design soltanto i manufatti che riescono a coprire i quattro punti del suo quadrifoglio: IL
PROGETTO, LA PRODUZIONE, LA VENDITA E IL CONSUMO.
La stampa design
Uno dei principali studiosi e anticipatori della rivoluzione è Morris, il quale era contrario alla
produzione industriale, che mancava di qualità rispetto all‟artigianale, lui si rifaceva alla
regola ''The Joy in the Labor'', sosteneva che gli artigiani lavoravano con gioia, mentre gli
operai lavoravano meccanicamente, senza personalità.
Combatteva l'idea di alienazione di Marx, che significava lavorare solo in termini di
prestazioni, su ciò lui si sbagliò, perché il lavoro che lui sosteneva costava 100 volte di più
rispetto ai lavori effettuati dai suoi contemporanei.
Morris riscopre la stagione artigianale del medioevo, quasi nostalgicamente, ma nonostante
ciò, lui capì che non si poteva produrre solo artigianalmente, quindi favorì un uso della
macchina sempre però a pari passo con l'artigianato.
Il merito di Morris fu richiamare al settore delle Arti Applicate (attuale design), unendo i
diversi artisti e fondando il movimento Arts and Crafts (arti e mestieri), dal quale prende
spunto gran parte dell'artigianato, a Morris si deve la spinta verso la qualificazione del
design.
Un impulso dato alla disciplina viene appunto dal principe Albert e la Regina Vittoria,
fondarono il British Museum, dove vengono raccolti tutti i manufatti, sia storici, sia
contemporanei.
Età vittoriana
1837-1901
Gli anni che seguono la Rivoluzione Industriale vedono ancora la Gran Bretagna a primo
posto nel campo delle invenzioni, questi erano i tempi della regina Vittoria, che va dal 1837
al 1901 e che darà il nome a questo periodo che durerà tanto quanto il suo regnato.
Mentre negli USA l‟industria cresceva senza ostacoli, in Inghilterra essa si sviluppa un
crescenti dibattito ideologico, che l‟autore considera come una specie di involuzione rispetto
al periodo della Rivoluzione Industriale (produzione), negli anni Trenta, nonostante la ricerca
scientifica continuasse ad evolvere, sorgono svariati edifici, in generale l‟intero movimento
industriale subisce un appiattimento.
Infatti come ogni momento storico, anche la Rivoluzione Industriale aveva i suoi pro e i suoi
contro, i pro erano per l'appunto la diminuzione dei tempi di produzione a discapito poi della
qualità dei manufatti, come descrivi Pevsner, nonostante la qualità mancasse, “le richieste
aumentavano anno per anno, l‟abbile lavoro artigianale viene sostituito da routine
meccanica, che allo stesso costo produce migliaia di articoli, ciò perche veniva da un popolo
ineducato”, ex contadini che vivevano in pessime condizioni di vita e che quindi non avendo
gusto e tradizioni si accontentavano di tutto, a differenza dei clienti selezionati
dell'artigianato e continua: “Il liberalismo ormai dava al fabbricante la totale libertà di
produrre le cose più scadenti e orribili, purché riuscisse a smerciarle”.
Questi piccola descrizione racchiude tutto un periodo di sofferenze e povertà, morte e
pessime condizioni di vita, le slums sono il maggior esempio di questo degrado generale.
Gli industriali consideravano il buon gusto uno intralcio alle vendite, infatti, secondo Richard
Redgrave la citazione: ”That is best what sells best” (è meglio quello che si vende meglio)
meglio riassume la situazione dell‟epoca.
Quindi tutto era concentrato sul consumo e sulla vendita.
Tuttavia, le problematiche non possono essere attribuite soltanto ai fabbricanti, ma anche al
mancata chiarezza della qualificazione dei prodotti.
Considerando che queste erano i tempi delle Rivoluzione Francese, che abolirono le
corporazioni, cioè quegli enti che tutelavano i lavoratori, sostituiti poi in seguito dai attuali
sindacati moderni che sopperiscono alla mancanza delle vecchie corporazioni, il sindacato
nasce anche pero opera del marxismo scientifico.
Ma oltre alla tutela dei lavoratori il governo moderato inglese di quegli anni decise di tutelare
anche la produzione, infatti, esposero il loro dissenso verso gli industriali, ne è prova la
famosa dichiarazione di Robert Peel alla Camera dei Comuni del 1832, in occasione del
dibattito sulla istituzione della National Gallery e gli diedero a capire che con i loro prodotti di
scarsa qualità non potevano invadere più il mercato solo per il guadagno, quindi si cominciò
a cercare una componente di qualità e proprio qui ci fu la difficoltà perché la quantificazione
era facile, la qualificazione è molto più difficile da ottenere, quindi la componente estetica
era l'unica ancora di salvezza di quella produzione scadente.
L‟iniziativa di Peel, se da un lato può considerarsi l‟avvio della riforma delle arti applicate e il
riconoscimento ufficiale della loro importanza socio-economica, dall‟atro mostra tutti i limiti
dell‟estetismo del tempo in questo campo.
In contemporanea non soltanto gli amatori dell'arte, ma tutta la collettività che usasse un
prodotto cominciarono a selezionare la loro scelta a oggetti di maggiore qualità.
Dopo il Reform Bill, una serie di leggi elettorali approvate dal Parlamento britannico nel XIX
secolo), occorre una grande mobilitazione di tutti i settori, preoccupati con i risultati a lunga
scadenza della produzione e con la concorrenze estera, una serie di iniziative, associazione,
scuole di disegno cominciano a sorgere.
Tra questi attivisti troviamo uno dei maggiori esponenti della cultura vittoriana nel campo del
design, Henry Cole (1808-82), che a differenza del “progetto”di Morris, iniziato dopo il 1860,
basato sulla rinascita del artigianato, quello di Cole, parte già nel 1845 e punta alla “art
manufacturer”, anticipazione del moderno design e collaborazione con l‟industria in un
movimento che coinvolgesse l‟intera produzione nazionale, un progetto del tipo strutturalista
(basato sulla geometria, organicismo,tendenza alla semplificazione), infatti nel 1849 fonda il
periodico “Journal of Design and Manufactures” dove espone i suoi principi centrali, il primo
che riguardava la questione della riformulazione del concetto di funzionalità e il secondo la
necessità di imparare a vedere, a livello pedagogico, introducendo la disciplina del disegno
nelle scuole elementari. Questo concetto base della funzionalità, l‟interesse agli useful
objects, è il punto di partenza per la cultura del design, richiamando cosi l‟attenzione agli
oggetti di uso comune dandogli una forma.
Owen Jones, suo compagno, sostiene che “il fondamento di tutte le cose è la geometria” e
che i colori vanno utilizzati in funzione spaziale e percettiva, raccogliendo nella “Grammar of
Ornament” oggetti decorativi delle più svariate epoche e provenienze, affinché possa trovare
modelli per le nuove forme dei prodotti industriali.
Infatti questo vieni pure sottolineato da Pevsner dove ricorda che “Henry Cole e i suoi amici
predicavano la necessità che l‟ornato fosse più astratto che imitativo”.
Cole fu uno dei principali artefici della Great Exhibition del 1851, si impegna nella istituzione
del grande museo di manufatti, nucleo originale del Victoria and Albert Museum, chiude la
sua carriera come Direttore del Dipartimento di Design, sopraintendente di tutte le scuole di
disegno inglese.
Qualche anni più tarde, un altro grande nome dell‟epoca vittoriana, William Morris (1834-96),
avanza il suo progetto, del tipo storicista, sia nella forma che nel contenuto, che si rchiama
al Gothic Revival e alla linea neomedievale di Augustus Pugin e di John Ruskin.
A proposito di ciò intervenne anche John Ruskin (scrittore, pittore, poeta e critico d'arte
britannico), molto conosciuto per il suo pensiero conservatore nei confronti del restauro, si
dedicò alle arti applicate, facendone capire l‟importanze, la differenza tra un oggetto
qualitativo (''sfoggiato'') e quantitativo (“forgiato”), in questo periodo storico ormai esisteva
solo il forgiato.
Augustus Welby Pugin, architetto, designer e tra i principali creatori dello stile neogotico
inglese. La sua opera più celebre è il Palazzo di Westminster, lui insieme a Ruskin
influenzeranno Morris con pensieri e convinzioni.
Come accennato in precedenza il primo effetto degli insegnamenti di Morris l‟interessamento
per le arti applicate, ciò che fino allora era un compito inferiore ricominciò a essere
un‟occupazione nobile e degna, questa rinascita delle arte, fa di Morris il padre del
Movimento Moderno.
Morris afferma che la qualità degli oggetti deve essere ottima perché essi sono molto estesi
e vengono usati in continuazione, da qui la sua lotta contro il liberalismo, il commercialismo,
l‟eclettismo, proponendo un riforma politica dello specifico settore delle arti applicate,
aderendo in buona parte al pensiero Marxista (Teoria politica e sociale, critica al
capitalismo- sfruttamento delle classe povere e arricchimento degli imprenditori- ricerca di
uguaglianza e annullamento delle classi a discapito di beni pubblici e in comune).
La posizione di Morris, Ruskin e Puggin era molto critica, infatti, loro continuavano a
denunciare la bassa qualità del lavoro meccanico a favore dell'artigianato medioevale e la
ricerca di un‟arte che fosse “del popolo e per il popolo”.
Da ciò si potrebbe capire che Morris era una persona che non capisse le esigenze della sua
epoca, poteva sembrare quasi fuori luogo con le sue teorie, ma in realtà, secondo De Fusco,
Morris era un uomo così attento, che utilizzava l'artigianato come arma polemica contro gli
industriali, ma in cuor suo, capiva benissimo che l'artigianato non poteva essere più
un‟esclusiva, tanto è vero che in futuro nei suoi scritti si legge chiaramente il suo appoggio a
favore della tecnologia, ma sempre come una vena polemica, lui affermava che le macchine
erano nelle mani sbagliate.
Quindi, Morris non era, questo essere così retrivo che non si accorgesse delle novità, infatti,
i suoi allievi, la generazione di artefici nata dopo il 1850, furono tra i primi ad apprezzare i
valori della macchina ed è qui che nasce il disegno industriale, cioè il rapporto tra
progettazione e produzione meccanica di serie.
Tuttavia, questi oggetti dovevano avere una forma, le forme erano studiate dagli allievi di
Morris, fu introdotta anche una rivista che presentava questi nuovi oggetti d'uso.
Come esempi dell‟attività pratica di Morris vanno ricordati: l‟arredamento dello studio del
collega D. G. Rossetti eseguito nel 1865 con alcuni membri del gruppo tra i quali Philip
Webb, Edward Burne-Jones, William Hunt, Ford Maddox Brown, Peter Paul Marshall e
Charles Faulkner; la costruzione della celebre Red House nel 1859, progettata da Webb ma
arredata con pezzi singoli prodotti dagli artisti citati; l‟apertura della ditta Morris, Marshall,
Faulkner & Co nel 1862 e infine l‟organizzazione, dal 1888, delle esposizioni di arti
applicate, dal titolo Arts and Crafts, che in seguito diventerà il nome dell‟intero movimento
morrisiano.
È importante notare che al di là delle differenze, sia Cole che Morris, riconoscono gli stessi
valori: gli useful objects, le esigenze del pubblico, l‟azione propagandistica, la preferenze per
le arti applicate e la visione di una artisticità diffusa.
Intanto, dalla necessità di espandere la loro produzione in tutto il mondo, favorendo il
commercio e gli scambi si cominciò a estrapolare l'idea di una mostra universale dei loro
prodotti, inizialmente c'era la titubanza di organizzare un evento del genere per la paura che
le loro opere venissero plagiate.
Ma l'Inghilterra poi prese coraggio, e qui rientra il parametro “vendita”, così nel 1851, per
merito maggiori di Henry Cole, molto vicino al principe Albert, organizzò la grande
Esposizione Universale, l‟edificio che ospitò l‟esposizione, costruito in 9 mesi, il famoso
Crystal Palace sarà ricordato come “il primo edificio prefabbricato nella storia
dell‟architettura”, oltre 300.000 mq ideati da Joseph Paxton, grande costruttore di serre,
introduce un nuovo sistema da lui brevettato, dove tutte le finestre erano prodotte dalla
misura delle più grandi lastre in vetro prodotte in Inghilterra, e adattate alle forme della
costruzione e prefabbricati, una collaborazione diretta con l‟industria sia per il cristallo, sia
per i montanti . La particolarità dell'edificio è che contiene delle cupole, infatti, in modo da
poter contenere gli alberi secolari disposti nell‟area.
L'aspetto interessante di questa mostra fu che la produzione europea si presentasse come
qualcosa già visto, mentre quella americana presentava forme nuove ed esclusive, in questa
mostra venne fuori il progresso americano rispetto a quello europeo, dove delle 17000
espositori, solo le macchine si potevano dire portatrice del nuovo ideale, affiancate dalla
maggioranza di oggetti artigianali e pieni d‟ornamento. Infatti sarà descritta dai critici come di
cattivo gusto e un totale fallimento.
Ciò nonostante, non toglie che la Esposizione sia stata il primo vero incontro fra “la cultura
del design” e il vasto pubblico, un grande fenomeno di promozione e vendita, con 186.000
sterline di incasso e oltre 6.000.000 visitatori.
Per quanto riguarda il consumo, i numeri allarmanti lo attestano, ma il punto principale era,
se gli oggetti erano cosi orrendi, da dove provieni tutto questo consumo?
Beh secondo fonti storiche, è stata proprio questa tendenza ad abbassare i prezzi e vendere
di più a contribuire al cattivo gusto della popolazione, dove si esigevano prodotti che
richiamassero qualcosa di noto e la necessità di sembrare un prodotto artigianale, fatto a
mano, in effetti, questo fenomeno di falsificazione applicata agli oggetti con pretese
artistiche, di sfoggio, vieni ben osservato dal Ufficio inglesi di brevetti, che registra ben 35
rivestimenti imitando altri materiali, tra il 1835-46.
Il caso Thonet
Basato sui principi già iniziati da Wedgwood, Voysey (architetto esponente del Arts and
Crafts ricordato per le sue carte da parato) oggetti semplicemente foggiati, semplici ed
essenziali, per la massa popolare, il principale esponente di questo periodo fu Michael
Thonet (1796-1871), la sua produzione secondo De Fusco, soddisfa i quattro parametri del
design,poiché la sua produzione ha origine da una invenzione tecnica, un metodo di
lavorazione del legno tramite la modellazione, che doveva avvenire mediante un processo
nel quale il legno era messo a bagno nell'acqua (inumidito), in maniera tale che il legno
potesse riacquistare la fibra e quindi venire modellato mediante il piegamento con ausilio di
casseforme metalliche dove rimanevano fino alla totale essicazione, processo che sarà
brevettato dal 1841-42 in varie parti dell‟Europa, tutto ciò rientrava nel suo “progetto” di
andare a creare degli arredi composto da piccoli di pezzi e adatti alla produzione in serie .
Il vero e proprio inizio dell‟attività industriale si ebbe nel 1853, con il cambio di nome delle
sue aziende a Gebruder Thonet, nel 56, a Koritschan in Moravia nasce la prima grande
fabbrica seriale e da li continuerà a espandersi in tutto il mondo, arrivando a “produrre” alla
fin del secolo, 4.000 mobili al giorno .
Anche se inizialmente queste forme sembravano non rompere con il passato ricordando
forme già viste, l'artista effettuerà un‟evoluzione numerica e stilistica dei suoi modelli, che
con la seggiola n° 14 eseguì il suo capolavoro perché ridusse al minimo tutti i pezzi per la
costruzione di una sedia, che arriverà alla “vendita” di circa 50.000.000 di pezzi in poco più
di quarant‟anni, la seduta di questo prodotto era esclusiva perché era realizzata tramite delle
impagliature le quali era sempre possibile la continua manutenzione per tenere il prodotto
sempre vivo e il principale punto, totalmente scomponibile.
Quest‟ultimo fattore, influisce nella facilità di trasporto, peraltro fondamentale, consentendo
a Thonet di arrivare in tutto il mondo.
È importante rammentare che, Thonet non si limiterà solo alla costruzione di sedie, ma ben
si, tutta una linea di prodotti, tutti rientranti nella tipologia dei “mobili sostenitori”,
evidentemente più adatti alla sua tecnica, come la sedia a dondolo, anche il seggiolone per
bambini è una sua invenzione.
Quanto al consumo, le cifre citate parlano da sé, inoltre ricordiamo che i mobili Thonet
hanno resistito al gusto e alla moda per oltre un secolo e sono stati acquistati da ogni classe
sociale. Thonet, con il suo stile, inconsapevolmente, anticiperà l‟Art Nouveau.
Mobili Brevettati
Di fronte a questa dimostrazione di superiorità l'Inghilterra dovette cedere il passo non solo
all'America, ma a un altro stato europeo la Germania che nacque nel 1830 dopo la guerra
contro la Francia, ne nacque una nazione azienda.
Infatti se l‟Inghilterra dell‟età vittoriana è il paese-guida per la vicenda delle arti applicate, nel
primo Novecento, è la Germania a sviluppare la loro storia fino alla nascita del design
moderno, basando-se, per quanto riguarda la produttività, sul modello americano.
De Fusco utilizzando il suo metodo storiografico, associa il concetto di nazione-azienda, per
illustrare i suo quattro parametri fondamentale, considerando cosi soltanto i più significativi
eventi.
Partendo dalla Esposizione Internazionale di Philadelphia, nel 1876, tramite il critico Franz
Reuleaux, sottolinea i primi passi che una Germania, ancora artigianale, dovrebbe fare per
rendersi più competitiva, criticando l‟ancora sbagliata politica adottata delle aziende “buon
prezzo e cattivo gusto”, nella prima delle sue 10 lettere, inoltre la necessità di una maggiore
apertura verso il panorama internazionale, ad esempio dei miglioramenti effettuati in USA
nel campo dei macchinari, indicando la Germania come, forse, l‟unica nazione che potesse
tenere questo passo e la necessita di adeguarsi verso il nuovo sistema, con l‟utilizzo della
macchina, per sostituire i lavori fisico e l‟abilità del lavoratore per l‟opera di finitura.
E cosi lentamente stava nascendo uno stile tedesco.
Sebbene si noti il dualismo tra il mondo della macchina e quello dello spirito, fra l‟industria e
l‟artigianato, tre indicazioni sono comunque molto significative:
a) L‟impresa industriale deve impegnare gli sforzi della intera nazione;
b) Il vasto riconoscimento del ruolo della macchina;
c) L‟importanza della qualità su tutti gli altri valori della produzione.
Questo periodo quindi vieni segnato da una serie di eventi, progetti, istituzioni e programmi,
che, dal 1870, furono intraprese nel settore delle arti applicate, che riceverà priorità rispetto
alle arti maggiori, nell‟intento di potenziare la nascente industria e appunto restare al passo
della competizione con l‟estero.
Seguendo appunto la linea di Henry Cole, ritroviamo una Germania che vuole elevare
l‟istruzione sia degli operai sia del pubblico in generale, instaurando innumere scuole di arte
applicate, collegata ad una vasta rete di musei di oggetti industriali.
Molte di queste perseguivano ancora gli ideali vittoriani, come ad esempio la istituzione della
Colonia di artisti patrocinati dal granduca Ernest Ludwig vo Hessen, sorta a Darmstadt, nel
1901, che auspicava alla ripresa dell‟artigianato assiano, coincidendo una nuova visione
estetica della vita(qualità e modelli insuperati).
Infatti, ad un certo punto, la storia della produzione tedesca fu segnata dalla presenza di un
altro personaggio, l‟architetto Hermann Muthesius (1861-1926), addetto culturale presso
l‟ambasciata tedesca a Londra, con lo specifico compito di studiare l‟architettura e il
movimento delle arti applicate inglese, infatti contribuirà a diffondere il movimento inglese
delle Arts and Crafts nel paese, che appunto si chiamerà Jugendstil (Stile nuovo - da
Jugend- Rivista pubblicata a Monaco nel 1896).
Nel 1907 circa, pubblicherà “Das englische Haus” – “La casa inglese”, dove diffonde il
modello di produzione artigianale della Scuola di Glasgow, svolgerà una vasta attività di
conferenziere, dove appunto, in una delle sue principali conferenze, denominata
“L‟importanza delle arti applicate”, criticherà l‟apparato produttivo tedesco, il gusto orientato
solo agli oggetti di lusso, l‟ornamento visto come spreco del materiale de di forza lavoro,
invitando i fabbricanti a un maggiore impegno etico - estetico nella produzione e
nell‟economia nazionale, verso l‟economicità e la funzionalità propria dei prodotti industriali,
segnando vera una spaccatura, che porterà appunto alla fondazione del Deutscher
Werkbun ( Lega Tedesca degli Artigiani), un‟associazione di produttori , artisti e artigiani con
l‟intento di studiare le giuste strategie da intraprendere per trasformare tutte la produzione.
Proprio grazie a quest'associazione, la Germania viene detta, nazione-azienda, dall‟autore e
a questo punto l‟analisi dei fenomeni saranno riferite alla totalità di eventi successi, affinché,
si possa equiparare i 4 parametri, solitamente utilizzati per una singola azienda, ai principali
fenomeni che decrittarono la sorte del design tedesco.
Lo Werkbund, vieni visto come “il progetto” della nazione-azienda, aveva l‟intuito principale
di raccordare l‟arte e l‟industria e seguivano 3 principi fondamentali:
- Qualitat: Qualità assoluta, tecnica e estetica;
- Sachlichkeit- Sintesi di razionalità funzionale ed economica;
- Maschinenstil- Stile della produzione industriale.
L‟obbiettivo di Muthesius, basato sul pensiero moressiano, era d‟indirizzare l‟esperienza
industriale in maniera intelligente, puntando essenzialmente sul design dell‟abitazione, la
cultura dell‟abitare, delle cose di tutti giorni, la sua idea nuova di “progetto”, è riuscire ad
applicare il processo di standardizzazione, facendogli diventare accessibile a tutte le classi,
abbandonando l‟ornamento e creando un “modello tipo” di oggetto, più semplice da poter
essere prodotto in serie, oggetti anonimi, con il marchio Werkbund.
Tra quelli che aderirono al programma, troviamo svariati personaggi, Friedrich Neumann
(politico), Bruckmann e Schmidt (industriali), J.A.Lux (scrittore) e innumeri artisti e architetti,
tra cui, Behrens, Olbrich, Hoffmann, Fischer, Schumacher, Kreis, Van de Velde, Bruno Taut,
Gropius, per un totale di 731 membri, già nel 1910. Il movimento si diffonderà in Austria
(1910), in Svizzera (1913), in Inghilterra (1915) e andrà avanti fino al 1935.
Il grande contrasto del movimento sarà, appunto, il fondamentale problema del capitalismo
moderno, la produzione deve puntare sulla disciplina o al mercato? Questa disputa interna
che sarà tra Muthesius, il quale difendeva la standardizzazione e Van de Velde, che
difendeva la libertà creativa dell‟artista anche nel settore delle arti industriali, portando un
disguido interno nella linea fondamentale del movimento, questo fatto verrà confermato dal
catalogo creato da Behrens, nel 1916, dove ci saranno una mescolanza di stili, tra gli
automobili di Neumann, le locomotive e scompartimenti di Gropius, in mezzo a lampadari di
ferro battuto e illustrazioni di Erler (vedere esposizione di Colonia). Non disconoscendo
assolutamente l‟importante contributo che il movimento abbia dato nella storia del design.
Questo pensiero che si adisce inconsapevolmente a un nuovo stile, il nuovo classismo che
intendeva Behrens, fatto da una tendenza razionale, antidecorativa,riduttiva e impersonale,
non è altro che il Proto razionalismo, una specie di tendenza moderata.
Con verso il 1918, con la guerra, il movimento sente la necessità di un ritorno alle arti, tutto il
discorso della funzionalità viene abolito e la ricerca della qualità del lavoro artigiano ritorna
nelle venne, in sostanza il Werkbund era ritornato al punto di partenza (Morris). Questo
decreta l‟uscita definitiva di Gropius, che risulterà poi nella fondazione, a Weimar, del suo
Bauhaus.
A questo punto rientra “la produzione”, secondo De Fusco, divisa in due gruppi, quelli che
hanno contribuito alla mediazione, il caso della Werkbund, o alla integrazione, che senza
dubbio, vieni rappresentata dal fenomeno AEG e di alcune aziende più piccoli come la
Deutsche Werkstatte, fondata nel 1898 da Karl Schmidt a Desdra, che tra l‟altro va
ricordata, come la prima industria europea nel settore del mobile che meccanizzò i suoi
impianti, standardizzò le parti componenti e li costruì col programma della componibilità,
riuscendo cosi i suoi costi, in effetti con la serie UNIT (mobili componibili per le case
operaie) avremmo appunto, la meccanizzazione del mobile per l‟uso domestico, ma che a
parte questo può considerarsi tutto una imitazione della fiorente industria americana.
Il caso della AEG (Allgemeine Elektricitats Gesellschaft), grande azienda berlinese,
rappresenta il caso più concretto, coerente e ben riuscito della storia tedesca.
L‟azienda produceva articoli del tutto nuovi, nati con la moderna tecnologia industriale, legati
allo sfruttamento della energia elettrica, tra cui troviamo la lampadina, in versione Thomas
Alva Edison, quella che sarebbe la versione definitiva del 1879..
Dopo la Esposizione Elettrica di Parigi del 1881, l‟ingegnere e industriale tedesco, Emil
Rathenau (1838-1915), riesce ad ottenere dei brevetti di Edison, che concede alla Germania
i diritti di sfruttamento, tra i quali il sistema di illuminazione basato a punto sulle lampadine a
incandescenza.
E cosi Rathenau, nel 1882, fonda una società di studi esperimentali per i primi impianti, nel
1883 la DEG, specializzata nella produzione di lampadine e che dopo una ristrutturazione
interna diventa, nel 1887, la AEG, ovviamente la sorte della azienda era direttamente
collegata alla ad una vasta qualificazione delle linee e costruzione di centrali elettriche,
affinché il prodotto avesse buon mercato, fattore che si occuperà appunto l‟azienda con
l‟estensione della produzione a dinamo, motori elettrici e rete distributive e che in seguito si
estenderà a tutti prodotti legati all‟elettricità (ventilatori, strumenti tecnici e elettrodomestici).
Questo fattore determinerà un salto della produzione di lampadine, che da 300.000 (DEG)
passerà a 7.000.000 (AEG) unità all‟anno, una produzione alla avanguardia, tecnologica, a
ciclo continuo, standardizzata, con criteri della linea di montaggio e automazione, che
concederanno all‟azienda il monopolio del settore e a fianco alla Siemens e il permesso
dalla General Electric Company americana di esportare in tutto il mondo.
Nel 1891, entreranno in vigore le nuove norme di sicurezze, che imponevano di coprire i
meccanismi a motore con una scocca di sicurezza, da qui la nascita della “carrozzeria”.
Gli aspetti promozionali e di vendita sono collegati dall‟autore, alla necessita di divulgare i
nuovi prodotti e di conferire all‟AEG una immagine unitaria.
Questa idea che già veniva coltivata da altri, secondo raccomandazione di Paul Jordan, nel
1907 avrà un maestro indiscusso, l‟entrata di Peter Behrens come consulente artistico
dell‟impresa, segnerà definitivamente la sua fortuna.
Behrens, esperto nel settore grafico, conferirà all‟azienda quella che chiamerà “una
riorganizzazione visibile”, teorizzata in seguito, notasse che, la lavorazione di un prodotto
nuovo, tecnologico, ancora disconosciuto, dona a Behrens una libertà fin‟ora mai avuta a
livello progettuale, senza legami con la tradizione, l‟aggiunta del legale fattore dell‟involucro
protettivo che a nulla aveva a vedere con la funzione del meccanismo in sé, donava alle
forma la semplice funzione di cornice e la totale libertà creativa e l‟aggiunta del fattore
estetico.
Beh, facciamo un passo indietro per capire l‟evoluzione dell‟artista, da una incarico
meramente pubblicitario e propagandistico, con la pubblicazione nel 1907 del suo primo
manifesto (più eloquente) e nel 1908 con una linea più astratta (alveare = laboriosità),
passerà al design di tutti gli oggetti dell‟azienda, bollitori, ventilatori, lampade, operando su
loro una riduzione dei pezzi, una standardizzazione che permetterà una varianti infinita degli
stessi prodotti (scelta), elevando cosi il principio estetico a quello di progettazione, basilare
di ogni fabbricazione in serie.
Un‟altro importante contributo a questa immagine di azienda unitaria, sarà senza dubbio la
progettazione di una delle fabbriche dell‟azienda, di valenza ideologica molto forte, la
“Turbienfabrik” (1908-09), con le sue forme semplificate, quasi eclettiche, la sua muratura in
pietra, sarà vista come un monumento , l‟icona dell‟industria, richiamando l‟architettura del
tempio, il suo scheletro in acciaio, le grandi vetrate, la mancanza dell‟ingresso principale,
daranno l‟idea di una finta trasparenza e che nasconderanno al suo interno la sua parte
oscura ( finto tempio sociale che nasconde i disaggi dei lavoratori all‟epoca, fatta di uomini,
donne e bambini), nonostante ciò, diverrà , grazie alla sua razionalità e funzionalità, modello
per tutte le fabbriche avvenire, costruite in Germania.
Il fattore “uso o consumo” è facilmente dimostrato dal successo dei prodotti dell‟azienda
conseguenza dalla corretta impostazione del progetto, nell‟immagine unitaria (dalla grafica
alla forma dei prodotti e dei suoi edifici) e al settore merceologico del tutto nuovo, che si
tradurrà in un prodotto economico, poiché prodotto in larga scala (seriale).
Giusto per chiudere il discorso Werkbund, è utile ricordare una delle esposizioni di maggior
rilievo storico per il movimento, quella di Colonia, avvenuta nel 1914, che dimostrerà
appunto la differenza di stile dei suoi membri e che anticipo il suo fallimento, dovuto alla
mancanza di oggetti innovativi, escludendo alcune architetture, da esempi come Behrens -
parte grafica, ormai rinomato dopo AEG, passiamo a Van de Velde - teatro per Werkbund,
con linee fluide, un po‟ retro,confermando il suo stile Nouveau, Bruno Taut - Padiglione di
Vetro, innovativo per l‟utilizzo dei nuovi materiali, struttura a pianta centrale con cupola in
ferro e vetro, che tra l‟altro verrà brevettato, Gropius – Padiglione delle Macchine, una
fabbrica modello, rigorosamente razionale, lavorata sull‟orizzontalità, trasparenze e struttura
in acciaio,affianco la sala di esposizione con un motore centrale a simboleggiare la potenze
delle macchine.
Sta di fato che, purtroppo questa sarà la conferma che il gruppo non seguiva la visione di
Muthesius, in effetti Gropius, come anticipato, rinnegherà Muthesius e seguirà le orme di
Van de Velde, per solo dopo 10 anni affermare le stesse cose dette da lui.
America e il caso Ford
Premesso che, nel rapporto Germania - USA, considerato prima di tutto, la agevolazione
fatta alla componente produzione, dalle innumere invenzioni che sono state realizzate dal
1850 fino ai primi decenni del „900, tra cui la macchina da scrivere (1855), l‟automobile
(1862), la plastica (1862), il cemento armato (1867), il frigorifico (1879), la lampadina
elettrica (1879) e tantissime altre, ma soprattutto l‟analisi osservata da Giedion, dove
focalizza la differenza della meccanizzazione che occorre in America (mestieri complessi) e
in Europa (mestieri semplici) e l‟introduzione della linea di montaggio (Ford) basata sui studi
di Taylor, l‟indifferenza americana agli rapporti con le forme della tradizione, come
l‟artigianato, contribuiscono a farsi che, la funzionalità, la praticità, il confort, l‟economicità
fossero i valori vincenti, base per la nascita dei nuovi sistemi di fabbricazione e un numero
esorbitanti di oggetti, potendo arrivare a dire che tutto quanto esiste oggi di meccanico al
mondo d‟oggi fu, nella grandissima parte, opera degli USA.
Un altro prodotto interessante e innovativo ideato dagli americani furono le poltroncine da
ufficio e la sedia da barbiere e da dentista, letto a pianoforte del 1866, meccanicamente gli
americani inventarono anche i primi treni pullman e tram, mettendosi a capo come nazione
produttrice del design, in contemporanea la Germania rispondeva colpo su colpo, tramite
uno spionaggio internazionale esso stabiliva un contatto con la città di Philadelphia dalla
quale arrivavano notizie sulla produzione americana in tempo reale, facendo in modo che i
tedeschi potessero procedere di pari passo.
Anche se l‟invenzione dell'autovettura vieni attribuita al tedesco Carl Benz (1893), che
estrapolava la parte meccanica del design e utilizzava il sistema della macchina a vapore di
watt, tra l‟altro da li l‟origine del nome benzina, altre tanto importante, sennò fu l‟operato di
Henry Ford, considerato rientrante a tutti gli effetti nei 4 parametri dell‟autore e senz‟altro
uno degli eventi più significativi della storia.
Basandosi sul concetto introdotto da Horatio Greenough (scultore e teorico d‟architettura
americano) “la forma segue la funzione” ( della formula di Lamarck – Teoria Evoluzionista
delle Specie), Ford non pensa alle oscillazioni del gusto, ma un modello via via più perfetto,
ecco che nasce il suo modello unico, enfatizzando la supremazia dello scopo per cui una
cosa vieni progettata.
Il merito di Ford comunque, non sta nell‟aver teorizzato il funzionalismo, ma bensì, in averlo
fatto diventare tangibile, offrendo esempi reali di questa riduzione all‟essenziale.
Diceva, “ ogni buona automobile dovrebbe durare quanto un buon orologio”.
Ecco che nel 1908, nasce il “Modello T”, tenuta in produzione fino al 1927, la quale farà sua
filosofia di vita, l‟idea di creare un automobile innovativa,con materiale leggero e resistente
(acciaio), motore a 4 tempi, accensione elettrica (e non a manovella), scoperto e
rigorosamente nero, la prima utilitaria ridotta all‟essenziale.
I suoi principi si basavano su un impatto sia industriale che sociale, voleva un prodotto che
dal primo bullone fino al‟ultimo pezzo fosse costruito all‟interno delle sue stesse fabbriche,
compito sino ad‟ora dato ai “carrozzieri stilisti” esterni, questo si tradurrà, secondo un
concetto evoluzionistico e l‟introduzione della meccanizzazione, nella introduzione della
“catena di montaggio”, è bene ricordare che ai tempi di Taylor, questo sarebbe compito
adatto a funzionari specializzati, in effetti questa tecnica, nel 1913-14, che verrà raffinata da
Ford, con lo spezzettamento e semplificazione delle fasi, a questo punto potendo essere
eseguite da chiunque e tradotta nella sostanziale riduzione dei tempi di assemblaggio.
Questo comporterà nel convogliamento dei braccianti strappati all‟agricoltura, associato alla
sua rivoluzionaria politica salariale (8 ore lavorative), che li consentiva una produzione 24h
su 24h, ma soprattutto, dato l‟aumento delle condizione di vita dei suoi dipendenti, si
traduceva nella “democratizzazione del prodotto”, che sino allora era privilegio di pochi,
un‟automobile per tutti, un articolo di massa, che gli assicura il suo posto nella storia.
Nasce la “generazione fordista”, questo successo va inoltre attribuito alla meccanizzazione
delle sue fabbriche, nello stabilimento di Ford in Highland Park a Detroit, progettato da
Albert Kam, come accennato da Thomas Edison, altro pioniere dell‟industria americana, “si
passa dall‟epoca in cui gli esseri umani vengono utilizzati come motore, dando il cervello alle
macchine”, questo è il fattore fondamentale, l‟utilizzo delle macchine (aumento della sua
durabilità e ammortizzamento dei suoi costi), della standardizzazione dei pezzi del modello
unico (serie), della velocità di fabbricazione (da 12,5 ore a 1,5 per macchina), che
risulteranno in un abbassamento significativo dei prezzi, al punto che il Modello T da 850,
passera a 260 dollari e nel corso della sua esistenza saranno venduti, niente meno che, 15
milioni di esemplari.
A questo punto rientrerà il fattore concorrenza, non considerato prima da Ford, il cambio di
strategia adoperato della General Motors (Chevrolet con svariati colori) suo maggiore rivale,
decreterà il ridimensionamento nelle sua tattica di venda, che si baserà nella produzione di
un modello annuale, nella riforma sostanziale delle sue fabbriche e l‟attacco della critica in
generale.
Da qui, nel 1928, nascerà il “Modello A”, molto più elegante, cercando di rincorrere la
concorrenza, è vero che sulla sua pecca le altre aziende si rifaranno, ma il merito di Ford
non potrà mai essere toccato, quando ormai la macchina era diventata un bene di tutti,
l‟evoluzione stessa decreta che, ovviamente questo porterebbe a un cambiamento, la
nascita di valori aggiunti, come la domanda del consumatore, l‟esigenza di novità e scelta e
consecutivamente negli apporti con il nascente industrial design.
Partendo da questi presupposti, nel 1903, Hoffmann, Moser e il banchiere Fritz Waerndorfer
fondano la Wiener Werkstatte, azienda formata da un gruppo di laboratori di arti applicate,
tecnico-artigianale, utile a qualunque attività, che secondo l‟autore, rappresenta un
fenomeno tra i più tipici del gusto e della cultura austriaca e che nonostante la sua
produzione non sia stata del tipo seriale, rientra al campo del design.
Ricordiamo che i precedenti influssi dello stile moressiano, Art Nouveau, in particolare delle
opere di Mackintosh ( da cui appunto deriva il Quadratl-Hoffmann), la Secessione , nonché
influenze locali, influiranno nello stile dell‟azienda, che rielaborerà un nuovo classismo, altro
grande contributo alla nascita del Protorazionalismo.
Il “progetto” dell‟impresa verrà redatto e presentato sotto forma di Manifesto, nel 1905, dove
conferma il suo dissenso al.‟incommensurabile danno arrecato dalla produzione in serie,
l‟imitazione del stili passati, dove al posto della mano è subentrata la macchina, la sua voglia
di stabilire un rapporto tra pubblico, progettista e artigiano, la focalizzazione della
funzionalità seguita dalla qualità, non eccedendo negli ornamenti, non decreta una lotta
all‟industria, assumendo la necessità dell‟aiuto dalle macchine, ma sottolineando il carattere
artigiano del movimento, e aggiunge: “Non la vita deve essere arte, ma l‟arte deve entrare
nella vita di tutti giorni”.
La sua idea dell‟opera di arte totale, la capacità di conciliare una cosi forte unità stilistica,
apprezzata pure da Muthesius in persona, che dice: “Quest‟arte moderna viennese è
probabilmente quanto di più unitario e completo che il nostro tempo abbia saputo produrre
fino ad oggi”, in effetti gli oggetti di caratteristiche una sincroniche, identiche , ma sempre
diversa da sé, sembreranno quasi fatti da Hoffmann, risultato da una linea molto rigida,
necessaria per mantenere la eguaglianza di stile, dato che non si limiterà a merceologia
maggiori, ma una campo molto vasto, quanto gli artisti che lavoreranno al suo interno.
Il fattore della “produzione” vieni evidenziato dalla lunga durata dell‟azienda, che pur avendo
momenti difficili, va dal 1903 al 1932, dove riconosce il suo fattore industriale, nel suo scopo
promozionale , economico e di vendita contenuto all‟interno dello statuto.
Tra l‟altro vieni notato il carattere di distinzione degli interessi privati da quelli dell‟azienda e
indicato questa difficoltà di mantenere i due ruoli, come punto principale dell‟abbandono da
parte di Moser, nel 1907.
Inoltre, ad accentuare questa logica di carattere industriale, rientra la fondazione, nel 1912,
delle Kunstlerwerkstatten, come noto, sia Hoffmann che Moser erano insegnanti presso la
Kunstgewerbeschule, cosa che spinge all‟utilizzo di mano d‟opera giovanile nei suoi
laboratori, anche se in ruolo subalterno, gli artisti quindi, avrebbero potuto utilizzare
liberamente i laboratori a discapito di cedere opere scelte da Hoffmann a costo zero senza
retribuzione fino a 1922, l‟iniziativa di utilizzare le forze artistiche, indipendente dall‟apparato
statale, una specie di scuola privata, una sorta di centri di studi a pagamento solo di ciò che
piaceva, dimostra l‟inserimento nella logica della maggior parte delle imprese industriali.
La componente “vendita” vieni considerata avanguardia nei tempi, sia per il buon utilizzo
dell‟apparato pubblicitario, essendo Moser di grande talento nel settore della grafica, a
dimostrare le fatture viste eguagliate ad un arredo di Hoffmann, sia per la parte
promozionale e divulgativa, avendo partecipato di tutte le fiere del settore e il consenso
unanimi della critica (a parte Loss, diceva che l‟architetto doveva fare architettura),
dimostrando che il “principio del visibile” di Behrens che realizzò solo dell‟ambito della AEG,
la azienda viennese lo stese ad ogni aspetto della vita quotidiana.
Tra le sue opere possiamo trovare due capolavori in cui il progetto d‟architettura e
d‟arredamento vengono realizzati coi prodotti costruiti nei laboratori della Wiener Werkstatte:
Il grande contributo reale della Wiener Werkstatte saranno questi mobili di linee essenziali,
strutture semplificate, che resteranno alla base del design moderno, simbolo del
Protorazionalismo da cui discenderanno tutti i movimenti successivi.
Bauhaus
L‟officina di falegnameria- a Weimar ci sarà una influenza Neoplastica, palese nei mobili di
Dieckmann, Albers, Brendel, Breuer (1922 – ispirata a Rietveld) e dello stesso Gropius.
Dal 1925-28, l‟officina verrà diretta da Marcel Breuer, periodo piu emblematico, con
l‟introduzione del tubolare d‟acciaio nella lavorazione di molti mobili e sedie, conferendo quel
carattere seriale e meccanico e rivoluzionando a tal punto che si parlerà d‟ora in poi di
“officina del mobile”, la sua creazione è l‟oggetto che piu incarna i cambiamenti, una
poltrona fatta di tubi d‟acciaio, schienale e braccioli in tela, disegnata nel 1925 e che
paradossalmente non fu progettata all‟interno della scuola.
Prima di lui, l‟architetto olandese Martin Stam (insegnante della scuola nel 1928-29), nel
1924, aveva realizzato un modello di sedia a sbalzo, raggiungendo un notevole grado di
elasticità, dopo di lui fu Mies van der Rohe ( direttore dal 1930-33), nel 1927, con la
differenza d‟avere i due tubi montanti a semicerchio e altri due tubolari funzionanti da
braccioli, cosi come Thonet, il terzo modello, ancora di Breuer (1928), taglia quel unico
tubulare usato in precedenza a livello dello schienale, ridonando al sedile il carattere
esponente del mobile, ambi due ancora ispirati a Thonet, hanno telai in legno e struttura
interna in vimini, risultando il modello piu perfezionato, maturo, oltre a molto diffuso.
Sotto la direzione di Josef Albers (1928-29) e Alfred Arndt (fino 1931), produrranno oggetti
ancora più orientati in senso economico e seriale, oltre alla sperimentazione di sedie in
legno curvato e compose da vari materiali, in una linea di gusto esterna, a questo punto resa
popolare.
L‟officina dei metalli- qui inizialmente le teiere, i servizi da tè, tra i vari oggetti, sembrano
rifarsi al gusto di Behrens, Hoffmann, dell‟Art Decò, al classismo, ossia niente a che vedere
con le geometriche dissimmetrie del de Stijl, ma da dove emergeranno alcuni fra i migliori
Designers del Bauhaus:Christian Dell, Josef Knau, Otto Rittweger, Marianne Brandt, Jucker
e Wilhelm Wagenfeld, iniziatori di uno specifico genere destinato a grande successo, quello
delle lampade, ricerca che si manterrà continua nelle due sede.
Nel 1923, seguendo una linea unitaria di gusto e funzionalità, nasce il primo apparecchio
illuminante, disegnato da K. Jucker, si passerà alle lampade da tavolo dello stesso e di
Wagenfeld, fino agli svariati modelli di Marianne Brandt come la lampada di comodino
Kandem (1927) che nel 1927 la fabbrica Kurtigng & Mathiesen di Lipsia avvierà la
produzione in serie , nel 1926, la berlinese, Standard-Mobel, inizierà la produzione di tutti i
mobile in metallo di Breuer.
L‟officina della Ceramica- che non aveva sede nella scuola di Weimar, ma nel vicino castello
di Dornburg dove si trovavano i forni e l‟apparecchiatura adatta, segnerà una grande
evoluzione progettuale con il passaggio da modelli artigianali a forme piu semplificate ideate
per una produzione seriale, soprattutto ad opera di Theodor Bloger e Otto Lindig.
Fu forse il primo a collaborare con l‟industria esterna, la fabbrica di maioliche di Venten-
Verdamm, nel 1923, metterà in produzione alcuni modelli di contenitori ceramici di Bloger,
poi la Banca della Turingia, stamperà banconote disegnate da Bayer, Schott & Gen inizierà
la produzione di recipienti in vetro.
Officina della Tessitura- presenterà studi e modelli molto diversi nelle due sedi, potendo dire
che tra 1919-1924 la lavorazione di arazzi, tappeti, stoffe, oggetti bidimensionali, sarà
affidato ai pittori ( direzione di Georg Muche), questa impronta artigianale, anche da parte di
Klee, sarà dovuta alla utilizzazione di telai a mano.
Operanti in questo settore furono: Lies Deinhardt, Martha Erps, Gertrud Hantschk, Tuth
Hollòs, Benita Otte e Gunta Stolzl.
A Dessau, sotto direzione di Gunta Stolzl, il laboratorio subirà un sensibile cambiamento,
passando alla ricerca sui materiali e trame piu adatte alla lavorazione di tessuti a metraggio
per l‟arredamento e la meccanizzazione dei telai,che punterà alla produzione industriale.
Il caso di Ulm
Anche se non potrà essere fatta una analisi basata sui 4 parametri, soprattutto per
l‟orientamento quasi esclusivamente didattico delle altre istituzione de design, De Fusco
riconosce, tuttavia, il contributo della Scuola di Ulm, che nasce in Germania nel 1955, dalla
Fondazione Fratelli Scholl voluta da Inge Scholl in memori dei suoi fratelli – Hans e Sophie –
uccisi dai nazisti nel 1945, sia tanto importante da non poter essere trascurato.
La scuola, Hochschule fur Gestaltung, che nasce in un momento importante e controverso
della storia, tra l‟altro con materie cosi attuale riconducibili ai giorni d‟oggi, che affiancavano
quelle più tradizionali (tecniche), come la storia della cultura, la teoria dell‟informatizzazione,
la teoria dei sistemi, la semiotica, l‟ergonomia ecc. e che per una serie di motivi, peraltro la
provenienza dei suoi maestri, si colloca in un quadro culturale internazionale.
L‟analisi quindi verrà fatta basata sotto un altro aspetto, quello delle anomalie, nella
concessione e conduzione dell‟istituto rispetto al Bauhaus, vale a dire, gli ostacoli
provenienti della sua stessa concezione e anacronismo, che ridurranno la sua esistenza a
soli 13 anni.
Beh, come racconta uno degli esponenti, Tomas Maldonado, dove fra 1954-66 fu direttore,
in principio l‟intensione era di seguire la linea di continuità del Bauhaus, la problematica
nasce, quando in piena attività della scuola, questa linea viene messa in discussione,
creando un clima di insofferenza e contrasti tra i protagonisti, O.Aicher, H.Gugelot,
T.Maldonato, W. Zeischegg e Max Bill, quest‟ultimo peraltro, primo rettore, progettista della
sede, ex allievo di Bauhaus e difensore della “gute form”, opposizione allo Styling
americano, convinto sostenitore della linea presa da Gropius, nel 1956, dopo solo 2 anni,
lascerà la carica.
Questo determinerà la sostituzione del Grundkurs, quel corso iniziale fatto per orientare gli
allievi verso le specifiche specializzazioni, oltre alla introduzione di quelle discipline
innovative citate, con la collaborazione dei maggiori specialiste del tempo in una serie di
brevi corsi integrativi e la divisione della scuola in due filoni, quello della progettazione dei
prodotti e della comunicazione, riprendendo però su altre basi, il rapporto voluto da Bauhaus
con l‟industria.
L‟inizio della crisi della scuola, partirà appunto, dagli errori di valutazione dei suoi dirigenti,
sia a livello socio-politico, come afferma lo stesso Maldonado, basato sugli stessi interessi
produttivistici dell‟industria pretesi dal Bauhaus e dettati dal nascente neocapitalismo,
anche se sostiene la scelta di priorità dei il prodotto industriale di uso pubblico e non quello
privato, secondo l‟interpretazione dell‟autore, espressa da Claude Schnaidt, professore
all‟epoca, ammette l‟importanza fondamentale di queste scuole (Bauhaus, Vchutemas e la
HfG) alla formazione di professionali della progettazione e organizzazione della vita
materiale dell‟uomo, ma che il suo carattere isolato, a discapito di una necessità di lavoro
interdisciplinare di gruppo, il suo continuo movimento e trasformazione, non riuscirà nel
compito di far capire il suo vero intuito, cosicché apparivano come dei “bastardi” senza un
reale inquadramento ( ne scuole di architettura, né di arti decorative, né di accademie),
determinando il bivio, che tra l‟altro troviamo ai giorni nostri, che o fossero ammesse dagli
organismi esistenti oppure fossero semplicemente chiuse evitando qualsiasi doppione,
concludendo: “solo un popolo padrone del suo proprio destino potrà far fruttare l‟eredità di
queste istituzioni”.
Chiude portando a livelli nazionali, con l‟affermazione di un ex allievo della HfG-Ulm,
Giovanni Anceschi, che operò in Italia e la sua influenza reale sul nostro design: “ Ci si
potrebbe azzardare in affermare che, è stata l‟Italia, a esercitare per Ulm il ruolo giocato
dagli USA per il Bauhaus”.
Nel sec. XIX la Francia, nonostante l‟antica tradizione, la fama del suo passato artistico,
risenti dei successi inglesi e tedeschi, una inchiesta voluta dal governo nel 1899, svolta da
M. Vachon, costatava il grande disaggio nel campo delle arti figurative, gli antiche centri
specializzati nel settore ( di Tolosa, Limoges, Nimes, Aleçon, Lille e Reims) attribuivano le
cause, appunto, alla mancanza o disorganizzazione delle istruzione artistiche, crisi che
viene infatti costatata dalla decrescita delle importazione contemporaneamente al
potenziamento della nazione-azienda tedesca.
Inoltre associata anche al fallimento dell‟Art Nouveau francese, fine datata da molti, essere
avvenuta dopo l‟Esposizione Universale di Parigi del 1900, a dispetto degli effetti dello
stesso movimento in altri paesi ( Jugendstil e Secessione), nonostante in Francia abbiano
partecipato grandi nomi che ne furono parte, quali Guimard, Gallé, Majorelle, André, De
Feure, Gaillard, Colonna.
Ma tornando al titolo del capitolo, il maggiore contributo dato dalla Francia e alla storia del
Design fu un vasto movimento del gusto, denominato Art Déco e l‟apporto teorico del
maggiore architetto ivi operante.
Secondo De Fusco, anche se il movimento acquisterà notorietà a partire dall‟Esposizione
Internazionale delle Arti Decorative di Parigi del 1925, vale notare, esposizione ideata nel
1907 (anno di fondazione del Werkbund), progettata nel 1913 e rinviata al 1922 per via della
guerra (ventennio di Wiener Werkstatte) e realizzata, appunto, nel 1925 (inaugurazione del
Bauhaus), sottolinea il fatto che la Déco appare, come un fenomeno anacronistico, se
questa data venisse attribuita “all‟inizio” e non “al tramonto” della tendenza.
Questa tese si riferirà, alla precedenza storica dello stile in movimenti, persone, idee,
prodotti ecc.. .che risalirebbero, appunto, ai primi decenni del secolo e caratterizzandolo
cosi, come una sintesi degli eventi precedenti (Cubismo, Fauvisme, spettacoli internazionali,
balletti russi di Djaghilev, invenzioni tecnologiche …).
Sta di fatto che l‟Art Déco, i cui maggiori esponenti furono Ruhlmann, Lalique, Dufet,
Jourdain, Sue e Mare, Lepape, Iribe, Chareau, Legrain, Poiforcat, Erté, gli esponenti
dell‟atelier Martine, presenterà uno stesso motivo, che si estenderà sia alla parte
architettonica che quella del singolo oggetto e di tutti i campi del design, quello della
riduzione geometrica, struttura scalare, della fontana zampillante, delle forme zig-zagate,
oggetti trattati con colori puri e di profili curvilinei.
Questa origine eclettica, nei primi anni, deriva da diverse parte, la più solida, dal ramo
geometrico della Nouveau, con le opere di Mackintosh e Protorazionalismo austriaco in
particolare di Hoffmann (influenzato a sua volta del precedente), uno semplificato,
geometrico, quello del Palazzo Stoclet e delle cornice a gradini, questo fenomeno vieni
sopratutto collegato agli Atelier Martine di Paul Poiret, definito dalla Veronesi (Veronesi
Giulia in Di Fazio (1906-70) - Critico d'arte e giornalista), come un personaggio chiavi degli
anni „10-‟20, che detestava il rigore formale del cubismo, che dice aver preso spunto delle
opere del Wiener Werkstatte per appunto aprire a Parigi, la scuola d‟arti decorativa l‟atelier
Martine, dove collaboreranno Dufy, Georges Lepape, Paul Iribe e che riuscirà a creare un
nuovo movimento di idee riguardante l‟arredamento della casa e uno degli principali
esponenti dell‟Art Déco, vale ricordare che, fu lui a diffondere l‟abito a giacca di taglio
maschile, a creare “la garçonne appiattiva e sportiva” (moda in senso moderno) e a
trasferire il gusto per i colori vivi, attestando l‟esistenza di un movimento prima dell‟Expo, lo
stesso vale per il tentativo di costituire, dal 1920-24, una specie di Werkbund francese, con
la creazione di un “ufficio di collegamento tra l‟arte e l‟industria”.
Meno tradizionali quelli influssi proveniente dell‟avanguardie: dal Cubismo – riduzione di
oggetti e immagini alla geometria, Fauvisme – senso esplosivo e decorativo dei colori
primari, Futurismo – dinamismo e velocità (segni del passaggio di un oggetto), dall‟Orfisme
– motivi coloratissimi e circolari ecc. che si ripercuoteranno anche nei Designers razionalisti,
punto in comune dei due movimenti.
Questo collegamento si estendere per lunghe pagine una specie di tentativo di anticipazione
della nascita del movimento, con esempi di citazione della Veronese del periodo 1914-18
che va dai balletti russi di Diaghilev al fenomeno Coco Chanel, che farà ombra a Poiret, cosi
come Mallet-Stevens lo farà a Perret.
Il parametro progetto, sta negli sforzi degli organi ufficiali, dell‟amministrazione e
dell‟industria francese per trovare una linea produttiva che consentisse di competere con
altri paesi e quelle iniziative private, che accantonando il nazionalismo tentarono di
importare novità esterne (Poiret).
Questo tentativo punterà sulla forza delle idee, della continuità della trazione, all‟artisticità
della produzione che non alla sua industrializzazione.
Più problematico che la forma, era il contenuto che sarebbe adoperato per combattere le
tradizione accademiche e il cattivo gusto, che si traducono in due esperienze distinte, il
rigore e intransigente Movimento Moderno, direzionato verso la semplificazione delle forme
(assenza totale delle decorazioni) e il cordiale “Stile Moderno”, che contrapposizione degli
stili passati, con un repertorio decorativo proprio, ma molto simile nelle finalità e strutture di
quelli precedenti e finirà negli anni Trenta.
La produzione invece, conterà con l‟appoggio di istituzioni come la Union Centrale des Arts
Décoratifs, nel 1964, la Société des Artistes Décorateus, nel 1907 che organizzerà
annualmente delle esposizioni, i grandi magazzini che appriranno dei laboratori artigianali
accanto al reparto vendita ( Lafayette- Maurice Dufresne(1921), Primavera- magazzini
Louvre- René Guilleré), la Compagnie des Arts Français (si richiama a Wiener Werkstatte),
di Louis Sue e Andre Mare (Sue e Mare), Atelier Martine di Poiret (1911), Francis Jourdain –
apprezzato per i suoi mobili economici per ambienti piccoli, un pseudo artigianato in serie,
dalla parte opposta, Jacques Emile Ruhlmann, con un artigianato di lusso, è il maggiore
mobiliere francese dell‟epoca.
La difficoltà dell‟autore in far rientrare il movimento nel novero design non sta nel fattore
artigianale, ma perché seguirono una logica occasionale e discontinua (sarti che facevano
gli arredatori, i profumieri prodotti di suppellettili …)
La componente vendita anche se limitata, è meglio articolata grazie al sistema dei grandi
magazzini, dall‟alta ebanisteria di Ruhlmann, alle semplificazione cubo-razionaliste di Lurçat,
di Jourdain, Mallet-Stevens, ogni uno con il suo canale commerciale, pubblico e prezzo (
che tra l‟atro va smentita essere assai costoso e rivolto all‟elite comprovata l‟attività dei
grandi magazzini) .
Il consumo, vieni messo accanto al settore lusso,in uno scritto da Waldemar George,
apparso nel 1925 im “L‟Amour de l‟Art”, fornendo il quadro più efficace del settore, una
critica aperta a tutto il movimento e al mancato interesse per le classi popolari e della
mancanza nell‟esposizione del 1925, di articoli di design dei servizi (sala di studio,
laboratori, sala operatoria), insomma di tutto ciò appartenente alla vita moderna e che
distingue dalla vita dei tempi passati.
L‟art Déco fu lo stile delle sale cinematografiche, dei grandi locali pubblici, degli ateliers di
moda, delle insegne luminose, il successo di questo momento del gusto va ricercato nel suo
senso mondano, fu il primo stile che informò prodotti e ambienti del vecchio e del nuovo
continenti, internazionale, e se in Europa perderà la sua bonomia borghese ad opera delle
architetture retoriche, classistiche e seriose dalla dittatura, in America essa darà vita a
quello che verrà conosciuto come Streamline o Styling.
Come è noto nella storia dell‟architettura, alla stessa Esposizione del 1925, Le Corbusier è
presente nel padiglione dell‟Esprit Nouveau, una cellula di case popolare, scandalosamente
progressista, che si addice a quanto riferito da Waldemar, il quale si possono ricondurre
influenze del movimento in particolare a Ruhlmann, dove si ritrova che quella predilezione
per la ricchezza è anche ritrovabile nel più moderno design.
Quanto al contributo di Le Corbusier alla vicenda del design, egli ha formulato una delle
teorie più chiare, forse per il fatto di essere esterno alla faccenda, che va ricercata sul libro
pubblicato nel 1925, “L‟Art décoratif d‟aujourd‟hui”, che raccogli articoli già apparsi sulla
rivista “Esprit Nouveau” , dove ricchiama al fatto del‟arte decorativa moderna non
comportare decorazione, di non essere più opera dei artisti ma dell‟industria anonima che
procede per la strada dell‟economia, infatti il paradosso secondo lui parte dalla parola e non
dal fatto, differenziando l‟arte, dell‟arte decorativa del passato e da quella moderna, che è
tale dovuto ai nuovi “processi di produzione”, vedendo nell‟industria, nella sua logica e
tecnica il modello per il design moderno, pubblicando nel libro tutto una serie di prodotti
industriali (turbine, automobili, aerei, attrezzi medico-sanitarie …), limitandosi a considerare
le prestazioni più note, il gruppo di mobili, che assieme a Charlotte Perriand e Pierre
Jeanneret, presentò al Salon d‟Automne del 1929 il progetto “auto maximum”, che ha
preceduto i modelli della Citroen.
Questo rapporto tra industria e artigianato viene ben osservato da Benevolo, dove nota che
“Gropius non sceglie fra uno e l‟atro, considerando questa polemica come una battaglia fra
due opposte astrazioni, poiché né l‟artigianato è puro ideatore dovendo attuare la sua idea
mediante un processo tecnico, né l‟industria è pura manualità, dovendo sempre il suo
prodotto rifarsi di un modello creativo, fra le due c‟e solo una differenza di grado”.
Le Corbusier s differenzia da Gropius sia perché muove un‟altra concezione, sia perché agli
inizi degli anni Venti non sembra interessato a formare dei quadri tecnici di designers, ma un
vasto di argomentare per un vasto pubblico della cultura di massa, preferendo indicare il
procedimento dell‟industria come modello di organismo produttivo autosufficiente e i suoi lati
positivi e negativi, basandosi su tre principali idee:
a)lo standard – gli uomini sono tutti uguali - Modulor
b) il mobile e utensile come membrana artificiali – la forma segue la funzione, estetica della
massima aderenza della forma alla funzione, oggetti come prolungamento delle nostre
membra
c) la nuova tecnica- la sostituzione del legno per i nuovi materiali (acciaio, cemento,
alluminio, fibre sintetiche), no alla decorazione, colore bianco.
Ma il suo maggiore contributo fu quello di cambiare la distribuzione interna della casa con
l‟introduzione del concetto di elementi fissi i mobili, mettendo in crisi la nozione stessa di
arredamento, sostituendo i vecchi muri divisori con l‟introduzione dei “casiers standard”, più
tardi conosciuti come “pareti attrezzate “.
Questo codice corbusiano - la riduzione di tutta l‟organizzazione della casa in elementi fissi
e mobili (le sedie, poltrone, tavole …), l‟enfasi data al singolo mobile - “product design”-
rappresenta una idea cosi forte da rimanere invariata al variare della moda, del gusto,delle
abitudini e del costume.
Quindi, tanto gli esiti dell‟Art Déco, quanto quelli della teoria corbusiana, danno luogo ad uno
stile internazionale, con la differenza che il primo è lo stile dell‟inclusione, degli apporti
provenienti dall‟alto verso il basso, dal mobile prezioso di alta fattura, mentre il secondo è
quello della selezione e della riduzione all‟essenziale, che nasce esclusivamente dai tecnici,
dagli industriels e i designer che aderiscono alla loro logica, senza essere né vincitori né
vinti.
L’industrial design negli USA
La storia del prodotto industriale ha avuto in America uno sviluppo più rapido che in ogni
altro paese e anche quando essa ha subito l‟influenza europea, la sempre accolta, adattata
e realizzata in maniera particolare.
Mentre in Europa si parla ancora di arte applicata, industriale o decorativa (Le Corbusier), è
in America che intorno al 1920 viene coniata l‟espressione “industrial design” per indicare la
rappresentazione di tutti quelli oggetti d‟uso che richiedono una accurata progettazione e
che negli anni Trenta, nasce la professione di designer.
Inoltre, tranne eccezionali casi, solo con la meccanizzazione piena raggiunta in questo
periodo, fu possibile realizzare molti progetti e programmi, prima fra tutti la “qualificazione
della quantità”, basi della cultura del design e che in gran parte rimasero a livello
sperimentale.
L‟analisi verrà fatta confrontando agli eventi tedeschi, basati anche dal fatto che proprio
negli anni Trenta, le due culture s‟incontreranno materialmente con il trasferimento negli
USA, dei migliori architetti e designers tedeschi dopo l‟avvento del nazismo.
Lo Streamlining
L’International Style
Dalla mostra organizzata da Henry-Russel Hitchcock e Philip Johnson, nel 1932, presso il
Museo di Arte Moderna di New York, intitolata The International Style e volta ad illustre i
migliori esempi della produzione architettonica a partire del 1922, accompagnata da un libro
redatto dagli stessi, avente lo stesso titolo, dove , l‟aggettivo “Internationale Architektur”,
estratto dalla collana di Gropius “Bauhausbucher”, e sostantivo “stile” rappresentava
l‟apporto lecito di paragonarlo anche alla architettura contemporanea.
Hitchcook e Johnson ritenevano che la produzione architettonica dell‟ultimo decennio, con i
suoi intenti razionali e formali, ritrovabili ormai in tutti i paese, definendo uno stile, cosi
caratterizzato e riconoscibile da potersi accostare a quelle del passato.
Delineando anche, tre principi base, un codice-stile, la concessione dell‟architettura come
volume – spazio definito da piani o superficie (contrario al senso della massa e solidità); la
composizione basata sulla regolarità ( e non la simmetria) e equilibrio; il gusto dei materiali,
perfezione tecnica e delle proporzioni (opposizione alla decorazione applicata).
Questi principi verranno applicati anche nel settore del design, infatti nel libro troveremo
l‟illustrazione di vari illustri progetti come quello di Josef Albers, soggiorno allestito (poltrone
e divano in legno e compensato) per la mostra del 1931 a Berlino, una camera di Marcel
Breuer della stessa mostra (struttura in acciaio curvato), soggiorno di Le Corbusier (tavolo e
sedie in legno e poltrona con tubolari in acciaio di René Herbust e Hélèene de Mandrot) per
la villa De Mandrot e quelli della villa Church in collaborazione con Charlot Perriand del
1929, insomma, oggetti di Mies, Breuer, l‟intero campionario di pezzi classici del
razionalismo europeo, cosi che, l‟International Style del design fu uno stile basato sulla
stereometria elementare dei mobili contenitori, sull‟impiego dell‟acciaio curvato nelle sedie e
poltrone, sull‟accostamento di pochi eterogenei materiali, l‟assenza di ogni decorazione e i
principi sopra citati e che si diffonderà rapidamente in tutti i paesi, legittimando il suo nome.
Va ricordato che le influenze su questo stile d‟arredo vengono direttamente dal Bauhaus,
anche se le informazioni sulla scuola risultino molto scarse, il contributo dato dagli emigranti
che sfuggivano al nazismo è indiscutibile.
Anche se Gropius, Mies e Breuer preferiranno dedicarsi all‟architettura e non più alla parte
didattica del design, che tra l‟altro da parte di Moholy- Nangy, che fonderà la The New
Bauhaus a Chicago influenzerà molto il settore del “visual design”, l‟influenza dello stile non
si limiterà a mobili d‟acciaio europei e alla presenza degli insegnanti, ma di esperienze
sincroniche, come il emblematico caso "dell‟assembled kitchen”, ossia “cucina americana”,
quella organizzazione e conformazione di mobile ed attrezzi, conferendogli un aspetto piu
gradevole ad un intero ambiente meccanizzato, nascondendo i meccanismi e dando
un‟immagine di estrema efficienza, questa meccanizzazione della cucina, sarà frutto di una
ricerca internazionale, che nascerà ovunque come un problema di razionalizzazione della
casa e che in Europa verrà risolta in termini di architettura e arredamento, ma che negli USA
verrà concepita soprattutto in termini di industrial design e realizzato quando l‟insieme
diventerà prodotto industriale con le componenti commerciali e di sicuro consumo.
Questa evoluzione partirà dall‟idea femminista Catherine Breecher con l‟idea femminista di
riformulazione e ridistribuzione razionale dell‟ambiente con l‟unificazione delle altezze e la
disposizione di “mobili bassi” e contenitori di provviste e quelli “alti” per l‟utensili, che sarà
illustrato nel libro “The American Woman‟s Home, del 1869 e quello sullo stesso argomento
di Christine Frederick, del 1915, “Household Engineering Scientific Management in the
Home”, dove questo diventerà un problema da risolvere in termini ingegneristici applicati alla
casa, seguito in questo lasso temporale, dagli studi di Taylor sui movimenti operai e tempi
di lavorazioni.
In Europa, troviamo significativi gli studi di Erna Meyer, pubblicati nel 1926 nel suo libro che
avrà 40 edizioni, collegando il discorso, come già premesso alla distribuzione dell‟alloggio
minimo e popolare (suggerimenti di J.J.P.Oud, olandese e primo ad affrontare l‟argomento),
oltre al Bauhuas e la sua casa sperimentale – passo verso l‟unificazione e distribuzione
degli elementi da cucina, nel 1923; sino al 1927, con l‟architetto viennese Grete Schutte-
Lihotzky, la sintesi di tutti gli elementi cin una disposizione a U, l‟unificazione degli elementi
orizzontali e verticali , che nel progetto di Ernest May per il quartiere operaio di Francoforte,
troverà la sua gloria con una produzione in serie annua di 4000 a 5000 unità e una continua
riduzione del prezzo, che in breve tempo passò da 400 a 280 marchi, livelli che in Europa
dovranno ancora passare 15 anni per essere raggiunti.
Questo fenomeno sarà completato da una mediazione con le industrie americane, che
ancora concentrate sulla produzione dei singoli pezzi ingombranti e di difficile assemblaggio
(frigorifico, fornelli) riluttante in accettare il concetto unitario, che grazie ad un forte
campagna pubblicitaria e il concorso organizzato dalla General Electric Company per “The
House for modern living”, si tradurranno nello studio delle case unifamiliari con sistemi
avanzati e l‟applicazione che vediamo sino ai giorni nostri.
Il campo del settore del mobile, quella influenza degli immigrati al International Style, sarà
trattato nel paragrafo “furniture design”.
Il Furniture design
Dalla fine dalla Guerra agli anni ‟60, l‟industria americana, sembra dare il meglio di sé, per
ciò che attiene la vicenda nel settore del mobile, in esso infatti convergono la tradizione dello
Streamlining, l‟eredità bauhausiana, la lezione di Aalto, i modelli di Corbusier, vaste
esperienze maturate lungo il conflitto, nonché, lo spirito della migliore cultura autoctona
(Greenough – Melville) incarnato nel‟opera di Charles Eames (1907-78), il maggiore
esponente del “furniture design” e primo disegnatore di mobili americano che si sia imposto
in campo internazionale.
Lo studio sarà ridotto al esempio di sue aziende operanti nel settore (oltre 4000), Herman
Miller Furniture Company e Knoll International che grazie all‟alta qualità produttiva,
basteranno per capire il quadro generale del settore.
Il collegamento tra le due azienda viene dal fatto che i primi e principali designers di
entrambi provengono dallo stesso istituto, la Cranbrook Academy of Art di Bloomfiel Hills
(Michigan), dove si formano o insegnano, Chales Eames, Ray Kaiser (moglie)- entrambi
della Herman Miller-, Florence Schust (moglie Knoll), Eero Saarien, Hanrry Bertoia – tutti
della Knoll Associates.
La Scuola di Cranbrook fu fondata e diretta da Eliel Saarinen (architetto finlandese) emigrato
sin dal 1923, avendo vinto la “Chicago Tribunes”, che nasce grazie con George G. Booth
(editore del “Detroit News”, con il comune intento di incrementare il rapporto tra le arti
maggiori e quelle applicate, comune venerazione a Morris e le Arts and Crafts e
l‟ammirazione ad altri istituzione europee, quale la Wiener Werkstatte. La scuola, con aria
familiare, nasce nella casa di campagna di Booth, dove insegnerà tra l‟altro Eames (1935),
si caratterizzerà da un clima molto europeo, una nuova versione di scuola dove gli artisti
potranno risiedere e lavorare liberamente.
Ma ritornando alle aziende, la prima, sorta in una piccola città nei pressi di Grand Rapids
(Michigan) nel 1905, dove Goerge Nelson (architetto e designer) lavora come consulente dal
1944-65, descrive i suoi principi: 1. Ciò che fai è importante, 2.Il design è essenziale, 3. Il
prodotto deve essere onesto, 4. Sei tu a decidere cosa produrre, 5. Esiste un buon mercato
per il design, questo programma dimostra lo scopo di una collezione permanente, dove ogni
pezzo vieni prodotto fino a quando non è al passo con i tempi o migliorato.
La seconda fondata dal giovane mobiliere tedesco emigrato, Hans Knoll, che inizia l‟attività
a New York, nel 1938 con un piccolo laboratorio che riceverà un grande impulso dalla
collaborazione con Florence Schust (moglie) a partire dal 1943, nascendo nel 1946, la Knoll
Associates, poi nel 1951, Knoll International (aperture delle filiali in altri paesi).
La componente progetto, parte dall‟analisi da quel famoso concorso, “Organic Design in
Home Furnishing”, bandito dal MOMA di New York nel 1940 e vinto da Eames e Eero
Saarinen, dove presenteranno quattro progetti per sedie e mobili componibili, che
costituiranno la cellula di tutti modelli prodotti.
È importante innanzi tutto capire che, i mobili razionalisti e organici, poi confluiti
nell‟International Style, si riducono in due categorie morfologiche:
Discontinuo-
-per elementi :che si scompone in piano o elementi lineari conservando la sua individualità,
es. Rietveld;
-per parti: categoria dei mobili, sedie e poltrone, dove la parte portante è distinta dalla
scocca, ossia dal tipo sedile-schienale-braccioli. Es. “Fauteuil grand confort” di Corbusier o
alla Barcellona di Mies.
Bene, dopo questa piccola descrizione, possiamo analizzare meglio i lavori delle due
aziende, nel caso del concorso del 1940 ad esempio vieni adoperato da Eames-Saarinen il
tipo discontinuo delle parti, grande scocca plastica formata da sedile, schienale e braccioli,
con accentuata dalle gambe divaricate in modo da dare piu stabilità, a grosso modo infatti si
differenzieranno da questo paradigma, mentre la Eames (nel dopo guerra) disegnerà per la
Miller sedie e poltrone caratterizzate dalla discontinuità e netta distinzione tra le parti,
comunque trovando spesso l‟equilibrio tra esse (a differenza dei razionalisti) dove troviamo
esempi come, la “sedia Eames” (sedile e schienale in compensato curvato,due tondi piegati
in acciaio che formano le 4 gambe e un terzo che connette il sedile e schienale), oppure la
serie Wire Chairs ( rete di tondini (trama) che compongono la scocca distinta dal supporto
ma perfettamente assonante), da un‟altra parte Eero Saarinen enfatizzerà la componente
plastica di quel modello iniziate, proprio della continuità per la Knoll, che già nel 1948
disegna la poltrona con poggia (grande scocca imbutitura retta da una struttura metallica),
nel 1957 con la serie Tulipano raggiunge il massimo della continuità fra portanti e portate,
realizzerà grazie all‟utilizzo della plastica, una serie di tavoli, sedie e poltrone ad un unico
piedi a forma fungo, che successivamente con la linea introdotta da Harry Bertoia (Knoll),
ritornerà alla linea della discontinuità, proponendo ispirato a Eames, una serie di sedie e
poltrone con supporto a cavalletto in tondino d‟acciaio, quasi a dire standardizzati, su quale
innesta scocca in rete di tondini metilici di varia foggia, smentendo la loro natura e dandogli
grande carica plastica.
Va detto che mentre la Miller che grazie all‟utilizzo della tecnologia, darà vita a una linea piu
organica che razionale e in produzione una linea di mobili contemporanei esclusiva o
progettata esclusivamente per lei, la Knoll, specie nei prodotti progettati da Florence Knoll,
si orienterà verso il rigore razionalista, producendo i mobili progettati negli anni Venti da
Mies van der Rohe, iniziando cosi per prima, la ripresa dei maestri, che dopo sarà attuata
dalla Cassina in Italia (produzione in serie, a cura di Filippo Alison, prima dei mobili di le
Corbusier del 29, poi Mackintosh, Rietveld, Asplund ecc.).
Sulla componente produzione partendo sempre dalla sedia del concorso, essa come altri
troverà alcune limitazioni tecniche, che grazie al lavoro precede di Eames nell‟industria di
aeroplani Evans company e i suoi studi durante la guerra, saranno man mano risolte, disse
appunto “i dettagli non sono dettagli. Sono essi a fare il prodotto”, fa suoi i consigli di Le
Corbusier sull‟utilizzo dei nuovi materiali, introducendo l‟utilizzo (1946) supporti di gomma
saldati al sedile, dando una elasticità mai raggiunta da un mobile senza molle, materie
plastiche (resine poliestere + fiberglass) utilizzata per aeroplani, sedie in “metal mesh“
(saldatura per punti), oggetti ad un punto limite tra progetto e produzione un altro
significativo esempio della innovazione della Miller sarà la sedia Verner Panton (1960) di un
designer danese, questo avanzato sperimentalismo, non verrà raggiunto dalla Knoll,
nemmeno con la sedia tulipano, che nel suo carattere discontinuo avrà comunque l‟alluminio
mascherato di bianco, fattore che si rifletterà soprattutto dal fatto che mentre i primi possono
condividere qualsiasi ambienti, i secondi sembrano sempre pensati per un specifico
ambiente, cosi da non sembrare prodotti di design ma d‟arredo.
La vendita, che riceverà un forte impulso propagandistico da parte del MOMA sia per le
mostra, che per i concorsi (patto di vendita con i magazzini Bloomingsdale per i vincitori),
che a lungo termine, decreteranno il successo.
Va comunque detto che anche se le aziende saranno cosi legate al design storico, quello
che soprattutto gli differenzierà è una concezione molto attuale, per cui l‟oggetto è tanto più
apprezzato quanto è più caro (concetto che si diffonderà in tutti i paesi), lasciando cadere il
progetto di “un‟arte per tutti”, che per collegare al discorso di Veblen sarebbe residue
dell‟idea di Morris e Ruskin ( che non avrebbe dovuto collegare il bello con il dispendioso), è
comunque vero, che questi elevati costi sarebbero dovuti all‟implemento della tecnica
(sperimentazione, studi), ma è altre tanto vero, che questo sarà risultato del mancato intuito
di colmare il divario fra la cultura del design e cultura del pubblico, una mancata produzione
di “anonimous design”, che corrisponde alle esigenze primarie del mercato .
Nonostante ciò, nella componente consumo, va considerato che, ricordando gli émigrés del
Bauhaus e il suo grande contributo all‟architettura americana, al periodo dei grandi
grattacieli, servivano designers e aziende in grado di superire e integrarsi in questa realtà, la
perfezione dalla tecnica architettonica esigeva la perfezione della tecnica del design, cosi
come nel caso delle due azienda, che ancora oggi sono conosciute e rinomate, verranno a
colmare la richiesta di questa faccia rappresentata dai costosi mobili per i management degli
anni Sessanta, ma la principale caratteristica del “furniture design”, del ventennio 1950, di
lungimiranza del gusto, di sopravvivere alla moda, andrà pieno piano ad essere sostituita
per la cosi detta cultura di massa, per il mass-media, per il New Dada, Pop Art, ossia il
Postmodernismo americano, sintomatica tra l‟atro che la stessa Knoll, negli ultimi tempi
abbia messo in produzione una serie disegnata da Robert Venturi, maestro della
rifondazione dell‟architettura moderna e punto di riferimento del postmodernismo, ironico e
glorificatore del banale, che conclude con un titolo di un suo libro questa faccenda, “il design
americano ha cominciato imparando dal Bauhaus e ha finito con lì imparare da Las Vegas.
Mobil e oggetti scandinavi
Per molti aspetti, l‟architettura e il design scandinavo ha origini legate ai centri europei, in
particolare al Movimento Moderno, per altri sembrano seguire il senso opposto, fatto sta,
che i principali fattori di questa diversità possono risalire alla mancata ricerca della
macchina, della realtà industriale, le influenze razionaliste, la volontà di mantenere la
tradizione, anzi di continuarla, l‟uso di materiali, in abbondaza, come il legno,.
Gli scandinavi hanno dedicato al design degli oggetti domestici, un posto speciale, hanno
assunto un progetto di natura organica, riscoprendo una morfologia piu inedita e sicura,
ecco allora che le lampade di Aalto non sono più i meccanici apparechi per illuminazione del
Bauhaus, ma oggetti difusori di luce naturale nordica che Wirkkala, guardando all‟antica
produzione Lapponica, scoppre tutte le venature del legno, organico processo di linee
stratificate.
La componente progetto non si limita solo alla tecnologia del legno, ma anche nell‟idea di
forma- che precede alla fabbricazione dell‟oggetto, nella continuità della tradizione – sia
quella interna, dal‟antica produzione popolare a quella più moderna (dicotomia – oggetto
foggiato/sfoggiato), sia quella esterna, dal classicismo, influenze viennese al funzionalismo
organico.
Un altro fenomeno del design scandinavo è la coesistenza dei chiamati mobili singoli (sedie,
tavoli, poltrone) con altri concepiti come elementi d‟arredo di un intero ambiente, i primi che
inizialmente erano di origine artigianale e venivano confezionati dai piccoli, medi e grandi
mobilieri dotati di gusto e che poi passando per gli influssi dei movimenti (Jugendstil,
Werkstatte) passarono in mano alle industria, ovviamente anche per un fattore di scelta o di
domanda, portando cosi i designers a dover scegliere tra uno o l‟altro orientamento.
Quelli che possono considerarsi i precursori, Kaare Klint (Danimarca), Carl Malmsten
(Svezia), oltre agli esponenti della generazione nata all‟inizio del „900: Bruno Mathsson,
Borge Mogensen, Finn Juhl, Hans Wegner, Arne Jacobsen, optarono per il mobile singolo,
concepito come design-product e ma che se accostati ad altri concepiti con lo stesso spirito
organico (legno) sono armonici, ma invece se collocati in un contesto con altri di diverso
stile, stenta ad armonizzarsi con essi (stona).
Insomma la forte caratterizzazione organica del mobile scandinavo non raggiunge la
“meccanica” autonomia del “design furniture”, questa sarà allo stesso tempo la sua carta
vincente (popolarità) ma anche la sua rovina.
Asplund ad Alvar Aalto- fa parte di una terza categoria di protagonisti, quella dei
designer-architetto, importanti per dimostrare che lo stile non uscirà dalla logica di
artigianato meccanizzato e da quel contesto ambientale, infatti gli oggetti di Aalto, nella gran
parte progettato per ambienti specifici - Costruzione della biblioteca di Viipuri, Sanatorio di
Paimo, Villa Mairea – e quindi non è interessato ad una serializzazione e prevede una
possibilità di standardizzazione legata unicamente alle componenti progettuali, non un
oggetto emblema, ma pensato nel rapporto dialettico tra l‟uomo e l‟ambiente.
Kaare Klint (1888-1954), colui che diede origine allo stile moderno scandinavo, una via
di mezzo tra Ruhlmann, Corbusier e Bauhaus, questo stile comincio ad emergere verso la
fine degli anni ‟20, divenne popolare negli anni ‟30 e ancora di piu nel ‟45, quando sarà
conosciuto in Europa, lui incoraggiava i suoi allievi a studiare i mobili del passato (antichi piu
moderni di noi), si ispirerà ai Shakers americani, tradizione e funzionalità erano i suoi punti
principali, voleva creare un oggetto d‟uso atemporale, uno strumento “per abitare”, egli
guarda hai modelli di Chippendale, alle sedie di Windsor, insomma coglie una sorta di filo
rosso che attraversa tutta la cultura del mobile.
Klint traduce un mobile prettamente domestico, cui forma è connessa al loro articolarsi, un
esempio è la poltrona da riposo per i ponti delle navi, ripiegabile cosi da non ingombrare, ma
anche in unificazione di tanti modelli ad opera di una tecnologia, quella del legno e
soprattutto a un disegno moderno basato all‟antropometria.
Finn Juhl, fra i piu significativi designers, si basa invece sulla contemporanee
esperienze dell‟arte astratta e soprattutto sull‟antropomorfismo, ma anche alla tradizione,
una caratteristica dei suoi progetti dal 1945-55 è la trasformazione della normale poltrona
imbottita con struttura invisibile, in una costruzione con telaio e seduta separati e
contrapposti, , lui si rivolge alla funzionalità e alla bellezza organica delle strutture, facendo
di lui, uno dei maggiori esponenti di mobili “discontinui per elementi”.
La componente produzione sarà soprattutto influenzata dalle ricerche sui materiali, anche se
Klint nei suoi progetti, fino all‟ultima Guerra, non aveva fatto grande innovazione utilizzando
metodi di tornitura del legno e anche quello della curvatura di Thonet, la gran parte dei suoi
mobili saranno prodotti dalla ditta Rudolf Rasmussens di Copenaghene non raggiungeranno
la serialità dovuto ai alti costi di produzione.
La ditta Hansen, fondata nel 1872, compirà un passo avanti verso l‟industrializzazione del
mobile, nel 1934 otterrà i diritti esclusivi per i mobili in tubo d‟acciaio di Thonet, lavorazione
che sarà adattata alla realizzazione di mobili componibili, che diventeranno molto presto
richiesti per la funzionalità e basso prezzo.
Questo fattore (utilizzo sostegni metallici) influenzerà l‟avvicinamento dell‟industria
scandinava a quella informata alla Stile Internazionale.
Il massimo della produzione verrà dato dalle ricerche di Aalto sul legno compensato,
impiegato sin dal XVIII in vari paesi, usato da Adam, Biedermeier, Thonet, e altri, infatti si
credi che conoscesse le tecniche di costruzioni degli sci, molto utilizzati nei paesi nordici,
studiandogli fino a toccare il punto piu alto, la piegatura del legno non solo con il vapore
(Thonet), ma utilizzando l‟umidità naturale del legno di betulla finlandese (es. Sedia per il
Sanatorio di Paimio, 1930), questa nuova tecnologia, associata al fatto della vasta quantità
di materia prima (erano 1° produttori di legno), consentirono una vasta sperimentazione, il
più famoso modello è la Poltrona del 1935, ricavata da una unica lastra di compensato
curvato, dimostrando la sua caratteristica principale, la continuità, dovuta anche all‟elasticità
del materiale e uniformità morfologica, anche l‟evoluzione dei suoi sgabelli sarà molto
significativa, negli anni ‟30 con sostegni solidi in compensato e sedile sovrapposto, negli
anni ‟50, con un sistema di apertura a ventaglio formando il piano dei sedile o dei tavoli.
Gran parte dei suoi oggetti saranno realizzati dall‟Artek, di Maire Ahlstrom e Harry
Gullichsen, amici dell‟artista, e per i quali progetta la celebre Villa Mairea, nonostante ciò,
Aalto, cosciente dei pericoli della serializzazione, tenta di controllare la ripetizione
dell‟oggetto, per evitare un consumo troppo veloce e non diminuire il suo valore estetico.
La componente vendita, in Danimarca, dovuta alla severa regolamentazione per la
pubblicità e la distribuzione, dove nelle esposizioni nazionali venivano solo ammessi prodotti
con certi criteri qualitativi, che avessero i dovuti marchi di qualità, avrà un immediato
riscontro commerciale, questo è abbastanza comprensibile analizzando le esportazioni che
nel 1950- 3 milioni di corone e nel 1973 - 750 milioni di corone.
In Svezia si verificheranno ancora piu significative, con l‟apertura, nel 1949 del grande
negozio di mobili di Stoccolma, “Nordiska Kompaniet”, con un intero settore dedicato al
mobile sperimentale e di grande seire, es. Modelli Priva di Elias Svedberg, fatta da pezzi
smontabili e componibili da compratore (stile IKEA).
È dal consumo invece che partono le iniziative piu rivoluzionarie, da parte delle istituzioni
delle cooperative dei consumatori, la prima delle quali è forse la Danese “FDB Mobler”,
fondata dall‟architetto Borge Mogensen, ma saranno quelle svedese a raggiungere il
maggior risultato con la KF -modello esemplare di socialismo moderato- creerà le sue
proprie strutture (studi, uffici di consulenza, falegnamerie proprie, scuole, biblioteche), ma il
fatto importante sarà la creazione del Manuale del mobile “Mobelrad” (Servizio di
consulenza sul mobile del Werkbund svedese) una specie di catalogo che non richiama solo
l‟attenzione sui prezzi e bellezza, ma da indicazioni sulla dimensione, funzione e formato,
una vera Bibbia dell‟abitare!!!