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La bellezza salverà il mondo?

Musica, letteratura e cinema nella nostra vita quotidiana.


Il titolo di questo articolo è parafrasi del filosofo e scrittore russo Dostoevskij, e riassume ciò di cui
parleremo tra poco. Intendo considerare alcune forme d’arte, come la musica, la letteratura e la
cinematografia, per comprendere quale impatto abbiano sulla nostra vita quotidiana.
La pandemia di cui tutti siamo a conoscenza ha purtroppo colpito qualsiasi settore, anche quello
discografico. Numerosi artisti, tra i quali l’esempio più lampante e vicino a noi giovani è forse
Salmo, hanno scelto di non pubblicare nuovi contenuti per l’impossibilità di svolgere eventi dal
vivo. Ma proviamo a pensare se l’intero settore della musica mondiale si fosse fermato, come
congelato improvvisamente: che ripercussioni avrebbe avuto questa situazione sulla nostra vita?
Ci saremmo fermati anche noi? No, la musica è sempre stata solo una parte, anche se a volte
molto importante, dell’esistenza umana, sin dai tempi dell’antica Grecia. Come aedi e cantori
allietavano le piazze di Atene, quando ascoltiamo una canzone ci emozioniamo, talvolta
piangiamo, ridiamo, condividiamo con qualcuno le nostre emozioni.
Perché in fondo è questo il compito della musica, suscitare emozioni.
E se si fosse fermata anche la letteratura? Se nessuno avesse potuto leggere o studiare nulla, in
una sorta di realtà dispotica simil Fahrenheit 451, la nostra esistenza ne sarebbe risultata
irrimediabilmente sconvolta?
Di nuovo no; tuttavia, in un frangente del genere, il mondo che conosciamo sarebbe cambiato
radicalmente. Senza la possibilità di entrare in contatto con forme d’arte di questo genere, forse ci
saremmo sentiti sconsolati, abbattuti, preclusi a gran parte degli svaghi quotidiani, o persino alle
passioni che ci fanno levare dal letto ogni mattina.
Ora analizziamo la peggiore delle ipotesi. Oltre a essere privati di musica e letteratura,
immaginiamo di non poter neppure accendere la televisione per trovare un film leggero, magari la
sera con la propria moglie/marito, per rilassare i nervi dopo una faticosa giornata. O ancora, non
potersi buttare sul letto al ritorno da scuola, selezionare Netflix, YouTube, Spotify, non avere libri
in camera. E non poter nemmeno uscire di casa, causa pandemia globale.
Come scriveva, quasi 700 anni fa, Giovanni Boccaccio, il quale decantava nel proemio del proprio
Decameron l’importanza dell’arte nel distrarre dai drammi terreni, noi oggi non dobbiamo dare per
scontato la facilità e la fortuna che abbiamo nel poter usufruire di infinite piccole forme di
consolazione momentanea, di tali svaghi.
Magari per qualcuno potrebbe essere normalità, molte persone non hanno bisogno di rifugiarsi in
qualcosa di immateriale ed evanescente come una poesia per trovare sollievo, ma purtroppo o per
fortuna mi rendo conto di non essere tra quelli, sento di dover affogare il dolore e di doverlo
coprire, e il XXI secolo con tutte le sue possibilità credo mi abbia salvato.
Per altri tra noi, infatti, si sarebbe trattato di una grande privazione al piacere quotidiano dello
sperimentare l’arte in sé, alla possibilità di ricevere conforto da qualcosa di sempre disponibile,
immediato e coinvolgente, come un melodia registrata sul nostro smartphone.
L’arte è soprattutto questo, non (solo) qualcosa di utile, ma (anche) qualcosa di bello.
“Le canzoni in fondo sono solo scatole, in cui la gente si rifugia, quando fuori piove”. Così
cantavano i Pinguini Tattici Nucleari, all’inizio del 2020, e mai come quest’anno, vi ci siamo
rifugiati per proteggerci da una pioggia torrenziale, incessante.

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