possessore di un titolo di credito,


legittimato nelle forme previste dalla legge, ha diritto alla prestazione in esso indicata verso
presentazione del titolo, è così spostato sul debitore l’onere di provare il difetto di titolarità;
passiva, se il debitore, che senza dolo o colpa grave adempie la prestazione nei confronti del
possessore, è liberato anche se questi non è il titolare del diritto.

Per i titoli all’ordine e per i titoli nominativi è previsto l’istituto dell’ammortamento. È un


procedimento diretto ad ottenere la dichiarazione che un titolo originario non è più
strumento di legittimazione (decreto di ammortamento). Chi ha ottenuto l’ammortamento
può esigere il pagamento su prestazione del relativo decreto e, se il titolo non è scaduto,
ottenerne un duplicato. La procedura di ammortamento è ammessa solo in caso di
smarrimento, sottrazione o distruzione del titolo, e si articola in varie fasi. Questa procedura
inizia con la denuncia al debitore della perdita del titolo e con il ricorso al presidente del
tribunale; il ricorrente deve menzionare i requisiti essenziali del titolo; il presidente del
tribunale, dopo accertamenti sommari, pronuncia con decreto l’ammortamento, pubblicato
sulla GU; il debitore può pagare l’ammontare del titolo dopo 30 giorni dalla pubblicazione;
entro questo termine il terzo detentore del titolo può proporre opposizione contro il decreto
di ammortamento; il decreto diventa definitivo anche senza opposizione. Nel caso di
smarrimento o sottrazione del titolo, chi ha subito il danno ha diritto, dandone prova, alla
prestazione del titolo.

I titoli vanno distinti dai documenti che hanno solo la funzione di legittimazione e che quindi
non attribuiscono un diritto letterale ed autonomo. L’art. 2002 del codice civile prevede due
categorie di questi documenti: i documenti di legittimazione ed i titoli impropri. I documenti
di legittimazione servono ad identificare l’avente diritto alla prestazione, ne sono esempio i
biglietti di viaggio, del cinema o della lotteria. I titoli impropri consentono il trasferimento del
diritto senza l’osservanza delle forme proprie della cessione, ma con questi effetti, ne sono
esempio la polizza d’assicurazione all’ordine o al portatore.

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