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EDIZIONI L’ESSERE – R.MATHESON
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Indice
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Prefazione: omaggio IF Worlds of Science Fiction – Agosto 1954
Chip65C02
IF Worlds of Science Fiction Agosto 1954:
L’Essere di Richard Matheson
Era di sabato quel 6 agosto, quando una palla di luce discese nel
deserto, e la gente che se ne stava a 20 miglia, disse che era stato
un bolide, perché l'oggetto s'era lasciato dietro una scia
fosforescente: questo era quanto dovevano dire, tanto per dire
qualcosa.
Les uscì dall'auto, chiuse lo sportello e disse -Dio mio! che caldo
che fa quì! e non siamo nemmeno ad un terzo del viaggio sulla
statale 66-
-Se mi seguite con l'auto, vi porto a casa mia, mentre mia moglie
recupera un po' d'acqua fresca, potrete dare un'occhiata anche al
mio Zoo!- disse l'uomo accennando un secondo sorriso.
-Lo so- disse Les che poi aggiunse -Ma abbiano bisogno d'acqua. Se
non avessimo avuto bisogno d'acqua, non ci saremmo mai ficcati in
questa scassatissima strada di campagna, per andare in una
dannatissima casa di campagna in mezzo al nulla, in questo deserto
nella statale 66. E poi mi sono anche scordato, di chiedergli, come
diavolo si fa a ritornare sulla super strada, lasciando questa
maledetta statale 66. Adesso basta, andare a zonzo per la statale
66- concluse Les con il volto imbronciato, mentre si vo ltò a
guardare Marian che incurante di tutto, osservava il panorama del
deserto, sporgendosi dal finestrino.
La casa era di legno scuro, una struttura a due blocchi, tipica delle
case di almeno 100 anni prima.
Il benzinaio saltò fuori dal suo furgoncino, poi disse -Prendete pure
l'acqua dal mio pozzo, prendete tutta quella che vi serve- poi
l'uomo camminando sull'aia polverosa e sabbiosa, entrò dentro
casa.
-Non c'è niente quà!- disse Marian che poi aggiunse -Le gabbie
sono tutte vuote!- poi la ragazza si fermò e disse -Basta! non voglio
andare oltre!. Non voglio vedere come dei poveri animali sono
torturati e costretti a stare nelle gabbie, chiusi sotto questo Sole
cocente!-
La mente di Les andò nel panico, quando vide l'uomo della fattoria
che gli puntò addosso il fucile e disse loro -Adesso, si torna indietro,
si torna allo zoo!-
Poi Merv Ketter rientrò nella casa, appoggiò il fucile sul tavolo,
camminò sul pavimento in linoleum della vecchia casa e poi pensò
che cos'altro poteva fare?!lui non avevo scelta!.
Però forse Merv Ketter non era uno stupido: insomma non era
successo niente, quando era scomparso il primo uomo. Non era
successo niente, nemmeno quando erano scomparsi 5 uomini.
Forse, non sarebbe successo niente, neanche adesso.
Però alla coppia di giovani che aveva messo nella gabbia, non li
aveva fatto alcuna iniezione, loro avrebbero potuto urlare.
L'uomo aprì gli occhi, guardò sulla vecchia madia di cucina, la foto
della moglie morta, poi l'uomo guardò l'armadietto aperto, con
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dentro i suoi cimeli e trofei di guerra.
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[...] -Che cosa sta facendo?!- chiese sotto voce Marian a Les, con
un tono di voce impastato, mentre le labbra inferiori erano
leggermente screpolate.
-Non lo so- rispose Les che, da quando era stato messo in gabbia,
insieme a Marian, continuava a chiedersi perché il benzinaio gli
avesse incarcerat i nelle gabbie?! Che cosa voleva fare di loro?!.
Comparve Merv Ketter, che aprì la gabbia dove c'era l'uomo che
giaceva incosciente, Ketter lo trascinò fuori dalla gabbia e lo lasciò
per terra.
Les non rispose, scosse la testa e non disse niente; non c'era
niente, in quello che era loro capitato, che avesse un briciolo di
senso logico!. [...]
Les chiuse gli occhi, non voleva vedere, non voleva sentire.
Forse, le urla che Merv sentiva non erano reali, forse le grida erano
solo nella sua mente, per cui non c'era bisogno di porte e finestre
per tenere fuori queste grida d'aiuto disumane, perché in fondo era
tutto nella testa di Merv.
Erano solo 16 giorni fà che Merv era venuto nel deserto, in caccia di
conigli, ma questi 16 giorni li sembravano anni.
Nel panico e nella furia della corsa, Merv s i ritrovò immerso nella
pozza d'acqua, ed in meno di pochi secondi, ebbe contro di se
l'entità gelat inosa che volando, lo raggiunse in un baleno e tentò
d'aggredirlo.
Il contatto della pelle umana con l'ent ità gelatinosa, gli procurò un
fortissimo dolore: la pelle gli bruciava come fosse stata ustionata
dal fuoco, ma per qualche ragione Merv non fu mangiato e Merv
non morì.
Merv aveva inalato dei vapori che l'entità aveva emesso, mentre i
due lottavano nella pozza d'acqua: Merv si ritrovò come avvelenato
ed impossibilitato ad urlare.
Tra due giorni l'ent ità sarebbe tornata per mangiare, gli uomini che
lui forniva all'ent ità, la loro morte avrebbe permesso a Merv Ketter
di vivere.
La ragazza era più esile di Les, Marian non ebbe problemi ad uscire
dalal grata, anche se Les l'aiutò a venir fuori rapida.
I due ragazzi erano più in basso delle finestre della casa, che erano
chiuse, c'erano le tende tirate e non si vedevano luci accese
all'interno.
-Oddio!, perché non vuol partire?!- sussurrò Marian, che era bianca
come una morta, ed aveva messo dentro l'auto i suoi costosi
sandali firmati.
-Non lo so, forse é solo il freddo- sussurrò Les, che non voleva
nemmeno pensare all'idea che il meccanico potesse aver
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manomesso qualcosa nella vecchia Ford T.
-Non lo so!, non lo vedo!- disse Marian che aveva appena alzato la
testa sopra i sedili e guardò indietro, dal grosso buco posteriore
ovale, dove un tempo c'era il lunotto posteriore dell'auto.
Una luce di una torcia illuminò i due giovani, s'udirono i passi rapidi
e pesanti di stivali, poi Les vide una mano che brandiva una pistola
automatica in calibro .45 e la voce disse -Basta!, tornate indietro
adesso!- 21
-Per Dio, mia moglie é ferita, non può metterla in una gabbia!.
Prenda me, ma non metta mia moglie in una gabbia!- disse Les.
Il giovane non finì la frase che sentì un ago che gli penetrò le
spalle, poi un forte calore s'irraggiò dalle spalle -Oddio! No!- fece
appena in tempo a dire Les, che poi stramazzò nella sabbia, privo di
sensi, assieme a Marian. Il giovane non s'accorse nemmeno d'aver
toccato terra.
_______
Degli urli isterici lo svegliarono: Les non poteva parlare, non poteva
pensare, non poteva muoversi, a malapena poteva muovere gli
occhi, il suo corpo era pesante come una roccia.
L'uomo nell'altra gabbia urlò, era lui il povero diavolo che stava
urlando come un disperato.
Marian non era nella gabbia dell'uomo che urlava come un pazzo.
Il povero diavolo era nella gabbia vicino a lui, ma Les non capiva
cosa stesse farfugliando l'uomo.
Les mosse gli occhi verso sinistra: Marian non era nella gabbia
accanto alla propria, che era vuota ed aveva delle inferriate
piegate.
Non c'era niente di razionale e di logico, in quello che gli stava
capitando.
Cosa diavolo era quella cosa che aveva visto l'altra notte?!.
Les fece uno sforzo tremendo per muovere la testa, della bava gli
colò dalla bocca, Les cercò di riordinare i pensieri che scorrevano
lenti nella sua testa, ed era maledettamente difficile metterli
insieme, per cercare di capire che stesse accadendo.
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Se Marian non c'era, Marian dov'era?!
Marian giaceva drogata dentro la casa, era stata posta sul letto, con
una coperta di lana a patchwork per coprirla. La ragazza respirava
regolarmente, occhi chiusi, era immobile.
Merv Ketter era in piedi nella stanza, osservava la donna in silenz io.
Si sarebbe preso cura della donna, come fosse stata la sua Elsie.
L'altro uomo nella gabbia urlava come un matto, presto sarebbe
andato a sedarlo, era questo l'ultimo giorno di vita dell'uomo, poi
domani l'essere sarebbe tornato a reclamare la sua cena.
La donna distesa sul letto, non rassomigliava per niente alla sua
Elsie, tranne per il fatto che aveva lo stesso colore di capelli: erano
biondi.
-O me o loro- pensò Merv Ketter, che non era proprio convinto che
questo pensiero fosse stato partorito dalla sua mente.
Merv Ketter decise che avrebbe tenuto la donna nel letto, sinché
era sotto l'influsso della droga, poi l'avrebbe rimessa nella gabbia di
ferro, insieme a suo marito. Domani, avrebbe dato in pasto
all'entità, l'altro uomo urlante che se ne stava nella gabbia. [...]
Merv Ketter uscì dalla casa, prese il suo furgoncino ed andò alla sua
stazione di servizio.
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Merv Ketter girovagava in silenzio come un fantasma, al suo
distributore, che era deserto e sulla statale 66 non transitava
nessuno. I rumori dei passi degli stivali che sgranocchiavano sassi e
polvere, erano l'unico rumore ritmato che scandiva i pensieri di
Merv Ketter.
Merv Ketter controllò l'acqua del radiatore, l'olio del motore, poi
fece il pieno. La mente di Merv Ketter rimuginava intorno al
pensiero di salvare la vita della donna, rimpiazzandola con questo
commesso viaggiatore.
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La notte si alternava al giorno in modo rapido, l'atmosfera di questo
pianeta era spessa e premeva contro il corpo umido e sferico
dell'entità.
La vegetazione era secca e dura, gli stupidi animali alat i che ogni
tanto volavano sopra di lui e cracchiavano, avevano la carne dura.
Erano tutti penne ed ossa e poco nutrimento, sarebbe servita pià
energia per digerire quelle povere ossa, di quanta energia
avrebbero apportato, assorbendoli.
Les udì il rumore dei passi del benzinaio, chiuse gli occhi fingendosi
incosciente, Les non si ricordava bene se s'era mosso o se aveva
spostato una mano o qualche gamba e se doveva riprendere la
posizione che aveva quando il benzinaio pazzo era uscito di casa
per andar via. L'unica cosa che Les riuscì a pensare, era che doveva
fingersi in stato d'incoscienza, così il benzinaio pazzo si sarebbe
sentito al sicuro ed avrebbe aperto la gabbia senza troppe
attenzioni, allora Les avrebbe potuto avere un'ultima possibilità. ...]
L'unica cosa che Les riuscì a pensare, era al tramonto che sarebbe
presto arrivato e con lui, il mostro che avrebbe reclamato il suo
pasto. A chi sarebbe toccato questa volta?!
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-Elsie!, sembri proprio la mia Elsie!- disse Merv Ketter che era in
piedi davanti al letto, e guardava Marian.
-No! non é vero!- disse Marian, che s'accorse che poteva muovere
le gambe, se avesse voluto. Forse la donna avrebbe anche potuto
alzarsi di scatto, ma per il momento, la donna decise di rimanere
dov'era, restando sul letto, sotto la coperta di lana patchwork,
fingendo d'essere intontita ed incapace di muoversi.
-Elsie!, pensi che io abbia voluto tutto questo?! No! io non l'ho
voluto!, Dio sa che io non ho voluto niente, di quello che é
accaduto!- disse istericamente Merv Ketter, che si voltò per andare
in cucina, mentre si teneva le mani tra i capelli.
Marian s'alzò di scatto e corse verso la porta che dava sullo zoo, ma
Merv Ketter la raggiunse e la strinse a se -Elsie, amore mio!,
baciami!, questa volta io ti proteggerò!- i due caranbolarono sullo
stipite della porta chiusa, che era accanto ad un tavolo.
Marian uscì di casa dalla porta centrale, perché quella della camera
da letto che dava direttamente sullo zoo, era chiusa e la donna non
voleva perdere tempo ad aprirla, restando ancora in casa.
-Oddio! Les, non mi ricordo più quali chiavi ho già provato nel
lucchetto, ci sono tantissime chiavi in questo enorme portachiavi-
disse la donna in lacrime, con le mani tremanti.
-Va bene così!, Marian scappa! scappa da qui, non voltarti indietro!-
urlò Les.
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Marian lo guardò con il volto in lacrime -Oddio Les, non posso
aprire la gabbia, non mi riesce!- [...]
Les saltò fuori dalla gabbia, prese per mano Marian, i due giovani
corsero verso il furgone del benzinaio, Les mise in moto, poi diede
gas a piena potenza, il furgoncino partì alzando tanta polvere.
L'entità era entrata in casa, era passata dal solaio, l'essere stava
scendendo le scale, emetteva un sibilo fischiante, simile a quello dei
serpenti. [...]
Mer Ketter prese tutte le sue armi da guerra che erano riposte nello
stipetto di metallo, l'uomo guardò per un attimo la foto di sua
moglie Els ie: la mente di Merv era libera, la sua volontà era piena,
lucida e decisa, l'influenza maligna dell'essere alieno era svanita.
Poi sempre con la mano destra, Merv Ketter prese la granata che
aveva nel taschino, l'uomo tirò la sicura di metallo con i denti e
s'avventò sull'essere urlando.
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