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Arriviamo dall’esperienza positivista, con un Verga, ad esempio, che non si sposta – nel suo materialismo –
dalla realtà pesabile, misurabile, oggettiva.
In Francia, come reazione a questa visione troppo stretta della realtà, nasce un gruppo di poeti, detti “poeti
maledetti”, in anni contemporanei, che mostrano un’insoddisfazione, un’inquietudine per quella visione della
realtà. Cominciano ad affermare che la realtà è di più, che ha degli aspetti misteriosi, non razionali ma non
per questo irreali, che ha una profondità che spesso le è stata negata.
Il termine “decadentismo” nasce in seguito ad alcuni sonetti, ad alcuni circoli che si volevano contrapporre
alla benpensante mentalità borghese, ostentavano atteggiamenti bohémien: il termine voleva essere
dispregiativo, ma quegli intellettuali se ne appropriarono in senso polemico, per indicare una sorta di status
spirituale che li contraddistingueva. Non è un caso che il termine “decadente” rimandi alla caduta
dell’Impero Romano: come allora, c’è una fatica a vivere nella società borghese, e di contro si sviluppa una
sensibilità raffinata, un’estetica. Pensate a Dorian Gray: c’è un nuovo modo di stare al mondo, per
l’intellettuale, che non si riconosce nei valori borghesi, ma si ritrova il mondo che sta andando in quella
direzione. E allora è possibile con l’arte sconfiggere il corso del tempo? Nascono così Dorian Gray, o Il
Piacere di d’Annunzio… Faccio della vita un’opera d’arte?
Di fatto è una ripresa del Romanticismo arricchito dalla storia: di mezzo ci sono stati la scienza e il
progresso, che però non hanno portato alla felicità. La disillusione ha avuto la meglio sull’illusione della
scienza.
Nel 1886 ha inizio il periodico “Le Décadent”, che riunisce alcuni di questi poeti maledetti, che si mettono
sulle orme del precedente Charles Baudelaire, di fatto precursore della corrente letteraria vera e propria: Paul
Verlaine, Arthur Rimbaud, Stéphane Mallarmé, a cui poi si aggiungerà anche Joris-Karl Huysmans.
“Decadentismo” inizialmente indica un movimento letterario francese della Parigi degli anni Ottanta del
XIX secolo. In senso ampio, però, in storia della letteratura italiana, ha incluso un’intera corrente culturale
europea degli ultimi due decenni dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Nel resto dell’Europa, invece, per
questa seconda accezione si utilizza il termine “Simbolismo”. (Qualcuno addirittura l’ha voluto usare come
termine inclusivo dell’intero Novecento.)
La conseguenza che principalmente interessa noi è che l’arte non ha un valore storico, documentario, sociale.
No, l’arte dev’essere libera da questi secondi fini. L’esteta scrive arte fine a sé stessa, autocelebrativa (dove
auto non è l’artista, ma l’arte stessa), arte pura.
Il linguaggio del Decadentismo, come conseguenza, è oscuro. La parola non può essere chiara, non è
strumento di una comunicazione razionale: è più profonda, più suggestiva ed evocativa che descrittiva. Le
parole non hanno il significato chiaro che hanno sempre avuto; vengono piuttosto usate per il loro alone
suggestivo. Di conseguenza più che il significato assume importanza la musicalità delle parole, gli aspetti
fonici che hanno un valore evocativo.
Spesso questa oscurità arriva ai limiti dell’incomprensibilità (ad esempio, spesso la sintassi viene meno): il
poeta spesso comunica in maniera enigmatica, non aperta.
La poesia decadente, ma in genere l’arte, non è per tutti, e soprattutto non è per i borghesi: si tratta di arte
aristocratica, in opposizione alla nascente cultura di massa, come i romanzi o i racconti. Frattura tra
intellettuale e pubblico, e società.
Figure retoriche usate:
- La metafora, non intesa come ornamento ingegnoso come nel Barocco, ma intesa come simbolo:
ogni cosa rimanda ad altro; le parole sono allusioni ad altre cose. Non si tratta di allegoria
medievale: lì c’era un nesso chiaro, tipicamente codificato. Il simbolo è più oscuro, misterioso, a
tratti porta ad un’analogia non chiara.
- La sinestesia: fusione di sensazioni.
Temi principali:
- Decadenza: si parte dalla coscienza di una società in disfacimento e prossima al crollo. Allora nasce
un interesse per le epoche simili: la Grecia alessandrina, il tardoantico, l’età bizantina, tutte epoche
in cui la forza di grandi potenze si stava spegnendo lasciando spazio a gusti molto raffinati.
- Lusso: ricerca del raro, del prezioso, della lussuria.
- Malattia: spesso a tema di romanzi, drammi e poesie ci sono nevrosi, e in generale la malattia,
poiché sono segno della società contemporanea, segnata da una profonda crisi delle certezze. La
letteratura decadente è malata, per esprimere una malattia presente nella società. Però questa malattia
è segno di distinzione, diventa segno di una separazione dalla massa, e così viene vista come
strumento conoscitivo. Vale lo stesso discorso per la malattia delle cose (in disfacimento, corrotte,
putrescenti) e la morte, che è tema ossessivo di questi autori.
- Due tendenze, derivate rispettivamente da Schopenhauer e da Nietzsche, si diffondono: ricerca di
annientamento, attrazione morbosa alla morte, al nulla; reazione che tenta di esorcizzare questo nulla
che incute timore, cioè il vitalismo superomistico, l’esaltazione del dionisiaco, una pienezza vitale
senza freni, ai limiti dell’estasi bacchica. In ogni caso parliamo di un rifiuto della normalità: da un
lato la ricerca di nulla di normale, dall’altro l’esaltazione di tutto.
- Conseguenze di queste due tendenze sono da un lato l’artista maledetto, che deliberatamente cerca
l’isolamento dalla società, cerca il male, si compiace della propria miseria, sregolatezza, e arriva fino
all’autoannientamento con alcool, droghe e altro (come Baudelaire, Verlaine e Rimbaud); dall’altro
l’esteta (come d’Annunzio e Wilde), che vuole trasformare la sua vita in opera d’arte, per evitare che
la propria vita sia banale come quella borghese. Ci sarà in un secondo momento un’altra figura,
l’inetto (si vede in opere di Dostoevskij e Svevo, ad esempio): è escluso dalla vita; vuole compiere
azioni ma non riesce; vuole provare passioni, ma si sente inaridito. Di contro si diffonde anche
l’immagine della femme fatale, la donna dominatrice di uomini fragili, lussuriosa e perversa, che
affascina tutti e porta l’uomo alla perdizione e alla follia.
Decadentismo e Positivismo. Il piacere e Mastro-don Gesualdo sono dello stesso anno, 1889. Non sono due
movimenti susseguenti, sono espressioni – contemporanee – di due classi sociali diverse: il Positivismo è
espressione della borghesia, il Decadentismo dell’aristocrazia.
CHARLES BAUDELAIRE
Nato nel 1821 a Parigi da una famiglia borghese molto ricca. Per tutta la giovinezza vive una vita
bohemienne, e alla morte del padre assume una grande eredità e la sperpera in una vita molto ricercata.
Caratterizzato da una vita dissoluta, all’insegna di alcol, droga e sesso, e da una grande vena poetica. La
famiglia gli taglia i fondi. Scopre il poeta americano Edgar Allan Poe, molto dark, molto oscuro, e da
Baudelaire definito “maledetto”, cioè irregolare, incompreso. Dopo una pubblicazione su traduzioni di opere
di Poe, Baudelaire pubblica nel 1857 Les fleurs du mal, che genera un grande scandalo in Parigi: sei delle
cento poesie della raccolta vennero soppressi, l’opera stessa venne sequestrata. Allora Baudelaire inserì altri
35 poemetti al posto di quelli soppressi e la pubblicò nuovamente nel 1861. Debilitato fisicamente dall’oppio
e dall’hashish, ammalto di sifilide, muore semiparalizzato e muto nel 1867, a 46 anni.