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Programmazione e controllo avanzato – Lezione 2

LA NATURA DEI SISTEMI DI CONTROLLO MANAGERIALI

Es.: sistema di controllo – parallelo con sistemi fisici di controllo. Si pensi al caso del termostato che
sente una certa temperatura e aziona/disattiva il riscaldamento.

Ciò che interessa è di parlare del sistema di controllo cibernetico. Le prime tre caselle sono input,
processo e output.
Immaginiamo che ci sia un qualsiasi centro di attività (es produzione) che svolge un certo processo
e ha degli input (materie prime, manodopera diretta, output di altri centri, informazioni, ecc), li
prende e li elabora in un processo e avrà il suo output. Il sistema di controllo si basa su questa idea
e su questi presupposti. Le condizioni per avere un sistema di controllo cibernetico sono:

 Gli output devono essere misurabili. Sembra banale ma se pensiamo al centro di


produzione. Conto i prodotti. Se penso a un centro come la R&D, qual è l’output? L’idea,
l’innovazione. In teoria sì, in pratica misurarlo è una bella sfida; tanto più se abbiamo
annusato che questi output dovranno essere messi in relazione agli input per fare il
controllo di gestione. Se ho il prodotto finito ho degli standard (costi, tempo, materiale) ma
se ho un budget di 100000 € per sviluppare un nuovo materiale posso trovarlo o meno,
può essere o meno commercializzabile. E’ più complesso da misurare.
 Obiettivi di processo: il fatto che misuro un output di per sé non dice nulla. Devo avere uno
standard, un parametro obiettivo con il quale confronto l’output. Confronto la prestazione
con quello che mi aspettavo. Dal confronto tra output e standard ho il
 Modello predittivo del processo: se c’è qualcosa che non va prendo azioni correttive per
andare a cambiare il processo.
o Determinazione delle cause della deviazione: perché c’è stata una deviazione tra la
performance che volevo e quella che ho ottenuto;
o Generazione e valutazione di azioni alternative di correzione: vado a cambiare gli
input.

Es.: problema di un centro di produzione che mi passa un semilavorato che aveva dei
difetti ed ha causato problemi al centro produttivo finale. Capisco qual è la causa dello
scostamento e metto in atto le azioni correttive.

Questi sono gli elementi teorici che devono esistere perché esista un sistema di controllo
cibernetico:

 Rilevatore;
 Rete di comunicazione per andare a parlare con il centro;
 Dispositivo di valutazione: il management;
 Attuatore;

Il controllo di gestione o altre persone nell’organizzazione capiscono qual è stata la causa della
deviazione. La rete di comunicazione è semplicemente il fatto che sono in grado di andare a
parlare con il centro di produzione. E’ un po’ teorico.

Nel nostro contesto è più complesso perché i sistemi non sono così meccanici. Nell’impresa non è
tutto definito (cioè se faccio A ho B).
Lo standard c’è (es es un costo standard per centro di costo in termini di manodopera), è
predeterminato ma non è un numero aureo e può essere modificato se nel corso dell’anno ci
possono essere delle modifiche al processo o altri fattori.

Un delle due cose importanti del controllo di gestione è andare a mettere in atto la strategia
deliberata. Il top management fa la strategia che va implementata. Questa visione è la prima di
colonna: SdC come strumentale all’implementazione della strategia. Ho una strategia deliberata,
ho dei FCS (fattori critici di successo), delle variabili importanti e dato questo c’è il disegno e
gestione del sistema di controllo e avrò dei parametri obiettivo più stringenti, ad esempio, sulla
qualità del prodotto, starò attento al tempo medio di attesa dei clienti al call center perché voglio
essere una azienda che ha una customer care importante. Se voglio avere una azienda low cost,
questa magari non sarà una variabile importante. In realtà c’è un’altra visione che non assume che
data una strategia ci sia un sistema di controllo ma che ci sia un processo interattivo tra i due. Ho
un SdC che mi consente un apprendimento che andrà ad impattare sulla mia strategia futura.
Questi sono i SdC interattivi.

Es.: azienda che produce un prodotto con contenuto tecnologico importante. Il SdC se impostato in
maniera interattiva potrebbe/dovrebbe andare a focalizzare l’attenzione dei membri
dell’organizzazione verso certe variabili (es sviluppo di nuove tecnologie). Incentivando i
responsabili (es R&D) in modo da fare in modo che guardino che succede nel mercato, sviluppare
nuove tecnologie, cosa fanno i nuovi competitor, potrebbe essere che questi vengono da me e mi
riferiscono le nuove tecnologie, le azioni dei competitor e questo comporta anche una modifica
della strategia.

In questo caso non è più una strategia unidirezionale ma è circolare. Questi sistemi indirizzano
l’organizzazione non solo a seguire la strategia ma a focalizzarsi sulle incertezze strategiche (nuove
tecnologie, mutamenti normativi nel mercato).

(Io) Ma il SdC interattivo è comunque figlio di una strategia?


Queste due definizioni potrebbero anche coesistere e potremmo avere dei sistemi che prendono
la strategia, il budget e cerco di metterla in atto. In parallelo ci potrebbe essere un sistema di
incentivi tarato magari su alcune persone chiave che è in ottica interattiva.
99% delle aziende usano il sistema classico, l’altra è una finezza.

Possibile domanda per le imprese: avete sistemi che vanno in queste direzioni per raccogliere
feedback?

Nel corso parliamo di :

Parleremo anche di:


Il controllo manageriale è un’area vasta che ha come confini a NORD la PROGRAMMAZIONE (verso le
strategie) e più a SUD il CONTROLLO (verso il controllo dei compiti). La programmazione è prendere e
analizzare la strategia e metterla giù in maniera più dettagliata perché questa è abbastanza vaga. Ad
esempio la strategia è entrare in un nuovo settore (produco sedie ed entro nel settore dei divani). Andiamo
a livello di dettaglio (pianificazione strategica): come entriamo nel settore? Cominciamo con una nuova
società? Ne acquisiamo una che già produce? Come gestiamo la rete? Sono domande di dettaglio (non un
livello di dettaglio così forte come il budget ma più della strategia generale).
LA CULTURA AZIENDALE

Il nostro scopo è prendere la strategia e trasmetterla all’organizzazione e fare in modo che


l’organizzazione si comporti in modo coerente con la strategia. Il sistema di controllo ha questo
scopo ultimo. Che altri aspetti potrebbero influenzare come le persone si comportano in una
organizzazione? Ad esempio la professionalità, cultura della funzione, grado di accoglimento del
cambiamento, etica (dipende dall’ambiente in cui si lavora), rapporti interpersonali, capacità di
crescita professionale (esempio step di carriera solo per anzianità faccio il salto anche se non sono
in gamba. In questo modo posso premiare anche per merito. Il trade off è che con l’anzianità
riduco la competizione).
Il sistema di controllo è uno dei pezzi del ragionamento per collegare la strategia alle prestazioni.
C’è di mezzo anche la struttura organizzativa (ad esempio le gerarchie, chi prende le decisioni. C’è
coinvolgimento o è altamente gerarchico?), la cultura (valori, atteggiamenti, regole). La cultura è
sia quella personale, quella con cui uno cresce, sia quella creata in azienda nell’organizzazione e
nella singola funzione. La religione è un aspetto importante (ci sono studi su come gli investitori si
muovono. Religioni diverse hanno valori diverse. Ad esempio le religioni monoteiste hanno
comportamenti diversi rispetto a religioni politeiste che hanno un approccio più multidimensionale
rispetto alla realtà). Infine le risorse umane.

Le routine dove vanno inserite in questo schema? Probabilmente sono una conseguenza
sicuramente della cultura ma anche di un po’ di tutto.

Es.: azienda che non gestisce le risorse umane. Anche il fatto di avere una mappa delle
responsabilità in cui si sa che ci sono persone con determinate capacità è importante perché
analizzo le competenze ed è importante anche a livello di motivazione.

Sulla cultura, cultura sono i fattori esterni (zona, paese, regione). Norme di comportamento
desiderabili e condivise dalla società civile di cui l’organizzazione è parte. Etica del lavoro: com’è
visto il lavoro dall’organizzazione. Pensate a tutti i suicidi nella nostra regione a seguito della crisi.
Di solito si parla del Giappone come esempio estremo dove ci sono una serie di comportamenti
importanti: c’è un fenomeno preoccupante per cui quando vanno in pensione si suicidano. E’ un
mondo diverso.
Sulle organizzazioni internazionali se ho uno stabilimento in Italia e altri all’estero, come gestisco
le risorse umane in Italia e all’estero non può essere uguale e il sistema di controllo non può
essere standard.
Ci sono diversi stili di gestione: quello più rigido, formale, aggressivo, conservativo. Diversi AD
hanno diversi stili di gestione. Non ce n’è uno buono sempre ma dipende dal periodo storico in cui
ci si trova. Se l’economia tira e ci sono possibilità di andare in nuovi mercato, uno stile aggressivo
magari è più appropriato di uno conservativo. La testa dell’organizzazione che stile di gestione ha?
Condiziona come l’organizzazione si muove.
Abbiamo fatto una ricerca che mostra come le caratteristiche degli AD cambiano dopo la crisi:
sono più giovani, più esperienza internazionale.

C’è una ricerca del 1980. E’ stato fatto un sondaggio a migliaia di dipendenti della IBM ed è andato
a definire una serie di variabili culturali nelle organizzazioni: distanza dal potere (se il potere è
accentrato o do responsabilità a chi sta sotto). I primi sono Venezuela e Messico mentre in
posizione più bassa ho Austria e Israele. Individualismo vs collettivismo vincono UK e USA. Se fai
soldi vuol dire che sei benedetto dal Signore. E’ una cultura individualista. Avversione
all’incertezza: Giapponesi e Greci al primo posto, più bassa Danimarca e Hong Kong. Mascolinità vs
femminilità: vinciamo noi. Paesi dove la capacità di imporsi è più valutato ai primi posti c’è l’Italia e
agli ultimi posti i paesi nordici.

Tutto ciò per dire che possiamo usare i valore per strutturare il sistema di controllo di gestione. Se
c’è un contesto molto individualista come do gli incentivi? In modo individuale e non faccio lavori
di gruppo e premio tutti. Se c’è poca distanza dal potere posso coinvolgere anche gli altri membri a
partecipare il budget perché ognuno può dire la sua. Se sono in un contesto con alta avversione
all’incertezza, in che modo posso incentivare? Come faccio a sapere se hai dato un contributo?
Meglio evitare valutazioni troppo soggettive. Perché se c’è avoidance of uncertainty, ho incertezza
su come tu mi vai a premiare o no. Un Giapponese deve sapere quanto fatturato deve
raggiungere. I parametri devono essere definiti.
C’è una classificazione poi sulle negoziazioni rapide e lunghe: rapide nel mondo anglosassone e
lunghe in Cina.

Siamo dentro al controllo manageriale e in particolare alla pianificazione strategica e ci sono 3


concetti chiave:

 Formulazione della strategia: identificazione delle strategie di cui l’azienda si vuole dotare.
Può essere intuitiva e informale o più informale. In una azienda nostrana la strategia ce l’ha
in testa l’imprenditore e non ci sono comitati formali.
 Pianificazione strategica: come implemento la strategia? La strategia potrebbe essere fare
un nuovo prodotto. Entrare nel nuovo mercato. Ma come io effettivamente metto in atto
l’intento? Vogliamo aprire il nuovo stabilimento. Dove? Che canali?
 Gli output sono formalizzati nei piani strategici che sono documenti che comprendono
conti economici aggregati (numero di dipendenti, asset) e qualche informazione qualitativa
sulla produzione.

E’ diverso rispetto al budget e le due differenze principali sono:

 Orizzonte temporale: nel budget è 1 anno. Nel piano strategico 5 anni o più.
 Livello di analisi: mentre il piano strategico ragiona per programmi, progetti, lancio di
prodotto, il budget che trasmette gli obiettivi a livello più di dettagli ha come livello di
analisi il centro di responsabilità che ha un parametro obiettivo.

Dal punto di vista organizzativo, questi due momenti di formulazione delle strategie e di
pianificazione strategica sono simili e in alcuni casi sovrapposti. Il confine non è così netto. il fatto
che ho una nuova strategia terrà conto dei risultati che mi aspetto. Ho bisogno anche della
pianificazione strategica per capire i margini, gli investimenti che devo fare. La divisione non è
netta ma bisogna stare attenti a distinguere i due momenti dal punto di vista organizzativo perché
mentre la pianificazione strategica è più burocratica e non innovativa rispetto alla formulazione
delle strategie. Se sovrappongo i momenti e non li tengo distinti, rischio che diventi burocratica
anche la formulazione che dovrebbe essere lasciata a un livello più alto di creatività.
Non è compito del controllo di gestione capire le determinanti della creatività ma non deve essere
un freno per la creatività. Dovrebbe strutturare un modo per raccogliere idee da parte delle
persone dell’organizzazione.

E’ un quadro di riferimento per elaborare il budget. Supponiamo che a budget devo definire un
ammontare per i costi di pubblicità. Avrò bisogno di indicazioni di dettagli che trovo nella
pianificazione strategica. Dove? Che mercati? Che contesti? Taglio da dare. E’ stato deciso nel
piano strategico.
E’ uno strumento per sviluppare capacità manageriali. Questo ha a che fare con la conoscenza dei
manager del processo (caso Coca-Cola litri d’acqua per mezzo litro di Coca Cola). Quando è stata
fatta questa analisi da parte della Coca Cola, saltò fuori che i manager avevano una idea vaga di
come fosse il processo di formazione del loro prodotto. E’ un modo per i manager per non vedere
solo i numeri ma per vedere le caratteristiche tecniche del prodotto.
Quando dicono che il piano strategico viene confezionata dall’ufficio del controller è chiaro che ci
vuole qualcuno che tenga in mano il gioco. Non può esserci decentramento totale. Il controller ha
la responsabilità di portare avanti la pianificazione strategica sentendo le unità organizzative. Lui
non lo deve fare il piano, i contenuti sono dati dalle varie unità. Non ha le competenze per
spingersi molto in là.
I dati numerici: abbiamo numeri nel piano strategico, nel budget, nel sistema di contabilità.
Devono essere coerenti ed è il controller che mette le mani sui numeri. Il controller ha un sistema
di controllo che spesso è standard. Spesso è uno solo o si crea confusione. Non vuol dire però che
lo debba fare il controller.
ANALISI DEI NUOVI PROGRAMMI

Come si fa a capire quali programmi hanno le carte in regola per partire? Si usa il VAN come
differenza tra investimento iniziale e i flussi di cassa attualizzati al costo medio ponderato del
capitale. Se WACC è alto il VAN diminuisce perché i flussi sono scontati maggiormente perché il
progetto è più rischioso. Dal punto di vista teorico i progetti partono con VAN positivo ma ogni
azienda ha la sua procedura e ci deve essere un livello minimo per far partire il progetto.

2) Se i flussi sono così aleatori da essere non ragionevolmente credibili non si usa il VAN. Non
facciamoci ingannare dal fatto che c’è un bel numeretto che sembra che faccia tornare tutto ma la
sostanza è che se i flussi sono molto aleatori il VAN non è il metodo giusto.
3) Il mio obiettivo non è fare soldi perché magari il progetto è per il benessere dei dipendenti
oppure certe volte si accetta una commessa in perdita che razionalmente non deve essere
accettata perché poi il cliente mi prende una commessa sulla quale ho un margine molto buono.

Immaginiamo di essere promotori di un progetto e ho l’interesse che questo sia accettato.


Essendoci asimmetria informativa tra io che calcolo il VAN e chi mi dice i flussi che derivano c’è la
tentazione di fornire stime ottimiste; flussi non credibili. Come faccio io, controller, a sapere che
questi flussi sono veri? Se invece approvo il progetto e non si verificano queste previsioni è un
problema per me azienda. Tu sei contento perché adesso sarai il capoprogetto. Questo è
riconducibile al conflitto di agenzia. Ho due persone con due interessi diversi e asimmetria
informativa. Io non riesco a controllarti. Bisogna capire se ci sono situazioni nelle quali il
promotore del progetto sta barando.
Questo tema lo si ritrova nel budget dove la gente tende a tenersi bassa. Cerco di mettere un
numero basso sul fatturato obiettivo così quando lo raggiungo avrò un incentivo. E’ sempre una
negoziazione impari ed è avvantaggiato chi ha informazioni.

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