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HENRYK GÓRECKI

Sinfonia No.3 op. 36 (Symphony of Sorrowful Songs)


Beth Gibbons, soprano
Orchestra Sinfonica Nazionale della Radio Polacca
Krzysztof Penderecki, direttore
DOMINO Recording Company
****

Ripetizione melodica e semplicità di linguaggio, dinamiche e volumi sommessi, un filo lungo secoli che ci
trascina nell’essenza tonale del medioevo: la Sinfonia No.3 di Gorecki può essere definita un’elegia, un
omaggio al sentimento malinconico, in cui predomina l’universo materno e l’universo della perdita.
Quest’opera trascende l’intento politico e religioso, pur toccandoli entrambi, vestendosi di pura
compassione. I tre testi dell’opera hanno ognuno una sua origine: il primo presenta una lamentazione
mariana del XV secolo; il secondo una preghiera scritta da un’innocente su un muro della prigione della
Gestapo; il terzo un canto tradizionale polacco d’una madre che esorta il ritorno del figlio partito per la
Prima guerra mondiale, pur cosciente di averlo perduto per sempre. Musica e testo creano una
dimensione esortativa che rischia di trasportare la mente tra le braccia materne, permettendo, secondo
l’espressione Faustiana, all’eterno femminino di “trarre in alto” le nostre coscienze. Una dozzina sono le
riproduzioni dal 1977, ricordiamo sicuramente l’esecuzione statunitense della London Sinfonetta, diretta
dal maestro Zinman con il soprano Dawn Upshaw, la quale segnò il successo dell’opera facendo fruttare
le vendite a quasi un milione. Prima del successo del ‘92 il compositore polacco non godeva di particolare
popolarità, la sua opera si pronunciava rivoluzionaria, aderendo a quel nuovo linguaggio d’avanguardia
assieme ai colleghi Pendecki, Serocki ed altri. Quello che accadde con la Symfonia No.3 ed altri suoi lavori
di quel periodo possiamo definirlo un ritorno al passato dopo grandi sperimentazioni.

L’opera, chiamata dal compositore “La Sinfonia dei canti lamentosi”, può dunque aver trovato il suo
picco espressivo nella voce simbolo della scena trip-pop anni 90’, Beth Gibbons. La vocalist inglese fu
protagonista di una rivoluzione musicale nata a Bristol nei primissimi anni ’90, e la vide voce del gruppo
“Portishead”, le cui sonorità notturne mescolano con raffinatezza l’elettronica urbana al jazz.

Con un timbro pietoso e tagliente, la cantante riesce a valorizzare quelle che la tradizione classica
chiamerebbe impurità ed imperfezioni, incarnando così un’interpretazione umana e comunicativa. La
direzione di Pendecki bilancia gli archi alla voce, i quali la seguono delicata quasi carezzandola, come si
può notare nel secondo movimento, dove la preghiera mariana sembra partire dal sottosuolo per poi
tendere all’orecchio della vergine con note pietose, ma insistenti: “non piangere madre, non piangere”.
La scelta di un protagonismo della voce dal punto di vista dei volumi ne risalta ancora più i testi, i quali, a
detta degli ascoltatori polacchi, sono pronunciati in maniera chiara e corretta dalla cantante britannica.
Forse solo in alcuni momenti, l’orchestra risulta essere leggermente bassa.

Il tentativo di congiungere mondi della musica apparentemente distanti dovrebbe passare attraverso
figure eclettiche e sperimentali come la Gibbons, le cui apparizioni sono sempre più eleganti e rare e
questa, cari ascoltatori, pare essere una perfetta prova di eleganza.

Irene Prosperi

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