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Qual è secondo lei il miglior concerto per trombone del Novecento sia per la scrittura che per il
rapporto con l'orchestra?
Senza dubbio il Motorbyke Concerto di Jan Sandstrom!
Parliamo dello studio del trombone: come studia? Quali sono stati i suoi insegnanti?
Ho studiato e studio come molti fanno: tecnica e pezzi. Oggi più pezzi e meno tecnica. Per quanto riguarda
la seconda domanda deve sapere che probabilmente detengo una sorta di Guinness perché ho studiato con
quindici differenti maestri, persino con basso tubisti. Sven-Erlk Enksson, Peter Gane, Dennis Wick, John
Iveson e Roger Bobo sono stati i più importanti. Per tornare alla prima domanda, i primi tré anni ricordo di
aver macinato studi e metodi come Arban, Schlossberg, Lafosse, Hansen e Coulliaud ma poi ho focalizzato
l'attenzione sul repertorio solista memorizzando per bene ogni pezzo importante che la letteratura
trombonistica concedeva. Ce li ho tutti ancora in testa.
In Italia, ultimamente, la scuola degli ottoni sta crescendo molto: ha avuto modo di constatare
questo cambiamento?
Assolutamente sì! E' meraviglioso vedere cosa sta accadendo in questo momento in Italia, in Spagna e in
Giappone. Stanno venendo su un mucchio di talenti e di ottimi professionisti.
Pensa che la trascrizione sia un mezzo ancora valido per aumentare il repertorio del trombone,
o ritiene questa pratica un po "illecita"?
Penso che la trascrizione sia una cosa fantastica, assolutamente! La cosa più stupida nel mondo della musica
classica è che spesso ti criticano in questo senso e storcono il naso su un fenomeno che è sempre esistito e
che è di vitale importanza. Mozart faceva trascrizioni, Mahler pure, per non mettersi a citare gente come
Bach, Schumann, Berio, Miles Davis e via così. No, grazie al cielo la musica viaggia attraverso i mezzi di cui
dispone, tutti, senza curarsi di ciò che dicono i pedanti.
Qual è il segreto del matrimonio così lungo fra lei e la Bis Record?
La fantastica intelligenza di Robert von Bahr, la sua devozione e la sua passione, il suo perfezionismo, il suo
reale interesse per la musica. E' veramente una delle figure più importanti nell'industria della musica
classica. Ci sono volte in cui mi fa arrabbiare, ovviamente possono sorgere divergenze, e so che qualche
persona si è irritata per la mia cocciutaggine, ma guardando a quello che è riuscito a costruire e al tipo di
energia che ha messo e mette nel suo lavoro, non credo ci sia migliore ambasciatore per la musica
cosiddetta classica di qualità.
Dal punto di vista musicale qual è il risultato o la cosa che la rende maggiormente orgoglioso?
Sono realmente orgoglioso di essere riuscito a rendere reale, effettiva, palpabile la mia visione della musica,
quella che avevo sin dall'inizio. Sarei rimasto delle mie convinzioni anche se fossi stato frainteso. Molte
persone all'inizio hanno deriso in maniera forse un po' troppo snob i miei tentativi di far considerare anche il
trombone uno strumento realmente solista...
Il jazz da questo punto di vista ha offerto sicuramente più chances allo strumento...
Direi proprio di sì. Per questo ho deciso di perseguire le mie idee con tenacia, perché volevo che il mondo
della musica classica si accorgesse delle enormi potenzialità del trombone e credo di avercela fatta. Sono
orgoglioso di aver avuto seguito e credito, il successo è andato oltre ogni più rosea aspettativa, ben oltre i
miei sogni. Ma di ciò devo ringraziare anche chi sin dall'inizio ha creduto in me e nelle mie idee, persone
come appunto Robert von Bahr.
Lei ha debuttato come direttore nell'ottobre del 2000. In che modo è stato spinto verso la
direzione? Possiamo tracciare oggi un piccolo bilancio della sua esperienza direttoriale?
L'orchestra Northern Sinfonia quasi mi ha obbligato a dirigere un concerto. Ai loro primi inviti dapprima
risposi di no, ma l'insistenza dell'orchestra ha avuto il sopravvento. E gli sono grato di questo perché è stato
un successo sorprendente e in tal modo ho scoperto un lato della mia personalità musicale che, con il
tempo, sta uscendo allo scoperto sempre di più. Pensi che la seconda orchestra che ho diretto mi ha
proposto di diventare da subito direttore principale. Nel 2003, tra l'altro, è uscito il mio primo CD nella
triplice veste di solista, direttore e compositore. Ora sono molto orgoglioso di essere il direttore sia della
Nordic Chamber Orchestra sia dello Swedish Wind Ensemble.
Ci sono direttori con cui ha studiato in particolar modo? Ha dei modelli particolari?
Cerco di avere uno stile personale e di lasciarmi influenzare il meno possibile dagli altri. Ogni direttore è solo
con se stesso e credo che possa diventare un gran direttore solo se non imita gli altri o se non si lascia
conquistare da modelli precostituiti. Lo studio va fatto da se stessi sulla musica... Sebbene è indubbio che
durante il tirocinio bisogna essere in grado di assorbire tutti gli stimoli che provengono da chi ne sa più di tè.
In questo senso devo moltissimo, in termini di aiuto, consigli, insegnamenti tecnici a Paavo Jarvi, Gilbert
Varga, Tommy Anderson, James de Preist, Hans Graf, Leif Segerstam e Okko Kamu.
Lei ha dato un grande impulso alla letteratura odierna per trombone. Chi è stato il compositore
più difficile da convincere a scrivere un pezzo per trombone? C'è un compositore che ammira e
che non ha scritto ancora nulla per lei?
Gyórgy Ligeti su tutti! Dovrebbe comporre un pezzo per me, ma è sempre occupatissimo e siccome è un
perfezionista, e ci mette molto tempo per scrivere: generalmente accetta il 5% delle commissioni che riceve.
L'articolo è apparso sul numero 54 della rivista "i Fiati" pubblicato dalla società editrice RIVERBERI SONORI ed è stato inserito in questo sito
dietro gentile autorizzazione dell' Editore e dell'Autore. Tutti i diritti sono riservati. Copyright 2004 RIVERBERI SONORI Per ricevere informazioni
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Trascrizione a cura di Mirko - redazione di **Trombone Italia Magazine** www.iltrombone.it