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30/11/2021

NON
EDIZIONI L’ESSERE – R.MATHESON
CHIP65C02

http://mia-fantascienza.blogspot.com | Collana JDAB


✔Note Legalesi.
Il webmaster 6502 & Terminetor Magnetico ha costruito un omaggio IF Worlds of
Science Fiction –Agosto 1954- in particolare al racconto “Being” di Richard
Matheson assemblando un plot remastering: l’obiettivo del racconto é
intrattenere, divertire, incuriosire il lettore.

In nessun caso sono collegate al testo o all’autore, le persone, enti ,


organizzazioni e quant'altro citato direttamente od indirettamente nel testo. È
importante tenere presente che ogni riferimento esplicito od implicito a fatti o
persone, enti, organizzazioni, eventi, circostanze future o presenti o passate
che taluni lettori possono riconoscere od associare è del tutto casuale ed
immaginario. L'ebook.pdf è no-profit, l’autore non persegue nessuno scopo di
lucro o profitto diffondendo online il materiale assemblato. Il volume è 2
liberamente stampabile in tutto od in parte, è inoltre distribuibile senza
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“L’Essere” stampato 30/11/2021 (v1.0)é in COPYLEFT(BY-NC-ND)

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Indice

Prefazione: omaggio a -IF Worlds of Science Fiction Ago/1954- …...… pag. 4

Capitolo 1- L’Essere – Richard Matheson ………………..……... pag. 6

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Prefazione: omaggio IF Worlds of Science Fiction – Agosto 1954

Questo ebook vuole essere un omaggio alla rivista IF Worlds of


Science Fiction Agosto 1954 in particolare al racconto “Being” di
Richard Matheson.

In questo quarto anno della co llana JDAB ho deciso di continuare


nella diffusione della rimasterizzazione del racconto di SciFi per
proporre fabule di Scifi ancora gradevoli, a mio avviso, per un
4
pubblico del XXI seco lo. Questo genere di ebook continuerà ad
avere:

• una copertina sempre identica “IF Worlds of Science


Fiction” 30 e lode rimasterizzato,
• un titolo diverso, ovviamente a seconda del racconto,
• un’impaginazione interna differente rispetto ai tradizionali
racconti JDAB, in modo che questo tipo di ebook abbia un
gusto estetico più prossimo, al format delle storiche “Pulp
Mags”.
• La “rimasterizzazione” sarà una traduzione dall’americano
all’italiano corrente, mantenendo fabula ed intreccio identico a
quello del racconto originale che fu pubblicato nelle Pulp Mags.
• Saranno ridotti all’essenziale gli interventi di editing con tagli o
sintesi/adattament i, atti a sopprimere le part i prolisse o le
divagaz ioni troppo lunghe ed inutili, che non potrebbero
essere più idonee, ai gusti di un lettore del XXI°secolo.
• A differenza dei racconti di fantascienza sin’ora elaborati nella
collana JDAB (remix, remake, porting in mult i-trama) la
rimasterizzazione non conterrà una rielaborazione artistica.

Questo ebook fa parte della co llana JDAB-Joint Direct Attack Book,


una serie di testi in PDF, composti da remix, porting in multitrama,
remake, di tutti quei racconti di “Amazing Stories & Wonder Stories
& IF worlds of science fiction” che sono meritevoli di una moderna
rivisitazione SciFi, a mio gusto personale!.
Saluti e buona lettura!

Chip65C02
IF Worlds of Science Fiction Agosto 1954:
L’Essere di Richard Matheson
Era di sabato quel 6 agosto, quando una palla di luce discese nel
deserto, e la gente che se ne stava a 20 miglia, disse che era stato
un bolide, perché l'oggetto s'era lasciato dietro una scia
fosforescente: questo era quanto dovevano dire, tanto per dire
qualcosa.

Nel silenzioso hovering, l'oggetto metallico toccò finalmente terra: 6


dentro un animale forte, con occhi fosforescenti, se ne stava
silenzioso, raccolto dentro l'oggetto metallico. Con l’astronave era
ferma sul terreno, poi seguì il silenzio del deserto per molte ore,
quindi il buio sparì e spuntò il Sole, che illuminò con la sua luce,
l'irreale oggetto metallico che se ne stava fermo ed immobile sul
terreno.
_______________

-Santo cielo!, é ancora rovente!- disse Les, il giovanotto ritrasse


rapido ed istintivamente il palmo, dall'oggetto sferico che era sulla
plancia della vecchia Ford T.

-E' solo la tua immaginazione!- rispose sorridendo Marian, la


ragazza era bionda, portava dei sandali, labbra rosse di rossetto, la
giovane era appoggiata al finestrino del'auto, quasi cercasse di
godersi il fresco che talvolta proveniva con qualche colpo di vento.
Poi Marian aggiunse -Non può essere caldo, é un Cucumber-

I due giovani avevano lasciato Los Angeles per andare in auto a


New York, era un lunghissimo viaggio da fare su strade ed
autostrade, ma sopratutto ogni mezz'ora c'era da fermarsi per
mettere acqua nel maledetto radiatore, perché altrimenti si sarebbe
scassato tutto. [...]

Les sbuffò e disse - Ma come diavolo hai fatto, a convincermi a


partire da Los Angeles, in auto, per andare a New York, e per altro
con questo macinino, convincendomi anche nel passare dalle strade
statali, da dove a tuo dire avremmo tagliato e risparmiato strada
del tragitto, rispetto ad usare le più pratiche e veloci super
strade?!-
-Uffa!, dannazione!, fai sempre le solite domande- disse Marian.

Era da ore che i due ragazzi seguivano la statale 66 ed agli ultimi


cinque incroci, i ragazzi avevano sempre tirato dritto, senza andare
alla ricerca di una deviazione che li riportasse verso un paesino,
oppure una super strada, finendo invece per addentrarsi sempre
più nel deserto sulla statale 66.

-Guarda! c'é un distributore laggiù- disse Marian -Possiamo vedere


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se hanno dell'acqua, potremo riempire la nostra tanica, per
rinfrescare il radiatore! inoltre il nostro termos dell'acqua da bere é
vuoto!-

-Sì!- disse Les con una smorfia sarcastica, mentre scuoteva la


testa, poi il giovane aggiunse -E poi faremo benzina, e poi ci faremo
mettere una pezza a questo radiatore di merda!, e poi ci faremo
dire la strada, per lasciare questa maledetta statale 66 e poi
ritornare su una super strada!-

-Maledette autostrade!- disse sotto voce Marian, mentre teneva la


testa ed il busto fuori dal finestrino, guardandosi intorno.

La vecchia Ford si fermò alla stazione di servizio, ma non uscì


nessuno dalla struttura.

-Non dirmi che è una stazione di servizio abbandonata e deserta!-


disse Marian

Les uscì dall'auto, chiuse lo sportello e disse -Dio mio! che caldo
che fa quì! e non siamo nemmeno ad un terzo del viaggio sulla
statale 66-

Marian uscì dall'auto, chiuse lo sportello, poi ciabattò girando


intorno all'auto e raggiunse Les.

Les s'avvicinò al vetro della stazione di servizio: c'era un calendario


con l'anno ed il mese ed il giorno corretto, indicato dal segnalibro
rosso. C'era un distributore automatico di bibite, ma era
impo lverato ed aveva l'aria di essere guasto. C'era un tavolo scuro
con un paio di sedie, c'era una lampada da tavolo spenta, e non
c'era nessuno nell’angusto ufficio.
-Sembra che non ci sia proprio nessuno!- disse Les scuotendo la
testa.

-Oh! guarda Les!- disse Marian agitando orizzontalmente il termos


vuoto -Finalmente siamo salvi! speriamo che abbiano dell'acqua
fresca da bere!-

Un pick up dall'aria scassata, si stava avvicinando alla stazione di


servizio, provenendo ortogonalmente alla statale 66, il veicolo
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saltellava su una strada di campagna, sterrata e polverosa. Il
furgoncino alzava parecchia polvere, faceva anche piuttosto
rumore, nonostante andasse lentamente, diretto verso la stazione
di servizio.

Il veico lo si fermò sul lato della stazione di benzina, scese un uomo


sulla trentina, abbronzato, con una t shirt bianca e poco pulita e
rappezzata, sopra c'era una tuta di jeans blu, capelli di color chiaro
e tagliati molto corti. L'uomo privo d'ogni espressione chiese -
Volete della benzina?!-

-Sì grazie!- rispose Les [...]

L'uomo svitò il tappo metallico del carburante della vecchia Ford,


mise il tubo di metallo e chiese -Quanta?!-

-Il pieno, grazie!- rispose Les

Il cofano della Ford era rovente, Les prese un fazzoletto, si fasciò la


mano ed aprì il cofano, una vampata di vapore bianco e denso uscì
fuori dal vano motore, come fosse stato un funesto messaggio di
fumo, emessa dalla meccanica della vecchia Ford T che stava
chiedendo aiuto.

-Avrebbe dell'acqua fresca?!- chiese Marian [...] agitando il termos


vuoto

-Certamente!, ma non quì!- sorrise lievemente l'uomo che poi


chiese - Da dove venite?!-

-Da Los Angeles, per New York- disse Les

-Ah! New York!, è un posticino bello vicino!- disse ironico l'uomo.


-Non avete acqua fresca da bere?!- chiese di nuovo Marian.

-A casa!, mia moglie ne ha!- disse l'uomo, mentre intascava i


contanti che Les gli aveva allungato, per aver fatto il pieno all'auto.

-Se mi seguite con l'auto, vi porto a casa mia, mentre mia moglie
recupera un po' d'acqua fresca, potrete dare un'occhiata anche al
mio Zoo!- disse l'uomo accennando un secondo sorriso.

I due giovani in auto, seguivano il saltellante furgoncino dell'uomo, 9


che ripercorreva la scassata strada di campagna. C'era sempre uno
zoo, dietro ad ogni meccanico o benzinaio in mezzo al deserto:
serpenti, strani insetti, ragni gigant i, qualche volpe del deserto,
visto uno zoo casalingo se n'erano visti tutti, dato che erano più o
meno tutti uguali.

-Io li odio gli zoo casalinghi!- disse Marian

-Lo so- disse Les che poi aggiunse -Ma abbiano bisogno d'acqua. Se
non avessimo avuto bisogno d'acqua, non ci saremmo mai ficcati in
questa scassatissima strada di campagna, per andare in una
dannatissima casa di campagna in mezzo al nulla, in questo deserto
nella statale 66. E poi mi sono anche scordato, di chiedergli, come
diavolo si fa a ritornare sulla super strada, lasciando questa
maledetta statale 66. Adesso basta, andare a zonzo per la statale
66- concluse Les con il volto imbronciato, mentre si vo ltò a
guardare Marian che incurante di tutto, osservava il panorama del
deserto, sporgendosi dal finestrino.

La casa era di legno scuro, una struttura a due blocchi, tipica delle
case di almeno 100 anni prima.

-Nello Zoo, ci saranno tigri e leoni!- disse ridendo Les, mentre il


giovane si vo ltò a guardare Marian.

-Cazzate!- disse Marian che guardò incuriosita la struttura,


mettendo la testa fuori dal finestrino della vecchia Ford T.

Il benzinaio saltò fuori dal suo furgoncino, poi disse -Prendete pure
l'acqua dal mio pozzo, prendete tutta quella che vi serve- poi
l'uomo camminando sull'aia polverosa e sabbiosa, entrò dentro
casa.

-Possiamo andar a vedere lo zoo?!- chiese Les, mentre tirava su il


secchio di legno dal pozzo.

-No!- rispose Marian, che se ne stava in piedi, imbronciata,


appoggiata alla carrozzeria posteriore dell'auto, con le mani
conserte sul busto.
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-Ma dai!, ormai siamo quì! possiamo dare una sbirciata rapida,
dobbiamo lasciargli qualche dollaro. Dopo tutto, ci ha permesso di
prendere tutta l'acqua di cui abbiano bisogno. E non ci ha chiesto
nemmeno un dollaro, per l'acqua che sto prendendo dal suo pozzo!-
disse Les che stava riempiendo una delle due taniche metalliche
che aveva estratto dal vecchio bagagliaio.

-Ok!, va bene- disse infine la ragazza.

Quando Les ebbe finito di riempire le due taniche ed averle riposte


nel bagagliaio, i due giovani girarono dietro la casa, per sbirciare le
gabbie di legno e metallo che erano accatastate un po' quà e là sul
terreno sabbioso.

-Non c'è niente quà!- disse Marian che poi aggiunse -Le gabbie
sono tutte vuote!- poi la ragazza si fermò e disse -Basta! non voglio
andare oltre!. Non voglio vedere come dei poveri animali sono
torturati e costretti a stare nelle gabbie, chiusi sotto questo Sole
cocente!-

-Beh! io invece finirò di dare un'occhiata!- disse Les sorridendo -


Sono proprio curioso-

-Oddio Marian!- all'improvviso urlò la voce di Les

La ragazza che camminava verso la Ford T si fermò e si girò.

-Che diavolo c'è adesso?!- chiese Marian

-Oddio! Marian!, c'è un uomo quì dentro in questa gabbia!- disse


inorridito Les.
La ragazza corse per vedere, poi si strinse al corpo di Les e rimase
inorridita. C'era per davvero un uomo, chiuso in una gabbia, sotto
quel Sole cocente!.
_____________

L'uomo giaceva a terra, con gli occhi spalancati e privi di


un'espressione, sembrava come ipnotizzato, la bocca era aperta ed
immobile, da cui spuntavano dei denti giallastri. Mani, braccia e
gambe giacevano immobili, con muscoli rigidi e contratti. L'uomo se 11
ne stava inerte, dentro la sua voluminosa gabbia metallica, la porta
era ben chiusa da un lucchetto in ottone.

-Che cos'ha?!- chiese Marian

-Non lo so- rispose sotto voce Les

Poco più in là c'era una seconda gabbia, con un secondo uomo.


Questo aveva un look orribile: gli occhi erano senza vita, l'uomo dal
colore verdastro, sputava bava, appena percepì il rumore dei due
ragazzi che si muovevano sul terreno, l'uomo si voltò verso di loro,
restando in silenz io. [...]

Les afferrò la mano di Marian e le disse sotto voce -Togliamoci


subito da quì, scappiamo veloci ed in silenzio, come se non fossimo
mai venuti a veder lo zoo casalingo-

-No!- urlò Marian, - Les!, devi fare qualcosa!-

Les infuriato, strattonò Marian di peso, il giovane trascinò di passo


veloce la ragazza, verso la loro Ford T. L'uomo della fattoria però,
aspettava i due ragazzi davanti all'auto, impugnava una grossa
doppietta a canne mozze.

La mente di Les andò nel panico, quando vide l'uomo della fattoria
che gli puntò addosso il fucile e disse loro -Adesso, si torna indietro,
si torna allo zoo!-

Les realizzò che nessuno sapeva che i due ragazzi avevano


imboccato la statale 66. Nessuno sapeva che loro s'erano fermati
alla stazione di servizio mezza abbandonata, nessuno sapeva che
loro erano venuti sin là per prendere l'acqua dal pozzo, in quella
vecchia casa, in mezzo al niente, nel deserto. I due ragazzi
avrebbero potuto anche scomparire, e nessuno avrebbe saputo
niente di loro, perché loro non avevano detto a nessuno, quali
erano i programmi per il tragitto turistico lungo la statale 66.

Il benzinaio si chiamava Merv Ketter, ed aveva rinchiuso in una


gabbia di ferro, Les e Marian poi l'uomo s'allontanò pochi minuti dal
retro della casa, tornò poi dopo poco spintonando con il fucile una
donna, la quale fu rinchiusa dentro un'altra gabbia di ferro, vicino al 12
porcile che però era vuoto.

Poi Merv Ketter rientrò nella casa, appoggiò il fucile sul tavolo,
camminò sul pavimento in linoleum della vecchia casa e poi pensò
che cos'altro poteva fare?!lui non avevo scelta!.

In casa l'uomo aveva riposti in un armadietto di ferro anche una


pistola automatica Luger tedesca, un fucile da guerra tedesco
Mauser, una bomba a mano e persino un granata anticarro Panzer
faust.

Per qualche strana ragione, l'uomo meditava di farsi saltare per


aria, con la bomba a mano. Poi un pensiero gli balenò nel cervello:
un eroe di guerra!. Ammirato, lodato, decorato, ma da quando Elsie
era morta, lui era rimasto solo nel deserto con i suoi trofei. Un
giorno però, sarebbe tornato nel deserto, per andare a caccia.

L'uomo si sedette su una sedia, i suoi occhi si muovevano in modo


convulso a destra e sinistra, poi Merv Ketter si mise la testa tra le
mani, incominciò a pensare che forse era uno stupido.

Però forse Merv Ketter non era uno stupido: insomma non era
successo niente, quando era scomparso il primo uomo. Non era
successo niente, nemmeno quando erano scomparsi 5 uomini.
Forse, non sarebbe successo niente, neanche adesso.

Però non era da lui, mettere in prigione una donna!.

Merv Ketter non aveva mai pianificato d'imprigionare una donna!.


Però in fondo se l'era cercata e forse se l'era voluta: lui non
avrebbe potuto salvarla, lui aveva capito che la donna era
spacciata, quando in mezzo al deserto, nella sua stazione di
servizio, la donna agitando orizzontalmente il suo termos vuoto,
chiedeva sorridendo dell'acqua fresca da bere!.

Però alla coppia di giovani che aveva messo nella gabbia, non li
aveva fatto alcuna iniezione, loro avrebbero potuto urlare.

L'uomo aprì gli occhi, guardò sulla vecchia madia di cucina, la foto
della moglie morta, poi l'uomo guardò l'armadietto aperto, con
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dentro i suoi cimeli e trofei di guerra.

Lui era un eroe, questo pensiero gli fece contorcere le budella.

_____________

Era venuto il tempo, il glutine dentro l’alieno si muoveva lento e


pulsante come una spuma, nei tentaco li dell'essere. Un fremito
agitato, contrasse tutti i muscoli dell'entità, che si gonfiò come una
sorta di sfera. L'entità iniziò a muoversi lenta, gelat inosa e
silenziosa, tra le rocce e gli sterpi.

L'entità rotolando lenta e soffice, ripensava a com'era entrata sulla


Terra: s'era camuffata da meteora, poi era atterrata ed aveva
atteso, quando il Sole aveva riscaldato il suo veicolo, il portellone
s'era aperto, e l'entità era uscita fuori, immersa in questo giallo e
sporadico verde iridescente.
___________

[...] -Che cosa sta facendo?!- chiese sotto voce Marian a Les, con
un tono di voce impastato, mentre le labbra inferiori erano
leggermente screpolate.

-Non lo so- rispose Les che, da quando era stato messo in gabbia,
insieme a Marian, continuava a chiedersi perché il benzinaio gli
avesse incarcerat i nelle gabbie?! Che cosa voleva fare di loro?!.

Sporadicamente Merv Ketter usciva di casa, andava nel vuoto


porcile, prendeva qualche oggetto e rientrava in casa, però l'uomo
non guardava mai nelle gabbie, sembrava volesse evitare la vista e
gli sguardi delle persone, che egli stesso aveva costretto nelle
gabbie d'acciaio.
La giornata volgeva al termine, tra un po' sarebbe scesa la sera e
poi la notte.

Comparve Merv Ketter, che aprì la gabbia dove c'era l'uomo che
giaceva incosciente, Ketter lo trascinò fuori dalla gabbia e lo lasciò
per terra.

Poi Merv Ketter iniziò a guardarsi intorno, con uno sguardo


spiritato, come se stesse cercando nervosamente qualcosa, quindi
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rientrò istericamente di passo veloce in casa, dopo poco e chiuse la
porta a chiave.

-Che diavolo sta facendo?! Perché ha lasciato quell'uomo mezzo


morto, sdraiato dietro al cortile di casa?!. Les, io ho paura!- disse
Marian.

Les non rispose, scosse la testa e non disse niente; non c'era
niente, in quello che era loro capitato, che avesse un briciolo di
senso logico!. [...]

Silenziosamente e senza un suono, venne il tramonto, poi


gradualmente iniziò a scendere la sera, nel più completo silenzio del
deserto.

All'improvviso i due giovani udirono un suono, i loro corpi


s'irrigidirono e tesero le orecchie per cercare di capire cosa fosse
quel rumore, che avevano sentito. Quello strano rumore sembrò
avvicinarsi, mentre il tramonto era quasi terminato, la notte calava
da Est nel deserto, mentre ad Ovest il Sole era scomparso, il suo
chiarore rosso diventò blu scuro in un cielo limpido e senza nuvole.

C'era un essere orrendo, era luminescente, di forma sferica,


quell'entintà sconosciuta pulsava, ed aveva anche alcuni tentaco li,
mentre rotolava lenta e soffice e silenziosa, tra le rocce ed i pochi
sterpaglie del deserto.

Les chiuse gli occhi, non voleva vedere, non voleva sentire.

Marian s'aggrappò istericamente alle inferriate della gabbia, urlò


come una matta in preda al panico, tirò a se ripetutamente la
grata, cercando disperatamente di rompere i cavi in acciaio, in cui
erano stati rinchiusi.

L'essere s'avvicinò all'uomo inerme che era steso a terra, appena


dietro la casa, l'ent ità con i suoi tentacoli iniziò a fagocitarlo
lentamente, poi dopo breve l'uomo scomparve mentre l'ent ità nel
buio della notte, prese ad emanare un’intensa luce rossastra
pulsante.
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Adesso era tutto chiaro ai due giovani, perché erano stati
imprigionati nelle gabbie: loro erano il cibo per quella cosa.
______________

Quando Merv Ketter udì da dentro casa, le urla di panico di Marian,


l'uomo si tappò le orecchie. Porte e finestre, ancorché ben chiuse
non potevano tenere fuori le urla di panico della ragazza.

Forse, le urla che Merv sentiva non erano reali, forse le grida erano
solo nella sua mente, per cui non c'era bisogno di porte e finestre
per tenere fuori queste grida d'aiuto disumane, perché in fondo era
tutto nella testa di Merv.

Quando le grida finirono, l'uomo s'alzò come un automa, fece un


cerchio rosso sul calendario che era appeso al muro: era il 22 di
Agosto, quello era l'ottavo uomo che era stato mangiato.

Il lapis rosso cadde dalle mani di Merv sul pavimento, con un


rumore secco.

Merv osservò con gli occhi spiritati il calendario pieno di cerchi: 16


giorni d'inferno, un uomo mangiato ogni 2 giorni, la matematica era
semplicissima, ma la verità dei fatti era decisamente meno
semplice.

Erano solo 16 giorni fà che Merv era venuto nel deserto, in caccia di
conigli, ma questi 16 giorni li sembravano anni.

I ricordi affiorarono alla memoria di Merv in modo lucido: era al


tramonto, davanti ad una pozza d'acqua, quando Merv vide
quell'essere che se ne stava immerso in una delle poche grosse
pozze d'acqua che si trovavano tra le rocce del deserto, dove la
selvaggina spesso andava a bere sulla sera.

L'entità di forma vagamente sferica, simile ad un bulbo, emetteva


una luce rossastra, pulsante, aveva degli stani tentacoli che si
muovevano nell'aria come fossero stati dei serpenti.

Merv non stette a pensarci un attimo, si vo ltò e prese a correre,


corse come un pazzo, in preda al panico, quando all'improvviso
16
ebbe come una percez ione strana, Merv sentì il bisogno di voltarsi
per un attimo.

Quell'essere volava, lo stava inseguendo!.

Allora Merv puntò il suo fucile a canne mozze e sparò.

Lo beccò in pieno, poi Merv riprese a correre, però in direzione


opposta, perché l'entità era davvero veloce, Merv non ce l'avrebbe
mai fatta a raggiungere il suo veico lo.

Merv tornò a correre verso il deserto, verso la pozza d'acqua.

Nel panico e nella furia della corsa, Merv s i ritrovò immerso nella
pozza d'acqua, ed in meno di pochi secondi, ebbe contro di se
l'entità gelat inosa che volando, lo raggiunse in un baleno e tentò
d'aggredirlo.

Il contatto della pelle umana con l'ent ità gelatinosa, gli procurò un
fortissimo dolore: la pelle gli bruciava come fosse stata ustionata
dal fuoco, ma per qualche ragione Merv non fu mangiato e Merv
non morì.

Merv aveva inalato dei vapori che l'entità aveva emesso, mentre i
due lottavano nella pozza d'acqua: Merv si ritrovò come avvelenato
ed impossibilitato ad urlare.

Merv non poteva correre e non poteva muoversi, come invece


avrebbe voluto. Era come se un veleno, gli avesse bloccato i
movimenti. Merv rimase immerso nell'acqua, era avvolto da una
colla putriscente e gelatinosa dall'odore nauseabondo, nonostante
l'uomo fosse incapace di reagire, era perfettamente cosciente: Merv
s'aspettava il peggio, da un momento all'altro.

Un tentacolo dell'entità gli si appiccicò sulla fronte, nel cervello di


Merv balenò all'improvviso un pensiero: -per adesso, non posso
ucciderti, ma tu mi porterai del cibo!-

Questo pensiero si stampò nella mente di Merv, come se gli avesse


bruciato ed avvelenato il cervello, soggiogandone la volontà.
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Dopo quella volta, Merv continuò a fare cerchi rossi sul calendario,
con la propria volontà ormai frantumata e schiavizzata ai voleri
dell’entità aliena.

Merv si ricordava che aveva avuto una moglie, Merv si ricordava


che aveva avuto un lavoro alla stazione di servizio, Merv sapeva
che era stato in guerra, Merv sapeva che era stato anche decorato.

Ma la sua volontà era sparita, adesso la sua mente era soggiogata:


quel morso del tentacolo sulla fronte, aveva avvelenato lo spirito e
la vo lontà di Merv Ketter, il quale non poteva e non riusciva a
ribellarsi, all'ordine che l'ent ità gli aveva imposto, bruciandogli la
mente. Era come se Merv Ketter fosse stato morso dal veleno di un
serpente, che avesse preso il controllo parziale della sua volontà.

Tra due giorni l'ent ità sarebbe tornata per mangiare, gli uomini che
lui forniva all'ent ità, la loro morte avrebbe permesso a Merv Ketter
di vivere.

Merv andò a letto e si coricò su un fianco, mentre il cervello di Merv


prese a pensare un po' più liberamente.

Che cosa avrebbe fatto Merv se la giovane coppia si fosse liberata?!

Che cosa sarebbe successo se la polizia fosse arrivata


all'improvviso?!

E cosa sarebbe successo se le indagini avessero scoperto anche gli


altri otto uomini che erano stati già mangiati dall'entità?!

Merv Ketter allungò nell'oscurità la propria mano sopra al


comodino, trovò la sua bottiglia di whisky, che era ancora piena a
metà, la prese e ne tracannò avidamente vari copiosi sorsi. Con
quella, si sarebbe probabilmente addormentato e forse anche il suo
stomaco e le sue viscere, avrebbero smesso di contorgersi, davanti
ai pensieri che gli frullavano nella testa e di cui, solo parzialmente
n'aveva il pieno controllo.
__________

Les riuscì a piegare parte delle inferriate in acciaio della


gabbia,facendo uno sforzo terribile, allungò le gambe tenendosi con 18
le mani aggrappato all'altro capo della grata.

Il ragazzo continuò a premere sulla grata, allargò il varco, sino a


quando il giovane finì di piegare le due sbarre, tanto da farci
passare la propria testa e le spalle.

Il giovane s'infilò nel varco e lentamente sgusciò fuori in silenzio


dalla gabbia. Po i aiutò Marian ad uscire, facendole con il dito sulla
bocca, il gesto di far silenzio.

La ragazza era più esile di Les, Marian non ebbe problemi ad uscire
dalal grata, anche se Les l'aiutò a venir fuori rapida.

-Marian, togliti quei maledetti sandali, scappiamo il più veloce


possibile, senza fare rumore!- sussurrò Les all'orecchio di Marian.

La giovane annuì, si tolse i sandali e poi corse bassa ed accucciata,


rapida ed in silenzio, dietro Les.

I due ragazzi erano più in basso delle finestre della casa, che erano
chiuse, c'erano le tende tirate e non si vedevano luci accese
all'interno.

La vecchia Ford T era sempre al suo posto, speriamo che il


benzinaio non l'avesse manomessa!.

Les aprì le portiere e disse a Marian di restare accucciata dietro la


portiera mezza socchiusa, la giovane non doveva entrare in auto
sinchè il motore del veicolo non sarebbe andato in moto. Les cercò
d'avviare l'auto premendo il pulsante di accensione, avendo
abilitato l'aria e la sovra alimentazione del carburatore. Il motorino
di avviamento sibilò un rumore acuto e metallico, il motore
sferragliò e tossì, ma non sembrò voler accendersi.

-Oddio!, perché non vuol partire?!- sussurrò Marian, che era bianca
come una morta, ed aveva messo dentro l'auto i suoi costosi
sandali firmati.

-Non lo so, forse é solo il freddo- sussurrò Les, che non voleva
nemmeno pensare all'idea che il meccanico potesse aver
19
manomesso qualcosa nella vecchia Ford T.

-Les!- disse di nuovo Marian, indicando con la testa la casa, dalla


finestra s'era accesa una luce.

-Oh! Gesù! falla partire!- pensò Les mentre riprovò ad accendere


l'auto, premendo il pulsante di start, mantenendo alzata l'aria della
sovra alimentazione per le partenze a freddo dell'auto.

Il motore tossì incerto, poi d'un tratto finalmente s'accese


mantenendo un regime normale. I due giovani saltarono a bordo e
chiusero le portiere, Les mise la prima marcia, dette una vigorosa
accelerata, mentre il benzinaio s'affacciò alla finestra ed urlò
qualcosa, che il rumore dell'auto ebbe a coprire.

L'auto iniziò a muoversi, aveva il motore freddo e la Ford T non era


un fulmine, ma le ruote iniziarono a muoversi, Les mise la seconda
marcia e premette a fondo tutto l'acceleratore. L'uomo alla finestra
era sparito, forse era andato a prendere un'arma, sarebbe presto
uscito di casa.

-Sbrigati Les!- disse nervosamente Marian.

La Ford T accelerò ed imboccò saltellando lo scassato viottolo


sabbioso e pieno di ciottoli, Les accese le luci anteriori, perché non
voleva finire contro una roccia oppure un cactus, fuori c'era la Luna
piena, ma quel maledetto viottolo era pieno d'insidie.

S'udì all'improvviso un colpo di fucile, ed una pioggia di metallo


ebbe a colpire la carrozzeria posteriore dell'auto, Les guidava a
tavoletta, tenendo ben saldo il volante e guardando dallo
specchietto retrovisore, Marian si voltava nervosamente dietro,
cercando di capire, cos'altro sarebbe potuto succedere.

Un secondo colpo di fucile, anticipò di un attimo l'esplosione del


vetro posteriore della Fort T, mentre saltò contemporaneamente via
anche lo specchietto retrovisore sinistro dell'auto.

I due ragazzi erano reclinat i in avanti, semi accucciat i dietro ai


sedili, cercando di stare il più riparat i possibile, mentre il piede di
20
destro di Les era premuto saldamente a fondo sull'acceleratore. La
vecchia Ford T saltellando sul viottolo scassato era salita di giri, Les
mise la terza marcia, il motore della macchina rugliò, la vecchia
automobile guadagnò ancora più velocità.

-Lui dov'é?! Cos'altro sta facendo?!- chiese urlando Les

-Non lo so!, non lo vedo!- disse Marian che aveva appena alzato la
testa sopra i sedili e guardò indietro, dal grosso buco posteriore
ovale, dove un tempo c'era il lunotto posteriore dell'auto.

-Attento!- urlò all'improvviso Marian.

La vecchia automobile andò a schiantarsi contro il poderoso


cancello di legno che serrava l'uscita del viottolo, i due fari si
scassarono e la macchina s'incastrò tra tre solidi tronchi di legno
che serravano il passaggio, costituendo l'ossatura pesante del
cancello.

Il motore della vecchia Ford T si spense.

Marian prima fu spinta nell'urto verso il cruscotto anteriore, poi


rimbalzò verso il finestrino laterale sinistro. Les picchiò contro il
volante anteriore e rimase per un attimo senza fiato, rimbalzando
sul sedile del guidatore.

-Tesoro! svelta! dobbiamo uscire di quì!- disse Les mentre si toccò


lo sterno e lo stomaco, che erano doloranti.

-Oddio Les, mi gira la testa- disse Marian balbettando, mentre


aveva del sangue che gli colava dalla fronte.
Les uscì dall'auto, fece il giro dell'auto passando da dietro, poi aprì
lo sportello ed afferrò la ragazza, la sorresse, i due fecero qualche
passo ma non andarono oltre il cancello, la ragazza stramazzò a
terra e Les non ebbe la forza di sorreggerla.

Una luce di una torcia illuminò i due giovani, s'udirono i passi rapidi
e pesanti di stivali, poi Les vide una mano che brandiva una pistola
automatica in calibro .45 e la voce disse -Basta!, tornate indietro
adesso!- 21

-Mia moglie é ferita, ha bisogno di un medico! Ha picchiato la testa


contro il finestrino!. Non può metterla dentro una gabbia!- urlò Les

-Ho detto, tornate indietro- disse l'uomo che mosse la pistola,


mimando il gesto di muoversi.

-Mia moglie é a terra, non può camminare!- disse Les

-Prendila in spalla, oppure le sparo così, dov'é!- disse la voce dura


dell'uomo.

Les prese in braccio Marian ed iniziò a camminare verso la casa,


seguendo il misero sentiero scassato, che poco prima aveva
percorso, cercando la fuga. L'uomo lo seguiva a poca distanza,
illuminandolo con una torcia.

-Perché fa questo?! Perché sequestra persone innocenti, per farle


mangiare da quella cosa, che solo Dio sa, cosa diavolo sia!- chiese
Les.

Nessuna risposta venne dall'uomo, che continuò a seguirlo, con i


suoi passi ritmat i e pesanti. [...]

-Per Dio, mia moglie é ferita, non può metterla in una gabbia!.
Prenda me, ma non metta mia moglie in una gabbia!- disse Les.

Il giovane non finì la frase che sentì un ago che gli penetrò le
spalle, poi un forte calore s'irraggiò dalle spalle -Oddio! No!- fece
appena in tempo a dire Les, che poi stramazzò nella sabbia, privo di
sensi, assieme a Marian. Il giovane non s'accorse nemmeno d'aver
toccato terra.
_______

L'essere era un globo calmo, tranquillo e caldo, emanava leggeri


vapori umidi e caldi nella notte, mentre in modo monotono e
regolare l'essere pulsava silenzioso di un colore rosso. L'entità era
comoda ed a suo agio, era felice, in modo grottesco digeriva l'uomo
che aveva mangiato, l'entità se ne starebbe stata ferma per due
giorni, prima che i crampi della fame, ne avrebbero stimolato la sua
brama di carne umana. 22
________

Degli urli isterici lo svegliarono: Les non poteva parlare, non poteva
pensare, non poteva muoversi, a malapena poteva muovere gli
occhi, il suo corpo era pesante come una roccia.

L'uomo nell'altra gabbia urlò, era lui il povero diavolo che stava
urlando come un disperato.

L'uomo nell'altra gabbia aveva appena smaltito la dose di sedativo


che gli era stata propinata, adesso l'uomo urlava e dava di matto,
perché sapeva qual'era la sua sorte. Questo fu il pensiero che
lentamente si formò e poi balenò nella testa di Les, che si sentiva
stordito, come fosse stato un pesce morente.

Il tempo scorreva come fosse stato rallentato, Les sapeva che


prima o poi gli sarebbe capitato qualcosa di orribile, ma i suoi occhi
si muovevano lenti, vedeva sfocato, ma Les era ragionevolmente
certo che nelle gabbie vicino a lui, Marian non c'era.

Marian non c'era, non era nella sua stessa gabbia.

Marian non era nella gabbia dell'uomo che urlava come un pazzo.

Il povero diavolo era nella gabbia vicino a lui, ma Les non capiva
cosa stesse farfugliando l'uomo.

Les mosse gli occhi verso sinistra: Marian non era nella gabbia
accanto alla propria, che era vuota ed aveva delle inferriate
piegate.
Non c'era niente di razionale e di logico, in quello che gli stava
capitando.

Cosa diavolo era quella cosa che aveva visto l'altra notte?!.

Les fece uno sforzo tremendo per muovere la testa, della bava gli
colò dalla bocca, Les cercò di riordinare i pensieri che scorrevano
lenti nella sua testa, ed era maledettamente difficile metterli
insieme, per cercare di capire che stesse accadendo.
23
Se Marian non c'era, Marian dov'era?!

Un pensiero di panico, balenò nella mente di Les.


________________

Marian giaceva drogata dentro la casa, era stata posta sul letto, con
una coperta di lana a patchwork per coprirla. La ragazza respirava
regolarmente, occhi chiusi, era immobile.

Merv Ketter era in piedi nella stanza, osservava la donna in silenz io.

Si sarebbe preso cura della donna, come fosse stata la sua Elsie.
L'altro uomo nella gabbia urlava come un matto, presto sarebbe
andato a sedarlo, era questo l'ultimo giorno di vita dell'uomo, poi
domani l'essere sarebbe tornato a reclamare la sua cena.

La donna distesa sul letto, non rassomigliava per niente alla sua
Elsie, tranne per il fatto che aveva lo stesso colore di capelli: erano
biondi.

Suo marito chiuso là fuori dentro la gabbia, la chiamava Marian:


Marian era un bel nome, la donna aveva anche un bel corpo e delle
belle gambe sode.

Ma che diavolo stava facendo?! Questo era quello si chiese


all'improvviso Merv Ketter. Non c'era nessuna ragione di tenere in
casa la donna, se tra 4 giorni, la donna sarebbe stata il pasto
dell'essere.

-O me o loro- pensò Merv Ketter, che non era proprio convinto che
questo pensiero fosse stato partorito dalla sua mente.
Merv Ketter decise che avrebbe tenuto la donna nel letto, sinché
era sotto l'influsso della droga, poi l'avrebbe rimessa nella gabbia di
ferro, insieme a suo marito. Domani, avrebbe dato in pasto
all'entità, l'altro uomo urlante che se ne stava nella gabbia. [...]

Merv Ketter uscì dalla casa, prese il suo furgoncino ed andò alla sua
stazione di servizio.
____________
24
Merv Ketter girovagava in silenzio come un fantasma, al suo
distributore, che era deserto e sulla statale 66 non transitava
nessuno. I rumori dei passi degli stivali che sgranocchiavano sassi e
polvere, erano l'unico rumore ritmato che scandiva i pensieri di
Merv Ketter.

Non posso lasciarla andare.

E se Marian non fosse stata una donna, ma se lei fosse stata


un'uomo, Merv Ketter non l'avrebbe lasciato andare.

Sulla statale desolata, all'improvviso comparve un rumore, che


anticipò di poco tempo, l'arrivo di un auto: era un commesso
viaggiatore con il proprio veicolo, l'ignaro automobilista fece una
sosta alla stazione di servizio di Ketter.

Merv Ketter controllò l'acqua del radiatore, l'olio del motore, poi
fece il pieno. La mente di Merv Ketter rimuginava intorno al
pensiero di salvare la vita della donna, rimpiazzandola con questo
commesso viaggiatore.

La targa dell'auto era dell'Arizona, lo stesso stato in cui lui abitava.


Ma lui aveva catturato tutti viaggiatori che appartenevano ad altri
stati, così sarebbe stato più difficile rintracciare la loro scomparsa,
la Statale 66 era molto lunga e desolata e passava attraverso molti
altri Stati.

Senza sapere come, Merv Ketter impugnò la sua Colt 45 e la puntò


al vo lto del piccolo uomo, il quale atterrito ed impietrito ebbe solo il
tempo di dire -Che diavolo significa?!-

_________
La notte si alternava al giorno in modo rapido, l'atmosfera di questo
pianeta era spessa e premeva contro il corpo umido e sferico
dell'entità.

Non c'era nutrimento nell'aria, la zona in cui era atterrato in


situazione d'emergenza era arida e secca, calda di giorno e fredda
di notte, il giorno e la notte erano molto rapidi a susseguirsi.

La sua astronave aveva danni irreparabili e non poteva ripart ire,


25
l'unica cosa che poteva continuare a fare era restare in vita e
procurarsi il cibo.

La vegetazione era secca e dura, gli stupidi animali alat i che ogni
tanto volavano sopra di lui e cracchiavano, avevano la carne dura.
Erano tutti penne ed ossa e poco nutrimento, sarebbe servita pià
energia per digerire quelle povere ossa, di quanta energia
avrebbero apportato, assorbendoli.

L'entità allungò un tentacolo e scacciò il vo latile nero che


gracchiava, infastidendolo.

Comparve dopo un po' un secondo animale, era più piccolo, a


quattro zampe, era stupido, il plasma ed il sangue dell'animale
avrebbero reintegrato solo in parte, quello che stare sotto il Sole, in
questo mondo ostile.

Forse su questo ostile pianeta, l'entità non avrebbe vissuto altri


centinaia di anni che avrebbe potuto vivere, se fosse stato altrove.

Un paio di tentacoli s'avvilupparono rapidi sulla testa e corpo del


coyote, ne succhiarono il sangue, l'animale guai,poi stramazzò a
terra morente, finendo rinsecchito e disidratato.
________

Les udì il rumore dei passi del benzinaio, chiuse gli occhi fingendosi
incosciente, Les non si ricordava bene se s'era mosso o se aveva
spostato una mano o qualche gamba e se doveva riprendere la
posizione che aveva quando il benzinaio pazzo era uscito di casa
per andar via. L'unica cosa che Les riuscì a pensare, era che doveva
fingersi in stato d'incoscienza, così il benzinaio pazzo si sarebbe
sentito al sicuro ed avrebbe aperto la gabbia senza troppe
attenzioni, allora Les avrebbe potuto avere un'ultima possibilità. ...]

Il benzinaio non aprì la gabbia di Les, ma quella successiva, vi


scaricò un uomo piccolo e tarchiato che era privo di sensi, poi il
benzinaio se n'andò.

Tra un po' sarebbe calata la sera e la sera avrebbe portato il


mostro, Les mosse un braccio, palpando con le mani ogni
26
centimetro della gabbia di acciaio, nella vana ricerca di trovare una
piccola breccia da allargare o da sfruttare per poter ricavarsi una
speranza di una via di fuga.

L'unica cosa che Les riuscì a pensare, era al tramonto che sarebbe
presto arrivato e con lui, il mostro che avrebbe reclamato il suo
pasto. A chi sarebbe toccato questa volta?!
_________

Marian riguadagnò i sensi e la piena consapevolezza, la donna


aveva smaltito la forte dose di sedativo.

La donna si voltò verso la finestra che era a sinistra, il giorno era


sul termine, il tramonto era in corso, presto sarebbe venuto
l'imbrunire ed il buio, ed anche il terribile mostro.

-Elsie!, sembri proprio la mia Elsie!- disse Merv Ketter che era in
piedi davanti al letto, e guardava Marian.

-Cosa?! dov'é mio marito Les?!- chiese Marian

-E' Morto!, ed io lo odio!. Elsie ti amo, sono sicuro che ti proteggerò


questa volta!- disse Merv Ketter.

-No! non é vero!- disse Marian, che s'accorse che poteva muovere
le gambe, se avesse voluto. Forse la donna avrebbe anche potuto
alzarsi di scatto, ma per il momento, la donna decise di rimanere
dov'era, restando sul letto, sotto la coperta di lana patchwork,
fingendo d'essere intontita ed incapace di muoversi.

-Elsie!, pensi che io abbia voluto tutto questo?! No! io non l'ho
voluto!, Dio sa che io non ho voluto niente, di quello che é
accaduto!- disse istericamente Merv Ketter, che si voltò per andare
in cucina, mentre si teneva le mani tra i capelli.

Marian s'alzò di scatto e corse verso la porta che dava sullo zoo, ma
Merv Ketter la raggiunse e la strinse a se -Elsie, amore mio!,
baciami!, questa volta io ti proteggerò!- i due caranbolarono sullo
stipite della porta chiusa, che era accanto ad un tavolo.

L'uomo s'avvinghiò e s'incollò alle labbra di Marian baciandola,


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mentre la donna con la mano sinistra, cercò disperatamente a
tatto, qualcosa sul tavolo che era alla sua sinistra.

La donna trovò qualcosa di metallo, era pensante, lo afferrò


disperata e lo scagliò con tutte le proprie forze in testa all'uomo, il
quale senza fare un fiato, cadde in terra come un sacco di patate,
facendo un grosso tonfo.

Poi la donna ebbe la freddezza chinarsi, frugò l'uomo nelle tasche


della tuta di jeans, ne estrasse un grosso mazzo di chiavi.

Marian uscì di casa dalla porta centrale, perché quella della camera
da letto che dava direttamente sullo zoo, era chiusa e la donna non
voleva perdere tempo ad aprirla, restando ancora in casa.

Correndo a piedi, Marian cadde scivolando sull'aia sabbiosa e


sassosa, poi si rialzò e corse dietro la casa, dove c'era lo zoo con le
gabbie.

Le prime gabbie erano tutte vuote, ma infine trovò quella in cui


ancora c'era Les, il quale nel frattempo era tornato cosciente.

La donna piangendo, s'inginocchiò davanti alla gabbia del marito, il


mazzo di chiavi era grande e pieno di tantissime chiavi metalliche,
le mani della donna tremarono, le prime tre chiavi che Marian provò
ad inserire nel lucchetto, non entrarono nella serratura.

-Oddio! Les, non mi riesce d'aprire!- disse nel panico, Marian.

-Tesoro, non preoccuparti, prova ancora!- disse Les che intanto, da


dentro la gabbia, si guardava intorno.
Era l'imbrunire, non c’era vento, si sentiva del deserto silenzioso,
dei nefasti rumori di sterpi che si muovevano. [...]

-Oddio! Les, non mi ricordo più quali chiavi ho già provato nel
lucchetto, ci sono tantissime chiavi in questo enorme portachiavi-
disse la donna in lacrime, con le mani tremanti.

-Va bene così!, Marian scappa! scappa da qui, non voltarti indietro!-
urlò Les.
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Marian lo guardò con il volto in lacrime -Oddio Les, non posso
aprire la gabbia, non mi riesce!- [...]

-Scappa per l’amor di Dio!- urlò nuovamente Les – Marian, non


restare quà, scappa sulla statale e vai a chiamare aiuto!-

Marian frignando annuì, ma nel frattempo il lucchetto scattò con un


secco rumore metallico.

La donna incredula, era riuscita finalmente ad azzeccare la chiave


giusta!.

Sorpreso e quasi stordito, per un attimo Les rimase di sasso,


mentre vide che Marian mentre piangeva e rideva, stava aprendo la
porta della gabbia d'acciaio.

Les saltò fuori dalla gabbia, prese per mano Marian, i due giovani
corsero verso il furgone del benzinaio, Les mise in moto, poi diede
gas a piena potenza, il furgoncino partì alzando tanta polvere.

Marian guardò dal finestrino posteriore, ed urlò -Svelto Les!, il


mostro sta volando e viene da questa parte!-

Il furgoncino saltellò violentemente sul viottolo scassato, poi


sgattaiolò veloce, scomparendo dentro una fitta e densa coltre di
polvere, da cui non si poteva vedere niente, non si vedevano
nemmeno le luci di posizione del veicolo.

Les guidò a fari spenti, con il piede a tavoletta, appena rientrato


sulla statale 66, Les avrebbe svoltato a destra, per ritornare
indietro verso Los Angeles, sarebbe andato verso il primo paese, in
cerca di uno sceriffo per raccontare tutto ed avere aiuto.
La strada era buia, ma c'era ancora la Luna piena e si vedeva
abbastanza nitidamente il percorso asfaltato, che Les aveva fatto
appena qualche giorno prima, ma che gli sembrò d'aver percorso
ormai una settimana fà.
_____________

L'entità volò intorno alla casa, in cerchio, gorgogliando e pulsando


luce rossa scura, non c'era nessun cibo da mangiare questa volta.
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Merv Ketter riprese i sensi, si passò la mano sulla fronte sudata,
aveva un forte mal di testa ed il braccio sinistro era dolorante. I
suoi occhi si muovevano nervosi a destra e sinistra, mentre strinse i
denti in un grigno nervoso ed isterico.

All'improvviso s'udì un forte rumore di vetri rotti, Merv Ketter alzò


lo sguardo verso l'alto, poi saltò in piedi e corse all'armadietto delle
sue armi da guerra.

L'entità si muoveva lentamente su e giù sopra le scale, il corpo


sferico molle, umido, pulsante di una luce rossastra, si deformò
lentamente per passare nelle strutture della casa, mentre i suoi
tentacoli, simili a serpente, si mossero nervosamente annusando
l'aria e tastando le scale, il muro, la ringhiera di legno, in bramosa
ricerca di cibo.

Il respiro di Merv Ketter divenne nervoso ed agitato, l'uomo aveva


riconosciuto l'odore ed i rumori che stavano venendo dalla soffitta:
le scale avrebbero condotto l'entità nel centro della casa.

L'entità era entrata in casa, era passata dal solaio, l'essere stava
scendendo le scale, emetteva un sibilo fischiante, simile a quello dei
serpenti. [...]

Mer Ketter prese tutte le sue armi da guerra che erano riposte nello
stipetto di metallo, l'uomo guardò per un attimo la foto di sua
moglie Els ie: la mente di Merv era libera, la sua volontà era piena,
lucida e decisa, l'influenza maligna dell'essere alieno era svanita.

Merv Ketter s'avventò furioso ed urlante, contro l'entità.


Merv Ketter scaricò tutto il caricatore della sua pistola Luger contro
l'essere, poi Merv Ketter lanciò contro l'essere l'arma di metallo,
quindi Merv Ketter imbracciò istantaneamente il suo fucile Mauser e
sparò velocissimo tutti i colpi che aveva nel caricatore.

Merv Ketter mosse deciso e sicuro, l'otturatore del fucile, co me solo


lui sapeva fare, avendolo imparato in guerra. Ogni singolo colpo di
fucile andò a segno: nel grosso bulbo rossastro pulsante, uscirono
liquidi puzzolenti, proteine ed amidi. 30

Poi Merv Ketter s'avventò urlante contro l'essere, affondò il fucile


Mauser con la sua baionetta innestata, centrando l'essere alieno.

L'arma da guerra rimase conficcata dentro l'entitò, che era


diventata rossissima, molliccicosa, puzzolente: uscì copioso
dell'altro liquido puzzolente di un colore schifoso.

Merv Ketter si spostò rapido di lato, evitò il getto putrido e


molliccicoso che era stato sputato dell'animale.

Merv Ketter prese con la mano sinistra da dietro le spalle la granata


anticarro Panzerfaust e l'attivò, tirando la cordicella con la mano
destra.

Poi sempre con la mano destra, Merv Ketter prese la granata che
aveva nel taschino, l'uomo tirò la sicura di metallo con i denti e
s'avventò sull'essere urlando.

-Stupida bestia! adesso t'ucciderò!-

Il corpo dell'ent ità esplose, spappolandosi in vari pezzi, mentre un


torrente di protoplasma fetido, si proiettò a 360 gradi, ovunque
nelle scale e nella casa, poi quello che rimase dell'essere alieno,
cadde rovinosamente in terra, con un tonfo sordo e molliccio.

Ci fu silenzio nella stanza, l'atmosfera stava divorando l'interno


delle molecole dell'entità, i glutini cellulari non riuscirono a
cicatrizzare niente.

L'entità era sventrata in numerose parti, era ormai scoperto il


nucleo interno, che era miseramente diviso in varie parti.
I tentacoli si mossero lenti, sempre più lent i nell'aria, incespicarono
e persero forza: ormai non c'era più niente da fare.

Finalmente l'entità morì, poi si disperse nell'oblio anche tutta la


conoscenza che l'essere aveva introitato, nella digestione degli
esseri umani, che vari giorni prima aveva assimilato.

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