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Tumori

Lo scheletro può essere interessato da neoplasie e lesioni pseudotumorali di diverso tipo che, analogamente a
quanto provocato da processi di altra natura, alterano la struttura dell'osso con possibili ripercussioni sulla
sua resistenza meccanica.

A di là delle conseguenze sull'apparato locomotore, queste affezioni presentano uno spettro di gravità assai
ampio, andando da lesioni del tutto benigne a quadri con prognosi infausta in una larga percentuale dei casi.
Un attento iter diagnostico è pertanto indispensabile per evitare sopra e sottovalutazioni della patologia in
atto.

La classificazione dei tumori dello scheletro segue un criterio istogenetico, distinguendo le neoplasie in base
alla verosimile origine delle cellule che le compongono e in base alle caratteristiche ella sostanza
intercellulare prodotta dalle cellule neoplastiche.

Questa distinzione è semplice nei tumori benigni, dove gli elementi cellulari presentano una notevole
differenziazione morfologica e funzionale mentre può essere meno facile in quelli maligni, a causa
dell'estrema atipia e variabilità citologica e istologica.

Le lesioni pseudotumorali somigliano ai tumori, creando spesso problemi di diagnosi differenziale con
questi ultimi. Si possono distinguere iperplasie, in cui la proliferazione cellulare è regolata da uno stimolo e
mostra un'architettura con una discreta organizzazione, e amartomi, derivanti dalla crescita di frammenti
tissutali rimasti sparati dalla struttura di appartenenza durante lo sviluppo embrionale.
E lesioni pseudotumorali comprendono diverse neoformazioni, alcune delle quali vengono incluse nella
classificazione dei tumori sulla base del criterio istogenetico: la cisti ossea, la cisti aneurismatica, la displasia
fibrosa, l'esostosi osteo – cartilaginea, il condroma, il granuloma eosinofilo, la miosite ossificante e altre
ancora.

OSTEOMA OSTEOIDE

È un tumore benigno relativamente frequente. È tipico dell'età giovanile e si osserva solo in modo sporadico
prima dei 5 anni e dopo i 30.

La sua localizzazione caratteristica è la diafisi o metadiafisi delle ossa lunghe degli arti (femore, tibia e
omero), dove si sviluppa all'interno della corticale e nella spongiosa in posizione eccentrica. Oltre alle sedi
sopracitate, tra le quali va ricordato in particolare il femore prossimale, questo tumore può essere osservato
nelle ossa della mano e del piede e nell'arco posteriore delle vertebre.

La lesione benigna è caratterizzata dalla presenza di un nidus di tessuto osteoide circondato da una zona di
iperostosi reattiva (tessuto osseo sclerotico).

Clinica. Caratteristica clinica peculiare dell'osteoma osteoide è la precoce e intensa sintomatologia dolorosa,
che invece è di regola tardiva nelle altre neoplasie scheletriche. Il dolore è indipendente dall'attività, si
accentua durate il riposo notturno e dopo assunzione di sostanze vasodilatatrici, come l'alcol; l'assunzione di
salicilati o di altri farmaci antinfiammatori non steroidei fa recedere la sintomatologia.
La localizzazione vertebrale può simulare un'irritazione radicolare, con scoliosi antalgica e rigidità.

Diagnostica per immagini. L'immagine radiografica tipica è quella di una piccola area osteolitica
rotondeggiante (1 – 2 cm di diametro) circondata da un orletto sclerotico, il cosiddetto nidus, all'interno del
quale i possono osservare calcificazioni puntiformi. In sede diafisaria il nidus si accompagna a una reazione
periostale anche intensa, che tuttavia non è presente nelle lesioni intracapsulari, come per esempio nel collo
del femore.

La sclerosi periferica può essere tale da mascherare il nidus e rendere necessario il ricorso alla TC. In casi di
difficile localizzazione (rachide) la scintigrafia ossea evidenzia un'intensa ipercaptazione.

Problemi di diagnosi differenziale possono nascere nei confronti di alcune osteomieliti croniche (ascesso di
Brodie).

Anatomia patologica. L'osteoma osteoide s presenta come una picola neoformazione rotondeggiante e
iperemica, più soffice rispetto all'osso che la circonda e stridente al taglio. Istologicamente i tessuto tumorale
è formato da trabecole di osso immaturo fittamente stipate, tra le quali si sviluppa una rete di capillari
dilatati. Sono presenti numerosi osteoblasti e osteoclasti, secondo il normale quadro di rimodellamento
osseo, accanto ai fibrolasti e fibre nervose. Il tessuto osteoide è più immaturo al centro, la parte più vecchia
del tumore, dove le trabecole confluiscono in ammassi più compatti, più calcificati e più poveri di cellule.

Terapia. La terapia classica in passato consisteva nell'asportazione in blocco del nidus e dell'orletto
sclerotico circostante, un intervento che spesso comportava esposizioni chirurgiche ampie per raggiungere la
lesione. Successivamente, si è perfezionata una nuova tecnica, ossia la perforazione e resezione ossea
percutanea (R. Kohler), in cui, attraverso localizzazione con TC, si ha la perforazione e poi estrazione ei
frammenti ossei: sotto anestesia generale e asepsi chirurgica si ha l'introduzione di un filo sotto controllo TC
e poi di una fresa e un sistema di carotaggio. Oggi, l'ablazione con radiofrequenze TC guidata viene
considerata la terapia di prima scelta per la cura dell'osteoma osteoide.

OSTEOBLASTOMA

È un tumore benigno della serie osteogenica composto da cellule di tipo osteoclastico e da matrice osteoide
che ha molti caratteri in comune con l'osteoma osteoide da cui viene distinto solo per la storia clinica e gli
aspetti strumentali. È più frequente nel maschio (maschio/femmine: 3/1) e nella seconda e terza decade, ma è
molto più raro dell'osteoma osteoide.

È caratteristica la localizzazione a livello del rachide (circa il 40% ei casi) specie nel tratto lombosacrale.
Colpisce prevalentemente gli archi posteriori ma può localizzarsi anche nel soma.

Clinica. Il dolore è presente nella quasi totalità dei pazienti e viene spesso confuso con un normale dlore
rachideo riferito a disordini posturali o a compressioni radicolari discali. È associato a tumefazione soffice.
Il paziente assume un atteggiamento scoliotico o atrofia muscolare nella regione tumorale.

Deficit neurologici se vi è crescita nello spazio vertebrale. Zoppia nelle localizzazioni all'arto inferiore.

Diagnostica per immagini. L'esame radiografico standard specie nelle localizzazioni al rachide può essere
aspecifico e la diagnosi tardiva. Indispensabili sono la TC e la RMN che consentono di identificare la lesione
e porre il sospetto diagnostico. L'esame radiografico identifica un area di lisi a margini non definiti circndata
talvolta da una zona sclerotica che però non è mai cosi intensa come nell'osteoma osteoide. L'osso appare
rigonfiato e la lesione può raggiungere dimensioni notevoli (da 1 a 10 cm). La lesione è nella maggior parte
dei casi puramente litica, ma può contenere aree di addensamento cotonoso o a “vetro smerigliato”.

A livello vertebrale tende a rigonfiare l'osso. Nel 50% dei casi sono presenti ossificazioni.
Anatomia patologica. Al taglio si evidenzia un tessuto rossastro, ematico di consistenza granulosa come
nell'osteoma osteoide. La corticale circostante può apparire soffiata e sottile. Istologicamente è composto da
trabecole ossee confluenti in uno stroma fibrovascolare. La lesione risulta ben delimitata dall'osso
circostante. La matrice è variamente calcificata. Vi è una grande quantità di osteoblasti che circonda
l'osteoide.
Figure mitotiche molto numerose ma non sono presenti mitosi atipiche.

Terapia. Il trattamento è conservativo e consiste nel curettage approfondito della lesione e nella
ricostruzione con innesti in caso di lesioni di grosso volume.
Si può avere anche resezione in blocco con un bordo marginale ed innesti; nella colonna vertebrale è
necessaria un'ampia escissione con decompressione neurale ed artrodesi.

OSTEOSARCOMA

Dopo il plasmocitoma, l'osteosarcoma è il tumore maligno primitivo dello scheletro più frequente,
caratterizzato dalla produzione di sostanza osteoide e/o ossea da parte delle cellule neoplastiche, se ne
distinguono diverse varietà, con aspetti anatomo – clinici e prognostico – terapeutici specifici.

L'osteosarcoma classico rappresenta circa l'80% di tutti i casi, la neoplasia insorge di regola in ossa non
colpite da precedenti lesioni, tuttavia si possono osservare osteosarcomi secondari a malattia di Paget (la
forma più comune in età avanzata), a osteomielite cronica e a terapia radiante. Inoltre un osteosarcoma può
insorgere, per progressione di malignità da un condrosarcoma centrale (condrosarcoma sdifferenziato).

L'incidenza assoluta dell'osteosarcoma è bassa – 2 casi per milione di abitanti per anno (circa 100 casi
all'anno in Italia) – rappresentando lo 0,2% di tutte le neoplasie maligne. Colpisce in modo prevalente (75%)
soggetti tra i 10 e i 30 anni di età, con una predilezione per il sesso maschile (2:1).

Pur potendosi sviluppare in qualsiasi distretto scheletrico, la localizzazione più tipia è quella metafisaria
delle ossa lunghe: il 70% dei casi è osservato a livello del ginocchio (femore distale e tibia prossimale) e
della spalla (omero prossimale).

Quadro clinico. Il dolore è il più frequente sintomo d'esordio, anche se tardivo. Talvolta riferito a un trauma,
si manifesta anche a riposo e tende ad aggravarsi abbastanza rapidamente, con la comparsa di una
tumefazione locale (tanto più precoce quanto più superficiale è la localizzazione del tumore). L'arrossamento
ella cute sovrastante, il termotatto positivo e l'eventuale limitazione articolare con versamento sono segni
tardivi. Le fratture patologiche sono rare e si osservano nelle forme osteolitiche, aggravandone la prognosi.

Diagnostica per immagini. Gli esami di laboratorio mostrano un'elevazione della fosfatasi alcalina in circa
la metà dei pazienti.

Il quadro radiografico è spesso diagnostico o comunque fortemente indicativo di osteosarcoma. Nella zona
colpita si osserva la sovrapposizione di tre aspetti:

– la distruzione del preesistente osso corticale e spongioso, con invasione dei tessuti molli;

– la calcificazione e la neoproduzione ossea;

– la reazione periostale. Quest'ultima può assumere i caratteristici aspetti a bulbo di cipolla (ripetute
formazioni di strati ossei separati da aree non calcificate, un aspetto considerato tipico del sarcoma
di Erwing) e a sole radiante (per formazione di spicule ossee perpendicolari alla corticale). Si può
inoltre osservare il cosiddetto “triangolo di Codman”, ossia un'area di distacco del periostio dalla
corticale metafisaria, dovuta alla formazione di osso neoplastico a forma di cuneo al di sotto di essa.

La TC può fornire ulteriori informazioni sui caratteri dell'osteolisi e della neoformazione ossea, mentre la
RM sull'invasione delle parti molli, sulla vascolarizzazione e sulla presenza di metastasi a distanza nel canale
midollare (“skip” metastases). La scintigrafia evidenzia una franca ipercaptazione in sede tumorale, mentre
l'arteriografia permette di approfondire il tipo di vascolarizzazione nel planning preoperatorio.

L'osteosarcoma classico ha in genere un decorso rapido: metastatizza per via ematica, di regola ai polmoni.
Le metastasi allo scheletro sono rare e ancor più rare quelle linfonodali.

Anatomia patologica. Nella maggior parte ei casi l'osteosarcoma si presenta come un tumore voluminoso, a
limiti mal definiti, che invade la cavità midollare e il rivestimento corticale, infiltrando i tessuti molli
adiacenti. Il colore della massa neoplastica è bianco – grigiastro e al suo interno sono spesso presenti aree
emorragiche, necrotiche o cistiche. La consistenza è variabile: dura nelle zone osteogeniche, più molle in
quelle dove predomina la componente fibroblastica, cartilaginea o mixoide.

Il quadro microscopico può essere anch'esso molto vario in relazione al tipo cellulare più rappresentato.
Circa il 50% degli osteosarcomi classici presenta aspeti predominanti di osteogenesi (forme osteoblastiche),
mentre i rimanenti mostrano una prevalente differenziazione in senso condroide (forme condroblastiche) o
una predominanza fibroblastica o fibro – istiocitica (forme fibroblastiche). Tali aspetti possono rendere
l'osteosarcoma quasi indistinguibile dal condrosarcoma, dal fibrosarcoma o dall'istiocitoma fibroso maligno.

L'aspetto istologico è in ogni caso caratterizzato dalla presenza di parenchima mesenchimale anaplastico, con
produzione di matrice e/o osso (in maggiore o minore misura) da parte delle cellule neoplastiche. Su questa
caratteristica, che deve essere ricercata nell'osservazione microscopica di tutta la massa tumorale, si basa la
diagnosi di osteosarcoma.

La diagnosi differenziale deve prendere in considerazione altre neoplasie maligne dello scheletro come il
sarcoma di Erwing, il condrosarcoma o alcune forme metastatiche.

Terapia. Il trattamento dell'osteosarcoma è multidisciplinare: è infatti necessaria una stretta collaborazione


tra il chirurgo ortopedico e l'oncologo, poiché alla tradizionale terapia chirurgica deve essere associata la
chemioerapia pre e post – operatoria.

La terapia antiblastica ad alte dosi prima dell'intervento ha lo scopo di indurre la necrosi delle cellule
tumorali, ridurre il volume della massa neoplastica e favorirne una migliore definizione dei margini. Questa
condotta terapeutica ha consentito di ridurre il ricorso a interventi demolitivi (amputazioni), ottenendo nel
contempo un significativo aumento delle percentuali di sopravvivenza.

Inoltre, la prognosi funzionale di u arto sottoposto ad ampia resezione ossea è oggi migliorata dalla
disponibilità di trapianti ossei massivi e protesi da ampia resezione.
CONDROMA

Il condroma, detto anche encondroma, è una neoformazione benigna costituita da cartilagine ialina ben
differenziata; si sviluppa da residui di cartilagine eterotopica derivati dal piatto epifisario di accrescimento,
durante lo sviluppo encondrale dell'osso.

È frequente (25% dei tumori benigni, 12% di tutti i tumori primitivi), non presenta predilezione di sesso e si
riscontra in tutte le età tra i 10 e i 50 anni.

Il condroma può insorgere in tutte le ossa formatesi su un modello cartilagineo (ossificazione encondrale),
ma nel 50% dei casi si localizza alle osa lunghe delle mani, seguite da quelle del piede. È possibile che
l'incidenza in altre sedi possa essere sottostimata per l'assenza di espressività clinica.

Quadro clinico. Il condroma resta asintomatico a lungo (nel 50% dei casi), ma quando arriva a soffiare la
corticale può causare tumefazione e deformità del segmento interessato, soprattutto se superficiale. La
comparsa di dolore è di solito associata ad attività fisica o a una frattura patologica, ma può essere indice di
una trasformazione sarcomatosa.

Diagnostica per immagini. Radiograficamente si apprezza un'area osteolitica centrale, talvolta eccentrica o
intracorticale, che può occupare l'intera sezione dell'osso. L'osteolisi ha margini arrotondati e ben definiti,
contiene al suo interno calcificazioni in forma di opacità granulari e fossa la corticale diafisaria senza
interromperla.

Terapia. La terapia prevede lo svuotamento accurato della cavità e il suo borraggio (ovvero riempimento)
con innesto osseo. Le recidive sono possibili per il permanere di isole cartilaginee.

CONDROBLASTOMA

È un raro tumore benigno di origine cartilaginea, che si manifesta nella maggior parte dei casi in età
compresa fra i 10 e i 20 anni, prediligendo il sesso maschile. Ha una spiccata tendenza a localizzarsi in sede
epifisaria, sebbene possa superare la cartilagine di accrescimento e interessare la metafisi. Le epifisi più
colpite sono quella distale del femore e quella prossimale di tibia e omero.

I sintomi sono tardivi e riferiti all'articolazione contigua, con dolore, rigidità, tumefazione, ipotrofia
muscolare e talvolta versamento.

La radiografia mostra un'area osteolitica epifisaria di dimensioni variabili, a contorni netti e con possibili
tenui calcificazioni al suo interno, meglio evidenziate dalla TC o dalla RM.

La terapia consiste nell'asportazione della lesione e nel borraggio con innesto osseo, evitando la
contaminazione intrarticolare. In alcuni casi (lesioni con caratteristiche di aggressività, recidive) può rendersi
necessaria la resezione ossea.
CONDROSARCOMA

Il condrosarcoma è un tumore maligno caratterizzato dalla produzione, da parte delle cellule neoplastiche, di
cartilagine ma non di tessuto osseo.

È il secondo sarcoma dello scheletro per frequenza dopo l'osteosarcoma; interessa l'età adulta (30 – 60 anni)
ed è più frequente nel sesso maschile. Si localizza con maggiore frequenza al bacino, alla scapola e alle
metafisi delle ossa lunghe (femore prossimale e distale, tibia e omero prossimali).

I condrosarcomi possono essere distinti:

– a seconda dell'origine, in primitivi e secondari (insorti su preesistenti tumori cartilaginei benigni


come esostosi o condromi, soprattutto in caso di malattia di Ombredanne o di Ollier);

– in base alla localizzazione nell'osso, in centrali, periferici e periostei (distinzione che ha un


significato pressochè esclusivo nelle ossa lunghe).

Quadro clinico. La caratteristica dei condrosarcomi è di avere una crescita molto lenta, con sintomi e segni
aspecifici (dolenzia, tumefazione a scarsa evolutività) che spesso durano anni prima che il paziente si rivolga
al medico per eseguire degli accertamenti.

Diagnostica per immagini. Radiograficamente il condrosarcoma centrale è caratterizzato da un'area


osteolitica policiclica, con limiti mal definiti verso gli spazi midollari; la corticale appare erosa o interrotta,
con scarsa reazione periostale.

Il condrosarcoma periferico origina solitamente da un'esostosi che si espande nelle parti molli (è importante
il dato clinico di “riattivazione” dell'osteocondroma): può essere scarsamente visibile (delineato solo da
piccole aree calcificate) o al contrario essere estesamente radiopaco con aspetto “a cavolfiore”. Nel
condrosarcoma periosteo, tipicamente radiotrasparente e a sviluppo nelle parti molli, si può osservare una
reazione periostale che circonda la base del tumore. Le metastasi (polmonari) sono piuttosto rare e tardive; la
loro comparsa è correlata al grado istologico del tumore.

Anatomia patologica. Il condrosarcoma centrale si presenta sotto forma di noduli, biancastri o grigiastri,
che invadono il canale midollare ed erodono la corticale fino a superarla. Quello periferico si sviluppa sulla
superficie dell'osso e si espande direttamente nelle parti molli; la sede corticale di impianto è di regola
normale. Il condrosarcoma periosteo (o iuxtacorticale) è costituito da una massa di origine periostea che
può causare un'erosione “a scodella” della corticale con cui è a contatto.

L'aspetto macroscopico baria da tipo a tipo, con la caratteristica comune della produzione di matrice
condroide; possono essere presenti aree di calcificazione, emorragiche e necrotiche più meno estese
all'interno della massa neoplastica.

La gradazione istologica del condrosarcoma convenzionale si basa sul livello di differenziazione cellulare,
sull'entità delle anomalie nucleari e sull'aspetto della sostanza intercellulare.

È correlata con il decorso e la prognosi della neoplasia e consente di distinguere:

– condrosarcomi ben differenziati, di grado I;

– condrosarcomi differenziati, di grado II;

– condrosarcomi scarsamente differenziati, di grado III.


Oltre alla cosiddetta “progressione di malignità”, talvolta può verificarsi la comparsa, su preesistente
condrosarcoma centrale di grado I o II, di un tumore più aggressivo (in genere fibrosarcoma, istiocitoma
fibroso maligno oppure osteosarcoma). In questo caso dsi parla di condrosarcoma sdifferenziato.

Il condrosarcoma mesenchimale è caratterizzato dalla presenza di aree molto indifferenziate, mentre quello
a cellule chiare, rarissimo e a prognosi più favorevole, localizza in sede epifisaria.

Terapia. La terapia è chirurgica e prevede la resezione ampia della lesione. Lo svuotamento non è indicato
perchè non ha quasi mai successo, qualunque sia il grado di malignità istologica. Anche la radioterapia e la
chemioterapia sono controindicate.

Le recidive locali si osservano più spesso nelle localizzazioni al tronco piuttosto che agli arti; inoltre la loro
comparsa è quasi certa in caso di trattamento chirurgico inadeguato. Pertanto, la prognosi quad vitam è
influenzata dalla sede del tumore, dal grado istologico e dal trattamento iniziale.

TUMORI SECONDARI DELL'OSSO

i tumori secondari dell'osso sono rappresentati in massima parte da metastasi da carcinomi, mentre quelle da
sarcomi sono estremamente rare. Queste lesioni costituiscono spesso un problema diagnostico, in quanto si
manifestano prima del tumore primitivo, e terapeutico.

Le metastasi carcinomatose rappresentano la neoplasia maligna più frequente dello scheletro: si ritiene che
una percentuale variabile dal 15 al 30% di tutti i carcinomi dia metastasi ossee, anche se non sempre
clinicamente manifeste.

In ordine di frequenza le sedi primitive di origine della metastasi sono la mammella, la prostata, il polmone e
il rene, mentre più raramente esse originano da neoplasie tiroidee, gastriche, intestinali e pancreatiche.

La distribuzione per sesso e per età è ovviamente quella del tumore primitivo; si può comunque affermare
che la massima incidenza di metastasi ossee si riscontra intorno alla sesta decade di vita nel sesso femminile
(carcinoma mammario).

Le lesioni metastatiche prediligono in modo netto lo scheletro del tronco e le radici degli arti: in primo luogo
il rachide nel suo tratto dorso – lombare, seguito da bacino, cranio, estremità prossimale del femore e
dell'omero, coste. Va tuttavia tenuto presente che possono localizzarsi in qualsiasi distretto scheletrico.

A seconda del carcinoma originario è descritta un'approssimativa predilezione per sede: il carcinoma della
mammella e quello della tiroide prediligono il tronco e il cranio, quello polmonare gli arti fino alle estremità,
quello prostatico e quello uterino la colonna lombare, il sacro e il bacino. In sede vertebrale è di regola
interessato il corpo con invasione tardiva dei peduncoli e dell'arco posteriore. Nel bacino è preferito l'ileo,
nelle ossa lunghe la regione metafisaria o diafisaria (meno spesso epifisaria), nel cranio colpiscono la teca.

Per loro natura le metastasi tendono a essere polidistrettuali, ma il secondarismo osseo può essere l'unico
rilevabile in fase iniziale; successivamente ne possono comparire altri, scheletrici ed extrascheletrici.

Alcune forme neoplastiche, soprattutto prostatiche e mammarie, mostrano una spiccata propensione alla
disseminazione generalizzata.

Quadro clinico. Le metastasi possono causare riassorbimento o neoformazione ossea; vi sono inoltre fore
miste (per esempio quelle che colpiscono la mammella). Nelle forme osteolitiche la sintomatologia dolorosa
è precoce e può procedere l'evidenza radiografica, negli altri casi il dolore è tardivo o addirittura assente.
Persistenti dolori dorso – lombari o crurali debbono far sospettare una metastasi in un paziente con anamnesi
significativa per patologie neoplastiche. La frattura spontanea o per trauma banale del corpo vertebrale o del
collo femorale può essere causata da una localizzazione metastatica.

Accanto al dolore, si può osservare impotenza funzionale e tumefazione, soprattutto se in presenza di fratture
patologiche; nel rachide può insorgere una sintomatologia da compressione mielo – radicolare.

Le metastasi, quando estese e caratterizzate da una prevalente attività osteolitica, possono essere
accompagnate da un aumento anche marcato della calcemia e della calciuria. Nelle metastasi osteoaddensanti
può aumentare la fosfatasi alcalina, mentre la fosfatasi acida si eleva in modo incostante con le metastasi
prostatiche.

Altri dosaggi permettono di affermare o per lo meno sospettare la natura del tumore primitivo: un aumento
dei cataboliti urinari delle catecolammine nel bambino indirizza verso un neuroblastoma, cosi come
l'incremento della calcitonina ematica è indice di sospetto per carcinoma midollare della tiroide.

L'immunoelettroforesi è utile per la diagnosi differenziale con il plasmocitoma.

Diagnostica per immagini. All'esame radiografico le metastasi possono presentarsi come lesioni
osteolitiche (carcinoma renale, polmonare, tiroideo o astro - intestinale, osteoaddensanti (carcinoma della
prostata) o miste (carcinoma mammario). Quando localizzate nel tessuto spongioso, le metastasi possono non
essere riconducibili fino a una fase avanzata del loro sviluppo, perché il tessuto neoplastico può infiltrare gli
spazi midollari senza distruggere le trabecole ossee metastasi osteoaddensanti multiple possono simulare la
malattia di Paget.

La metastasi mostra i caratteri radiografici della lesione aggressiva maligna: limiti sfumati, contorno
irregolare, erosione della corticale con possibile reazione periostale.

A livello vertebrale, la prima manifestazione è spesso rappresentata dal crollo somatico, ma per estensione
dell'arco posteriore si può osservare la scomparsa dell'immagine ovale del peduncolo in proiezione antero –
posteriore.

In caso di rottura patologica del collo el femore, la metastasi non è sempre evidente: nei casi dubbi è
indispensabile l'esame istologico della testa femorale o di un campione bioptico prelevati al momento
dell'intervento chirurgico (osteosintesi o protesizzazione).

La TC mostra con buona definizione l rarefazione spongiosa, l'erosione della corticale o la neoapposizione
ossea.

La RM evidenzia l'alterato segnale midollare e permette di definire l'estensione della massa tumorale nelle
parti molli.

Grazie al riscontro di zone di ipercaptazione, la scintigrafia ossea è utile per la precoce identificazione delle
metastasi e per la definizione della diffusione della neoplasia, aspetto di primaria importanza nella
pianificazione terapeutica.

L'arteriografia evidenzia la vascolarizzazione della lesione secondaria che può essere molto sviluppata come
nel caso di metastasi da carcinoma renale.

Anatomia patologica. L'aspetto macroscopico di una metastasi è molto variabile. La consistenza può essere
encefaloide, fibrosa o eburnea; il colore varia dal biancastro al grigio fino al nero, come nelle metastasi da
melanoma. L'aspetto può essere modificato dalla presenza di aree necrotiche ed emorragiche.
La diagnosi istologica di metastasi è solitamente semplice: il quadro del carcinoma di origine, talvolta più
anaplastico o lievemente modificato dalla reazione del connettivo midollare e osseo. In pochi casi
l'organizzazione e la forma delle cellule neoplastiche possono assumere caratteristiche peculiari all'interno
dell'osso, rendendo più difficile la distinzione rispetto a sarcomi primitivi dello scheletro. Una reazione
connettivale fibrotica e un'infiltrazione infiammatoria leucocitaria circondano spesso la lesione metastatica
epiteliale.

Le metastasi ossee avvengono per via ematica, essendo la presenza di vasi linfatici nell'osso dubbia e
comunque scarsa. Il carcinoma del polmone metastatizza direttamente (attraverso le vene polmonari e il
cuore sinistro), mentre gli altri possono saltare il filtro polmonare ed epatico grazie alle anastomosi esistenti
tra la rete cavale e i plessi venosi paravertebrali. Questa via venosa “diretta” spiega la predilezione delle
localizzazioni secondarie allo scheletro del tronco.

La diagnosi rappresenta un problema soprattutto quando la metastasi costituisce la prima manifestazione ella
patologia; in questi casi la biopsia si impone come prima procedura diagnostica. In generale, più l'età del
paziente è avanzata e più va presa in considerazione l'ipotesi che una lesione scheletrica con caratteri di
malignità possa essere una localizzazione secondaria.

Le metastasi ossee possono presentarsi anche ad anni di distanza dal trattamento del tumore primitivo (fino a
10 – 15 anni nel caso del carcinoma mammario).

Principi di terapia. Il trattamento delle metastasi ossee richiedere un approccio multidisciplinare.


La radioterapia rappresenta la più frequente scelta terapeutica,soprattutto nelle localizzazioni al tronco e nei
pazienti più anziani: con essa è possibile ridurre la massa tumorale e attenuare o risolvere la sintomatologia
dolorosa. È però causa di ulteriore indebolimento dell'osso, aumentando il rischio di fratture patologiche del
segmento scheletrico con mezzi di osteosintesi oppure all'impiego di tutori (busti). In alcuni casi particolari
si impiegano isotopi radioattivi (I – 131 nei carcinomi tirodei).

La terapia farmacologica si avvale di ormoni, per esempio nelle metastasi da carcinoma della mammella e
della prostata, e di antiblastici.

La terapia chirurgica ha un ruolo essenzialmente palliativo:

– osteosintesi, soprattutto con chiodi endomidollari, in caso di fratture patologiche o per la loro
prevenzione;

– decompressione con eventuali stabilizzazioni segmentali, in caso di localizzazioni vertebrali con


sintomatologia neurologica;

– interventi di resezione, con successivo impianto di protesi articolari particolari, in caso di


localizzazioni che lo consentano (metaepifisarie9;

– svuotamento intralesionale e borraggio con cemento acrilico.

Interventi radicali (ampie resezioni, amputazioni) per metastasi uniche di alcune neoplasie, associati
all'asportazione del tumore primitivo (per esempio ipernefroma o carcinomi ben differenziati della tiroide),
hanno consentito ai pazienti una lunga sopravvivenza.

La prognosi è tuttavia infausta a breve termine (1 – 2 anni al massimo e anche meno in caso di
localizzazioni scheletriche multiple) nella quasi totalità dei casi. Un ruolo importante è ricoperto dalla
terapia del dolore, volta ad alleviare le sofferenze del paziente con metastasi ossee.

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