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Interrogazione Letteratura: il 600

Il Barocco
È stato un movimento estetico, ideologico e culturale sorto in
Italia tra la fine del XVI e l'inizio del XVII secolo, e dall'Italia
propagatosi in tutta Europa nel mondo delle arti, della letteratura,
della musica, e in numerosi altri ambiti, fino alla metà del XVIII
secolo.
Il Barocco nasce negli anni della Controriforma, con cui la Chiesa
Cattolica reagisce alle spinte riformatrici della Chiesa Protestante
riaffermando con decisione i suoi dogmi. Ciò influisce
profondamente sull’arte che mira ad esaltare la grandezza di Dio e
della santità, accentuandone la tragicità. Tale grandezza viene
esaltata nelle arti figurative attraverso lo sfarzo, il lusso e la
teatralità delle figure.
In ambito scientifico troviamo Galileo. Il suo ruolo è stato
fondamentale nella rivoluzione astronomica, sostenendo le teorie
copernicane e contribuendo alla diffusione della teoria eliocentrica,
abiurando le proprie idee però perché denunciato dall’inquisizione e
condannato al rogo. Inoltre egli è l’ideatore del metodo scientifico
e perfezionatore del cannocchiale, utilizzandolo per la prima volta
per osservare la volta celeste.
In ambito letterario invece influisce molto il peso della
Controriforma che riduce lo spazio di creatività degli artisti,
imponendo temi e censure. I letterati tendono così a concentrarsi
soprattutto sulla forma dei loro versi, esprimendosi con un
linguaggio molto raffinato, facendo di questo il loro maggior pregio
artistico. Tra gli scrittori si afferma Giovan Battista Marino, poeta e
scrittore napoletano.
Giovan Battista Marino
Nasce a Napoli nel 1569, da un’agiata famiglia borghese. Fin da
giovane Marino frequenta gli ambienti dei nobili letterati. Fu
incarcerato due volte, la prima per sodomia, la seconda per aver
falsificato le bolle vescovili per sottrarre l’amico Marc’Antonio
d’Alessandro alla pena capitale ne esce grazie alla protezione di
potenti signori.
Marino vive nelle maggiori città del centro e del nord Italia come
letterato cortigiano: Roma, Venezia, Ravenna e Torino. Nel 1609
scampa anche un’aggressione quando il poeta Gaspare Murtola
cerca di ucciderlo a causa dell’invidia causata da un onoreficenza
ricevuta da Marino Alla corte del Duca Carlo Emanuele I.
Nel 1615 si trasferisce in Francia e torna a Napoli otto anni dopo,
nel giugno 1623 dove muore nel 1625.
La poetica
Il Barocco nella letteratura si manifesta come ricerca di novità, di
stranezza, di atteggiamenti fuori del comune, sia nel campo delle
parole sia delle immagini, delle idee e dei concetti.
Di qui l’uso di un linguaggio figurato molto spesso artificioso, ricco
di metafore e similitudini impreviste, bizzarre. Marino incarna a
pieno queste caratteristiche. In un suo verso rimasto celebre
proclamava che «è del poeta il fin la meraviglia».
La poetica della meraviglia si fonda su tre elementi essenziali:
l’ingegnosità, il descrizionismo, la musicalità. L’ingegnosità
consiste soprattutto nella ricerca di arguzie, di impensati
accostamenti concettuali, di metafore ardite. Il descrizionismo
consiste nella disposizione a descrivere minutamente ed
esattamente cose e oggetti della natura e in generale del mondo
esterno. La musicalità è intesa come elemento intrinseco e
insostituibile del linguaggio poetico, sia come strumento essenziale
per la registrazione delle voci delle cose descritte sia come motivo
di seduzione e di diletto. Da Marino prese dunque il nome questa
nuova poetica, il «marinismo».
L’ADONE
L’Adone è l’opera più famosa di Gian Battista Marino ed è forse il
poema più rappresentativo della letteratura barocca in Italia.
Complessivamente si tratta di un poema epico formato da più di
40.000 endecasillabi organizzati in ottave.
Nel nostro caso, Adone non è un eroe epico, ma piuttosto una
creatura dedita al godimento delle sensazioni temporanee e
passeggere; inoltre, la storia non tratta di eventi bellici, come
invece accadeva nella tradizione omerica.
La trama riguarda la favola mitologica di Adone e Venere: Venere si
innamora del bellissimo Adone, ma tale sentimento induce la
gelosia del dio Marte, che lo fa assalire da un cinghiale
provocandone ferite mortali. L'esilità della storia costituisce solo un
pretesto.
Lo scopo di Marino è infatti costruire una sorta di enciclopedia di
tutto ciò che è conosciuto, rappresentando l'intero Cosmo
attraverso la parola nel suo continuo movimento. Sono presenti
tutta una serie di narrazioni secondarie e parallele, che
confluiscono in ampie digressioni; esse sono talmente lunghe che
finiscono per far perdere il filo logico della narrazione. A volte la
stessa scena è ripetuta e replicata più volte, attraverso la
variazione, per mettere in luce il virtuosismo del poeta.
È stato anche detto che il vero protagonista dell'opera è il
linguaggio, ricco di metafore e suggestioni, abbandonato con grazia
al concettismo più minuzioso.
Miguel de Cervantes
Nasce nel 1547 ad Alcalà de Henares, da una famiglia modesta.
Dopo un’adolescenza all’insegna delle difficoltà economiche, si
trasferisce in Italia a 22 anni. Gira diverse città, dedicandosi agli
studi, scegliendo però poi la carriera militare, con la quale entra in
contatto con la cultura, appassionandosene. Nel 1571 partecipa alla
battaglia di Lepanto, contro i turchi, e poi ad altre battaglie contro i
Mori, Per poi ritornare in Spagna nel 1575. La nave su cui viaggia
viene però attaccata dai corsari e lui viene fatto prigioniero ad
Algeri, dove rimane per 5 anni. Nel 1580 Miguel torna in Spagna e
sposa Catalina de Salazar, diventando il commissario per la
fornitura di viveri della flotta spagnola. Nel 1586 si trasferisce a
Siviglia ma viene nuovamente imprigionato, essendo accusato di
irregolarità nel suo lavoro, ma dopo essere stato scagionato si
trasferisce a Madrid dove muore nel 1616
Don Chisciotte della Mancia
Il capolavoro di Cervantes è composto da due parti ben distinte.
Nella prima il nobiluomo Alonso Chiasciano viene trascinato alla
follia dalla lettura maniacale dei romanzi cavallereschi: convinto di
essere un cavaliere errante chiamato a difendere i deboli e
riparare le ingiustizie, si dà il nome di Don Chisciotte della Mancia e
parte in sella al suo cavallo Ronzinante. Egli è in cerca di una
dama, Dulcinea De Tobosa, che in realtà è una contadina. Lo
accompagna in qualità di scudiero il fedele contadino Sancio
Panza, ben consapevole della realtà e più interessato agli aspetti
materiali della vita (chiamato così a causa del suo grande ventre).
Egli segue Don Chisciotte perché questi gli ha promesso il governo
di un’isola. Nella seconda parte del romanzo tutti conoscono Don
Chisciotte il quale poi si ammala e torna in sé, riconoscendo la sua
follia: rinnegati quegli stessi valori e rinnegando gli stessi libri
cavallereschi che lo avevano fatto impazzire.
Al tempo di Cervantes i romanzi cavallereschi circolavano
moltissimo e c’era una gran quantità di lettori accaniti proprio come
Don Chisciotte, ma certo non folli come lui. Cervantes parte da
questo grande amore che la sua epoca ha per i romanzi
cavallereschi per mettere in ridicolo i cavalieri e i loro ideali: non
lo fa perché li ritiene sciocchi ma perché capisce che la società, pur
amando tanto queste storie, non ha niente a che vedere con la virtù
dei cavalieri e non c’è più posto nel presente per la letteratura.
L’inutilità degli ideali di Don Chisciotte si vede nel modo in cui tutte
le sue avventure falliscono: parte sicuro, pieno di ideali, ma si
scaglia contro cose di pochissimo conto e ne esce sempre
ridicolizzato.
Don Chisciotte, oltre a simboleggiare gli ideali passati e ormai
insignificanti, rappresenta anche i contrasti che esistono fra realtà e
finzione: per lui il rapporto con la realtà è distorto e filtrato dai
canoni di comportamento della cavalleria. Non riesce a distinguere
quello che è vero da ciò che è letteratura.
Il cavaliere non è però davvero “pazzo”, non si comporta cioè come
qualcuno che ha perso la ragione anzi, si comporta in un modo
impeccabile, segue alla perfezione tutti i dettami del codice
cavalleresco ed è proprio da questo suo rigore, applicato a cause di
poco conto, e in modi che ormai non sono più attuali, che emerge la
sua stranezza e la sua follia.
William Shakespeare
Nasce 1564 a Stratford-upon-Avon da un’agiata famiglia di piccoli
possidenti terrieri. Frequenta forse la scuola pubblica di Stratford.
Dal 1585 al 1592 si hanno poche notizie, si sa però che si trasferì a
Londra per lavorare nel teatro
Nel 1592 scoppia l’epidemia di peste a Londra, costringendo la
chiusura dei teatri e permettendo a Shakespeare di inserirsi
nell’ambiente della Corte e farsi conoscere come poeta.
Nel 1594 si unisce alla compagnia dei Lord Chamberlain’s Men che
fonderà, nel 1599, il Globe, il teatro simbolo dell’epoca
elisabettiana.
Nel 1613 si ritira a Stratford dove morirà nel 1616
Poetica
In Shakespeare l’indagine dell’umanità giunge a toccare una
profondità abissale. Il male e l’oscuro che abitano nell’uomo,
l’aspirazione al potere e il conseguente tumulto delle passioni, il
sacrificio dell’innocenza più assoluta, la cattiveria più infernale, il
dramma, il ridicolo e il grottesco, ma anche il bene, l’amore, le
speranze e le passioni più nobili, tutto, tutto l’informe (o il deforme)
universo umano si ritrova in queste opere rappresentato e narrato.
Questo mondo risulta ambiguo, dai contorni macabri. Ne
deduciamo che comico e tragico sono concetti ambigui in
Shakespeare e che essi siano per la verità legati insieme
indissolubilmente, poiché queste due interpretazioni del reale
gareggiano e si fondono. Non sono che due maschere di una realtà
superiore e sfuggente, così come nei segreti meccanismi cosmici
operano gli uomini, ciascuno con il suo ruolo, obbedendo a una
logica impossibile da definire.
Tutti i personaggi shakespeariani sono costantemente posti di
fronte al Nulla e, nonostante spesso comprendano la vanità delle
loro azioni, cercano di gareggiare con esso.
Amleto
Da secoli l’Amleto continua a stupire ed affascinare i suoi lettori
anche per l'attualità dei temi trattati nei suoi monologhi. Il suo
celebre discorso che inizia con "essere o non essere…", è
probabilmente la pagina più citata della storia della letteratura.
Amleto inizia il suo monologo con le parole “To be, or not to be, that
is the question” Essere, o non essere, questo è il dilemma, e fin
dalle prime battute il discorso del principe sembra raziocinante ma
allo stesso tempo carico di dubbi. Amleto dà vita ad un dibattito
interiore sugli svantaggi e i vantaggi dell'esistenza e sulla
opportunità di togliersi la vita, riferendosi in particolar modo alle
persone scoraggiate dalla stessa esistenza che vivono. Amleto
ritiene che gli svantaggi del vivere superano i vantaggi, ma è anche
conscio che l’atto in sé, il suicidio, è condannato come peccato
mortale dalla chiesa. Il punto cruciale del suo pensiero interiore è
questo: vivere o morire, agire o non agire? Il giovane si strugge
facendosi queste domande, perché non sa se scegliere di agire o
non agire e presenta due posizioni a sostegno: da un lato un
atteggiamento che gli suggerisce di sopportare tutto il male e le
sfortune che gli capitano, e dall’altra la scelta, vista quasi come
salvifica, del suicidio. Il dubbio di Amleto quindi, mentre medita sulla
vita e sulla morte, è tra l'essere (vivi) e il non essere, in quanto la
vita è come una battaglia fatta di pene e supplizi. La morte
rappresenta l’unica salvezza, ma affrontarla comporta coraggio,
perché significa sfidare l’ignoto e le proprie paure. Da qui
l’incertezza: vivere o morire? Agire o tollerare? Uccidersi potrebbe
essere un modo di ottenere il non essere, se non fosse che Amleto
teme le conseguenze del suo gesto, vietato o comunque pieno di
incognite. La chiave dell'intero monologo e dell'agire di Amleto, che
rinuncia al suicidio, si trova in un'altra notissima citazione
dell'Amleto: “life is bad, but death might be worse”: la vita è male,
ma la morte potrebbe essere peggio.

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