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CESARE

LA VITA

Gaio Giulio Cesare nacque a Roma il 13 Luglio del 100. Apparteneva alla gens Iulia, una
famiglia del patriziato minore, che aveva, secondo la tradizione, il vanto di discendere da
Iulo, il figlio di Enea e della dea Venere. Tuttavia era solo dalla fine del II secolo che gli Iuli
avevano riacquisto prestigio, dopo anni di decadenza. Per ideale politico, essendo dalla
parte dei populares, rifiuta la prima moglie Cossuria per sposarsi con la populares Cinna.
A causa di questo suo forte ideale, durante la dittatura di Silla, fu costretto ad
abbandonare Roma. Esilio che non durerà a lungo e nel 78 tornò a Roma, dove avrà il
suo esordio come oratore sostenendo le accuse contro il sillano Dolabella. Sin dalla più
tenera età ha avuto un'ottima educazione e istruzione presso Antonio Gnifone, un
grammaticus alessandrino. Le sue capacità oratorie le perfezionerà grazie alla scuola di
Apollonio Molone, che fu anche maestro di Cicerone. Una volta appreso tutto ciò che
poteva, nel 68 inizia il cursus honorum, bruciando le tappe. La sua campagna politica era
chiara, era dalla parte dei populares e avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di ingraziarsi il
popolo, infatti era solito distribuire grano ai bisognosi e organizzare giochi. Divenuto nel
63 pontefice massimo, dovette sostenere le accuse contro Catilina, combattendo a spada
tratta per non giustiziarlo, cosa che si legge nel Bellum Catilinae di Sallustio. Nel 60
stringerà con Pompeo e Crasso, il Triumvirato, 3 vir, uomini. Questo serviva per garantire
a tutti e tre i vir ciò che volevano. Cesare voleva raggiungere i più alti gradi politici e
ottenere prestigio, Pompeo voleva la ratifica sul suo assetto in oriente e dare ai veterani
di guerra delle terre, mentre Crasso era un cavaliere, che voleva agevolazioni per la sua
attività. Inizialmente questo accordo funzionò tutti ottennero quello che spettava, tanto
che a Cesare gli venne affidato il pre-consolato della Gallia dove ci starà per ben 7 anni
dal 58 al 52, e riuscirà a conquistarne tutti i territori. Tuttavia un evento da inizio alla
rottura di questo accordo, ovvero la morte di Crasso che durante la battaglia di Carre
perse la vita. Durante l'assenza di Cesare Pompeo si fa strada nel senato, convincendo
con gli accordi di Lucca, di far continuare per altri due anni il pre-consolato di Cesare in
Gallia, per poi farlo tornare senza armi come cittadino privato. Questo fu fatto anche per
paura che Cesare avesse ottenuto troppo potere in Gallia, e quindi era visto come una
potenziale minaccia. Ma cesare è cesare ignora l'accordo e attraversa il Rubicone in armi
esclamando la celebre frase: "Alea acta est" ed entra a Roma con l'esercito venendo
quindi dichiarato nemico pubblico. A seguito di questo evento ci furono diverse guerre
civili, che si conclusero a Fassalo, in Grecia dove Pompeo fu sconfitto. Pertanto si rifugiò
in Egitto dal re Tolomeo che lo tradì e lo uccise convinto di fare un favore a Cesare. Ma
non fu così Cesare ci rimase male perché voleva avere lui l'onore di uccidere il suo rivale,
quindi depose Tolomeo e mise cleopatra come nuova regina di Egitto. Tornò poi a Roma
e continuò il suo incarico, facendosi nominare dittatore, ma a differenza di Silla fu più
clemente e mantenne la sua posizione come populares. Ma comunque verrà assassinato
da bruto e cassio, i Cesaricidi, esclamando la celebre frase:" Tu quoque, Brute, fili mi!"
Degli uccisori di Cesare Dante ne parlerà nel 33 canto dell'inferno, quindi posti nella
Caina, dove sono collocati i Traditori e dirà: "De li altri due c’ hanno il capo di sotto, quel
che pende dal nero ceffo è Bruto: vedi come si storce, e non fa motto! e l’altro è Cassio,
che par sì membruto." Con la morte di Cesare cesserà la Repubblica ed entrerà in vigore
la monarchia.

LE OPERE

Le opere più importanti di questo grande personaggio Romano sono i commentari de


bello gallico ed i commentari de bello civili. Ma scrisse anche altre opere minori di
oratoria e di grammatica.

Queste due opere principali sono appunto dei commentari, questa parola ha vari
significati. Secondo la tradizione con commentari si fa riferimento ad appunti, schizzi,
una sorta di bozze, che servivano poi per poterci lavorare e modificarli. Altro significato
indica gli atti che venivano redatti dai magistrati, che registravano gli eventi più
importanti e significativi della loro carriera. Ma quello che ci interessa come significato e
quello di età repubblicana, dove si identificavano sotto questo nome, degli atti, delle
memorie che gli uomini politici raccoglievano per ricordare le tappe più importanti della
loro vita. Infatti i commentari di Cesare possono essere considerati delle memorie, vicine
al carattere storico, ma non sono esattamente opere Storiografiche, nell'antichità infatti
un libro di storia era composto secondo dei parametri dell'opus oratorium maxime di
Cicerone, da Cesare non rispettate. Infatti non c'era un proemio tipico del genere
storiografico, la presenza di un discorso diretto, non erano presenti dei giudizi di natura
filosofica sulla fortuna e sulla virtù. Ma non sono nemmeno degli appunti sparsi, perché
sono disposti secondo un ordine definito. Sono piuttosto dei fatti che ricordano le
imprese di Cesare. Come se avesse voluto fare una sorta di raccolta di ciò che faceva in
Gallia, e del come sono andati i fatti durante la guerra civile. Il problema maggiore che gli
studiosi si sono posti dei commentari è la veridicità delle vicende. Perché Cesare è il
protagonista delle opere, per tanto avrebbe potuto alterare i fatti per mettersi in luce.
Essendo quindi narratore e protagonista. Ma dalle fonti che abbiamo anche di altri
autori possiamo dire che Cesare non ha alterato i fatti in maniera clamorosa. Non c'è una
falsificazione dei dati e degli eventi. Anche se presenta sé stesso mettendosi in risalto sul
suo ruolo di comandante e sulle sue vittorie, ma comunque non modifica
sostanzialmente la realtà. Quindi anche le sconfitte vengono narrate, anche se in modo
più velato. In oltre Cesare per rendere tutto più plausibile, parla di sé in 3 persona.

Il De bello gallico è un'opera in prosa in 7 libri, un ottavo libro è stato aggiunto


posteriormente da un luogotenente Aulo Irzio. Questi commentali contengono tutte le
azioni militari che Cesare compie in Gallia, dal 58 al 52, Quindi è un libro per ogni anno.
La guerra in Gallia è nata dallo scontro contro gli elvezzi, che stavano occupando territori
Romani. Da qui partiranno una serie di campagne militari contri i britagni ed i Germani.
Con la sconfitta di Vercingetorige e la presa di Alesia, la roccaforte dei galli, Roma vince
la guerra e da qui si avrà poi l'assoggettamento di tutta la Gallia a Roma. Quindi un
argomento che a Roma piaceva, non aveva bisogno di alcuna giustificazione, perché era
una guerra per Roma "giusta", I fatti sono andati a suo favore e quindi non falsifica per
nulla la realtà, tantomeno doveva giustificarsi di qualcosa. Nel presentare la sua opera ci
parla inoltre degli usi e costumi dei galli, fa degli excursus per descrivere i luoghi che
occupano, le usanze, i costumi, le tradizioni, la religione, la politica, la potenza bellica.
Questi excursus sono molto importanti perché di questa civiltà, a causa
dell'assoggettamento Romano, si perde traccia delle loro tradizioni originali. Ricordiamo
la scusa con cui i Romani si nascondevano dietro alle loro conquiste dicendo che
andavano a "civilizzare". Inoltre La storia come ben sappiamo è scritta dai vincitori e non
dai vinti. Per tanto è raro trovare riferimenti dal punto di vista del nemico. Ma Cesare è
innovativo anche sotto questo aspetto. Infatti con il discorso di Critoniano Cesare ci dà il
punto di vista dei vinti, dei popoli della Gallia. Questo è l'unico discorso diretto di tutta
l'opera dove Critoniano, incita i galli a resistere contro il nemico e se necessario per la
vittoria di fare come i lori avi, ricorrere al cannibalismo. Per questa sua incredibile
freddezza e crudeltà, Cesare decide di mettere questo discorso nel VII libro

Il De bello Civili racconta i 2 anni dal 49 al 48 dei fatti della guerra civile, partendo
dall'ultimatum di cesare di entrare a Roma senza armi, fino alla disputa di Tolomeo e
Cleopatra. Qui Cesare, a differenza del De bello Gallico si deve difendere dalle accuse per
aver scatenato una guerra civile. Dove abitanti della stessa città si sono dovuti schierare
uno contro l'altro. Cesare fa una sorta di autodifesa sul cosa lo ha spinto a tanto e del
come la colpa non si sua ma del senato. Sottolineando il giusto cittadino che è sempre
stato, la sua clemenza con tutti, nemici o amici che siano. Del come avrebbe voluto fare
pace con gli avversari, di voler porre fini a questa guerra, ma gli avversari hanno respinto
ogni suo tentativo di concilio. Cesare dice che non voleva fare una rivoluzione totale e
mettere a soqquadro l'ordine sociale, ma voleva portare un cambiamento moderato,
permettendo a tutti di vivere in modo quantomeno dignitoso.

LA STORIA PER CESARE

La storia per Cesare non è un disegno divino, ma è determinata esclusivamente


dall'uomo, la fortuna dice che si esiste interviene in alcuni casi, ma è l'uomo che faber
fortunae suae. Infatti come Tucilide va a ricercare le cause degli eventi, perché nulla è
avvenuto per caso, c'è sempre una causa ed un effetto. Quindi anche Cesare non si limita
a raccontare i fatti ma a ricercarne l'origine, il causas belli.

LO STILE

Lo stile dei commentari è uno stile sobrio, misurato, asciutto, si raccontano i fatti in
modo essenziale, ricorrendo alla brevitas, con una sintassi semplice, un periodo
organizzato, e uno stile medio. Infatti i commentari furono definiti da Cicerone, nudi,
recti et venusti. Cioè uno stile scabro essenziale, conciso, e organizzato in maniera logica.
Infatti Cesare fa ampio ricorso di ablativi assoluti e participi così da esprimere un
discorso in maniera sintetica. Prevale inoltre il discorso indiretto per dare un ritmo più
veloce al pensiero. Infatti dobbiamo ricordare che Cesare è sostenitore e seguace
dell'atticismo, stile caratterizzato dalla stringatezza, dalla concisione, quindi un tipo di
scrittura senza ornamenti retorici. Questo stile si contrapponeva all'asianesimo stile
ricco, ampolloso, barocco, pieno di retorica, con periodi ampi. Queste all'epoca erano tra
l'altro le due scuole di stile. Ed inoltre era anche sostenitori dell'analogia, di uno stile
regolare, che diceva che nella lingua devono essere tolti tutti quei termini irregolari,
togliere le eccezioni. Era quindi un Atticista e un analogico, amante di una lingua
semplice ed essenziale.

SALLUSTIO

VITA

Di Sallustio abbiamo poche informazioni biografiche, e quelle che abbiamo risultano


essere dubbie e poco attendibili. Sappiamo per certo che fu un homo novus quindi che
prima di lui nessun membro della sua famiglia ha partecipato alla vita politica. Nacque
ad Amiterno, un paesino vicino l'aquila nell'86, quindi siamo in età Cesariana e periodo
della crisi della repubblica e proprio con Cesare avrà degli ottimi rapporti. Viene da una
famiglia plebea ma benestante, e ciò gli permette di entrare a stretto contatto con grandi
personaggi di Roma, tra cui per l’appunto Cesare, che lo sostenne nella carriera politica,
e in alcune sue scelte della sua vita. A Roma infatti intraprese il cursus honorum, e si
schierò dalla parte dei populares, opponendosi agli optimates, e proprio per questo,
venne allontanato dal senato perché accusato di essere una persona poco retta di
costumi, una scusa insomma, La vera ragione era perché aveva intraprese una violenta
campagna militare contro Milone, che aveva ucciso Clodio un populares, e così facendo
si mise anche contro Cicerone. Grazie però all'amicizia con Cesare tornò nel senato.
Casare che diede incarichi a Sallustio, incarichi militari, gli diede il governo dell'africa
nova, lo portò con sé in guerra, insomma gli spianò la strada. Durante il governo
nell'africa nova si distinse per le sue capacità amministrative, ma ne approfittò anche per
arricchirsi. Infatti quando tornò a Roma comprò una villa, e si dedicò ai suoi horti
sallustiani. Per questo suo cattivo governo della provincia, venne accusato di
concussione, ma Cesare lo salvò dal processo. Tuttavia alla sua morte nell'84, Sallustio si
allontanò definitivamente dalla politica e si dedica all'attività di storiografo. Si ritirò nella
villa dove morì nel 35.

LE OPERE

Come tutti i Romani Sallustio riteneva fondamentale il negotiom e non l'otium. Quindi il
partecipare alla vita politica della città. Quando si ritira nella villa, e si dedica alla
storeografia, ribadisce l'importanza del suo ruolo di storeografo, poiché voleva
dimostrare che continuava a fare qualcosa che fosse utile. Quindi scrive 2 storiografie, il
bello iugurthinum, e il Bellum Catilinae.

Queste opere sono due monografie, trattano un solo argomento. Rispettivamente la


guerra contro Giugurta e la congiura di Catilina. Novità fino al quel momento, perché
prima venivano trattati gli avvenimenti giorno per giorno, Sallustio tratta di una sola
vicenda ma esemplare, molto significativa, che mettono in mostra il livello di degrado e
di corruzione di Roma.

Il bellum Catilinae fu scritto fra il 43 e il 41 proprio gli anni successivi alla morte di
Cesare ed è l’opera che porterà l’esordio di Sallustio come storeografo. L’opera è divisa in
capitoli e presenta inizialmente un proemio. Dove fa una distinzione tra anima e corpo,
dicendo che il corpo rende l'uomo simile agli animali, che lo tiene legato a degli istinti,
però l'anima lo fa distinguere da questi, anima che deve praticare delle attività per
migliorarsi, come quella politica, ma se questa viene meno ci si può dedicare ad altre
attività sempre produttive. Come la storia, perché racconta le cause degli eventi, e da un
modello di comportamento mediante le virtù passate.

Dopo il proemio troviamo il ritratto di Catilina, protagonista del racconto, è descritto


come personaggio nato da una nobile famiglia, di grande forza d'animo ma portato
dentro di sé del male, della corruzione. Quindi Sallustio da una parte ammira la sua
figura, la sua forza, forza che però viene usata per scopi negativi, infatti vuole rovesciare
lo stato ed impadronirsi del potere. La sua è una figura statica che dall'inizio alla fine
rimane corrotta.

Dopo la descrizione, troviamo un excursus sul passato di Roma, la così detta archeologia,
che ritrae il passato di Roma prima della congiura di Catilina, e mostra i costumi e le virtù
del passato, contrapponendoli alla situazione del presente. Identificando l’inizio della
corruzione di Roma nel periodo della 3 guerra Punica. Roma ormai non aveva più paura
del nemico e si aprono le porte a nuove tradizioni ed usanza dall'oriente. Corruzione che
culmina con la dittatura di Silla. Appare chiaro che quella di Sallustio è una visiona della
corruzione su base moralistica e pessimistica, che indica la causa del declino di Roma
nella corruzione dei costumi.

Dopo questo excursus può incominciare il racconto. A Roma Catilina che non riesce a
salire al governo perché venne eletto Cicerone, decide di ingraziarsi più persone possibili
e farsi dei fedeli seguaci per preparare una congiura. Ma Catilina aveva già preso parte
ad una congiura, che Sallustio tramite un flashback ci illustra, congiura che però falli,
consisteva nell’uccidere di due consoli, ma dopo diversa posticipazione nulla fu attuato.
Poi si torna al presente dove Catilina svela il suo piano, tuttavia uno dei presenti, Curio,
svela il complotto alla sua amante, che ne fa diffondere in giro la voce. Inoltre Cicerone
viene a sapere in tempo della congiura, e Cicerone in senato, davanti a tutti lo attacca
accusandolo di Attentare alla repubblica. Per questo Catilina scappa e si reca
nell’accampamento di Manlio, dove si prepara per la guerra.
Poi abbiamo un secondo excursus sulla politica di Roma, e critica gli optimates ed i
populares, che hanno un interesse solo per sé stessi e non per lo stato.

Poi riprende il racconto. Dove a Roma essendo rimasti dei seguaci di Catilina, viene
deciso di giustiziarli, l'unico che non approvava era Cesare, che non voleva la pena di
morte, ma privarli dei beni e mandarli in esilio. Tuttavia Cesare, dopo un raffinato ed
ambiguo discorso perse la causa soprattutto per via dell’intervento di Catone fermo e
impassibile nelle sue decisioni, e si votò per giustiziare i traditori.

E qui abbiamo il terzo ed ultimo excursus dove parla della virtus di cui dispongono solo
pochi uomini a Roma, e mette in risalto le figure di Catone e Cesare che hanno un ruolo
più rilevante rispetto a Cicerone, che non pronuncia nemmeno un dialogo, e queste due
figure simboleggiano le posizioni a Roma. Catone optimates che vuole uccidere i
congiurati, e Cesare populares che vuole risparmiarli. Facendo anche un confronto tra i
due personaggi. Del primo mette in evidenza, l'integrità morale della sua persona,
mentre di Cesare la sua grandezza d'animo e clemenza. Sallustio Cicerone non ha un
ruolo importante, ma quasi secondario rispetto alla storeografia tradizionale.

Frattanto la guerra va avanti e si sposta in Etruria finché Il 5 gennaio del 62 a.C. Catilina
e i suoi fedelissimi vengono intercettati dall'esercito romano comandato dal generale
Marco Petreio nei pressi dell'odierna Pistoia e dopo una sanguinosa battaglia muore e
Sallustio ci dice che Catilina fu ritrovato ancora vivo sul campo di battaglia, anche se
ferito mortalmente insieme ai suoi 20'000 soldati, ed i suoi resti vennero gettati in un
fiume, mentre la testa venne riportata a Roma da Antonio, uno dei congiurati di Catilina
che si era finto malato per non combattere contro il suo superiore e soprattutto per non
rischiare che quest'ultimo ne rivelasse la partecipazione alla congiura. Così termina
l’opera il cui intento è far vedere le cause delle azioni di Catilina, e le conseguenze della
crisi di Roma.
MODELLO DI RIFERIMENTO

Il modello a cui guarda Sallustio è Tucilide, che ricordiamo va ad analizzare il passato per
giudicare il presente, infatti anche Sallustio fa degli excursus sul passato per poi arrivare
al presente, ed inoltre indaga sulle cause. È anche presente l'uso dei discorsi, del
prologo. Queste cose fanno avvicinare lo stile di Sallustio alla vera storeografia.
Cercando di essere più tosto obbiettivo, ma essendo un populares, parteggia per la sua
parte. Anche se la sua visione moralistica condiziona la sua visione della storia, perché
riconduce tutti gli avvenimenti alla corruzione del moribus.

BELLUM IUGURTHINUM

Finito di dedicarsi al Bellum Catilinae, Sallustio decise di raccontare un altro episodio


storico, la guerra di Roma contro Giugurta usurpatore del regno di Numidia, e da qui il
nome Il Bellum Iugurthinum, questa guerra è precedente alla congiura di Catilina si
svolge infatti dal 112 al 105. Anche in quest'opera abbiamo i ritratti dei personaggi che i
discorsi. I protagonisti sono Giugurta, Mario principalmente. Giugurta è un personaggio
dinamico, perché inizialmente è un personaggio positivo, uno giovane forte, intelligente
e dalla parte dei Romani. Sarà alla morte dello zio e con lo scontro con i cugini per la
successione al trono che cambierà. Questo percorso negativo è stato anche influenzato
dal contatto con alcuni aristocratici Romani. E Mario, homo novus, che raggiunge il
consolato bruciando le tappe, e che afferma in uno dei suoi discorsi che la nobiltà non è
fatta di sangue, ma dal valore, dalla virtus, quindi anche i non nobili possono acquisire
ruoli importanti. Tuttavia Sallustio di Mario condanna la sua riforma dell'esercito, ovvero
che anche i nullatenenti potessero far parte dell'esercito. Perché ci si poteva arruolare
per interessi e non per vocazione.

L’opera si apre con il proemio, dove Sallustio ci parla della virtù, come mezzo più potente
di ogni altra cosa. Ed inoltre ribadisce nuovamente l’importanza della storeografia, anche
perché è il modo migliore di servire la repubblica dato che ormai la politica è totalmente
corrotta.
Detto ciò ci espone le motivazioni che lo hanno portato alla composizione di questa
opera che alla fine consiste tutta in un brillante atto d’accusa verso l’aristocrazia romana.
La guerra, infatti, era in realtà un gigantesco caso politico, un caso che segnò il ritorno
dei populares all’iniziativa politica e che trasformò radicalmente l’equilibrio istituzionale
romano. Ma quali sono gli antefatti della guerra?

Il causas belli risale alla seconda guerra punica dove Roma aveva stretto con Massinissa,
re dei Numidi, un'alleanza. Alla sua morte salì al trono Micipsa, e fino a questo punto
sembrava scorrere tutto per il meglio. Quando alla sua morte scoppio un conflitto
interno per la successione dinastica tra Giugurta ed i suo ed i suoi due cugini. Dove ebbe
la meglio Giugurta che usurpò il trono della Numidia. Per questo Roma mandò degli
Aristocratici contro di lui.

E qui abbiamo il primo excursus geo-etnografico, dove Sallustio ci dà notizie sull’Africa


dalla geografia alla storia dei popoli fino alla situazione politica.

Riprende la narrazione ed una delle prime cose che avvengono quando Roma manda gli
Aristocratici e che nessuno di questi riusciva a sconfiggere Giugurta, non per la sua forza
bellica, ma perché questo tramite ricchi compensi corrompeva gli Aristocratici.

E qui abbiamo il secondo Excursus sulla situazione politica di Roma negli anni successivi
ai Gracchi, periodo di forte disordine e scompiglio, soprattutto di mal contento della
plebe. E Sallustio individua la causa di tutto ciò nella caduta del metus hostilis dopo la
caduta di Cartagine, questo perché quando i Romani non ebbero più paura del nemico
non si sentono uniti contro un nemico comune e da qui scaturì questo scisma, questa
discordia interna tra partiti.

Finito questo excursus riprende la narrazione dove ci viene presentata la figura di Mario
homo novus, che accompagna Metello, generale esponente della classe degli optimi, che
riesce a conquistare il presidio di vaga ed a organizzare una congiura contro Giugurta
tramite il suo migliore amico Bolmicare, ma la congiura fallì. Metello viene descritto
come un grande generale che riesce in poco tempo a riformare l’esercito, ma
estremamente superbo e vanitoso, tanto che Mario stando a contatto con lui accresce la
sua ostilità verso gli optimates.

A questo punto abbiamo il 3 excursus su Leptis città della Libia, facendo una descrizione
sulla geografia e sulla sua popolazione. Qui Sallustio approfitta anche per parlare dei
fratelli Fileni. Chi erano i Fratelli Fileni? Ebbene durante l'espansione di Cartagine nelle
Sirti ci fu un disaccordo con gli abitanti di Cirene, di origine greca, sui confini dei due
stati, essendo la regione sabbiosa e con pochi punti di riferimento. Invece di
intraprendere un conflitto armato, si convenne di risolvere la questione organizzando
una competizione di corsa: sarebbero stati posti i confini là dove i campioni delle città-
stato, partendo dalle rispettive città nel medesimo istante, si fossero incontrati lungo la
costa. I campioni cartaginesi si chiamavano Fileni e quando incrociarono gli avversari
cirenaici, molto più vicino a Cirene che a Cartagine, furono accusati di essere partiti in
anticipo e così di aver violato gli accordi stabiliti. Per dare testimonianza della loro buona
fede, i due Cartaginesi si dissero disposti ad esser sepolti immediatamente sul confine.
Più tardi i loro concittadini eressero sul posto due altari loro dedicati in una località che
dà loro prese nome Arae Philaenorum, cioè altari dei Fileni.

Riprende la narrazione che si volge alla conclusione grazie a Mario che riuscì a battere
Giugurta perché homo novus di parte popolare, quindi era incorruttibile e riuscì a
sconfiggere Giugurta grazie all’aiuto di Silla che face passare dalla sua parte uno dei più
fedeli amici di Giugurta, Bocco, ed insieme gli tesero un aguato e lo consegnarono a
Mario. Ciò che vuole fare evincere Sallustio con questa vicenda è la facile corruttibilità
della classe nobiliare, e la superiorità di quella dei populares.

LE HISTORIE
Finite le due monografie, Sallustio non è soddisfatto, sente che può dare ancora il suo
contributo alla res pubblica, ed infatti si dedica ad una nuova opera di impianto non più
monografico ma annalistico, quindi molto fedele al genere di Tucilide e della sua
storeografia. Le Historie narrano in 5 libri anno per anno gli avvenimenti posteri alla
morte di Silla. Di quest’opera ci restano poco meno di 500 frammenti, ci sono pervenute
per intero quattro discorsi e due lettere. Nel particolare abbiamo frammenti del
proemio, alcuni di carattere geo-etnografico, ma la maggior parte sono di interesse
linguistico. L’operazione che Sallustio compie è quella di andare ad indagare le cause che
hanno portano alla corruzione di Roma in modo molto approfondito sotto però un punto
di vista estremamente pessimistico. L’opera infatti si apriva con un excursus sulle origini
di Roma, e ciò che nota Sallustio e che e cause della corruzione di Roma sono ataviche,
ed era già partita dalla lotta tra patrizi e plebei. L’unico momento che individua di
correttezza e quello che va tra la seconda e la terza guerra punica, per poi cadere nel
baratro come già detto secondo la teoria del metus hostilis. Critica la nobiltà ed alcuni
personaggi in particolare, come Pompeo che viene descritto come un uomo ambizioso,
vanitoso e ipocrita. Mentre elogia la parte democratica come il tribuno Licinio Macro,
che lo reputa equilibrato e sicuro delle sue azioni. Ma ha un occhio di riguardo per
Sertorio che voleva fondare uno stato Romano basato sulla pax e sulla libertas. Fra i
documenti che ci sono pervenuti il più interessante è la lettera di Mitridate re del Ponto,
ad Arsace, re dei Parti per allearsi contro Roma. E mette in evidenza come tutte le lotte
che i Romani facciano sono dettate dalla loro sete di dominio, di ricchezza e di
impossessarsi dei territori nemici, quindi la politica imperialistica di Roma, vista dal
punto di vista dei nemici di Roma. E questo accentua il pessimismo e la visione
moralistica di Sallustio che arriva a dire la corruzione parte dalla stessa fondazione di
Roma.

LO STILE

Lo stile di Sallustio è definito Abruptum Sermonis genus uno stile spezzato, non fluido.
Infatti è caratterizzato dalla brevitas e dalla varatio. Quindi dire un concetto in poche
parole, e cambiare struttura delle parole, quindi uno stile che è tutto l’opposto da quello
semplice e lineare di Cesare che anzi era un atticista e analogico, amante di una lingua
essenziale e semplice. Forse utilizza questo stile anche per sottolineare la sua
inquietudine per la situazione politica Romana. C'è infatti una forte presenza di infiniti
narrativi, presenti storici, ellissi, antitesi, verbi servili, congiunzioni e di arcaismi.

LUCREZIO

Scrive in versi, la scelta della poesia per comporre un opera che non sia legata alla realtà.
Infatti Lucrezio nella sua opera illustra la filosofia epicurea.

Di Lucrezio abbiamo poche notizie, un padre della chiesa San Girolamo dà una serie di
dati, e secondo lui è nato nel 94 ma alcuni dicono il 98. E muore nel 55 a.c. Alcuni
ritengono sia di origine campana perchè ci sono molte scuole epicuree, essendo lui
epicureo, ed inoltre nel rerum natura troviamo un Elogio a Venere, perchè a Pompei
c'era una statua di Venere. Si dice sia morto per un filto d'amore. Però dobbiamo
ricordare che San Girolamo è un padre della chiesa e quindi provava ostilità verso
lucrezio che era Epicureo.

Lucrezio scrive un Poema in esametri didascalico, il De Rerum Natura. La scrive perchè


vuole far conoscere ai Romani la cultura Epicurea. Infatti l'opera è dedicata a Mennio, un
optimates perchè così facendo essendo un alto esponente si rivolge a tutti gli optimi. E'
un poema didascalico proprio perchè insegna l'epicureismo, che può portare l'uomo alla
felicità, poichè questa filosofia spiegando scientificamente tutti gli avvenimenti non
deve più temere nulla. Quindi 1 bisogna liberarsi dalla paura della morte, quando la
morte arriva noi non ci siamo, poichè nel momento in cui moriamo gli atomi che ci
compongono si sono dissolti 2 non bisogna temere gli dei poichè vivomo
nell'intermundia e non pensano agli dei 3 bisogna raggiungere il piacere, per avere la
felicità, e consiste nel soddisfacimento dei piaceri primari e naturali, evitando le passioni
che turbano l'animo ed il dolore fisico. Epicuro scriveva in proma ma Lucrezio in versi,
una contraddizione poichè epicuro accusava la poesia perchè non diceva il vero. Questa
contradizione è spiegabile perchè forse Lucrezio vuole rendere questa materia più
leggere e gradita, in modo che i Romani possano avvicinarsi più facilmente alla Filosofia.
Il primo a scrivere un poema didascalico è stato esiodo, e poi è stato ripreso nel mondo
Romano. Lucrezio si rifà anche ad Empedocle, che scrive un poema sulla natura, come lui
si definiva vate. L'opera scritta in 6 libri vanno in coppia a due a due. fisica, filosofia,
cosmologia. Secondo loro tutto è costituito da Atomi e dall'agregazione e disgregazione
di questi si crea tutto. Clinamen . L'uomo è formato da Atomi, distinguendo L'animus
rapresenta la mente e la ragione e l'anima il principio vitale che da vita al corpo. E parla
anche dalla conoscenza che sono effluvi di Atomi che colpiscono i nostri senzi e quindi ci
producono senzazioni ed emozioni. Fa la storia dell'umanità, l'universo si è creato
casualmente, l'uomo è nato casualmente non è stato creato tutto per lui e tutto non è
stato creato da nessuno. Inoltre analizza i fenomi naturali sotto chiave scientifica, perchè
voleva liberare gli uomini dalle paure e dagli dei.

I libri dispari si aprono con un proemio contenente l'elogio ad epicuro, quelli pari si
chiudono in modo negativo. Il secondo libro si conclude con la morte, il quarto con la
descrizione degli effetti negativi a cui porta l'amore, condannato perchè una passione
che fa perdere la ragione. Il 6 si conclude con la peste ad atene.

Alcuni studiosi ritengono che l'opera sia incompiuta perchè ci dove essere una fine
diversa con un immagine positiva come una rinkcomposition. Inoltre nel 5 libro Lucrezio
dice che avrebbe parlato della sede dei beati, di cui nell'opera non c'è traccia. Però
Epicuro è un filosofo ed è più ottimista avendo a che elaborato la sua teoria filosofica,
mentre Lucrezio no è solo un seguace e si rende conto che nella vita ci sono molte
sofferenze e il raggiungimento della felicità e davvero difficile. E questo potrebbe
spiegare il finale negativo. Altra motivazione del suo pessimismo è il periodo dove vive
Lucrezio, un periodo buio e greve. Un altra contradizione è l'inno alla dea venere, forse
lo fa solo per un topos letterario, ma questa venere non è presentata in modo tradizione
ma come simbolo della natura, della fertilità e della voluptas Epicurea. Un altra
motivazione è perchè venere è la divinità protetrice della famiglia di Mennio, e quindi
sarebbe un omaggio alla sua famiglia. L'elogio ad Epicuro è fatto perchè lui è considerato
il salvatore dell'umanità, che l'ha salvata dalla religio, dalla paura degli dei e dai sacrifici.

Nel 5 libro parla della storia dell'umanità, e parla anche della sua evoluzione. Dice che il
suo percorso è costantemente in evoluzione. Però proprio questo progresso ha portato
dei lati negativi, come la brama di potere, di richezze.

Lo stile, pochè si rivolge a mennio, ci sono molti apostrofi per tenenere viva la sua
attenzione, ed inoltre poichè l'opera vuole essere didascalica è anche strutturata in
modo argomentitivo cercando di mostrare le proprie idee. Ma la novità assoluta di
Lucrezio è che scrive di filosofia, utilizza dei termini già presenti del linguaggio romano
per dire quelle cose greche, gli cambia il significato, primordia rerum, principi delle cose,
conia un nuovo linguggio. Evitando il calco, cioè portare il termine greco così com'è.
L'atra cosa che caraterriza il suo linguaggio è l'arcaismo. Anche molti aggettivi composti
he rendono il linguaggio più alto. Tra le immagini che usa lucrezio troviamo quella di
Epicuro che è l'erore che si eleva al di sopra del mondo naturale e riesce a sciacciare
sotto i piedi la religio. Allegoricamente signifca che Epicura elevandosi scopre la verità, la
conoscenza e quindi scende eleminando l'ignoranza avendo appreso il vero, liberando
l'uomo dalle paure.

All'inizio del 4 libro troviamo l'elogio del sapiente Epicureo, un uomo saggio, che si è
elevato, fermo e sicuro. A lui vengono contrapposti gli uomini normali, che sono sempre
in movimento alla ricerca di qualcosa, perchè sempre turbati. Un chiaro riferimento agli
uomini Romani, seampre attivi e indaffarati ma insodisfatti. Ed il saggio li guarda con
distacco, quasi ridendo di loro.

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