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a cura di
Ornella Pompeo Faracovi
E-mail: infoagoraco@gmail.com
ISBN 978-88-97461-10-4
sommario
Premessa ix
Hilary Gatti
Bruno, Kepler e la geometria 29
Ingrid Rowland
Giordano Bruno e la geometria dell’infinitamente piccolo 53
Luigi Maierù
Giordano Bruno e il mirabile problema geometrico 71
Paolo Zellini
Figure della ripetizione nella filosofia della natura
di Giordano Bruno 103
VII
Sommario
Mino Gabriele
Geometria e iconografia nelle incisioni di Giordano Bruno 171
VIII
Geometrie della memoria:
schemi, ordini e figure della
mnemotecnica di Giordano Bruno
Marco Matteoli
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un ‘linguaggio’ intimamente radicato che è il più prossimo
ed affine a quanto caratterizza il pensare stesso.
Ciò premesso, in questo lavoro si intende mostrare il
funzionamento ed i caratteri più peculiari dell’arte della
memoria di Bruno attraverso l’analisi di alcune immagi-
ni tratte dai suoi testi: queste, se attentamente esaminate,
non solo rendono manifeste le fondamentali implicazio-
ni filosofiche della mnemotecnica bruniana, alle quali si
è sopra accennato, ma anche la centrale importanza degli
elementi dialettici, organizzativi e creativi peculiari di essa.
Quest’ultimo ed importante aspetto è soprattutto caratte-
rizzato dal ricorso a figurazioni e schemi di tipo geometri-
co-combinatorio e costituisce un costante riferimento allo
sfondo unitario ed organico che è sotteso all’ente naturale,
rivelando così il continuo sforzo bruniano di far collima-
re, anche nella praxis mnemotecnica, l’analisi teorica del
fenomeno naturale con l’evocazione pratica ed interiore di
quella forza generativa universale che, attraverso regolari,
ripetuti e mediati atti di creazione, porta alla produzione
del tutto infinito.
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L’immagine è posta alla fine del libro, assieme alle altre che
corredano il testo con l’illustrazione delle operazioni geo-
metriche da compiere in relazione ai vari teoremi e ai pro-
blemi esaminati e, sebbene molte di esse siano decorate o
arricchite con motivi grafici non propriamente matematici,
questa è l’unica figura che non ha alcun riferimento diretto
1
Cfr. G. Bruno, Articuli centum et sexaginta adversus huius tempesta-
tis mathematicos, in Iordani Bruni Nolani Opera latine conscripta, i,iii, a
cura di F. Tocco, G. Vitelli, Firenze, Le Monnier, 1889, p. 88.
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con la geometria, anche se si trova all’inizio della serie di fi-
gure che rimandano esplicitamente agli articoli. La sintetica
didascalia posta intorno alla figura riporta le parole «asta que
venga me[l]ior» che a senso potremmo tradurre: «non vi è
asta [cioè unità di misura] che venga ad essere migliore».
L’immagine riproduce invece una figura umana con le brac-
cia distese (posta al centro e accompagnata dalla lettera U)
circondata da quattro figure più piccole in corrispondenza
dei quattro angoli della cornice: una sorta di sfera armillare
(l’angolo A), un mappamondo (E), un settore di circonfe-
renza scandito da tante caselle radiali (I), un quadrato con
iscritto un altro quadrato (O). Il tipo di figure, l’ordine in
cui sono disposte (associate alla serie delle cinque vocali)
ed il tipo di schemi a cui esse si richiamano, lasciano sup-
porre che questa immagine abbia un valore mnemotecnico
o comunque abbia un qualche riferimento con l’arte della
memoria: in modo particolare riteniamo che qui Bruno stia
rappresentando i cinque livelli di ripartizione del materiale
mnemonico, ovvero i cinque tipi di sostrato, da utilizzare
per la gestione delle immagini mnemoniche ricavate dal testo
degli Articuli. Nel De umbris idearum il termine ‘sostrato’
(subiectum) denota quella «estensione artificiale, ovvero un
seno predisposto nella facoltà fantastica, occupato dalle figu-
re dei ricettacoli […], distinto secondo parti diverse, capace
di recepire tutte le realtà viste e udite secondo il loro ordine
e di trattenerle secondo la volontà dell’anima»2. Questa è la
definizione bruniana di luogo mnemonico che infatti è uno
2
Cfr. G. Bruno, De umbris idearum, in Id., Opere mnemotecniche, i, a
cura di M. Matteoli, N. Tirinnanzi, R. Sturlese, Milano, Adelphi, 2004, pp.
148-149: «subiectum est technica extensio, sive sinus in phantastica faculta-
te ordinatus, ex speciebus receptaculorum consitus, [...] diversis distinctum
partibus, visa omnia atque audita suo recipiens ordine et ad animae libitum
retinens».
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questione. Conosciamo infatti la tecnica per riportare in un sol
atrio sostrati infiniti e moltiplicarli nel medesimo3.
3
Ivi, pp. 150-153: «Horum aliud est communissimum, quia tantum va-
let extendi, quantum phantasiae potest comprehendere sinus, qui positae
orbis quantitati quantumlibet addere potest, licet non quantumlibet sub-
strahere. Aliud est commune quod cosmicarum perspectarum partium cu-
mulo constat. Aliud est minus commune, utpote si libet politicum. Aliud
est proprium, nempe si placeat oeconomicum. Aliud est magis proprium,
tetrathomum videlicet vel pentethomum. Aliud est propriissimum, quod
est athomum, athomum inquam non simpliciter, [...]. Quorum omnium
modorum primus excluditur per se ipsum ab usu praesentis artis. Novimus
enim quomodo infinita in unum atrium reducantur, et multiplicentur in
eodem».
4
Per questo aspetto e, in generale, per una storia dell’arte della memoria
cfr. F. A. Yates, L’arte della memoria, Torino, Einaudi, 1993.
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5
Cfr. P. Rossi in Clavis universalis. Arti della memoria e logica combinato-
ria da Lullo a Leibniz, Milano-Napoli 1960, pp. 103-134.
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6
Cfr. G. Bruno, Cantus Circaeus, in Id., Opere mnemotecniche, i, pp. 672-
673: «Subiectum vero […] vel potest esse communissimum, extentum iuxta
latitudinem ambitus universi, vel communius iuxta latitudinem Geogra-
phiae, vel commune iuxta latitudinem alicuius continentis, vel proprium
iuxta latitudinem politicam, vel proprius iuxta latitudinem domesticam, seu
oeconomicam, vel propriissimum iuxta multitudinem atque numerum par-
tium domus, et particularum eiusdem».
7
Cfr. ivi, pp. 674-675: «Quoad quantitatem eorum continuam, subiecta
propria debent esse non admodum magna, ne quasi visum obtundant et
disperdant, nec admodum parva, ne quasi visum fugiant: sed mediocria ad
hominis magnitudinem talem, quae sit iuxta altitudinem elevatorum et la-
titudinem extentorum brachiorum».
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8
Per una definizione tecnica di ‘atrio’, cfr. G. Bruno, De imaginum, signo-
rum et idearum compositione, in Id., Opere mnemotecniche, ii, a cura di M.
Matteoli, N. Tirinnanzi, R. Sturlese, Milano, Adelphi, 2009, pp. 552 e sgg.
9
Cfr. G. Bruno, Explicatio triginta sigillorum, in Id., Opere mnemotecni-
che, ii, pp. 140 e sgg.
10
Cfr. G. Bruno, Cantus Circaeus, pp. 676-678: «In quibus tamen si pla-
ceat aliquid collocare: instituere potes aliquod receptaculum cuiusmodi est
altare, mensa, solium, ceteraque huiusmodi».
11
Cfr. J. Romberch, Congestorium artificiosae memoriae, Venetiis, 1533,
p. 28v.
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sentazione dei generi dei sostrati, per di più accompagnata
dalla didascalia che declama che non vi è unità di misura,
canone o scala che sia migliore di questa. Si è detto, in pre-
cedenza, che nell’arte della memoria bruniana – ancora più
che in quella tradizionale – l’inclusione e la strutturazione dei
luoghi costituiscono un aspetto fondamentale, tale da portare
Bruno a forzare l’abituale funzione dei luoghi come riferi-
mento d’ordine per le immagini, per ridefinirne il valore e
perfino il nome entro una cornice apparentemente filosofica.
L’idea di chiamare i luoghi con il termine ‘sostrato’ e le im-
magini ‘forma’ o ‘immagine aggiunta’, non costituisce infatti
solo un esplicito accostamento degli elementi base dell’arte
della memoria alle innovative concezioni della materia e della
natura universale che sono capisaldi della speculazione bru-
niana, ma, su un piano più strettamente dialettico, chiarifica
e rafforza l’idea che la fantasia, assieme a quanto viene visua-
lizzato in essa, sia da considerare il terreno strumentale per
la costruzione programmatica di un complesso ed intricato
mondo di segni, entro il quale i significati ed i concetti della
memoria prendono una veste sensibile che può esprimere,
su più piani e secondo differenti intrecci, non solo il singolo
valore concettuale, ma anche l’insieme delle relazioni conte-
stuali e logiche che legano un’informazione con un’altra, una
singola idea alla rete di tutte le sue possibili interpretazioni.
Inserire più luoghi individuali – cioè ‘posizioni’ per singole
informazioni – entro stanze, raggruppare queste ultime in
edifici, raccogliere tali architetture in spazi dalla conforma-
zione urbana e situare città e ragioni sotto la volta del cielo
dell’interiorità fantastica significa, concretamente, gettare le
basi per la costruzione di una mappa interiore del sapere con
lo scopo di proiettare tutta l’esperienza personale – oggetto
per oggetto, immagine per immagine – in un mondo inte-
riore e virtuale che ricalca quello esteriore nelle forme e nelle
caratteristiche essenziali. Il precetto del De umbris idearum
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G. Bruno, De umbris idearum, pp. 154-155: «Committe communia
communibus; minus communia minus communibus, propria propriis;
proprioribus atque propriissimis propriora, atque propriissima».
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dere consapevolezza del numero e del sistema di organizza-
zione dei dati da memorizzare – per raccoglierle in gruppi via
via più complessi ai quali devono corrispondere le ‘misure’ e
le ripartizioni della scenografia mnemonica. L’innovazione di
Bruno consiste dunque nel dare forma a un sistema di luoghi
specifico e ad hoc ogni volta che ci si trova di fronte ad un
differente insieme di dati (o, come insegna nelle versioni più
creative ed efficaci dell’ars memoriae, adattare di volta in volta
degli schemi già prefigurati al nuovo ordinamento richiesto),
ottenendo l’indubbio vantaggio di non vincolare «l’ordine
dei concetti da memorizzare all’ordine dei luoghi» – come
accadeva con gli spazi ‘pre-visualizzati’ della mnemotecnica
tradizionale – quanto piuttosto di far «dipendere l’ordine dei
luoghi dall’ordine delle cose da memorizzare»: «per questa
ragione riteniamo di aver portato la tecnica a un tale punto
di perfezione che tutto quanto è stato teorizzato, prescritto e
ordinato dagli autori più antichi […] non può essere legitti-
mamente accolto come parte del nostro metodo»13.
13
Ivi, pp. 140-141: «Nobis autem cum datum est illam invenisse, et perfe-
cisse, nec locis materialibus – verificatis scilicet per sensus exteriores – ultra
non indiguimus, nec ordini locorum memorandorum ordinem adstrinxi-
mus, sed puro phantasiae architecto innixi, ordini rerum memorandarum
locorum ordinem adligavimus. Unde nobis ita successisse presumimus, ut
quidquid ab antiquioribus hac de re fuit consideratum, praeceptum, et ordi-
natum – quatenus per eorum scripta quae ad nostras devenere manus extat
explicatum –, non sit conveniens pars inventionis nostrae».
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14
Cfr. ibidem.
15
Cfr. Cicerone, De oratore, ii, lxxxviii, 359; G. Bruno, De umbris ide-
arum, p. 144.
16
Cfr. G. Bruno, De umbris idearum, pp. 136-138; Id., Cantus Circaeus,
pp. 704-714.
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strumento con fortissime implicazioni di carattere metodo-
logico: tutta la complessità dell’esperienza può essere resa in
immagine nella fantasia, al pari di quanto è dato cogliere per
mezzo dell’analisi razionale. L’immaginazione, sostenuta da
queste tecniche, funziona quindi come uno specchio anco-
ra più fedele del reale, poiché traduce in una ricca trama di
simboli non solo i singoli eventi ed oggetti dell’esperienza,
ma anche tutta quella rete di relazioni, associazioni e rimandi
dalla quale si origina la comprensione dei fenomeni: grazie a
questa tecnica viene così perfezionato l’incontro, su questo
particolare piano cognitivo, tra la percezione sensibile delle
cose e la loro interpretazione complessiva.
Tale idea, che propone l’unificazione visiva dei segni
dell’esperienza come via propedeutica e pratica alla loro pie-
na comprensione, è conseguenza, ancora una volta, di una
proiezione sul campo metodologico di alcuni importanti
temi della filosofia bruniana: la realtà che, nell’analisi di Bru-
no, si dà massimamente eterogenea in virtù dell’incessante
attività produttiva propria della natura, è anche caratteriz-
zata dall’essere sommamente una – se letta nella prospettiva
dell’ente universale – perché è unificata dal comune sostrato
materiale e formale il cui intrinseco squilibrio ontologico,
dovuto alla tensione tra la potenza e l’attualità, è appunto il
motore del suo prodursi vario ed infinito. Intorno a questo
decisivo aspetto di natura teorica ruota del resto tutto il sen-
so della gnoseologia bruniana che, dal regno delle ombre e
dell’offuscata percezione delle cose, si propone di portare la
conoscenza «all’ombra della luce», cioè nella massima e piena
comprensione del fenomeno naturale nel suo complesso: una
totalità ‘visionaria’ che, indubbiamente, non può che darsi per
gradi, progressione e perfettibilità, alla quale si possono conti-
nuamente aggiungere ‘pezzi’ di verità, senza mai raggiungerla
pienamente e tuttavia, potendo aggiornare continuamente i
dati a nostra disposizione, affinarne sempre l’idea e la visione
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Cfr. G. Bruno, De umbris idearum, pp. 122 e sgg.
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delle opere lulliane in tutti gli scritti sull’arte della memoria
(e spesso anche in altre opere) e, in tutti questi casi, le finalità
e le regole del sistema di Lullo vengono stravolte e piegate alle
funzioni e agli scopi della mnemotecnica bruniana. Attraverso
le successive figure – tratte dall’Explicatio triginta sigillorum –
si intende mostrare alcuni casi in cui il confronto e il distacco
dalla fonte lulliana è operato con approcci differenti e viene
declinato secondo diversi registri. L’esame dei ‘trenta sigilli’
è, del resto, particolarmente utile, perché si tratta di un’opera
ricca di esempi del genere, presentando al tempo stesso, tra-
mite i trenta espedienti mnemotecnici, sia i massimi principi
teorici dell’arte della memoria bruniana, sia l’effettivo funzio-
namento di essa su differenti livelli di difficoltà: si va, infatti,
dalla possibilità di memorizzare brevi sequenze ordinate di
informazioni, fino alla costruzione di complicate scenografie
interiori che permettono di rappresentare e immagazzinare
ingenti quantità di dati; in generale, nel testo dell’Explicatio,
si mostra l’efficacia dialettica, retorica e speculativa del siste-
ma di Bruno, facendo leva proprio sull’importante apporto
dell’atteggiamento combinatorio applicato ai luoghi e alle
immagini. Dall’analisi di tali figure emerge altresì anche la
centralità dell’aspetto geometrico all’interno dell’arte della
memoria, che agisce sia sul piano di una schematizzazione
dei modi di considerare il materiale mnestico prima della sua
conseguente traduzione in immagini, sia sull’opera specifica
di costruzione degli scenari mnemonici: in entrambi i casi la
‘geometria’ è sinonimo dell’istanza di unificazione ed orga-
nizzazione imposta dal metodo di Bruno all’interiorità mne-
motecnica.
La prima immagine esaminata è quella relativa al quarto
sigillo di Explicatio triginta sigillorum intitolato «l’albero»18:
18
Cfr. G. Bruno, Explicatio triginta sigillorum, p. 50.
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G. Bruno, Explicatio triginta sigillorum, pp. 50-51: «Si ea ratione sim-
plices conceptus aggregaris, ut in ramos, ramusculos, frondes, flores fruc-
tusque repullulent, nihil prorsus interesse videtur, si uti cathenam, sive uti
arboris stipitem conceperis».
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in forma gerarchica (secondo strutture ‘ad albero’ per l’appun-
to) che è molto più efficace per l’operatività mnemotecnica, se
lo si applica prima di costruire i corrispondenti scenari, ovve-
ro che occorre individuare nel materiale da memorizzare tutti
gli schemi utili per ottimizzarne la comprensione, in un’ottica
di costante unificazione e semplificazione delle loro relazioni
contestuali: più infatti è chiaro il sistema complessivo che uni-
fica un gruppo di dati e più è facile costruire le architetture
visive migliori per rappresentarne sia la complessità, sia la spe-
cificità. Quando poi le informazioni di per sé non hanno un
ordine così gerarchicamente definito, allora si può tentare di
‘imporglielo’ utilizzando i due semplici e fondamentali criteri
qui suggeriti, ovvero, la consequenzialità (logica, temporale,
contestuale, ecc.) e la classificazione gerarchica (dal generale al
particolare, dal grande al piccolo, dal principale a quello di mi-
nor importanza, ecc.), celati rispettivamente dietro le metafore
della ‘catena’ e del ‘tronco’ dell’albero. L’organizzazione delle
informazioni da memorizzare deve dunque fare riferimento a
questi due parametri che possono essere anche combinati tra
loro; la spiegazione che ci fornisce Bruno nella sezione espli-
cativa relativa a questo sigillo ce ne offre un esempio piuttosto
eloquente:
20
Ivi, pp. 106-107: «Dorsum arboris habetur ipsa cathena, ut in schemate
ibi proposito ab A usque ad L facto conscensu, qui per praecipua materiae
capita successive continueque discurrit; rami vero arboris sunt ipsae col-
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Lo schema di organizzazione a base quadrata si ottiene dunque
quando quattro significati o concetti prendono forma intorno ad
un argomento solo, e, partendo da ciascuno di questi singoli si-
gnificati, che a loro volta diventano argomenti di riferimento, se
ne formano altri quattro, dai quali, ulteriormente, saranno deri-
vati altri quattro significati, e si prosegue così, di seguito, finché lo
permette la volontà di chi dispone e la cosa da disporre22.
22
Ivi, pp. 134-135: «Quadratum igitur encyclium efficitur, cum quatuor
super uno subiecto formantur intentiones et supra quatuor intentionum
singulas, quae modo subiecti vicem subeunt, quatuor efformantur aliae,
quarum quaeque subsequentibus quatuor iterum subiacent intentionibus,
et ita deinceps progrediendo, quoadusque et disponentis intentio et rei di-
sponendae negotium patiatur».
23
Cfr. ivi, pp. 134-135: «Eadem quasi serie atque proportione in circulari,
qua in quadrato encyclio, rerum rebus appositio prosequenda proponitur.
[…] Circularis encyclii appositio in facile figurabili circuli quadrante fiat
manifesta.
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relazioni; all’opposto anche ogni singolo individuo può esse-
re visto come complesso di parti, tanto che questa ‘scala’ può
essere applicata a partire dal minimo, ultimo e semplice indi-
viduo, fino a quello sommo, massimo e uno, ovvero la natura
infinita e universale, che è appunto l’ente che contiene tutti gli
altri esseri. Da questi ‘parametri’ teorici si evince, anzitutto, che
ogni individuazione più o meno locale di un movimento vicis-
situdinario che è universale è, di fatto, ‘fittizia’ – è come tentare
di tracciare cerchi nell’acqua – perché restringe e circoscrive
nello spazio di possibilità definite una dinamica che è invece
globale e complessiva; al tempo stesso, tuttavia, non è possibile
guardare all’infinito se non come insieme composito di parti ed
elementi finiti – gli infiniti enti che popolano l’universo – che
non sono semplici di per sé, ma sono composti di parti e sotto-
parti, fino agli elementi materiali e più elementari. Ciò configu-
ra un orizzonte naturale dove la continuità, la comunicazione,
la mediazione, ma anche – su scale più ampie – la contrarietà,
la contraddizione e la ciclicità, costituiscono i pilastri portanti
di un’architettura complessa, composita e, soprattutto, infini-
tamente estesa ed articolata, dove estremi opposti, possibilità
ed attuazione, identità ed alterità, trovano conciliazione e coin-
cidentia nel fluire e mutare incessante dell’universo.
L’aspetto metodico in funzione ordinatrice e chiarificatrice
rispetto ad un chaos vicissitudinario che è tale sia nella matri-
ce sostanziale della natura, sia nell’esperienza d’essa, è dun-
que centrale nell’arte della memoria di Bruno, tanto che essa
è definita, nel frontespizio del De umbris idearum, un’arte,
cioè una tecnica ed un sapere, per «ricercare, trovare, giudi-
care, ordinare e stabilire connessioni»24; tuttavia non compete
a questa tecnica solo l’organizzazione e la conservazione dei
24
G. Bruno, De umbris idearum, pp. 2-3: «implicantibus artem, quaren-
di, inveniendi, iudicandi, ordinandi et applicandi».
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G. Bruno, Explicatio triginta sigillorum, pp. 104-105: «De quocumque
enim subiecto cum dicere volumus, sive ex alienis inventis colligentes sive ex
nostris meditationibus emetentes, ita facimus ut in ipsum velut in arborem
respicientes, primo eius radices, puta principia originalia, causas et elemen-
ta; deinde stipitem, id est propriam essentiam et esse, mox ramos, id est
potentias, facultates atque virtutes; subinde folia, puta accidentia propria et
circumstantias; proinde flores, utpote actiones et operationes; tum demum
fructus, qui sunt actus et opera, considerentur, ut eo pacto ordo – quo ma-
teriam disponimus – inventionem, iudicium et retentionem subministret».
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dare attuazione a tale ulteriore aspetto, Bruno ha progetta-
to una nuova modalità di funzionamento ed utilizzo della
tradizionale ars memoriae, riuscendo a trasferire sul piano
mnemonico-fantastico quel dinamismo e quella versatilità
che è tipica del fluire del pensiero, del ragionamento e del
linguaggio, nei quali, per l’appunto, nozioni ed idee mutano
progressivamente il loro significato – accostati uno di seguito
all’altro nel processo argomentativo – per dare vita a nuo-
ve interpretazioni o costruzioni di senso. L’idea di partenza
consiste nel considerare ogni immagine come il segno uni-
voco di uno specifico significato mnemonico, per cui, se la
si sottopone ad una qualsiasi trasformazione, con essa viene
a mutare anche il senso di quanto rappresenta: si rende così
visivamente perspicua la possibilità di modificare i contenuti
mnemonici agendo sulle loro rappresentazioni visive, tra-
sponendo di fatto, nell’interiorità fantastica, quella versatilità
semantica che è propria e peculiare dei processi di pensiero.
Ciò porta ad un utilizzo delle immagini innovativo, creativo
e dinamico, all’esercizio del quale Bruno ha dedicato moltis-
sime pagine in tutti i suoi testi di mnemotecnica, spesso ce-
lando, dietro pretesti di natura pratica, la funzione ‘didattica’
di questi sistemi in vista della rivelazione di una modalità an-
cor più creativa e produttiva, sul piano della conoscenza, che
costituisce il vero cuore teorico e tecnico dell’ars memoriae
bruniana. Per illustrare dunque come praticare, attraverso le
immagini e i luoghi, anche l’inventio è utile fare riferimento a
due esempi tratti, ancora una volta, dal De umbris idearum e
dall’Explicatio triginta sigillorum. La prima forma di gestione
‘creativa’ delle immagini presa in esame si trova nel De umbris
ed è simboleggiata nella seguente figura26:
26
Cfr. G. Bruno, De umbris idearum, p. 234.
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di tali lettere figurate. L’atteggiamento di Bruno, in merito
a questo particolare aspetto tecnico si rivela, per l’ennesima
volta, innovativo e volto al perfezionamento di quanto lo
ha preceduto: suggerisce infatti la costruzione di un codi-
ce predeterminato ed univoco di immagini simboliche che,
appropriatamente combinate tra loro, possono dar vita alla
raffigurazione di qualsiasi parola. La figura qui presente mo-
stra quindi un primo metodo per la memoria verborum che
è preparatorio al secondo ed insegna a costruire immagini
per sillabe formate da tre lettere; la seconda praxis del De
umbris, con una modalità analoga a quella della prima, ma
più complessa, prevede invece la costruzione di immagini
di parole più lunghe, formate da cinque sillabe. La tecnica
è, in entrambi i casi, simile e non troppo complicata: un
gruppo di figure, rappresentanti personaggi tratti dalla lette-
ratura classica e quindi facilmente memorizzabili, denotano
i caratteri di un alfabeto composto da ventitré lettere latine,
quattro greche e tre ebraiche, in modo da esaurire tutti i
possibili fonemi delle principali lingue ‘colte’ del tempo di
Bruno. Queste immagini, tuttavia, non devono essere consi-
derate ‘statiche’ rappresentazioni delle lettere da imprimere
interiormente, piuttosto sono da immaginare come statue
animate che, in base a varie e peculiari caratteristiche, molti-
plicano più volte il valore di una lettera o di una sillaba nelle
parti e negli aspetti di cui esse sono portatrici. Nel caso della
prima praxis si devono perciò visualizzare i 30 personaggi
(tratti dalle Metamorfosi di Ovidio) e articolando un tripli-
ce suono in corrispondenza di ciascuno, assegnando loro
anche un’azione e un oggetto specifico. La prima ‘statua’,
ad esempio, è formata dal personaggio di Lica visualizzato
nell’atteggiamento di «stare ad un banchetto» e cinto da una
«catena» e in questo modo la lettera A viene moltiplicata
per tre: la prima volta è espressa dal personaggio stesso, la
seconda per mezzo dell’atteggiamento che lo caratterizza e,
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tanti le lettere dell’alfabeto, ma, soprattutto, come compo-
nenti ‘mobili’ di un sistema combinatorio, scambiandole e
ricomponendole secondo varie configurazioni che, di volta
in volta, assumono il valore di una diversa sillaba.
Poiché nei testi mnemotecnici di Bruno alla memoria
verborum è dedicato sempre molto spazio27, la proposta di
questi e simili espedienti va letta con un’attenzione molto
particolare. Se da un lato, infatti, è comprensibile il deside-
rio, tutto bruniano, di affrontare un aspetto così tradizio-
nalmente tecnico per mostrarne il miglioramento in virtù
della sua rinnovata arte (che come si è ormai intuito è im-
prescindibile da un altrettanto innovativa visione filosofica),
dall’altro occorre cogliere che cosa effettivamente comporti,
sul piano dell’esperienza mnemonica, l’adozione di questi
sistemi. Visualizzare una scena complessa, ma circoscritta
nello spazio fantastico, assieme al relativo significato, avere
poi la possibilità di modificarla per comporre nuove figu-
razioni e quindi esprimere altri significati – pur latenti ed
impliciti nell’intero meccanismo combinatorio – fa sì che
il mnemonista si faccia artefice primario di un’azione di
creazione e costruzione del senso a partire dalle immagi-
ni mnemoniche ed esclusivamente per mezzo di esse. Tale
modalità operativa conferisce, inoltre, un elemento di dina-
micità e vitalità ulteriore agli spazi mnemotecnici: divenute
le figurazioni mnemoniche quasi fluide ed ancora più pla-
smabili, i contenuti della memoria assumono corpi fanta-
stici che possono essere facilmente modellati e modificati,
cambiando il valore di quanto è rappresentato da essi. Se
27
Nel De umbris idearum le due praxis occupano tutta la terza parte del
libro, per oltre cento pagine; in Explicatio triginta sigillorum alla memoria
verborum sono dedicati il quindicesimo, il ventinovesimo e il trentesimo
sigillo; nel Cantus Circaeus la memoria di parole è l’argomento della sezione
finale e dell’ars brevis che chiude il testo.
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menti iconici sono pronti ad assumere molte forme e, di
conseguenza, tanti significati, a seconda di come vengono
arricchiti di dettagli, deprivati di caratteri denotanti o fusi
assieme ad altre immagini, talvolta vaganti e mobili nei luo-
ghi stessi, altre volte accompagnate lungo i sentieri della me-
moria dallo sguardo interiore del mnemonista che, attraver-
so un corredo ulteriore di segni ‘personali’, ne esplora tutte
le implicazioni possibili nell’incontro e nel trasfondersi con
quelle già presenti e lì depositate in precedenza.
Il secondo esempio che si intende qui richiamare all’atten-
zione del lettore mostra dunque la costruzione di uno di que-
sti sistemi ed è tratto dall’Explicatio triginta sigillorum, pre-
sentandone, in particolare, il ventunesimo sigillo chiamato
la ‘ruota del vasaio’, il cui valore mnemotecnico è metafori-
camente sintetizzato da Bruno con le seguenti parole: «l’atrio
corrisponde alla ruota del vasaio, il formatore al vasaio ed i si-
gnificati secondo cui si dà forma al sostrato sono analoghi alla
creta».28 Si è già accennato, in precedenza, al fatto che ogni
sigillo costituisce un sistema a sé per esercitare l’arte della me-
moria, uno strumento mnemonico per affrontare particolari
esigenze di memorizzazione o da dedicare a particolari tipo-
logie di informazioni; al tempo stesso ognuno dei trenta si-
stemi contenuti nell’Explicatio triginta sigillorum è anche par-
te di un percorso illustrativo intorno all’arte della memoria
bruniana nel suo complesso e accompagna il lettore, nelle due
sezioni di presentazione ed ‘apertura’ (explicatio) dei sigilli,
dalla presentazione dei temi e degli argomenti più elementari
(ad esempio come devono essere organizzati i luoghi), alle
versioni più complesse e più ricche di implicazioni fantastico-
combinatorie: la «ruota del vasaio» si trova quindi all’inizio
28
G. Bruno, Explicatio triginta sigillorum, p. 140: «Rotae subiectum
atrium, figulo figurator, luto subiecta intentio formabilis proportionan-
tur».
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29
Cfr. ivi, p. 174.
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geometrie della memoria
La figura presenta uno schema geometrico formato da un
quadrato inscritto in un cerchio ed al cui interno è inscritto
un altro quadrato; le diagonali inoltre tagliano il quadrato
principale e al centro della figura vi è un cerchio più piccolo
dal quale parte un raggio che va fino alla circonferenza più
esterna. L’immagine, facilmente riconoscibile anche per chi
non è esperto di tecniche astrologiche, riproduce il sistema
dei dodici segni zodiacali, così come veniva rappresentato
nei temi natali; essa illustra, infatti, una delle specifiche ap-
plicazioni di questo sigillo, suggerita nella parte esplicativa
del testo, ovvero «memorizzare i significati degli aspetti delle
stelle e quelli delle disposizioni dei pianeti nei segni»30. Per
far ciò Bruno propone quindi al lettore di «preparare dodici
case dotandole di elementi aggiuntivi, in modo che con le
loro parti e membra contengano cose tali da essere ben ap-
propriate alle singole considerazioni da farsi in esse e rela-
tivamente ad esse»; una volta approntato tale sistema si de-
vono preparare «sette supporti circolari e ruotanti» ovvero
«quelle figure che rappresentano i pianeti e che, secondo il
proprio ordine, riceveranno varie passioni ed affezioni nelle
varie case»31. I sette «supporti circolari e ruotanti» sono indi-
cati dalle lettere presenti sul raggio – che riportano le iniziali
dei nomi dei pianeti a partire dal centro, dove vi è la S per
Saturno, fino all’angolo più esterno dove c’è la L di Luna – e
30
Ivi, p. 140: «Per quam quidem praxim si velis in mathematicis exerceri,
ut si velis stellarum aspectus quoad earum significationem et significationes
dispositionum planetarum in signis retinere».
31
Cfr. ibidem: «poteris duodecim suis circumstantiis domos efformatas
ita apparare, ut suis partibus atque membris talia contineant, quae ad sin-
gulas considerationes de ipsis et in ipsis faciendas sint adcommodatiora.
Poteris insuper septem circum rotantia supposita destinare, quorum passio-
nibus et affectibus aliis, quae in locis recipiunt, ea quae in planetis significari
debent ordinate habeas».
163
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32
Ivi, p. 68: «pro centum vel mille patribus seu capitibus, cum suis natis,
164
geometrie della memoria
Con questo sistema infatti la gerarchia di un testo non viene
resa attraverso l’architettura dei luoghi, tutti posti al mede-
simo livello ed al massimo testimoni del susseguirsi lineare
delle parti principali, ma ciò che aggiunge sia ordine, sia di-
versificazione al contesto è il passaggio delle figure animate
che, interagendo ognuna in maniera peculiare con gli ogget-
ti incontrati lungo il percorso, possono evidenziare ciascu-
na uno specifico livello di informazioni (ad esempio una i
capitoli, l’altra i paragrafi e un’altra ancora le singole frasi),
rivelando la struttura del libro. A dare senso alla figurazione
mnemonica è dunque l’elemento di interazione ed anima-
zione che intercorre tra le parti fisse e mobili dello scenario:
l’effetto finale, arricchito di tutta la forza espressiva di questo
tipo di immagini, consiste nella generazione dei significati
in seguito alla trasformazione e composizione dei vari segni.
La «ruota del vasaio» funziona pertanto come una specie di
strumento per la scrittura interiore di simboli, non solo ri-
velando quanto già compete al materiale mnestico acquisito,
ma anche potendo far sorgere nuovi significati, assemblando
le parti e gli elementi caratteristici di quanto è già acquisito
secondo nuove configurazioni: «facendo percorrere la ruota a
quelle statue principali», sottolinea Bruno a conclusione della
sezione esplicativa del sigillo,
165
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Conclusioni
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geometrie della memoria
motecnica tradizionale – l’arte che si serviva primariamente
delle immagini mentali – superando il suo consolidato ruolo
di mero ‘artificio’ mnemonico: ciò avviene abbandonando
una visione limitatamente statica e strumentale degli oggetti
principali della mnemotecnica – le immagini e i luoghi – per
reinventarne e rafforzarne il loro ruolo di ‘simboli’, ovvero
riferimenti visivi a concetti già acquisiti, e di ‘segni’, cioè di
dati sensibili interiori e suscitatori di atti interpretativi.
La ridefinizione teorica dell’ars memoriae viene del resto
sottolineata anche dall’adozione di un’innovativa terminolo-
gia tecnica; in modo particolare la scelta di chiamare adiectum
o forma l’immagine e subiectum il luogo palesa l’obiettivo di
Bruno di dare consistenza ad una nuova entità menmonico-
fantastica il cui corpo è l’aspetto, ovvero la visione indotta nel
mnemonista, e la cui essenza è il significato che la mente as-
segna ad essa. La semplice ed immediata impressione visiva las-
cia quindi il posto ad un’esperienza più complessa di lettura e
di comprensione delle immagini interiori, di fronte alle quali è
necessaria la contemporanea capacità di cogliere il singolo dato
assieme alla realtà contestuale che lo circonda, una prospettiva,
questa, che situa i contenuti fantastici all’interno di un’unità
scenica più ampia, ancorandoli ad una fitta rete di simboli che,
in ultima istanza, possono arrivare a rappresentare tutto quan-
to sappiamo. Questo importante aspetto della mnemotecnica
bruniana – sintetizzato nell’innovativa regola che vuole il piano
delle figurazioni interiori adattato alla forma e struttura delle in-
formazioni e non il contrario – conferisce all’arte della memo-
ria un’efficacia anche dal punto di vista dialettico, poiché per-
mette di configurare il mondo della fantasia come se fosse una
mappa simbolica e virtuale della realtà interiore che, a partire
da quanto si è già appreso, conduce ad ulteriori interpretazioni
del mondo, aggiungendo dati a dati e tracciando nuovi segni di
fianco a quelli già acquisiti dall’intelletto e scolpiti nella memo-
ria. L’universo mnemotecnico non è tuttavia caratterizzato solo
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34
Sul tema del rapporto tra imitazione poetica e filosofia di Bruno, cfr.
M.P. Ellero, Lo specchio della fantasia. Retorica, magia e scrittura in Giorda-
no Bruno, Lucca, Maria Pacini Fazzi, 2005.
168
geometrie della memoria
agenti, dei vari e molteplici oggetti lì collocati. Tutto ciò, ad un
primo sguardo, può far sorgere più d’una perplessità nei lettori
moderni; tuttavia, al di là del riverbero ‘controrinascimentale’35
evocato da tali atmosfere, occorre cercare di cogliere il senso
più profondo di queste scelte tecniche ed andare a scoprirne il
difficile, ma stretto legame con la ‘nolana filosofia’. In questo
senso il punto più significativo consiste nell’idea di estendere
l’efficacia dell’arte della memoria anche sul piano creativo e
dell’invenzione retorica, non considerando più la fantasia solo
come il terreno – pur complesso ed articolatissimo, nel caso
della versione bruniana – sul quale sorgono i simboli dei con-
tenuti mnestici, ma anche come strumento per generare nuovi
significati e quindi ampliare la portata di senso degli spazi in-
teriori. Ciò è possibile garantendo l’estrema versatilità dei segni
mnemonici, che possono arrivare ad esprimere molteplici ed ul-
teriori significati sulla base di un codice di simboli prestabiliti o,
addirittura, dare vita a rappresentazioni non previste nelle dina-
miche del sistema e inaspettatamente rivelatrici di nuove inter-
pretazioni: questo è, del resto, il valore più originale della ‘logica
fantastica’ di Bruno e permette concretamente di pensare per
immagini, ovvero indagare tra i contenuti della mente, agendo
direttamente sulla loro rappresentazione visiva ed operando
ogni cosa sull’esclusivo piano della visualizzazione fantastica.
Senza tener conto della particolare visione gnoseologica di Bru-
no – e della prospettiva filosofica sulla essa quale essa si fonda –
quest’ultimo e decisivo aspetto risulta davvero sfuggente e poco
comprensibile: molto può essere chiarificato se si tiene conto di
uno dei motivi teorici più importanti del pensiero del Nolano,
ovvero che la natura è l’unico orizzonte entro il quale le cose si
35
Cfr. H. Haydn, Il Controrinascimento, Bologna, Il Mulino, 1950; M.
Ciliberto, Rinascimento e Controrinascimento, in Id., Figure in chiaroscuro.
Filosofia e storiografia nel Novecento, Roma, Storia e letteratura, 2001, pp.
185-205.
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